#romanzi sul cambiamento
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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Una casa di ferro e di vento di Lorenzo Bonini e Paolo Valsecchi – Un intreccio di vite e destini nella storia italiana del Novecento. Recensione di Alessandria today
Lorenzo Bonini e Paolo Valsecchi ci conducono attraverso le vicende di una famiglia e della loro dimora, simbolo di cambiamenti e trasformazioni lungo il secolo.
Lorenzo Bonini e Paolo Valsecchi ci conducono attraverso le vicende di una famiglia e della loro dimora, simbolo di cambiamenti e trasformazioni lungo il secolo. Recensione:“Una casa di ferro e di vento” di Lorenzo Bonini e Paolo Valsecchi è un romanzo storico che esplora le vicende di una famiglia italiana attraverso il Novecento, con al centro una casa che diventa il simbolo dei mutamenti…
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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Romanzi italiani del 900: racconti di un secolo di cambiamenti
I romanzi italiani del 900 hanno saputo catturare le sfumature della società, la politica, la cultura e le emozioni di un Paese che ha vissuto due guerre mondiali, profonde trasformazioni sociali e una rapida modernizzazione. Per questo motivo la letteratura italiana nel Novecento è un affascinante mosaico di stili, voci e storie che riflettono il tumultuoso periodo storico attraversato dall'Italia durante quel secolo. I primi anni del 900: il Futurismo Gli inizi del Novecento italiano hanno visto emergere il movimento futurista, che ha cercato di abbracciare il cambiamento e l'innovazione nella letteratura, nell'arte e nella società. Un esempio notevole di romanzi futuristi è "Zang Tumb Tumb" di Filippo Tommaso Marinetti, un'opera che sperimenta con la forma e il suono delle parole per esprimere l'entusiasmo per la modernità e la tecnologia. Questo movimento ha contribuito a gettare le basi per il modernismo letterario in Italia. I romanzi italiani del 900 e la Seconda Guerra Mondiale La Seconda Guerra Mondiale è stata un'incredibile fonte di ispirazione per gli scrittori italiani dell'epoca. - "Il giardino dei Finzi-Contini" (1962) di Giorgio Bassani narra la triste pagina della persecuzione degli ebrei. - "La casa in collina (1948) di Cesare Pavese analizza la guerra in quanto impegno storico e civile. - "Il sentiero dei nidi di ragno" (1947) è uno dei più bei romanzi sulla Resistenza. - "La ciociara" (1957) di Alberto Moravia rappresenta un'altra tragica pagina del conflitto: lo sbarco degli alleati Il dopoguerra, con tutte le difficoltà della ripresa economica, ha ispirato, invece, la nascita di una vera e propria corrente letteraria che ha coinvolto la letteratura e il cinema: il neorealismo. I romanzi neorealisti più emblematici sono: - "Ragazzi di vita" (1955) di Pier Paolo Pasolini; - "Una questione privata" (1963) di Beppe Fenoglio; - "Se questo è un uomo" (1947) di Primo Levi; - "La romana" (1947) di Alberto Moravia. I romanzi postmoderni Gli anni '60 hanno portato una nuova onda di romanzi italiani che riflettevano i cambiamenti sociali e culturali in corso. "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pubblicato postumo nel 1958, ha catturato l'atmosfera di una società aristocratica in declino. Altro autore esemplare di questo periodo fu Leonardo Sciascia che con i suoi romanzi accese un faro sulla Sicilia e sul fenomeno della mafia. Ricordiamo "Il giorno della civetta", "A ciascuno il suo", "Il caso Majorana". Negli anni '70 e '80, l'Italia ha assistito a una rinascita letteraria con l'emergere di autori postmoderni come Umberto Eco, che ha scritto "Il nome della rosa" (1980), un romanzo che mescola storia, mistero e teologia. I romanzi che in una certa misura hanno segnato gli anni Novanta del Novecento sono "Castelli di rabbia" (1991), "Oceano mare" (1993), "Seta" (1996) di Alessandro Baricco. In copertina foto di Priscilla Du Preez 🇨🇦 su Unsplash Read the full article
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weirdesplinder · 2 years ago
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Lista di libri che possono cambiarti la vita o il tuo punto di vista sul mondo
Esistono molti libri che credo possano creare un vero cambiamento interiore nel lettore, ma è qualcosa di molto soggettivo. Per me e per la mia crescita magari sono risultati importanti dei romanzi che ad altri non hanno trasmesso le stesse cose. Però se dovessi dirvi qualche titolo che secondo me può veramente se non altro cambiare il punto di vista del lettore su alcune cose vi potrei elencare questi:
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- Il mondo di Sofia, di Jostein Gaarder
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Trama: Questo è il romanzo di Sofia Amundsen, una ragazzina come tante altre. Tutto comincia dalle strane domande che spuntano dalla sua cassetta delle lettere, passa attraverso le intriganti risposte dell'eccentrico filosofo Alberto Knox e approda a una bislacca festa di compleanno nel giardino degli Amundsen... Ma è anche il romanzo di Hilde Moller Knag, e per lei comincia proprio nel giorno del suo compleanno, passa attraverso l'insolito regalo che suo padre, il maggiore Albert Knag, le ha inviato dal Libano e approda a una notte stellata nel giardino della famiglia Knag a Lillesand... Ma è anche il romanzo appassionante della storia della filosofia, e per tutti noi comincia dagli atomi di Democrito e dalle idee di Platone, passa attraverso le geniali intuizioni di Galileo e il complesso sistema di Hegel e approda all'esistenzialismo di Sartre e al multiforme panorama del pensiero contemporaneo.
La mia opinione: questo libro non è altro che un piccolo compendio dei principali filosofi della storia sottoforma di romanzo per ragazzi, ma il bello è che non lo sembra. Non c’è alcun nozionismo, bensì le domande filosofiche che si pone la protagonista spinta da un misterioso qulacuno, sono semplicemente le domande che ogni essere umano si è posto prima o poi nella vita. Niente di più e niente di meno, e questo libro fa sopratutto capire come la filosofia non sia qualcosa di lontano da noi, una materia da studiare e imparare, ma scaturisce da noi stessi, dal nostro bisogno di risposte per poter vivere. La trama è semplice e al tempo stesso non lo è, ma ti pare letteralmente un mondo. Ricordo che lo lessi alla fine delle scuole medie perchè poi avrei iniziato il liceo classico e una delle materia che avrei dovuto studiare per la prima volta lì era appunto la filosofia. Ora inutile dirvi che questo romanzo non mi ha certo aiutato poi nello studio di quella materia, studiare filosofia vuol dire anche studiarne la storia ed è una cosa più seria, ma mi ha cetamente aperto la mente a domande che non mi ero mai posta e mi ha permesso di capire meglio da cosa nasce la filosofia e che i fiolosofi sono persone esattamente come noi che hanno semplicemente cercato delle risposte a quesiti universali.
- I Miserabili, di Victor Hugo
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Teama:  E’ la storia di Jean Valjean, ex carcerato, ancora ricercato che vive sotto mentite spoglie cercando redenzione e di Javert, il poliziotto che lo insegue. Ma è anche la storia di Cosetta, la bambina salvata e adottata da Valjean, e Mario, il giovane che si innamorerà di lei. Ed infine è la storia dell’immensa folla dei miserabili che popolano i bassifondi di Parigi in fondo quasi indifferenti ai grandi avvenimenti della storia che stanno vivendo.
