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Casale Città Aperta: Un Weekend di Scoperta Storica e Culturale tra Monumenti e Musei. Il 9 e 10 novembre, un’occasione unica per esplorare i tesori architettonici di Casale Monferrato con visite guidate e aperture straordinarie
L’iniziativa Casale Città Aperta, promossa dall’Assessorato alla Cultura di Casale Monferrato in collaborazione con l’Associazione Orizzonte Casale, torna il 9 e 10 novembre 2024.
L’iniziativa Casale Città Aperta, promossa dall’Assessorato alla Cultura di Casale Monferrato in collaborazione con l’Associazione Orizzonte Casale, torna il 9 e 10 novembre 2024. Questo evento è pensato per valorizzare e far conoscere i luoghi di interesse storico e culturale della città, offrendo a cittadini e turisti l’opportunità di esplorare monumenti e musei in orari dedicati e attraverso…
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO PRIMO - di Gianpiero Menniti
L'UOMO GRECO E L'UOMO CRISTIANO
La tragedia di Sofocle narra del figlio che in apparenza infrange due tabù: uccide il padre e giace con la madre. Ma Edipo non è colpevole: l'origine della vicenda è nel misfatto di Laio, il re che teme il pronunciamento dell'oracolo e decide di assassinare il figlio. Il padre è l'assassino. Edipo è la vittima. Laio è dunque colui che non accetta la metafora della morte come passaggio del testimone al figlio. Non accetta la decadenza del corpo. Non accetta di trasmettere la sua eredità, l'Io che si scioglie nella figura del figlio. Non accetta la condizione che la natura impone per se stessa, per le sue finalità di vita senza scopo. La vita che necessariamente è morte. Così, Laio si ribella, infrange l'ordine e apre le porte al caos. Edipo è la vittima. Inconsapevole, rifiuta il nuovo ordine imposto dagli eventi, non segue la regola dell'equilibrio, nella scia dell'ignota ma presente e angosciosa eredità paterna. Nella sua sfrontata ricerca di verità si condensa la tragedia indicibile, struggente, insanabile. Egli è il figlio che si affaccia al mondo attratto dal suo disvelamento, dalla fiducia nella conoscenza. Anche lui senza misura. Anche lui epigono del caos. La tradizione cristiana ripensa il ruolo del padre, ma non entro "l'aretè", necessità di natura e accoglimento del destino di mortale. L'uomo cristiano coltiva la speranza della salvezza dalla morte e sposta l'asse della verità dall'ordine di natura all'ordine divino. Il Dio non è caos ma è padre. Il Dio non è solo onnipotenza ma è divenuto amore. E Amore vince sulla Natura fino a sovvertirne il corso, fino a superarne la muta indifferenza attraverso il Verbo che è coscienza e ricerca. Ecco che il padre accetta la sentenza di morte del figlio:
«Il più giovane disse al padre: "Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta."» (Luca, 15,12).
Nel mondo ebraico l'eredità chiesta prima della scomparsa del genitore equivaleva ad un delitto, rappresentava il desiderio di sopprimere il padre stesso. Ed era punibile con la sentenza capitale. Ma il padre divide l'eredità e lascia andare il figlio: riconosce che il desiderio della sua morte è nel figlio anelito di libertà, estrema pulsione di conoscenza, inclinazione naturale alla vita che divora la vita. Non si vendica, non si lascia cadere nell'impulso contrastante e sceglie la speranza, confida nella salvezza. E nel ritorno. Quando la speranza si avvera e l'ordine naturale dei sentimenti ancestrali è sovvertito, vinto, sconfitto, il padre cancella il passato (il passato è peccato, il presente è redenzione, il futuro è salvezza) e riabbraccia il figlio ritrovato. La Natura rimane in agguato: l'altro figlio osserva e recrimina e rimprovera:
«Egli si adirò e non volle entrare; allora suo padre uscì e lo pregava di entrare. Ma egli rispose al padre: "Ecco, da tanti anni ti servo e non ho mai trasgredito un tuo comando; a me però non hai mai dato neppure un capretto per far festa con i miei amici; ma quando è venuto questo tuo figlio che ha sperperato i tuoi beni con le prostitute, tu hai ammazzato per lui il vitello ingrassato" » (Luca, 15, 28, 29, 30).
Ma è qui che la parabola evangelica tocca il suo culmine, spesso misconosciuto:
«Il padre gli disse: "Figliolo, tu sei sempre con me e ogni cosa mia è tua; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato."» (Luca, 15, 31, 32).
Il padre, sublimazione dell'Amore, salva anche lui, anche l'altro figlio incapace fino a quel momento di comprendere l'ordine di Dio, il figlio rimasto entro l'ordine di Natura che reclama la vendetta. Ma lo salva davvero? Rembrandt lo pone nella scena, a destra, solenne e torvo di rancore. In severo contrasto con l'espressione di disperata compassione che sorge nell'abbraccio tra il padre e il figlio ritrovato. Chagall lo esclude, ponendolo di spalle e accostandogli una figura ferina di risentimento, in basso a destra. Mentre lascia al centro del mondo che accorre l'atto d'amore del padre, approdo finale ed ascesa nel superamento dell'impeto.
- Rembrandt Harmenszoon van Rijn (1606 - 1669): "Ritorno del figliol prodigo", 1661/1669, Ermitage, San Pietroburgo
- Marc Chagall (1887 - 1985): "Il ritorno del figliol prodigo", 1975, Museo nazionale messaggio biblico Marc Chagall, Nizza
- In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
#thegianpieromennitipolis#arte#arte moderna#arte contemporanea#rembrandt#marc chagall#maria casalanguida
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Frosinone, "La memoria rende liberi": l'evento al Palazzo comunale.
Frosinone, "La memoria rende liberi": l'evento al Palazzo comunale. "La memoria rende liberi" si terrà mercoledì 24 gennaio, a partire dalle ore 9.30, presso il Palazzo comunale in via del Plebiscito. La manifestazione, realizzata per celebrare il Giorno della Memoria, è organizzata dal Comune e dalla Prefettura di Frosinone in collaborazione con l'associazione Convivium Perenne. L'aula consiliare del palazzo comunale accoglierà gli studenti degli istituti di istruzione secondaria di II grado della Città per commemorare le vittime della Shoah e sensibilizzare i giovani sul dovere di non dimenticare, promuovendo la conoscenza di uno dei capitoli più bui della storia del XX secolo. "A distanza di vent'anni da quella legge che ha istituito il Giorno della Memoria, dedicato al ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico, è oggi ancora più urgente e importante ricordare e far ricordare a tutti il sacrificio di milioni di vittime innocenti. In un periodo storico, inoltre, segnato ancora, purtroppo, dalla guerra, con il suo carico di violenza e sofferenze inflitte a uomini, donne, bambini – ha dichiarato il Sindaco Riccardo Mastrangeli - È motivo di orgoglio, per la Città di Frosinone, evidenziare che il consiglio comunale del capoluogo ha adottato, già da alcuni anni, la definizione operativa di antisemitismo sancita dall'Ihra, l'International Holocaust Remembrance Alliance. Tale definizione, che vogliamo diventi patrimonio culturale e giuridico, è finalizzata a rifuggire, respingere, condannare e contrastare, in qualsiasi forma, ogni atto, individuale o collettivo, che esprima ostilità, avversione, denigrazione, discriminazione, lotta o violenza contro gli Ebrei. A maggio 2021, inoltre, il consiglio comunale, all'unanimità, ha approvato la delibera di conferimento della cittadinanza onoraria a Liliana Segre". Questo il programma della giornata: ore 9.30, saluti istituzionali; ore 10, proiezione dei filmati d'epoca e presentazione dei lavori degli studenti. Dalle ore 10.30, interverranno Ruth Dureghello, Past President della Comunità Ebraica di Roma; Massimo Finzi, Assessore alla Memoria – Comunità Ebraica di Roma; Ruben Della Rocca, giornalista Consigliere UCEI. Alle ore 11.30, si terrà la consegna delle medaglie d'onore concesse ai cittadini italiani, militari e civili, deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l'economia di guerra ed ai familiari dei deceduti.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Quel "Wolf of Wall Street" che amava giocare a poker
Chi è Carl Icahn, l’investitore miliardario accusato di schema Ponzi. Il suo ufficio è pieno di trofei. Non coppe, ma fogli di carta incorniciati: i bilanci delle società che ha scalato. Perché Carl Icahn è stato uno dei primi corporate raider, gli uomini d’affari che comprano aziende indebitate per risanarle o smembrarle. Molte volte ha guadagnato con il cosiddetto greenmail – acquistava azioni che il management si riprendeva a un prezzo superiore a quello di mercato per sventare la scalata -, altre vendendo le imprese a pezzi. Come nel caso della sua prima grande operazione: l’acquisizione ostile della compagnia aerea Trans World Airlines, nel 1985. Prima Icahn cedette gli asset migliori – le rotte per Londra passarono alla American Airlines per 445 milioni di dollari – per rimborsare i prestiti necessari all’acquisto. Poi ritirò la Twa dalla Borsa, realizzò un profitto personale di 460 milioni e lasciò alla società un debito di 540. Se la storia suona familiare, è perché Oliver Stone si ispirò alla vicenda Twa per la trama di Wall Street. A differenza di Gordon Gekko, il personaggio interpretato da Michael Douglas, e di tanti raider reali dell’epoca, da Ivan Boesky a Michael Milken, Icahn ha evitato guai legali e ha costruito uno dei più grandi patrimoni di Wall Street. Secondo la classifica dei miliardari di Forbes 2023, è la 94esima persona più ricca del mondo, con un patrimonio di 17,5 miliardi di dollari, e la 12esima più ricca del settore finanziario. Le accuse
