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silviascorcella · 1 year ago
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Cettina Bucca a/i 20-21,“Fiabe”: narrate dagli abiti, narratrici di emozioni
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"Io credo questo: le fiabe sono vere.
Ora il viaggio tra le fiabe è finito, il libro è fatto, scrivo questa prefazione e ne son fuori: riuscirò a rimettere i piedi sulla terra? Per due anni ho vissuto in mezzo ai boschi e palazzi incantati […] E per questi due anni a poco a poco il mondo intorno a me veniva atteggiandosi a quel clima, a quella logica, ogni fatto si prestava a essere interpretato e risolto in termini di metamorfosi e incantesimo […] Ogni poco mi pareva che dalla scatola magica che avevo aperto, la perduta logica che governa il mondo delle fiabe si fosse scatenata, ritornando a dominare sulla terra. Ora che il libro è finito, posso dire che questa non è stata un'allucinazione, una sorta di malattia professionale. È stata piuttosto una conferma di qualcosa che già sapevo in partenza, quel qualcosa cui prima accennavo, quell'unica convinzione mia che mi spingeva al viaggio tra le fiabe; ed è che io credo questo: le fiabe sono vere. Le fiabe sono nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna, soprattutto per la parte della vita che appunto è il farsi di un destino”.
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Così testimoniava la scrittura gentile di Italo Calvino ad introduzione di quella sua sorprendente avventura letteraria che compì con “Fiabe Italiane”, la raccolta pubblicata nel 1956: e questa lunga introduzione non è affatto una mera citazione intellettuale. Bensì una benevola dimostrazione felice di come quella certezza meravigliata che di Calvino sigillava il termine del viaggio interiore, oggi sia il punto d’avvio meraviglioso di un viaggio esteriore che prosegue in modo simile ma squisitamente personale, e per questo speciale, nelle creazioni che Cettina Bucca ha raccolto per l’a/i 2020-21: e ha intitolato “Fiabe”.
“Siamo partiti dalle fiabe e dalla loro grande importanza dal punto di vista esoterico, spirituale e simbolico: leggendo tra le righe si trovano in esse soluzioni alternative per il proprio percorso di vita”. Così narra, infatti, la voce gentile di Cettina Bucca ad introduzione della collezione: per chi ha già avuto la gioia di imbattersi in lei e nel suo itinerario biografico caleidoscopico, che da biologa l’ha riallacciata al sogno realizzato di stilista di couture emozionale in cui ogni capo nasce come via d’espressione sincera e sartoriale per la femminilità, ecco non c’è stupore che la cura profonda che Cettina ripone in ogni scelta d’ispirazione, in ogni gesto di creazione e in ogni selezione di materiale e decorazione sia approdata al valore prezioso e senza tempo che le fiabe ci riservano, sempre.
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Bensì c’è la fiducia confermata nella generosità entusiasta di Cettina e nella sua conoscenza stratificata dell’animo umano, grazie anche all’antroposofia che ha saldato in lei la dote d’interprete saggia e delicata di desideri e necessità che nascosti dentro l’animo giungono fuori a vestire il corpo. Or dunque, Cettina Bucca, come Italo Calvino, è giunta alla certezza che sì, le fiabe sono vere: sono l’occasione pregiata per scoprire la nostra identità, decifrare gli indizi che i mondi di fantasia ci offrono per superare le prove che il mondo reale ci presenta, e così per abbracciare il nostro destino con consapevolezza. E bellezza: sempre.  
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La collezione “Fiabe”, dunque, offre la possibilità di vestirci di questa stessa certezza e di gustarne i benefici dalla pelle alle emozioni: iniziando dal sollazzo delle illustrazioni, nate da disegni e pitture originali perché ideati nel mondo di Cettina Bucca, divenute stampe che ritraggono animali ed oggetti fiabeschi, scarpette cenerentolesche, il grillo parlante e l’oca, specchi magici e piante fatate, e li distribuiscono su abiti morbidi che scendono fin quasi alla caviglia. Il Bianconiglio si tramuta nel pattern protagonista sull’abito chemisier, stesso destino spetta alla volpe ritratta come miniatura giocosa, mentre l’happy ending d’amore del principe che salva la principessa cavalcando il bianco destriero si svolge sul nero velluto elegante.
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Sempre loro, i grandi protagonisti delle fiabe e innanzitutto delle nostre vicende interiori, tornano sui pullover realizzati a mano: la principessa, specchio delle emozioni bramose che prendono il sopravvento e conducono nei guai, e lil principe, ovvero l’io che si ricongiunge alle emozioni per salvare l’armonia.
È una storia di armonia anche la scelta della palette: che per la prima volta accoglie il nero a simbolo del buio malefico e il bianco segno di luce benefica, messi a contrasto reciproco e orchestrati col rosso luminoso della gioia di vivere, il verde brillante e il turchese del cielo, il rosa e il violetto genziana che son i gusti tocchi fatati.
