#ritratti a mano
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ros64 · 2 months ago
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Da: The Fiery Cross
Parte seconda, cap. 18
La chiamata dei capo clan.
La brezza proveniva da ovest. Jamie alzò il mento, godendosi il suo tocco freddo sulla pelle accaldata. La terra digradava a onde di marrone e di verde, accese qua e là da sprazzi di colore che illuminavano la bruma degli anfratti come il chiarore di un fuoco da campo. Si sentì calare addosso una gran pace a quella vista, e respirò a fondo, mentre il suo corpo si rilassava. Anche Gideon si rilassò, ogni irascibilità ormai prosciugata come acqua da un secchio bucato. Pian piano Jamie lasciò cadere le mani sul collo del cavallo, che restò immobile, le orecchie puntate in avanti. Ah, pensò, mentre si impossessava di lui la consapevolezza di essere in un Posto con la P maiuscola. Pensava a posti del genere in una maniera inspiegabile a parole, limitandosi a riconoscerlo quando ne scovava uno. Avrebbe potuto definirlo sacro, se non fosse che la sensazione che gli procurava non c’entrava niente né con la chiesa né con i santi. Era semplicemente un luogo a cui sentiva di appartenere, e ciò bastava, anche se preferiva essere solo, quando gli capitava di trovarlo. Abbandonò del tutto le redini sul collo del cavallo. Nemmeno una creatura dalla mente distorta come Gideon avrebbe provocato guai, qui. E infatti il cavallo rimase tranquillo, con il massiccio e scuro garrese che fumava al freddo. Pur non potendo trattenersi a lungo, Jamie si sentiva profondamente soddisfatto di quella tregua... non solo dalla battaglia con Gideon, bensì anche dalle pressioni del prossimo. Aveva appreso molto tempo prima l’arte di isolarsi in mezzo a una folla, di cercare la privacy nella propria mente quando il corpo non poteva averne. Però era un montanaro nato, e aveva imparato presto anche l’incanto della solitudine, e l’aura di guarigione che emanavano i luoghi silenziosi. Tutto a un tratto ebbe una visione di sua madre, uno di quei piccoli, vividi ritratti che il suo cervello conservava gelosamente per poi tirarli fuori di punto in bianco in risposta a Dio sapeva cosa: un suono, un odore, qualche momentaneo ghiribizzo della memoria. Stava posando trappole per i conigli su una collina, quel giorno, tutto accaldato e sudato, con le dita irritate dalle ortiche e la camicia appiccicata alla pelle per via del fango e dell’umidità. Sua madre se ne stava là sotto l’ombra verdognola, a terra accanto a una piccola sorgente, del tutto immobile – il che non era da lei – con le lunghe mani ripiegate in grembo. Lei gli aveva sorriso in silenzio e lui le si era avvicinato, a sua volta senza parlare ma pieno di un grande senso di pace e contentezza, per poi appoggiarle il capo contro la spalla con un braccio di lei attorno alla vita, sapendo di trovarsi al centro del mondo. Aveva cinque anni all’epoca, o magari sei. All’improvviso, così come era arrivata, la visione svanì, simile a una trota luminosa che scompaia nell’acqua scura. Si lasciò dietro di sé la stessa sensazione di pace profonda, tuttavia, quasi che qualcuno lo avesse abbracciato, e una mano morbida gli avesse sfiorato i capelli. Scese rapidamente di sella per il bisogno di sentirsi gli aghi di pino sotto gli stivali, in una specie di collegamento fisico con quel posto. Per cautela legò le redini a un pino robusto, benché Gideon apparisse abbastanza calmo; abbassata la testa, stava brucando a terra in cerca di ciuffi d’erba secca. Jamie restò fermo un istante, poi si girò con cura a destra verso il nord. Non ricordava più chi glielo insegnato, se sua madre, suo padre o il Vecchio John, il padre di Ian. Recitò le parole, tuttavia, mentre girava in tondo seguendo il corso del sole, mormorando la breve preghiera a ciascuno dei quattro venti, per poi terminare a ovest, nel sole del tramonto. Raccolse a coppa le mani vuote e la luce le riempì, traboccandogli dai palmi.
Che Dio possa tenermi in salvo a ogni passo, Che Dio possa aprirmi ogni valico, Che Dio possa sgombrarmi ogni strada, E che possa accogliermi nelle Sue mani.
