#racconti culturali
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NON BRUCIARE LA MIA LUNA, NONNA! di Un racconto di Abdulla Vakhsh
Il cancello di ferro del carcere numero "64/..xxx", scricchiolando pesantemente, si aprì a metà. Una prigioniera uscì, avvolgendo il capo con uno scialle fiorito e coprendosi la bocca, assicurandosi che nessuno fosse venuto a prenderla.
La storia.Il cancello di ferro del carcere numero “64/..xxx”, scricchiolando pesantemente, si aprì a metà. Una prigioniera uscì, avvolgendo il capo con uno scialle fiorito e coprendosi la bocca, assicurandosi che nessuno fosse venuto a prenderla. Con un nodo stretto sul petto, iniziò a camminare lentamente lungo il bordo della strada.Dopo pochi passi, non poté fare a meno di voltarsi. La vista…
#Abdulla Vakhsh#Alessandria today#Alessandria Today letteratura#colpa e perdono#Conflitti familiari#crimine e punizione#cultura uzbeka#Dilshad#Google News#Hanifa#italianewsmedia.com#LETTERATURA CONTEMPORANEA#letteratura drammatica#letteratura internazionale#letteratura uzbeka#narrativa contemporanea#narrativa di vita reale#narrativa etica e morale.#narrativa moderna#narrativa psicologica#Non bruciare la mia luna nonna#Onaizor#Pier Carlo Lava#racconti brevi#racconti culturali#racconti dal mondo#racconti di Abdulla Vakhsh#Racconti di vita#racconti drammatici#racconti tradotti
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La morale ai tempi dei social network
Prologo Quando decisi di aprire un account in un social network non prevedevo che avrei così legittimato la nascita e la divulgazione di una morale fluida che avrebbe influito nella vita reale nelle discussioni pubbliche. Sapevo delle profilazioni, del fatto che ogni mio bisogno sarebbe stato intercettato e venduto ad aziende che poi mi avrebbero tartassato di marketing pubblicitario. Non…

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#Censura#Controllo#Fantascienza#Fascismi#Linee Guida#Modelli culturali#Polizia del Pensiero#Racconti#Social Network
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Körper, Sasha Waltz (2000)
"Life’s substance can be pulled this way and that, thrown about, piled up and dissected. Through a sober recognition of the body’s materiality, this piece tries to understand the fundamental split imposed on us by our physical nature. It interrogates cultural templates for movement, brutal forms of pleasure, enhanced performance and cosmetic improvement: the body regarded as a resource. Why do we treat our fragility with such severity? Why do our accounts of our own bodies always bypass what we actually feel? Naked to the skeleton, to the kidneys, the piece submits the body to an even more radical undressing: the removal of the names which afflict and conceal it at every turn. Twisting and turning the body, taking it down wrong paths, over and over again this choreography begins the work of a genuine making-visible. The body appears as something never before seen."
La sostanza della vita può essere tirata in tutte le direzioni, lanciata, accumulata e dissezionata. Attraverso un riconoscimento sobrio della materialità del corpo, quest'opera cerca di comprendere la frattura fondamentale imposta dalla nostra natura fisica. Interroga i modelli culturali di movimento, le forme brutali di piacere, le prestazioni potenziate e il miglioramento cosmetico: il corpo visto come una risorsa. Perché trattiamo la nostra fragilità con tale severità? Perché i nostri racconti dei nostri corpi saltano sempre ciò che realmente proviamo? Nudi fino allo scheletro, ai reni, l'opera sottopone il corpo a un disvelamento ancora più radicale: la rimozione dei nomi che lo affliggono e lo nascondono ad ogni passo. Torcendo e girando il corpo, prendendolo per strade sbagliate, ancora e ancora questa coreografia inizia il lavoro di una vera visibilità. Il corpo appare come qualcosa di mai visto prima.
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Racconti di viaggio - parte 2
Quando ho studiato all'università Studi Culturali dell'Asia Orientale il corso era orientato su come sia "Oriente" che "Occidente" veniva rappresentato l'uno dall'altro con una serie di discorsi e di immagini che si auto-alimentavano e, da persona occidentale, quello che più mi aveva affascinato era come noi "occidentali" dipingiamo l'Asia. Tuttavia, il prof teneva tanto ad un punto ossia il white spot ovvero quel posto (figurato) in cui bisognava trovare, da "occidentali", una lettura della propria rappresentazione.
In Giappone si nota poco perché culturalmente sono molto timidi e riservati (anche se succede), ma in India sono rimasta completamente shockata da una cosa: la gente non faceva che fissarmi. E non per chissà quale strana ragione, ma semplicemente per un motivo: sono bianca.
Da quello che ho capito, è una rarità trovare persone occidentali in India e quindi quando la vedono se ne stupiscono. Ma analizzando meglio il problema non è solo quello.
Quando sono andata per la prima volta a casa dei miei amici in cui c'erano i parenti, la prima cosa che mi è stata chiesta è stata di fare una foto assieme. Alle varie feste di matrimonio (3) uomini di mezza età in special modo non facevano che chiedere di fare selfie assieme, come se fossi stata un fantoccio, una bambola, una celebrità di cui doversi ricordare di avere incontrato e da far vedere agli altri in futuro. Sempre perché vedere persone bianche è raro, figurati averle così vicine a un matrimonio di chissà quale parente/amico ecc.
