#patrimonio immobiliare italiano
Explore tagged Tumblr posts
Text
La Carta d'Identità degli Immobili in Italia: La proposta di Fondazione Inarcassa per una Prevenzione Effettiva
La digitalizzazione del patrimonio edilizio italiano come soluzione per contrastare i rischi idrogeologici e sismici.
La digitalizzazione del patrimonio edilizio italiano come soluzione per contrastare i rischi idrogeologici e sismici. Gli edifici italiani sono sempre più esposti a rischi naturali, con danni per 6 miliardi di euro all’anno tra terremoti e alluvioni. In risposta a questo, la Fondazione Inarcassa ha presentato una proposta innovativa: il Fascicolo del Fabbricato, una sorta di carta d’identità per…
#Andrea De Maio#assicurazioni immobiliari#catasto digitale#censimento immobili#classi energetiche#Dissesto idrogeologico#edifici residenziali.#edilizia italiana#Fascicolo del fabbricato#Fondazione Inarcassa#Galeazzo Bignami#immobili vulnerabili#manutenzione edifici#patrimonio immobiliare italiano#prevenzione rischio sismico#riduzione danni ambientali#rischio idrogeologico#Saie Bologna#sicurezza immobili#terremoti
0 notes
Text
🧮 Patrimonio immobiliare italiano: il report OMI 2023
✅ Pubblicate le Statistiche catastali
👉 Al 31 dicembre 2023 sono oltre 78 milioni le unità immobiliari censite, in crescita rispetto all'anno precedente
0 notes
Text
Condono Edilizio o Semplificazione Burocratica? Analisi del Decreto Salva Casa 2024
Il “Decreto Salva Casa 2024” è una misura introdotta dal governo italiano per sanare piccole irregolarità edilizie presenti nelle abitazioni. Questo provvedimento, promosso da Matteo Salvini, mira a regolarizzare difformità minori che spesso affliggono il patrimonio immobiliare italiano, come verande, soppalchi e modifiche interne non conformi ai progetti originali. Il decreto prevede tre…
View On WordPress
1 note
·
View note
Text
21 mar 2024 17:48
“IL POTERE? TUTTI CREDONO CHE SIA INCARNATO DA CHI COMPARE IN TV E SUI GIORNALI. SBAGLIATO. È INVISIBILE” – DAGO AFFIDA A “OGGI” LA SUA LEZIONE SU CHI COMANDA: “IL POTERE STA NEGLI APPARATI, IN QUELLO CHE VIENE DEFINITO “DEEP STATE”, LO STATO PROFONDO: I POLITICI PASSANO, LORO RESTANO – A ROMA DA SOLO NON CONTI NULLA, CONTI SOLO SE RIMANI UNITO AD ALTRI UGUALI A TE - NELLA CAPITALE SI CONTANO PIÙ DI 30 CIRCOLI: NAUTICI, GOLFISTICI, VENATORI, SCACCHISTICI, TENNISTICI, IPPICI. OH, SAREMO MICA DIVENTATI TUTTI CANOTTIERI? PER ESSERE AMMESSI SERVE L’AFFIDABILITÀ - I PARVENU ENTRANO NELLA STANZA DEI BOTTONI E CREDONO DI POTER FARE TUTTO QUELLO CHE VOGLIONO - NON AVETE IDEA DI CHE COSA MI HANNO FATTO IN 24 ANNI QUELLI CHE COMANDANO: INTIMIDAZIONI, QUERELE, LA GUARDIA DI FINANZA CHE VIENE A SIGILLARMI LA CASA, LA PUBBLICITÀ CHE SPARISCE…”
Stefano Lorenzetto per “OGGI”
Il Mercury, cinema a luci rosse, si trovava a 700 metri dalla basilica di San Pietro, in via Porta di Castello 44. «Proprietario dei muri era il Vaticano. Sul finire degli anni Ottanta, con l’arrivo delle videocassette, andò in crisi. Fu trasformato nel Muccassassina, il locale notturno più trasgressivo della Capitale: frocioni, drag queen, dark room, Cicciolina e la ventenne Vladimir Luxuria a fare da buttadentro», racconta Roberto D’Agostino. Lei che ne sa del patrimonio immobiliare ecclesiastico? «Ma scusi, se poi i preti lì ci hanno messo l’ufficio stampa del Giubileo! E oggi ospita il centro conferenze della Lumsa, la Libera Università Maria Santissima Assunta».
Mai fare domande di cui si conosce già la risposta: il fondatore di Dagospia sa tutto. La Città Eterna per lui non ha segreti, se non altro perché la osserva dal terrazzo di un doppio attico affacciato a 360 gradi su quella che ha sempre chiamato «Roma godona» e ora è diventata Roma Santa e Dannata, titolo (con rispettose iniziali maiuscole) del suo docufilm girato insieme a Marco Giusti, disponibile su RaiPlay. Tant’è che è stato chiamato a parlarne all’Istituto italiano di cultura a Londra, su invito del direttore Francesco Bongarrà, in occasione della mostra Legion life in the Roman army al British Museum, aperta fino al 23 giugno.
Più dannata che santa, si direbbe dal docufilm.
«Mi ha sempre stupito che il buon Dio si sia inventato una città santa mettendoci accanto il diavolo. Una Gerusalemme, il Vaticano, che ha intorno una Babele, Roma. Già nel 1834 per il poeta Giuseppe Gioachino Belli, impiegato pontificio, era “caput mundi” ma anche “la chiavica der monno”».
Capitale e fognatura del globo.
«Non che Milano sia la capitale morale. È che qui non ci siamo mai fatti intortare da filosofie, dogmi, ideologie. Il cattolicesimo è l’unica religione inclusiva: accoglie tutti e tutti assolve. Sa che Bene e Male sono due facce della stessa medaglia e quella medaglia siamo noi. Nessuno può scagliare il primo sampietrino. Negli anni Sessanta conobbi lo sceneggiatore Gore Vidal, snobissimo e antipaticissimo. Gli chiesi: com’è che voi gay venite tutti a Roma, non avete i festini a Hollywood? Mi rispose: “Perché qui si scopa”».
Molto esplicito.
«Al Palatino hanno rinvenuto un’epigrafe in greco che recita: “Ho imparato che a Roma la via diritta è un labirinto”. Nel quartiere San Lorenzo, dove abitavo, vidi Pier Paolo Pasolini nella trattoria Pommidoro che flirtava con un quindicenne: era Ninetto Davoli. Oggi chiamerebbero i carabinieri».
A Roma c’è il potere. Lei è un uomo di potere?
«Iooo? Da solo non conti nulla. Il simbolo di Roma antica è il fascio, un mazzo di verghe con la scure. L’insegna del comando. Abramo Lincoln ci appoggia sopra le mani nel monumento di Washington. Conti solo se rimani unito ad altri uguali a te».
Traduca il concetto.
«La Dc erano dieci partiti legati come un fascio e ha governato per 40 anni. Nella Capitale si contano più di 30 circoli: nautici, golfistici, venatori, scacchistici, tennistici, ippici. Oh, saremo mica diventati tutti canottieri? Per essere ammessi in quei club esclusivi devi esibire un’unica patente: l’affidabilità. Nel 1977, quando mi proposi a Rai 2 per Odeon, il rotocalco televisivo, fui portato al cospetto di un alto dirigente di viale Mazzini, il quale chiese al curatore Brando Giordani: “È affidabile?”. “Sì”, rispose il giornalista. “Bene, allora buon lavoro, arrivederci”, concluse quello. Nient’altro».
Accipicchia, un vero talent scout.
«Più che circoli ristretti, diciamo che sono logge. Devi conoscerne le regole e rispettarle».
E quali sarebbero le regole del potere?
«Mai associarlo al sesso, mai ai soldi, mai al tradimento. Invece i parvenu scesi dal Nord entrano nella stanza dei bottoni e, ubriachi di hybris, credono di poter fare tutto quello che vogliono. Bettino Craxi flirtò con Moana Pozzi. Silvio Berlusconi organizzò i festini a Palazzo Grazioli. Matteo Renzi arrivò a Palazzo Chigi e nominò capo dipartimento degli Affari giuridici e legislativi Antonella Manzione, che era stata comandante dei vigili urbani di Firenze con lui sindaco. Tutt’e tre spazzati via».
La prima volta in cui vide il potere da vicino?