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Le stoffe continuano a raccontare una storia di naturalezza sostenibile: velluti lisci e a coste, viscose, sete, lane mohair e alpaca, cotoni invernali, insieme alle palette luccicanti come bagliori di magia. Le silhouette continuano a narrare una storia di sincerità verso la ricca complessità della personalità femminile: abiti dagli ampi volumi, dalle strutture consistenti o arricchite di tulle e balze per chi ama sentirsi principessa, capi più asciutti e brevi per chi desidera un’altra fiaba, e per tutte la sveltezza dei pantaloni dritti, e la morbida avvolgenza nei capispalla esatti ma col piccolo vezzo delle tasche staccabili.
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Tra le Fiabe narrate nella collezione a/i 20-21 compaiono due nuove, bellissime storie: i foulard in pura seta che raccontano fiabe uniche attraverso stampe originali e ricche di colori brillanti, e le calzature realizzate in armonia bellissima con Sergio Amaranti, anch’esso marchio d’eccellenza e mondo di stile generoso verso la femminilità. Una sinergia da cui han preso vita stivaletti e décolleté dal tacco ricurvo, slip on e ballerine, in pelle e nello stesso velluto stampato degli abiti, con lo stesso stupore fantastico dei particolari unici e mai uguali.
Se il viaggio di Calvino nelle fiabe era terminato con la compiutezza del libro, il nostro grazie alle Fiabe di Cettina Bucca è appena iniziato: buon viaggio fiabesco a tutte!
Silvia Scorcella
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myvisuallibrary · 5 years ago
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#Repost @moda365oficial ・・・ #criadoresmoda365 - “Nas roupas, dar vida às emoções significa sempre compor e descompor formas, analisá-las e conhece-las, elabora-las e interpreta-las. Acima de tudo, não esqueçam que moda também é sonho.” - Gianfranco Ferré . . Fall/Winter 1993-94 . . #gianfrancoferre #bethvenzon #moda365oficial pesquisademoda #consultoriademoda #modaecultura #historiadamoda #modaearte #modaedesign #designdemoda #designbrasil #brasilfashion #fashioninspirations #fashiondesign #fashiondesigners #designinspiration #fashiontrends https://www.instagram.com/p/B3nPQRJF8cy/?igshid=7k22b23sz4p3
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eventofashion · 7 years ago
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Está chegando! Com direito a convite VIP para Spoiller Night e registros para o Blog Evento Fashion... 😍💋 www.eventofashion.com.br 🎥📷🔖🎥📷🔖🎥📷🔖 #ccxp #comiccon #geek #mundogeek #heroi #casadoheroi #spoiller #spoillernight #movie #casadoheroiloja #cine #filmes #cinema #setimaarte #nonaarte #culturapop #lançamentos #ccxp2017 #netflixbrasil #series #netflix #eventofashion #modaecultura #blogueiraprudentina (em Blog Evento Fashion)
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sereiafeminista · 8 years ago
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Entre os dias 24 e 30 de abril de 2017 será celebrada a Fashion Revolution Week em mais de 90 países. O movimento criado por um conselho global de líderes da indústria da moda sustentável que se uniram depois do desabamento do edifício Rana Plaza em Bangladesh no dia 24 de abril de 2013 que deixou 1.133 mortos e 2.500 feridos. A campanha surgiu com o objetivo de aumentar a conscientização sobre o verdadeiro custo da moda e seu impacto em todas as fases do processo de produção e consumo, mostrando ao mundo que a mudança é possível através da celebração dos envolvidos na criação de um futuro mais sustentável e criar conexões exigindo transparência. Faça parte desta Revolução!!! Pergunte: Quem fez minhas roupas? Para saber mais @fash_rev_brasil ou @fash_rev . . . #quemfezminhasroupas #fashionrevolution #modaconsciente #modasustentavel #fashiondaily #moodoftheday #revolution #consumoconsciente #lookdodia #fashionblogger #fashionlovers #modaecultura #modaearte #moda_mundi
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intermodelo · 8 years ago
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@kkapassi - Boa noite terça-feira!! Amanhã tem mais!!! Em breve comercial @lojastesouradeouro -Look: @karenvellasco #modelife #makeup #hair #tesouradeouro #inlove #look #inverno #style #fashionstyle #modeling #comercial #SP #GO #DF #modaecultura http://ift.tt/2o8HMks
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silviascorcella · 1 year ago
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Renato Balestra, Celeblueation: l’arte della couture in mostra a Firenze
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“Celeblueation”, appare quasi un enigma fonetico, una parola  a suo modo elegante che sprigiona grazia intrigante: ma, se la contempli con l’orecchio ben agganciato al gusto, ne sciogli facilmente l’incastro per scoprire l’indizio prezioso che racchiude lì al centro, nel cuore. Proprio come uno scrigno che svela il suo tesoro.
