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Cracovia
Esattamente 2 anni fa, proprio all’inizio dell’anno, mi trovavo a Cracovia (Polonia). Ricordo che, prima di partire, quando alla classica domanda “Dove andrai per le feste?” rispondevo “In Polonia! Visiterò Cracovia, Auschwitz-Birkenau ed un altro paio di mete nei dintorni”, mi davano della matta per via delle condizioni meteorologiche che avrei trovato in quel periodo. A posteriori devo dire che, nonostante tutto, è stato uno dei viaggi che più mi è rimasto nel cuore. In particolare, mi piacerebbe ritornare a Cracovia per visitare altri luoghi importanti che non ho incluso durante il primo viaggio. Come di consueto ho cercato di integrare il programma dell’agenzia con alcune visite personali ma c’è ancora molto da vedere.
Una delle principali attrazioni della città è il Castello di Wawel che sorge sull’omonima collina sovrastante il fiume Vistola.
E’ stato sede reale per oltre 500 anni e quindi un importante centro politico e culturale della Polonia fino alla fine del XVI secolo. Ho rimandato la visita dei suoi ambienti interni perchè necessita di molto tempo ma ho potuto apprezzarne la struttura esterna ed il caratteristico drago sputafuoco.
Del complesso fa parte anche la gotica Cattedrale del Wawel dove per molti secoli è avvenuta l’incoronazione dei reali. Da ammirare in particolare la Cappella della Santa Croce, la Cappella di Sigismondo e la campana di Sigismondo.
La Città Vecchia che è stata inclusa tra i siti Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO sin dal 1978 ha molti luoghi interessanti: Rynek Glowny, la piazza del mercato è la più grande piazza medievale in Europa con i suoi 40.000 metri quadrati ed è da sempre il centro della vita culturale e sociale di Cracovia. Al di sotto è possibile visitare Rynek sotterranea, un museo archeologico interattivo.
La piazza è dominata dal Fondaco dei Tessuti dove avvenivano i commerci delle stoffe, dalla Torre del Municipio, dalla chiesa di Sant’Adalberto e dalla Basilica di Santa Maria, l’imponente chiesa in mattoni rossi con due torri. La torre più alta è conosciuta come “Hejnalica” ed in passato era utilizzata per indicare l'apertura e la chiusura delle porte della città ma anche per dare avviso d'incendio o d'invasione. Ancora oggi, ad ogni ora, dalla torre suona la melodia del “hejnal” in ricordo del trombettista assassinato per avvisare i suoi concittadini dell'invasione nemica. Una volta stellata, vetrate istoriate e una pala d’altare in legno scolpito sono gli elementi interni più preziosi della basilica.
La visita prosegue poi nel Kazimierz, il quartiere storico ebraico della città, dove sono state girate alcune scene del film Schindler’s List anche se tutti gli eventi narrati si svolsero in realtà a Podgorze, il ghetto che gli occupanti tedeschi crearono per trasferirvi gli ebrei.
Qui ho avuto modo di vedere la sinagoga ed il cimitero di Remuh che viene definito uno dei cimiteri del Rinascimento giudaico meglio conservati in Europa.
Decido poi di raggiungere Podgorze per visitare la Fabbrica di Schindler, l’industriale che salvò la vita a più di 1000 dei suoi operai ebrei durante la Shoah.
La vecchia fabbrica ora è stata trasformata in un moderno museo che racconta la storia di Cracovia dal 1939 al 1945.
Poco distante si trova la Piazza degli Eroi del Ghetto dove è stata creata un’installazione artistica a commemorazione dei tragici avvenimenti del marzo 1943 quando qui furono fucilati circa 1000 ebrei e moltissimi altri partirono verso i campi di concentramento.
Il mio soggiorno qui a Cracovia è terminato. Nonostante un po’ di freddo e neve devo dire che la città nel periodo natalizio è davvero magica, in particolare la bellissima Rynek Glowny con le carrozze di cavalli bianchi.