«Fu quando Francesco Cossiga si rivolse a me perché veniva ritenuto un folle e quindi nessun organo di stampa gli pubblicava i comunicati, neppure l’Adnkronos del suo amico Pippo Marra. Una mattina sono nel suo studio di via Quirino Visconti. Da Washington chiamano Kossiga, l’amerikano con la kappa: gli Usa hanno bisogno di far decollare dall’Italia i loro cacciabombardieri per la guerra nel Kosovo.
L’ex presidente telefona al premier Romano Prodi, il quale da buon cristiano gli obietta che lui non uccide e nega il permesso. Allora Cossiga cerca Massimo D’Alema, che pur di prendere il posto di Prodi avrebbe sganciato una bomba atomica. “Vuoi diventare presidente del Consiglio?”, gli chiede. Conclusione: D’Alema è il primo comunista a diventare capo del governo italiano e gli americani possono far partire gli aerei dal Belpaese».
Come mai, nonostante le sue delazioni, la lasciano libero di campare? Il potere è tollerante?
«Scherza? Lei non ha idea di che cosa mi hanno fatto in 24 anni quelli che comandano: intimidazioni, querele, la Guardia di finanza che viene a sigillarmi la casa, la pubblicità che sparisce. Io non ho alle spalle John Elkann o Carlo De Benedetti».
Provi a identificarlo, questo maledetto potere.
«Tutti credono che sia incarnato da chi compare in tv e sui giornali. Sbagliato. Il potere è invisibile. Sta sotto, negli apparati, in quello che viene definito “deep State”, lo Stato profondo: Consulta, Corte dei conti, Ragioneria generale, servizi segreti, funzionari dei ministeri. Si fanno chiamare “servitori dello Stato”, non sono né di destra né di sinistra. I politici passano, loro restano. Rimasero persino dopo la caduta di Benito Mussolini».
Ma lei li tiene tutti sotto tiro. Come ci riesce?
«Faccio e ricevo telefonate. Chi si rivolge a me sa che non tradirò mai la sua fiducia. E uso un algoritmo inglese, Kilkaya. Mi svela che cosa piace ai lettori. Costa meno di un dipendente, 1.500 euro al mese: vede in tempo reale su che cosa cliccano».
Si maligna che il suo potere le derivi da un solido legame con i servizi segreti.
«Assurdo. Una delle sorprese della mia vita fu incontrarli. M’aspettavo qualcosa alla John le Carré o alla Graham Greene, agenti 007 divenuti romanzieri, invece mi venne da ridere. Fu tutt’altra cosa quando conobbi il capo stazione della Cia».
Parla di Robert Gorelick, mandato in Italia dalla Central intelligence agency dal 2003 al 2008?
«Lasciamo perdere. I servizi francesi e inglesi sì che sono fantastici. E quelli vaticani? Superlativi».
Lei sarebbe disponibile a fare la spia per davvero, pur di proteggere il Paese in cui vive?
«Scherza? Mi offende. Il sito si chiama così solo perché ho fuso il nomignolo Dago con Spia, la rubrica che tenevo sull’Espresso. Mi sento un po’ Tacito, un po’ portineria elettronica. Tagliare i panni addosso agli altri è forse l’ultima trincea del libero pensiero, sostenevano Fruttero e Lucentini. Il gossip è una risorsa strategica della politica. Dalla Recherche di Marcel Proust a Monica Lewinsky, passando per il Watergate, è tutto un pettegolezzo».
Il cerimoniale della Repubblica suddivide le cariche in 7 categorie e 121 classi. Dopo il capo dello Stato, vengono cardinali, presidente del Senato, presidente della Camera, presidente del Consiglio dei ministri. Perché un porporato conta più del Parlamento e del governo?
«Non lo sapevo. Molti sottovalutano il potere di Santa Madre Chiesa. Lo scoprii nel 1999, quando mi preparavo a lanciare Dagospia e fui ricevuto in Vaticano da un tizio che costruiva i siti per tutte le diocesi del mondo. Le pare che una struttura così, salda da 2 mila anni, si faccia scalfire dalle chiacchiere dei giornali? Io sono fortunato, ho sempre avuto fede. Un prete pedofilo non mi turba. A Roma abbiamo avuto papa Borgia, si figuri».
Quanto conta Sergio Mattarella?
«Tantissimo. Il potere invisibile coltiva la virtù del silenzio. Infatti l’ho ribattezzato la Mummia sicula, anche se al Colle dispiace. Lei ha mai letto un’intervista con Enrico Cuccia? Se il capo di Mediobanca avesse parlato, sarebbe stata la sua fine».
Papa Francesco rilascia un’intervista al mese.
«Fa i dispetti a Paolo Ruffini e Andrea Tornielli, i capi della comunicazione vaticana. Ma è l’unico al mondo che ha avuto il coraggio di dire che l’Ucraina, senza aiuti, soccomberà nel giro di un mese, quindi non le resta che trattare con la Russia».
Sarà lo Spirito Santo o il potere a scegliere il prossimo pontefice?
«Io spero che venga eletto Matteo Maria Zuppi».
Nel 2010 riteneva che gli italiani più potenti fossero Gianni Agnelli e Maurizio Costanzo. Oggi?
«Siamo indebitati fino al collo. Il potere ce l’ha la nostra creditrice, l’Unione europea. E scopriamo che l’Avvocato è stato il più grande evasore fiscale di questo Paese, ecco che cosa resta del suo mito».
Come mai non prende sul serio Giorgia Meloni?
«Draghi di qua, Draghi di là... All’inizio le avevo dato fiducia: l’ho chiamata la Draghetta. Quelli sopra di lei speravano che diventasse una democristiana, che creasse un vero partito conservatore. Invece è stata colta dalla sindrome di Carlito’s way ,ha presente? Al Pacino esce dal carcere, vuol cambiare vita, ma il passato lo trapassa: arrivano le cambiali da pagare e resta incastrato.
Meloni s’è sentita dire dallo zoccolo duro del Msi: “Ahò, siamo stati per mezzo secolo nelle fogne, ora ci prendiamo ciò che è nostro”. E lei, che non si fida di nessuno, ha trovato nei vecchi sodali della sezione Colle Oppio la sua sicurezza. È diventata la Ducetta. Ha scambiato l’autorevolezza con l’autoritarismo».
«Pipparoli», «smanaccioni», «twittaroli»: maltratta gli internauti con nomignoli urticanti.
«Ma no, è che allungano la mano perché non riescono ad allungare altro. Che cos’è in fin dei conti l’erotismo? Un racconto per chi legge, vedi Le mille e una notte .Eil Decameron del Boccaccio».
Da 1 a 10, quanto potere ha Instagram?
«Dieci».
E TikTok?
«Non lo conosco, lo vedo poco. Tutti i social, da Facebook a X, appartengono alla tragedia dell’essere umano. Siamo d’accordo sul fatto che Aristotele e Platone erano un po’ più acculturati di Matteo Salvini? Ebbene, perché i Greci crearono la filosofia, il teatro, le arti, l’Olimpo, Zeus, Venere, cioè un mondo parallelo?
E noi perché abbiamo inventato il cinema e la tv? Perché quando ci guardiamo allo specchio non ci piace ciò che appare, vediamo l’insoddisfazione più totale. Internet appaga le attese e le pretese dell’uomo. Se lei deve scegliere una sua foto, selezionerà quella in cui ha l’aspetto più seducente. Siamo tutti influencer».
Vanità delle vanità. Gran brutta malattia.
«La disperazione che vedo in giro nasce dal fatto che non esistono più né idee né ideali né ideologie: abbiamo solo noi stessi. Il corpo è il display per mostrare agli altri non ciò che siamo, ma ciò che vorremmo essere. Sparita la realtà, siamo diventati una fiction. Con questa ferraglia che ho addosso io comunico al mondo che avrei voluto essere Keith Richards, il chitarrista dei Rolling Stones. Purtroppo non avevo lo stesso talento».
