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Il costume in Lombardia
Grazietta Butazzi
Electa Editrice, Milano 1977, 156 pagine, 26,5x35cm, 270 illustrazioni in nero e a colori nel testo e a piena pagina
euro 50,00
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This work surveys fashion, costume and textile production in Milan and the Italian region of Lombardy from the the fourteenth to the nineteenth century. The accompanying illustrations are almost entirely paintings and drawings, rather than surviving materials.
Libro sulla produzione di moda, costume e tessuti a Milano e in Lombardia dal quattordicesimo al diciannovesimo secolo. Le illustrazioni del libro sono quasi interamente pitture e disegni .
20/12/23
#Costume in Lombardia#Grazietta Butazzi#costume dal 1400 al 1800#pitture e disegni#produzione moda costumi tessuti#fashion books#fashionbooksmilano
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T'ho sognata più d'una volta...poche volte t'ho trovata accanto a me...Solitudine...tra amici reali e creatività...quasi mai sono rimasto solo...Quando non ho avuto amici, ho dipinto...disegni e pitture elementari, che adesso non posso fare più, che mi hanno tenuto compagnia.
#writing#books & libraries#poetry#poets on tumblr#writer#writers on tumblr#prose#art#leggere#scrivere#artists on tumblr#amore#solitudine#scrittura#scrittori#sentimenti#scritti#emozioni#educazione#immagini e poesie#poesia#pensieri#prosa#poesie#lettori#libri#life#lettura#leggere libri#riflessione
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“ Invece di seguire il programma di austerità del suo predecessore Hoover, il presidente del New Deal, come ha notato Barbara Spinelli su «la Repubblica», «aumentò ancor più le spese federali. Investì enormemente sulla cultura, la scuola, la lotta alla povertà». Purtroppo, aggiunge la Spinelli, «non c’è leader in Europa che possegga, oggi, quella volontà di guardare nelle pieghe del proprio continente e correggersi. Non sapere che la storia è tragica, oggi, è privare di catarsi e l’Italia, e l’Europa». Già: addirittura una «catarsi». Ma è proprio quello che ci vorrebbe. Roosevelt, infatti, non mise solo i disoccupati a scavare buche e a riempirle, come tanto spesso si dice. Tre dei più importanti progetti della Works Progress Administration, i più singolari, innovativi e duraturi, furono quelli compresi nel cosiddetto Progetto Federale numero 1, altrimenti noto come Federal One, che sponsorizzò per la prima volta piani di lavoro per insegnanti, scrittori, artisti, musicisti e attori disoccupati. Il Federal Writers’ Project, il Federal Theatre Project e il Federal Art Project misero al lavoro per qualche anno più di ventimila knowledge workers (come li chiameremmo oggi), tra i quali c’erano Richard Wright, Ralph Ellison, Nelson Algren, Frank Yerby, Saul Bellow, John A. Lomax, Arthur Miller, Orson Welles, Sinclair Lewis, Clifford Odets, Lillian Hellman, Lee Strasberg (il fondatore del mitico Actors Studio) ed Elia Kazan. Non si trattò di elemosina: checché. Oltre a produrre opere d’arte (migliaia di manifesti, disegni, murales, sculture, pitture, incisioni...), gli artisti plastici e figurativi vennero impiegati nella formazione artistica e nella catalogazione dei beni culturali, e crearono e resero vivi anche un centinaio di community art centres e di gallerie in luoghi e regioni in cui l’arte era completamente sconosciuta. In tre anni, nella sola New York, più di dodici milioni (12.000.000!) di persone assistettero agli spettacoli teatrali incentivati dal Federal Theatre Project. Quanto al Writers’ Project, che costò ventisette milioni di dollari in quattro anni, produsse centinaia di libri e opuscoli, registrò storie di