Se da un lato mi hanno letteralmente oggettificata, rendendomi qualcosa a metà tra un trofeo e una bomboniera, questa cosa maschera un problema ben più grosso: gli indiani si sentono inferiori ai bianchi.
Non è una novità che questo tipo di ranking delle razze umane non sia ancora estinto. Lo abbiamo vissuto per centinaia di anni, ne siamo immersi ed è complicatissimo staccarci questa ameba di dosso con cui siamo cresciuti tutti. Ma è stato allarmante per me percepire queste cose di prima mano.
Da bianchi ci siamo letteralmente imposti, li abbiamo sottomessi, fatto di loro schiavi o quello che ci pareva e loro, nonostante si sentano molto fieri di aver (quasi) raggiunto il nostro tipo di società, non riescono proprio a liberarsi dalla visione del mondo che abbiamo loro insegnato e a non vederci con gli occhi che brillano. L'ho trovata una cosa tristissima.
#India#viaggio in India#considerazioni#pensieri#studi culturali dell'asia orientale#rapporti di potere#razze umane#whiteness#white spot#disuguaglianze
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di Leo P.:
Nel 2009 Sartori, che è stato l’ultimo intellettuale liberale a pensare fuori dagli schemi, scriveva sul Corriere della Sera:
“In tempi brevi la Camera dovrà pronunciarsi sulla cittadinanza e quindi, anche, sull’‘italianizzazione’ di chi, bene o male, si è accasato in casa nostra. Il fronte ‘accogliente’ è costituito dalla Chiesa e dalla sinistra. La Chiesa deve essere, si sa, misericordiosa, mentre la xenofilia della sinistra è soltanto un ‘politicamente corretto’ che finora è restato male approfondito e spiegato. Due premesse. Primo, che la questione non è tra bianchi, neri e gialli, non è sul colore della pelle, ma invece sulla ‘integrabilità’ dell’islamico. Secondo, che a fini pratici (il da fare ora e qui) non serve leggere il Corano ma imparare dall'esperienza. La domanda è allora se la storia ci racconti di casi, dal 630 d.C. in poi, di integrazione degli islamici, o comunque di una loro riuscita incorporazione etico-politica (nei valori del sistema politico), in società non islamiche. La risposta è sconfortante: no. Inghilterra e Francia si sono impegnate a fondo nel problema, eppure si ritrovano con una terza generazione di giovani islamici più infervorati e incattiviti che mai. Il fatto sorprende perché cinesi, giapponesi, indiani, si accasano senza problemi nell’Occidente pur mantenendo le loro rispettive identità culturali e religiose. Ma — ecco la differenza — l’Islam non è una religione domestica; è invece un invasivo monoteismo teocratico che dopo un lungo ristagno si è risvegliato e si sta vieppiù infiammando. Illudersi di integrarlo ‘italianizzandolo’ è un rischio da giganteschi sprovveduti, un rischio da non rischiare”.
Ne sa qualcosa il direttore dell’organizzazione per bambini “Arche”, Wolfgang Büscher, che ogni giorno si prende cura di 7.000 giovani in 33 strutture in tutta la Germania, che rivela alla BILD: “Siamo di fronte a una catastrofe”. Emerge chiaramente dalla dichiarazione dei giovani arabi citata da Büscher: “Prima tagliamo la gola agli ebrei, poi ai gay e infine ai cristiani!”. Dice Büscher: “Non ho mai sperimentato niente di simile. Un ragazzo di 12 anni venne da me e mi disse: ‘Ti odio. Ci riprenderemo il Paese’. Rifiutano la nostra cultura, i nostri valori. Il loro odio è inimmaginabile”.
Quasi una glossa all’articolo di Sartori che oggi il Corriere non pubblicherebbe mai.
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Storia Di Musica #291 - Deacon Blue, Raintown, 1987
Lo spunto per le storie settembrine me lo ha dato un aneddoto simpatico sugli Steely Dan, protagonisti dell'ultima storia di Agosto. Una delle loro canzoni più famose, Deacon Blues, da Aja (il loro capolavoro del 1977) fece un viaggio emozionale fino in Scozia, dove un giovane ragazzo si appassionava alla musica, soprattutto a quel pop così sofisticato, pieno di stratificazioni sonore, piccoli gioielli musicali incastonati nelle melodie, e immensa classe esecutiva. Ricky Ross si chiama quel giovane ragazzo, che dopo che a Dundee viene licenziato da professore precario delle scuole secondarie, si trasferisce a Glasgow, dove decidere di mettere su un gruppo. Prima trova il batterista, Dougie Vipond, poi un bravissimo pianista, James Prime, un chitarrista, Graeme Kelling, e una corista, Carol Moore. Le prime esibizioni sono incoraggianti, ma la Moore decide di mettersi da parte. Ross si ricorda che aveva sentito ad un provino, improvvisato in Bath Street, una ragazza che lascia il suo indirizzo, ma non il suo numero di telefono. E la storia vuole che fu lo stesso Ross ad arrivare sulla Great Western Road di Glasgow per chiedere a Lorraine McIntosh di unirsi al gruppo. E c'è la ciliegina sulla torna: durante uno delle prime serata acclamati dal pubblico, Dougie Vipond leggermente brillo incontrò Ewen Vernal, bassista, nel bagno di un locale e gli chiese di unirsi al gruppo. Il nome per la band è quello che Ross ha in testa da anni: Deacon Blue, e siamo nel 1985. Glasgow in quegli anni è una città in piena trasformazione sociale, anche con profonde fratture socio economiche (per farsi un'idea, suggerisco i romanzi di Douglas Stuart) ma dal punto di vista musicale sarà la capitale scozzese della musica. Tanto che un giornalista del Glasgow Herald, John Williamson, decise di produrre una cassetta in allegato alle pagine culturali del giornale con tutte le promesse della musica cittadina di quel periodo: ci sono futuri gruppi e artisti molto famosi come i Wet Wet Wet, Kevin McDermott, Hue and Cry e i Deacon Blue, che contribuiscono con Take The Saints Away.
