Well, there's a black hole inside of me, apathetic vacancy. Even just a touch is war
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La musica si era fatta d’un tratto più assordante e Victor aveva assottigliato lo sguardo scuro, più buio della volta del cielo, proiettando la sua attenzione altrove. Qui, di là, ovunque. Era una situazione confusionaria e il caos nascondeva insidie che Vic non era disposto a farsi sfuggire… E la sua vita era sempre stata così, non c’era mai stato posto per le feste e per il divertimento, Victor non era nemmeno certo di sapere come si facesse a ballare, in realtà, e quando comprese che il volume alto della musica doveva servire – probabilmente – soltanto a farli ballare di più, allora tornò con lo sguardo sulla ragazzina della luna e le indicò la pista.
-Vai a ballare con loro, no?
Le luci si fecero più soffuse, Victor sollevò nuovamente gli occhi ed infilò le mani nelle tasche solamente per sentirsi meno teso. Come facevano tutti gli altri, ad essere tanto spensierati? La loro euforia li rendeva vulnerabili, sarebbero stati annientati in un nulla e chissà, forse non si sarebbero nemmeno resi conto di un eventuale attacco… lui però si, lui era perennemente allerta, lui non era nemmeno lontanamente capace di distendere i nervi e lasciarsi andare. Lui si sarebbe certamente accorto di tutto il male possibile intorno a sé… e forse, una parte di lui – una parte remota e perduta dentro di sé – sapeva di invidiare tutta quella umana fragilità. Perchè nel suo quotidiano, Victor non percepiva mai le differenze tra la vita che sapeva di vivere, sempre pronto allo scontro e al sacrificio, all'interno dell'accademia, e la vita che avrebbe potuto vivere, lontano da tutta quell'oscurità e dagli artigli dei demoni. I suoi genitori non gli avevano mai permesso di mescolarsi agli umani, eppure non lo avevano nemmeno mai trattato come un loro pari. La sua anima era in una paralisi perenne.
-Ti vengo a prendere, se qualcosa non va.
Un po’ sentiva di averle rovinato la serata e, sebbene fosse fermamente convinto che recarsi a quella festa era stato un errore, doveva dispiacergli persino. Ma solo vagamente. Senza la propria ombra a incombere su quell’atmosfera caleidoscopica, Rey si sarebbe certamente divertita di più.
“Insisto
nel ricercarti nel fuscello e mai
nell'albero spiegato, mai nel pieno, sempre
nel vuoto”
Victor si trovava nel mezzo di quella festa soltanto perché qualcosa era scattato nella sua testa, l’idea che Rey potesse mettersi in qualche pasticcio doveva averlo convinto a sfaldare la propria ordinaria routine… e se ci fosse dell’altro, sotto, ad averlo spinto a venir fuori dalla sua crisalide, questo non era dato sapere nemmeno a se stesso.
La figura di Nath finì per confondersi in mezzo alla ressa, Victor sistemò meglio la custodia di chitarra sulla spalla, laddove aveva custodito le spade, si guardò intorno con la fronte corrucciata e tornò con lo sguardo su Rey, soltanto quando fu abbastanza certo che andasse tutto nel verso giusto, almeno per il momento.
Perché Victor doveva essere proprio certo che, alla fine, qualcosa sarebbe successo e forse le spade gemelle che si era preso il disturbo di portare con sé e nascondere, gli sarebbero servite.
La maggior parte delle persone intorno a loro erano umane, come lui… se soltanto non fosse stato per la doppia realtà con la quale aveva convissuto da sempre. Victor aveva scrutato già troppe volte oltre il velo che celava all’umanità l’esistenza dei demoni e questo lo rendeva diverso da loro. Al contempo, non possedeva alcun marchio che lo accomunasse davvero ai cacciatori degli incubi. Victor era un ibrido, stava sospeso tra entrambi quei mondi e non gli riusciva mai di sentirsi a suo agio, ne nell’uno e ne nell’altro.
-C’è così tanta gente qui che se venisse un demone, avrebbe la strage a portata di mano.
Mormorò con aria severa, cercando riscontro nel volto di Rey ma, probabilmente, con scarso successo. Lei in fondo si era proiettata nella parte oscura del mondo da relativamente poco, era più legata alle facezie umane rispetto a lui che non aveva mai vissuto altro che quella condizione di costante tensione al pericolo.
-Vai, se vuoi andare a ballare.
@rey-themoon
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“Insisto
nel ricercarti nel fuscello e mai
nell'albero spiegato, mai nel pieno, sempre
nel vuoto”
Victor si trovava nel mezzo di quella festa soltanto perché qualcosa era scattato nella sua testa, l’idea che Rey potesse mettersi in qualche pasticcio doveva averlo convinto a sfaldare la propria ordinaria routine… e se ci fosse dell’altro, sotto, ad averlo spinto a venir fuori dalla sua crisalide, questo non era dato sapere nemmeno a se stesso.
La figura di Nath finì per confondersi in mezzo alla ressa, Victor sistemò meglio la custodia di chitarra sulla spalla, laddove aveva custodito le spade, si guardò intorno con la fronte corrucciata e tornò con lo sguardo su Rey, soltanto quando fu abbastanza certo che andasse tutto nel verso giusto, almeno per il momento.
Perché Victor doveva essere proprio certo che, alla fine, qualcosa sarebbe successo e forse le spade gemelle che si era preso il disturbo di portare con sé e nascondere, gli sarebbero servite.
La maggior parte delle persone intorno a loro erano umane, come lui… se soltanto non fosse stato per la doppia realtà con la quale aveva convissuto da sempre. Victor aveva scrutato già troppe volte oltre il velo che celava all’umanità l’esistenza dei demoni e questo lo rendeva diverso da loro. Al contempo, non possedeva alcun marchio che lo accomunasse davvero ai cacciatori degli incubi. Victor era un ibrido, stava sospeso tra entrambi quei mondi e non gli riusciva mai di sentirsi a suo agio, ne nell’uno e ne nell’altro.
-C’è così tanta gente qui che se venisse un demone, avrebbe la strage a portata di mano.
Mormorò con aria severa, cercando riscontro nel volto di Rey ma, probabilmente, con scarso successo. Lei in fondo si era proiettata nella parte oscura del mondo da relativamente poco, era più legata alle facezie umane rispetto a lui che non aveva mai vissuto altro che quella condizione di costante tensione al pericolo.
-Vai, se vuoi andare a ballare.
@rey-themoon
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Victor aggrottò la fronte nel ritrovarsi nuovamente un bicchiere tra le mani e, senza dir nulla in proposito, senza nemmeno preoccuparsi di non essere visto, lo riversò nuovamente in terra e poi lo restituì a Nath.
- Grazie ma passo.
Poi si voltò appena più indietro, posando lo sguardo sulla ragazzina dalla chioma fulva e osservando poi, con sguardo più torto, il bicchiere che stava trattenendo tra le mani.
Furono le parole di Nath a indurlo a guardare oltre e ad accorgersi della presenza della ragazza super forte, quella con la quale nessuno desiderava avere a che fare per paura del confronto… e un po’, questa cosa doveva temerla persino lui e la salutò con un cenno stentato.
-Ho cambiato idea.