0 notes
Text
Filiere Federvini, 20 miliardi di euro di valore aggiunto per il Paese
Oltre 2.300 imprese (38.000 considerando anche quelle agricole di trasformazione), 21,5 miliardi di euro di fatturato diretto, 10 miliardi di euro di export: sono alcuni dei valori che emergono dallo Studio di Filiera, per i settori Vini, Spiriti e Aceti, realizzato da Nomisma per Federvini epresentato oggi presso la Camera dei Deputati. Altrettanto rilevanti i valori sotto il profilo occupazionale: a fronte di 81 mila lavoratori direttamente occupati dalle imprese dei tre settori, grazie ad un effetto moltiplicatore pari a 5,8, se ne attivano oltre 460 mila nell’intero sistema economico nazionale che corrispondono a quasi il 2% del numero complessivo di lavoratori in Italia. “Questo studio mette in luce la dimensione straordinaria raggiunta, nel complesso, dalle filiere che rappresentiamo, le quali assumono un rilievo strategico per il sistema economico italiano con un valore aggiunto superiore ai venti miliardi di euro all’anno e un export che movimenta dieci miliardi di euro. Comparti meritevoli della massima considerazione e del più attento supporto istituzionale, costituiti da imprese impegnate ogni giorno nel valorizzareprodotti di qualità, frutto del lavoro e della dedizione di imprese sane e dinamiche” ha commentato Micaela Pallini,Presidente di Federvini. “I produttori di vini, spiriti e aceti esprimono un patrimonio di cultura, di storia, di economia e di lavoro che produce benessere per le comunità locali e che, investendo in innovazione, sostenibilità e ricerca, contribuisce alla crescita del nostro Paese e a far sì che lo stile di vita italiano sia così apprezzato nel mondo.” “Impreseche ancora oggi sono molto esposte a incertezze di natura geopolitica, normativa, commerciale, inflattiva. La difesa di questo patrimonio del Made in Italy, con la sua storia, cultura e reputazione, è una responsabilità tanto degli imprenditori, con le loro organizzazioni di rappresentanza, quanto delle istituzioni” ha concluso Pallini. La fotografia evidenzia il rilievo strategico che le “filiere Federvini” giocano per il Sistema Paese sotto il profilo economico. I tre settori generano difatti sul territorio nazionale un valore aggiunto, inclusivo anche delle componenti indirette e indotte, pari a 20,5 miliardi di euro, corrispondenti a circa l’1,5% del PIL nazionale. Di questi, 4,9 miliardi sono riconducibili all’effetto diretto (attribuibile alle imprese dei comparti attraverso la propria attività di produzione), 9 miliardi sono imputabili all’effetto indiretto (prodotto dai diversi fornitori attivati e dalla domanda generata a loro volta dai fornitori) e 6,6 miliardi all’effetto indotto, ovvero quello generato dall’incremento di reddito percepito da tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nel processo economico. “Grazie alle proprie attività di produzione e agli approvvigionamenti di materie prime e servizi - spesso di provenienza locale - le imprese delle ‘filiere Federvini’ rivestono un ruolo economico di primissimo piano per il nostro Paese, attivando valore in molteplici settori economici, dall’agricoltura alla logistica, passando dal commercio al dettaglio all’Horeca e al settore immobiliare. Ogni euro di valore aggiunto direttamente generato dalle imprese dei settori Vini, Spiriti e Aceti crea ben 4,2 euro nell’intera economia nazionale grazie agli impatti indiretti e indotti su altre filiere del made in Italy” ha dichiarato Emanuele Di Faustino, Responsabile Industria Retail e Servizi di Nomisma. “La continuità del contributo strategico che le ‘filiere Federvini’ forniscono al Sistema Paese è però messa a dura prova dalle sfide legate all’incerto scenario macro-economico e geopolitico internazionale. Basti pensare alla recente crisi del Mar Rosso oppure all’indagine antidumping sui distillati europei da parte della Cina, aspetti che potrebbero incidere in maniera importante anche sull’export italiano, il fiore all’occhiello delle ‘filiere Federvini’.” Il valore strategico delle esportazioni In termini di export, i comparti di vino, spiriti e aceti italianiricoprono un rilievo importantissimo, non solo in merito all’incidenza sulle vendite oltre frontiera del food&beverage (19%) ma soprattutto per il contributo positivo alla bilancia commerciale agroalimentare: 8,4 miliardi di euro di saldo commerciale aggregato netto, l’apporto più alto tra i prodotti italiani del F&B. Il nostro Paese è oggi il primo esportatore mondiale a valore di aceti, con una quota sull’export globale del 37%, nonché di vermut (34%), il secondo di vini fermi imbottigliati (22%) e liquori (14%). Nel complesso, negli ultimi dieci anni l’Italia ha conosciuto una crescita del valore sui mercati esteri di oltre il 76%. Sostenibilità e cura del territorio Oltre il 90% delle imprese dei tre comparti intervistate ha sostenuto negli ultimi tre anni investimenti, oltre che per l’acquisto di beni strumentali, anche a sostegno della sostenibilità ambientale (packaging sostenibili, riduzione dei consumi di acqua, produzione dell’energia rinnovabile) e sociale (attività culturali, selezione dei fornitori locali, iniziative umanitarie), della formazione del personale e della ricerca e sviluppo per nuovi prodotti. “Questo ruolo attivo verso la sostenibilità trova conferma nell’85% della popolazione italiana che ritiene come le imprese di vini, spiriti ed aceti contribuiscano positivamente allo sviluppo economico dei territori nei quali sono insediate oltre che al rafforzamento dell’immagine del Made in Italy all’estero. Una reputazione che, per 7 italiani su 10, deriva anche dal contributo positivo dato dai vigneti nella tutela del paesaggio italiano, nel salvaguardare le aree rurali prevenendo l’erosione dei suoli e nel favorire il turismo” ha sottolineato Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare e Wine Monitor di Nomisma. Il focus sulla produzione di spiriti in Piemonte e Veneto La ricerca condotta da Nomisma ha incluso anche un approfondimento sulla dimensione e la performance delle imprese attive nel settore spiriti in due regioni storicamente vocate alla distillazione quali Piemonte e Veneto. Rilevantissimo il peso del Piemonte, le cui imprese attive nel comparto spiriti garantiscono direttamente oltre un terzo del fatturato nazionale di settore (1,7 miliardi di euro nel 2022) e il 31% della forza lavoro (1.956 occupati). Le aziende venete hanno invece prodotto un fatturato di 450 milioni di euro (il 9% del totale nazionale) occupando 670 persone (l’11% del totale). Read the full article
#45parallelo#blog#bottiroli#cantina#cantine#comunicazione#economia#emanuelebottiroli#fatturato#federvini#filiere#impresa#imprese#indotto#italia#marketing#nomisma#pil#trend#valore#vini#vino#winemonitor
0 notes
Text
Sito di un’agenzia immobiliare un' annuncio che riguarda un casolare nei pressi di Pienza, messaggio da un potenziale cliente austriaco: "Dato che le persone in Italia stanno andando in bancarotta a causa del virus, se siete disponibili ad offrirci una riduzione del prezzo del 55%, verremo a vederlo non appena terminato il pericolo". La risposta del professionista, dopo un iniziale momento di furia e sorpresa, merita di essere riportata integralmente: "La ringrazio per il Suo interesse. Tuttavia non prevediamo la possibilità di offrire una riduzione del prezzo del 55% come da Lei desiderato. Vede il nostro Paese si è sempre rialzato dalle prove peggiori a cui la Storia lo ha sottoposto, ci rialzeremo anche questa volta. Fra le altre cose deteniamo oltre il 70% del patrimonio storico, artistico e culturale globale. Nel Mediterraneo inoltre sono fiorite le maggiori Civiltà dell'antichità. Civiltà che hanno condiviso cultura, progresso e conoscenza. Credo che anche Lei si trovi nella sua abitazione, così avrà sicuramente il tempo di tradurre questa mail, quindi Le scrivo in italiano e la invito a tradurre anche questo antico detto: «Sui cadaveri dei leoni festeggiano i cani. Ma i leoni rimangono leoni e i cani cani " (fonte Corriere della Sera)
122 notes
·
View notes
Link
Donald Trump aveva affidato al genero Jared Kushner la stesura del Century Deal, accordo o affare del secolo, fra Palestinesi e Israeliani. Lo si conoscerà alla fine del mese di Ramadan, ma in questi giorni sono filtrate anticipazioni. Autentiche? O psyops per allarmare prima di rivelazioni ufficiali un pò meno rapaci?
Se tali rivelazioni sono verità, l’Accordo è scritto sotto dettatura della destra israeliana e delle sue ambizioni di creare una Grande Israele, con pochi sostegni economici ai Palestinesi per alleggerire lo strangolamento della loro economia, e la creazione di un’entità “Nuova Palestina” nominalmente indipendente e ufficiosamente sottomessa a Israele.