vita di migliaia di persone che non avevano voce e le classificò in raccolte etnografiche regionali, ma soprattutto, con le American Guide Series, contribuì a ridare forma all’identità nazionale degli Stati Uniti, che la Grande Depressione aveva profondamente minato, fondandola su ideali più inclusivi, democratici ed egualitari. E scusate se è poco. Tuttavia anche lì, e anche allora, non mancavano i sostenitori dell’idea che la cultura è un lusso e, soprattutto, un lusso di sinistra. Dal maggio del 1938, sotto la guida di due «illuminati statisti» come Martin Dies e J. Parnell Thomas, la Commissione della Camera contro le attività antiamericane non smise di accusare i tre progetti di essere al soldo di Mosca e non si arrese fino a quando non furono fermati. Poi, venne la guerra e molti sogni si infransero. Ma intanto, con quel solido lavoro culturale alle spalle, le fondamenta di una nuova consapevolezza di sé e di una nuova idea di futuro erano comunque gettate. E da lì, dall’idea di fondo della necessità dell’intervento statale per vivificare la cultura e modificare così la specializzazione produttiva di un Paese, partirà, già durante la guerra, un altro liberale illuminato, Vannevar Bush, consigliere di Roosevelt, per elaborare il famoso rapporto Science: the Endless Frontier, che rappresenta un po’ il manifesto della politica culturale e scientifica – e a ben vedere anche economica – che avrebbero seguito gli Stati Uniti nei successivi decenni fino a Barack Obama. “
Bruno Arpaia e Pietro Greco, La cultura si mangia, Guanda (collana Le Fenici Rosse), 2013¹ [Libro elettronico]
#Bruno Arpaia#Pietro Greco#La cultura si mangia#saggistica#intellettuali italiani#economia#Giulio Tremonti#la Repubblica#Franklin Delano Roosevelt#New Deal#Barbara Spinelli#FDR#knowledge workers#Italia#Europa#disoccupazione#XX sec#Works Progress Administration#Storia del '900#Federal One#Federal Writers’ Project#Federal Theatre Project#America#Commissione contro le attività antiamericane#Saul Bellow#Federal Art Project#Arthur Miller#Orson Welles#Elia Kazan#Sinclair Lewis
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Il lavoro più strano che hai mai fatto?
Non credo di aver fatto lavori strani, sai? Prima di questo lavoro ho fatto progettazione di interni, progettazione di arredi, tanta grafica (loghi, locandine, cataloghi, grafiche per eventi dai manifesti alle targhette del wc, copertine di libri, ecc ecc ), progettazione del verde, terrazzi, giardini, disegnato gioielli, fatto disegni tecnici e prototipi per una ditta, cose così. La cosa più "strana" che mi è capitata forse è stata fare la correzione delle bozze di un libro, io che ho problemi con la grammatica italiana. O quando sono stata con un banco da Eataly a fermare la gente per proporre le pitture per la casa che si potevano anche mangiare, con tanto di prova pratica.
Ovviamente parlo solo di lavori pagati perché se dovessi parlare dei lavori non pagati fatti per amici si aprirebbe un mondo molto più bello, interessante e strano.
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UOMO IN MARE. Disegni e pitture di STEFANO ORSETTI
A 11 anni dalle stragi di immigrati naufraghi in mare nell’ottobre 2013 l’artista Portogruarese Stefano Orsetti le ricorda con una mostra per Emergency
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Paolo Buzzi LITTLE GARDEN OF PARADISE
essays by Massimiliano Fabbri and Gabriele Salvaterra
Lugo (RA), Palazzo Cassa di Risparmio e Fondazione Del Monte
28th September - 27th October 2024
with exhibition catalogue
Una mostra personale di Paolo Buzzi con sculture, disegni e pitture. Ad accompagnare il progetto espositivo un catalogo con testi di Gabriele Salvaterra e Massimiliano Fabbri.