La mia opinione: Se tralasciamo la trama centrale di questo romanzo che altro non è che un dramma, un tipico romanzo dell’ottocento con un personaggio principale che deve vivere un viaggio interiore di redenzione e che contine molti dei temi comuni a tutti i romanzi dell’epoca, ciò che veramente colpisce di questo libro, o almeno che ha colpito me, è tutto ciò che è stato costruito intorno alla trama. L’ambientazione storica e sociale è estremamente dettagliata e curata sembra quasi di poter respirare l’aria della Parigi dell’Ottocento quasi. I grandi avvenimenti storici vengono descritti sia da un punto di vista esterno, che da quello interno del popolo francese e delle classi indigenti che sono praticamente un altro personaggio molto importante del romanzo. La folla, il popolo quasi come mente collettiva come sentimento unico permea le pagine, e le descrizioni della vita quotidiana di così tante persone con vite e mestieri diversi è veramente affascinante. Questo non è semplicemente un romanzo che racconta una storia, è un romanzo che racconta La Storia con la S maiuscola.  Usi, costumi, credenze religiose e supersistizioni, peccati e virtù di kigliaia di persone sono decritti minuziosamente in questa pagine in modo così particolareggiato da quasi travolgere il lettore. Queste parti corali, questi affreschi storici sono ciò che ricordo di I Miserabili e che porto con me, non tanto la storia di Cosetta. E certamente questo libro ha ampliato il mio amore per la storia.
- Ka, di Roberto Calasso
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Trama: «Chi è Ka?» si domanda l’immenso uccello Garuda, sprofondato tra le fronde dell’albero Rauhina, quando incontra questo nome alla fine di un inno dei Veda. Ka è il nome segreto di Prajapati, il Progenitore, colui che ha dato origine ai trentatré dèi e agli innumerevoli uomini. Presto gli dèi e gli uomini lo avrebbero trascurato, sino quasi a dimenticarlo. Ka significa «Chi?», ed è l’ultima domanda, che si pone quando tutte le altre sono state poste. Ma prima dovranno scorrere molti eoni, sorgere e dissolversi molti mondi, in una sequenza di vortici il cui occhio è Ka stesso. Così appaiono i Deva, gli dèi che si battono contro altri dèi, gli Asura, per conquistare il succo inebriante del soma; i Sette Veggenti, che osservano il corso del mondo dagli astri dell’Orsa Maggiore – e talvolta intervengono; Siva, Brahma, Visnu, con le loro vicende intrecciate, variate, riverberate di èra in èra; manifestazioni della Dea, come Sati e Parvati, congiunte a Siva in amori interminabili; il giovane Krsna e il suo corteo erotico di mandriane, le gopi; Krsna maturo, che sovranamente regge le sorti della funesta guerra fra cugini tramandata dal Mahabharata; e infine, già in mezzo al kaliyuga, l’«età del colpo perdente» in cui viviamo, si fa avanti un principe che abbandona la casa del padre e scopre una via della liberazione mai prima calcata: il Buddha. Nella mente si compie ciò che nella mente aveva avuto inizio – e che forse innanzitutto nella mente era avvenuto, per chi sa che «il mondo è come l’impressione che lascia il racconto di una storia», secondo le parole di un antico testo indiano. Per rispondere all’ultima domanda occorre attraversare tutte le storie. E per attraversare tutte le storie occorre porsi, come accadde a Garuda, la domanda su chi silenziosamente le ospita: Ka. 
La mia opinione: Ho citato questo libro di Calasso, ma avrei potuto citare anche Le nozze di Cadmo e Armonia come libro che spalanca la mente del lettore, però siccome quest’ultimo si basa sulla mitologia greca e quindi occidentale, per me non è stato così scioccante poichè la conoscevo già approfonditamente grazie ai miei studi classici, mentre Ka essendo incentrato sulla mitologia indiana e asiatica mi ha certamente introdotto a qualcosa che non conoscevo e che quindi mi ha stupito di più. Ka è un libro senza trama o logica narrativa, è un lungo viaggio, circolare e convoluto all’interno della mitologia indiana e asiatica, un piccolo caleidoscopio di storie personaggi collegati e legati tra di loro da mille fili colorati. Certamnte se volete studiare la mitologia in modo serio questo non vi servirà molto saranno altri i libri da leggere, questta è solo una sgargiante introduzione, per niente chiara , ma senza dubbio affascinante a qualcosa che è lontano da noi occidentali. Mi ha affascinato come libro, sì, mi ha spitnto a studiare la filosofia e mitologia siatica più approfonditamente, no. io preferisco i libri più chiari e più logici per conoscere materie nuove. Ma senza dubbio mi ha colpito e non l’ho mai dimenticato.
- La città della gioia, di Dominique Lapierre
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Trama:  Deluso e amareggiato sotto il profilo professionale, un giovane medico statunitense lascia il suo paese e si trasferisce in India alla ricerca di qualcosa che gli restituisca il senso dell’esistenza, intraprendendo un lungo viaggio dalla ricca America alle bidonville di Calcutta.  Ma proprio qui, nelle allucinanti colonie di lebbrosi della «Città della gioia», in mezzo a inondazioni, fame e malattie, il protagonista riuscirà a ritrovare la forza di riscattarsi. Un romanzo sconvolgente, l’epica della speranza e dell’amore, una straordinaria lezione di coraggio.
La mia opinione: mi spiace che questo libro non sia più stato ripubblicato in tempi recenti perchè è veramente secondo me un romanzo molto ma molto importante per capire il concetto di volontariato o aiuti umanitari, o semplimente di altruismo e redenzione. Anche qui la trama non è niente di sconvolgente o nuovo, ho letto altri libri ancora più commoventi riguardanti i lebbrosi come ad esempio Moloka'i di  Alan Brennert (pubblicato in italiano col titolo L’ISOLA DEI FIORI ROSSI link: https://amzn.to/3jZw8XH), e in materia di redenzione/rinascita/altruismo sarebbe senz’altro da nominare SIDDHARTHA di Herman Hesse, ma sapete che io non scelgo mai la via più comune. A mio avviso o almeno per me La città della gioia racchiude in sè tutti questi importanti insegnamenti che è possibile ritrovare in latri libri, come un piccolo e prezioso compendio sottoforma di una storia semplice e chiara senza troppa filosofia, anzi a tratti fin troppo cruda e sintetica. Ma è questo suo essere così sintetica e vera che me l’ha fatta apprezzare di più. Non è senza dubbio un libro piacevole, ma insegna qualcosa in modo diretto senza fronzoli. Ne è stato tratto anche un film dallo stesso titolo che vi consiglio. E vi voglio citare anche un altro libro basato più o meno sugli stessi argomenti per me molto importante:The small woman, di Alan Burgess.  Non so se sia disponibile in italiano, ma è la storia di una missionaria inglese di umili origini in Cina. La vita di una piccola e modesta donna, che non ha grandi sogni aiuta solo un piccolo villaggio e poi akcuni bambini, ma sono le piccole cose e le piccole vite che alla fine contano, no? Anche da questo è stato tratto un film che amo molto intitolato La locanda della sesta felicità.
                                      - Amabili resti, di Alice Sebold
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Trama: Susie, quattordicenne, è stata assassinata da un serial killer che abita a due passi da casa sua. È stata adescata da quest’uomo dall’aria perbene, che la stupra, poi fa a pezzi il suo cadavere e nasconde i resti in cantina. E a raccontare la sua storia è lei stessa che come fantasma assiste al dolore dei suoi genitori e all’indagine sul suo omicidio.
La mia opinione: Sicuramente è la scelta narrativa di far parlare la vittima del suo omicidio e di farla assistere a tutte le conseguenze che ne seguono a rendere così emotivamente toccante questo libro. E ciò che lo fa funzionare così bene è nache che non è mai drammatico o troppo sentimentale, è realistico asciutto e chiama le cose col loro nome senza ingigantirle o minimixzzarle. Stupr e, omicidio, sono parole grosse, importnati che quin vengono utilizzate nel modo giusto e migliore per colpire il lettore.  Non per niente la’utrice è stata vittima vittima lei stessa di uno stupro che l’ha cambiata per sempre, come racconta nel libro LUCKY. E quando ha parlare è una vera vittima fa tutta la differenza. Ora non so se questo libro mi ha colpito tanto perchè sono una donna, non ve lo so dire, e non so dirvi se anche da un uomo può fare lo stesso effeto, ma di certo è un libro importante.