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Proprio come fosse uno splendente ricamo di suoni applicato a impreziosire il tessuto straordinario che si dipana nell’evento di cui è a titolo: “Celeblueation” è la mostra antologica di Renato Balestra, un viaggio intenso nella sua vita di couturier allo stesso tempo profondamente italiano e brillantemente internazionale. Lì, nel cuore del titolo, c’è infatti il richiamo al celeberrimo “Blu Balestra”: la sfumatura speciale divenuta firma inconfondibile della maison, nonché fil-rouge d’amore spontaneo dello stilista per questa tinta e le sue suggestioni, che in tante forme han costellato le esperienze e le creazioni.
E che, per l’occasione, diviene luce splendente con cui la mostra dipinge i luoghi in cui è ospitata: ora è il turno di Firenze, dove l’iconico Blu Balestra illuminerà la facciata della Fondazione Zeffirelli dal prossimo 8 gennaio, fino al 2 febbraio 2020. La mostra “Celeblueation” è, infatti, un evento itinerante: ha già distribuito la sua bellezza nelle tappe di Domodossola (Museo Civico di Palazzo San Francesco), Monza (Villa Reale), Napoli (Certosa e Museo di San Martino) e Forte dei Marmi (Fortino lorenese), ed ora, in occasione di “Pitti Immagine Uomo 97”, “Celeblueation” è accolta nella suggestiva sede della Fondazione Zeffirelli, più precisamente è immersa nella meraviglia della Sala della Musica, ovvero l’oratorio del complesso monumentale di San Firenze risalente alla seconda metà del Seicento, l’unica architettura completamente barocca di Firenze.
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Un allestimento site specific prova di vera complicità tra moda e arte, un’alchimia che sublima l’esposizione che si compone di circa 300 pezzi tra bozzetti, disegni e abiti: ma che qui si amplia con un’inedita selezione di elementi che raccontano gli esordi di Renato Balestra, quando la sua grande passione per la pittura era ancora parte integrante dell’espressione creativa da cui nasceva la sua moda.
E che si unisce ad un’altra profonda passione, quella dedicata al teatro: in mostra saranno anche i disegni che Renato Balestra ha realizzato per le celebri opere teatrali come “La Cenerentola” di Gioacchino Rossini, “Il Cavaliere della Rosa” di Richard Strauss, “La Turandot” di Giacomo Puccini, arricchita ora dalla sezione con le creazioni dei costumi disegnati per “Il lago dei cigni” messo in scena dal Teatro dell'Opera di Belgrado, una produzione per la quale, per la prima volta, Renato Balestra ha posto la sua talentuosa firma creativa anche sulle scene.
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Moda e teatro, Balestra e Zeffirelli, un’alchimia che è stata anche un’onorevole amicizia tra loro: «Annuncio con grande entusiasmo – dice Renato Balestra - che la mia Celeblueation sarà esposta durante la 97a edizione di “Pitti Uomo” nella prestigiosa Fondazione Zeffirelli, a Firenze. Franco Zeffirelli è stato un grandissimo artista e anche un grande uomo. Ho avuto l'onore di essergli amico e la gioia di aver collaborato ai costumi di scena di Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello. Ricordo quanta passione metteva nel suo lavoro e i suoi risultati così eclatanti. Grazie a “Pitti Uomo” quindi, e alla Fondazione del più grande Maestro del teatro, della cultura, vera gloria italiana; e un grazie particolare a Pippo Zeffirelli che ha creduto e collaborato a questa prestigiosa iniziativa».
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“Celeblueation” è dunque la celebrazione di una vita dedicata all’arte della moda: un percorso nell’unicità raffinata dello stile Renato Balestra che nel tempo ha plasmato l’essenza raffinata del gusto Made in Italy riconosciuto e amato nel mondo, ha abbigliato anche grandi realtà italiane come Alitalia e il Senato della Repubblica, ha vestito di straordinarie opere sartoriali donne altrettanto straordinarie, regine, principesse, first lady, attrici e celebrità, tutte preziose amanti e testimoni dell’esclusiva arte della bellezza e alta sartorialità italiana creata da Renata Balestra. 
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Un omaggio al suo poliedrico talento creativo e all’eclettica personalità artistica che sin dagli esordi lo hanno reso un generoso creatore di bellezza vera, quella allacciata alle emozioni: e di quel lusso che, con la modestia delicata e colta che lo contraddistingue, secondo Renato Balestra nulla ha a che fare con il mero sfarzo, bensì è questione di buon gusto e glamour, di saper indossare il bell’apparire e le buone maniere come in una sinfonia che aspira alla perfezione. Di dar vita al sogno attraverso la moda e vestirne la realtà ogni giorno. Silvia Scorcella
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silviascorcella · 1 year ago
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Judy Zhang p/e 20: femminista femminile con su una storia d’amore
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Lasciate che vi racconti una storia di vita attuale, con dentro incastonata un’antica storia d’amore. Come fossero scatole cinesi: è proprio il caso di dirlo! Che a turno si dischiudono per offrirci in dono una sorpresa. Lasciate che vi racconti la storia di Judy Zhang, della sua vita che tra passato, presente e futuro, si srotola in tre grandi città diverse, da Shenzhen a New York attraverso Milano: ognuna un’avventura professionale vissuta su un continente differente, ognuna una tessera che ha composto il suo mosaico di di giovane fashion designer di successo.