Paolo Buzzi utilizza la metodologia dell’innesto, componendo fiori impossibili attraverso un attento montaggio di parti disparate provenienti da piante diverse, tanto nelle sculture quanto nei calchi che, pur nascendo dalla visione dell’artista, danno vita a organismi che hanno la qualità dell’immediatezza e sembrano essere stati prodotti in quella forma dalla più spontanea delle nature. Anche il fioraio ha la sua dose di insegnamento quando si incontrano composizioni parietali complesse in cui le corolle dai vari profili si alternano a punti di luce e colore costituiti da dipinti, che pausano con la loro presenza assente, l’abbondanza vitale e diversificata del floreale. GS
Paolo Buzzi pianta altissimi girasoli nel suo giardino di campagna. Quei girasoli che una volta secchi, dopo essere stati appesi per bene a testa in giù come stoccafissi, fuori e dentro lo studio, diventeranno sculture filiformi ed esplose grazie a bagni e pelli stratificate di resina bianca. Fiori e gambi e foglie che assumono sembianze di ossa. O conchiglie. Fragili pelli indurite che si adattano alle curve belle e agli andamenti ritorti. Ai filamenti e accartocciamenti vegetali. Petali. Riempimenti e vetrificazioni. Nuclei irradianti e rosoni rotanti. MF
#paolo buzzi#massimiliano fabbri#gabriele salvaterra#lugo#romagna#exhibition#sculptures#nature#art#installation#flowers
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Galileo Chini e Oriente
Venezia Bangkok Salsomaggiore
a cura di Maurizia Bonatti Bacchini, prefazione di Rossana Bossaglia
P.P.S Editrice, Parma 1995, 200 pagine,130 ill.colori, 24x34cm, ISBN 2021010180603
euro 45,00
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Mostra Salsomaggiore 20 maggio-20 giugno 1995
Albero Nodolini direttore artistico
Nato a Firenze nel 1873 e dieci anni dopo già orfano di madre e di padre - un sarto abilissimo suonatore di flicorno - Galileo Chini fu adottato dallo zio Dario, che lo introdusse nella propria bottega d’arte dove imparò a lavorare nella ceramica, grafica, pittura e scenografia. Nel centenario dell'inaugurazione delle Terme Berzieri da lui decorate - che oggi la società QC, con il sostegno di Cassa Depositi e Prestiti intende rilanciare all’interno di un progetto urbano firmato da Emilio Faroldi del Politecnico di Milano -, Salsomaggiore gli sta dedicando una mostra a cura di Maurizia Bonatti Bacchini e Valerio Terraroli, già allievo di Rossana Bossaglia, maggiore esperta del Liberty. Vasi, piatti, decorazioni di ceramiche, gres, disegni, pitture, manifatture…120 pezzi di ciò che un tempo si chiamava artigianato artistico fanno bella mostra a Palazzo Tommasini e Palazzo dei Congressi di Salsomaggiore, testimonianze parlanti della vita e dell’opera - stravagante - di Chini.
04/10/24
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Alla Galleria Planetario di Trieste un "Omaggio a Bruno Chersicla"
A 11 anni dalla prematura scomparsa dell’artista, la Galleria Planetario di Trieste dedica un “Omaggio a Bruno Chersicla” con una rassegna di sculture. pitture e disegni, nel segno della lunga collaborazione, avviata nel 2000 e proseguita fino alla scomparsa nel 2013, con l’esposizione delle personali nel 2002 e nel 2008 e la comune partecipazione a tante esposizioni (Toronto nel 2004, cui…
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Cettina Bucca a/i 20-21,“Fiabe”: narrate dagli abiti, narratrici di emozioni
"Io credo questo: le fiabe sono vere.
Ora il viaggio tra le fiabe è finito, il libro è fatto, scrivo questa prefazione e ne son fuori: riuscirò a rimettere i piedi sulla terra? Per due anni ho vissuto in mezzo ai boschi e palazzi incantati […] E per questi due anni a poco a poco il mondo intorno a me veniva atteggiandosi a quel clima, a quella logica, ogni fatto si prestava a essere interpretato e risolto in termini di metamorfosi e incantesimo […] Ogni poco mi pareva che dalla scatola magica che avevo aperto, la perduta logica che governa il mondo delle fiabe si fosse scatenata, ritornando a dominare sulla terra. Ora che il libro è finito, posso dire che questa non è stata un'allucinazione, una sorta di malattia professionale. È stata piuttosto una conferma di qualcosa che già sapevo in partenza, quel qualcosa cui prima accennavo, quell'unica convinzione mia che mi spingeva al viaggio tra le fiabe; ed è che io credo questo: le fiabe sono vere. Le fiabe sono nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna, soprattutto per la parte della vita che appunto è il farsi di un destino”.