Inoltre, molto caratteristici sono i presepi polacchi artigianali che si possono trovare sia nelle chiese sia nelle vie: solitamente sono costruiti con cartone, legno e carta stagnola e sembrano dei castelli incantati ma in realtà rappresentano i monumenti storici della città. E’ una tradizione molto sentita ed ogni anno (dal 1927) si tiene un concorso al termine del quale gli esemplari più belli vengono acquistati dal Museo Storico della città.
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Le albe sono cieche come gattini. Fiduciose crescono le unghie, ancora ignare di ciò che toccheranno. Morbidi sono i sogni, la tenerezza incombe come nebbia su di noi, come la campana di Sigismondo, prima che cessasse di battere.
Adam Zagajewski, Ode alla morbidezza, da Dalla vita degli oggetti
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La torre delle Ore. È chiamata anche Torre della Lite perché contesa fra due storiche famiglie rivali, i Quartigiani e i Diversi che per anni se ne divisero la proprietà. Nel 1490 per porre fine alla controversa disputa e per l’importanza della Torre che con il suo orologio scandiva il tempo della città ,la Repubblica lucchese la compro’ dai Diversi che nel frattempo ne erano diventati gli unici proprietari. Si salgono 207 scalini per arrivare alla cella campanaria. L’orologio è uno degli esempi più interessanti ancora funzionanti in Europa. Il primo orologio fu collocato nel 1390 realizzato da un grande maestro orefice del tempo Lambruccio Cerlotti: scandiva le ore con il solo rintocco di una campana. Un secolo dopo vi fu applicato il quadrante in modo da rendere visibile oltre che udibile lo scorrere del tempo. Nel 1752 l’orologiaio ginevrino Louis Simon ricevette l’incarico di realizzare un moderno meccanismo, quello che ancora oggi possiamo vedere . Due anni dopo fu installato un nuovo quadrante, opera dell’orologiaio lucchese Sigismondo Caturegli e tre nuove campane fuse da un altro lucchese Stefano Filippi. Il suono delle ore è alla romana( giornata divisa in quattro parti di sei ore) ed è scandito dalla campana più grande , mentre i quarti sono suonati dalle due campane più piccole . Nella seconda metà del XVII secolo il calcolo del tempo “ alla romana” venne sostituito dalla cosiddetta ora “ alla francese” quella usata oggi. L’orologio di Lucca però continua a battere le sei ore: un rintocco, due , tre, quattro , cinque, sei e poi ricomincia per quattro volte. Sul tetto una banderuola in ferro con il motto Libertas e la data 1754. #orologio #torre #viafillungo #lacasadimichele #lecasediaidaemichele #lacasadiaida #casavacanza #bedandbreackfast #lucca #centro storico #airbnbsuperhost #booking #lemuradilucca #italia #toscana ◦ (presso Via Fillungo) https://www.instagram.com/p/CISu-4Bg9ZQ/?igshid=18crr7pq6lnjb
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“Io sto con chi mette al centro l’arte. Ma la cultura è scomparsa dai programmi dei partiti”: dialogo con Tamara Balducci, che porta il teatro nei luoghi “noti ai cani e agli spacciatori”