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E poi, lasciate che Judy Zhang vi narri una storia d’amore leggendaria, sfumata col suo guizzo libero dell’estetica contemporanea, raccontata col linguaggio sartoriale di stampe e ricami lungo i capi che compongo la collezione p/e 2020.
Judy è nata in Cina in un delizioso villaggio in Hunan nel 1977: il penchant per le arti e la bellezza, tra danza, canto e disegno, lo dimostra sin dall’infanzia, assieme ad un’energia vitale tale che il villaggio è troppo stretto per agguantarsi delle opportunità di vita e carriera proporzionate.
A diciotto anni si trasferisce a Shenzhen, nella provincia del Guangdong: ed è qui che inizia ad agguantarsi l’indipendenza concreta, giovane donna lavoratrice in carriera per bravura e passione. Non è ancora tempo della moda, ma del forgiare alcuni dei talenti che contribuiranno a renderla abile nella costruzione del suo sogno: prima c’è l’impiego in un’azienda leader dell’elettronica, poi il ruolo d’agente assicurativo in cui brilla tra i primi 10 su 3000 agenti a Shenzhen, poi la decisione di di aprire un negozio di abiti in una delle zone più esclusive, quando lo shopping appassionato le fa intuire il gusto di non fermarsi ad un ottimo guardaroba per sé, ma di ampliarsi ad un progetto tutto suo.
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Judy lavora, sperimenta, impara: si laurea in financial management all’università di Shenzhen, poi vola in Italia per proseguire gli studi in moda, da buyer e in seguito da fashion designer. Forgia il gusto personale, lascia libera la sua natura di femminista consapevole che l’indipendenza della donna nell’impugnare i sogni e farne realtà concrete nonostante le convenzioni sociali sia un dovere innanzitutto per se stessa. Veste questa femminista di uno stile che è squisitamente suo: con abiti che mentre valorizzano la determinazione, sottolineano la femminilità e raccontano storie d’ispirazione ideale per la contemporaneità. Il brand che porta il suo nome prende vita a New York, e forma sartoriale eccellente nella sua Cina: oggi oltre centocinquanta persone compongono le squadre di progettazione, produzione e vendita che la affiancano nel creare capi altamente curati nella qualità e nei dettagli. E nella narrazione di storie che portano con sé.
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La collezione p/e 2020 ne custodisce una che risale al tempo sospeso delle leggende cinesi, e arriva dritta al cuore romantico e combattivo: narra l’eterno amore impossibile, eppur vittorioso, di Lady White, lo spirito del Serpente Bianco che, dopo millenni chiusa tra nuvole bianche e montagne a diventare padrona di pratiche magiche e religiose, s’incarna in giovane fanciulla incantevole, scende sul Lago dell’Ovest, dove incontra il bel giovane Xu Xian. La pioggia fu galeotta: col suo pretesto, lei chiese in prestito l’ombrello a lui, che s’affrettò a ripararla.
Da quel momento, l’amore li avvinse, puro e forte tanto da scatenare la furia gelosa del monaco Fahai, che tutto fece pur di dividerli e, dopo aver portato con l’inganno Lady White a rivelare la sua natura di serpente al marito, ci riuscì. Ma solo per un po’, perché lei affrontò ogni peripezia: l’abbandono e la gravidanza, la prigionia e la lotta contro il male, fino a riagguantare suo marito e il loro eterno amore.
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Suggestioni di romanticismo e forza che nella collezione diventano scene narrate dalle stampe colorate grafiche dal gusto pop, che  si mescolano agli intrusi scherzosi come gli airpod indossati dal serpente, e che convivono con la sofisticatezza preziosa dei ricami a mano di Suzhou, il più importante fra tutti i tipi di ricamo cinese, fatta in fil di seta.
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Le plissettature scenografiche rievocano le pieghe dell’ombrello che contribuì al magico incontro, mentre la pelle di serpente e le onde del lago rivivono e scintillano su tute, blazer e pantaloni di strass. Le silhouette sono scolpite nei punti dove la femminilità gioca a concentrare il fascino, l’appeal rock interviene a ricordare che le regole sociali inutili possono essere frantumate a vantaggio delle nostre passioni, ma le regole eccellenti dell’alta sartoria cinese no, quelle restano e caratterizzano ogni capo di Judy Zhang. Silvia Scorcella
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silviascorcella · 1 year ago
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Loredana Roccasalva: gli abiti sono occasioni sartoriali d’incontro
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“Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso: ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto”: il grande poeta inglese John Donne perdonerà l’azzardo del prestito di queste sue parole che scrisse una buona manciata di secoli fa, ma mai affermazione fu più adeguata per accompagnarci a conoscere il pregio generoso dell’intenzione che s’intreccia alla materia eccellente della nuova collezione di Loredana Roccasalva per la prossima stagione Autunno-Inverno 2019-20!