-In primo piano, la non contrattabilità del testo da parte dei tre firmatari : Israele, l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) e, per Gaza, Hamas e Jihad islamica. Se OLP e Gaza non firmano, gli Stati Uniti smettono di finanziare i progetti a beneficio dei Palestinesi e chiedono ad altri paesi di astenersi. (nota*) . Se OLP firma ma Hamas e Jihad Islamica non lo fanno, viene lanciata una guerra contro Gaza con il pieno sostegno degli Stati Uniti. Se Israele non firma? Gli Stati Uniti “cesserebbero il loro sostegno economico”, il che non è nemmeno immaginabile visto il peso determinante delle organizzazioni filo-israeliane a Washington.
-Firmato l’accordo, due stati alla pari? Israele è uno degli stati più armati al mondo, Nuova Palestina la si vorrebbe addirittura senza esercito.
-Territorio della Nuova Palestina: quel che resta della West Bank (Cisgiordania) e la Striscia di Gaza. In Cisgiordania gli insediamenti israeliani illegali verrebbero annessi a Israele, ciò significa annessione della maggior parte dell’Area C che, scrive Jonathan Cook, a conti fatti lascerebbe allo stato N.P. circa il 12% della Palestina storica. (nota **) Il dodici percento di territorio più povero di risorse – spogliato da Israele di fonti d’acqua, coerenza economica e risorse chiave sfruttabili, come le cave della Cisgiordania. Il collegamento Cisgiordania – Gaza avverrebbe per mezzo di un’autostrada a …. 30 metri dal suolo sopra il territorio israeliano. Nuova Palestina potrà avere un aeroporto, fabbriche, infrastrutture per il settore commerciale e agricolo … su terreni del Sinai … “offerti dall’Egitto” … “entro il termine di 5 anni” …. con espresso divieto ai Palestinesi di risiedervi…
– La capitale: l’Accordo prevede un capolavoro di insostenibilità. Gerusalemme capitale di entrambi gli stati, città indivisa, ma sotto il “controllo generale di Israele” . I residenti palestinesi sarebbero cittadini della Nuova Palestina, ma la municipalità israeliana rimarrebbe responsabile delle questioni relative al territorio; “Nuova Palestina” pagherebbe le tasse al municipio israeliano e in cambio potrebbe occuparsi delle scuole per ragazzi palestinesi. Previsto un blocco immobiliare che impedisca compravendite di abitazioni fra palestinesi e israeliani. I Palestinesi che vivono nella Gerusalemme occupata sono circa 435.000; attualmente detengono documenti di residenza permanenti – che Israele può però revocare se vivono fuori città per un certo periodo di tempo – e non hanno diritti di cittadinanza; per l’accesso ai luoghi sacri anche in futuro dovrebbero dipendere dal controllo israeliano.
Dopo un anno dalla firma, in Nuova Palestina si terrebbero le elezioni e nel corso di 3 anni Israele “inizierebbe gradualmente” a liberare i prigionieri palestinesi in Israele. Questi sono oltre 6.000, sottoposti a condizioni lontane anni luce dal rispetto dei diritti umani, e circa 300 di loro sono minorenni. La Grande Israele, con questo accordo sfuggirebbe alle conseguenze delle violazioni dei diritti umani perpetrati [vedere: KLWCT sentenzia: Israele e Yaron colpevoli ] e al divieto di acquisire territorio attraverso un conflitto.
L’Istituto Science and Politics Foundation (SWP) della Germania conclude così l’articolo sul Century Deal (versione in italiano da traduttore online):
La Germania e i suoi partner nell’UE dovrebbero precisare i principi nei quali ciascun progetto deve essere misurato al fine di contribuire alla soluzione duratura del conflitto israelo-palestinese: adempiere il diritto di entrambi Popoli, garanzia dei diritti umani individuali per l’intera popolazione tra il Mediterraneo e la Giordania, nonché l’attuazione del Diritto al Ritorno, che comprende sia il diritto individuale dei Profughi Palestinesi di scegliere che gli interessi delle attuali e future entità statali. Se la proposta degli Stati Uniti non soddisfa tali criteri, gli europei non dovrebbero sostenere singoli elementi del piano. In particolare, secondo l’esperienza degli ultimi 25 anni, lo sviluppo economico nei territori palestinesi non può essere conseguito attraverso massicci investimenti, se allo stesso tempo persistono ostacoli (in particolare le restrizioni alla mobilità, le procedure di autorizzazione e l’esaurimento delle risorse). È importante precisare chiaramente che cosa comporterebbe l’annessione di parti della Cisgiordania in impegni con Israele e quali sarebbero le conseguenze attese da parte europea. Gli europei non dovrebbero essere a disposizione per finanziare un’occupazione o un’annessione permanenti.
Dr. Muriel Asseburg, Senior Fellow nel gruppo di ricerca Medio Oriente e Africa.
© Stiftung Wissenschaft und Politik, 2019
Note
(*) In realtà già dal 2018 gli USA hanno tagliato tutti i finanziamenti all’UNRWA, l’agenzia ONU per i profughi palestinesi, e interrotto i finanziamenti per gli ospedali palestinesi in Gerusalemme); oltre allo spostamento dell’Ambasciata americana a Gerusalemme e il riconoscimento della sovranità di Israele sulle (siriane) Alture del Golan, in aperta violazione del Diritto Internazionale secondo il quale l’acquisizione di territorio con la forza, ovvero in conseguenza di una guerra, è inammissibile. Il che si configura come un via libera americano per l’annessione futura della Cisgiordania-
(**) Lenta preparazione: nel marzo 2017, il Governo israeliano ha approvato per la prima volta in 25 anni un nuovo insediamento nella Cisgiordania centrale, nel 2019 in campagna elettorale Netanyahu ha fissato l’obiettivo di estendere la sovranità israeliana alla Cisgiordania, soppresso la missione internazionale di osservatori a Hebron, che dal 1994, monitorava la città vecchia. Ci si aspetta che ciò acceleri la trasformazione della zona circostante con ulteriori insediamenti e spostamenti della popolazione palestinese, l’enfasi sul patrimonio culturale ebraico contro quello islamico. Vedere La vergogna dell’Occupazione israeliana: i coloni di Hebron – Al Khalil
4 notes
·
View notes
Link
0 notes
Text
FdI vede nel turismo un settore strategico per il ripresa della Nazione
FdI vede nel turismo un settore strategico per la ripresa della Nazione
Il settore turistico rappresenta oltre il 13% del Pil italiano, un settore strategico per la crescita della Nazione, il centro destra ed in particolare Fratelli d’Italia investono molto su questo, con un programma curato e ben articolato. “L’Italia –sottolinea Paolo Pulciani– ha un diffuso patrimonio immobiliare storico di pregio, un patrimonio artistico e culturale, un patrimonio naturalistico…

View On WordPress
0 notes
Text
Piccoli borghi disabitati: come riportarli in vita?