Negli ultimi giorni, però, Icahn ha perso 7 miliardi di dollari. Tutto perché la società Hindenburg Research ha accsato la sua holding, Icahn Enterprises, di avere “una struttura economica simile a uno schema Ponzi”. Icahn, in sostanza, userebbe il denaro dei nuovi investitori per pagare grossi dividendi. Le stime per il ritorno sugli investimenti sarebbero “gonfiate di molto” e le azioni sarebbero sopravvalutate del 75%. “Carl Icahn ha costruito intorno a sé un’aura di invincibilità, quella di un titano di Wall Street con un talento innato nell’uscire vincitore dalle situazioni. Mentre l’attenzione è rimasta sempre sulle sue grandi campagne pubbliche, però, le perdite su investimenti a lungo termine meno conosciuti, assieme all’uso massiccio della leva finanziaria, hanno eroso il suo impero”. Secondo Hindenburg, la banca d’investimento Jefferies ha contribuito allo schema con rapporti molto favorevoli e vendendo le azioni di Icahn Enterprises agli investitori. Hindenburg ha rivelato di avere una posizione corta sulla holding, cioè di averle scommesso contro. Ieri, mercoledì 3 maggio, Icahn Enterprises ha perso più del 19% in Borsa. La replica di Icahn “Crediamo che il rapporto serva solo a generare profitti, vista la posizione di Hindenburg”, ha replicato Icahn in una nota. “Confermiamo quanto dichiarato nella nostra documentazione finanziaria e siamo convinti che i nostri risultati, nel lungo periodo, parleranno da sé, come è sempre accaduto”. Hindenburg è la stessa società che nelle ultime settimane ha accusato il miliardario indiano Gautam Adani di frode fiscale e manipolazione delle azioni e Block, la fintech del fondatore di Twitter Jack Dorsey, di favorire attività illecite e alterare i suoi numeri. La storia di Carl Icahn Icahn è nato il 16 febbraio 1936 a New York. La giornalista di Time Rana Foroohar ha descritto la sua famiglia come “una versione più cupa del clan ebraico della classe operaia del film Radio Days di Woody Allen”. Sua madre era una maestra di scuola elementare, suo padre, cantante lirico mancato, insegnava al liceo. “Mio padre non è mai riuscito a combinare niente”, ha detto Icahn. “Era un tipo strano. Non l’ho mai rispettato”. La considerazione era reciproca: “I miei hanno sempre pensato che non sarei mai diventato granché”, ha raccontato Icahn nel 2015. La sola figura che il giovane Carl rispettasse era suo zio Elliot: un imprenditore che aveva guadagnato abbastanza da potersi stabilire a Palm Beach a 45 anni. Per il resto della famiglia, ha spiegato lo stesso Elliot, “Wall Street era roba da giocatori d’azzardo”. Una faccia da poker Nonostante la famiglia modesta, Icahn riuscì a laurearsi a Princeton. Merito del suo talento con le carte. Nell’estate dopo il diploma, come ha raccontato il New Yorker, trovò lavoro in un club sulla spiaggia, dove vedeva i clienti giocare a poker. “Comprai quattro libri, li lessi e già ne sapevo più di loro”, ha ricordato. Con le vincite coprì la metà delle spese universitarie. Nel 1957 Icahn si iscrisse all’Università di New York per diventare un dottore, secondo il desiderio di sua madre. Scoprì di odiare la medicina e nel 1960 entrò nelle forze di riserva dell’esercito. Ricominciò a giocare a poker e vinse migliaia di dollari che investì in Borsa. L’anno successivo, con l’aiuto dello zio, trovò lavoro come agente di cambio a Wall Street. Nel 1968, con 150mila dollari propri e 400mila dello zio, fondò la sua prima società: Icahn & Co., specializzata in investimenti ad alto rischio. Il sistema Icahn Già dagli anni ’70 Icahn brevettò il suo sistema: comprare azioni di società fino a non poter più essere ignorato, tentare di entrare nel consiglio di amministrazione e, in caso di insuccesso, comprare ancora. Per molte sue operazioni sfruttò i cosiddetti junk bond: ‘titoli spazzatura’ dal rendimento molto alto, ma caratterizzati da un rischio elevato per l’investitore, perché fanno salire l’indebitamento della società emittente. Alla stagione del corporate raider è seguita quella dell’investitore attivista. Icahn non smembra più le aziende, ma si limita a influenzarle. A volte in modo molto aggressivo. Nel 2008 comprò una quota di Yahoo! e fece estromettere il consiglio di amministrazione che aveva respinto un’offerta d’acquisto di Microsoft. Obbligò eBay a vendere PayPal, provò a impedire a Michael Dell il delisting della sua compagnia, tentò di impedire a Xerox di fondersi con Fuji. Tra il 2013 e il 2016 ha avuto in mano milioni di titoli di Apple e ha spinto l’amministratore delegato, Tim Cook, a definirlo “l’azionista più scomodo che si possa avere”. Più di recente ha lanciato una campagna in McDonald’s per un trattamento più compassionevole dei maiali. “Molte persone sono morte lottando contro i tiranni”, disse Icahn nel 1988, durante un’assemblea degli azionisti della compagnia petrolifera Texaco. “Il minimo che io possa fare è votarle contro”. Sette mesi in politica Il 10 giugno 2016, poco dopo che Donald Trump aveva conquistato la nomination repubblicana per le elezioni presidenziali, il Washington Post titolava: “La prima scelta di Donald Trump per il suo gabinetto è controversa come lui e molto più ricca”. La scelta controversa e ricca era Carl Icahn, indicato come futuro segretario del Tesoro. Alla fine Icahn si è dovuto accontentare del ruolo di consigliere speciale per la regolamentazione finanziaria. Una posizione meno prestigiosa, ma con un enorme vantaggio: un consigliere speciale non è un dipendente del governo federale, ma assiste il presidente a titolo individuale. Non è tenuto, quindi, ad abbandonare le sue attività. Icahn è rimasto in carica sette mesi, prima di essere spinto a dimettersi dalle polemiche sui suoi conflitti di interesse. Un tema tornato attuale un anno più tardi, quando ha venduto 31 milioni di dollari di azioni della società siderurgica Manitowoc. Giusto pochi giorni prima che Trump cominciasse la guerra dei dazi. “Il Wolf of Wall Street originale” Oggi Icahn guida un impero da 14,1 miliardi di dollari di ricavi nel 2022. Nel 2014 è arrivato al 25esimo posto nella classifica dei più ricchi del mondo. “Alcuni diventano ricchi studiando l’intelligenza artificiale”, recita il suo profilo Twitter. “Io faccio soldi studiando la stupidità naturale”. A 87 anni è ancora uno degli uomini più temuti di Wall Street. Non ha mai nascosto la scarsa stima per la gran parte dei suoi avversari (“Quando la maggior parte degli investitori, inclusi i professionisti, sono tutti d’accordo su qualcosa, di solito hanno torto”) e per l’intero sistema economico (“Gli amministratori delegati sono pagati per fare un lavoro tremendo. Se il sistema non fosse così incasinato, persone come me non guadagnerebbero cifre di questo genere”). È sempre stato chiaro sulle sue priorità (“Non sono Robin Hood, mi piace fare soldi”) e sull’atteggiamento che i rivali potevano aspettarsi da lui (“In questo business impari una cosa: se vuoi un amico, comprati un cane”). Time lo ha definito “il Wolf of Wall Street originale”. E se Oliver Stone ha pensato a lui per il personaggio che elogiava l’avidità, lui è un fautore della vendetta: “Quando non devi rispondere a nessuno, è una strategia di investimento lecita come qualsiasi altra”. Read the full article
#CarlIcahn#HindenburgResearch#IcahnEnterprises#miliardari#schemaponzi#truffemilionarie#WallStreet#WolfofWallStreet
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Storia di vita delle nazioni, per la giornata Fai visite ai cimiteri monumentali
Storia di vita delle nazioni, per la giornata Fai visite ai cimiteri monumentali
Livorno 21 marzo 2023 – Visita ai cimiteri monumentali, storie di vita delle Nazioni di Livorno Domenica 26 marzo andrà in scena la XXXI edizione delle Giornate FAI di Primavera. Aperti al pubblico il cimitero Olandese Alemanno, il cimitero Greco Ortodosso, il cimitero Monumentale Ebraico e il cimitero comunale “La Cigna” Un fine settimana con un unico protagonista: il patrimonio di storia, arte…
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Cracovia
Esattamente 2 anni fa, proprio all’inizio dell’anno, mi trovavo a Cracovia (Polonia). Ricordo che, prima di partire, quando alla classica domanda “Dove andrai per le feste?” rispondevo “In Polonia! Visiterò Cracovia, Auschwitz-Birkenau ed un altro paio di mete nei dintorni”, mi davano della matta per via delle condizioni meteorologiche che avrei trovato in quel periodo. A posteriori devo dire che, nonostante tutto, è stato uno dei viaggi che più mi è rimasto nel cuore. In particolare, mi piacerebbe ritornare a Cracovia per visitare altri luoghi importanti che non ho incluso durante il primo viaggio. Come di consueto ho cercato di integrare il programma dell’agenzia con alcune visite personali ma c’è ancora molto da vedere.
Una delle principali attrazioni della città è il Castello di Wawel che sorge sull’omonima collina sovrastante il fiume Vistola.
E’ stato sede reale per oltre 500 anni e quindi un importante centro politico e culturale della Polonia fino alla fine del XVI secolo. Ho rimandato la visita dei suoi ambienti interni perchè necessita di molto tempo ma ho potuto apprezzarne la struttura esterna ed il caratteristico drago sputafuoco.
Del complesso fa parte anche la gotica Cattedrale del Wawel dove per molti secoli è avvenuta l’incoronazione dei reali. Da ammirare in particolare la Cappella della Santa Croce, la Cappella di Sigismondo e la campana di Sigismondo.
La Città Vecchia che è stata inclusa tra i siti Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO sin dal 1978 ha molti luoghi interessanti: Rynek Glowny, la piazza del mercato è la più grande piazza medievale in Europa con i suoi 40.000 metri quadrati ed è da sempre il centro della vita culturale e sociale di Cracovia. Al di sotto è possibile visitare Rynek sotterranea, un museo archeologico interattivo.
La piazza è dominata dal Fondaco dei Tessuti dove avvenivano i commerci delle stoffe, dalla Torre del Municipio, dalla chiesa di Sant’Adalberto e dalla Basilica di Santa Maria, l’imponente chiesa in mattoni rossi con due torri. La torre più alta è conosciuta come “Hejnalica” ed in passato era utilizzata per indicare l'apertura e la chiusura delle porte della città ma anche per dare avviso d'incendio o d'invasione. Ancora oggi, ad ogni ora, dalla torre suona la melodia del “hejnal” in ricordo del trombettista assassinato per avvisare i suoi concittadini dell'invasione nemica. Una volta stellata, vetrate istoriate e una pala d’altare in legno scolpito sono gli elementi interni più preziosi della basilica.