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Affinità elettive non solo poetiche, ma innanzitutto biografiche: per Loredana Roccasalva, fondatrice e cuore stilistico del brand con cui condivide il nome di battesimo, l’isola in questione non è solo un’immagine metaforica, ma è anche quella che accoglie le radici della sua identità, di donna e di stilista, ovvero la terra siciliana, modicana per l’esattezza.
Ma anche se le radici sono infilate letteralmente sull’isola, le fronde della creatività di Loredana crescono, si espandono determinate e curiose a osservare cosa accade oltre l’orizzonte conosciuto della tradizione locale: l’arte stilosa che nutre l’anima talentuosa e le mani sagge di Loredana Roccasalva, infatti, da sempre posa il suo sguardo sul continente vasto della società, delle persone variegate che la abitano, dei loro guardaroba che necessitano meno vestiti standardizzati e più abiti allacciati all’animo oltre che al corpo che li indossa.
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E la collezione Autunno-Inverno 2018-19 è una celebrazione rinnovata a questa dedizione sociale attraverso l’arte sartoriale! Le creazioni della collezione sono infatti una declinazione felicemente personale dell’arte relazionale: come fossero degli itinerari sensoriali, i capi sono pensati per vestire, certo, ma anche per essere un invito a superare l’isolamento e a riscoprire la meraviglia spontanea dell’incontro. Come? 
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Osservateli bene: gustate pure la piacevolezza ricca della manifattura eccellente, che della sartorialità artigianale di Loredana Roccasalva è la cifra distintiva. Ed ora lasciate che alla contemplazione dell’esattezza si aggiunga il gusto curioso della scoperta imprevista dell’imperfezione: li vedete quei fili che sembrano lasciati lì per distrazione sugli orli delle gonne e sui perimetri degli abiti? Non sono errori, bensì sono le strade sulle quali incamminarsi per andare alla scoperta dell’altro, pretesti sartoriali per innescare il dialogo, geografie sul tessuto che tracciano la via dell’incontro.
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Gli abiti della collezione Autunno-Inverno 2019-20 di Loredana Roccasalva, infatti, chiedono di essere avvicinati: invitano con garbo e familiarità ad essere esplorati su quegli orli vivi e vitali, a soffermarsi per far giocare i fili tra le dita che pendono dalle lane lavorate a telaio, per coccolare tra le mani le protuberanze soffici del macro-cardigan, a tirar fuori la gentilezza sorridente e attenta anziché la sveltezza superficiale della fretta, per chiedere a voce curiosa come mai sono stati lasciati liberi di fluttuare nell’aria sul confine di un abito di qualità palesemente sartoriale.
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O come ci sono finiti tutti quei pannelli di tessuti diversi a formare un cappotto che sia lui che lei può indossare? Il regalo che quest’invito a varcare il confine dell’isolamento frettoloso riserva a chi lo, accoglie indossando gli abiti o incontrandoli, è di certo assai sorprendente: la rivelazione dell’incontro spontaneo.  L’incrocio possibile di storie di vita: è la scoperta che la bellezza si accoccola nell’imperfezione, smussa gli spigoli respingenti dell’esattezza eccessiva e apre lo spazio per la conoscenza reciproca.
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Per concludere, potremmo chiedere un ulteriore prestito poetico e allacciare letteralmente il filo con un’artista che ha abitato l’ispirazione di Loredana Roccasalva per questa collezione, ovvero Maria Lai. In occasione del suo intervento ambientale “Legarsi alla montagna” (Ulassai, 1981), sovvenendo alla richiesta di un monumento da parte del sindaco, l’artista parte da una leggenda locale e unisce, insieme ai suoi concittadini, una con l’altra tutte le case, e allaccia le case alla montagna franosa che incombe, con 26 chilometri di nastro azzurro: «Lasciai a ciascuno la scelta di come legarsi al proprio vicino.
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E così dove non c’era amicizia il nastro passava teso e dritto, dove l’amicizia c’era invece si faceva un nodo simbolico. Dove c’era l’amore veniva fatto un fiocco.» Complimenti dunque a Loredana Roccasalva, e al suo invito sartoriale ad allacciare fiocchi spontanei laddove il perimetro dell’isolamento sarebbe attraversato da un filo dritto e solitario.
Silvia Scorcella
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silviascorcella · 1 year ago
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ITALIANA: la mostra che narra la storia e il mito del Made in Italy
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Un viaggio nella moda italiana profondo, critico, appassionato, attento, complesso, difficile e a tratti struggente, ma anche affamato di scoperte da rinnovare e sorprendente, potente rivelatore di punti di vista innanzitutto necessari: necessari a chi? A tutti noi: agli italiani che sono parte integrante di quel patrimonio unico al mondo che è la moda italiana, nella sua pregiata percezione di Made in Italy, ma non solo.