Dopo questa esperienza, sono pronti ad andare in studio, insieme a Jon Kelly, capo ingegnere del suono agli Air Studios di Londra. Ross ha in mente una sorta di concept album su Glasgow, che ne racconti le sfumature più varie. Raintown, pubblicato nel 1987, si presenta con una meravigliosa foto in bianco e nero di Oscar Marziaroli, italo scozzese futuro acclamato fotografo, che ferma una città avvolta nella perenne pioggerellina con sullo sfondo uno dei simboli della città, la Finnieston Crane, una gigantesca gru portuale, ormai non operativa, simbolo dell'industriosità degli abitanti, proprio all'imbocco del porto cittadino. Dal punto di vista musicale, seppur si parte dall'idea di pop sofisticato del mitico duo da cui prendono il nome, i Deacon Blue mischiano il lirismo vocale e le atmosfere uniche di Van Morrison, un canto-racconto degno del primo Springsteen e un'eleganza che ha una sua totale particolarità. Il disco ha un andamento ondeggiante tra brani calmi e riflessivi e quelli più incalzanti: l'inizio è davvero suggestivo, con Born In The Storm che come una nebbia si dirada e sfuma in Raintown, canzone che è profondamente legata all'esperienza di Ross, con versi che dicono "Waiting for the phone to ring to make me all I am.\You're in the suburbs waiting for somewhere to go\I'm down here working on some dumb show\In a raintown" che raccontano l'inizio di tutta la storia. Ross scrive del rapporto con il business musicale nella bella Ragman e nell'altrettanto suggestiva Loaded, scritta di getto come un flusso di coscienza su una base improvvisata dagli altri componenti della band su una cassetta super 8, ed è capace di dipingere affreschi musicali persino drammatici in abiti delicati e affascinanti. He Looks Like Spencer Tracy Now è ispirata ad un pensiero, a che vita avesse fatto l'uomo che sganciò la bomba atomica su Hiroshima: tra incontri particolari ("he may have been with Oppenheimer, shaken Einstein's hand\Did we have to drop the bomb? You bet, to save this land\He was only taking pictures around the critical mass\While the troops on Tinian island sang 'Follow the bouncing ball') e cosa potrebbe essere oggi (He may have been a nationalist, a physicist or a pacifist (...) Well, I have seen that movie of Dr. Jeckyll and Mr. Hyde\And I know he looks like Spencer Tracy Now). When Will You (Make My Telephone Ring) ha ai cori il famoso gruppo R&B londinese dei Londonbeat. Alto livello è anche Chocolate Girl, che racconta di un tipo anaffettivo, un certo Alan, ricco e spendaccione, "He calls her the chocolate girl\Cause he thinks she melts when he touches her\She knows she's the chocolate girl\Cause she's broken up and swallowed\And wrapped in bits of silver". Ma il capoavoro è Dignity: ritratto di quello spirito scozzese della dignità del lavoro, racconta la storia di un impiegato comunale, probabilmente uno che lavora sulle strade, e che non perde il sorriso nemmeno quando è preso in giro dal ragazzini e che ha un sogno, comprare un gommone, un dinghy, che vuole chiamare Dignity, con cui "I'll sail her up the west coast\Through villages and towns\I'll be on my holidays\They'll be doing their rounds\They'll ask me how I got her I'll say, "I saved my money"\They'll say, "Isn't she pretty? That ship called Dignity". In Love's Great Fears, liricissima e tutta giocata sul duetto Ross - McIntosh, che diventeranno marito e moglie poco tempo dopo, c'è Chris Rea alla chitarra.
Il disco, per le qualità musicali, per la scelta azzeccata dei singoli e per la sua atmosfera sofisticata, che quasi inventerà un genere, ha un successo clamoroso: arriva fino al numero 14 nella classifica dei dischi più venduti, rimane in classifica un anno e mezzo e vende oltre un milione di copie. La band continuerà a scrivere belle cose, e il successivo When The World Knows Your Name del 1989 arriva persino al numero 1 in UK e contiene la loro canzone più famosa, Real Gone Kid, facendo divenire sogno il successo che un ragazzo scozzese aveva immaginato sentendo una canzone, Deacon Blues, che parla di nerds and losers, secondo le famose parole di commento di Donald Fagen. Dedicherò il mese di settembre a gruppi scozzese degli anni '80, che è un periodo storico e una zona geografica che ha regalato cosine niente affatto male alla storia della musica.
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CICLO DELL'ECUMENE di Ursula K. LeGuin
Il Ciclo dell'Ecumene o Ciclo hainita (Hainish Cycle)di Ursula K. Le Guin è composto da un insieme di romanzi e racconti ambientati in un medesimo universo immaginario futuro.
In questo scenario, la specie umana si è diffusa in decine di pianeti e tenta di organizzarsi in una società su scala galattica.