Seguendo un istinto più antico della preghiera, prese la fiaschetta dalla cintura e ne versò qualche goccia a terra. Brandelli di suoni gli giunsero sulle ali della brezza; risate e richiami, rumori di animali che si inoltravano nel sottobosco. Non lontana da lì, la carovana si trovava giusto dall’altra parte di una valletta, intenta ad aggirare lentamente la curva della collina di fronte. Doveva andare, adesso, raggiungerli nell’ultimo tratto di salita verso il Ridge. Eppure esitò qualche istante, restio a infrangere l’incantesimo di quel Posto. Captando con la coda dell’occhio un minuscolo movimento si chinò, strizzando gli occhi per scrutare la fitta ombra sotto un cespuglio di agrifoglio. Se ne stava lì immobile, perfettamente fuso con lo sfondo cupo. Non lo avrebbe mai visto, se i suoi occhi da cacciatore non ne avessero percepito il movimento. Un gattino piccolo piccolo, il pelo grigio gonfiato come un soffione maturo, gli enormi occhi spalancati che non battevano ciglio, quasi incolori nella tenebra. « A Chait», sussurrò tendendogli lentamente un dito. «Che cosa ci fai tu qui?»
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thegianpieromennitipolis · 1 year ago
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Da: SGUARDI SULL'ARTE LIBRO TERZO - di Gianpiero Menniti
I VOLTI DELL'ABISSO
Alla perenne ricerca di un significato capace di riverberare il luogo dell'origine, mi sono lasciato attrarre in un dialogo silenzioso, occhi negli occhi, con i "Ritratti del Fayyum": intensi e vividi fino a scuotere intimamente, sono apparsi come ultima soglia del sacro, anfitrioni di un tempo che permane in attesa dell'incontro.
Un dialogo sospeso, leggero e suadente.
Così intenso da muovere memorie nascoste, fino all'emozione inattesa di una traccia limpida, eppure ineffabile.
La parola manca.
Ma è un'assenza piena di voci.
Udite da una mano pietosa che le raccolse per farne dono.
Soccorrono i versi di Friedrich Hölderlin (1770-1843) tratti da "Sonetti a Orfeo":
«…Anche se il mondo si muta, rapido, come forma di nuvola, ogni cosa compiuta ricade in grembo all’antica...».
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nusta · 1 year ago
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Un anno fa ho cominiciato a riempire di disegni questo libro, l'idea era di provare a ritagliare un pezzettino di ogni giorno da dedicare a una cosa che amo fare. Non sono sempre riuscita a farlo, né a seguire le indicazioni dell'autrice del libro, che prevede alcuni soggetti anomali per far sperimentare (tipo le tubaure) e una griglia di quadratini (uno per ogni giorno, appunto) per mantenere piccoli e idealmente rapidi i disegni.
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Io ho allargato o convertito alcuni temi, includendo per esempio degli animali e dei fiori e ho sconfinato a volte per avere un rettangolo anziché un quadrato, e penso che continuerò a piegare le regole un pochino, perché alcune pagine le ho quasi finite mentre altre sono ancora vuote.
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Vorrei disegnare di più dal vivo e finora ho sfruttato youtube per sperimentare dei ritratti da persone in movimento, voglio provare anche con gli animali.
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Vorrei anche sperimentare di più con i pennarelli e le penne e qualche acquerello, anche se la carta di questo libro non è molto adatta, però potrei incollare sul retro delle pagine piene, dato che disegnarci sopra rovina i disegni fatti coi pastelli che sto usando principalmente. Sono riuscita a disegnare anche con una mano sola in questi giorni di braccio rotto, tenendo ferme le pagine con un altro quaderno, e ho inserito nella pagina delle composizioni involontarie le mie scomposizioni involontarie e in quella dei vestiti estivi il tutore che spero di togliere presto.
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In questi giorni ho fatto delle foto per ricordarmi a che punto sono arrivata a un anno di distanza e vedremo cosa riuscirò a combinare nei prossimi mesi. È stato un bel modo di tenere traccia delle mie giornate o di ricordare alcuni momenti speciali ripescati tra le vecchie foto. Insomma, nel complesso direi che l'esperimento sta riuscendo.