Si limitò a dire verso Rey, sollevando le braccia e rimettendo le mani nelle tasche.
In realtà era già molto pentito di essersi convinto ad andare a quella festa, ma ormai era davvero troppo tardi per i ripensamenti.
"Scott è passato di qui?"
mini role - party night
Blue Lake - London
Nathaniel Ashbourne veniva coinvolto in praticamente tutte le occasioni mondane dell'Accademia. Se una festa doveva risultare ben riuscita, allora la sua presenza era fondamentale e questo per lui doveva essere un vanto degno di nota.
Era arrivato al Blue Lake da poco, ben dopo tutti gli altri, non c'era rischio che arrivasse puntuale in nessuna occasione, riteneva sconveniente presentarsi ad una festa all'orario pattuito dall'incontro, era una regola non scritta quella di slittare di almeno un'ora il momento dell'arrivo. Aveva varcato l'ingresso con il solito gruppo con cui era solito accompagnarsi si era trattenuto all'ingresso a dispensare saluti praticamente a tutti e così aveva fatto per tutto il tempo mentre cercava di avanzare verso il tavolo che aveva chiesto gli fosse riservato.
-Oh avete visto quell'Idiota di Victor?
Domandò a uno dei tanti che l'aveva salutato ricevendo una scrollata di spalle come risposta.
@v-raven-v
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E così, alla fine, persino Victor si era deciso a recarsi a quella festa... E non con il desiderio di farlo. Per qualche motivo aveva sentito l'esigenza di andarci nel momento in cui aveva compreso che ci avrebbe trovato Rey. Ed era più che certo che quella festa si sarebbe conclusa in una catastrofe, del resto un po' tutte le feste a cui partecipava Nath finivano male, ed il fatto che fosse coinvolta anche lei lo investiva di una certa responsabilità. E chissà perché poi, a lui dell'accademia in sé non importava poi tanto, Victor agiva in solitaria e si era sentito sempre diverso da tutti gli altri, sempre tagliato fuori da tutto... Eppure con Rey si era creato una specie di rapporto e non gli era riuscito di ignorarla come faceva sempre con chiunque altro.
Ad ogni modo, appena entrato già non ne ebbe una buona impressione, i ragazzini erano deliranti, i bicchieri già corretti con gli alcolici e il puzzo di vomito era nell'aria...
Victor riconobbe Nath e lo raggiunse, in una mano gli avevano rifilato un bicchiere di carta ricolmo di chissà quale intruglio e, appena poté, ne riversò il contenuto al suolo.
- Proprio una festa di merda, come sempre.
"Scott è passato di qui?"
mini role - party night
Blue Lake - London
Nathaniel Ashbourne veniva coinvolto in praticamente tutte le occasioni mondane dell'Accademia. Se una festa doveva risultare ben riuscita, allora la sua presenza era fondamentale e questo per lui doveva essere un vanto degno di nota.
Era arrivato al Blue Lake da poco, ben dopo tutti gli altri, non c'era rischio che arrivasse puntuale in nessuna occasione, riteneva sconveniente presentarsi ad una festa all'orario pattuito dall'incontro, era una regola non scritta quella di slittare di almeno un'ora il momento dell'arrivo. Aveva varcato l'ingresso con il solito gruppo con cui era solito accompagnarsi si era trattenuto all'ingresso a dispensare saluti praticamente a tutti e così aveva fatto per tutto il tempo mentre cercava di avanzare verso il tavolo che aveva chiesto gli fosse riservato.
-Oh avete visto quell'Idiota di Victor?
Domandò a uno dei tanti che l'aveva salutato ricevendo una scrollata di spalle come risposta.
@v-raven-v
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-Non è niente.
Disse con l’aria annoiata e poi annuì quasi distrattamente nella direzione di Rey, Victor sembrava chiuso nei propri pensieri e non intenzionato a condividerli, per nessuna ragione al mondo. C’era che si era ferito, ma non era soltanto quello, Victor era stato ferito senza accorgersene e proprio non riusciva a darsene spiegazione, non aveva visto il colpo nemico arrivare perché – ne era certo – quel colpo non era mai stato sferrato. Come poteva essere possibile? Irrimediabilmente, qualcosa stava funzionando male dentro di sé, prima la visione del lupo, poi quella ferita fantasma che continuava a pulsare…
Victor trascinò via il palmo insanguinato ed afferrò, nuovamente, entrambe le lame, avanzando e sferrando l’attacco risolutivo nel mettere così fine alla minaccia demoniaca che li aveva appena decimati.
Il suolo era coperto di corpi senza vita, erano sopravvissuti in pochi poiché l’attacco era stato devastante… Victor si preoccupo poi di non rivolgere la parola a Rey e persino di guardarla. Lei era stata la diretta spettatrice del proprio disagio e questo non doveva andargli molto giù, soprattutto perché Victor non avrebbe saputo cosa rispondere alle sue eventuali domande, era spiazzato e sentiva solamente l’infinito bisogno di stare solo con se stesso e tentare di decifrare le assurdità di cui era stato una vittima inconsapevole.
Sempre mantenendo il silenzio e lasciando che fossero gli altri marchiati a chiamare la ritirata, Victor si flesse e caricò sulle proprie spalle uno dei corpi senza vita, gli altri man mano lo imitarono. Stranamente, la ferita dietro al collo non gli faceva più alcun male e se non gli fosse sembrata l’ennesima assurdità, avrebbe pensato di non avercela più… e, probabilmente, doveva essere proprio così.
Il richiamo del lupo aveva cominciato a intonare la sua nenia e Victor non poteva sapere di aver già cominciato la transizione che lo avrebbe reso ancora più solo ed emarginato di quando lo fosse mai stato prima.
-Sta arrivando l’alba, diamoci una mossa.
Mormorò in tono severo, osservando qualcuno dei compagni trattenersi oltre, per guardarsi intorno e guardare i cadaveri dei demoni riversi alla terra, di lì a poco, si sarebbero tramutati in un cumulo di cenere, un po’ come gli incubi al primo tra i raggi dell’aurora.
E solo alla fine, quando fu del tutto costretto a passarle accanto, Victor sollevò lo sguardo scuro su quello di Rey, pur continuando a restare in silenzio, nel chiaro desiderio di non sollevare per nessuna ragione la questione della sua ferita.
" Do you know the story of the Phasianidae? It's a bird that experiences all of time in one instant. And she sings the song of love and anger and fear and joy and sadness all at once. And this bird... when she meets the love of her life... is both happy and sad. Happy because she sees that for him it is the beginning, and sad because she knows it is already over. "
London - 02:00 a.m.
rey&vic
La prima missione ufficiale aveva una connotazione molto più realistica di quanto Rey volesse accettare. La scoperta della verità aveva inevitabilmente mutato l'idea che Rey aveva del mondo ed aveva messo in discussione tutte le sue priorità.
Tuttavia il marchio impresso sulla propria epidermide aveva una rilevanza che ella, per quanto si sforzasse, non riusciva ad abbracciare in pieno. Le persone all'Accademia parlavano di una "salvezza" che però Rey non aveva ancora visto manifestarsi. Il suo marchio se ne stava solingo, sempre più in bella mostra, ma quasi muto come se stesse attendendo il momento più giusto per venir fuori in gran carriera.