Due scene. La prima è in Fedra, produzione Emilia Romagna Teatro, grande successo nazionale, in cubo claustrofobico, con Laura Marinoni a fare l’eroina estrema tratteggiata, in quel caso, da Seneca. Lei è l’amica di Fedra, la confidente, e recita fino in fondo, fino alla nudità. La seconda scena è nel castello di Sigismondo Pandolfo Malatesta, crudo come il teschio di un rinoceronte. Lei è Isotta, sfida il papa, nella scena capitale del Malatesta di Henry de Montherlant, “In Sigismondo c’è qualcosa di disarmato/ ha la sensibilità di una donna/ è armato con i pensieri di un bimbo./ Non sa mentire: la sua vitalità/ così ingenua e limpida lo tradisce sempre”. Tamara Balducci (in copertina photo Fabio Gervasoni), riminese, volto ferino, è una delle attrici teatrali più significative, oggi. Ma non è questo il punto. Dal 2012, insieme a Linda Gennari, Tamara si è inventata un progetto, evoluto in “rassegna teatrale e musicale”, dal titolo calviniano, “Le città visibili”, ma dall’impeto ‘politico’. La rassegna nasce infatti con l’intento di far risorgere culturalmente spazi di Rimini altrimenti disagiati, disadatti, dimenticati. Per un tot di anni fu il bellissimo – e malmesso – Palazzo Lettimi, nel centro di Rimini ma fuori da tutte le arterie del bene civico. Oggi è l’ex macello, in via Dario Campana 71. Ad ogni modo, si tratta di resistenza culturale all’impero dell’ovvio, del cinico, lo dicono loro (“è un momento difficile quello in cui vertono il mondo dell’arte e della cultura nel nostro paese: noi cerchiamo di resistere, rilanciando la nostra attività attraverso progetti di alta professionalità e qualità”) considerando il teatro come “uno degli ultimi spazi pubblici, in un mondo dove lo spazio pubblico è diventato luogo di passaggio e consumo”. Per questo, l’idea delle “Città visibili” è più forte della rassegna in sé. Quest’anno, ad ogni modo, la manifestazione comincia il 20 luglio, con il concerto dei Perturbazione, si passa per Oscar De Summa (La sorella di Gesucristo, il 22 luglio), per Gnut (25 luglio) e si finisce il 2 agosto con Roberto Angelini Sololive (il programma per intero è qui). L’ingresso è gratuito, e anche questa di per sé è una scelta risoluta, politica. Così, ho fermato Tamara, che porta il teatro nei luoghi “conosciuti per lo più da spacciatori e proprietari di cani”, con principesca determinazione.
Banale. Come nasce “Le città visibili”? Perché? Perché questo nome?
Mi scrivi che la tua domanda è banale, ma temo che anche la mia risposta lo sia un po’. Quando sei anni fa l’Assessore alla cultura di Rimini Massimo Pulini ci ha invitato a presentare un progetto per la rivalutazione di alcuni spazi in stato di abbandono, abbiamo preso in considerazione diversi luoghi, prima di essere rapite dal fascino del Giardino di Palazzo Lettimi. Quel luogo nel centro della città, conosciuto per lo più da spacciatori e proprietari di cani, ci sembrava un posto perfetto per ospitare una serie di eventi culturali. E raccogliendo la sfida di riportare alla luce e rendere visibile, ciò che era invisibile alla maggior parte delle persone, durante quasi tutto l’anno, abbiamo iniziato un’avventura che non immaginavamo ci avrebbe portato fino a qui, alla sesta edizione di questo Festival. La citazione del libro di Calvino che adoro e che tutti conoscono, che parla dell’“Inferno dei viventi”, ha assunto a quel punto, un nuova importanza e quel giardino è diventato ben presto, per noi, qualcosa che in… mezzo all’inferno non era inferno, da far durare e a cui dare spazio….
Siderale. Che cos’è teatro? Che differenza c’è tra la tua attività di attrice e quella di promotrice culturale?
Domanda a cui è difficile dare una sola definizione, ma cercando di collegarmi a quello che mi chiedi subito dopo, ti direi che c’è teatro quando un’energia attraversa chi agisce sulla scena, fino ad arrivare e invadere lo spettatore, che restituisce a sua volta una nuova energia, amplificata all’ennesima potenza.