L'origine di tutta l'umanità non è la Terra, ma il pianeta Hain (chiamato anche Il Primo Pianeta, il Vecchio Mondo o Davenant, che dista circa 140 anni luce dalla Terra) dal quale in epoche remote è partita l'esplorazione spaziale e la colonizzazione di molti pianeti, compresa la Terra. In seguito queste colonie, forse a causa dell'assenza di adeguate tecnologie di comunicazione, non solo hanno perso i contatti, ma anche la conoscenza della reciproca esistenza. Centinaia di millenni più tardi, l'Ecumene rappresenta il tentativo di ricostituire l'unità della civilizzazione umana nella galassia, dopo che un primo tenttaivo di unione denominato Lega di Tutti i Mondi era fallito anche a causa di un invasione aliena.
I rapporti tra i pianeti sono mantenuti grazie ad una tecnologia, l'ansible, che consente la comunicazione istantanea anche a distanza di molti anni luce. Mentre i viaggi interstellari avvengono solo a velocità non superiore alla velocità della luce (NAFAL, Nearly As Fast As Light), con l'inevitabile conseguenza della dilatazione del tempo per i viaggiatori, mentre navi robotizzate possono raggiungere una velocità superluminale.
Gli hainiti, avevano conoscenze genetiche che hanno usato per alteare geneticamente se stessi e anche gli abitanti delle colonie che avevano fondato, perciò ogni pianeta ha in realtà una popolazione con caratteristiche molto diverse dalle altre, nonostante le loro origini comuni, anche grazie all'evoluzione naturale che si è aggiunta alle modifiche genetiche.
Ad esempio gli hainiti hanno acquisito la capacità di controllare coscientemente la propria fertilità, altri popoli sono in grado di sognare da svegli, oppure sono ermafroditi ecc.
E l'autrice utilizza i popoli di questi pianeti per raccontarci cosa potrebbe creare l'evoluzione umana spinta da fattori ambientali così diversi e da input culturali così diversi. Questa serie è come un piccolo studio antropologico della natura umana, portato all'estremo in alcuni casi.
La lettura di questo ciclo potrebbe risultare ostica soprattutto perchè l'ordine di pubblicazione dei libri e l'ordine delle storie che narrano non coincide. Ma bisogna dire che praticamente tutti sono leggibilissimi come romanzi autococlusivi poichè ognuno ha una sua trama con un suo inizio, svolgimento e fine, e benchè siano ambientati nello stesso universo non sono strettamente collegati.
Ma vi presento comunque qui sotto l'ordine cronologico in cui andrebbero letti i 7 romanzi della serie:
Pre-ere: Periodo non trattato in alcun romanzo ma solo citato, sono i due milioni di anni, durante i quali gli hainiti hanno esplorato lo spazio, colonizzando decine di pianeti nel Braccio di Orione, tra cui la Terrra, creando una rete di mondi che si è poi dissolta.
Prima Fase: la Lega di Tutti i Mondi quanto l'ansible non esistono ancora, anche se sembrano sul punto di diventare realtà o sono appena nati (Il mondo della foresta).
I reietti dell'altro pianeta (pubblicato anche col titolo Quelli di Anarres) (1974)
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Trama: Due pianeti gemelli, Urras e Anarres, illuminati da uno stesso sole ma divisi da una barriera ideologica antica di secoli. Urras è fittamente popolato, tecnologicamente avanzato, ricco, florido, retto da un'economia liberista. Da qui sono partiti nella notte dei tempi i seguaci di Odo che hanno colonizzato l'arido Anarres, fondandovi una comunità anarchico-collettivista che non conosce concetti come proprietà, governo, autorità. In questa società apparentemente perfetta nasce Shevek, genio della fisica alle prese con un'innovativa teoria del tempo, un vero "cittadino del cosmo" che dedicherà la vita ad abbattere il muro che separa da sempre i pianeti gemelli.
2. Il mondo della foresta (1976)
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Trama: Sul pianeta Athshe, la vita è interamente condizionata dalle enormi, fittissime foreste che ricoprono quasi tutta la superficie. Qui vivono gli Athshiani, il popolo dei sognatori, e qui sono scesi gli uomini a impadronirsi del legname ormai prezioso in questo lontano futuro. Athshe è diventato una colonia della Terra, dove agli indigeni è riservato il lavoro fisico più pesante e dove uomini come il capitano Davidson e l’antropologo Ljubov si scontrano in nome di opposte ideologie. Fino al giorno in cui fra le foreste di Athshe non si leverà un dio, Selver, il sognatore capace di fondere per il suo popolo il mondo del sogno con quello della realtà. E allora gli uomini dovranno guardarsi dai loro schiavi.
Seconda Fase: La lega di Tutti i Mondi esiste già, ma non L'Ecumene, e nel terzo libro di questa fase la Lega è in crisi e risulta frammentata a causa di una razza aliena nemica gli Shing, che vengono da un mondo oltre la Lega
3. Il mondo di Rocannon (1966)
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Trama: In un mondo ai confini della Galassia, tre razze native - gli Odemiar, abitanti delle caverne, gli elfici Fiia e i Liuar, guerrieri divisi in clan vengono improvvisamente aggredite e conquistate da una flotta di astronavi provenienti dalle stelle. Lo scienziato terrestre Rocannon, che si trova in quel mondo, assiste impotente allo sterminio dei suoi amici e alla distruzione della sua astronave. Abbandonato tra popoli alieni, Rocannon guida allora la battaglia per la liberazione, scoprendo che, in breve tempo, la sua figura assume contorni leggendari e che qualcuno lo considera addirittura un dio...