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Questo viaggio ha la forma di una mostra, che non è soltanto un evento da contemplare all’interno di uno spazio istituzionale, ma è soprattutto un percorso da vivere con l’intelletto pronto a godersi l’esperienza di infilarsi dentro un mosaico intricato, dove ogni tessera è un frammento fondamentale e formidabile dell’unicità della nostra cultura italica rispecchiata e riplasmata dalla moda, tra la principale fetta di passato che le ha dato origine, il presente in cui ancora vive e il futuro in cui è costantemente proiettata. 
La mostra s’intitola “ITALIANA. L’Italia vista dalla moda 1971-2001”: ha aperto le sue porte a Palazzo Reale lo scorso 22 febbraio e le terrà aperte fino al 6 maggio 2018. 
ITALIANA, come accennato, è ben più di una mostra, è un avvenimento di grande importanza per la nostra coscienza e conoscenza, che tra le stanze di Palazzo Reale allestisce per la prima volta il racconto completo di quella grande stagione in cui la moda italiana divenne Made in Italy: un universo-sistema dove la creatività fluisce tra i protagonisti della moda che per la prima volta divengono “stilisti”, in dialogo aperto con i grandi designer e  gli artisti, i fotografi che quella moda l’hanno interpretata e narrata nei loro servizi, le aziende che nella moda hanno creduto fino a far sì che le idee visionarie divenissero prodotti d’eccellenza accessibili a tutti. 
Un progetto così pregiato e ambizioso non poteva che essere responsabilità, iniziativa e frutto del gesto curatoriale appassionato di due personalità fondamentali: Maria Luisa Frisa e Stefano Tonchi. 
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La prima domanda nasce spontanea: perché questa mostra? Nel saggio bellissimo “La Bellezza Utile”, scritto a quattro mani dai due curatori, che accompagna la presentazione, ci sono tutte le risposte: “affrontare questo progetto per noi ha significato rispondere prima di tutto all’urgenza di riconoscere e definire, anche solo parzialmente, la moda italiana nei trent’anni in cui si è imposta internazionalmente; ma soprattutto ha significato compiere la scelta consapevole, e forse simultaneamente incosciente, di osare un’azione fortemente radicata nel presente ma che possa diventare un manifesto per il futuro.
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Perché, se ci siamo dati il compito di individuare dei tratti definitori della moda italiana di quel trentennio, allo stesso tempo abbiamo provato a raccontarla nel modo più articolato e polifonico possibile, in relazione e confronto anche con il design e l’arte, così da poter ripristinare quel territorio comune di dialogo in cui la moda da sempre agisce in risposta alle sollecitazioni più diverse.” Il trentennio in questione parte, appunto, con la scelta del 1971: l’anno dell’apertura, in cui Walter Albini scelse Milano per far sfilare la sua collezione, un gesto che spalancò le porte al prêt-à-porter italiano. Fino al 2001: l’anno simbolico della chiusura, intesa come era di transizione tra due secoli, quando la moda italiana si trasforma in fenomeno globale mentre il sistema internazionale è messo in crisi dall’attentato dell’11 settembre.
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La seconda domanda giunge altrettanto spontanea: come? Il percorso di ITALIANA si articola in nove stanze ribattezzate con titoli che fissano l’attenzione sul tema narrato lì dentro, senza alcuna intenzione agiografica legata ad una linea del tempo, bensì con l’intento di ricostruire il caleidoscopio di voci, visioni, forme, azioni e sistemi che compongono la sinergia di moda e cultura italiana di quei 30 anni, lasciando agire insieme capi d’abbigliamento e creazioni di design, visioni d’artisti e fotografie iconiche: “Identità, Democrazia, In forma di logo, Diorama, Project Room, Bazar, Postpro- duzione, Glocal, L’Italia degli oggetti.”
La terza domanda è un invito spontaneo: “ITALIANA. L’Italia vista dalla moda 1971-2001” è un’occasione unica per celebrare il mito del nostro Made in Italy conoscendolo nella sua natura profonda, bellissima e corale. Viaggiamoci dentro tutti! 
Silvia Scorcella
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silviascorcella · 1 year ago
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“Ricerche di stile”: la mostra degli Archivi Mazzini sui percorsi della creatività 
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Ogni volta che la moda va in mostra è un’occasione preziosa: è come se si aprissero delle finestre nuove su valori e concetti fino a quel momento rimasti silenti, ma che invece è cosa buona e giustissima conoscere, per riallacciare i fili di una narrazione più ampia che spesso ha a che fare con la società che cambia, il gusto che evolve, i guizzi d’ingegno che sorgono. Ci sono occasioni in cui la moda va in mostra proprio per tessere racconti che diventano un richiamo ancor più forte ad andare oltre la superficie estetica, un invito a prendere parte alla rivelazione di un percorso solitamente nascosto agli occhi di chi non è parte integrante del mestiere. 
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È proprio questa la dichiarazione d’intenti sottesa a “Ricerche di stile”: la mostra che ha come protagonisti i famosi Archivi Mazzini ed il settecentesco Palazzo Tozzoni. 