Piccoli borghi disabitati: l'Italia conta centinaia di luoghi che il progresso e il turismo di massa hanno lasciato indietro. Autentici scrigni di bellezza ma tagliati fuori dai flussi turistici e che un po' alla volta si stanno spopolando. Solo il lockdown, che ha costretto tutti a casa anche per lavorare, ha fatto riscoprire il valore di questi luoghi. Come ridare loro una nuova possibilità? Piccoli borghi disabitati: il progetto che li riporta in vita Medelhan e ITS ITALY hanno di recente stretto un accordo per avviare un importante progetto di riqualifica del territorio partendo dal design. Medelhan, infatti, è una piattaforma che mette insieme architetti e designer in tutto il mondo. ITS ITALY, invece, facilita gli investimenti per la rigenerazione di comunità e immobili di borghi italiani, centri storici minori e del patrimonio demaniale sul territorio italiano. Insieme hanno dato il via a un progetto di riqualificazione immobiliare in alcuni piccoli borghi a rischio spopolamento. Gli appartamenti ristrutturati tornano così sul mercato per soddisfare le esigenze di stranieri appassionati del nostro Paese e degli italiani che hanno deciso di cambiare stile di vita. Al momento gli appartamenti coinvolti nel progetto sono 400 ma diventeranno 100 nei prossimi 3 anni. Per conoscere ulteriori dettagli su questo interessante progetto abbiamo parlato con Roberto Cuneo, CEO e founder di Medelhan. Roberto Cuneo, com’è nata la collaborazione tra Medelhan e ITS Italy? Roberto Cuneo ITS Italy ha l’obiettivo da una parte di far rivivere i borghi italiani dimenticati e dare dall'altra parte di far avverare il sogno di persone del mondo che possono permettersi di lavorare in smart working e vogliono vivere in mezzo alle bellezze artistiche, la natura e i paesaggi italiani. La combinazione di queste due cose ha fatto scattare la collaborazione con Medhelan che lavora con le eccellenze del design in ambito di progettazione e di produzione. Abbiamo visto in ITS Italy un partner perfetto per completare queste realizzazioni con degli interni di design 100% italiani ma allo stesso tempo “affordable” come dicono gli inglesi. E poi, sia Medelhan che ITS Italy sono startup dinamiche con la stessa voglia di premiare le eccellenze ma di essere anche molto pragmatici nel realizzare i propri progetti. 400 appartamenti attualmente coinvolti nel progetto che diventeranno più di 1.000 nei prossimi tre anni: in quali regioni si concentrano maggiormente? E’ possibile conoscere il nome di alcuni dei borghi interessati dal progetto? Sicilia, Puglia, Marche, Liguria e Sardegna. Per tutte le info è possibile andare a vedere il sito di ITS Italy dove ci sono tutte le informazioni dei Paesi delle case già vendute, già in vendita eccetera. Chi saranno i proprietari di questi nuovi immobili? I proprietari di questi immobili hanno un'età media di 43/45 anni. Vivono principalmente in Inghilterra o in Germania ma si sta accendendo anche l’interesse di tanti italiani che hanno la possibilità di lavorare in modalità smart working e invece di farlo da una città non così bella dal punto di vista del paesaggio, dell'ambiente eccetera, decidono trascorrere tre, quattro o sei mesi all'anno in Italia. Per ripopolare un territorio occorrono anche servizi. Come pensate di sopperire a questo aspetto? Per questo aspetto, ITS ha pensato di realizzare un portale per mettere a sistema questi servizi di cui gli utenti possono aver bisogno. Si tratta di servizi relativi all’assistenza sanitaria, mobilità eccetera per aiutare i nuovi abitanti di queste zone. Read the full article
0 notes
Text
29 ott 2023 16:22
LA PARABOLA DEGLI EX COMUNISTI: SEMPRE DALLA PARTE OPPOSTA DEL PROLETARIATO – PIETRO TIDEI, IL SINDACO HOT DI SANTA MARINELLA, FACEVA VIVERE LA FAMIGLIA DEL SUO FACTOTUM, BASHKIM KURTAJ, IN UNO SGABUZZINO DI TRENTA METRI QUADRATI SENZA FINESTRE, CON DUE MATERASSI BUTTATI A TERRA – “LA VERITÀ” PUBBLICA IL VIDEO DELL’ALLOGGIO DOVE ERANO COSTRETTI IN QUATTRO: “CHE COSA FARÀ ADESSO IL PARTITO DEMOCRATICO? ROMPERÀ FINALMENTE L’OSTINATO SILENZIO SULLE IMPRESE DI QUESTO SUO STORICO ESPONENTE O DOBBIAMO RITENERE CHE PER I SEDICENTI PROGRESSISTI SIA TUTTO A POSTO?”
Estratto dell’articolo di Giacomo Amadori per “La Verità”
Viene dal Partito comunista italiano, il partito dei lavoratori per antonomasia, ha cercato di assumere aumm aumm il nipote di un «compagno», ma in realtà sembra proprio che il sindaco hot di Santa Marinella, Pietro Tidei, proprietario di un grande patrimonio immobiliare, abbia più l’indole del latifondista in stile Via col vento che del paladino del proletariato.
Su Internet si trova ancora un filmato in cui una telecamera spazia sulla tenuta da decine di ettari del politico dem con in sottofondo la musichetta del telefilm anni ’80 Dallas. Lì per più di due lustri ha svolto la mansione di factotum part-time Bashkim Kurtaj, cinquantatreenne ex poliziotto albanese, il cui racconto assomiglia più al film 12 anno schiavo che a Berlinguer ti voglio bene.
Pure la moglie Mira sarebbe stata sfruttata e, a un certo punto, entrambi avevano fatto armi e bagagli e se ne erano andati, lasciandosi dietro più di incomprensioni. Forse anche per questo Tidei, ripreso a sua insaputa dalle telecamere della Procura di Civitavecchia, intenta a indagare su una presunta corruzione ai danni del primo cittadino, aveva dedicato alla coppia frasi razziste come queste: «Bashkim è stato un mascalzone. Più che lui è stata la moglie. Una mandria di mascalzoni. Se rigirava mi moje… poi mi moje ci piagneva… comunque vabbè, mo va via e pazienza […]. L’hanno cacciato pure dalla Polizia perché rubava. Quindi voglio di’ non è che era uno… poi capirai, in Albania rubano tutti».
A inizio ottobre Bashkim, ferito da queste parole, aveva deciso di replicare e ci aveva raccontato che Tidei aveva fatto vivere lui e la sua famiglia in una stamberga di «trenta metri quadrati, senza finestre o comfort». «I miei figli per quasi dieci anni hanno dormito nell’intercapedine della casa, quella costruita per isolare l’immobile dall’umidità» ci aveva detto. E aveva aggiunto: «Abbiamo fatto una vita da bestie. Era come essere in una cella».
[…] Il «compagno» Tidei […] aveva replicato da par suo: «Per facilitare il lavoro, abitando la mia famiglia in campagna abbiamo messo a disposizione della famiglia Kurtay un alloggio di cui disponevamo per consentire a questa famiglia di abitare sul posto». E aveva specificato: «La famiglia Kurtay non ha mai pagato affitto, bollette per le utenze, né altro ancora, perché la disponibilità dell'abitazione si intendeva compensata da piccoli lavoretti a casa Tidei».
Un cambio merce per i servigi prestati da Bashkim decisamente irricevibile anche perché il contratto della coniuge, anche lei, secondo i Kurtaj, sottopagata («il contratto era, inizialmente, per 25 ore settimanali, poi per 36, ma mia moglie ne lavorava 50-60» spiega Bashkim), prevedeva «un appartamento a uso abitativo con incluso il consumo delle utenze».
Adesso Kurtaj e signora sono assistiti dall’avvocato Giancarlo Tortorici che sta verificando tutte le eventuali mancanze dell’ex datore di lavoro della coppia. Ma prima che un giudice si esprima sulla questione noi possiamo mostrare in anteprima ai lettori in che tugurio dormissero i figli, un maschio e una femmina dei due lavoratori albanesi: uno sgabuzzino a forma di «L» con appoggiati per terra due materassini. Intorno gli oggetti che di solito si tengono in un ripostiglio.
Insomma, uno di quei disimpegni o cunicoli che solo nelle zone di guerra, nelle favelas o in certi centri profughi abbiamo visti adattati a stanze. «Nonostante io abbia tinteggiato di bianco quel piccolo spazio si notano ancora le macchie dell’umidità e la feritoia da cui entrava l’aria» sottolinea oggi Bashkim. Che descrive un ambiente insalubre che non può aver giovato alla crescita dei suoi ragazzi.
Le condizioni […] non sono giustificabili ed esigono una risposta prima di tutto politica: se quel bugigattolo è stato davvero la camera da letto di due bambini diventati lì dentro adolescenti, che cosa ha da dire il sindaco a propria discolpa? Un uomo, che si autodefinisce di sinistra, può far vivere degli esseri umani dentro a uno stambugio, magari solo perché sono stranieri? Che cosa farà adesso Tidei? Ci gratificherà con un altro dei suoi chilometrici post? Oppure chiederà scusa? E il Partito democratico? Romperà finalmente l’ostinato silenzio, immaginiamo imbarazzato, sulle imprese di questo suo storico esponente o dobbiamo ritenere che per i sedicenti progressisti sia tutto a posto?
Anche perché c’è pure un’altra questione che può essere utile rendere pubblica e che emerge dai racconti di Bashkim. «Un giorno Tidei mi chiese di acquistare una scheda telefonica a me intestata da consegnargli. Diceva che aveva perso la sua, anche se non mi era chiaro perché non potesse comprarsene una da solo. Quando gliela portai mi accorsi, però, che lui parlava normalmente al telefono e che su Whatsapp il profilo collegato al suo vecchio numero era attivo».