La visita prosegue poi nel Kazimierz, il quartiere storico ebraico della città, dove sono state girate alcune scene del film Schindler’s List anche se tutti gli eventi narrati si svolsero in realtà a Podgorze, il ghetto che gli occupanti tedeschi crearono per trasferirvi gli ebrei.
Qui ho avuto modo di vedere la sinagoga ed il cimitero di Remuh che viene definito uno dei cimiteri del Rinascimento giudaico meglio conservati in Europa.
Decido poi di raggiungere Podgorze per visitare la Fabbrica di Schindler, l’industriale che salvò la vita a più di 1000 dei suoi operai ebrei durante la Shoah.
La vecchia fabbrica ora è stata trasformata in un moderno museo che racconta la storia di Cracovia dal 1939 al 1945.
Poco distante si trova la Piazza degli Eroi del Ghetto dove è stata creata un’installazione artistica a commemorazione dei tragici avvenimenti del marzo 1943 quando qui furono fucilati circa 1000 ebrei e moltissimi altri partirono verso i campi di concentramento.
Il mio soggiorno qui a Cracovia è terminato. Nonostante un po’ di freddo e neve devo dire che la città nel periodo natalizio è davvero magica, in particolare la bellissima Rynek Glowny con le carrozze di cavalli bianchi.
Inoltre, molto caratteristici sono i presepi polacchi artigianali che si possono trovare sia nelle chiese sia nelle vie: solitamente sono costruiti con cartone, legno e carta stagnola e sembrano dei castelli incantati ma in realtà rappresentano i monumenti storici della città. E’ una tradizione molto sentita ed ogni anno (dal 1927) si tiene un concorso al termine del quale gli esemplari più belli vengono acquistati dal Museo Storico della città.
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Nel link, qui sopra, un documentario storico (lunghetto ma da vedere) su sant’Ambrogio ovvero uno dei protagonisti dell’innesto della romanità in Cristo che ha reso possibile il ritorno dell’elemento di verità originaria conservata nella antica saggezza “pagana” alla sua Radice Prima ossia alla Sapienza Primordiale del Verbo Divino. Un innesto questo di Roma in Cristo – la dantesca “Roma onde Cristo è romano” – nel quale si è manifestato, sul piano storico, il Sacerdozio Eterno e Regale, al modo di Melchisedek, del Cristo, di Colui che, per l’appunto, è l’unico Rex et Sacerdos. Su questo Sacerdozio regale ed eterno, per tutti i secoli cristiani, si è fondato il delicato e difficile equilibrio tra Autorità Spirituale e Potere Politico. Un equilibrio che Ambrogio contribuì a definire nel suo non facile rapporto con l’imperatore Teodosio. A chi oggi potrebbe scandalizzarsi della durezza che Ambrogio usò verso gli ariani, gli ebrei ed i residuali “pagani” del suo tempo, è bene ricordare che la tolleranza è concetto ambivalente. Essa se malintesa, come nel mondo moderno, porta inevitabilmente al relativismo e peggio al nichilismo.
D’altro canto la complessità della storia è una sfida continua per tutti. Nel documentario, suggerito, laddove si parla della difesa ad oltranza, e certo sbilanciata, che Ambrogio fece dei cristiani responsabili dell’incendio di una sinagoga non viene detto che quel colpevole episodio fu la ingiusta reazione all’uccisione di un cristiano per mano di alcuni zeloti ebrei o, secondo altre fonti, la reazione all’aggressione, sostenuta dagli ebrei locali, di alcuni gnostici valentiniani ad una processione di monaci in onore dei “santi maccabei”. L’episodio, che certamente non fu unico, va quindi ascritto al contesto delle tensioni tra due comunità religiose che nascondevano anche conflitti politici.
Il tema che qui vogliamo affrontare, sotto il profilo storico, è quello della cosiddetta “svolta costantiniana” del IV secolo, quando i cristiani divennero maggioranza relativa e iniziarono a ribaltare la situazione a loro favore. Fino ad allora i perseguitati erano stati essi, i cristiani, ma non per mano romana come generalmente si pensa. Anzi, già subito dopo i fatti di Gerusalemme, l’autorità romana mostrò un atteggiamento di difesa verso i cristiani perseguitati dal Sinedrio e lo stesso Tiberio, come spiega Marta Sordi, emanò un rescritto che considerava la “licita” nuova “religio”. Un rescritto tuttavia poi bloccato dal Senato. Roma vedeva in quel nuovo gruppo di origine ebraica una comunità obbediente all’impero anziché in costante ribellione come quella ebraica e pertanto lo tutelava nella speranza che ad esso finissero per aderire tutti gli ebrei ottenendo così la pacificazione della turbolenta Palestina. Nelle successive persecuzioni imperiali, a parte la questione del bruciare l’incenso alla “divinità” dell’imperatore (che era un rito di origine orientale ed estraneo alla tradizione romana, la quale non aveva mai contemplato la divinizzazione del re), si percepisce, all’indagine storica, una chiara pressione sull’autorità romana per mano ebraica, volendo il Sinedrio e la diaspora regolare una volta per sempre i conti con gli “eretici galilei”. Fu dunque, in particolare, la diaspora ebraica a sobillare i pagani e l’autorità imperiale contro i cristiani. Pare, ad esempio, che sia stata Poppea, moglie di Nerone, il vanesio imperatore allievo ribelle di Seneca, che era diventata adepta “gentile” di alcuni maestri ebrei romani, a spingere il marito ad imputare ai cristiani l’incendio dell’Urbe.
In quella che solitamente è chiamata “svolta costantiniana” in realtà l’imperatore Costantino non ha giocato quasi alcun ruolo dato che, con il suo editto, egli si limitò a riconoscere ai cristiani libertà di culto alla pari di altri gruppi religiosi. La vera e propria svolta iniziò successivamente, proprio all’epoca di Ambrogio e Teodosio. La controversia intorno all’incendio della sinagoga di Callinico nascondeva ben altro che non la pressione di Ambrogio sull’imperatore affinché perdonasse i cristiani responsabili del misfatto. Il punto era un altro. Teodosio, ottemperando al suo dovere imperiale, voleva punire i responsabili addossando alla comunità cristiana le spese di ricostruzione della sinagoga, ma Ambrogio intervenne argomentando che egli, Teodosio, era un imperatore cristiano – in nome del “nome cristiano” più tardi Ambrogio lo avrebbe umiliato, imponendogli una pubblica penitenza, quando il sovrano si rese responsabile del massacro di Tessalonica – e che quindi non poteva mettere sullo stesso piano il vero culto, quello cristiano, ed uno falso, quello ebraico. La soluzione adottata da Teodosio, ossia ricostruire la sinagoga a spese dell’erario e moderare la pena comminata ai colpevoli, segnò la nascita del concetto di tolleranza premoderno come conosciuta fino alla Rivoluzione Francese ed il vero inizio della svolta “costantiniana”. Da quel momento l’impero diventava cristiano, confessionale, ed in tale contesto agli altri culti, benché ancora leciti ed ammessi, furono imposte restrizioni da “cordone sanitario”. Le comunità religiose allogene potevano sì celebrare il proprio culto ma non fare proselitismo, potevano sì conservare i loro templi ma non costruirne di nuovi, i loro membri potevano sì esercitare professioni private ma non essere ammessi a cariche pubbliche.
La tolleranza, in tal senso, era intesa come circoscrizione del “male” e non più come eguaglianza tra i culti. Un tipo di tolleranza non egalitaria che non fu propria del solo mondo cristiano giacché è stata quella ordinaria anche in terra islamica, nei confronti delle “genti del Libro” ovvero ebrei e cristiani, ed anche presso gli ebrei quando, nei pochi e rari casi nei quali godettero di egemonia, usarono discriminare gli altri culti. Come ad esempio nel regno caucasico dei khazari, VI secolo, quando i rabbini insediatisi a corte ottennero la cacciata e la ghettizzazione dei cristiani (il ramo aschenazita dell’ebraismo postbiblico deriva anche da qui).
Per la nostra mentalità relativista tutto questo è scandaloso ma in realtà corrisponde perfettamente alla logica della Verità che non può essere parificata alla non verità. Chi crede che la Verità esiste inevitabilmente non può, ed è cosa giusta in base a tale logica, accettare la sua relativizzazione. Se per noi “liberali” è assurdo che lo Stato operi una scelta tra le diverse visioni religiose e filosofiche, altrimenti sarebbe Stato confessionale o se laico etico, non era così nella logica veritativa di Ambrogio e Teodosio. E – si badi – in linea di principio non è così, cristianamente parlando, neanche oggi quando lo Stato liberale è cosa accettata da tutti compresi i cristiani. Infatti, in linea di principio, in un’ottica cristiana l’Autorità politica, soprattutto se “consacrata”, non può lasciare che i falsi culti si diffondano in particolare a danno di coloro che, spiritualmente ed intellettualmente più deboli, si mostrano incapaci di discernere il vero dal falso. Affermare questo, naturalmente, significa esporsi all’accusa di intolleranza, l’accusa tipica rivolta alla Chiesa da parte liberale, nonostante il controverso e difficile cammino che ha portato, dopo la Rivoluzione Francese, i cattolici ad accettare, se non in linea di principio quantomeno in via di fatto e di accomodamento, il criterio liberale della libertà religiosa, ovvero a tollerare i fondamenti relativistici, di matrice massonica, della democrazia liberale.
Dunque la democrazia di tipo liberale è il migliore dei sistemi ed alla fine anche i cristiani hanno dovuto convincersene, sebbene alcuni di essi soltanto per tolleranza di fatto? Bisogna, per rispondere, valutare il rovescio della medaglia. E’, ad esempio, in nome delle libertà individualistica che oggi possiamo assistere non solo alla parificazione giuridica tra matrimonio eterosessuale ed unioni omosessuali ma anche al riconoscimento, coerente con le premesse liberali, del diritto alla pedofilia, che ormai si profila all’orizzonte delle legislazioni pomposamente definite “più avanzate”. Sulla base dei postulati del liberalismo l’Autorità non può opporsi al proselitismo – e qui riemergono le “ragioni” di Ambrogio e della antica Cristianità – dei culti più spiritualmente e socialmente pericolosi, dal New Age a Scientology, dal Geovismo al Teosofismo, che fanno strame soprattutto, come temevano gli antichi inquisitori, tra coloro che per difetto di evangelizzazione (e questa è una grave responsabilità dei cristiani) o per poca istruzione o per debolezze caratteriali e psicologiche abboccano alla setta di turno sovente rimettendoci famiglia, salute e patrimonio. In nome della libertà religiosa si è fatta avanti persino la richiesta di riconoscimento, quale culto legittimo, del satanismo. Nella logica relativista nulla si può opporre a tale richiesta dato che, in quella logica, la “chiesa di Satana” ha lo stesso diritto e valore giuridico della Chiesa cattolica.