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schizografia · 6 months ago
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A quel punto Reger guardò l'Uomo dalla barba bianca e disse, del resto la morte di mia moglie non è soltanto un'immensa disgrazia per me, è anche stata una liberazione. Con la morte di mia moglie sono diventato libero, disse, e quando dico libero intendo totalmente libero, del tutto libero, completamente libero, sempre che lei sappia, o almeno intuisca che cosa questo significa. Non sto più ad aspettare la morte, verrà da sé senza che io ci pensi, che venga pure, non mi importa minimamente sapere quando. La morte della persona amata, infatti, è anche una enorme liberazione per tutto il nostro sistema, disse Reger adesso. Con questa sensazione, la sensazione di essere adesso completamente libero, vivo ormai da parecchio tempo. Posso lasciare che mi capiti qualsiasi cosa, adesso, davvero qualsiasi cosa, senza dovermene difen-dere, non mi difendo più, ecco, così Reger adesso. Guardando l'Uomo dalla barba bianca, sì, disse, l'Uomo dalla barba bianca l'ho sempre amato, Tintoretto non l'ho mai amato, ma l'Uomo dalla barba bianca di Tintoretto l'ho sempre amato. (…)
Anche l'arte nel suo insieme non è altro infatti che un'arte di sopravvivere, questo fatto non dobbiamo perderlo mai di vista, l'arte, insomma, è il tentativo reitera-to, che commuove persino l'intelligenza, di sbrogliarsela in questo mondo e nelle sue avversità, cosa che, come sappiamo, è possibile solo facendo ripetutamente uso della menzogna e della falsità, dell'ipocrisia e dell'au-toinganno, così Reger. Questi quadri sono pieni di falsità e di menzogne e pieni di ipocrisia e di autoinganno, e se prescindiamo dall'abilità spesso geniale con cui sono stati dipinti, in essi non c'è nient'altro. Tutti questi quadri sono inoltre l'espressione dell'assoluta incapacità dell'essere umano di sbrogliarsela con se stesso e con quanto lo circonda vita natural durante. Nient'altro esprimono tutti questi quadri, solo questa incapacità, da un lato umiliante per il cervello, e dall'altro, per lo stesso cervello, sconcertante e commovente da morire, così Reger. L'Uomo dalla barba bianca ha tenuto testa al mio intelletto e ai miei sentimenti per più di trent'anni, così Reger, per questa ragione è per me la cosa più preziosa tra quelle esposte qui, al Kunsthistorisches Museum. Più di trent'anni fa, quasi l'avessi già saputo, mi sono seduto per la prima volta su questa panca, proprio di fronte all'Uomo dalla barba bianca. Tutti questi cosiddetti Antichi Maestri, del resto, sono dei falliti, tutti senza eccezione erano condannati al fallimento, e un osservatore attento può constatare questo fallimento in ogni particolare dei loro lavori, in ogni pennellata, così Reger, nel più piccolo, nel più infimo dettaglio. Senza contare poi che tutti questi cosiddetti Antichi Maestri hanno sempre dipinto solo un dettaglio dei loro quadri in modo davvero geniale, nessuno di loro ha dipinto un quadro geniale al cento per cento, nessuno di questi cosiddetti Antichi Maestri c'è mai riuscito; o falliscono nel dipingere il mento, o il ginocchio, o le palpebre, cosi Reger. La maggior parte di loro fallisce nelle mani, non c'è un solo quadro al Kunsthistorisches Museum in cui si possa vedere una mano dipinta in modo geniale, o anche solo straordinario, nient'altro che mani mancate in maniera assolutamente tragicomica, così Reger, guardi qui in tutti questi ritratti, persino nei più celebri. Un mento se non altro insolito o un ginocchio effettivamente riuscito non è stato in grado di dipingerlo nessuno di questi Antichi Maestri.
Thomas Bernhard
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canesenzafissadimora · 2 months ago
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Mi piacciono le cose veraci, un po’ aspre, dirette, senza orpelli.
Credo sia la naturale attrazione per l'opposto alla parte in me che sa di miele.
Come ai capelli dopo la piega: io preferisco quelli che san di sale dopo un bagno al mare.
Mi piacciono le parole scelte con attenzione, non di quelle che compri al centro commerciale; ma nelle bancarelle, di quel mercatino, in quel piccolo paese dove le cose son tipiche e vi abitano anziane signore a tener vivo il tempo in cui esisteva la noia.
Delle poesie con le frasi che devi rileggere per ritrovare tra i silenzi le sensazioni taciute, ma eccome se provate.
È per questo che alle vedute morbide nei quadri, ho sempre preferito i ritratti umani tra rughe e spigoli, a cercar l'anima.
Ai versi d'amore, quelli di dolore.
Perché quando si è innamorati è facile dire dell'incanto.
E invece ci si dovrebbe cercare nei giorni di follia, in quelli di smarrimento, nell'ordinario, tra le scadenze, gli sbagli.
Non amarmi gli occhi che con quelli son bravi tutti.
Amami i polpacci, la nuca, lo spazio tra il naso e le labbra, il mignolo della mano destra il martedì mattina.
E nelle torte non mettetelo più lo zucchero a velo, ve ne prego.
Io voglio vedere l'onestà.
Di quel che mangio, di quel che tu provi, di chi io amo.
