#cappella della santa croce
Explore tagged Tumblr posts
thegianpieromennitipolis · 22 days ago
Text
Tumblr media
CONFERENZE - POLIS di Gianpiero Menniti racconta la Comunicazione l'Arte e la Politica
IL SACRO NELL'ARTE CONTEMPORANEA - di Gianpiero Menniti
Il racconto dell’arte e dell’arte occidentale in particolare, rimane aperto a domande irrisolte.
Tra queste, il rapporto con il sacro nel modello di rappresentazione del fervore religioso è forse il percorso di ricerca più proficuo per tentare di comprendere le singolarità e le contraddizioni di espressioni artistiche di straordinaria intensità.
Così, correndo lungo i secoli della cristianità, mutando ed esplorando sempre nuove vie, quelle antiche aporie hanno lasciato il segno anche nell’arte contemporanea, nonostante celate nei tratti caotici del tumultuoso “Secolo Lungo” e poi di un Novecento ancora vibrante nelle coscienze del sentire artistico.
Per questa ragione ho voluto che due apprezzate e premiate opere di due pregevoli artisti fossero accanto a me durante la dissertazione: "La Madonna della Consolazione di Dasà", mirabilmente dipinta da Corradino Corrado e la rappresentazione della croce che vede la marcata espressività di Antonella Di Renzo.
Così s'è snodata la conferenza tenuta a Vibo Valentia lo scorso 17 Dicembre, nella Chiesa del Rosario il cui impianto risale al 1284: sono stato accolto con rimarchevole gentilezza dal Rettore, Mons. Filippo Ramondino e dal Priore dell'Arciconfraternita di Maria SS. del Rosario e San Giovanni Battista, Pino Mirabello.
Di suggestivo interesse e indubbio pregio la "Cappella De Sirica-Crispo" che nell'occasione ho visitato: stile gotico angioino, fu eretta nel 1346 nell'allora tempio dei Frati Conventuali di San Francesco d'Assisi, unica superstite delle quattro cappelle monumentali originariamente presenti sul lato destro del luogo sacro.
La cappella che ospita un suggestivo sarcofago marmoreo con un altorilievo raffigurante il cavaliere angioino Domenico De Sirica, è dedicata a Santa Caterina e rappresenta uno dei più significativi esempi di gotico meridionale.
7 notes · View notes
wgm-beautiful-world · 2 years ago
Text
Tumblr media
Cappella Maggiore della Chiesa di Santa Croce, Firenze, ITALIA
111 notes · View notes
jacopocioni · 2 years ago
Text
Il mistero degli affreschi delle cappelle Medici e Pazzi. Risolto?
Tumblr media
Il mistero degli affreschi delle cappelle Medici e Pazzi.
Stiamo parlando della Sagrestia Vecchia nella basilica di San Lorenzo a Firenze e della Cappella Pazzi nel primo chiostro della basilica di Santa Croce sempre a Firenze. Ambedue capolavori architettonici di Filippo Brunelleschi.
Tumblr media
Cappella Pazzi in Santa Croce
Tumblr media
Sagrestia Vecchia in San Lorenzo                     Le interpretazioni sono state più di una, molti gli studiosi che si sono impegnati per risolvere questo enigma fiorentino; enigma centrato più che nell'arte pittorica nello scopo della rappresentazione scelta. Una prima interpretazione viene da Aby Warburg il quale ipotizzò che l'affresco fosse raffigurante la data corrispondente alla consacrazione dell’altare della basilica di San Lorenzo, cerimonia che si è svolta il 9 luglio 1422. Questa teoria è oggi accantonata ma abbiamo voluto verificarla comunque. Non vi inserisco la mappa stellare, ma decisamente non è corrispondente, la luna non è in Toro e il sole è quasi al davanti del cancro. Venere si pone in gemelli e Giove si è perso chi sa dove. Inoltre che senso avrebbe che i Pazzi riproponessero la duplicazione perfetta di quell'evento? Una nascita nella famiglia Medici? Il mistero deve in qualche maniera coinvolgere le due famiglie, la ragione deve essere super partes. Si suppone in questa ipotesi che l'opera sia da attribuire a Giuliano d’Arrigo detto Pesello (Firenze 1367-1446). Pesello era un esperto nel disegno degli animali e un abile ritrattista ma non aveva la cultura astronomica necessaria per una tale precisione, si crede che fosse stato guidato da un esperto astronomo quale Paolo dal Pozzo Toscanelli (1397-1482). Forti non postula nessuna teoria sul "motivo" dell'affresco ma analizza l'affresco solo da un punto di vista scientifico. Ancora un'ipotesi è che la famiglia Medici volesse celebrare la riunificazione delle Chiese d’Occidente e d’Oriente, evento fortemente voluto da Cosimo il quale fece di tutto per spostare il Concilio da Ferrara a Firenze. Infatti la firma del decreto “Laetentur coeli” avvenne il 6 luglio 1439 a Firenze e si raggiunse la completa riunificazione tra greci e latini. Al concilio parteciparono esponenti di grande prestigio per l'epoca da religiosi ad