La democrazia liberale nasce storicamente dal “settarismo” protestante, inaugurato dall’individualistico “libero esame” di Lutero. Il suo cammino trionfale inizia poi nel XVIII secolo con la nascita degli Stati Uniti d’America, all’ombra del relativismo massonico di Washington e degli altri padri fondatori. La concezione massonica per la quale la Verità non esiste (essendo una auto-costruzione “iniziatica” dell’uomo) o, meglio, per la quale essa, inattingibile storicamente, sarebbe diluita un po’ in tutte le fedi sicché nessuna di esse può pretendere un primato sulle altre, è il fondamento irrinunciabile della democrazia liberale. Che lo si voglia o meno, è così. Gli Stati Uniti, infatti, sono il paradiso del settarismo e da lì, da oltreoceano, le più svariate sette sono ritornate in Europa, senza che nessuno possa opporsi al loro, spesso aggressivo, proselitismo anche quando tutto finisce in coartazioni o, a volte, stragi. Come nel caso del suicidio di massa perpetrato dai membri della setta del “Tempio del Popolo”, fondata dal pastore Jim Jones, a Jonestown in Guyana nel 1978. Un episodio, quest’ultimo, forse estremo ma significativo anche perché ricorda, da vicino, la pratica del suicidio rituale, l’“endura” (la morte per fame), del catarismo medioevale, il quale considerando la materia e la carne il male dal quale liberarsi imponeva, a certi livelli iniziatici, ai suoi adepti di ricorrere al suicidio. Il catarismo fu una delle ricorrenti forme di gnosi spuria come lo sono le diverse sette neospiritualiste oggi pullulanti. Venne duramente represso, con la cosiddetta “crociata contro gli albigesi”, ma uno storico imparziale, e nient’affatto simpatizzante con la Chiesa, come Henry Charles Lea, ha ammesso che “una vittoria dei catari avrebbe riportato l’Europa ai tempi selvaggi e primitivi”.
Arriviamo così ad un punto cruciale. L’amico e storico Franco Cardini, cattolico romano per fede, è l’autore di un interessante saggio “Contro Ambrogio” (egli ha promesso di scrivere in futuro anche un altro saggio da titolare “Pro Ambrogio” ma finora non ha mantenuto la promessa). Nella chiusa di tale libro Cardini si chiede se non ci fosse stata la svolta costantiniana, e quindi senza Ambrogio, la Chiesa avrebbe evitato di percorrere la via che poi ha condotto a “crociate” ed “inquisizione”.
Sembrerebbe, quella di Cardini, la solita “pippa” anticristiana e la solita richiesta di infiniti “meaculpa”. Ma non è così, giacché Cardini, storico di primordine, sa molto bene quanto la vulgata su crociate ed inquisizione sia in gran parte falsa e falsificata dalle antiche polemiche anticlericali sette-ottocentesche. Da lui, anche se non solo da lui, lo scrivente ha imparato che la “crociata” non era tale ma soltanto l’innesto del concetto giuridico romano di “ius bellum”, guerra giusta, sull’esperienza spirituale del pellegrinaggio in Terra Santa e che quindi essa fu un “pellegrinaggio armato” ma non una “guerra santa”, dato che in ambito cristiano nessuna guerra, neanche quella “giusta”, tollerata come male a volte necessario per evitare un male maggiore, può essere “santa”. Sempre da lui lo scrivente ha appreso che l’inquisizione ecclesiale è stata in genere relativamente molto più prudente e molto meno dura e facile al ricorso effettivo alla tortura di quella laica che, invece, ha continuato ad usare i suoi strumenti di costrizione fisica anche in tempi di secolarizzazione del potere politico. Lo scrivente ha poi appreso che la vera e propria mattanza di streghe si registra in terra protestante dato che, “Malleus maleficarum” di Kramer e Sprenger, nel XV secolo, a parte, gli inquisitori cattolici iniziarono ben presto a capire la natura folklorica di certe pratiche popolari “stregoniche” e quindi a derubricarle a superstizione che in quanto tale era competenza degli evangelizzatori ma non dei tribunali inquisitoriali. Esemplare il caso di Gostanza la presunta strega di san Miniato, sulla quale Cardini ha curato un libro, salvata, dal linciaggio popolare, dal suo stesso inquisitore. Anche il caso di Galileo Galilei non si è svolto come lo raccontano, in quanto lo scienziato pisano ebbe un trattamento certo non in linea con il truculento immaginario di torture cui sarebbe sato sottoposto per ottenere l’abiura. In realtà, per quanto stiamo sempre parlando di una pressione psicologica processualmente ottenuta, Galilei aspettò il processo ospite riverito nella villa di un cardinale e quale pena canonica gli fu imposta la recita dei salmi penitenziali. Morì, infine, confortato dai sacramenti, lui che mai ripudiò la sua fede cattolica, e dalle cure di una sua figlia suora.
Orbene, per tornare al suo libro di sant’Ambrogio, Cardini ponendosi e ponendoci la domanda, sopra ricordata, ossia se la Chiesa senza svolta costantiniana avrebbe evitato certe pagina dolorose della sua storia, sembra non tener adeguatamente conto della logica stessa dell’Incarnazione per la quale Dio ha accettato di entrare nella storia umana post-adamica, quindi in una storia contrassegnata dal peccato e dalla fallacia umana, assumendosene il rischio, ossia caricandosi il fardello non solo del peccato anche della fallacia e della debolezza degli stessi cristiani, quindi delle loro sempre possibili mancanze di carità. Nella logica dell’Incarnazione, la Chiesa è Corpo Mistico di Cristo e, come tale, non può essere considerata alla stregua di una qualsiasi associazione a scopo religioso, motivo per il quale Essa non poteva non confrontarsi a vario titolo e con varie modalità, storicamente dinamiche, con le culture con le quali sarebbe venuta a contatto ed anche con l’Autorità politica. In altri termini, era inevitabile, per la logica stessa dell’Incarnazione, che, ottenuta da Costantino la libertà religiosa, la Chiesa ottenesse da Teodosio anche la sanzione politica del riconoscimento della primazia spirituale sugli altri culti. Il problema, tutto medioevale, dell’eccesso in senso teocratico di certuni Papi, che illegittimamente oltrepassarono il limite di autonomia del Potere regale, è un altro discorso che esula dall’oggetto proprio di queste riflessioni. Per questa medesima logica “ambrosiana”, secoli dopo, Pio IX, spodestato del potere temporale, giustamente non accettò la tutela offertagli dai Savoia usurpatori mediante la “legge delle guarentigie”, perché si trattava di una legge unilaterale dello Stato italiano, quindi modificabile ad libitum da qualsiasi governo, che riduceva la Chiesa alla stregua di una mera associazione di privati cittadini. Non dunque di un trattato internazionale e bilaterale tra soggetti che si riconoscono reciprocamente ed alla pari sotto il profilo giuridico.
D’altro canto non si può neanche dimenticare che nella logica dell’Incarnazione rientra anche tutto il complesso di opere di assistenza e carità come anche l’intero patrimonio artistico che la Cristianità ha generato e ci ha lasciato in eredità. Senza la svolta costantiniana forse non ci sarebbe stata l’inquisizione ma neanche la cattedrale di Notre Dame a Parigi, non ci sarebbero forse state le crociate ma neanche il Duomo di Firenze, non ci sarebbe stata la stretta unione tra l’altare ed il trono ma neanche la Commedia di Dante e probabilmente non sarebbe sopravvissuta neanche la Chiesa se fosse rimasta una semplice congrega privata di fedeli di un esotico culto di origine palestinese. Quindi senza il “duro” Ambrogio neanche il “serafico” Francesco. Insomma se il Verbo si è fatto carne non sarebbe poi stato possibile che la Chiesa non assurgesse ad una concreta visibilità e corporeità che comporta anche una dimensione giuridica e quindi una continua interrelazione con il Politico. Con tutti i rischi storici del caso. Piaccia o meno.
Ciascun cattolico, come lo scrivente, deve debitamente ed onestamente farsi carico del “peso storico” del passato comprese le sue zone d’ombra ma senza complessi di colpa ed anzi rivendicando le ragioni, misconosciute dai detrattori, di Ambrogio e degli inquisitori, benché – sia chiaro! – senza nostalgie o sogni di restaurazione, impossibile a realizzarsi in termini umani ovvero con mezzi politici ossia in mancanza innanzitutto di una trasformazione interiore che solo orazione e vita sacramentale possono ottenerci da Dio. Dalla fattuale accettazione del mondo nel quale egli vive, tuttavia, il cattolico non deve giungere, come fanno i suoi correligionari “progressisti”, anche ad incensarlo o a fare proprie le ragioni, gli esiti ai quali esse possono portare abbiamo sopra evidenziato, dei “nemici” di ieri (e, senza farci soverchie illusioni, anche di oggi). Ai detrattori del nome cristiano si deve ricordare, piuttosto, che, le vicende storiche della modernità, sono lì a dimostrare quanto loro non si sono dimostrati migliori dei cristiani e che nessuno, né loro né noi cristiani, può scagliare la prima pietra. Un approccio “neopagano” oggi molto di moda – fatto proprio anche da taluni cari amici dello scrivente – dimentica con troppa facilità che, a ben guardare, anche il mondo antico, nonostante il pullulare di culti nella Roma tardoimperiale, non praticava affatto la tolleranza relativista, come quella moderna di tipo massonico, dato che, al contrario, ciascun culto per essere ammesso doveva avere il placet imperiale o senatoriale. Il moltiplicarsi dei culti nella tardo-romanità va piuttosto letto alla luce del fatto che essi, sotto diverse forme, nascondevano più o meno una identica narrazione mitica, mentre la nuova fede cristiana, benché lealissima verso l’Impero, non era riducibile ad un mero mito.