Doveva essere un marchio capriccioso, pensava Rey, proprio come ci si sarebbe aspettato da qualcosa che si portava addosso la sua stessa essenza.
Ad ogni modo era stata sottoposta a diversi allenamenti, ma a parte qualche piccola scintilla di potenziale, Rey non aveva fatto mostra di alcuna eccellenza. La cosa l'aveva frustrata abbastanza, ma era troppo orgogliosa per ammetterlo. I vertici della società dei cacciatori, avevano deciso che porre Rey nel mezzo di una azione avrebbe in qualche misura forzato l'istinto a prevalere sulla pigrizia e la luna si sarebbe destata per salvare il suo portatore.
Restava comunque una missione sicura, o almeno così sarebbe parso ad un occhio esterno. La caccia era proiettata ad un demone di basso rango, ma la spedizione di Rey era seguita da un totale di altri tre cacciatori, fra i quali anche Victor, meglio noto come "Mr Felicità", il soprannome che ella gli aveva affibbiato con ben poco riguardo al volere di lui.
C'era effettivamente un altro dettaglio di cui Rey non aveva fatto menzione con nessuno. Erano notti, fin dalla sera del ballo in verità, che i suoi sogni erano tormentati da immagini poco chiare e da un immenso senso di nostalgia che le spezzava il cuore ad ogni risveglio. Un po' come se, ogni parte di sé stessa, volesse restare intrappolata in uno di quei sogni incomprensibili, con figure sbiadite e parole mute.
Assorta nel ricordo di una di quelle sagome che aveva sognato e di cui non conservava il ricordo, Rey inciampò tra i suoi stessi piedi finendo per impattare proprio contro la schiena di Victor che camminava pochi passi in avanti rispetto a lei.
-Eh stai attento però! Sei troppo lento!
@victory-raven
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Victor aggrottò la fronte e concentrò maggiormente i sensi nel guardare la belva famelica dinnanzi a sé: era un lupo enorme, più grande del normale e dalle fauci spalancate grondavano grumi densi di saliva mista a sangue… possibile che quella visione fosse solo nella sua testa? Nel dubbio continuò a tenersi pronto ad affrontarne l’attacco ma quella situazione, inevitabilmente, compromise parte della sua attenzione. Si volse a guardare Rey fronteggiare l’attacco del demone e quando tentò di sostenerla nella difesa, mirando con un fendente secco e preciso al fianco del demone, improvvisamente lei non era più lì, e riapparve poco dopo, ma quella non era un’allucinazione di Victor, quello era solo parte del potere straordinario che possedeva lei. Tuttavia, quando il ragazzino spettinato tornò a cercare il suo lupo con lo sguardo, questo non c’era più.
Avanzarono un altro paio di creature, uno dei cacciatori si avvicinò a Rey per poterle fare da scudo poiché la priorità era che la figlia della luna sopravvivesse, Victor si volse nella direzione opposta per fronteggiare il demone che aveva deciso di puntare a lui ma una sensazione di umido e di bruciore intenso alla base del collo, lo colse alla sprovvista. Non era stato ferito, Victor avrebbe potuto scommetterci, eppure stava sanguinando.
Lasciò cadere una delle spade per tamponare il collo grondante con il palmo, e con l’unico braccio armato si pose in difesa attendendo che il suo nemico fosse abbastanza vicino da sferrargli un attacco… nuovamente, però, accadde qualcosa di strano: il demone si fermò, parve annusare qualcosa e poi si volse altrove ignorando completamente Victor, come se d’un tratto avesse smesso di esistere.
Lo sguardo del ragazzo scattò nel cercare nuovamente Rey. Victor rimase saldo nei nervi, nonostante non avesse proprio nessuna idea di cosa stesse accadendo, la ferita fantasma nel retro del collo pulsava ancora e continuava a sanguinare… e a quel punto, Victor non seppe nemmeno dirsi se quella ferita fosse vera oppure, proprio come il lupo di poco fa, fosse solamente frutto della sua immaginazione impazzita.
-Ne vedo altri due, tu? Facciamola finita e andiamocene.
" Do you know the story of the Phasianidae? It's a bird that experiences all of time in one instant. And she sings the song of love and anger and fear and joy and sadness all at once. And this bird... when she meets the love of her life... is both happy and sad. Happy because she sees that for him it is the beginning, and sad because she knows it is already over. "
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La prima missione ufficiale aveva una connotazione molto più realistica di quanto Rey volesse accettare. La scoperta della verità aveva inevitabilmente mutato l'idea che Rey aveva del mondo ed aveva messo in discussione tutte le sue priorità.
Tuttavia il marchio impresso sulla propria epidermide aveva una rilevanza che ella, per quanto si sforzasse, non riusciva ad abbracciare in pieno. Le persone all'Accademia parlavano di una "salvezza" che però Rey non aveva ancora visto manifestarsi. Il suo marchio se ne stava solingo, sempre più in bella mostra, ma quasi muto come se stesse attendendo il momento più giusto per venir fuori in gran carriera.
Doveva essere un marchio capriccioso, pensava Rey, proprio come ci si sarebbe aspettato da qualcosa che si portava addosso la sua stessa essenza.
Ad ogni modo era stata sottoposta a diversi allenamenti, ma a parte qualche piccola scintilla di potenziale, Rey non aveva fatto mostra di alcuna eccellenza. La cosa l'aveva frustrata abbastanza, ma era troppo orgogliosa per ammetterlo. I vertici della società dei cacciatori, avevano deciso che porre Rey nel mezzo di una azione avrebbe in qualche misura forzato l'istinto a prevalere sulla pigrizia e la luna si sarebbe destata per salvare il suo portatore.
Restava comunque una missione sicura, o almeno così sarebbe parso ad un occhio esterno. La caccia era proiettata ad un demone di basso rango, ma la spedizione di Rey era seguita da un totale di altri tre cacciatori, fra i quali anche Victor, meglio noto come "Mr Felicità", il soprannome che ella gli aveva affibbiato con ben poco riguardo al volere di lui.
C'era effettivamente un altro dettaglio di cui Rey non aveva fatto menzione con nessuno. Erano notti, fin dalla sera del ballo in verità, che i suoi sogni erano tormentati da immagini poco chiare e da un immenso senso di nostalgia che le spezzava il cuore ad ogni risveglio. Un po' come se, ogni parte di sé stessa, volesse restare intrappolata in uno di quei sogni incomprensibili, con figure sbiadite e parole mute.
Assorta nel ricordo di una di quelle sagome che aveva sognato e di cui non conservava il ricordo, Rey inciampò tra i suoi stessi piedi finendo per impattare proprio contro la schiena di Victor che camminava pochi passi in avanti rispetto a lei.
-Eh stai attento però! Sei troppo lento!
@victory-raven
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Nonostante Victor non beneficiasse di alcun marchio, in qualche modo era sempre riuscito a riconoscere l’entità demoniaca intorno a sé… merito della sua esperienza o semplicemente del suo intuito, o forse era merito di qualcosa di cui non aveva alcuna coscienza. Ed ora che avrebbe dovuto affidarsi a qualcuno altro per quel compito arduo, Victor non riusciva a sentirsi tranquillo. Lui era avvezzo a cavarsela da solo e a non affidare la propria vita nelle mani altrui… ma quella notte, sembrava che non avesse altra scelta che attendere la figlia della luna gli indicasse il nemico.