4. Pianeta dell'esilio (1966)
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Trama: Su Werel, terzo pianeta del sistema di Gamma Draconis, le stagioni durano decine d'anni terrestri, e ora l'Autunno sta per finire. L'Inverno sarà una sorpresa per le generazioni più giovani, che non l'hanno mai conosciuto, e una dura prova per tutti. Ma le ostilità del clima non sono le sole contro cui gli abitanti devono combattere: ci sono anche i barbari Gaal e i mostruosi diavoli della neve. La contesa contro la natura avversa e i nemici esterni unisce le due razze umanoidi di Werel: i Nati Lontano, ultimi superstiti della colonia hainita che vivono nella città costiera di Landin, ormai isolati da oltre seicento anni dalla madrepatria, e i nomadi nativi del pianeta. È così che Jakob Agat Alterra, discendente degli "alieni" hainiti, conosce la giovane Rolery, figlia di un capo Clan nativo, e se ne innamora. Ma non sarà facile stabilire un'alleanza fra due razze che sembrano destinate all'eterna incomprensione ...
5. Città delle illusioni (1967)
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Trama: Il progresso tecnologico dell'umanità non è andato di pari passo con quello della conoscenza. Questa penuria di saggezza ha reso gli uomini miseri nella loro vulnerabilità, facilmente in balìa di esseri superiori, come gli inquietanti Shing. La Terra appare una sconfinata e arida distesa attraversata da verdi foreste, dove gli umani sopravvivono in gruppi isolati. A infrangere la placida esistenza di una piccola comunità, arriva un forestiero dalla carnagione ambrata e dagli occhi felini e privi di iride, senza ricordi né identità. Un messaggero del nemico? Un mutaforma? Un vagabondo che giunge da molto lontano? Toccherà allo stesso sconosciuto trovare le risposte che lo riguardano, nel corso di un lungo viaggio alla ricerca della memoria perduta, che lo porterà fra popolazioni guerriere, fino alla città mitica di EsToch, a ridosso del futuro.
Terza fase: i pianeti della vecchia Lega di Tutti i Mondi si sono riuniti nell'Ecumene e ora su Hain coesistono piccole società autonome, i pueblos, organizzati secondo forme sociali arcaiche, fortemente ritualizzate, e una rete di città ad alta tecnologia e bassa densità, come Kathhad e Darranda, che ospitano i "templi", i centri di informazione degli "storici", e le Scuole Ecumeniche, in cui vengono istruiti studenti provenienti da molti mondi, per diventare osservatori e inviati diplomatici dell'Ecumene.
6. La mano sinistra del buio (1969)
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Trama: Sul pianeta Inverno, coperto di ghiacci perenni e dominato da una struttura semi-feudale, l'Ecumene ha inviato un emissario, Genly Ai, incaricato di convincere gli indigeni a unirsi alla Lega. Non sarà facile per lui entrare in contatto con gli abitanti di quel mondo alieno, ancora ignoto, che trascorrono i cinque sesti della loro esistenza in uno stato ermafrodito neutro, per poi essere maschi o femmine solo nei giorni del kemmer. Per riuscire nel suo intento, l'Inviato dovrà superare differenze biologiche, culturali, psicologiche, sociali e comprendere articolate organizzazioni politiche, oltre che affrontare condizioni estreme in un attraversamento del grande Nord.
7. La salvezza di Aka (2000)
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Trama: Sutty, un'osservatrice dell'Ecumene interstellare, è stata assegnata ad Aka, un mondo dominato da un governo azienda che ha come unico fine la produzione e lo sviluppo economico. A questo scopo la monolitica Corporazione di Aka ha bandito tutti i vecchi costumi, cancellando quasi completamente la lingua scritta e le tradizioni. Per Sutty, specializzata in storia e linguistica, si tratta di un incarico senza sbocchi: come può studiare un mondo dove la popolazione sembra non avere ricordo del proprio passato? Del tutto inaspettatamente, però, Sutty riceve il permesso di lasciare la moderna città dove tutti i suoi movimenti sono strettamente controllati e risalire il fiume per cercare gli ultimi residui della cultura originaria di Aka.
Per quanto riguarda i racconti ambientati nell'universo ecumenico questi sono ancora più separati e a sè stanti che non i romanzi, tanto che l'autrice stessa non li ha mai raccolti in antologie specifiche, ma solo in antologie che contengono anche racconti facenti parte altre serie. Un'antologia che raccoglie anche tre racconti ecumenici che reputo interessanti è Fisherman of the Inland Sea del 1994, purtroppo inedita in italiano. I tre racconti sono The Shobies' Story, Dancing to Ganam e Another Story or A Fisherman of the Inland Sea e raccontano dei primi esperimenti dell'uomo con i viaggi interstellari a velocità maggiore di quella della luce.
Altri due racconti famosi sono The Day Before the Revolution che è un prequel al romanzo I reietti dell'altro pianeta, e Dowry of the Angyar (intitolato anche Semley's Necklace) prequel al romanzo Il mondo di Rocannon, che a volte sono stati inseriti come antefatti proprio in alcune edizioni dei due romanzi, o possono essere recuperati nell'antologia I dodici punti cardinali.