Fissiamo subito le informazioni basilari. Quando? Dallo scorso primo dicembre al prossimo 28 febbraio. Dove? Nel cuore di Imola. Grazie a chi? Grazie alla Fondazione Cassa di Risparmio di Imola in collaborazione con i Musei Civici di Imola – Assessorato alla cultura… e naturalmente alla passione instancabile degli Archivi di Ricerca Mazzini di Massa Lombarda. Perché? Eh, è da questa domanda che la suddetta dichiarazione d’intenti spalanca le porte di vari mondi ricchi di cultura, suggestione… e bellezza, ça va sans dire! La mostra, per l’appunto, non basta definirla una sorta di sfilata da contemplare, non è sufficiente pensarla come una grande lezione sulla storia del costume. 
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La mostra “Ricerche di Stile” va ben oltre i confini disciplinari: li intreccia, li confronta, li fonde, e ne crea un racconto delle infinite visioni e suggestioni di cui da sempre si nutre la creatività, in particolare quella che da forma al mondo della moda. Un aspetto, questo, di cui gli Archivi di Ricerca Mazzini sono testimoni d’onore da lungo tempo: gli oltre 400.000 capi, che coprono un arco di ottant’anni di storia di moda e costume, e che abitano i loro spazi, accolgono creativi, designer, stilisti, i quali lì vanno a nutrire l’ispirazione e lo studio meticoloso dei dettagli da cui formeranno le proprie creazioni. Di questo vastissimo patrimonio, Carla Marangoni e Attilio Mazzini hanno selezionato 150 abiti, che son stati messi in dialogo virtuoso e bellissimo con le stanze ricche d’arte e di storia del Palazzo Tozzoni. 
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Un vero percorso della creatività che si svela passo passo: la mostra mette in luce il fascino che le creazioni d’artista, è davvero il caso di dirlo, appartenenti a svariati decenni fa, ancora regalano a chi sa goderne, assieme agli spunti di ricerca che ancora offrono, all’abilità che tuttora serbano di saper trasformare un iconico capo storico in un oggetto del desiderio contemporaneo.
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Facendone un tour ideale, ecco quel che s’incontra lungo il cammino: Miyake, Fortuny e Jil Sander aprono la mostra nell’elegante salone d’onore, i sontuosi abiti di Romeo Gigli allacciano l’ispirazione etnica ai decori dorati dell’appartamento barocchetto, le sculture couture di Maurizio Galante coabitano con i mobili dai grandi volumi dell’appartamento impero, la leggerezza dei vestiti da ballo di Yohji Yamamoto e Jean Paul Gaultier danzano nella sala della musica, i corpetti opera di vari stilisti sedotti dalla biancheria intima sono esposti tra gli oggetti per l’igiene personale degli antichi abitanti. E ancora, la loggia luminosa accoglie la moda floreale tra cui il costume da bagno anni Quaranta di Elsa Schiaparelli, nella cucina si trovano le creazioni geniali di Issey Miyake, mentre nelle cantine inebriate dal profumo di vino si trovano i capi Stone Island ispirati alle divise da lavoro. 
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E la meraviglia continua a perdersi felice tra gli ambienti del palazzo percorsi dagli abiti di Valentino, Callaghan, Marni, Roberto Capucci, John Galliano, Gianni Versace, Prada, Vivien Westwood, Martin Margiela, Monica Bolzoni, Junya Watanabe, Comme des Garcons e delle sorelle Fontana. Fino a giungere nella sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Imola, al Centro Gianni Isola, che ospita gli abiti dell’Archivio Mazzini selezionati per la copertina dell’ultimo disco di Mina e Celentano “Le migliori”, dove spiccano l’abito di carta anni ’60 di Harry Gordon con stampata la poesia di Allen Ginsberg e due giacche di Yohji Yamamoto ispirate da dipinti di Joan Mirò.
Silvia Scorcella
{ pubblicato su Webelieveinstyle }
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silviascorcella · 1 year ago
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Teresa Teja Sartoria: dentro c’è un mondo di storie e di stile
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Lasciate che vi racconti una storia bellissima… No, il soggetto dell’appello non sono io, la sottoscritta che presta qui la penna, bensì la donna che è racchiusa nel nome col quale il marchio è stato battezzato. E con lei, come fosse un racconto corale, lasciate che a raccontarvi la storia sia il fondatore di questo che a chiamarlo ‘brand’ sarebbe assai riduttivo, perché bisogna davvero sconfinare oltre i limiti delle etichette per guadagnare tutto lo spazio d’intelletto e di gusto, di abilità ad operare secondo l’eccellenza manuale, e di passione profonda per lo stile squisitamente cucito indosso alla personalità, che dà forma e sostanza a questa realtà sartoriale.
Lasciate dunque che vi raccontino una storia, che a suo modo è anche una storia d’amore: sospesa al di là delle epoche storiche, delle generazioni culturali e dei capricci volubili e rapidi delle tendenze. 