- Linea rosa, di Dina Silver
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Trama: Sydney Shephard è una ragazza sveglia, determinata e piena di vitalità. Frequenta l'università e ha un fidanzato straordinario, Ethan, che ama tantissimo e con il quale progetta di sposarsi. Un giorno però una doppia linea rosa su un test di gravidanza cambia per sempre i suoi programmi per il futuro: Sydney, infatti, scopre di aspettare un figlio... Grace è una bambina troppo alta per la sua età e ha una nonna che manda regali solo a lei e non al suo fratellino: quando, durante una lezione di scienze, scopre di essere nata anni prima del matrimonio dei suoi genitori, rimane turbata e comincia a farsi mille domande. Chi è davvero suo padre? Perché la madre l'ha tenuta all'oscuro di tutto?
La mia opinione: Dubito che questo libro sia ritenuto fondamentale o cambia vita da altre persone a parte me, molti neppure lo conosceranno, ma per quanto mi riguarda è un romanzo che pure nella sua semplicità affronta l’argomento di una gravidanza giovanile in modo semplice diretto e duplice, dal punto di vista sia della madre che della figlia. Quindi la storia si dipana tra passato e presente mostrando le conseguenze di ogni decisione passata. Non è niente di sconvolgente, nè un capolavoro della letteratura, ma trovo affronti questo tema e indirettamente anche il tema aborto, in modo molto diretto senza giudizio. Forse sorvola su alcune problematica, forse semplicizza troppo alcune cose, probabilmente esistono romanzi molto più forti diretti e importanti su questi stessi argomenti, ne sono più cvhe certa. Ma per quanto mi riguarda io ho leto questo e mi ricordo questo come una lettura che ha cambiato il mio punto di vista su alcune cose.
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multiverseofseries · 5 months ago
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Assassinio a Venezia: scomporre un giallo per costruire un thriller
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Assassinio a Venezia terza avventura diretta e interpretata da Kenneth Branagh che questa volta si discosta parecchio dal romanzo originario per proporre un giallo da camera che è anche un horror con una Venezia fosca e affascinante.
C'è chi ha finora apprezzato l'Hercule Poirot di Kenneth Branagh, chi è fedele al televisivo David Suchet e chi ancora non riesce a dimenticare quello di Peter Ustinov. Lo stesso regista e attore ha collezionato soprattutto negli ultimi anni uno stuolo di appassionati ma parallelamente una stregua di haters che non apprezzano per niente il suo lavoro perché secondo loro pigro e privo di invettiva e guizzi registici. Chissà se questi ultimi si ricrederanno dopo quest’ultimo capitolo di questa "serie tv al cinema" com'è diventato oramai il franchise 20th Century Studios. Questo perché rispetto ai due precedenti romanzi scelti - Assassinio sull'Orient Express e Assassinio sul Nilo - qui il lavoro di adattamento e trasformazione da un medium all'altro è molto più corposo e sostanzioso.
Un giallo che è un horror
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Assassinio a Venezia: Kenneth Branagh e Tina Fey in una scena del film
Il primo cambiamento sostanziale che Kenneth Branagh e lo sceneggiatore Michael Green fanno dal romanzo originario di Agatha Christie Poirot e la strage degli innocenti è il genere a cui appartiene l'opera filmica. Siamo sempre dalle parti del giallo ma questa volta il regista britannico sceglie di puntare sul thriller dalle tinte horror, ambientando la storia non più nella campagna inglese bensì a Venezia, per la precisione nel secondo dopoguerra, con le conseguenze soprattutto psicologiche del conflitto mondiale ancora fresche per le persone. Quella che si vede nel film è una Venezia quasi totalmente in preda alla tempesta e fumosa, costantemente avvolta nella nebbia come se i suoi palazzi, antichi, imponenti e pieni di misteri si ergessero sul nulla più che su una laguna.
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Assassinio a Venezia: Kelly Reilly in una scena del film
Con questa atmosfera quasi fantasy non poteva quindi che essere soprannaturale il messaggio che Branagh sceglie per il proprio lungometraggio, ovvero la fede nella vita dopo la morte, dopo aver parlato di cosa può arrivare a fare unita una comunità come quella a bordo dell'Orient Express oppure cosa si è disposti a fare per amore, con conseguenze spesso tragiche, sulle sponde del Nilo. Questa volta è credere la parola chiave che tormenta tutti i personaggi, in primis il detective belga che crede nella scienza e nella deduzione per antonomasia, e che la vecchia amica Ariadne Oliver (una spumeggiante Tina Fey, che si dimostra una perfetta spalla comica per il protagonista) va a "disturbare" nell'auto-esilio in cui si è rintanato per farlo partecipare ad una serata molto speciale organizzata dalla soprano Rowena Drake (Kelly Reilly).
Un horror che è un giallo da camera
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Assassinio a Venezia: Michelle Yeoh in una scena del film
La donna ha accettato di ospitare una seduta spiritica con la celebre Joyce Reynolds (una magnetica Michelle Yeoh), una medium di fama mondiale che ha ricevuto una comunicazione dall'aldilà dalla figlia della donna, Alicia, morta tragicamente un anno prima proprio in quell'antico palazzo. Ancora si sente la sua voce in giro per casa, così come quella dei bambini che furono imprigionati e lasciati a morire tanti anni prima, secondo la leggenda rimasti come fantasmi ad infestare la dimora. O almeno così si dice. Inquadrature tipiche degli horror, jump scare, lampadari che cadono a terra e si frantumano, la pioggia battente, le onde che si infrangono sulle gondole, porte che sbattono, la macchina da presa che tiene il ritmo e velocemente passa da un personaggio all'altro, da un dettaglio ad un primo piano. Tutti elementi che danno un ritmo ben diverso alla pellicola rispetto ai due capitoli precedenti, denotando un chiaro intento registico dietro le quinte. Durante la seduta Joyce afferma di sapere che è stato commesso un omicidio, anche se nessuno sembra darle importanza poiché nessuno, eccetto che per la padrona di casa, crede potesse essere davvero lo spirito della ragazza. Proprio come nel romanzo era una ragazzina di nome Joyce Reynolds, a cui nessuno credeva, ad affermare di aver assistito ad un omicidio, per poi finire annegata nel barile del gioco delle mele.
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Assassinio a Venezia: Riccardo Scamarcio sul set
Eppure la domestica, Olga Seminoff (Camille Cottin), credente convinta pensa si tratti della "maledizione dei bambini" che si vendicano di infermiere e medici che li lasciarono rinchiusi a morire, mentre il piccolo Leopold (Jude Hill) è convinto di avere come amici molti dei piccoli defunti. Molto più scettici sono la guardia del corpo di Poirot, l'ex poliziotto Vitale Portfoglio (Riccardo Scamarcio), il dott. Ferrier (Jamie Dornan), che sta affrontando il PTSD dalla guerra, e l'irascibile chef Maxime che era fidanzato con Alicia (Kyle Allen). Tutti sono sospettati, come nella tradizione letteraria di Agatha Christie e soprattutto nel codice investigativo del detective belga, a cui Branagh riesce a donare ancora una volta quello sguardo ricolmo di velata tristezza.