Ora, però, proprio perché la dichiarazione di rivendicazione senza infingimenti del “peso storico” della tramontata Cristianità non vuol essere, come detto, anche prassi intesa alla restaurazione – che è bene ribadirlo non è cosa operabile con mezzi umani – non è possibile chiudere queste riflessioni senza una ultima considerazione. Il dramma dei secoli cristiani non è stato, come ritengono i cattolici modernisti, quello della svolta costantiniana, ossia del passaggio della Chiesa nel IV secolo, ottenuta la libertà religiosa, alla “prevaricazione”, quanto piuttosto quello del fatto che per tutti quei secoli i cristiani, certo per molteplici fattori spirituali, sociali, politici, economici, sia come singoli sia come comunità, grandissime eccezioni di santità a parte (che non furono poi così poche, comprese quelle della gente comune e conosciute solo a Dio perché non ufficialmente canonizzate), non hanno dimostrato di essere coerenti con la Carità che è parte di e deriva dalla Verità ossia dalla Persona Divino-Umana di Cristo. E’ il problema della “metanoia”, della trasformazione interiore, della “conversione del cuore” al Cuore di Dio. Se i cristiani e la Cristianità hanno mancato in qualcosa è in questo, non nel pretendere il riconoscimento della primazia della Verità. Perché tutti i Papi, fino a Giovanni Paolo II ed a Benedetto XVI, non hanno mai negato che la Verità viene prima della libertà e che senza la Verità non c’è neanche la libertà o che, senza la prima, la seconda finisce per rovesciarsi, come sovente la storia moderna ha dimostrato, nel suo contrario. Se per un liberale il primato spetta alla libertà, per un cristiano, anche per un cristiano del XXI secolo, il primato spetta sempre e comunque alla Verità. Il punto sta tutto nel come attuare tale primato senza violare la libertà altrui e senza imporlo coattivamente agli altri. Qui, appunto, l’unica risposta, quella ad esempio indicata da Papa Benedetto XVI nelle encicliche “Deus caritas est” e “Caritas in Veritate”, è la conversione interiore personale di ciascun cristiano che sappia manifestarsi all’esterno nei rapporti sociali e politici fino a conquistare il cuore degli altri in modo che, poi, tutti insieme, nella Chiesa, si sappia contribuire a rendere possibile e concreta, carnale, una, forse, futura migliore Cristianità anche sociopolitica. Naturalmente solo a Dio piacendo ossia se questo è nei Suoi imperscrutabili disegni.
Luigi Copertino
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tra un tampone e l’altro, approfittatene...;-)
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Donald Trump aveva affidato al genero Jared Kushner la stesura del Century Deal, accordo o affare del secolo, fra Palestinesi e Israeliani. Lo si conoscerà alla fine del mese di Ramadan, ma in questi giorni sono filtrate anticipazioni. Autentiche? O psyops per allarmare prima di rivelazioni ufficiali un pò meno rapaci?
Se tali rivelazioni sono verità, l’Accordo è scritto sotto dettatura della destra israeliana e delle sue ambizioni di creare una Grande Israele, con pochi sostegni economici ai Palestinesi per alleggerire lo strangolamento della loro economia, e la creazione di un’entità “Nuova Palestina” nominalmente indipendente e ufficiosamente sottomessa a Israele.
-In primo piano, la non contrattabilità del testo da parte dei tre firmatari : Israele, l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) e, per Gaza, Hamas e Jihad islamica. Se OLP e Gaza non firmano, gli Stati Uniti smettono di finanziare i progetti a beneficio dei Palestinesi e chiedono ad altri paesi di astenersi. (nota*) . Se OLP firma ma Hamas e Jihad Islamica non lo fanno, viene lanciata una guerra contro Gaza con il pieno sostegno degli Stati Uniti. Se Israele non firma? Gli Stati Uniti “cesserebbero il loro sostegno economico”, il che non è nemmeno immaginabile visto il peso determinante delle organizzazioni filo-israeliane a Washington.
-Firmato l’accordo, due stati alla pari? Israele è uno degli stati più armati al mondo, Nuova Palestina la si vorrebbe addirittura senza esercito.
-Territorio della Nuova Palestina: quel che resta della West Bank (Cisgiordania) e la Striscia di Gaza. In Cisgiordania gli insediamenti israeliani illegali verrebbero annessi a Israele, ciò significa annessione della maggior parte dell’Area C che, scrive Jonathan Cook, a conti fatti lascerebbe allo stato N.P. circa il 12% della Palestina storica. (nota **) Il dodici percento di territorio più povero di risorse – spogliato da Israele di fonti d’acqua, coerenza economica e risorse chiave sfruttabili, come le cave della Cisgiordania. Il collegamento Cisgiordania – Gaza avverrebbe per mezzo di un’autostrada a …. 30 metri dal suolo sopra il territorio israeliano. Nuova Palestina potrà avere un aeroporto, fabbriche, infrastrutture per il settore commerciale e agricolo … su terreni del Sinai … “offerti dall’Egitto” … “entro il termine di 5 anni” …. con espresso divieto ai Palestinesi di risiedervi…
– La capitale: l’Accordo prevede un capolavoro di insostenibilità. Gerusalemme capitale di entrambi gli stati, città indivisa, ma sotto il “controllo generale di Israele” . I residenti palestinesi sarebbero cittadini della Nuova Palestina, ma la municipalità israeliana rimarrebbe responsabile delle questioni relative al territorio; “Nuova Palestina” pagherebbe le tasse al municipio israeliano e in cambio potrebbe occuparsi delle scuole per ragazzi palestinesi. Previsto un blocco immobiliare che impedisca compravendite di abitazioni fra palestinesi e israeliani. I Palestinesi che vivono nella Gerusalemme occupata sono circa 435.000; attualmente detengono documenti di residenza permanenti – che Israele può però revocare se vivono fuori città per un certo periodo di tempo – e non hanno diritti di cittadinanza; per l’accesso ai luoghi sacri anche in futuro dovrebbero dipendere dal controllo israeliano.
Dopo un anno dalla firma, in Nuova Palestina si terrebbero le elezioni e nel corso di 3 anni Israele “inizierebbe gradualmente” a liberare i prigionieri palestinesi in Israele. Questi sono oltre 6.000, sottoposti a condizioni lontane anni luce dal rispetto dei diritti umani, e circa 300 di loro sono minorenni. La Grande Israele, con questo accordo sfuggirebbe alle conseguenze delle violazioni dei diritti umani perpetrati [vedere: KLWCT sentenzia: Israele e Yaron colpevoli ] e al divieto di acquisire territorio attraverso un conflitto.
L’Istituto Science and Politics Foundation (SWP) della Germania conclude così l’articolo sul Century Deal (versione in italiano da traduttore online):
La Germania e i suoi partner nell’UE dovrebbero precisare i principi nei quali ciascun progetto deve essere misurato al fine di contribuire alla soluzione duratura del conflitto israelo-palestinese: adempiere il diritto di entrambi Popoli, garanzia dei diritti umani individuali per l’intera popolazione tra il Mediterraneo e la Giordania, nonché l’attuazione del Diritto al Ritorno, che comprende sia il diritto individuale dei Profughi Palestinesi di scegliere che gli interessi delle attuali e future entità statali. Se la proposta degli Stati Uniti non soddisfa tali criteri, gli europei non dovrebbero sostenere singoli elementi del piano. In particolare, secondo l’esperienza degli ultimi 25 anni, lo sviluppo economico nei territori palestinesi non può essere conseguito attraverso massicci investimenti, se allo stesso tempo persistono ostacoli (in particolare le restrizioni alla mobilità, le procedure di autorizzazione e l’esaurimento delle risorse). È importante precisare chiaramente che cosa comporterebbe l’annessione di parti della Cisgiordania in impegni con Israele e quali sarebbero le conseguenze attese da parte europea. Gli europei non dovrebbero essere a disposizione per finanziare un’occupazione o un’annessione permanenti.
Dr. Muriel Asseburg, Senior Fellow nel gruppo di ricerca Medio Oriente e Africa.