Così testimoniava la scrittura gentile di Italo Calvino ad introduzione di quella sua sorprendente avventura letteraria che compì con “Fiabe Italiane”, la raccolta pubblicata nel 1956: e questa lunga introduzione non è affatto una mera citazione intellettuale. Bensì una benevola dimostrazione felice di come quella certezza meravigliata che di Calvino sigillava il termine del viaggio interiore, oggi sia il punto d’avvio meraviglioso di un viaggio esteriore che prosegue in modo simile ma squisitamente personale, e per questo speciale, nelle creazioni che Cettina Bucca ha raccolto per l’a/i 2020-21: e ha intitolato “Fiabe”.
“Siamo partiti dalle fiabe e dalla loro grande importanza dal punto di vista esoterico, spirituale e simbolico: leggendo tra le righe si trovano in esse soluzioni alternative per il proprio percorso di vita”. Così narra, infatti, la voce gentile di Cettina Bucca ad introduzione della collezione: per chi ha già avuto la gioia di imbattersi in lei e nel suo itinerario biografico caleidoscopico, che da biologa l’ha riallacciata al sogno realizzato di stilista di couture emozionale in cui ogni capo nasce come via d’espressione sincera e sartoriale per la femminilità, ecco non c’è stupore che la cura profonda che Cettina ripone in ogni scelta d’ispirazione, in ogni gesto di creazione e in ogni selezione di materiale e decorazione sia approdata al valore prezioso e senza tempo che le fiabe ci riservano, sempre.
Bensì c’è la fiducia confermata nella generosità entusiasta di Cettina e nella sua conoscenza stratificata dell’animo umano, grazie anche all’antroposofia che ha saldato in lei la dote d’interprete saggia e delicata di desideri e necessità che nascosti dentro l’animo giungono fuori a vestire il corpo. Or dunque, Cettina Bucca, come Italo Calvino, è giunta alla certezza che sì, le fiabe sono vere: sono l’occasione pregiata per scoprire la nostra identità, decifrare gli indizi che i mondi di fantasia ci offrono per superare le prove che il mondo reale ci presenta, e così per abbracciare il nostro destino con consapevolezza. E bellezza: sempre.
La collezione “Fiabe”, dunque, offre la possibilità di vestirci di questa stessa certezza e di gustarne i benefici dalla pelle alle emozioni: iniziando dal sollazzo delle illustrazioni, nate da disegni e pitture originali perché ideati nel mondo di Cettina Bucca, divenute stampe che ritraggono animali ed oggetti fiabeschi, scarpette cenerentolesche, il grillo parlante e l’oca, specchi magici e piante fatate, e li distribuiscono su abiti morbidi che scendono fin quasi alla caviglia. Il Bianconiglio si tramuta nel pattern protagonista sull’abito chemisier, stesso destino spetta alla volpe ritratta come miniatura giocosa, mentre l’happy ending d’amore del principe che salva la principessa cavalcando il bianco destriero si svolge sul nero velluto elegante.
Sempre loro, i grandi protagonisti delle fiabe e innanzitutto delle nostre vicende interiori, tornano sui pullover realizzati a mano: la principessa, specchio delle emozioni bramose che prendono il sopravvento e conducono nei guai, e lil principe, ovvero l’io che si ricongiunge alle emozioni per salvare l’armonia.
È una storia di armonia anche la scelta della palette: che per la prima volta accoglie il nero a simbolo del buio malefico e il bianco segno di luce benefica, messi a contrasto reciproco e orchestrati col rosso luminoso della gioia di vivere, il verde brillante e il turchese del cielo, il rosa e il violetto genziana che son i gusti tocchi fatati.