Una serata per i morti (e per i vivi)
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Assassinio a Venezia: Kenneth Branagh in una foto
La serata prevedeva anche la partecipazione degli orfanelli, compreso il gioco delle mele da prendere con la bocca mentre sono in una tinozza d'acqua: tinozza in cui finisce la faccia di Poirot, scambiato per Joyce, avendo una sorta di esperienza di pre-morte. Da quel momento una voce e un volto di bambina continuano a tormentarlo e, quando la vera Joyce viene brutalmente uccisa, il detective belga vede il proprio fuoco investigativo improvvisamente risvegliato e decide di bloccare tutti in quella casa piena di segreti per svelare almeno quelli relativi all'omicidio appena commesso. A questo punto l'horror diviene presto un giallo da camera, con alcune sequenze estremamente teatrali (proprio come nel curriculum del regista inglese). Tutto il contrario dell'originale cartaceo, in cui nella casa del delitto poteva essere passato chiunque e i sospettati si moltiplicavano di pagina in pagina.
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Assassinio a Venezia: Jamie Dornan in una scena del film
La serata coincide con la notte di Halloween e quindi con la Vigilia di Ognissanti, durante i quali per tradizione il confine tra l'aldilà e il nostro mondo si assottiglia parecchio ed è proprio su questa sensazione borderline che gioca tutta la pellicola. Pur mantenendo intatti gli accadimenti principali ma modificando gran parte della trama - rimarrete sorpresi fino alla fine, se avete letto il romanzo - Kenneth Branagh riesce a dare nuova vita e nuova linfa alle pagine, ammantando tutta la narrazione con la sensazione che ci sia qualcosa di più in questo mondo che nemmeno il detective più intelligente al mondo può dedurre. A noi non resta che incrociare le dita per un quarto film, che magari abbia lo stesso coraggio di questo capitolo. Perché di omicidi (e di gialli) il cinema in fondo non ne hai mai abbastanza.
Conclusioni
In conclusione Assassinio a Venezia conferma come questa volta Kenneth Branagh si sia speso molto più che in precedenza per trasformare il romanzo originario in un thriller dalle tinte horror, per farlo poi diventare un giallo da camera ribaltando ancora una volta il punto di vista cartaceo. Convincenti le caratterizzazioni e interpretazioni dei personaggi, su tutte la chimica tra Branagh e Tina Fey e il piccolo Jude Hill, già visto nel suo Belfast. Il mistero riesce così come i colpi di scena, mentre sullo sfondo si fa strada la tematica del mondo dell’aldilà e di cosa ci aspetta dopo la morte.
👍🏻
Lo stravolgimento del romanzo originario pur mantenendone fedeli i punti cardine.
L’aver fatto diventare il romanzo un thriller horror e allo stesso tempo l'aver omaggiato il giallo da camera.
La durata e il ritmo incalzante (coadiuvato dalla prima).
Il cast scelto, in particolare Tina Fey nei panni di Ariadne Oliver come spalla comica.
👎🏻
I puristi del libro e di Agatha Christie potrebbero non apprezzare i drastici cambiamenti apportati.
Molte sequenze e alcune caratterizzazioni dei personaggi sono esagerate (ma sono volutamente tali).
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carmenvicinanza · 6 months ago
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Cristina Rivera Garza
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Penso che tra i compiti di chi scrive ci sia quello di costruire uno spazio di ascolto, in cui si possa praticare la cura gli uni degli altri e l’attenzione. E grazie a questa energia poter costruire un mondo diverso.
Cristina Rivera Garza è la scrittrice che ha vinto il Premio Pulitzer 2024 per Liliana’s Invincible Summer: A Sister’s Search for Justice, memoir autobiografico tradotto in italiano con il titolo L’invincibile estate di Liliana.
Docente di Studi Ispanici all’Università di Houston, ha fondato e dirige il dipartimento di scrittura creativa, il primo in lingua spagnola in tutto il paese.
È autrice di racconti e romanzi. Nessuno mi vedrà piangere ha vinto numerosi premi nazionali e ricevuto elogi da scrittori del calibro di Carlos Fuentes.
Nata il primo ottobre 1964, in Messico, nello stato di Tamaulipas, vicino al confine con gli Stati Uniti, ha iniziato a scrivere sin da giovanissima.
Laureata in storia dell’America latina, ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Houston e insegnato in diverse università tra Messico e Stati Uniti. I suoi studi sono stati pubblicati su riviste prestigiose.
Accanto alla carriera accademica, ha continuato a coltivare l’amore per la scrittura, diventando la scrittrice messicana più prolifica e premiata della sua generazione. Oltre ai suoi libri, ha partecipato ad alcune antologie e sperimentato la scrittura attraverso diversi blog, che oltre a sperimentare la partecipazione anche del pubblico, sono diventati degli spazi di editoria indipendente. Ha coniato il termine “tweetnovel” (tuitnovela in spagnolo) una sequenza temporale di un racconto scritta dai personaggi.
Ha impiegato trent’anni per scrivere L’invincibile estate di Liliana, sul femminicidio della sorella Liliana, studente di architettura uccisa a Città del Messico il 16 luglio 1990 dal suo ex fidanzato che non accettava che lei volesse lasciarlo e rifarsi una vita senza di lui.
Pubblicato nel 2021, è entrato subito a far parte delle migliori opere dell’anno del New York Times, del Washington Post, Economist e utilizzato come manifesto contro la violenza di genere e il femminicidio.
Ha ricostruito la storia della sorella partendo dalle indagini dell’epoca, raccontando la storia personale ma universale dell’ennesimo caso di violenza di genere, affinché la memoria della sorella, il suo passaggio terreno, non siano più messi a tacere nel silenzio del dolore.
Credo che gli scrittori non usino una lingua privata, che la lingua nella quale ci muoviamo sia sempre quella della collettività, della comunità a cui apparteniamo. Non avrei mai potuto scrivere questo libro senza la lingua che le donne hanno elaborato negli ultimi anni su questo tema, senza il linguaggio dei movimenti femministi che hanno cambiato i nostri paesi negli ultimi trent’anni, ha spiegato in un incontro pubblico.
In Messico undici donne ogni giorno vengono ammazzate per mano di un uomo, una cifra incredibile.
Il crimine di femminicidio è stato riconosciuto ufficialmente come un reato nel 2012, quando è stato incluso nel codice penale federale con l’articolo 325 che dice: “Commette il delitto di femminicidio chi priva della vita una donna per questioni di genere”. In molti paesi del mondo, tra cui l’Italia, questo tipo di reato non è stato ancora inserito nel codice penale.
Negli anni novanta avrei avuto a disposizione solo le parole del delitto passionale, che come sappiamo dà spesso la colpa alla vittima per la violenza subita. Avrei fatto del male a mia sorella e a me stessa. Ci sono voluti anni di cambiamenti. Avevo bisogno di un altro vocabolario. Abbiamo cambiato il nome alle cose, abbiamo smesso di chiamare la violenza con il lessico dell’amore romantico. Come sorella di Liliana e come scrittrice avevo bisogno di questo cambiamento, di rivoluzionare lo sguardo, di altre parole.
Determinante è stato, per la scrittrice, il momento in cui ha assistito alla performance Un violador en tu camino (uno stupratore sulla tua strada) del collettivo femminista cileno Las Tesis, è stato così che ha capito finalmente esistevano le parole per raccontare il femminicidio della sorella e delle orecchie pronte ad ascoltare un altro tipo di storia.
Ne è scaturito così un libro che racchiude diversi generi letterari: il memoir, l’autofiction, l’inchiesta, l’epistolario e il racconto.
Per Cristina Rivera Garza scrivere questo libro è stato anche un lavoro di restituzione e di memoria. “Riportare alla luce queste vite, sentire la mancanza di queste donne uccise è un modo di riportarle tra noi, sentire la loro mancanza è un modo per fare giustizia”, dice la scrittrice, che sta ancora aspettando che si svolga un processo sull’omicidio della sorella Liliana. L’uscita del libro ha contribuito ad accelerare le pratiche per riaprire il fascicolo d’indagine sull’omicidio.