Questo giro di parole per dire che non c’è teatro se non c’è chi lo fa, ma anche chi lo fruisce e sono ambedue importanti. Ecco perché ogni spettacolo è diverso ogni sera, perché i giocatori in campo non sono mai gli stessi. Un anno fa ha fatto scalpore nell’ambito teatrale la notizia di un attore che andò in scena anche se il teatro era vuoto. I giornali scrissero che era stato un gesto d’amore, di passione per il teatro. Non sono d’accordo. Ecco perché nel mio lavoro di operatrice culturale, metto in atto una serie di azioni per cercare di avvicinare le persone al teatro, per creare nuovo pubblico, perché da attrice so che senza il pubblico il mio mestiere non ha senso. Gli attori hanno bisogno degli spettatori, anche di uno solo.
Politica. L’artista deve stare ‘da qualche parte’? Deve schierarsi? Tu: da che parte stai, oggi? Pensi che sia inscindibile il rapporto tra Stato e arte?
David Foster Wallace scriveva in un piccolo libro che si intitola Una cosa divertente che non farò mai più: “Ogni giorno sono costretto a compiere una serie di scelte su cosa è bene o importante o divertente, e poi devo convivere con l’esclusione di tutte le altre possibilità che quelle scelte mi precludono”. Come artista, come persona io faccio delle scelte e il frutto delle mie scelte e delle mie azioni, racconta di me. Per quel che riguarda il rapporto tra stato e arte mi verrebbe da dire che nel nostro caso, la politica al giorno d’oggi sembra ignorare il ruolo che l’arte ha nella nostra civiltà, sia per quel che riguarda la costruzione di un linguaggio comune, sia per l’acquisizione di una maggiore libertà personale. Nelle ultime campagne elettorali, la cultura sembra scomparsa dai programma dei partiti, se devo dire da che parte vorrei stare, direi che vorrei stare con chi mette nuovamente la cultura, nelle liste dei programmi elettorali.
Consiglio. Che cos’ha di diverso questa edizione de “Le città visibili” rispetto alle altre? Cosa dovrei vedere, per cominciare?
Prima di tutto la location: il passaggio da un giardino all’interno di un palazzo del 1500, bombardato durante l’ultima guerra, ai locali di un ex-macello è notevole. E uno spazio così diverso chiama necessariamente eventi diversi. È il luogo che ti suggerisce cosa fare, devi solo saperlo ascoltare. Diciamo che in questo caso stiamo appena iniziando a conoscerci, questo in fondo è come un primo appuntamento. Le sale così grandi ci hanno permesso di far nascere numerose collaborazioni, questo ha dato vita a contaminazioni di generi e di sensibilità. L’ho trovato interessante e stimolante. Non consiglierei una serata più di un’altra, piuttosto parteciperei alla cieca, cercando di assaporarne le atmosfere fino in fondo. Inizierei la serata gustando una cenetta a base di pesce sotto il portico, sorseggiando una buona birra artigianale, andrei a vedere la mostra di video arte nella sala in fondo a destra, e fra una foto al photoboot e una chiacchiera con le persone che incontro, mi dirigerei curioso a vedere quale spettacolo o concerto mi viene proposto quella sera. Alla fine potrei decidere di fermarmi a fare parlare con gli artisti, o con gli amici o tornare a casa magari in bicicletta e nel silenzio ripensare a ciò che ho visto.
Futuro. Tu, come attrice: dove ti vediamo? Cosa stai preparando? A cosa lavori?
Come attrice adoro lavorare diretta da altri perché è una cosa che mi fa crescere, mi aiuta anche a tenere la mente e il cuore in aperti. Mi piacerebbe molto nel futuro lavorare ancora con registi o attori stranieri. Ma mi piace anche provare a fare progetti miei, con persone con cui c’è sintonia e che stimo. Per ora ho già fatto una proposta di un mio progetto e sto aspettando risposte e per quel che riguarda un futuro molto prossimo, pare che la fantomatica Isotta possa tornare ancora a trovarmi.
L'articolo “Io sto con chi mette al centro l’arte. Ma la cultura è scomparsa dai programmi dei partiti”: dialogo con Tamara Balducci, che porta il teatro nei luoghi “noti ai cani e agli spacciatori” proviene da Pangea.
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