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A mio parere del tutto soggettivo i romanzi più belli della serie sono i tre centrali: Il mondo di Rocannon, Pianeta dell'esilio e Città delle Illusioni, che poi sono anche i primi ad essere stati scritti dall'autrice.Ma è un'opinione puramente soggettiva che si basa sul mio gusto personale in fatto di libri.
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SENSI DELL’ARTE - di Gianpiero Menniti
LA MEMORIA DIMENTICATA DELL’IMMAGINE
Ogni immagine è un “unicum”: anche quando è rappresentazione, si pone oltre quella, la supera, si riferisce ma non è quella. Interpreta. Mentre sorge, già come tela bianca, quando è solo intenzione, assume la sua autonomia, inevitabile, perenne. Così, la sua relazione con un titolo, come nel caso della “Casa sull’acqua” - 1930, appartiene a una serie di sette acquerelli che Paul Klee (1879 - 1940) dipinse in occasione di una lezione di design al Bauhaus - non trova fondamento nella parola ma in una suggestione, in un riferimento senza radici al di fuori dell’evento estemporaneo nel quale si è costituita. In una descrizione radicale dell’arte, la dimensione pura dell’opera risiede nella libertà creativa. E questa, altro non è che fenomenologia del significante senza significato. Sovversione dello strutturalismo segnico di Saussure: un referente che rinvia sempre a un contenuto. Se limitassimo a questa concezione estrema il fare artistico, l’esplosione della soggettività annullerebbe ogni figura di parola: sull’arte non si potrebbe dire nulla. Eppure, la soggettività non esiste: è uno dei molteplici punti di convergenza di plurime fonti culturali, non esclusivamente concettuali ma anche estetiche. Non sono fonti enigmatiche: si tratta di un pulviscolo infinito di visioni che fanno di ogni essere umano un immenso caleidoscopio al quale l’artista attinge. Per generare quell’unicum dell’immagine che non possiede altra matrice oltre se stessa. L’artista è un tramite. Vive in un luogo nel quale è il solo a essere ammesso: la sua interiorità. Un abisso indeterminato di racconti muti. Ma non infinito: segue il corso limitato della vita. Lasciando nuove fonti per epigoni inconsapevoli. Del resto, fu Klee a scrivere, nel lontano 1914, questa frase:
«Io sono astratto con qualche ricordo».
Siamo immersi nella realtà. Tuttavia, si può essere più profondi. Fino a raggiungere la memoria dimenticata.
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Romanzi italiani del 900: racconti di un secolo di cambiamenti
I romanzi italiani del 900 hanno saputo catturare le sfumature della società, la politica, la cultura e le emozioni di un Paese che ha vissuto due guerre mondiali, profonde trasformazioni sociali e una rapida modernizzazione. Per questo motivo la letteratura italiana nel Novecento è un affascinante mosaico di stili, voci e storie che riflettono il tumultuoso periodo storico attraversato dall'Italia durante quel secolo. I primi anni del 900: il Futurismo Gli inizi del Novecento italiano hanno visto emergere il movimento futurista, che ha cercato di abbracciare il cambiamento e l'innovazione nella letteratura, nell'arte e nella società. Un esempio notevole di romanzi futuristi è "Zang Tumb Tumb" di Filippo Tommaso Marinetti, un'opera che sperimenta con la forma e il suono delle parole per esprimere l'entusiasmo per la modernità e la tecnologia. Questo movimento ha contribuito a gettare le basi per il modernismo letterario in Italia. I romanzi italiani del 900 e la Seconda Guerra Mondiale La Seconda Guerra Mondiale è stata un'incredibile fonte di ispirazione per gli scrittori italiani dell'epoca. - "Il giardino dei Finzi-Contini" (1962) di Giorgio Bassani narra la triste pagina della persecuzione degli ebrei. - "La casa in collina (1948) di Cesare Pavese analizza la guerra in quanto impegno storico e civile. - "Il sentiero dei nidi di ragno" (1947) è uno dei più bei romanzi sulla Resistenza. - "La ciociara" (1957) di Alberto Moravia rappresenta un'altra tragica pagina del conflitto: lo sbarco degli alleati Il dopoguerra, con tutte le difficoltà della ripresa economica, ha ispirato, invece, la nascita di una vera e propria corrente letteraria che ha coinvolto la letteratura e il cinema: il neorealismo. I romanzi neorealisti più emblematici sono: - "Ragazzi di vita" (1955) di Pier Paolo Pasolini; - "Una questione privata" (1963) di Beppe Fenoglio; - "Se questo è un uomo" (1947) di Primo Levi; - "La romana" (1947) di Alberto Moravia. I romanzi postmoderni Gli anni '60 hanno portato una nuova onda di romanzi italiani che riflettevano i cambiamenti sociali e culturali in corso. "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pubblicato postumo nel 1958, ha catturato l'atmosfera di una società aristocratica in declino. Altro autore esemplare di questo periodo fu Leonardo Sciascia che con i suoi romanzi accese un faro sulla Sicilia e sul fenomeno della mafia. Ricordiamo "Il giorno della civetta", "A ciascuno il suo", "Il caso Majorana". Negli anni '70 e '80, l'Italia ha assistito a una rinascita letteraria con l'emergere di autori postmoderni come Umberto Eco, che ha scritto "Il nome della rosa" (1980), un romanzo che mescola storia, mistero e teologia. I romanzi che in una certa misura hanno segnato gli anni Novanta del Novecento sono "Castelli di rabbia" (1991), "Oceano mare" (1993), "Seta" (1996) di Alessandro Baricco. In copertina foto di Priscilla Du Preez 🇨🇦 su Unsplash Read the full article