L’invincibile estate di Liliana è stato scelto perché è “una storia che mescola memorie, giornalismo investigativo femminista e biografia poetica uniti a una determinazione nata dalla perdita”, questa la motivazione della giuria del Pulitzer.
L’attribuzione del prestigioso premio rappresenta una speranza per il presente: la promessa, forse, che qualcosa possa cambiare nel futuro.
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enkeynetwork · 2 years ago
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rocknread · 2 years ago
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13 Libri Per Avere Successo Nel Lavoro (E Nella Vita)
13 Libri Per Avere Successo Nel Lavoro (E Nella Vita)
I libri per avere successo sono quelli che ti permettono il cambiamento che ambisci e lo fanno dentro la lettura, tanto cara a noi di Rock’n’Read. La nostra rubrica Rock’n’Work è dedicata ai libri sul lavoro. Perché ogni lettura è una risposta all’ignoranza. Per lettura non intendiamo solo i romanzi, i saggi o i libri storici, tanto per dirne tre. Per lettura intendiamo qualcosa che ci permette…
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lamilanomagazine · 2 years ago
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Cagliari, la mostra per il centenario della morte di Ottone Bacaredda
Cagliari, la mostra per il centenario della morte di Ottone Bacaredda. Sarà inaugurata mercoledì 7 dicembre 2022 alle 10,30 alla MEM – Mediateca del Mediterraneo di via Mameli 164 a Cagliari, la mostra "Ottone Bacaredda, il sindaco di una città en marche". L'allestimento, basato sul patrimonio dell'Archivio storico e della Biblioteca Studi Sardi, sarà aperto al pubblico fino al 7 febbraio 2023. Le iniziative organizzate in occasione del centenario dalla scomparsa di Ottone Bacaredda proseguiranno nei giorni successivi con due appuntamenti.   Venerdì 9 dicembre 2022 a partire dalle 17,30, anche nello spazio SEARCH – sottopiano del Palazzo Civico di via Roma, con ingresso nel Largo Carlo Felice n.2, si terrà il convegno dal titolo "Ottone Bacaredda nella Cagliari tra fine Ottocento e primo dopoguerra". I relatori Antonello Angioni, Maurizio Corona, Gianfranco Murtas, Giorgio Pellegrini e Marco Pignotti avranno modo di esplorare le sfaccettature di questa importante figura sia nella sua vita privata che nella sua carriera politica, offrendo agli ascoltatori un panorama sullo scenario artistico, architettonico e urbanistico della Cagliari della Belle Époque, dei suoi splendori e dei suoi conflitti.   Il giorno dopo, sabato 10 dicembre, dalle 16,30 alle 20 i visitatori potranno assistere alla proiezione del video: "Il sogno della Belle Époque e altre storie cagliaritane".   Nel dicembre 1921 moriva Ottone Bacaredda, tra i sindaci cagliaritani che hanno lasciato una memoria indelebile del proprio operato. Lo scrittore Luigi Colomo, pur essendo di diversa corrente politica, così lo ricorda nel 1927 nel suo libro Cagliari...che scompare: "Giovane d'anni, maturo alla vita pubblica, pieno d'entusiasmo per la sua città natale, cui lo stringeva affetto immenso, quale solamente possono nutrirlo le anime grandi, si accinse al rivolgimento e al rinnovamento di essa". Laureatosi in Giurisprudenza, Bacaredda ricoprì vari ruoli all'interno dell'amministrazione cittadina: dal 1886, quando divenne consigliere, il percorso fu breve per diventare prima assessore, poi sindaco, nel 1890. Questo fu l'inizio per la Città di un rapido e significativo cambiamento urbanistico, di cui il municipio di via Roma resta il monumento più emblematico, rappresentando l'amministrazione Bacaredda anche nel nome. Di lui Francesco Alziator ebbe a dire che "fu il primo a sganciarsi dalla rugginosa tradizione scottiano-manzoniana del romanzo storico". Autore di romanzi e racconti, il valente esponente dell'intellighenzia cagliaritana si cimentò anche in alcuni saggi tra cui si ricorda l'autobiografico "L'Ottantanove cagliaritano", in cui il sindaco si difese dalle poche ombre che appannarono la sua carriera, cioè i moti del 1906, causa delle sue dimissioni.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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spokenitalics · 2 years ago
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per caso hai un account goodreads o storygraphs? sono alla ricerca di romanzi da leggere
non ho né uno né l'altro (trovo più semplice segnarmi tutto su un foglio di calcolo), ma posso darti qualche titolo tra i miei preferiti di quest'anno:
earthlings di sayaka murata: la storia di tre bambini (e poi adulti) che sentendosi estranei dal resto dell'umanità e dagli orrori della vita moderna, si convincono di essere alieni per sfuggirgli. la storia non è leggerissima (se pensi a cw questo libro ce l'ha), ma lo stile libera la narrazione dalla pesantezza dei fatti;
the faggots & their friends between revolutions di larry mitchell con illustrazioni di ned asta, che non è un romanzo nel senso stretto del termine ma che amo profondamente: una specie di fiaba che è anche un manifesto politico (che poi non mi trovi completamente d'accordo con la conclusione a cui arriva l'autore è un'altra storia);
il maestro e margherita, di mikhail bulgakov, per cui ogni complimento sarebbe ridondante (posso solo dirti che c'è una parte che mi ha spezzato il cuore in mille pezzi): negli anni '30 il diavolo arriva a mosca, capitale atea del periodo; il caos lo segue. quasi duemila anni prima, ponzo pilato dà la sentenza di morte al mite predicatore jeshua;
l'insostenibile leggerezza dell'essere, di milan kundera, altro classico di cui davvero non mi aspettavo di innamorarmi così tanto: il ritratto di quattro giovani cecoslovacchi nel periodo fra la primavera di praga e l'invasione sovietica, tra amori, lavoro, morte e vita;
letteralmente qualunque cosa di octavia e. butler, ma più specificatamente:
kindred se vuoi uno stand-alone che ti dia un'idea sul suo stile e i temi prediletti da butler: una donna nera americana viaggia nel tempo dal 1976 fino al periodo antebellico. lì si ritrova faccia a faccia con suo nonno (bianco, figlio del proprietario di una piantagione e di numerosi schiavi), sua nonna (nera, ma libera), e un enorme dilemma morale da cui dipende la sua stessa esistenza;
la trilogia lilith's brood se vuoi una cosa più sci-fi: la terra è resa inabitabile da una guerra atomica, ma un gruppo di persone viene salvata da un'avanzatissima specie aliena dall'aspetto ripugnante. il prezzo da pagare per la sopravvivenza dell'umanità è altissimo, e non tutti sono disposti a pagarlo;
la duologia parable of the sower/talents, che probabilmente sono i miei libri suoi preferiti: nel lontano 2020, il pianeta è dilaniato dal cambiamento climatico, un fondamentalista cristiano diventa presidente degli stati uniti con lo slogan 'make america great again', e una giovane donna inventa una religione sognando di far rinascere l'umanità tra le stelle.
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occhi-ribelli · 7 years ago
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Forse nella vita va così, ho riflettuto. Bisogna soffrire,arrivare fino in fondo, per trovare la forza di cambiare.
Eshkol Nevo
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pomposita6292 · 3 years ago
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“C’era un paese dove erano tutti ladri. La notte ogni abitante usciva, coi grimaldelli e la lanterna cieca, e andava a scassinare la casa di un vicino. Rincasava all’alba, carico, e trovata la casa svaligiata.
E così tutti vivevano in concordia e senza danno, poiché l’uno rubava all’altro, e questo a un altro ancora e così via, finché non si rubava a un ultimo che rubava al primo.