© Stiftung Wissenschaft und Politik, 2019
Note
(*) In realtà già dal 2018 gli USA hanno tagliato tutti i finanziamenti all’UNRWA, l’agenzia ONU per i profughi palestinesi, e interrotto i finanziamenti per gli ospedali palestinesi in Gerusalemme); oltre allo spostamento dell’Ambasciata americana a Gerusalemme e il riconoscimento della sovranità di Israele sulle (siriane) Alture del Golan, in aperta violazione del Diritto Internazionale secondo il quale l’acquisizione di territorio con la forza, ovvero in conseguenza di una guerra, è inammissibile. Il che si configura come un via libera americano per l’annessione futura della Cisgiordania-
(**) Lenta preparazione: nel marzo 2017, il Governo israeliano ha approvato per la prima volta in 25 anni un nuovo insediamento nella Cisgiordania centrale, nel 2019 in campagna elettorale Netanyahu ha fissato l’obiettivo di estendere la sovranità israeliana alla Cisgiordania, soppresso la missione internazionale di osservatori a Hebron, che dal 1994, monitorava la città vecchia. Ci si aspetta che ciò acceleri la trasformazione della zona circostante con ulteriori insediamenti e spostamenti della popolazione palestinese, l’enfasi sul patrimonio culturale ebraico contro quello islamico. Vedere La vergogna dell’Occupazione israeliana: i coloni di Hebron – Al Khalil
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La storia affrontata da Paul Johnson si snoda lungo un arco di 4000 anni: dai tempi biblici ai giorni nostri, da Abramo alla creazione di Israele. Agli estremi si affacciano i due fondamentali contributi degli ebrei alla storia dell'umanità: la fede in un solo Dio e l'influsso esercitato nella formazione di quel complesso di concetti che va sotto il nome di modernità. Infatti l'eredità spirituale ebraica nel patrimonio del mondo moderno è individuabile, in modo più o meno evidente, dalla nascita del laicismo all'evoluzione del capitalismo e del socialismo, dall'esplorazione della psiche umana al rivoluzionario sviluppo della cultura umanistica e scientifica degli ultimi due secoli. In queste pagine dense di utili informazioni, Johnson ha analizzato in ogni suo aspetto le caratteristiche del pensiero ebraico anche in rapporto con gli altri popoli e le altre religioni rivelate, tracciando la storia di un popolo che ha conosciuto dolori e annientamenti, e che è sopravvissuto per la forza di una fede, di un'ostinazione spirituale insuperata. "Storia degli ebrei" di Paul Johnson . . . . . #pauljohnson #libro #libri #libros #libreria #buch #livre #book #books #bookstagramitalia #bookstagram #consiglidilettura #librodaleggere #libroconsigliato #librodelgiorno #storia #storiadegliebrei #ebrei #ebraico #ebraismo (presso Benevento, Italy) https://www.instagram.com/p/CbHlOs5Inw7/?utm_medium=tumblr
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Buongiorno viaggiatori.. Stamattina city tour della meravigliosa Marrakech Dopo essere passata al Riad a prendere i viaggiatori inizieremo con la storia della bellissima piazza Jemaa el Fna , patrimonio orale e immateriale dell' umanità secondo Unesco.. un teatro a cielo aperto Passeremo poi attraverso le vie della Mellah, il quartiere ebraico per poi visitare le due perle di questa citta , il palazzo el bedie, l incomparabile e il palazzo bahia , la bella .. A quel punto la mia parte preferita .. saliremo sul tuc tuc per raggiungere la parte più nascosta del quartiere arabo , il quartiere degli artigiani dove vedremo all' opera la.maestria ancestrale degli artigiani marocchini Sarà una giornata bella e intensa , colori , profumi, musica e spezie attendono i miei viaggiatori Ora scappo .. mi stanno aspettando Vi aspetto a Marrakech 💖 #inmaroccoconlaura #viaggiatori #viaggi #raccontidiviaggio #raccontidalmondo #nonsmetterediviaggiare #viaggiaresempre #nonsmetterediviaggiare #viaggiaresempre #viaggiareinsicurezza #Marrakech #jemaaelfna Inmaroccoconlaura.com Inmaroccoconlaura.com https://www.instagram.com/p/CamCA5mARFT/?utm_medium=tumblr
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GIORNO 03: DOMENICA 05-09-2021 SIVIGLIA
Sveglia solo alle 08.20 perché oggi restiamo a Siviglia. A collazione assaggio i ciurros, peccato che non abbiano la cioccolata. La visita guidata è stata spostata al pomeriggio per cui alle 09.00 esploriamo da soli e a piedi la città. Io e Pino, passando dalla Cattedrale con la sua torre Giralda, decidiamo di visitare il quartiere di Santa Cruz, un labirinto di vicoli, piazzette e cortili in fiore una volta Quartiere Ebraico. Ad aiutarci per l'itinerario una cartina presa all'azienda per il turismo in Plaza del Triunfo da dove inizia il tour.. La cartina spiega che il percorso è di 2.230 metri; 3.717 passi; 11 soste; da fare in 30', ma raccomanda una visita di 2 ore. Noi ne impieghiamo 1 e ½. Si esce su Plaza Virgen de los Reyes davanti alla Giralda. Ci meritiamo un Tapas di Polpo e una Sangria (€8.00). Visto che sono astemio mi si piegano le gambe, ma come rinunciare. Alle 14.38 rientriamo in hotel e alle 15.00 partiamo in bus per un giro guidato ufficiale. Percorriamo i lunghi viali de Paseo de Cristobal Colon con l'Arena de Toros e Paseo de Las Delicias. Alle 15.45 continuiamo a piedi visitando la splendida Plaza de Espana. In breve passiamo anche dal Quartiere Ebraico per entrare nella Cattedrale, terzo tempio cristiano al mondo per grandezza e Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO dal 1987. Alla fine della visita, le 17.45, siamo liberi. Una volta soli decidiamo di arrampicarci sulla Torre della Giralda, antico minareto della Moschea, divenuto poi il campanile della Cattedrale. Salgo insieme a Pino le 34 rampe mantenendo costantemente 13 passi per rampa. In 6'15” sono in cima con il fiatone. Dopo le foto panoramiche decidiamo la nostra prossima meta: il Metropol Parasol su Plaza de la Encarnacion, la fantastica copertura che si distingue chiaramente dalla Giralda. Discesa in 5'30” e alle 18.25 infiliamo la via più breve che ci porta alla Plaza. - Gigantesce colonne sostengono un intreccio di legno e materiali naturali che ricoprono lo spazio urbano come un immenso ombrello (parasol) sotto cui si passeggia al riparo dal cocente sole andaluso.- Finita la visita abbiamo ancora tempo a disposizione, ma abbiamo finito il programma. Pino si ricorda che la sua confraternita di città è gemellata con una confraternita di Siviglia. Dopo una piccola ricerca individuiamo la Chiesa e decidiamo di visitarla rischiando di trovarla chiusa. Cosi, navigatore alla mano ci dirigiamo verso la Iglesia de S. Vincente. Quale sorpresa, dopo tanto scarpinare, nel trovarla aperta. Riusciamo a parlare anche con un signore-guardiano che ci indica una pergamena in una cappella laterale che dovrebbe essere la prova del gemellaggio delle due confraternite. Alle 19.42 rientriamo in hotel per arrivare alle 20.45 in tempo per la cena delle 21.00. Prendo la Zuppa Salmorejo e la Paella Arroz. Dopo cena, in camera, compro online i tickets per l'Alhambra di Granada prevista dopodomani. Su consiglio di Catina opto per i biglietti da €14.85 che permettono la visita completa. Percorsi 19,700 Km.
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO PRIMO di Gianpiero Menniti
L'UOMO GRECO E L'UOMO CRISTIANO
La tragedia di Sofocle narra del figlio che in apparenza infrange due tabù: uccide il padre e giace con la madre. Ma Edipo non è colpevole: l'origine della vicenda è nel misfatto di Laio, il re che teme il pronunciamento dell'oracolo e decide di assassinare il figlio. Il padre è l'assassino. Edipo è la vittima. Laio è dunque colui che non accetta la metafora della morte come passaggio del testimone al figlio. Non accetta la decadenza del corpo. Non accetta di trasmettere la sua eredità, l'Io che si scioglie nella figura del figlio. Non accetta la condizione che la natura impone per se stessa, per le sue finalità di vita senza scopo. La vita che necessariamente è morte. Così, Laio si ribella, infrange l'ordine e apre le porte al caos. Edipo è la vittima. Inconsapevole, rifiuta il nuovo ordine imposto dagli eventi, non segue la regola dell'equilibrio, nella scia dell'ignota ma presente e angosciosa eredità paterna. Nella sua sfrontata ricerca di verità si condensa la tragedia indicibile, struggente, insanabile. Egli è il figlio che si affaccia al mondo attratto dal suo disvelamento, dalla fiducia nella conoscenza. Anche lui senza misura. Anche lui epigono del caos. La tradizione cristiana ripensa il ruolo del padre, ma non entro "l'aretè", necessità di natura e accoglimento del destino di mortale. L'uomo cristiano coltiva la speranza della salvezza dalla morte e sposta l'asse della verità dall'ordine di natura all'ordine divino. Il Dio non è caos ma è padre. Il Dio non è solo onnipotenza ma è divenuto amore. E Amore vince sulla Natura fino a sovvertirne il corso, fino a superarne la muta indifferenza attraverso il Verbo che è coscienza e ricerca. Ecco che il padre accetta la sentenza di morte del figlio:
«Il più giovane disse al padre: "Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta."» (Luca, 15,12).
Nel mondo ebraico l'eredità chiesta prima della scomparsa del genitore equivaleva ad un delitto, rappresentava il desiderio di sopprimere il padre stesso. Ed era punibile con la sentenza capitale. Ma il padre divide l'eredità e lascia andare il figlio: riconosce che il desiderio della sua morte è nel figlio anelito di libertà, estrema pulsione di conoscenza, inclinazione naturale alla vita che divora la vita. Non si vendica, non si lascia cadere nell'impulso contrastante e sceglie la speranza, confida nella salvezza. E nel ritorno. Quando la speranza si avvera e l'ordine naturale dei sentimenti ancestrali è sovvertito, vinto, sconfitto, il padre cancella il passato (il passato è peccato, il presente è redenzione, il futuro è salvezza) e riabbraccia il figlio ritrovato. La Natura rimane in agguato: l'altro figlio osserva e recrimina e rimprovera:
«Egli si adirò e non volle entrare; allora suo padre uscì e lo pregava di entrare. Ma egli rispose al padre: "Ecco, da tanti anni ti servo e non ho mai trasgredito un tuo comando; a me però non hai mai dato neppure un capretto per far festa con i miei amici; ma quando è venuto questo tuo figlio che ha sperperato i tuoi beni con le prostitute, tu hai ammazzato per lui il vitello ingrassato" » (Luca, 15, 28, 29, 30).
Ma è qui che la parabola evangelica tocca il suo culmine, spesso misconosciuto:
«Il padre gli disse: "Figliolo, tu sei sempre con me e ogni cosa mia è tua; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato."» (Luca, 15, 31, 32).
Il padre, sublimazione dell'Amore, salva anche lui, anche l'altro figlio incapace fino a quel momento di comprendere l'ordine di Dio, il figlio rimasto entro l'ordine di Natura che reclama la vendetta. Ma lo salva davvero? Rembrandt lo pone nella scena, a destra, solenne e torvo di rancore. In severo contrasto con l'espressione di disperata compassione che sorge nell'abbraccio tra il padre e il figlio ritrovato. Chagall lo esclude, ponendolo di spalle e accostandogli una figura ferina di risentimento, in basso a destra. Mentre lascia al centro del mondo che accorre l'atto d'amore del padre, approdo finale ed ascesa nel superamento dell'impeto.