Le stoffe continuano a raccontare una storia di naturalezza sostenibile: velluti lisci e a coste, viscose, sete, lane mohair e alpaca, cotoni invernali, insieme alle palette luccicanti come bagliori di magia. Le silhouette continuano a narrare una storia di sincerità verso la ricca complessità della personalità femminile: abiti dagli ampi volumi, dalle strutture consistenti o arricchite di tulle e balze per chi ama sentirsi principessa, capi più asciutti e brevi per chi desidera un’altra fiaba, e per tutte la sveltezza dei pantaloni dritti, e la morbida avvolgenza nei capispalla esatti ma col piccolo vezzo delle tasche staccabili.
Tra le Fiabe narrate nella collezione a/i 20-21 compaiono due nuove, bellissime storie: i foulard in pura seta che raccontano fiabe uniche attraverso stampe originali e ricche di colori brillanti, e le calzature realizzate in armonia bellissima con Sergio Amaranti, anch’esso marchio d’eccellenza e mondo di stile generoso verso la femminilità. Una sinergia da cui han preso vita stivaletti e décolleté dal tacco ricurvo, slip on e ballerine, in pelle e nello stesso velluto stampato degli abiti, con lo stesso stupore fantastico dei particolari unici e mai uguali.
Se il viaggio di Calvino nelle fiabe era terminato con la compiutezza del libro, il nostro grazie alle Fiabe di Cettina Bucca è appena iniziato: buon viaggio fiabesco a tutte!
Silvia Scorcella
{ pubblicato su Webelieveinstyle }
#Cettina Bucca#Sicilia#storiedaindossare#couture emozionale#modaindipendente#Italo Calvino#fiabe#modaecultura#modasostenibile#artigianatoresponsabile#nuovoMadeinItaly#fashion writing#webelieveinstyle
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In occasione della Giornata Mondiale degli Alberi, Villa del Grumello celebra il proprio patrimonio naturalistico, 19 novembre 2023
Al Grumello si celebra la Giornata Mondiale degli Alberi: disegni/pitture botaniche, passeggiate alla scoperta del patrimonio naturalistico del Parco, letture, note itineranti e narrazioni teatralizzate per i più piccoli Per l’occasione saranno inaugurate le targhe di riconoscimento degli alberi monumentali del Parco storico del Grumello donate da Regione Lombardia domenica 19 novembre 2023 Via…
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Mirò ancora protagonista della nuova mostra al Mastio della Cittadella di Torino
Dopo ben due mostre in Piemonte, più precisamente nella provincia di Cuneo, tra la fine del 2022 e i primi giorni di quest'anno, Mirò è ancora protagonista della nuova mostra al Mastio della Cittadella di Torino, in programma dal 28 ottobre 2023 al 14 gennaio 2024. In esposizione, nelle sale del Mastio, ci sono circa 100 opere, tra dipinti, tempere, acquerelli, disegni, sculture e ceramiche provenienti da musei francesi e collezioni private. Completano l'esposizione "Omaggio a Mirò" una serie di opere grafiche, libri, documenti e una sezione multimediale. La Fondazione Miró, creata dallo stesso artista in vita, cataloga circa 10.000 opere. Il curatore della mostra su Joan Miró a Torino sarà Achille Bonito Oliva, uno dei critici d'arte italiani e internazionali più stimati, con la collaborazione di Maïthé Vallès-Bled, già direttrice di musei francesi, e Vincenzo Sanfo, esperto d'arte e organizzatore di grandi mostre internazionali. La sede è assolutamente prestigiosa ed è una delle chicche poco conosciute e frequentate della città. In questo periodo triste di guerre, entrare in un museo di Artiglieria lascia molte emozioni supplementari. È stato possibile visitarne solo una piccola parte poiché le aree espositive principali sono in fase di ristrutturazione ma saranno presto riaperte al pubblico. La mostra cade non a caso nel 130° anniversario della nascita e nel 40° della morte dell'artista. Il nucleo di opere che troverà casa nel capoluogo piemontese quest'autunno e inverno copre un periodo di sei decenni della carriera dell'artista catalano, esponente della corrente