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victory-raven · 1 year ago
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5 PM ╱ Cimitero delle auto
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Il cielo accoglieva le prime sfumature di tramonto e Blaze sapeva che, ormai, mancava davvero poco al rientro. Era il momento più triste delle sue giornate tutte uguali, l’istante in cui era costretto a lasciarsi il mondo esterno alle spalle per far ritorno alla casa coloniale.
Come tutte le volte, Blaze aveva passato le ultime ore del pomeriggio al grande piazzale delle auto abbandonate, ormai colmo di vegetazione incolta. Lì erano state raccolte le autovetture approdate in città, di volta in volta, ed ormai prive di un padrone… e tra tutte c’era quella che era appartenuta a sua madre, l’auto con la quale Blaze era giunto in quel posto maledetto, in quella prigione dimenticata. Non badava più al tempo che passava, aveva smesso da tempo di contare i giorni, le settimane, i mesi… ma dovevano essere passati una decina d’anni, da che si era smarrito in quell’incubo atroce.
Blaze era uno degli abitanti più vecchi di quella cittadina, uno dei pochi che continuavano straordinariamente a sopravvivere alle notti che si susseguivano senza una tregua e probabilmente doveva essersi rassegnato a restare chiuso in quella realtà distorta. Probabilmente, Blaze non aveva più nemmeno memoria di come si vivesse, prima che iniziasse l’incubo. Per Blaze doveva essere sparito tutto, doveva forse non essere mai esistito null’altro all’infuori di quella cittadina tetra e colma di morte.
Per qualche momento se ne stette ancora disteso, di schiena, contro la carrozzeria dell’utilitaria rossa, reggendo con una mano un vecchio taccuino e tracciando quel che doveva essere un disegno con l’altra mano. Blaze disegnava continuamente, disegnava ciò che i suoi occhi coglievano intorno a sé perché l’idea di poter dimenticare qualcosa lo terrorizzava. Ripetutamente, Blaze disegnava il volto di sua madre e, comparandolo ai vecchi ritratti di lei, trovava sempre di averne dimenticato un tratto, un dettaglio che doveva essere stato importante e che, adesso, non lo era più.
Ma si fermò, batté le palpebre e disperse completamente la sua attenzione altrove, attirato d’un tratto dal rumore inconfondibile di copertoni che sfregavano velocemente l’asfalto. Blaze si alzò, scivolò giù dall’auto malmessa e volse lo sguardo nella direzione sonora, era davvero tanto tempo che la città non attirava nuove vittime… ma quel tempo, era evidentemente finito.
@sam-cherry
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carmenvicinanza · 1 year ago
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Malak Mattar
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“Quando comincio una tela, provo a dipingere uomini, ma poi mi scappa la mano e si trasformano in donne”
Malak Mattar, artista palestinese, nata e cresciuta nella Striscia di Gaza che ha vissuto in prima persona quattro guerre.
La pittura è il suo mezzo per raccontare la resistenza e la lotta delle donne.
Ha scritto e illustrato libri per l’infanzia che narrano la sua storia e quella della sua gente.
Nata nel 1999, ha iniziato a dipingere a 14 anni, durante un attacco militare, per esorcizzare la paura e il dolore e da allora non si è mai fermata, ha già realizzato oltre cinquecento tele.
I suoi ritratti sono quasi esclusivamente femminili, donne con gli occhi sgranati che esprimono sofferenza individuale e tragedia collettiva.
Le sue protagoniste simbolo di forza, desiderio di libertà e resistenza in uno dei luoghi più difficili del mondo, costruiscono ponti di ottimismo e speranza.
Le sue opere sono uno strumento di lotta e denuncia, ma anche di esaltazione di bellezza, forza e passione. Rappresentano la vitalità di una nuova generazione che sperimenta un proprio percorso di ricerca e linguaggio, in un panorama artistico che non è certo in primo piano a livello internazionale.
Ha studiato alla Istanbul Aydin University e ha già esposto in diversi paesi del mondo, tra cui Inghilterra, Usa, Portogallo, Italia, Germania.
I motivi dei suoi dipinti spaziano da sentimenti profondi a visioni oniriche e concetti astratti.
Attraverso le sue immagini, il pubblico viene trasportato in un’oasi serena di calma, qualcosa che contraddice direttamente il tormentato contesto di assedio da cui scaturiscono.
Dipingere è il suo modo per evadere mentalmente dalla condizione in cui è costretta a vivere insieme al suo popolo. Non raffigura persone morte o palazzi distrutti ma immagini pacifiche, avvolgenti, donne che diventano case, nonne che diventano tende dove potersi nascondere.