Il commercio in quel paese si praticava solo sotto forma d’imbroglio e da parte di chi vendeva e da parte di chi comprava. Il governo era un’associazione a delinquere ai danni dei sudditi, e i sudditi dal canto loro badavano solo a frodare il governo. Così la vita proseguiva senza inciampi, e non c’erano né ricchi né poveri.
Ora, non si sa come, accadde che nel paese di venisse a trovare un uomo onesto. La notte, invece di uscirsene col sacco e la lanterna, stava in casa a fumare e a leggere romanzi. Venivano i ladri, vedevano la luce accesa e non salivano.
Questo fatto durò per un poco: poi bisognò fargli comprendere che se lui voleva vivere senza far niente, non era una buona ragione per non lasciar fare agli altri. Ogni notte che lui passava in casa, era una famiglia che non mangiava l’indomani. Di fronte a queste ragioni l’uomo onesto non poteva opporsi. Prese anche lui a uscire la sera per tornare all’alba, ma a rubare non ci andava.
Onesto era, non c’era nulla da fare. Andava fino al ponte e stava a veder passare l’acqua sotto. Tornava a casa, e la trovava svaligiata.
In meno di una settimana l’uomo onesto si trovò senza un soldo, senza di che mangiare, con la casa vuota. Ma fin qui poco male, perché era colpa sua; il guaio era che da questo suo modo di fare ne nasceva tutto un cambiamento. Perché lui si faceva rubare tutto e intanto non rubava a nessuno; così c’era sempre qualcuno che rincasando all’alba trovava la casa intatta: la casa che avrebbe dovuto svaligiare lui.
Fatto sta che dopo un poco quelli che non venivano derubati si trovarono ad essere più ricchi degli altri e a non voler più rubare. E, d’altronde, quelli che venivano per rubare in casa dell’uomo onesto la trovarono sempre vuota; così diventavano poveri. Intanto, quelli diventati ricchi presero l’abitudine anche loro di andare la notte sul punte, a veder l’acqua che passava sotto. Questo aumentò lo scompiglio, perché ci furono molti altri che diventarono ricchi e molti altri che diventarono poveri.
Ora, i ricchi videro che ad andare la notte sul punte, dopo un po’ sarebbero diventati poveri. E pensarono: “Paghiamo dei poveri che vadano a rubare per conto nostro”.
Si fecero i contratti, furono stabiliti i salari, le percentuali: naturalmente sempre ladri erano, e cercavano di ingannarsi gli uni con gli altri. Ma, come succede, i ricchi diventavano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. C’erano dei ricchi così ricchi da non avere più bisogno di rubare per continuare a esser ricchi. Però se smettevano di rubare diventavano poveri perché i poveri li derubavano. Allora pagarono i più poveri dei poveri per difendere la roba loro dagli altri poveri, e così istituirono la polizia, e costruirono le carceri.
In tal modo, già pochi anni dopo l’avvenimento dell’uomo onesto, non si parlava più di rubare o di esser derubati ma solo di ricchi e poveri; eppure erano sempre tutti ladri.
Di onesti c’è stato solo quel tale, ed era morto subito, di fame”. Italo Calvino
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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Dolce introduzione al caos – L’introspezione emotiva di Marta Orriols. Recensione di Alessandria today
Un viaggio attraverso la complessità dell'animo umano, tra fragilità e resilienza.
Un viaggio attraverso la complessità dell’animo umano, tra fragilità e resilienza. Recensione:“Dolce introduzione al caos” di Marta Orriols è un romanzo che esplora con delicatezza e profondità il mondo delle emozioni umane. La storia segue il percorso interiore di Paula, una giovane donna che si ritrova a fare i conti con una perdita devastante e inaspettata. Attraverso la lente del lutto e…
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cinquecolonnemagazine · 2 years ago
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Il Fragore del ricordo di Anna Maria Basso
Un diario ritrovato Il Fragore del ricordo di Anna Maria Basso edito da Bonfirraro è un libro appassionante che ci svela l’importanza dei ricordi e la necessità di mantenerli vivi per costruire un futuro consapevole. Il romanzo è un racconto corale che, dal cuore della città di Napoli e passando per Maratea, ci conduce fino a Dallas, negli Stati Uniti.   Tutto inizia in modo occasionale. Lara è una giovane neurologa lucana che studia le malattie neurodegerative e che ha ottenuto un contratto di ricerca presso l'Università UTS di Dallas. La sua professione si intreccia improvvisamente con la storia della sua famiglia quando Lara, prima di andare via, scopre un diario della nonna Adelina. Un mondo di sogni e desideri mancati, gioie e dolori si svela a Lara che porta nel cuore, dall’altra parte del mondo, la vita nella nonna. In America Lara vive una nuova vita fatta di successi, nuovi amori e nuove conoscenze su cui ricama la storia della sua adorata Adelina. Nel Fragore del ricordo di Anna Maria Basso non mancano forti riferimenti ad argomenti sociali e legati alla solidarietà, tematiche a cui l’autrice nei suoi romanzi ha sempre dato ampio spazio.   Anna Maria Basso è nata a Potenza, dove vive. È autrice di opere poetiche: Attese (1999), Images/Trame (2001), Quel palpito d’altrove (2010), premio Matera 2019, capitale europea della Cultura, e di racconti brevi, pubblicati in raccolte antologiche. È presente in diverse riviste letterarie nazionali e internazionali. È componente di giurie. Coordina gruppi di lettura nell’ambito del Premio Basilicata e collabora alla promozione e realizzazione di iniziative culturali. “L’impermanenza” (2018) è il suo primo romanzo. Il Fragore del ricordo di Anna Maria Basso Nell’intervista di oggi, l’autrice ci parla di molti aspetti legati al suo libro che, al di là della storia, appassionante e ricca di risvolti, si presta a diversi livelli di lettura. Grazie alla disponibilità dell’autrice, oggi parleremo di tematiche interessanti tra cui il tema generazionale, le malattie neurodegenerative, l’importanza dei ricordi e molto altro; grandi temi che affiorano tra le pagine del Fragore del ricordo. Nel suo romanzo si racconta la storia di due donne, due generazioni a confronto. Perché ha scelto di soffermarsi su questo tema? Il tema generazionale è sempre più considerato come la lente d’ingrandimento attraverso cui interpretare l’evoluzione della società e le trasformazioni culturali che ne seguono. Ogni generazione porta con sé una visione del mondo, una filosofia di vita, bisogni, valori, stili di comunicazione, di relazione, di linguaggio, molto diversi tra loro ma anche con alcuni punti di contatto. La generazione di Adelina è quella del post-guerra, della ripresa economica, del cambiamento, delle innovazioni. Quella di Lara è la generazione dei Millenials, quelli con più istruzione e con maggiori aspettative sul mondo del lavoro, i primi ad avere dimestichezza con gli ambienti e le tecnologie digitali. Pertanto soffermarmi su questo tema mi ha consentito di inserire più spunti di riflessione nella narrazione, anche riguardo ai livelli di parità di genere diversi nelle due generazioni a confronto.  