surrealista: dal 1924 al 1981, con un focus particolare sulla trasformazione dei linguaggi pittorici che Miró iniziò a sviluppare nella prima metà degli anni '20, documentando così le sue metamorfosi artistiche. Miró ha attraversato i più importanti movimenti artistici del Novecento, dedicando il suo impegno a una continua sperimentazione. Sebbene fosse amico dei famosi connazionali Picasso e Dalì, si distinse da loro per una vita meno esposta al gossip dei rotocalchi dell'epoca. La costante sperimentazione lo portò poi a lavorare con la ceramica e le maioliche, e persino il bronzo, ottenuto fondendo materiali di scarto, unendo così la più nobile tradizione con una forma di economia circolare ante litteram. Siamo negli anni '60. Con la ceramica, diede vita a opere monumentali, tra cui i celeberrimi murales del sole e della luna per la sede Unesco di Parigi (1954/56). Spirito libero, Joan Miró i Ferraz (il suo nome completo), si distaccò ben presto dalla corrente surrealista, giudicandola schematica anche tecnicamente. Dopo questa sua prima stagione parigina (1924/29), trasse ispirazione dalle pitture rupestri, dalla cultura africana e persino da aspetti particolari del cattolicesimo catalano. Importante fu anche il suo rapporto con la musica e le culture orientali. Un'altra fonte di ispirazione furono due artisti del nord Europa, lontani quattro soli fra loro: Bosch e Munch. Durante un primo viaggio negli Stati Uniti, nel primo dopoguerra, incontrò Pollock, da cui trasse nuove ispirazioni che mise in atto negli ultimi anni di vita, ad esempio bruciando e lacerando le tele prima di dipingerle. Da segnalare è anche un grande arazzo realizzato dalla celebre arazziere Scassa di Asti, unica al mondo a ricreare le opere commissionate filo su filo con una ricerca dei colori originali tendente alla perfezione. Il suo tratto distintivo rimane la semplicità formale, tendente alla creazione di un linguaggio universale e comune. Il periodo più cupo, con una certa involuzione stilistica, fu quello della fine degli anni Trenta, quando la Spagna, che si era salvata dal conflitto del '14-'18, fu coinvolta in una sanguinosa guerra civile. Il percorso espositivo, suddiviso in sette aree tematiche (Ceramiche, Poesia, Litografie, Pittura, Derrière le Miroir, Manifesti, Musica), è accompagnato da una importante sezione fotografica e da alcuni video inediti che raccontano il privato e il pubblico del grande maestro del surrealismo europeo. Alcuni degli scatti sono stati realizzati da alcuni tra i più importanti fotografi, tra cui Man Ray. Inoltre, viene proposta un'installazione multimediale per offrire una suggestiva esperienza immersiva nei colori e nell'opera di Joan Miró. Molto apprezzabile è stata la presentazione di uno dei curatori, Valerio Sanfo, che ha illustrato le opere senza pedanteria, evitando gli stucchevoli convenevoli reciproci tra vari personaggi più o meno autorevoli sul palco. Informazioni: Dal 28 Ottobre 2023 al 14 Gennaio 2024 Orario: 09:30 - 19:30 Dal lunedì al venerdì, dalle ore 9:30 alle ore 19:30; Sabato, domenica, festivi, dalle 9:30 alle 20:30. Giorni Speciali: 1 novembre, 8 dicembre, 26 dicembre, 6 gennaio 2024, dalle 9:30 alle 20:30; 25 dicembre e 1 gennaio, dalle 15:00 alle 20:30. Organizzazione: www.navigaresrl.com Email per prenotazioni: [email protected] Telefono: 351.8403634 Mastio della Cittadella Corso Galileo Ferraris, 0 - Torino Prezzo: Biglietto intero a partire da 14,50 €, biglietto ridotto a partire da 11,50 €. Il biglietto ridotto è valido. Articolo di ERRECI Read the full article
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GLI SCAVI
XVI secolo: nel 1506, scavando una vigna del colle Oppio, si rinvenne il gruppo del Laocoonte, che era posta con le statue bronzee dei Galati vinti, più tardi trasferite nel Tempio della Pace di Vespasiano, ad ornamento della domus di Tito. Tali statue sono un saggio delle bellezze che Nerone pose nella Domus Aurea.