Ha iniziato a pubblicare le sue opere sui social network diventando un’artista riconosciuta a livello internazionale senza essere mai uscita dal suo territorio.
Quando ha cominciato a essere invitata a esporre in tutto il mondo, non poteva accompagnare i suoi quadri: “Andavo all’ufficio postale per inviare le mie tele, e mi sentivo talmente strana pensando che loro erano più libere di me. Loro potevano viaggiare”.
Ha lottato con determinazione per andare a studiare in Turchia con una borsa di studio, ha subito umiliazioni alla frontiera egiziana, ma ha perseverato nel suo desiderio di libertà.
Nel 2021 ha pubblicato il suo primo libro, Grandma’s Bird, una storia autobiografica per bambini che descrive come una giovane ragazza di Gaza impara a controllare le sue paure attraverso la creatività, trovando la libertà anche sotto l’occupazione e, in definitiva, una via d’uscita dal mondo.
La sua voglia di comunicare attraverso la sua arte l’ha portata a ricevere consensi internazionali e a incontrare pilastri dell’emancipazione femminile come Angela Davis che ha partecipato a una sua mostra negli Stati Uniti.
Questa giovane donna ormai proiettata nel mondo, non dimentica da dove viene e cosa la sua gente sta vivendo in una condizione perenne di assedio e distruzione.
Le sue origini sono ben radicate nella sua ricerca artistica e nei messaggi che trasmette anche attraverso i suoi social.
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fashionbooksmilano · 1 year ago
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Saltimbanchi
Marie Desplechin, Emmanuelle Houdart
Logos, Modena 2012, 48 pagine, ill. , Rilegato, 28x37,5 cm, ISBN 9788857604411
euro 25,00
email if you want to buy [email protected]
"Accorrete, non abbiate paura in città è arrivato il circo. Siamo saltimbanchi e viviamo alla giornata. Venite a vedere, grandi e bambini, lasciatevi cullare dalle nostre parole: siamo narratori di favole, mescoliamo magia, illusione e poesia. Sotto il nostro tendone tutto è possibile!" 
Le sorelle siamesi, la donna barbuta, il colosso, la lillipuziana, il musicista senza braccia e senza mani… Undici ritratti strani e bellissimi che immortalano artisti circensi come altrettanti inviti a immaginare per loro vite straordinarie e numeri stupefacenti. L’illustratrice ha affidato i suoi personaggi a Marie Desplechin, che ha dato loro un nome e ha inventato per loro un destino necessariamente fuori dal comune: “Emmanuelle ha immaginato e disegnato undici personaggi favolosi. Me li ha affidati. Sono arrivati alla spicciolata, prima le gemelle siamesi, poi l’uomo senza arti e la donna barbuta, poi il colosso, la cartomante e la lillipuziana… Uno dopo l’altro, ho dato a ciascuno di loro un nome e una storia, poi una famiglia che andava formandosi da sola man mano che scrivevo. È stato facile e divertente: ai vari personaggi i ritratti calzavano a pennello! Così abbiamo inventato il nostro circo itinerante, una famiglia profondamente umana, in cui regnano la fantasia, il coraggio, l’ingegno. E, ovviamente, l’amore.” Marie Desplechin
Dal racconto di una vita rocambolesca a un altro, Emmanuelle e Marie intrecciano i legami che uniscono questi saltimbanchi e ci raccontano questo circo con un umorismo tenero e una profonda poesia. Su un tema dalle immagini abbastanza stereotipate, Emmanuelle trova nuove piste per trascinarci al centro di una moltitudine di personaggi favolosi. Le figure rappresentate appaiono insieme stranamente familiari e al contempo molto enigmatiche, ben riconoscibili e tuttavia avvolte da un velo trasparente che ce ne separa; gli sguardi, le pose, gli elementi che li compongono e li circondano ce li rendono lontani e misteriosi. Hanno una presenza magnetica e stupefacente. Ritroviamo qui l’universo ibrido di Emmanuelle Houdart – corallo o vegetale, maschio o femmina, piuma o pelo? – e i suoi motivi ricorrenti – l’uovo, la spugna, i libri. E quando l’immagine potrebbe rivelarsi troppo disturbante o crudele, ecco che il testo di Marie Desplechin interviene a rassicurare. La diversità diventa fonte di fascino e seduzione. E come al circo, ci si stupisce, si trema, si ride con quegli uomini e quelle donne che non sono come tutti gli altri ma sono comunque nostri simili, nostri fratelli.