Adelina e Lara sono le protagoniste del suo libro. Hanno qualcosa in comune i due personaggi? Pur appartenendo a due generazioni diverse, Adelina e Lara, le due protagoniste del libro, hanno molte cose in comune. Intanto l’affetto familiare che le lega profondamente tanto da essere sempre l’una il sostegno dell’altra. Poi la determinazione, quell’aspetto caratteriale che le porta ad affrontare la vita con la consapevolezza della propria destinazione e a saper gestire le difficoltà con coraggio anche quando le strade intraprese si presentano piene di ostacoli e interruzioni e occorre prendere altre direzioni. Un altro punto in comune tra le due protagoniste è il senso di appartenenza alla propria terra anche se scoperto da Lara attraverso l’allontanamento e la mancanza. Il suo autore preferito le farà scoprire che: ”Ogni posto è una miniera... uno specchio sul mondo,  una finestra sulla vita... un teatro di umanità... la miniera è esattamente dove si è. Basta scavare.” (Tiziano Terzani). C’è un tema del romanzo che ha trattato e che le sta particolarmente a cuore? Sì, certo. È il tema del ricordo che diventa il leitmotiv di tutta la narrazione. Oggi viviamo sempre più nel tempo smemorato. Un tempo che non ci educa più al sentimento del passato, a quella naturalezza del rievocare non solo le cose belle ma anche quelle meno piacevoli per farci scorgere la risorsa nascosta che può accompagnarci, nel modo giusto, attraverso il presente, verso il futuro. Ricordare è riportare al cuore ciò che si è vissuto o tornare al cuore delle cose vissute dove abbiamo la possibilità di rinnovarle guardandole con occhi nuovi e scoprendone significati diversi. Ecco perché il ricordo fa rumore, quel rumore che scaturisce da qualcosa che rompe, si rompe o irrompe come il tuono dopo il lampo. È legato a questo tema anche la perdita dei ricordi causata da una nota malattia neurodegenerativa e l’importanza della ricerca scientifica. Perché perdere il passato, la nostra memoria, è perdere il proprio fondamento, la coscienza di sé nel tempo.  “Il Fragore del ricordo” è il suo secondo romanzo. C’è un filo conduttore che lega entrambi i romanzi oppure sono due lavori completamente diversi? Le trame, ovviamente, sono completamente diverse.  Nel mio primo romanzo, l’Impermanenza, predomina il tema del viaggio come ricerca interiore. Il protagonista è un uomo tormentato dai suoi limiti, capace di vivere solo fuggendo da se stesso in un orizzonte fatto di ritorni e di partenze ma che tenta di recuperare un suo equilibrio nell’attesa di un’apertura più fiduciosa verso il mondo. Anche per le protagoniste del mio secondo lavoro si può parlare di viaggio interiore. Per Adelina è quello che fa quando lascia tra le pagine di un diario la sua vita per sottrarla all’oblio. Per Lara è il viaggio oltreoceano che diventa un percorso individuale che culmina in una sorta di interiore catarsi. Penso, inoltre, che si possa rintracciare qualche legame tra i miei due romanzi anche negli intenti narrativi. Come l’inserimento di temi sociali, l’interesse rivolto al mondo della medicina, la costruzione del setting, come dicono gli inglesi: ambienti e paesaggi che cerco di far diventare parti integranti della storia, quasi a renderli essi stessi personaggi.  Cos’è per lei la scrittura? E per Adelina? Per me la scrittura è prima di tutto un’arte: è rappresentare attraverso le parole la vita, come un pittore fa con i colori. Ma è anche un viaggio nelle parole con le parole alla scoperta di sé e dei propri campi emotivi. E sono le parole a condurmi lungo la strada della scrittura, quelle parole che “... come carovane si muovono alle prime luci del giorno sino a sera, s’intrecciano, si snodano, si perdono, si ritrovano, disegnano orme... alla ricerca di se stesse, del loro senso, della loro essenza...poi riprendono il cammino. Perché c’è una vita da inventare. Una vita da raccontare. Ogni giorno.” (Da Quel palpito d’altrove) Per Adelina la scrittura è salvare la sua vita dalla dimenticanza, fermarla sulle pagine di un quaderno perché possa un giorno diventare memoria. Un quaderno fatto anche di pagine bianche dove continueranno a vivere i suoi sogni irrealizzati, il suo amore impossibile.  Read the full article
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reading-marika · 2 years ago
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Follia - Patrick McGrath
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“Follia” è un romanzo psicologico scritto da Patrick McGrath nel 1996. È stato pubblicato in Italia dalla casa editrice Adelphi Editore. Il titolo originale dell’opera è “Asylum” poiché ambientato all’interno di un ospedale psichiatrico inglese del 1959. Infatti, il romanzo, ambientato proprio in quest’epoca, narra della storia d’amore e di passione avvenuta all’interno di un manicomio criminale, tra Stella Raphael, moglie di uno psichiatra (Max Raphael), e Edgard Stark, paziente del manicomio. La loro storia è una storia di passione, mista ad eventi cupi e tormentosi. Il caso, in particolare, si concentra sulla figura femminile di Stella e viene raccontato dal punto di vista di un altro psichiatra, Peter Cleave, che analizza gli aspetti clinici e psichiatrici.
“Per la prima volta Stella sentiva che era valsa la pena di saltare nel vuoto, perché alla fine avrebbero trovato il posto sicuro dove amarsi senza paura. E fu in quello spirito che fecero l'amore: senza paura, liberamente, mentre i treni rombavano sul viadotto nella notte. E Stella lo fece ridendo, gridando, urlando al magazzino intero tutta la vita che aveva dentro.”
Stella Raphael è indubbiamente la protagonista del romanzo, infatti la sua figura è quella meglio approfondita e delineata. Incontriamo la sua figura sin dalle prime pagine e con lei si affronta il cambiamento. Stanca della vita monotona, isolata in una casa vicina al lavoro del marito, Max Raphael, trova conforto nell’amore passionale che gli dà Edgard Stark, un paziente dell’ospedale, con un passato inquietante. Questa folle passione la porterà ad abbandonare ogni cosa nella su vita, a partire dall’affetto del marito, che si può supporre già inesistente da prima, ma che is prolunga con l’abbandono del figlio Charlie. La figura di Stella è una figura molto particolare, che, come nei romanzi ottocenteschi, non rappresenta un ideale buono, ma è un inetto. Ricorda, sotto molti aspetti, il personaggio di Emma Bovary, dal romanzo “Madame Bovary” di Flaubert. Entrambe le donne non sono conformi all’idea dell’epoca: donne sottomesse alla monotonia, alla noia, ma sono in costante ricerca di novità, di nuove emozioni. Entrambe non si accontentano di ciò che hanno, ma vogliono sempre di più, vogliono essere libere dalle regole imposte dalla società. Un ulteriore motivo che le accomuna è la mancanza di maternità: con i rispettivi figli, non riescono ad instaurare un legame, o meglio, non vogliono, e questo comportamento viene condannato dalla società, poiché, pur parlando di due epoche e di due paesi differenti, le donne venivano viste come madri. Questo paragone ha portato alla luce dei comportamenti in Stella che non portano il lettore a comprendere le sue azioni, alcune in particolare. La motivazione non sta nell’aver scelto un personaggio negativo, che può essere più interessante di un personaggio positivo, ma proprio nel personaggio stesso.
“Le donne romantiche, riflettei. Non pensano mai al male che fanno in quella loro forsennata ricerca di esperienze forti. In quella loro infatuazione per la libertà.”
Edgard Stark è il paziente con cui Stella ha una relazione. Lui è stato ricoverato per aver ucciso la moglie. Il suo crimine, però, lo nasconde molto bene, utilizzando la maschera di un paziente modello. Infatti, grazie a questo suo comportamento riesce ad entrare nella squadra che dovrà ricostruire la serra del nuovo psichiatra Max Raphael; riuscirà a conoscere Stella e a soggiogarla con i suoi aspetto e comportamento. Edgard sfrutterà la sua relazione con Stella per poter scappare dall’ospedale psichiatrico, ma non solo: la loro storia passionale diventerà per Edgard la ripetizione di una situazione già successa in passato e lo renderà incontrollabile.
“Non si dà creazione senza sofferenza, e la grande arte nasce solo da grandi sofferenze, non è così?”