E ci provò, Victor mise a tacere il proprio istinto e volse lo sguardo su di lei, intorno a sé riusciva a percepire che qualcosa di sinistro si muovesse e, stranamente, riusciva a percepirlo più che mai. Non gli era mai capitato che quel sentore si facesse così forte, tanto che quasi Victor smise di percepire ogni altra cosa… c’era un demone, forse persino più di uno, e non erano lontani.
Più tardi avrebbe compreso che avrebbe fatto bene a fare di testa propria, come al solito, invece di imporsi silenzio e concedere a lei il tempo necessario per individuare i nemici. Che stupido! Un attimo dopo, e un attimo prima che Victor si destasse da quella riflessione, un gruppo di figure che stavano già trasfigurando i loro volti, si avventò su di loro. Ormai era già troppo tardi.
- Demoni!!
Sguainò le spade, arretrò per concedersi spazio maggiore davanti a se, fu costretto poi ad arretrare ancora ed altri, invece, si allontanarono di corsa. I demoni li avevano divisi, sfaldandone definitivamente la compattezza… Victor poté distinguere le urla di dolore di qualche compagno e strinse le palpebre contro le iridi corvine. Una falcata in avanti gli concesse di infilzare una delle creature più vicine, con l’altra lama ne ferì un altro, costringendolo alla fuga… Victor si volse accanto a sé e si rese conto che la ragazzina dai capelli rossi era lì.
-Indietro Rey!
Il profumo della morte aveva già contaminato ogni cosa e Victor ebbe l’impressione che un grosso lupo si prefigurasse alle spalle dei demoni che restavano, spalancando le fauci. Faticando a comprendere che si trattasse di una sua allucinazione, egli immaginò che potesse essere un altro demone ed impugnò meglio le lame, flettendo le gambe in avanti pronto a scattare per attaccarlo…
-Penso io al lupo, tu mettiti al sicuro!
" Do you know the story of the Phasianidae? It's a bird that experiences all of time in one instant. And she sings the song of love and anger and fear and joy and sadness all at once. And this bird... when she meets the love of her life... is both happy and sad. Happy because she sees that for him it is the beginning, and sad because she knows it is already over. "
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La prima missione ufficiale aveva una connotazione molto più realistica di quanto Rey volesse accettare. La scoperta della verità aveva inevitabilmente mutato l'idea che Rey aveva del mondo ed aveva messo in discussione tutte le sue priorità.
Tuttavia il marchio impresso sulla propria epidermide aveva una rilevanza che ella, per quanto si sforzasse, non riusciva ad abbracciare in pieno. Le persone all'Accademia parlavano di una "salvezza" che però Rey non aveva ancora visto manifestarsi. Il suo marchio se ne stava solingo, sempre più in bella mostra, ma quasi muto come se stesse attendendo il momento più giusto per venir fuori in gran carriera.
Doveva essere un marchio capriccioso, pensava Rey, proprio come ci si sarebbe aspettato da qualcosa che si portava addosso la sua stessa essenza.
Ad ogni modo era stata sottoposta a diversi allenamenti, ma a parte qualche piccola scintilla di potenziale, Rey non aveva fatto mostra di alcuna eccellenza. La cosa l'aveva frustrata abbastanza, ma era troppo orgogliosa per ammetterlo. I vertici della società dei cacciatori, avevano deciso che porre Rey nel mezzo di una azione avrebbe in qualche misura forzato l'istinto a prevalere sulla pigrizia e la luna si sarebbe destata per salvare il suo portatore.
Restava comunque una missione sicura, o almeno così sarebbe parso ad un occhio esterno. La caccia era proiettata ad un demone di basso rango, ma la spedizione di Rey era seguita da un totale di altri tre cacciatori, fra i quali anche Victor, meglio noto come "Mr Felicità", il soprannome che ella gli aveva affibbiato con ben poco riguardo al volere di lui.
C'era effettivamente un altro dettaglio di cui Rey non aveva fatto menzione con nessuno. Erano notti, fin dalla sera del ballo in verità, che i suoi sogni erano tormentati da immagini poco chiare e da un immenso senso di nostalgia che le spezzava il cuore ad ogni risveglio. Un po' come se, ogni parte di sé stessa, volesse restare intrappolata in uno di quei sogni incomprensibili, con figure sbiadite e parole mute.
Assorta nel ricordo di una di quelle sagome che aveva sognato e di cui non conservava il ricordo, Rey inciampò tra i suoi stessi piedi finendo per impattare proprio contro la schiena di Victor che camminava pochi passi in avanti rispetto a lei.
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@victory-raven
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I cacciatori si muovevano nel pieno della notte e presto sarebbe stata quella che alcuni chiamavano “l’ora del lupo” perché in quel lasso di tempo, tra il buio e poco prima dell’alba, gli incubi erano sempre più vividi.
Victor non sembrava mai contrariato quando si trattava di andare a caccia di demoni, anche se preferiva farlo in totale solitudine.
Le lame gemelle erano riposte alla propria schiena, il suo vestiario scuro e, in generale, i capelli folti e neri, lo confondevano perfettamente nell’oscurità, Victor sembrava muoversi con precisione e sicurezza, un po’ come se non fosse nato che per quello. Eppure, in quel gruppetto che attraversava la notte, lui era l’unico a non avere un marchio.
Victor non avrebbe mai smesso di essere il figlio non riuscito di sua madre, in qualche modo ella stessa era stata colpevolizzata per quella tremenda mancanza… era difficile da sopportare e lo era stato per diversi anni ma ormai Victor non sembrava più darci alcun peso ed anzi, la sua mancanza lo aveva infine reso più consapevole delle proprie possibilità e della propria forza. Non invidiava proprio niente agli altri, lui sapeva cavarsela perfettamente, era un eccellente combattente a differenza di molti altri marchiati.
In verità non era attanagliato dai pensieri, Victor procedeva spedito senza pensare a niente e senza badare a nessuno in particolare, teneva il passo e gli occhi ben aperti, pronto a riconoscere qualsiasi anomalia attorno a sé… finché non sentì impattare qualcosa alla schiena e si fermò, voltandosi indietro con sguardo truce e trovando lei, la principale motivazione che, quella notte, aveva spinto quel raduno di marchiati a muoversi insieme.
-O magari sei tu che sei goffa.
Con un empatia del tutto distrutta, Victor scambiò con lei un’occhiata e si spostò di lato per permetterle di avanzare e di affiancarsi a lui.
In realtà non doveva nemmeno trovarsi d’accordo sull’idea di gettare subito nella mischia Rey, era evidente che le mancasse un bel po’ di allenamento ma ai marchiati interessava solamente che lei potesse distinguere i demoni e affinare quella sua capacità innata, era l’unico imperativo da rispettare.
E a Victor, che di suo non aveva una così gran considerazione dei marchi, questa sembrava una gran stronzata. Rey avrebbe dovuto imparare a difendersi e a combattere, oltre che a saper riconoscere la presenza demoniaca intorno a sé.
- Sicura che il tuo non sia il marchio dell’elefante?