- Rembrandt Harmenszoon van Rijn (1606 - 1669): "Ritorno del figliol prodigo", 1661/1669, Ermitage, San Pietroburgo
- Marc Chagall (1887 - 1985): "Il ritorno del figliol prodigo", 1975, Museo nazionale messaggio biblico Marc Chagall, Nizza
- In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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MILANO CINECONCERTI FESTIVAL: gran finale con gli ultimi due eventi in agenda
MILANO CINECONCERTI FESTIVAL: gran finale con gli ultimi due eventi in agenda. Ultimi due appuntamenti per Milano Cineconcerti Festival, rassegna di film muti sonorizzati dal vivo con la direzione artistica di Rossella Spinosa, che ha riscosso grande interesse e ampia partecipazione di pubblico nel corso di tutta l’intensa programmazione. Nato a Milano per il palinsesto Milano è Viva in collaborazione e con il sostegno del Comune di Milano, il Festival, con sede in Piazza Belloveso nel Quartiere Niguarda, ha accompagnato le serate estive milanesi offrendo una preziosa opportunità di riscoperta del patrimonio filmico non sonoro con l’esecuzione live di partiture storiche e contemporanee a cura di solisti e formazioni da camera. Un sorprendente viaggio di musica e cinema tra infinite suggestioni che ha visto una presenza di pubblico entusiasta, partecipe e pronto a resistere anche alle intemperie. Una vera sfida di successo per un’iniziativa di alto valore culturale portata nel quartiere milanese di Niguarda. Le ultime due serate di eventi sono martedì 19 e giovedì 21 settembre, entrambe con la proiezione di film che hanno segnato la storia del cinema; due appuntamenti di grande richiamo e coinvolgimento per tutti gli appassionati di cinema e musica. Martedì 19 settembre è in programma Metropolis, film del 1927 diretto da Fritz Lang e considerato il suo capolavoro, pellicola che è diventata un vero e proprio cult e modello di riferimento per gran parte della successiva cinematografia fantascientifica, fonte di ispirazione per numerosissimi film. La chiusura della rassegna, giovedì 21 settembre, vede invece la proiezione di Der Golem, film del 1920 con la regia di Paul Wegener, Carl Boese e Henrik Galeen. Tra i primi esempi di surrealismo con influenze del genere fantastico, il film è ambientato nel ghetto ebraico della Praga cinquecentesca. Ad eseguire le partiture originali di Rossella Spinosa saranno, per l’appuntamento del 21 settembre, le prime parti degli archi dell’Orchestra Sinfonica di Milano, con Rossella Spinosa al pianoforte e la direzione di Alessandro Calcagnile. La partitura di Der Golem di Rossella Spinosa ha visto l’esecuzione in concerto negli anni di diverse compagini orchestrali, italiane ed estere, nonché la registrazione in dvd per Cineteca Umanitaria delle musiche di Spinosa con l’Orchestra I Pomeriggi Musicali per la Collana di Cinema Muto della stessa Cineteca. Entrambi i film in programma trattano, in un certo qual modo, il tema della Intelligenza Artificiale e della creazione ad opera degli umani di alter ego non umani, pronti a sfuggire al controllo umano. Gli spettacoli vedono la presenza ogni sera di un diverso rappresentante del terzo settore milanese che porta il proprio contributo e la propria testimonianza sulle tematiche sociali oggetto della serata. La programmazione di Milano Cineconcerti Festival prosegue con incontri, laboratori e masterclass aperti al pubblico in altri luoghi della città e che proseguiranno fino alla fine di ottobre. Gli spettacoli dal vivo e i seminari sono ad ingresso libero e gratuito, con proposte fruibili da ogni fascia di età. Presso il Teatro Munari la riprogrammazione degli spettacoli annullati in caso di maltempo. Martedì 19 settembre ore 21.00 Film Metropolis (1927) Regia: Fritz Lang Il film, tratto da un romanzo di Thea van Harbou. Si ambienta nel 2026, in una tentacolare Metropolis. La megalopoli ostenta grattacieli altissimi, tra i quali si incrociano ardite sopraelevate percorse da futuristiche vetture. Gli abitanti sono ricchi nullafacenti ingordi di agi e lussi. Ma la parte inferiore della città nasconde un orrore: proletari che lavorano incessantemente e in condizioni sovrumane come schiavi. In quell'inferno si aggira un angelo, la dolce e mite Maria (Brigitte Helm) una giovane che incoraggia gli operai inducendoli a confidare nella provvidenza; oltre a ciò, si prende cura dei loro bambini. Un giorno li conduce a vedere un meraviglioso giardino "nella città di sopra". Qui incontra John (Gustav Frohlich), figlio del padrone assoluto di Metropolis, Freder Frederer (Alfred Abel). Il ragazzo ne rimane profondamente colpito e seguendola scopre i sotterranei e gli uomini ridotti in schiavitù. La sua vita cambia quando decide di entrare nella realtà del sottosuolo e comincia a farne parte. Cerca la sua amata ma non la può trovare: è stata rapita per ordine di Frederer da uno scienziato con il compito di mettere a punto un Androide identico a Maria che dovrebbe dividere gli operai, ma in realtà, il suo creatore, se ne servirà per fomentare la sommossa con lo scopo di strappare il potere a Frederer. Metropolis assisterà a scenari disastrosi, la donna robot guiderà una rivolta, le fabbriche si fermeranno, la città rischierà il collasso e gli operai la vita. Giovedì 21 settembre ore 21.00 Film Der Golem (1920) Regia: Paul Wegener, Carl Boese e Henrik Galeen Intorno al 1580, a Praga, l'imperatore prepara un piano per allontanare dalla città gli ebrei accusandoli falsamente di aver sacrificato dei bambini in rituali blasfemi. Quando il conte Floriano pubblica l'editto per l'espulsione, il rabbino Löw, sapiente di arti magiche e di alchimia, decide di intervenire in difesa del suo popolo e, costruita una gigantesca statua d'argilla, il Golem, evoca il demonio Astarotte affinché gli riveli la parola necessaria ad infondergli la vita. Incastrata sul petto della statua una piccola incisione recante il nome "aemet" ("vita" o "verità"), Löw anima il Golem e lo conduce con sé alla corte dell'imperatore per dissuaderlo. Le sue preghiere e le sue minacce risultano vane e soltanto dopo che il palazzo rischia di crollare per la collera divina e il Golem salva la sua famiglia, l'imperatore accetta di ritirare l'editto. Terminata l'opera, il rabbino si prepara a restituire il riposo al colosso togliendogli l'incisione, ma Famulus, l'infido servitore, se ne impadronisce per farne strumento delle sue vendette. Musiche originali di Rossella Spinosa eseguite dalle prime parti degli archi dell’Orchestra Sinfonica di Milano, con Rossella Spinosa al pianoforte e Alessandro Calcagnile alla direzione. (In caso di maltempo, lo spettacolo sarà recuperato presso il Teatro Munari di Milano venerdì 22 settembre alle ore 21). Rossella Spinosa: Si diploma in pianoforte, clavicembalo, composizione e si laurea in Legge e Musicologia. Suona in sale come la Carnegie Hall di New York, Italian Bunka Kaikan di Tokyo, Accademia Liszt di Budapest etc, ed esegue molte opere nuove a lei stessa dedicate, in Europa, Canada, Stati Uniti, Russia, Sud America, Corea e Giappone. Collabora per anni con il Premio Oscar Luis Bacalov; scrive opere per orchestra, per la lirica ed il teatro, commissionate ed eseguite da Kyev Camerata, I Pomeriggi Musicali, Orchestra da Camera di Lugano, etc. Compone le musiche per oltre cento pellicole di cinema muto che registrano grande riscontro di pubblico e di critica. Lavora con Ottavia Piccolo, Moni Ovadia, Paolo Rossi, il Duo Pali&Dispari e Teresa Mannino in performance live. Il suo cd monografico edito da Stradivarius dal titolo “Rossella Spinosa: Orchestral and chamber works, vol. 1”, è stato inserito da Il Manifesto tra le migliori dieci produzioni di musica nuova del Decennio 2011-2020, unico nome italiano in una lista di caratura internazionale. Alessandro Calcagnile: Raffinato interprete del repertorio moderno e contemporaneo, dopo essersi formato nei Conservatori di Milano, Brescia e Norinberga, poco più che ventenne debutta come direttore d’orchestra alla Sala Santa Cecilia del Parco della Musica di Roma alla testa dell’Orchestra Nuova Sinfonica Italiana. Da lì una brillante carriera che lo porterà ad esibirsi presso le più importanti sale e teatri del mondo, fino a giungere nel 2017 alla sala grande della Carnegie Hall di New York. Ha collaborato con l’Orchestra I Pomeriggi Musicali, l’Orchestra Cantelli di Milano, l’Orchestra Filarmonica Italiana, l’Orchestra Sinfonica di Sanremo, l’Orchestra Regionale Toscana, l’Orchestra I Professori del San Carlo di Napoli. Presidente e tra i fondatori del Centro Musica Contemporanea di Milano, Direttore Musicale del New MADE Ensemble, Direttore Editoriale delle Edizioni Sconfinarte, è uno dei protagonisti della musica contemporanea in ambito nazionale ed ha collaborato con i principali compositori viventi. Ha registrato per Stradivarius, RAI, Radio Televisione Svizzera Italiana, Radio Televisione Nazionale Albanese, Radio Capodistria. Informazioni Martedì 19 e giovedì 21 settembre Piazza Belloveso Zona 9 Quartiere Niguarda, Milano Inizio ore 21 – ingresso gratuito In caso di maltempo, l’evento conclusivo di giovedì 21 settembre sarà riprogrammato venerdì 22 settembre alle 21 al Teatro Bruno Munari di Milano. Mercoledì 25 ottobre ore 15 Spazio Lambrate Viale delle Rimembranze di Lambrate 16, Milano Seminario di Rossella Spinosa Partecipazione gratuita con iscrizioni a [email protected] Info: live.yesmilano.it/milano-viva https://live.yesmilano.it/listing/milano-cineconcerti-festival/... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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ARTURO SCHWARZ, HASTA SIEMPRE...di Roberto Massari
Se solicitan gentilmente traducciones en otros idiomas/ Translations in other languages are kindly requested Arturo Schwarz ci ha lasciato il 23 giugno all’età di 97 anni. D’ora in poi saremo tutti un po’ più soli sul terreno culturale e rossoutopico. Ma il patrimonio che egli ci lascia sopravviverà a lui e alle generazioni future. Ebreo del Cairo (dov’era nato nel 1924), fu tra i costruttori della sezione egiziana della Quarta internazionale, pagando di persona alti prezzi alle autorità militari britanniche (prigionia, torture, internamento e finalmente espulsione verso l’Italia). Nel nostro Paese militò nella sezione italiana della Quarta (i Gcr), dalla quale uscì per divergenze sull’orientamento politico.