08/07/23
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elenamirulla · 2 years ago
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Nuovo giro, nuova double meme! ✨ Stavolta con la conturbante Morticia Addams. La scelta è caduta sulla Morticia di Anjelica Huston nei famosi film "Addams family" dei miei tempi (e mi dispiace, ma non riesco a vederli diversamente da così 😅). L'artista che ha collaborato con me è la bravissima Valentina Moon Child @fantasy_illustrations_ che, come me solitamente (tranne che nei double mene 😂) disegna e colora a mano in uno stile che personalmente adoro! Vi consiglio di andare a vedere i suoi ritratti. ❤️ Ricordo che lo scopo di queste challenge NON è decretare "il migliore" perché NON si tratta di una gara. 😉 Semmai è un'occasione per notare come disegnatori diversi creino una loro personale versione nel loro stile di uno stesso personaggio nella stessa posa. ☺️ E per me di presentarvi autori che mi piacciono e penso possano piacere anche a voi. ❤️ Allora ditemi: qual è il personaggio che preferite fra gli Addams e in quale versione? ☺️ #doublememeart #doublememechallenge #doublememe #morticiaaddams #morticiaaddamsedit #morticiaaddamsfanart #morticia #morticiafanart #addams #addamsfamilyfanart #addamsfamilyart #mercolediaddams #wendsdayaddams #anjelicahuston #anjelicahustonedit https://www.instagram.com/p/CneTmJHMHG3/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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enkeynetwork · 25 days ago
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pollicinor · 1 month ago
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Napoleone e non solo: era considerato simbolo di garbo ed equilibrio
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vecchiorovere · 2 months ago
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1918 - La Maja Maldita (The Wicked Maja) - Federico Armando Beltran-Masses (1885 - 1949)
La Maja Maldita dipinta nel 1918 incapsula in modo suggestivo il suo drammatico cambiamento di stile dopo l'arrivo a Parigi, dal realismo al simbolismo mistico. La modella è Carmen Tortóla Valencia, ballerina pioniera, femminista e seduttrice bisessuale liberata, che è ritratta sdraiata su una chaise longue contro il suo caratteristico sfondo blu notte (che divenne noto come blu Beltran). Nuda sotto il pizzo nero, solo il suo viso e il braccio sinistro sono scoperti o fuori dall'ombra, la sua mano tira indietro la parte inferiore della sua mantiglia per rivelare i suoi seni. I suoi occhi che sono lasciati in ombra dalla mantiglia, come in molti dei suoi ritratti, guardano fuori dalla cornice con, per me, un'aria alla Gatsby, "cercando tra lo scintillio e il razzamatazz qualcosa... qualcuno" a cui si potrebbe aggiungere, la verità di se stessi.
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rochaeliandraofficial · 4 months ago
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Ritratti in Movimento: Pensieri in Viaggio
Come ti Sentiresti?
Immagina di esserti appena trasferit* in una nuova città, dove la lingua, le abitudini e persino i mezzi di trasporto pubblico rappresentano una sfida quotidiana. Oggi è un giorno particolarmente importante: hai un colloquio di lavoro in una compagnia di sviluppo internazionale che valuta le tue competenze linguistiche. Ansioso, cerchi di non perderti tra le linee degli autobus che stai ancora cercando di capire.
Entrando nell'autobus, biglietto alla mano, decidi di chiedere al conducente il punto esatto in cui scendere. Prima che tu possa finire la domanda, una donna dietro di te ti interrompe bruscamente. Con voce impaziente, afferma che tutti sono di fretta, stanchi, e che dovresti proseguire senza intralciare. La sua maleducazione carica l'atmosfera di tensione, e noti sguardi di disagio e disprezzo da parte di alcuni passeggeri verso di te.
Nel mentre, la donna pensa: "Ok, sono stanca e questo che si mette a chiedere informazioni ora? Ma Google Maps a cosa serve? Uno non si organizza prima di uscire di casa?"
Condivido questa storia perché questa mattina ho assistito a un episodio molto simile, che mi ha profondamente turbata. I mezzi di trasporto pubblico offrono sempre l'opportunità di osservare e raccogliere aspetti della personalità umana.
Mi piace sedermi su treni e autobus, osservare le persone intorno a me e cercare di immaginare le vite che conducono. Questi momenti alimentano la mia empatia e rafforzano la comprensione che, sebbene tutti siamo stanchi, combattendo le nostre battaglie quotidiane, la scortesia non dovrebbe mai essere la risposta. Essere spiacevoli non ci porta avanti; al contrario, ci fa regredire.
Ognuno di noi ha una propria scala di valori a cui fare riferimento nei momenti di bisogno. Nella mia scala di valori, la gentilezza e la comprensione è un esercizio, a volte raggungo il risultato, a volte non, ma continuo a provarci.