Gli sfuggì persino una battuta di spirito, sebbene Victor non sembrasse consapevole di averla fatta, serio e concentrato come suo solito.
" Do you know the story of the Phasianidae? It's a bird that experiences all of time in one instant. And she sings the song of love and anger and fear and joy and sadness all at once. And this bird... when she meets the love of her life... is both happy and sad. Happy because she sees that for him it is the beginning, and sad because she knows it is already over. "
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La prima missione ufficiale aveva una connotazione molto più realistica di quanto Rey volesse accettare. La scoperta della verità aveva inevitabilmente mutato l'idea che Rey aveva del mondo ed aveva messo in discussione tutte le sue priorità.
Tuttavia il marchio impresso sulla propria epidermide aveva una rilevanza che ella, per quanto si sforzasse, non riusciva ad abbracciare in pieno. Le persone all'Accademia parlavano di una "salvezza" che però Rey non aveva ancora visto manifestarsi. Il suo marchio se ne stava solingo, sempre più in bella mostra, ma quasi muto come se stesse attendendo il momento più giusto per venir fuori in gran carriera.
Doveva essere un marchio capriccioso, pensava Rey, proprio come ci si sarebbe aspettato da qualcosa che si portava addosso la sua stessa essenza.
Ad ogni modo era stata sottoposta a diversi allenamenti, ma a parte qualche piccola scintilla di potenziale, Rey non aveva fatto mostra di alcuna eccellenza. La cosa l'aveva frustrata abbastanza, ma era troppo orgogliosa per ammetterlo. I vertici della società dei cacciatori, avevano deciso che porre Rey nel mezzo di una azione avrebbe in qualche misura forzato l'istinto a prevalere sulla pigrizia e la luna si sarebbe destata per salvare il suo portatore.
Restava comunque una missione sicura, o almeno così sarebbe parso ad un occhio esterno. La caccia era proiettata ad un demone di basso rango, ma la spedizione di Rey era seguita da un totale di altri tre cacciatori, fra i quali anche Victor, meglio noto come "Mr Felicità", il soprannome che ella gli aveva affibbiato con ben poco riguardo al volere di lui.
C'era effettivamente un altro dettaglio di cui Rey non aveva fatto menzione con nessuno. Erano notti, fin dalla sera del ballo in verità, che i suoi sogni erano tormentati da immagini poco chiare e da un immenso senso di nostalgia che le spezzava il cuore ad ogni risveglio. Un po' come se, ogni parte di sé stessa, volesse restare intrappolata in uno di quei sogni incomprensibili, con figure sbiadite e parole mute.
Assorta nel ricordo di una di quelle sagome che aveva sognato e di cui non conservava il ricordo, Rey inciampò tra i suoi stessi piedi finendo per impattare proprio contro la schiena di Victor che camminava pochi passi in avanti rispetto a lei.
-Eh stai attento però! Sei troppo lento!
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Victor aggrottò la fronte, doveva trovare stramba l’indole ribelle di Rey ma, al contempo, sapeva di apprezzarla. In quel palazzo a nessuno era mai passato per la testa di ribellarsi a quello che doveva sembrare, a tutti gli effetti, un destino già scritto. I cacciatori crescevano con la consapevolezza di essere semplicemente strumenti nelle mani della luce, strumenti che avevano il solo grandissimo scopo di rischiarare le tenebre, e tutto ciò che serviva quella causa era ben accetto. Nessun cacciatore sapeva di esistere come un’entità individuale, erano un tutt’uno, ed era sempre stato così per tutti. Certo, tranne per Victor e, a quanto pareva, anche per Rey.
Negli anni, Victor aveva sempre faticato ad assomigliare a tutti gli altri, aveva desiderato omologarsi ed essere un tutt’uno anche lui, lo aveva desiderato davvero con tutto se stesso… poi, alla fine, doveva essersi rassegnato ad essere semplicemente la nota stonante di quell’orchestra. E non gli dispiaceva più, in realtà aveva compreso che non gli era mai importato davvero e che il suo desiderio di non essere diverso, era sempre e soltanto dipeso dalla paura di trovarsi da solo.
Poi, d’un tratto, stare da solo doveva essergli piaciuto.
— Beh, non sarò io ad ostacolarti. Io combatto da solo i demoni e non ho bisogno di nessun altro.
Concluse, e infilò le mani nelle tasche della giacca, sollevando uno sguardo all’orizzonte ed accogliendo qualche pensiero che non aveva alcuna intenzione di condividere.
Quel sistema gli stava stretto ed il sentimento di unità che teneva insieme il resto dei cacciatori non aveva mai riguardato anche lui, per cui, nessuno doveva aspettarsi niente da Victor.
Ed alla fine le diede le spalle, incamminandosi nuovamente verso l’entrata del palazzo. Di lì a breve qualcuno si sarebbe precipitato lì fuori per cercare la prescelta, probabilmente dentro erano già tutti in apprensione nel non avercela più sotto il naso.
Così, senza aspettarsi che lei lo seguisse o meno, Victor rientrò per mescolarsi nuovamente a quella massa a cui sapeva di non assomigliare nemmeno un po’. In fondo, ormai, doveva esserci abituato.
There is no dark side of the Moon.
It's all dark, really.
...
C’era da aspettarselo che avrebbero organizzato un ricevimento per accogliere l’ultima arrivata, la detentrice del marchio della luna, Victor sapeva bene che tutta quella bella facciata aveva lo scopo di assicurarsi che quel marchio non esulasse dalla “famiglia”, come amavano definirsi molti dei marchiati. Lui era nato libero da quelle catene e non sarebbe stato costretto a generare figli, sorte diversa sarebbe capitata a Rey – soprattutto a lei – che portava su di sé un marchio estremamente raro, probabilmente le famiglie marchiate avrebbero fatto a gara per fare avanti uno dei propri maschi affinché Rey potesse scegliere proprio il loro figlio.
La sala esterna era illuminata dal chiarore di una luna calante e dalle luci bianche e argentee con le quali erano state allestite le colonne di marmo. Tutta quella struttura rasentava sfarzo e antichità e i marchiati che l’affollavano, indossavano i loro abiti più belli.
Victor era arrivato lì con entrambi i genitori, detentori di un marchio che, però, non aveva contaminato anche lui, come sempre erano gentili, pacati. Persino distanti o, almeno, questa era l’impressione che aveva sempre avuto Victor di loro… in fondo, probabilmente dovevano anche vergognarsi un po’ di aver generato un figlio senza alcun potere.
Il giovane Draven indossava un abito elegante ma niente di troppo complicato: pantaloni dal taglio dritto, scuri, una giacca corta altrettanto scura e una camicia chiara. Al collo aveva deliberatamente scelto di non indossare cravatta o cravattino e con le mani piantate nelle tasche dei pantaloni si guardava intorno, cercando con lo sguardo qualcuno che non lo avrebbe annoiato sull’immediato. Per l’occasione i capelli abbastanza cresciuti stavano raccolti in una coda bassa.
Forse doveva apparire un po' spaesato. Senza le sue lame addosso, proprio non gli riusciva di sentirsi a proprio agio.