E allora? «Allora non ci badai, ma adesso, dopo che in questa storia di Santa Marinella ho sentito citare tante cose che non mi sono piaciute, nomi di famiglie di Ostia, ho deciso […] di approfondire questo episodio per capire che uso sia stato fatto di quella tessera, visto che non voglio avere brutte sorprese». […]
0 notes
Text
Le (5) Stelle della continuità
Non erano bastati alcuni sgomberi abitativi per lanciare l'emergenza romana riguardo l’attitudine di quest'ultima amministrazione comunale rispetto agli spazi sociali e abitativi. Del resto non era bastata neanche la vaghezza con cui la giunta Raggi prendeva posizione riguardo lo sgombero richiesto da ATAC di Lucha Y Siesta, la casa delle donne occupata e autogestita verso Cinecittà, finché l'assessora Guerrini non ha messo in discussione anche la Casa Internazionale delle Donne, storica sede nata nel 1987, quando «il Movimento Femminista Romano, a seguito dello sfratto dalla Casa delle Donne di Via del Governo Vecchio – Palazzo Nardini occupa la parte seicentesca di Via della Lungara, 19 rivendicando la prevista destinazione e dando inizio ad una lunga trattativa con il Comune per il restauro e la consegna dell'edificio all'associazionismo femminile».
Il post di 2 giorni fa di Virginia Raggi riguardo la CID [Casa Internazionale delle Donne] è un atto di accusa, come sempre, verso chi dice che la giunta Raggi vuole sgomberare le oltre 40 associazioni che hanno sede in via del Buon Pastore:
«In questi giorni ho letto molti articoli e ricevuto molti messaggi secondo i quali questa amministrazione vorrebbe chiudere la Casa delle Donne. Ebbene, chiariamo subito che questo è FALSO! Questa amministrazione non intende chiudere la Casa delle Donne né intende procedere a sgombero. E questo viene anche confermato dalla lettura della mozione votata in aula dai consiglieri M5S il cui contenuto è stato strumentalmente capovolto per far passare la tesi contraria».
Tra i commenti più votati al post su FB della sindaca si legge:
«Solita ipocrisia piddina, utilizzano un tema civile per sollazzarsi a Trastevere in posizione di pregio, con corsi a pagamento e ristorazione, quindi di lucro, se poi non pagano affitto per 15 anni urlano al comune insensibile. Ormai so letti, si spostassero così pagano anche meno affitto e magari sono più utili».
«Siamo il solito paese di pulcinella...si accumulano centinaia di migliaia di euro di debito per anni con gli occhi chiusi di chi oggi difende l'indifendibile e poi si lanciano accuse contro chi cerca di ricondurre il tutto ad un minimo di correttezza e rispetto delle regole...senza parole, solo sdegno».
Al netto del fatto che i commenti sulle pagine FB hanno il valore che hanno, c'è da dire che questi fan della Raggi riassumono molto del pensiero dell'elettore/trice del M5S. A parte la retorica sui “piddini” – che interessa poco – aver spostato dal piano politico al piano legalitario del “rispetto delle regole” ogni discussione è la mannaia con cui amputare qualsiasi ragionamento. Ed è colpa di tutti, molti, anzi, spesso anche tra gli stessi che oggi difendono la CID o, ad esempio, “Il Grande Cocomero” che, da 25 anni, nel quartiere di San Lorenzo affianca la crescita di bambini e ragazzi diversamente abili o con disturbi psichici e che è ugualmente minacciato di sgombero dal Comune.
Roma è una città senza opposizione al M5S. Il motivo è abbastanza semplice: escluso sulle olimpiadi e (appena) su ATAC, non c'è discontinuità tra la giunta 5S e le precedenti. Del resto a questa kafkiana situazione degli spazi sociali sotto sgombero per “affitti arretrati” ci siamo arrivati grazie alla delibera 140 del 2015 (giunta Marino), passando per Tronca. E la retorica con cui media e politica accompagnarono queste prese di posizione fu sposata da tutti, quasi nessuno escluso: non a caso il PD non ha potuto che astenersi nella votazione della mozione sulla CID, che dà seguito appunto a una delibera del PD stesso. Tornare indietro, smontare l'impianto giustizialista/legalitario o post-ideologico, termine con cui fu salutato con entusiasmo il M5S, è compito arduo. Del bluff sul “benecomunismo” del M5S parlammo già qui ma basterebbe andare a parlare con i comitati contro “il Pentagono italiano” a Centocelle per capire che il “decide il cittadino” è un altro di quei retorici discorsi che hanno fatto vincere i grillini tanto quanto il “decide il Popolo” di Salvini, oggi, è solo l'altra faccia della medaglia.
Del resto la sparizione del piano della politica è evidente anche dal discorso della giunta Raggi e dei suoi sostenitori secondo cui la mozione contro la CID non sarebbe altro che l’obbligatoria attuazione della delibera 140: quasi che, per la mozione Guerrini (che tra l’altro accusa la CID più che altro di non aver creato imprenditoria femminile, svalutandone quindi i servizi che essa offre gratuitamente alle donne – centro antiviolenza, assistenza legale, visite ginecologiche – in supplenza del servizio pubblico), si trattasse di una pratica burocratica e non di una precisa scelta politica, a cui non è estraneo probabilmente il valore economico dello stabile in questione; quasi che una giunta comunale non avesse il potere di modificare la delibera di una giunta precedente.
Senza considerare che è altrettanto politica la scelta di eliminare – al di là della riappropriazione o meno di uno stabile – un’esperienza finora totalmente autogestita e, quindi, autonoma: quando la Raggi scrive di ritenere necessario «creare un tavolo di lavoro all’interno del quale accogliere una pluralità di voci, di diversa provenienza ed età, non escluse le rappresentanti della Casa delle Donne, che insieme all’amministrazione disegnino il nuovo progetto della Casa delle Donne che successivamente sarà oggetto di una futura procedura ad evidenza pubblica per consentire ai diversi soggetti e diverse associazioni, di partecipare e lavorare per la crescita delle donne, di tutte le donne, della città di Roma», cosa intende di preciso? A quale “futura procedura” fa riferimento? Quale sarà l’autonomia politica che la CIDD può continuare ad avere al suo interno? Al di là del famoso “rispetto delle regole”, le “cittadine” che la animano possono davvero continuare a “decidere”?
Ma anche quando l’amministrazione Raggi prova a dar formalmente seguito alla sua retorica del «decide il cittadino» i risultati non più che altro surreali. È questo l’esempio della destinazione dei 17 milioni ricavati per il rinnovo della convenzione su piazza dei Navigatori: la giunta Raggi, infatti come fece Tronca, ha barattato una nuova concessione agli immobiliaristi per la costruzione di un terzo palazzone destinato all’edilizia residenziale privata (palazzo che sarebbe potuto entrare, invece, nel patrimonio immobiliare del Comune) con 17 milioni di euro, da spendere sul territorio dell’VIII Municipio e, sulla destinazione di una parte di questo budget, ha proposto una fumosa consultazione dei cittadini. Se, da un lato, è stata annunciata con sommo gaudio la possibilità dei cittadini di proporre online la loro idee su come spendere questi soldi, dall’altro è stato chiarito che, parallelamente, «sarà attivato un focus group per cui veranno estratti a sorte 50 cittadini su un campione rappresentativo che potranno proporre idee parallelamente alla consultazione online». Su come sarà scelto questo “campione” non è dato sapere niente: insomma, una procedura poco trasparente nella quale si finge che siano i cittadini a “decidere” quando in realtà gli vengono affiancati altri “cittadini” che, evidentemente, sono più “cittadini” di loro. E sul come si è arrivati a decidere questa modalità di consultazione ovviamente non è stato consultato nessuno.
Il cittadino in realtà non decide nulla, soprattutto quando si oppone alla privatizzazione degli spazi pubblici o che lo erano stati pubblici. Del resto Roma (in questo caso Zingaretti) ha appena venduto a un privato Palazzo Nardini, la prima storica occupazione del Movimento Femminista, eppure nessuno ha consultato “il cittadino” riguardo l'ennesima svendita di un bene nel centro storico gentrificato. Nessuno chiede ai cittadini di decidere circa il futuro del deposito ATAC di Trastevere (o di San Paolo due volte occupato dai Movimenti), altro bene pubblico di recente messo in vendita nella stessa zona. Nessuno si è opposto all'ultima ridicola delibera “contro la movida selvaggia” proposta dalla giunta (che prevede tra l’altro un misterioso “mini-daspo” dal centro storico per chi viene sorpreso ubriaco), anzi, nei 2 municipi governati dal PD, hanno provato a scavalcare la delibera Raggi con una ancora più restrittiva.
Al centro, di nuovo, c'è proprio il rapporto che hanno le istituzioni con lo spazio pubblico, da anni ormai frontalmente sotto attacco. La chiusura, la svendita,la militarizzazione, la limitazione dell'utilizzo dello stesso sonopoliticamente accettate da destra a sinistra. Per le ragioni diverse, ovviamente, che spaziano da quelle securitarie a quelle monetarie.