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Questa, dunque è la storia di Teresa Teja Contessa Leopardi che, con la sua vita intensa, intrisa d’intelligenza cosmopolita e di gusto liberamente sofisticato, ha agguantato la curiosità altrettanto brillante e liberamente appassionata alla moda di Sirio Burini: colui che in lei ha trovato non solo un modello elegante d’ispirazione, ma anche la materia prima narrativa da tradurre in abiti e accessori davvero unici che compongono le collezioni di Teresa Teja Sartoria.
E se già vi steste chiedendo a quale stagione appartenga la collezione ritratta nelle immagini a corollario di questo racconto, il consiglio è di silenziare quell’abitudine a ricercare la norma della scansione stagionale, che in questa realtà non sussiste: perché ogni capo è un piccolo capolavoro di sartoria in grado di attraversare intatto il tempo, e di dialogare con scioltezza con i trend estetici del contemporaneo. 
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Or dunque, che mondo è quello di Teresa Teja Sartoria? Lo racconta la voce di Sirio Burini: “Teresa Teja Sartoria nasce nel 2014 quando per caso conosco l’esistenza di Teresa Teja: che è vissuta nella seconda metà dell’Ottocento a Recanati. Lei è piemontese, istitutrice di una famiglia nobile e facoltosissima che va a Recanati per passare le vacanze: qui Teresa conosce Carlo Leopardi, fratello del grande Giacomo, s’innamorano, si sposano e lei diventa naturalmente Teresa Teja Contessa Leopardi. Carlo, come regalo di nozze le fa costruire una villa: questa villa oggi ancora esiste, è stata maltrattata dal tempo e dai proprietari che si sono succeduti, ma il fascino è rimasto.
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E io ho avuto la fortuna nel 2014 di abitarla, dove mi sono innamorato: ho letto scritti che parlavano di lei e cose che lei stessa scrisse in quanto donna cosmopolita, venuta dal Piemonte e vissuta in casa Savoia, dove la madre era dama di compagnia della Regina. Intanto, Paolina, la sorella Leopardi, “s’innamora” anche lei di Teresa e la rende tenutaria di tutto quello che era rimasto in casa Leopardi degli scritti inediti e dei manoscritti di Giacomo. La famiglia vive ciò come un affronto, perciò nascono delle combutte familiari, di cui Teresa si è sempre disinteressata: preferisce portare avanti la sua storia, dato che non si è mai sentita una ladra, ma semplicemente una che era diventata proprietaria di tutto quello che parlava di Giacomo Leopardi.
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Teresa Teja è un personaggio interessantissimo per me perché assieme alla sua storia e all’intelligenza, aveva un grande gusto. Vestiva come la moda dell’epoca, sempre di nero, portava abiti austeri ma molto preziosi, fatti di broccati e pizzi, indossava perle e cristalli neri: mi ha così affascinato che ho deciso di prendere la sua storia e il suo modo di essere e di farla diventare un punto di riferimento per quel che poi è diventata la mia linea. Oggi i miei capi Teresa Teja raccontano e vogliono essere sempre legati a questo mondo: un Ottocento rivisto, un’aura retró che ispira abiti dal gusto anche anni ’20, a volte di gusto anni ’50, però sempre con delle caratteristiche peculiari, ovvero sobrietà di fondo, tessuti importanti, elementi decorativi che esistono, ci sono, ma non sono sfacciati, non si mettono in evidenza in maniera esaltante.”
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Et voilà, eccolo il mondo sartoriale di Teresa Teja Sartoria: un condensato di dettagli intrecciati al pregio culturale e artigiano della storia, dove i tessuti non provengono dai negozi canonici, bensì dalla ricerca esplorativa in archivi e botteghe d’antiquari che possono svelare come un tendaggio antico possa poi divenire un meraviglioso capospalla moderno; dove i bottoni sono scovati in mercerie dismesse e si rivelano veri tesori testimoni di manifatture di epoche passate. 
Guardate i capi ritratti nelle fotografie splendide (ad opera di Paolo Monina), una serie di abiti in tulle ricamati con saggezza, a volte a punto pieno a volte ad intaglio, a volte operati a mano a volte a macchina, tutti legati dal fil rouge degli anni ’20 e ’30: un momento storico che ispira sì la bellezza fluida, sciolta e intensa delle forme e dei decori, ma che infonde anche la morbidezza intrigante e potente di quando la donna si è liberata da costrizioni stilistiche e sociali. 
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Un racconto dei passi rigorosi di conquista della femminilità di cui ogni abito è un frammento: definito nella qualità eccellente della sartoria rigorosamente italiana, marchigiana ad esser precisi, eloquente nella dichiarazione d’intenti d’arte stilistica sempre rinnovata e riconfermata. Quella, cioè, di voler sempre cogliere e valorizzare la sensibilità d’apparenza e d’animo femminile nella sua costante evoluzione, e di restituirla ad un pubblico di donne senza età: bensì che ha il dono della volontà di possedere ed indossare capi che son come opere d’arte su misura della propria, unica, identità.
Silvia Scorcella
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