@rey-themoon
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Quel tocco freddo, portato celermente dal vento serale, giovò certamente anche al suo umore. Per quanto conoscesse e rispettasse le usanze e i convenevoli di quella gente, Victor non avrebbe mai smesso di sentirsi diverso da loro. O, per meglio dire, diverso da chiunque altro: non avrebbe mai potuto considerarsi semplicemente una persona come le altre, estranee all’esistenza dei demoni e né uno di quei cacciatori marchiati. Lui non aveva alcuna caratteristica speciale, Victor era un ottimo combattente ma non portava su di sé alcun marchio che lo definisse tale.
Fuori da quella sala si stava decisamente meglio.
Victor si era premurato di lasciar andare la mano di lei e, nel farlo, un’improvvisa fitta alla testa, un po’ come una scarica elettrica, lo costrinse a chiudere e stringere gli occhi per vincere quella sensazione inaspettata. Nel frangente in cui le palpebre furono ben serrate sulle sue iridi, Victor fu certo di vedere la sagoma di qualcuno dai lunghi capelli, che sorgeva tra le fiamme al chiaro di luna, e quella di una bestia che stava bruciando.
Tuttavia, quella visione non durò che il tempo di un sospiro, Victor dischiuse gli occhi mantenendo la fronte corrugata nel faticare a scacciarsi via di dosso quella sensazione di smarrimento… poi volse lo sguardo su Rey, quasi rendendosi conto solo in quell’istante di non essere da solo.
— Ho sempre vissuto nella consapevolezza che ci fossero i demoni, ben nascosti… da qualche parte nel buio.
E le rammentava bene quelle notti passate in preda al terrore, certo che sotto al letto si nascondessero mostri che non sarebbe stato capace di fronteggiare.
In fondo, lui era nato senza marchio.
E non c’era giorno, persino momento, che Victor non fosse costretto ad averne coscienza, perché lo sguardo deluso di suo padre e di sua madre non mutava mai, nemmeno per errore. Nemmeno per un solo istante.
— Io non ho un marchio e su di me non grava il dovere di doverlo trasmettere a qualcun altro. Tu invece sarai costretta a scegliere uno di loro. O se non lo farai, lo faranno loro per te.
Victor sentì il bisogno imminente di doverla mettere al corrente di ciò che sarebbe accaduto, di lì a poco. Ben presto, in quel clima di generosità e gentilezza, le sarebbe stato imposto un matrimonio al quale non si sarebbe potuta rifiutare. E a cospetto di questo, in fondo, a Victor non dispiaceva più così tanto essere un senza-marchio.
Lui almeno sarebbe rimasto libero.
There is no dark side of the Moon.
It's all dark, really.
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C’era da aspettarselo che avrebbero organizzato un ricevimento per accogliere l’ultima arrivata, la detentrice del marchio della luna, Victor sapeva bene che tutta quella bella facciata aveva lo scopo di assicurarsi che quel marchio non esulasse dalla “famiglia”, come amavano definirsi molti dei marchiati. Lui era nato libero da quelle catene e non sarebbe stato costretto a generare figli, sorte diversa sarebbe capitata a Rey – soprattutto a lei – che portava su di sé un marchio estremamente raro, probabilmente le famiglie marchiate avrebbero fatto a gara per fare avanti uno dei propri maschi affinché Rey potesse scegliere proprio il loro figlio.
La sala esterna era illuminata dal chiarore di una luna calante e dalle luci bianche e argentee con le quali erano state allestite le colonne di marmo. Tutta quella struttura rasentava sfarzo e antichità e i marchiati che l’affollavano, indossavano i loro abiti più belli.
Victor era arrivato lì con entrambi i genitori, detentori di un marchio che, però, non aveva contaminato anche lui, come sempre erano gentili, pacati. Persino distanti o, almeno, questa era l’impressione che aveva sempre avuto Victor di loro… in fondo, probabilmente dovevano anche vergognarsi un po’ di aver generato un figlio senza alcun potere.
Il giovane Draven indossava un abito elegante ma niente di troppo complicato: pantaloni dal taglio dritto, scuri, una giacca corta altrettanto scura e una camicia chiara. Al collo aveva deliberatamente scelto di non indossare cravatta o cravattino e con le mani piantate nelle tasche dei pantaloni si guardava intorno, cercando con lo sguardo qualcuno che non lo avrebbe annoiato sull’immediato. Per l’occasione i capelli abbastanza cresciuti stavano raccolti in una coda bassa.
Forse doveva apparire un po' spaesato. Senza le sue lame addosso, proprio non gli riusciva di sentirsi a proprio agio.
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In realtà no. Victor non aveva la benché minima intenzione di provare a fermarla perché tutta quella situazione che la coinvolgeva direttamente, non lo riguardava affatto. Le straordinarie doti di cacciatore di Victor gli permettevano il lusso di non aver bisogno di nessun altro, men che meno della capacità naturale che aveva lei di riconoscere i demoni… la sua presenza all’accademia non avrebbe mutato in alcun modo le proprie performance di caccia e forse, in quella stanza immensa, lui era davvero l’unico a non avere un secondo fine nei confronti di lei.
In verità, Victor non condivideva nemmeno quella smania conservatrice che avevano i marchiati, lui non possedeva alcuna caratteristica speciale che avrebbe potuto dare un eredità ai suoi figli futuri, Victor non portava quel tipo di peso sulle proprie spalle e di conseguenza, non riusciva a comprenderne nemmeno la necessità.
Storse un po’ l’espressione al tono di sfida che lei gli riservò e stette qualche momento in silenzio nel valutare il da farsi. In fondo lui non doveva nulla a quella gente che lo attorniava, lui non aveva mai avuto bisogno di loro e tutto ciò che era diventato, lo doveva a se stesso soltanto. Così l’idea che tutta quella corte di personaggi imbellettati andasse per un po’ nel panico totale, non lo disturbò affatto.
—Non c’è un posto al mondo dove non ti troverebbero…
Ma per qualche ora li si può tenere a bada.
Victor pensò che, se fossero andati fuori, uscendo da una delle entrate secondarie dell’accademia, sicuro per qualche tempo sarebbero riusciti a sfuggire all’occhio vigile dei marchiati.
Le iridi scure di lui passano velocemente in rassegna ai cacciatori radunati che valutavano certamente tra loro quale marchio sarebbe stato più indicato per replicare quello di Rey, probabilmente non ci sarebbe stato momento migliore per svignarsela.
Il destino di lei era ormai già scritto, deciso a tavolino da tutti loro perché quel suo marchio era troppo importante per andare disperso. Era comparso sul suo corpo ma non le apparteneva davvero, il suo marchio rappresentava la possibilità che aveva il mondo della luce di tenere in pugno quello delle tenebre e nessuno le avrebbe concesso la possibilità di decidere per se stessa. Cosa lei desiderasse, non aveva proprio nessuna importanza.
—Non sono una spia. E mi chiamo Victor.
L’umorismo scarseggiava decisamente in lui, probabilmente doveva stentare persino a riconoscerlo o forse lo ignorava volutamente. Subito dopo, approfittando di quel momento dove nessuno aveva gli occhi puntati su di loro, afferrò con estrema decisione la mano di lei nella propria e si volse in direzione dei corridoi, muovendosi a passo svelto per allontanarsi celermente verso una delle uscite secondarie.
There is no dark side of the Moon.