In una dichiarazione di pochi mesi fa l'assessora per Roma Semplice, Flavia Marzano, parlava di «790.000 euro di sconto all'anno!» a proposito della CIDD dimenticando che quello “sconto” non è uno sconto ma solo l'abbattimento del canone d'affitto al 20%,stabilito dalla delibera 26 del 1995per tutte le realtà sociali ospitate in immobili del Comune di Roma. Oltretutto Marzano ha sottolineato il fatto che «sono più di 3000 mq di edificato, in una zona pregiata di Roma»
La zona pregiata di Roma, Trastevere, è un ex rione popolare che negli ultimi 20 anni ha visto questo quartiere trasformarsi in un divertimentificio per romani e turisti, espellendo i propri abitanti, sostituendoli come in un normale processo di gentrificazione. Il punto è che sottolineare che la CID, che ottenne quello spazio dopo un percorso di lotte durato oltre un decennio, si trovi in una zona pregiata di Roma è un'affermazione molto più politica di quanto si pensi. Soprattutto è un'affermazione che nasconde un'idea di città condivisa dal grosso degli schieramenti politici da destra a sinistra: quella secondo cui gli edifici pubblici a disposizione delle realtà sociali e associative dei cittadini possono essere solo quelli fatiscenti alla periferia della città, mentre il centro va “messo a valore” o quanto meno ripulito da tutte le presenze che mettano in evidenza le contraddizioni sociali della città, fossero quella di coloro che frugano nei cassonetti (il famoso «accattonaggio molesto») o quella di chi visita e assiste gratuitamente le donne.
Del resto come in centro la Raggi ha disposto il divieto dell'apertura dei compro-oro, perché chi si occupa di violenza sulle donne deve stare in centro? Magari meglio in periferia dove secondo la Raggi, a proposito di donne e violenza, «non vi è dubbio alcuno che soprattutto nelle periferie vi siano condizioni di povertà molto più estese rispetto agli anni ’80; leggiamo quotidianamente di ragazze e donne bullizzate, maltrattate, violentate, ignorate, uccise». Non vi è alcun dubbio – afferma –, eppure basterebbe chiedere a chi lavora su donne e violenza se è davvero così: perché non serve una laurea in psicologia per comprendere quanto le forme della violenza sulle donne siano diversificate e stratificate e magari una sindaca che dice la sua sulla questione potrebbe provare a tenere in considerazione pure quelle meno visibili e clamorose, quelle su cui non si possono costruire allarmi securitari e che, pure, sono ben presenti a chi di violenza sulle donne si occupa.
Quindi passiamo dal discorso da immobiliarista della Marzano alla retorica classista sulle violenze nei confronti delle donne da parte della Raggi con un'enorme nonchalance e magari facendole passare per opinioni e non per posizioni politiche ben chiare. Ovviamente nessuno ha controbattuto né ieri alla Marzano né oggi alla Raggi. Magari andandosi a informare quanto poco finanzi i centri antiviolenza nelle tanto care periferie – dove infatti, con mille difficoltà, tali centri esistono – questa amministrazione comunale.
La difesa degli spazi pubblici, delle occupazioni abitative, rimangono temi centrali di un'opposizione che nessuna delle forze politiche presenti nel consiglio comunale può faresemplicemente perché è una partita aperta dai tempi delle giunte precedenti, da destra a sinistra, passando per Tronca, dove fondamentalmente c'è un'unità di vedute e intenti. Alla faccia dei cittadini o del Popolo, ovviamente con la P maiuscola perché così vale di più.
[Scritto nuovamente a 4 mani con autrice che vuol rimanere anonima]
11 notes
·
View notes
Photo

Mose, la presa in giro continua: “Quando sarà finito, poi dovrà essere avviato: attivo nel 202 di Giorgio Scura Il Mose pronto a fine 2021? Macché, per vederlo operativo bisognerà aspettare il 2023. Ed eccola che da Venezia arriva l'ennesima doccia fredda legata alle barriere mobili che dovrebbero, un giorno, proteggere la laguna dalle maree. L'infausto annuncio arriva tra le righe dalla super commissaria del Consorzio Venezia Nuova, Elisabetta Spitz ...: "Sarà pronto il 31 dicembre del 2021, ma poi servirà un anno di avviamento". Ed ecco che, con l'ennesima supercazzola, la data di messa in funzione della colossale opera costata già 6 miliardi slitta un po' più in là, almeno quindi al 2023. La data di fine lavori e collaudi, insomma la data per le "chiavi in mano" all'ente che dovrà gestire l'opera (ma ovviamente non si è ancora fatto avanti nessuno) era stata confermata per l'ultimo giorno del prossimo anno. Ora invece veniamo a sapere che ci vorrà un altro anno per "avviare" l'opera. Una presa in giro. Il super commissario ha poi rinnovato la promessa che entro giugno il Mose sarà pronto per le "prove di emergenza", sollevare cioè per la prima volta tutte e quattro le barriere insieme, e ha fissato in 100 milioni di euro annui il nuovo tetto che non si vorrebbe superare per quanto riguarda i costi di manutenzione. Ma come detto più volte questo piano di manutenzione e gestione ancora non c'è. Infine ha gettato acqua sul fuoco delle polemiche dei costi e dei fondi che pare siano completamente prosciugati: "Stiamo affrontando tanti problemi, ma non sono problemi di soldi, quelli ci sono tutti". Nelle scorse settimane infatti, oltre alle lamentele delle ditte che minacciavano di fermarsi per i pagamenti in ritardo, a Venezia correva voce di un rischio di privatizzazione, anzi "cartolarizzazione", in ordine di ottenere dalle banche i liquidi necessari. Insomma pezzi di laguna in garanzia dei finanziamenti che passerebbero in mano dei privati se non dovessero essere onorati. Del resto, era stata proprio la nomina di Elisabetta Spitz a mettere in molti sul chi va là. La Spitz, infatti, era a capo dell'Agenzia del Demanio al tempo delle famose cartolarizzazioni dell'allora ministro Giulio Tremonti. "Fu una delle stagioni più buie per il patrimonio immobiliare pubblico italiano – ha scritto Mariarita Signorini, Presidente nazionale Italia Nostra – . Non si contano i fallimenti politici ed economici di quegli anni (…). Ora PD e Movimento 5 Stelle riesumano questo autentico “boiardo di Stato” di provenienza immobiliaristica e tremiamo al solo pensiero delle conseguenze che questo potrà avere, soprattutto in riferimento alle opere di mitigazione e compensazione ambientale: non ci stupiremo di vedere beni pubblici o isole della laguna trasformati in resort di lusso proprio grazie ai soldi delle misure compensative del MOSE". https://www.fanpage.it/
6 notes
·
View notes
Text
sicuramente avrei sentito parlare di proroga dell'ecobonus al 2023 oppure che stava abbassando il 75 per cento andiamo a fare chiarezza e vedere gli ultimi aggiornamenti bene piano piano stiamo iniziando a capire quali sono i dubbi e non solo noi ma anche il governo sta iniziando a capire quali sono le perplessità che delimitano e non fanno partire questo grande bones infatti in questi giorni il governo sta preparando le linee guida da inserire all'interno del piano nazionale di ripresa e resilienza dove verranno sulla base di queste verranno formate i conti economici e quindi verrà formato il la parte definitiva del recovery plan da presentare all'europa entro il 30 aprile 2021 in materia di detrazioni fiscali e interventi edilizi non si può che parlare di eco bonus e della sua proroga a tutto il 2023 ebbene sì questa è la prima delle tante indicazioni che il parlamento ha instaurato all'interno del terreno blend perché ad oggi per arrivare al 2022 è necessario aver sviluppato un 60 per cento di lavori bene il governo ha stabilito che nel recovery plan l'eco bonus dovrà essere prorogato a tutto il 2023 indipendentemente dalla percentuale di realizzazione eseguiti nell'anno precedente e vista la complessità di questo bonus di aderire a questo board di farlo partire si sta lavorando anche una strategia semplificativa per andare a tagliare la parte burocratica sostanzialmente nella prima fase ovvero sia nella conformità urbanistica che ad oggi se ti ricordi e necessario fare la doppia conformità urbanistica e catastale molto probabilmente poi si interverrà con una c l'ha redatta proprio dal tecnico e questo andrà a semplificare notevolmente tutta la parte burocratica inoltre il bonus ad oggi è esteso a solo a condomini ater o case singole e proprio per questo vogliono accelerare i tempi di recupero del credito è estendere la platea dei beneficiari anche a soggetti esercitanti dell'impresa in particolar