Io non so voi, ma anche se dispongo del GPS, Mpas e tante App, sono capace di perdermi; mi è capitato spesso di dover chiedere informazioni, e quando si tratta di autobus, non vi dico quante volte li ho presi sbagliati sia qua in Italia, sia all'estero.
Una volta nei miei primissimi giorni in cui dovevo prendere il treno da sola, sono scesa nella stazione sbagliata e preso il treno nella direzione sbagliata, non vi dico come mi sono sentita. Nella maggior parte dei casi, ho avuto la fortuna di trovare qualcuno che mi ha indirizzato correttamente. Cerco di essere educata, capisco che l'autista aveva poco tempo, ma la cosa strana è che l'autista non si è rifiutato di fornire l'informazione, è stata la donna ad affrettare il tutto.
Io non conoscevo la zona, non sapevo dove lui voleva andare, mi sono sentita male per lui.
🤔 E voi, come avreste reagito in una situazione simile? Credete che prendersi un momento per essere gentili possa fare la differenza? 🌍💬
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queerographies · 5 months ago
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[Trame Queer][Gabriele Romagnolo]
Trame Queer offre un viaggio affascinante attraverso le serie TV, esplorando la trasformazione delle dinamiche familiari e l'inclusione delle tematiche LGBTQ+. Romagnolo analizza serie come Friends e Transparent con prospettive nuove, e invita a abbraccia
Ritratti di famiglia che evolvono: un viaggio nelle serie TV dagli anni ’70 ad oggi Titolo: Trame QueerScritto da: Gabriele RomagnoloEdito da: Villaggio Maori EdizioniAnno: 2024Pagine: 92ISBN: 9791280928351 La sinossi di Trame Queer di Gabriele Romagnolo Ritratti di famiglia nelle serie TV. Immaginate un divano rosso vista mare. Sedetevi, prendete in mano il telecomando e lasciatevi trascinare…
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progetto-geografia · 8 months ago
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Pechino
Iniziamo dicendo che il Mandarino è la lingua ufficiale di tutta la Cina.
Si trova 12 ore di volo da noi ed è 8 ore in avanti nel fuso orario.
Cosa dire per rappresentarlo meglio?
Le festività ovvio, le più importanti che si svolgono a Pechino seguono il calendario lunare tradizionale. La festa più sentita è sicuramente il Capodanno Cinese, anche detta Festa della Primavera, che cade tra la fine di giugno e la metà di febbraio e dura ben tre giorni.
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Due settimane dopo la sua conclusione si tiene il Festival delle Lanterne, che è caratterizzato proprio da una grande partecipazione popolare: migliaia di persone camminano di notte per le strade di Pechino portando in mano lanterne dai colori sgargianti.
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Altre due feste molto sentite sono la Giornata della Pulizia dei Sepolcri,che corrisponde alla nostra Festa dei Morti.
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Il Festival di metà autunno,noto anche come Festival della Luna. La prima festa prevede la visita ai propri defunti nei cimiteri e la distruzione del “denaro fantasma”, bruciato in quanto non più utilizzabili dai defunti nell’aldilà.
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La seconda festa, invece, è caratterizzata dalla condivisione dei gustosi dolci della luna (biscotti ripieni di pasta di loto) e si svolge tra settembre e ottobre. Da non perdere anche gli spettacoli teatrali e le acrobazie che si svolgono tutto l’anno.
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Cosa vedere a Pochino? Dei consigli?
1) Cittá proibita
2) La grande muraglia
3 ) National museum of China
4 ) La Torre della campana e la Torre del Tamburo
5 ) Palazzo d’estate
6 ) La via Sacra delle tombe dei Ming
1 cittá proibita
Situata nel cuore di Pechino e incastonata fra i Giardini Imperiali e Prospect hill (una collina artificiale che offre una vista mozzafiato sulla stessa), la Città Proibita rappresenta uno dei palazzi imperiali meglio conservato in Cina. Questo complesso di palazzi, cortili ed edifici, costruiti e posizionati secondo un preciso schema, e ognuno con il proprio rappresenta la massima espressione dell'architettura popolare cinese.
E' stata abitata per quasi cinquecento anni esclusivamente dagli imperatori e dalle loro famiglie: dinastia Ming (1368-1644), dinastia Qing (1644-1911). La Città Proibita venne poi aperta al pubblico solo a partire dal 1949.
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2 La grande muraglia
Non si trova direttamente a Pechino, ma a oltre 40 km dal centro. E' considerata uno dei più importanti simboli della tradizione popolare cinese e una delle sette meraviglie del mondo: stiamo parlando della Grande Muraglia cinese.