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C’era da aspettarselo che avrebbero organizzato un ricevimento per accogliere l’ultima arrivata, la detentrice del marchio della luna, Victor sapeva bene che tutta quella bella facciata aveva lo scopo di assicurarsi che quel marchio non esulasse dalla “famiglia”, come amavano definirsi molti dei marchiati. Lui era nato libero da quelle catene e non sarebbe stato costretto a generare figli, sorte diversa sarebbe capitata a Rey – soprattutto a lei – che portava su di sé un marchio estremamente raro, probabilmente le famiglie marchiate avrebbero fatto a gara per fare avanti uno dei propri maschi affinché Rey potesse scegliere proprio il loro figlio.
La sala esterna era illuminata dal chiarore di una luna calante e dalle luci bianche e argentee con le quali erano state allestite le colonne di marmo. Tutta quella struttura rasentava sfarzo e antichità e i marchiati che l’affollavano, indossavano i loro abiti più belli.
Victor era arrivato lì con entrambi i genitori, detentori di un marchio che, però, non aveva contaminato anche lui, come sempre erano gentili, pacati. Persino distanti o, almeno, questa era l’impressione che aveva sempre avuto Victor di loro… in fondo, probabilmente dovevano anche vergognarsi un po’ di aver generato un figlio senza alcun potere.
Il giovane Draven indossava un abito elegante ma niente di troppo complicato: pantaloni dal taglio dritto, scuri, una giacca corta altrettanto scura e una camicia chiara. Al collo aveva deliberatamente scelto di non indossare cravatta o cravattino e con le mani piantate nelle tasche dei pantaloni si guardava intorno, cercando con lo sguardo qualcuno che non lo avrebbe annoiato sull’immediato. Per l’occasione i capelli abbastanza cresciuti stavano raccolti in una coda bassa.
Forse doveva apparire un po' spaesato. Senza le sue lame addosso, proprio non gli riusciva di sentirsi a proprio agio.
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Le palpebre gli si erano assottigliate, facendo sottile anche lo sguardo corvino che sembravano custodire gelosamente , Victor era sicuro di aver riconosciuto qualcuno col quale doveva valere la pena scambiare qualche chiacchiera ed era pronto ad andargli incontro… invero aveva già effettuato le prime falcate, quando qualcun altro impattò contro di sé e dalla fronte di lui emersero mille grinze espressive. L’espressione di disappunto non ammansì nemmeno quando riconobbe lei, la protagonista di quella serata. Da che era arrivata, all’accademia non si parlava che di lei, del suo marchio e del vantaggio che i cacciatori avrebbero potuto trarne d’ora in avanti. Eppure Victor non era dello stesso avviso, lui si era allenato duramente per poter riconoscere da sé i demoni ed era persino diventato bravo, solo che adesso non sarebbe importato più a nessuno giacché lei, col suo marchio raro, avrebbe reso la vita più facile a tutti.
Victor però aveva solo quello, lui viveva in funzione del suo ruolo di cacciatore di demoni e non aveva mai sentito alcun bisogno di essere facilitato nei suoi compiti.
Senza che l’avesse mai nemmeno sperato, tutto stava cambiando ormai, anzi, tutto era già cambiato.
—Ovviamente.
Sottolineò col solito tono antipatico che però, probabilmente gli era proprio. Arretrò di un mezzo passo e con un palmo delle due mani scosse leggermente la stoffa della giacca, come a liberarla da un cumulo di polvere che gli era sfuggito.
Tutto quel fermento in quella sala era dedicato a lei e Victor proprio non riusciva ad accettarlo. Lui era da sempre invisibile, nessuno aveva mai riposto in lui nemmeno la metà dell’importanza che stavano dando a lei e questo non doveva sembrargli poi così giusto.
Amava e odiava quell’accademia e le sue regole ma, in fondo, Victor aveva mai desiderato altro. Quell’accademia rappresentava l’unica casa possibile per lui.
—La festa è per te e tu scappi?
Mormorò con aria truce, mostrando rigorosamente tutto il suo disappunto. Poi dovette venirgli in mente qualcosa, forse nel guardarla così insistentemente negli occhi un monito di pena lo sfiorò, immaginando che fosse già cominciata la gara a chi sarebbe riuscito a combinare con lei un matrimonio di puro interesse. Nonostante tutto, questa prospettiva non doveva piacere nemmeno a lui che, almeno in questo, era stato fortunato: nessuno avrebbe mai avuto interesse a unire il proprio sangue a quello di un senza-marchio.
E l’espressione ammansì. Uno dei palmi strinse il braccio opposto.
—Non scapperai a lungo.
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La sala esterna era illuminata dal chiarore di una luna calante e dalle luci bianche e argentee con le quali erano state allestite le colonne di marmo. Tutta quella struttura rasentava sfarzo e antichità e i marchiati che l’affollavano, indossavano i loro abiti più belli.
Victor era arrivato lì con entrambi i genitori, detentori di un marchio che, però, non aveva contaminato anche lui, come sempre erano gentili, pacati. Persino distanti o, almeno, questa era l’impressione che aveva sempre avuto Victor di loro… in fondo, probabilmente dovevano anche vergognarsi un po’ di aver generato un figlio senza alcun potere.
Il giovane Draven indossava un abito elegante ma niente di troppo complicato: pantaloni dal taglio dritto, scuri, una giacca corta altrettanto scura e una camicia chiara. Al collo aveva deliberatamente scelto di non indossare cravatta o cravattino e con le mani piantate nelle tasche dei pantaloni si guardava intorno, cercando con lo sguardo qualcuno che non lo avrebbe annoiato sull’immediato. Per l’occasione i capelli abbastanza cresciuti stavano raccolti in una coda bassa.
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La sala esterna era illuminata dal chiarore di una luna calante e dalle luci bianche e argentee con le quali erano state allestite le colonne di marmo. Tutta quella struttura rasentava sfarzo e antichità e i marchiati che l’affollavano, indossavano i loro abiti più belli.
Victor era arrivato lì con entrambi i genitori, detentori di un marchio che, però, non aveva contaminato anche lui, come sempre erano gentili, pacati. Persino distanti o, almeno, questa era l’impressione che aveva sempre avuto Victor di loro… in fondo, probabilmente dovevano anche vergognarsi un po’ di aver generato un figlio senza alcun potere.
Il giovane Draven indossava un abito elegante ma niente di troppo complicato: pantaloni dal taglio dritto, scuri, una giacca corta altrettanto scura e una camicia chiara. Al collo aveva deliberatamente scelto di non indossare cravatta o cravattino e con le mani piantate nelle tasche dei pantaloni si guardava intorno, cercando con lo sguardo qualcuno che non lo avrebbe annoiato sull’immediato. Per l’occasione i capelli abbastanza cresciuti stavano raccolti in una coda bassa.
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I wanna see the sun blotted out from the sky.
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La sala esterna era illuminata dal chiarore di una luna calante e dalle luci bianche e argentee con le quali erano state allestite le colonne di marmo. Tutta quella struttura rasentava sfarzo e antichità e i marchiati che l’affollavano, indossavano i loro abiti più belli.