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Alessandria. Eventi al Cristo tra fiabe per bambine e canzoni di Sanremo: continua il fermento nel quartiere
Prosegue con grande entusiasmo il calendario degli eventi nel Quartiere Cristo di Alessandria, grazie al sostegno dell’Associazione Attività e Commercio del Quartiere e alla collaborazione con numerose realtà attive sul territorio. Due nuovi appuntamenti, tra cultura e intrattenimento, animeranno le giornate del 3 e 4 aprile, confermando il ruolo centrale del quartiere nella promozione sociale e…
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TIGRI D'INCHIOSTRO, in uscita il nuovo libro di Marco Vallarino


«Fulminanti, atroci, terribili, mozzafiato. Si potrebbero usare tutti questi aggettivi per descrivere i racconti firmati da Marco Vallarino. Piccole storie di atrocità quotidiana che oscillano fra la cronaca nera e la fantasia. Storie allucinate e allucinanti che sembrano venire dalla galassia lontana della “gioventù cannibale” del noir italiano» (Luca Crovi)
Marco Vallarino
Tigri d’inchiostro
prefazione di Luca Crovi
Pagine 172 - Euro: 17,00
Oligo
In libreria il 18 aprile
Questo libro offre una sulfurea selezione di racconti scritti in oltre vent’anni e in parte già apparsi su giornali e in antologie. Trenta tigri d’inchiostro, pronte a ruggire in faccia a lettrici e lettori con storie spaventose, senza scampo. Vicende in cui l’autore si diverte a cercare l’imprevisto e l’ineluttabile, la forza soverchiante a cui è impossibile sfuggire. Sono però tigri che ruggiscono col sorriso. Per Vallarino, più che sconvolgere, è importante sorprendere e anche divertire, oltre che mettere in guardia dai tanti pericoli che ci sono là fuori. Tra storia, narrazione e cronaca nera, trenta racconti che sembrano provenire dalla galassia della “gioventù cannibale”.
L’avvento dell’euro, gli attacchi terroristici all’antrace, gli esami venduti all’università, l’introduzione del divieto di fumo nei locali, gli scandali arbitrali, il caldo estivo, il degrado di centri storici e periferie, la vita di strada dei senzatetto sono tra le notizie e i temi che fanno ruggire le tigri di Vallarino. Fatti epocali di cui si continua a parlare. In particolare, il racconto “Euro deliri”, scritto nel 2002 per la prima pagina di un noto quotidiano, appare oggi sinistramente profetico. La storia, tinta di humour nero, mostra un generale in pensione che si ribella alla moneta unica europea trafiggendo con la sua sciabola il truffatore che tenta di “convertire” le sue lire in euro.
Ci sono poi una versione pirata “a luci rosse” del Festival di Sanremo, uno spietato regolamento di conti tra chierichetti, una Festa dell’Unità dagli echi fantascientifici, un gioco dell’impiccato troppo realistico, la vendetta delle streghe di Triora sul sedicente vampiro che vuole usurpare il loro borgo. Luna park, cimiteri, laboratori, scuole, ville, giardini sono altri luoghi in cui le tigri portano scompiglio, in storie paradossali, feroci, sconvolgenti, ma plausibili, legittime nella loro tragicità.
Marco Vallarino (Imperia, 1977), scrittore e giornalista, ha pubblicato decine di racconti per quotidiani, riviste, antologie e il romanzo Il cuore sul muro. Scrive per le pagine culturali di vari periodici tra cui “Il Secolo XIX”, è inoltre autore di videogiochi testuali, opere di narrativa interattiva pensate per avvicinare i più giovani alla lettura e scaricabili dal suo sito MarcoVallarino.it. Vincitore e finalista di premi letterari, ha scritto storie anche per il cinema e il teatro.
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“I fantasmi del banchiere nero” di Ippolito Edmondo Ferrario è APPRODATO Al FESTIVAL DI SAN REMO
Illustri e emergenti che hanno voglia di dialogare e di confrontarsi all’interno del Salotto Letterario di Casa Sanremo. Due sono le Sezioni: OPERE EDITE e RACCONTI BREVI. L’edizione 2025 del Concorso, uno degli eventi culturali più prestigiosi durante il Festival di Sanremo, si è conclusa con la cerimonia di premiazione, condotta dalla giornalista Grazia Serra.Sono stati assegnati attestati…
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Racconti di Nativi Americani: Miti e Leggende Sioux Lakota di Marie L. McLaughlin
Un grande e imperdibile classico che offre una visione delle credenze e dei valori culturali del popolo Sioux Lakota, e apre lo sguardo su un mondo pieno di esseri soprannaturali e di imprese eroiche.
Un grande e imperdibile classico che offre una visione delle credenze e dei valori culturali del popolo Sioux Lakota, e apre lo sguardo su un mondo pieno di esseri soprannaturali e di imprese eroiche. Prima edizione in italiano di Myths and Legends of the Sioux di Marie L. McLaughlin, tra le migliori raccolte di fiabe e leggende di Nativi Americani, insieme a Old Indian Legends di Zitkala Sa e…
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Pina Letteriello

Nel giorno del suo compleanno non posso non omaggiare una donna che ha attraversato la mia vita e questa terra con grazia, energia, intelligenza, ironia e tanta generosità, Pina Letteriello.