modo le pmi è il settore alberghiero che facendo ciò sicuramente andiamo ad agire su un ampia scala di immobili che hanno bisogno di manutenzione e di essere efficienti e quindi il governo vuole dispiegare tutti quelli che sono i nodi che legano l'ecobonus e non riescono a farlo partire nel modo in cui perlomeno sperava il legislatore un'altra grande e importante novità che vuole introdurre il governo e quelle di estendere il beneficio anche ad aziende agricole e agrituristiche per interventi sui fabbricati rurali vuole altresì abbattere dove si siano abitazioni e di fisico ubicati in presenza di vincoli paesaggistici vuoi anche lì andare a agevolare l'intervento visto che molto spesso si va a ostacolare con il vincolo urbanistico il salto il miglioramento delle due classi energetica quindi come vedi il governo si sta muovendo veramente per andare a cercare e andare a capire come far partire al meglio l'ecobonus ma non è tutto sicuramente in questi giorni pacifici parlare di contorno saporito abbassa 5 che non verrà prorogato bene io oggi ti sto parlando delle linee guida che il governo vuole inserire all'interno del recovery plan e vuole presentare all'europa quindi ad oggi non abbiamo ancora la certezza che l'eco bonus sia prorogato e che tutte le cose che tutti fino adesso siano inserite e diventino entrino in vigore dobbiamo sempre aspettare l'europa ma il governo ha pensato stavolta veramente a tante cose e direi meno male perché visto e l'ecobonus vista la complessità ha pensato a come districare come semplificare ma altresì ha pensato a radunare accorpare per rendere vuole rendere strutturali tutti gli altri bones dal bonus ristrutturazioni al bonus mobili al bonus idrico al bonus colonnine sisma bonus tutti in un unico bonus al 75 per cento quindi con un'unica aliquota e vuole rendere strutturali questi bonus almeno fino al 2025 vuole rendere strutturali anche lo sconto in fattura ma soprattutto la cessione del credito e la vuole rendere strutturale fino a giugno 2027 è vista anche la complessità da parte del tecnico nel voler fare la pratica di eco bonus si sta richiedendo si sta pensando a un portale unico per semplificare l'inserimento di tutti i documenti che richiede le tecniche delle agenzie delle entrate e dare anche delle linee guide professionisti per semplificare anche il loro lavoro come vedi finalmente stiamo muovendo i passi giusti per arrivare ad utilizzare un bonus che fino ad ora non era mai stato pensato abbiamo capito che l'eco bonus è stato ideato non solo per rallentare o diminuire considerevolmente le emissioni di co2 e quindi efficientare a livello energetico tutte il patrimonio immobiliare italiano ma soprattutto per rilanciare l'economia del paese attraverso uno dei più grandi settori che quello edilizio che da dieci anni a questa parte è in crisi profonda infatti muove un indotto considerevole di persone è proprio per questo che si sta spingendo e sempre di più e il governo sta tracciando le nuove linee guida da inserire all'interno del recovery plan per andare a favorire l'adesione di quante più immobili quante più persone possibili e far partire soprattutto in maniera molto più semplice è questa grande opportunità sicuramente nei prossimi ti porterò con me in uno dei tanti canti siamo apprende che abbiamo aperto per farti capire insieme al tecnico quali sono e possono essere le difficoltà che si va da riscontrare nell'atto pratico di questa legge quali sono gli interventi da dover adottare per efficientare di almeno due classi energetiche l'abitazione che sia singola o un condominio quindi mi raccomando attiva la campanella metti laiche iscriviti al canale e così rimarrai aggiornato con gli ultimi contenuti che porterò ciao
0 notes
Text
Approfittare di questo periodo difficile per una ripartenza con maggior slancio
“Cambio di registro” e “new normal” sono due delle locuzioni che più frequentemente abbiamo sentito negli ultimi mesi.
Tuttavia, se dovessimo cercare la migliore infografica per illustrare quest’inizio d’anno, quella che meglio sembra adattarsi alla situazione attuale dovrebbe essere il punto interrogativo. Non perché schiavi dell’errata convinzione che il 31 dicembre rappresenta una chiave di volta, ma perché la situazione attuale è quanto di più difficile ci sia da interpretare e da cui trarre certezze per il futuro.
Proviamo, tuttavia, a fare il punto.
I dati 2020 sugli investimenti nel settore del real estate a livello nazionale hanno sfiorato la soglia dei 9 miliardi di Euro, in calo rispetto alla cifra record registrata nel 2019, tuttavia in linea con i valori del 2018.
In questo scenario, con gli investitori stranieri che hanno vissuto un “raffreddamento” nell’attrazione per il mercato italiano, i driver dello sviluppo immobiliare dei prossimi mesi saranno il settore residenziale declinato in tutte le sue diverse sfaccettature, la logistica di last mile edil comparto della rigenerazione urbana.
Quest’ultima, in particolare, può raccogliere in sé molte delle caratteristiche del real estate moderno e può rappresentare uno stimolo per le città di medie dimensioni dove la manifattura ha lasciato grandi vuoti urbani, che se non “riempiti” di una nuova vita portano all’inevitabile depauperamento delle realtà cittadine.
La rigenerazione urbana nella sua forma più evoluta, infatti, può rappresentare il driver che può salvare le città dal graduale abbandono. Declino che invece ha storicamente colpito alcune grandi città americane culla dell’industria pesante che, una volta che questa ha terminato il proprio di ciclo di vita, non hanno saputo “re-intrepretarsi”. Saranno proprio i nuovi ruoli che sapranno interpretare che consentiranno alle città, di ogni dimensione, di continuare ad attrarre talenti ed attività. La città è quel terreno fertile su cui sviluppatori, pubbliche amministrazioni e costruttori possono intervenire per dare una nuova visione e riempirne i vuoti urbani. Se un processo di rigenerazione urbana può sembrare relativamente semplice in una grande città come Milano per il grado di attractiveness che indiscutibilmente possiede, meno agevole può esserlo in una città di medie dimensioni.
Perché questi processi abbiano successo gli ingredienti sono diversi ma ci riportano inevitabilmente ad un principio fondamentale: la collaborazione tra tutti gli attori del processo.
La pubblica amministrazione che deve comprendere che ha un patrimonio da valorizzare e da cui trarre beneficio, gli investitori che possono investire in realtà che presentano buoni ritorni, le imprese di costruzioni che possono tradurre in realtà concreta i progetti di rigenerazione, i corpi intermedi nel loro complesso che devono svolgere sempre di più il ruolo di collettori delle istanze dei diversi attori e facilitare quelle connessioni necessarie per lo sviluppo efficace di tali processi.
Questi attori, soprattutto quelli di matrice domestica, devono necessariamente fare il salto di qualità e mettere a frutto l’expertise acquisita negli anni e di definire la propria visione per interpretare al meglio la nuova idea di edilizia, che oltre che di mattoni è fatta anche di innovazione, dati, servizi e comunicazione.
I mesi che ci aspettano, quindi, in attesa che tutto riparta - anche se non come prima – dovranno essere dedicati alla progettualità e alla condivisione, dando vita a veri e propri laboratori di ricerca applicata in grado di rispondere con resilienza alle sfide del prossimo futuro. Non costruiremo più gli uffici come abbiamo fatto fino ad ora, ma continueremo a farlo. Non faremo più le case da vivere solo poche ore al giorno, ma ne faremo di più adatte a trasformarsi in uno schiocco di dita in confortevoli uffici. Non penseremo più agli alberghi come location esclusivamente leisure ma come location in grado di ospitare diverse funzioni. Non penseremo più ai musei con code chilometriche ma rispettosi di procedure ben definite di prenotazione, potremo godere dell’arte prendendoci il nostro tempo e il nostro spazio.
Anche dalle situazioni più drammatiche bisogna riuscire a tirare fuori qualcosa di buono e di diverso: prioprio questo le nostre imprese hanno fatto in anni anche più complicati, e ancora continueranno a farlo.
#real estate#realestate#rigenerazione#rigenerazione urbana#rigenerazioneurbana#citta#piccoli centri#vision#visione#pubblica amministrazione#investitori#real estate investing#edilizia#imprese edili#costruttori#costruzioni#resilienza
0 notes