1550, 6 gennaio. R. IV. IN TELLVRE Tommaso Cosciari loca a Lucrezio Corvini parte delle rovine della Domus aurea, nel sito dell'Orto delle Mendicanti.
XVIII secolo: Pietro Sante Bartoli liberò dalla terra alcune stanze della Domus e pubblicò una serie di disegni tratti dalle decorazioni pittoriche. Verso la metà del '700 papa Clemente XIII ordinò i primi scavi regolari nella Domus Aurea. Nel 1774 l’antiquario romano Mirri fece sgombrare dalla terra sedici stanze, pubblicando un album di sessanta incisioni sui disegni delle decorazioni.
XIX secolo: nela prima metà dell'800 vennero effettuati gli scavi dall’architetto Antonio De Romanis, che liberò dalla terra una cinquantina di stanze, pubblicando una planimetria e una relazione.
XX secolo: Antonio Munoz, direttore della Regia Soprintendenza ai Monumenti del Lazio e Abruzzi fa realizzare negli anni 30 il Parco del Colle Oppio, in cui i ruderi delle Terme di Traiano vengono ambientati nei giardini, trascurando completamente le strutture sottostanti.
Gli scavi nella Domus Aurea ripresero nel 1939, sotto la direzione della Soprintendenza ai Monumenti del Lazio, e successivamente negli anni 1954-1957. Nel 1969 la Soprintendenza Archeologica di Roma esplorò il piano superiore e impermeabilizzò le volte.
Agli inizi degli anni Ottanta, la Domus Aurea venne chiusa al pubblico per la sicurezza delle strutture murarie, il degrado delle pitture e degli stucchi, e i pericoli delle acque piovane. Il grandioso complesso viene riaperto completamente al pubblico, ma nel 2001 crolla una parte del soffitto a causa delle forti piogge.
La riapertura di una parte del complesso, chiuso subito dopo il crollo, era prevista per il gennaio 2007, ma il monumento restava a rischio, per il traffico, le radici degli alberi del giardino sovrastante e un campo di calcio che impedisce lo scavo. Terminati i lavori finalmente oggi la Domus Aurea è di nuovo visitabile.
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Outsider.
Oggi ricevo una foto e un audio dall'ambrogino, nella foto due ex colleghi come lui, l'analista e un tizio che nonostante le direttive dall'alto di aiutarci a vicenda, soprattutto i più esperti verso i meno, lui non mi ha mai cagato, certo gli ho chiesto aiuto 2 volte e non sono stupido a chiedertelo ancora se non mi caghi, solito spocchioso piedistallista, passo avanti. Mi dispiace per il ragazzo che ha dovuto abdicare e sta tornando a coda tra le gambe in Italia, ma personalmente se ero solo, single o come vi pare, in primis non sarei mai venuto qua, ma visti i tempi uno si accontenta di quello che trova e chiusa sta porta avrei preso bagagli e burattini e ciao, la vita è così. Gli ho fatto notare che anche io nonostante le mie mille esperienze in campi diversi non mi cagano, esempio so cucinare (non sono un cuoco professionista) ma se mi dai una ricetta la faccio, e tra un ragazzetto alle prime armi e un cuoco italiano di 50 anni, senza nessuno problema fisico e di dipendenze, l'imprenditore chi dovrebbe per logica scegliere? Ecco, non entro nel merito del 'tuo' ristorante, è tuo e assumi chi vuoi, ma molti posti ogni mese mettono l'annuncio e io mando il CV e sistematicamente non ricevo risposta, cos'è la maleducazione. Fatto sta che lui è d'accordo con me, ma non ci caviamo niente caro mio siamo due outsider in un paese che "prima gli estoni" e che schifa chi non porta soldi, vorrei vedere se gli estoni che vanno a lavorare all'estero, che sono tanti, subiscono lo stesso trattamento che ricevono gli stranieri qua, penso proprio di no.