Come insegnante è stata sempre particolarmente attenta a motivare chi restava indietro, ha portato le battaglie ambientaliste nelle scuole, ha incoraggiato e accompagnato le sue classi in viaggi culturali, ha spronato alla conoscenza delle lingue e del mondo, è stata responsabile di diversi progetti extra scolastici ai quali ha dedicato la cura e la dedizione che hanno accompagnato ogni suo impegno.
Ha propugnato l’ecoturismo, promosso l’intercultura e la valorizzazione dei territori, attraverso la scoperta di paesaggi e tradizioni. Non si è mai risparmiata nella formazione e sensibilizzazione delle giovani generazioni ad adottare comportamenti rispettosi dell’ambiente.
Come organizzatrice culturale ha ideato e coordinato diversi festival teatrali, prima a Eboli e poi a Pollica, al Museo del Mare di Pioppi, dove ha creato un festival di teatro di figura che abbracciava ambiente e legalità.
Come attivista ambientale ha fatto parte di Legambiente Silaris ed è stata coordinatrice del Movimento Rinascimare che ha condotto diverse battaglie, una tra tutte, la campagna #notonz del 2016, in difesa del litorale del Golfo di Salerno contro un progetto che prevedeva devastanti barriere artificiali.
Pina Letteriello è stata su tante barricate, non ha mai smesso di far sentire la sua voce e il suo dissenso. Ha amato il mare, la montagna, la natura e la sua terra in maniera viscerale, appassionata.
Nata a Salerno il 19 settembre 1970, si è laureata in lingue straniere all’Università l’Orientale di Napoli, ed è stato lì che l’ho conosciuta, quando, nel gennaio 1990 la occupammo, aderendo al movimento studentesco nazionale denominato ‘la Pantera‘ nato per osteggiare la riforma del ministro Ruberti, che prevedeva l’introduzione dell’autonomia finanziaria e didattica, ribadendo la necessità dell’indipendenza dell’università da interessi privati.
Nell’ateneo occupato, tra assemblee infinite, gruppi di studio, doposcuola per i ragazzini del quartiere, cortei, politica, ma anche feste, musica, racconti e scambi umani, siamo diventate amiche.
Avevamo la stessa età, la stessa provenienza geografica, la stessa acerbità e gli stessi sogni. Da quel momento non ci siamo più lasciate, fino a quando un maledetto cancro non me l’ha strappata via.
Durante e dopo gli anni universitari ha vissuto a lungo in Francia, per studio e per lavoro.
Ha insegnato francese in varie scuole del territorio salernitano tra medie e superiori.
Sposata con Rocco Tasso, amico di una vita e compagno scout, che ha ritrovato nella nostalgia della grande città quando entrambi erano tornati a Battipaglia dopo la laurea, ha avuto un figlio Jacopo e due figlie, Margherita e Giada. Le ultime due nate in casa, con parto dolce, di cui l’ultimo, in acqua. Hanno vissuto a Eboli, nella parte antica, quando vi si sono trasferiti era un luogo praticamente disabitato e non raggiunto da tanti servizi. Negli ultimi anni, alla ricerca del mare, si erano spostati ad Agropoli e poi a Torchiara, in quel Cilento che ha tanto amato e a cui ha tanto dato.
È stata un’animatrice culturale che ha portato carica e bellezza in ogni attività che l’ha vista coinvolta.
Amava il trekking, le passeggiate, scoprire nuovi borghi, il teatro, il cinema che è stato materia della sua tesi, si è sperimentata nell’arte della ceramica, nelle danze popolari, nel flamenco. Ha insegnato al figlio e alle figlie le soddisfazioni della vita semplice, nel verde, con lunghe vacanze in spartani rifugi di montagna a contatto con la natura, dove i supporti tecnologici erano sostituiti da passeggiate alla ricerca di funghi e di notti stellate davanti al fuoco.
Pina Letteriello ha vissuto intensamente, in maniera coerente, luminosa, sempre aperta a nuove cose da conoscere e stimoli per nutrire la sua anima. Amava incontrare e far connettere le persone, aveva un grande talento organizzativo e un’entusiasmo travolgente. Riusciva a socializzare con una spontaneità disarmante.
Cocciuta e determinata, non ha mai avuto paura di schierarsi, di esternare il suo dissenso sulle cose che non condivideva, si è spesa, fino, agli ultimi giorni, per mandare al Parlamento Europeo persone che condividevano ideali di convivenza e rispetto tra i popoli.
Il suo cuore si è fermato l’11 luglio 2024, a causa di un cancro che si era esteso a vari organi.
Ha lasciato la terra, ma non ha lasciato me e tutte le persone che hanno avuto il privilegio di incrociarla nel proprio cammino.
Il suo esempio, la sua bellezza, il suo sorriso enigmatico, i suoi riccioli che si muovevano a passo di danza, quella danza con cui ha attraversato tutta la sua esistenza, dimorano nella mia profonda essenza e accompagnano i miei ricordi, il mio presente e i progetti per un futuro che avremmo voluto vivere insieme, ma che mi tocca attraversare monca, senza di lei, ma insieme grata per tutta la bella vita che mi ha regalato.
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