Peter Cleave è il narratore. È un personaggio che non si incontra quasi mai in maniera diretta, ma lo si conosce attraverso i suoi commenti sul caso di Stella ed Edgard. Peter è un uomo sicuramente intelligente, dedito completamente al lavoro e al voler aiutare i suoi pazienti a stare meglio, però, nonostante l’età, è un uomo solo. Questo lo porterà al coinvolgimento nella vicenda tra Stella ed Edgard, infatti si potrebbe immaginare che il suo racconto sia solo un lato, o meglio uno dei tanti lati, della storia. Il caso, raccontato dal suo punto di vista, si incentra molto sugli aspetti clinici e psichiatrici, ma questo suo coinvolgimento lo rende meno chiaro e credibile. È un personaggio che si rivela essere diverso dall’inizio, solo per il bisogno di non sentirsi solo.
“È impossibile elevarsi al di sopra dell'ambiente in cui si vive; non molto a lungo almeno.”
Lo stile narrativo di Patrick McGrath è molto specifico e clinico. Qui appare la sua conoscenza dell’ambiente psichiatrico, poiché da bambino ha vissuto in un manicomio criminale, il cui direttore era il padre. L’esperienza diretta con tale ambiente ha reso la storia più credibile, più realistica agli occhi dei lettori, poiché vengono spiegate le dinamiche organizzative del luogo in cui ci si trova. Nonostante i riferimenti medici, lo stile è semplice e scorrevole, non si incontrano paragrafi complessi e difficili da comprendere: il tutto è chiaro e diretto. L’autore racconta la storia con un ritmo incalzante che invoglia il lettore a continuare a leggere, per capire cosa succede dopo. È una lettura che si affronta in relativamente poco tempo, ma che racconta di vicende e descrive immagini non proprio facili da affrontare, per questo motivo può essere necessario più tempo. Queste immagini forti vengono raccontate senza pudore, senza filtri: l’autore non vuole nascondere nulla, anzi, vuole che il lettore capisca prima dei personaggi cosa sta accadendo.
“Di solito vogliono che tu tenga la bocca chiusa, a volte pretendono che gridi, e si aspettano che tu sappia la differenza. Era questo che trovava buffo.”
In generale, è una lettura empatica: in base all’esperienza che ognuno prova, può apprezzare o meno la lettura.
3/10
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solosepensi · 4 years ago
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C’era un paese dove erano tutti ladri. La notte ogni abitante usciva, coi grimaldelli e la lanterna cieca, e andava a scassinare la casa di un vicino. Rincasava all’alba, carico, e trovata la casa svaligiata.
E così tutti vivevano in concordia e senza danno, poiché l’uno rubava all’altro, e questo a un altro ancora e così via, finché non si rubava a un ultimo che rubava al primo. Il commercio in quel paese si praticava solo sotto forma d’imbroglio e da parte di chi vendeva e da parte di chi comprava. Il governo era un’associazione a delinquere ai danni dei sudditi, e i sudditi dal canto loro badavano solo a frodare il governo. Così la vita proseguiva senza inciampi, e non c’erano né ricchi né poveri. Ora, non si sa come, accadde che nel paese di venisse a trovare un uomo onesto. La notte, invece di uscirsene col sacco e la lanterna, stava in casa a fumare e a leggere romanzi. Venivano i ladri, vedevano la luce accesa e non salivano.
Questo fatto durò per un poco: poi bisognò fargli comprendere che se lui voleva vivere senza far niente, non era una buona ragione per non lasciar fare agli altri. Ogni notte che lui passava in casa, era una famiglia che non mangiava l’indomani. Di fronte a queste ragioni l’uomo onesto non poteva opporsi. Prese anche lui a uscire la sera per tornare all’alba, ma a rubare non ci andava. Onesto era, non c’era nulla da fare. Andava fino al ponte e stava a veder passare l’acqua sotto. Tornava a casa, e la trovava svaligiata.
In meno di una settimana l’uomo onesto si trovò senza un soldo, senza di che mangiare, con la casa vuota. Ma fin qui poco male, perché era colpa sua; il guaio era che da questo suo modo di fare ne nasceva tutto un cambiamento. Perché lui si faceva rubare tutto e intanto non rubava a nessuno; così c’era sempre qualcuno che rincasando all’alba trovava la casa intatta: la casa che avrebbe dovuto svaligiare lui. Fatto sta che dopo un poco quelli che non venivano derubati si trovarono ad essere più ricchi degli altri e a non voler più rubare. E, d’altronde, quelli che venivano per rubare in casa dell’uomo onesto la trovarono sempre vuota; così diventavano poveri. Intanto, quelli diventati ricchi presero l’abitudine anche loro di andare la notte sul punte, a veder l’acqua che passava sotto. Questo aumentò lo scompiglio, perché ci furono molti altri che diventarono ricchi e molti altri che diventarono poveri.
Ora, i ricchi videro che ad andare la notte sul punte, dopo un po’ sarebbero diventati poveri. E pensarono: – Paghiamo dei poveri che vadano a rubare per conto nostro -. Si fecero i contratti, furono stabiliti i salari, le percentuali: naturalmente sempre ladri erano, e cercavano di ingannarsi gli uni con gli altri. Ma, come succede, i ricchi diventavano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. C’erano dei ricchi così ricchi da non avere più bisogno di rubare per continuare a esser ricchi. Però se smettevano di rubare diventavano poveri perché i poveri li derubavano. Allora pagarono i più poveri dei poveri per difendere la roba loro dagli altri poveri, e così istituirono la polizia, e costruirono le carceri.
In tal modo, già pochi anni dopo l’avvenimento dell’uomo onesto, non si parlava più di rubare o di esser derubati ma solo di ricchi e poveri; eppure erano sempre tutti ladri. Di onesti c’è stato solo quel tale, ed era morto subito, di fame”.
(Italo Calvino)
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Tutto sul film “After 3” della saga cinematografica tratta dai romanzi bestseller di Anna Todd, con protagonisti Tessa e Hardin.
Titolo originale: After We Fell Lingua originale:inglese Paese di produzione: Stati Uniti d'America Anno: 2021 Durata: 95 min Genere: drammatico, sentimentale Regia: Castille Landon Soggetto: dal romanzo di Anna Todd Sceneggiatura: Sharon Soboil Produttore: Mark Canton, Jennifer Gibgot, Aron Levitz, Brian Pitt, Courtney Solomon Casa di produzione: CalMaple, Wattpad Distribuzione in italiano: 01 Distribution Scenografia: Iñigo Navarro Trucco: Kristina Zlateva
Data di uscita del film After 3 Ovviamente tutti i fan della saga che attendono il ritorno di Tessa e Hardin si stanno domandando: quando esce il film After 3? Grazie ad un annuncio sui social, abbiamo appreso che il sequel sarebbe dovuto arrivare nelle sale italiane l’1 settembre 2021. Tuttavia, Leone Film Group ha poi deciso di distribuire After 3 solo in streaming. Vi terremo aggiornati non appena avremo ulteriori notizie circa la data di uscita. Ricordiamo che le riprese sono cominciate nell’autunno 2020. Il terzo e quarto capitolo sono stati girati insieme.
After 3 trama e anticipazioni Innanzitutto dovete sapere che la saga di After ha visto ben due registi. Il primo film, infatti, è stato diretto da Jenny Gage, che si è occupata anche della sceneggiatura, mentre il secondo da Roger Kumble.
Le pellicole raccontano la travagliata storia di Tessa Young e Hardin Scott, due studenti universitari che si innamorano perdutamente l’uno dell’altra. La loro relazione, però, è molto complicata e affrontano spesso diverse difficoltà. Soprattutto in After 2, si vede infatti un netto cambiamento nel carattere di Tessa, che prima di conoscere Hardin era una ragazza molto semplice e timida.
Ma di cosa parla il film After 3? Al momento non abbiamo nessuna trama della pellicola, visto che non è stata confermata solo recentemente, ed è difficile anche trarre alcune anticipazioni. Molto probabilmente però, la storia continuerà da dove si è fermata nel secondo film e cercherà di rispecchiare il più possibile il racconto dei libri di Anna Todd.
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