Passando ad un altro discorso, in questi giorni mi sto documentando sugli outsider dell'arte visuale, persone che in condizioni non ottimali e senza nessun tipo di studio artistico creano opere d'arte per pulsione con l'intento unico di sfogarsi, infatti molti di questi che risalgono agli inizi del secolo scorso erano internati nei manicomi o in prigione o erano emarginati dalla società. A queste persone sono state riconosciute le loro opere, alcuni hanno creato un numero spropositato di manufatti più degli artisti famosi, personalmente alcune opere le trovo non tanto belle, mentre alcune sono fantastiche e se si pensa che le pitture rupestri dei primitivi hanno, non solo un valore storico, ma anche un valore artistico nonostante all'epoca non esistevano le accademie d'arte. Questo dimostra quanto l'arte, non importa se bella o meno quello è soggettivo, nasce comunque anche senza l'apporto dei soldi, che sembra sia l'unico scopo che hanno gli artisti adesso, infatti se io vedo uno che parla di arte e di soldi non lo vedo affatto come un artista ma come un imprenditore di se, che magari sa fare del buon marketing o ha una cerchia così ampia di consenso tra follower e amici che lo pompano che diventa immancabilmente conosciuto, fino a quando non cade.
Una prerogativa degli outsider artist è che non gli frega di esporre i propri lavori, lo fanno per loro stessi, infatti molti sono stati scoperti dopo la morte quando qualcuno andava a ripulire la casa trovava tonnellate di disegni e manufatti, parliamo avvolte di numeri grossi, ma posterò un video che mi è piaciuto molto. Tempo fa nella ricerca musicale vidi alcuni video di musicisti outsider, persone che nonostante il loro talento non sono riusciti nella loro vita a lavorare con la musica, ma continuano a suonare, e li mi sono chiesto se anche io sono un outsider, forse si, forse no. Ma vediamo un pò mischiando i due mondi cosa c'è dietro : per quanto riguarda gli artisti visuali come detto sopra spesso erano pulsioni dettate dallo stato mentale della persona e dal fatto che non lo faceva per nessuno ma solo per se, il musicista invece (ne so qualcosa) è diverso perché ha bisogno del consenso del pubblico, ma non sempre. Preciso che non conosco nessun musicista o artista outsider personalmente, solo io :D, sono ipotesi dettate dall'esperienza e dalle ricerche svolte negli anni. Quindi il musicista outsider crea e poi cerca in qualche modo di suonare i suoi brani davanti ad un pubblico, spesso senza riuscirci, e forse è in quel momento che inizia il declino e la pazzia, vuoi anche un aspetto non proprio consono alla vista del pubblico, in un video c'era un tizio che era visibilmente fatto e in vestaglia non vi dico i capelli e il resto, la casa, la sua fidanzata roba alla Bukowski, nel mondo in cui viviamo dove l'immagine conta più di quello che fai la dice lunga, soprattutto se devi presentarti in un locale davanti ad un pubblico.
In entrambi i casi questo dimostra che l'arte, qualsiasi essa sia, nasce comunque senza l'apporto del denaro, Vincent era un outsider e morì povero e pazzo, adesso i suoi quadri valgono milioni, perché? Perché non ci si accorge subito, o comunque non si analizza il lavoro artistico di una persona quando viene proposto, semplicemente perché magari non ha un titolo di studio? Questo è riduttivo, non per l'artista, ma per l'arte in se. Allora mi verrebbe di chiedere a quei personaggi che dicono "questa non è arte" o "questa non è musica", chi siete voi per giudicare se un opera è artistica o meno? Esperti d'arte formatisi in accademie con i paraocchi ? Tutto il mondo è paese e non sto a fare di tutta una categoria un fascio (parola brutta in sto momento). Allo stesso modo si potrebbe dire dei discografici "il tuo gusto musicale non è quello di milioni di persone", sempre se ne hai uno. Il discorso cade nel periodo storico in cui viviamo su una parola sola, denaro, e chiudo.
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Gabriel Loppé, artista, alpinista e viaggiatore Un artista che amava i viaggi e la montagna che ha rappresentato con pitture, disegni e foto in modo raffinato
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