Inserita fra i patrimoni dell'umanità UNESCO, fu costruita in soli dieci anni dal generale Meng Tien nel 221 a.C., come linea strategica di difesa. Si estende per migliaia di chilometri, circondata dal verde della giungla: dalle montagne della Corea fino al deserto del Gobi. Conosciuta dagli occidentali solo alla fine dell'XIII secolo, grazie alle descrizioni dei primi viaggiatori, la Grande Muraglia è una tappa obbligata in un viaggio a Pechino.
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3 National Museum of China
Considerato il tempio della storia e della cultura cinese, il National Museum of China è uno dei più grandi al mondo. Imponente e maestoso, racconta grazie alle tante sale e collezioni presenti all'interno, ben cinquemila anni di storia: dalle mostre di antichi e preziosi manufatti risalenti al Neolitico fino alle mostre d'arte contemporanea. Costellato da ritratti di Buddha e di Mao, questo museo è una sintesi di storia e politica, riguardanti le varie dinastie che si sono susseguite.
Alcune fra le attrattive più curiose presenti al suo interno sono: gli incisivi di un homo Erectus, l'"Uomo di Yuanmou", un vestito funerario cerimoniale in giada, risalente alla Dinastia Han, e un antico vaso in bronzo, chiamato Simuwu Ding.
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4 La Torre della campana e la Torre del Tamburo
Posizionate l'una di fronte all'altra, in uno degli hutong storici, le Torri della Campana e del Tamburo rappresentano due dei simboli più importanti di Pechino. Furono erette durante la dinastia Ming e anticamente venivano utilizzate per scandire il tempo, grazie ai venticinque tamburi contenuti nella Torre del Tamburo e alla campana di bronzo nell'altra. L'alba veniva infatti annunciata dalla campana, il tramonto dal tamburo. Dopo l'abbandono della città proibita, le torri non vennero più usate per scandire il tempo, tuttavia i tamburi suonano ancora oggi per quindici minuti, quattro volte al giorno. La campana, invece, tace dal 1924.
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5 palazzo d’estate
Situato a circa 15 km nord-ovest da Pechino, il Palazzo d'Estate fu costruito nel 1750, durante la dinastia Qing, come residenza estiva degli imperatori. Leggende narrano che l'imperatrice vedova Cixi ne fece per molti anni la sua dimora, dandovi luogo a eccessi e sregolatezze.
Nel 1998 è stato dichiarato Patrimonio Mondiale dell'Umanità UNESCO. Il suo giardino, che si estende su una superficie di circa 290 ettari, è una delle massime espressione dell'antica arte paesaggistica cinese ed è oggi considerato uno dei meglio conservati dell'intera Cina. Elementi centrali nella composizione del giardino sono il Lago di KunMing e la vicina Collina della Longevità. Presso questi vi è anche un vasto repertorio di architetture che comprendono edifici di notevole valore artistico.
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6 La via Sacre delle tombe dei Ming
Lungo circa 7 km, a nord-ovest di Pechino, questo viale veniva percorso dal corteo funebre in occasione della morte degli imperatori. La via termina nel cimitero imperiale, costeggiato su tre lati da montagne, che custodisce al suo interno tredici mausolei: uno per ogni imperatore della dinastia Ming lì sepolto, insieme a imperatrici, concubine, principi e principesse.
All'interno del cimitero sono presenti ben 36 sculture in marmo bianco di Pechino, scolpite nel 1435: 24 animali e 12 figure umane, secondo l'antica tradizione di erigere una scultura davanti all'ingresso delle tombe imperiali, iniziata sotto la dinastia Qing. Lo scopo di ogni statua era quello di proteggere il sonno eterno degli imperatori.
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Cosa mangiare di tradizionale?
Anatra alla Pechinese
Dim Sum
Jiaozi
Hot Pot
Pollo Gongbao
Spaghetti con salsa di soia
Chuan
Tang hu lu
Torta lunare (Moon Cake)
Tè cinese
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wordsmusicandstories · 9 months ago
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Le  donne  del  mio  Vate  –  ☾ CIX ☽ 🖋️
Cap 15.  L’ultimo D’Annunzio: i cani (6) Già. I caniAmava quei levrieri e alani che sempre lo hanno seguito nelle sue residenze. Erano i suoi compagni, i suoi “sodali”, che gli piaceva avere accanto.In un appunto aveva annotato: “I levrieri gravi e tristi – malinconia – nobilissime creature – sognanti. I ritratti con la mano appoggiata su la testa del levriere.Il levriere accovacciato ai piedi…
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