Victor era arrivato lì con entrambi i genitori, detentori di un marchio che, però, non aveva contaminato anche lui, come sempre erano gentili, pacati. Persino distanti o, almeno, questa era l’impressione che aveva sempre avuto Victor di loro… in fondo, probabilmente dovevano anche vergognarsi un po’ di aver generato un figlio senza alcun potere.
Il giovane Draven indossava un abito elegante ma niente di troppo complicato: pantaloni dal taglio dritto, scuri, una giacca corta altrettanto scura e una camicia chiara. Al collo aveva deliberatamente scelto di non indossare cravatta o cravattino e con le mani piantate nelle tasche dei pantaloni si guardava intorno, cercando con lo sguardo qualcuno che non lo avrebbe annoiato sull’immediato. Per l’occasione i capelli abbastanza cresciuti stavano raccolti in una coda bassa.
Forse doveva apparire un po' spaesato. Senza le sue lame addosso, proprio non gli riusciva di sentirsi a proprio agio.
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The ocean is full 'cause everyone's crying
The full moon is looking for friends at high tide
The sorrow grows bigger when the sorrow's denied
I only know my mind
I am mine.
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Nascere senza un marchio, da una famiglia che, da sempre, ne andava orgogliosa, era un po’ il tallone di Achille di Victor. Mai aveva dato segni di soffrirne e subito si era adattato a quella sua condizione di reietto… eppure il dissidio dentro di lui aveva aperto uno squarcio che, solamente di tanto in tanto, egli si ritrova a sbirciare. Lo faceva solo quando non aveva altra scelta. Soltanto quando tutto gli si frammentava tra le dita e non gli restava che quello sprazzo amaro di realtà che aveva finto di dimenticare.
E quelle sferze di gelo assomigliavano un po’ a quello spiraglio che Victor tentava sempre, disperatamente, di lasciarsi alle spalle.
—Non è vero che sono antipatico. Cioè, io sono così.
Un po’ in confusione, lo sguardo scuro di lui si disperse altrove, smezzando il riflesso buio entro le ali nere delle ciglia un po’ troppo cresciute. La verità era che Victor non parlava mai tanto con nessuno, si allenava spesso da solo e da solo passava la maggior parte delle sue giornate… e non doveva mai essersi domandato niente del genere.
Alla fine, con una scrollata leggera di spalle, comprese che – antipatico oppure no – la cosa non lo riguardava e non riguardava poi tanto, nemmeno lei.
All’esterno il cortile si apriva al loro sguardo, diverse statue angelicate ne costellavano le curve, seguite da graziosi selciati, ora impreziositi da qualche cumulo di neve che faticava a sciogliersi. Da che ne aveva memoria, Victor non rammentava un inverno più rigido di quello.
—Per tua fortuna non credo che mi vedrai spesso. Ah, e quella lì dovrebbe essere la finestra della tua camera.
Victor le indicò uno degli agglomerati abitativi che circondavano il cortile esagonale.
Di lì, poi, la condusse alla palestra: a quell’ora non c’era nessuno ad allenarsi ma lui ne avrebbe sicuramente approfittato – una volta liberatosi di lei – per riprendere da dove aveva lasciato coi propri allenamenti. In fondo, niente aveva più importanza.
Lasciò così, alla fine, che Rey si recasse al suo palazzo, poco dopo, e attese di vederla percorrere quella stessa strada prima di darle le spalle e tornare a varcare la porta della palestra, obliando ogni sfaccettatura di sé, ancora una volta, fuorché quella che lo voleva un guerriero.
chapter i
rey&victor
Maybe my heart is the moon and hers is the sun and everything else is gravity.
Le avevano detto che era una predestinata.
Le avevano detto che sarebbe spettato a lei cambiare il mondo, un mondo fatto di segreti e misteri che nessuno, se non pochi eletti, erano in grado di conoscere.
Proliferava un'esistenza intera al di sotto di quella notoriamente conosciuta, la stratificazione del male e del bene. Le avevano parlato delle luci e delle ombre che si inseguivano ed annullavano pedissequamente, L'ambivalenza che reggeva insieme le sorti del mondo, legandole insieme in maniera indissolubile. La guerra a campo aperto tra i cacciatori ed i demoni, per proteggere il genere umano dall'inferno e le sue fiamme.
Rey avrebbe voluto scoppiare a ridere e suggerire loro di dedicarsi alla stesura di un romanzo in merito ed invece, non era stata in grado neppure di mettere in dubbio una parola. Perché qualcosa dentro di sé era sempre stata a conoscenza dell'esistenza di una verità più grande e sconsociuta.
Rey sapeva di essere differente dai propri coetanei, era stata tormentata da incubi fin dalla più tenera età, vedeva cose che non avrebbero dovuto esistere ed era perseguitata da ombre che non la lasciavano mai sola. Si era guadagnata diverse sedute da psicologi di varia specie prima essere indirizzata sulla via degli psicofarmaci.
E per qualche tempo, l'inibizione dei farmaci aveva allontanato i mostri. Poi un giorno essi erano tornati, ma questa volta in carne ed ossa e Rey aveva visto la forma del mondo per la prima volta. I cacciatori che le avevano salvato la vita le avevano spiegato che la macchia a forma di luna che aveva sul polso non era una voglia come aveva sempre creduto, era un'eredità di qualche antenato che aveva riversato in lei un potere misterioso e unico.
[...]
Rey aveva raggiunto Londra con l'assenso ambiguo dei suoi familiari. Era arrivata all'accademia scortata dai due cacciatori che l'avevano salvata e che, da quel momento, non l'avevano lasciata sola neppure per un momento. Aveva trascorso quei giorni in uno stato catatonico, in cui aveva parlato poco e niente ed aveva osservato lo scorrere degli istanti come se fossero misera polvere. Nella testa vorticavano gli interrogativi della propria esistenza e metteva in discussione tutto ciò che aveva dato per certo fino ad allora. Allo stesso tempo, quasi come un paradosso dai contorni sfumati, Rey era certa di non essersi mai sentita più viva di così. Come se, passo dopo passo, stesse raggiungendo la vera sé stessa, quella che avrebbe dovuto essere fin dal principio e che era stata rinchiusa nella gabbia di una finta normalità a cui ella non era mai appartenuta.
Forse ogni minuto, aveva avuto il solo scopo di portarla fin lì, ai cancelli alti e neri di quell'edificio antico che nascondeva, dietro le sue pietre, le verità dell'universo.
Era uscita dall'ufficio del preside senza averci capito granché. Le erano state offerte troppe nozioni e Rey ne aveva incamerate ben poche, così, considerata la sua scarsa partecipazione e lo sguardo vacuo che aveva dedicato all'occasione per tutta la durata del colloquio. Era stato stabilito che il tour della scuola ed il restante delle regole le fosse spiegato da uno studente come lei.
Rey aveva annuito e si era messa in piedi come un automa, poi aveva incrociato le braccia al petto ed era rimasta in attesa, mentre uno dei due cacciatori le rivolgeva qualche parola.
-Ecco qui lui è Victor ti farà fare il giro. Fai la brava ragazzina ci vediamo più tardi mh?
Rey fece un cenno del capo ai due uomini e poi rivolse la propria attenzione al ragazzo che le avevano indicato come Victor.
-Io sono Rey, la studentessa nuova.
@victory-raven
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