Munito di doppia laurea (Sorbona e Oxford) diede vita nel 1952 alla celebre casa editrice «Schwarz» che rappresentò la prima vera fucina editoriale del pensiero d’avanguardia in questo Paese dilaniato tra due potentissime fonti di arretratezza culturale: la Chiesa cattolica e il togliattismo. E fu proprio Togliatti che riuscì a far chiudere questa eroica casa editrice che, per gli italiani reduci dal fascismo, pubblicava Breton, Trotsky, Naville, Nadeau, il primo Giorgio Galli e altri esponenti del pensiero antistaliniano, o poeti come Luzi, Merini, Quasimodo… La chiusura fu realizzata facendogli togliere il credito bancario (in qualche modo entrò nella congiura anche la Lega delle cooperative). Eppure la corrente editoriale rappresentata da Schwarz non morì e rinacque sotto non tanto mentite spoglie con la Samonà & Savelli, che a sua volta fece da madrina all’attuale Massari editore. Schwarz-Savelli-Massari, una linea di continuità editoriale che vive ed è proiettata nel futuro, a differenza del moribondo togliattismo (vecchio e nuovo) e degli ostacoli che la Chiesa incontra in campo culturale. Questa linea di contiinuità fa ben sperare per il futuro del pensiero razionale e rossoutopico e una parte del merito dovrà sempre essere riconosciuto a chi ha aperto la strada, cioè ad Arturo Schwarz. Verso la fine degli anni ’50, Arturo abbandonò la Quarta, ma la sua ammirazione per Trotsky continuò sino alla fine dei suoi giorni. Suo è il bel libro sull’amicizia fra Breton e Trotsky, tradotto in più lingue, che dal 1997 è nel catalogo della Massari editore, insieme con il suo L’avventura surrealista. Amore e rivoluzione, anche (a sua volta del 1997). A un certo punto Arturo si definì anarchico e credo che lo sia stato profondamente, nel senso migliore del termine. E infine sionista, anche questo nel senso migliore del termine, secondo un iter attraversato da molti altri esponenti dell’intelligentsia ebraica di sinistra o comunista, sempre comunque internazionalista.📷 Era un convinto e commosso ammiratore della nuova cultura israeliana ma anche, come mi confessò una volta, dell’accoglienza che la sua personalità culturale aveva in quel Paese, dove lo facevano addirittura insegnare all’università, mentre in Italia continuavano l’ostracismo o il silenzio nei suoi confronti. Non si faccia caso alle commemorazioni ipocrite che si leggeranno nei prossimi giorni, perché Arturo è rimasto sostanzialmente un emarginato sulla scena culturale italiana, nonostante il suo grande prestigio a livello internazionale. Più che il suo trotsko-anarco-sionismo, non gli è mai stato perdonato il suo precoce e duraturo antitogliattismo: proprio questo tratto culturale che deve restare come un suo titolo di grande merito, indipendentemente da altre considerazioni politiche. Si tenga conto che grazie alla sua pionieristica opera di collezionista e ai suoi studi sull’arte d’avanguardia, Schwarz aveva aperto una galleria a Milano, nella quale aveva raccolto un’enorme quantità di pezzi del dadaismo e del surrealismo di tutto il mondo, ma che portavano a volte le firme prestigiose di Duchamp (il più rappresentato), Tzara, Ray, e dello stesso Breton (un suo collage ebbi modo di vederlo nella sua casa museo di via Giuriati a Milano e l’ho poi adottato - su riproduzione datami da Arturo - come copertina del libro di Breton, Entretiens, altro capolavoro dell’editore Schwarz trasmigrato nella Massari editore). Arturo è stato considerato uno dei massimi studiosi del dadaismo e del surrealismo, e non c’è stata praticamente nessuna grande mostra su questi temi (dagli Usa, alla Francia, all’Italia, a Israele ecc.) che non si sia avvalsa dei suoi prestiti e della sua consulenza, sia per l’allestimento, sia per il catalogo. A un certo punto Arturo decise di donare una parte della sua grande collezione all’immeritevole Galleria d’Arte moderna di Roma (ormai degenerata a livelli impensabili per chi in quel Museo ha imparato a conoscere e amare l’arte del Novecento). Ma a me disse che quella donazione all’Italia la faceva soprattutto per superare gli ostacoli
giuridici alla donazione più grande e corposa che riuscì a fare nel 2000 per il Museo di Tel Aviv. Arturo scrisse molti libri. Io stesso vado accumulando da anni alcuni suoi testi (inclusa la conversazione con Marcuse) che mi permetteranno di includerlo ben presto nella collana degli «eretici e/o sovversivi», nella speranza che qualche studioso rediga una sua affascinante biografia. Scrisse di alchimia, di misticismo ebraico e orientale, scrisse poesie e scrisse di donne, da lui amate nella concretezza corporea, ma anche in una sorta di fantasiosa proiezione ideale. E amò molto se stesso, e a tale riguardo non fu mai ipocrita o modesto. Chi lo ha frequentato, sa che ebbe un carattere brusco, imprevedibile e a volte intrattabile. Io che sono riuscito miracolosamente a restargli amico (nonostante un diverbio che avemmo per una questione di dettaglio dopo gli indimenticabili incontri avvenuti nella villa/antico convento «incantato» nei pressi di Badia al Pino [Arezzo] ) posso assicurare che era questo il suo modo di difendersi dalla più infida minaccia per un uomo della sua celebrità internazionale: la discesa nella banalità, il cedimento alla società dello spettacolo. E per questo grande e anomalo intellettuale morto quasi centenario, possiamo dire che almeno lui ce l’ha fatta a vincere la battaglia più difficile. Hasta siempre, Arturo...
Nella diffusione e/o ripubblicazione di questo articolo si prega di citare la fonte: www.utopiarossa.blogspot.com
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La notte nazionale del Liceo Classico al Gobetti di Fondi
Locandina La pandemia non fermerà "La Notte Nazionale del Liceo Classico”, una manifestazione giunta alla sua settimana edizione che, quest'anno, si terrà in streaming. Ad annunciarlo la dirigente dell'istituto di istruzione superiore “Gobetti-De Libero” di Fondi Rosalba Rosaria Bianchi e i docenti della scuola che, nonostante le difficoltà, hanno scelto di aderire all'iniziativa. L'evento, che gode del patrocinato dal Comune di Fondi, si terrà venerdì 28 maggio, dalle ore 16:00 alle ore 20:00, e sarà trasmesso in diretta sulla pagina Facebook dell'IIS "Gobetti-de Libero". Hanno fatto sapere i promotiri: “Convinti della validità didattica dell'appuntamento, ma soprattutto dell’importanza che il patrimonio classico rappresenta per la formazione delle generazioni di ogni tempo si è scelto di non soccombere agli eventi, ma di resistere e lottare affinché si recuperi, almeno in parte, quella normalità che il Covid-19 ci ha strappato via”. Se la pandemia ha impedito l’apertura della scuola e la trasformazione dell’evento in una grande festa aperta a tutta la cittadinanza, come avvenuto in passato, quest'anno non mancano alcune belle novità. Ètato deciso di dare spazio ad alcuni dei luoghi più suggestivi della città (il magnifico litorale fondano, il Palazzo Caetani e infine la meravigliosa Giudea) scelti come sfondo per la realizzazione del cortometraggio “Furor et Ratio” e per la lettura del brano finale (in lingua greca con traduzione in italiano), tratto da “Eroe Leandro” di Museo. Hanno aggiunto gli organizzatori: “Fondamentale è stato il sostegno del sindaco di Fondi Beniamino Maschietto, per il patrocinio concesso alla manifestazione e la disponibilità alle riprese video all'interno del quartiere ebraico della città, e del dottor Lucio De Filippis, direttore dell' Ente Parco Naturale Regionale Monti Ausoni e Lago di Fondi, che ha aperto a studenti e docenti le porte del palazzo Caetani.” Il link per seguire l'evento in streaming: https://www.facebook.com/IISGobettideLibero/ Il link per vedere l'anteprima del cortometraggio: https://www.facebook.com/IISGobettideLibero/videos/808645766452006 Il programma dell'evento Ore 16:00-16:30 Proiezione del video ufficiale di apertura realizzato dal Coordinamento Nazionale dell'Evento Saluti istituzionali Ore 17:00-18:00 "Diritto e contaminazione" - Conferenza della prof.ssa Aglaia McClintock, docente di "Istituzioni e storia del diritto romano" presso il Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza dell'Università del Sannio a Benevento (con la partecipazione degli studenti delle classi 1AC e 1CC) Ore 18:30-19:30 "Ratio et Furor" - Cortometraggio realizzato dagli studenti della sezione classica dell'IIS "Gobetti-de Libero" Ore 19:45 - 20:00 Lettura del brano finale: Museo, Ero e Leandro (vv.232-250) Saluti Read the full article
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Sabbioneta
Sabbioneta, “città ideale” e patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO si trova in provincia di Mantova. E’ una meta perfetta per una gita di mezza giornata dato che le dimensioni del centro storico sono ridotte ed i principali monumenti da visitare sono vicini tra loro e facilmente raggiungibili a piedi.
Ancora oggi sono visibili le antiche mura a forma di stella che circondano la “città ideale” progettata da Vespasiano Gonzaga Colonna in poco più di 35 anni verso la metà del ‘500 seguendo il modello degli accampamenti militari romani. Si può cogliere il rigore dell’impianto urbanistico nella Piazza Ducale su cui è affacciato il Palazzo Ducale, residenza e sede di rappresentanza di Vespasiano. All’interno di questo palazzo sono conservati notevoli tracce delle decorazioni alle pareti ed i soffitti di legno intagliati oltre alle splendide sala delle Aquile e galleria degli Antenati.
A poca distanza si trovano il Museo d’Arte Sacra che custodisce il celebre Toson d’Oro rinvenuto nella tomba di Vespasiano e la chiesa dell’Assunta con la particolare cappella Bibiena coperta da una cupola traforata.
Sullo stesso decumano ma a sud, è situato il Palazzo Giardino costruito come residenza privata del duca dove al primo piano spicca la lunghissima e luminosa galleria degli Antichi che corrisponde al lungo porticato sulla piazza.
Opera di notevole bellezza è il Teatro all’Antica, primo teatro stabile in Europa, con la suggestiva loggia abbellita dalle statue degli dei dell’Olimpo.
Un altro monumento importante è la chiesa dell’Incoronata, un piccolo gioiello costruito verso la fine del ‘500 come tempio privato di Vespasiano dove si trova la statua in bronzo del duca ed il suo mausoleo.
La città di Sabbioneta può essere definita ideale anche per la volontà di integrazione religiosa messa in atto dal suo fondatore che non volle né un ghetto né un quartiere ebraico per gli ebrei che risiedevano nella città. Purtroppo non vi è più traccia dell’antica sinagoga mentre quella attuale, edificata nel 1824, è stata recuperata solo negli anni ’90; di pregio l’Aron, gli stucchi del soffitto ed i finti marmi delle colonne.
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