artisti, da architetti ad astronomi fra cui anche Paolo del Pozzo Toscanelli. Un altro astronomo, sempre di Arcetri, si è misurato con questo mistero aprendo una nuova via interpretativa. Fabrizio Massi analizzando la mappa stellare ha confermato il giorno 4 Luglio del 1442 come giorno rappresentato e per la precisione alle 10:30 del mattino. Masi però esplora una nuova strada. Afferma che la volta rappresentata non è del cielo sopra Firenze ma di un punto d'osservazione diverso e cioè la posizione geografica è da collocare presso Shanhaiguan in Cina. Ci fornisce le coordinate corrispondenti a 40° N 120° E. Queste coordinate, secondo google maps, cadrebbero in acqua, ma poco distante da Shanhaiguan circa a 18,5 km a nord-est. Posizionandosi sulla città di Shanhaiguan le coordinate sono circa 40° N 29" 119° E 46". Cominciamo la verifica. Impostiamo le coordinate fornite da Massi di Shanhaiguan (meglio quelle precise) e poi le due date possibili, quella sostenuta da Massi e quella del concilio. In entrambi i casi si deve adattare la visione verso ovest, non tenere conto dell'orizzonte e per ovviare a questi due problemi cambiare l'orario di osservazione sino ad ottenere corrispondenze migliori in orari notturni.  Una teoria compiuta dovrebbe rispettare i parametri di cui disponiamo. L'affresco ha due sicure certezze, Il Sole fra cancro e gemelli e la Luna in Toro, sul muso del toro. L'idea di Francesco Masi di uscire dal concetto che sia il cielo sopra Firenze è interessante e potrebbe aprire a nuove teorie, cioè testimoniare a Firenze un luogo lontano da Firenze, interessante. Magari un luogo che non era ancora possibile raggiungere dati i mezzi disponibili e le conoscenze del tempo. Zheng He è un membro della dinastia dei Ming. Un eunuco compagno di giochi del piccolo principe Zhu Di. Quando Zhu Di divenne imperatore della Cina assumendo il nome di Yongle, ordinò nel 1403 la costruzione di una flotta imperiale sia per scopi mercantili sia come flotta da guerra e scopi diplomatici. L'imperatore nominò ammiraglio Zheng He e lo mise al comando di tutta la flotta. L'imperatore Yongle incaricò Zheng He di effettuare spedizioni navali a carattere diplomatico, scientifico e commerciale nei mari occidentali. Ora poniamo per un secondo che sia vero, una realtà, l'America è stata scoperta per la prima volta da Zheng He e che una delegazione cinese lo avesse fatto presente alla famiglia Medici fornendo la data e le coordinate di dove i cinesi si erano introdotti nel territorio americano. Prendiamo adesso le coordinate fornite da Masi 40°N 120° E e proviamo a mettere 120° Ovest. Impostandole su maps ci ritroviamo qua: https://goo.gl/maps/fd6ksPexQ41jMyGa8 Proviamo a inserire le coordinate nel programma stellarium e a giocare percorrendo le date dal 1421 al 1423 ed esattamente alla data 3 Luglio 1423, esattamente alle 19.30, abbiamo rappresentata questa volta celeste.
Tumblr media
Con le coordinate della Sagrestia Vecchia spostate ad ovest, la situazione non cambia, l'immagine è praticamente la stessa. E se le cappelle fossero l'unica testimonianza della vera scoperta dell'America? Ovviamente un'ipotesi, ma... Magari Colombo è arrivato nel 1492 "sapendo" dove andava!
Tumblr media
Jacopo Cioni Read the full article
4 notes · View notes
personal-reporter · 2 years ago
Text
Custodi di arte e fede: Basilica di Santa Croce a Firenze
Tumblr media
Il cuore della storia della città del Medici e una delle chiese più amate del mondo… La Basilica di Santa Croce è da sempre la chiesa dei fiorentini, infatti fu proprio la cittadinanza a finanziare i lavori di costruzione alla fine del Duecento. Alle origini collocata fuori dalle mura cittadine, la basilica venne  edificata su una chiesa francescana,  molto probabilmente su progetto di Arnolfo di Cambio. Se la facciata, in stile gotico rivisitato, risale alla metà dell’Ottocento, l’interno della chiesa ospita la cappelle riccamente affrescate dedicate alle prestigiose famiglie  che ne finanziarono la costruzione e molti monumenti funebri di illustri fiorentini. Fra le tante opere della Basilica la più importante è il Crocifisso di Donatello, causa di una disputa fra l’artista e Brunelleschi che, trovandolo “rozzo e contadino”, ne fece uno più bello. Altre importanti opere sono l’Annunciazione Cavalcanti di Donatello e il Pulpito di Benedetto da Maiano, oltre a una Cappella Medici, opera di Michelozzo. La Basilica di Santa Croce,luogo di sepoltura di benestanti cittadini di Firenze, divenne dall’Ottocento un vero e proprio Pantheon di artisti e letterati, con nomi come Michelangelo, Galileo, Leon Battista Alberti, Vittorio Alfieri, Ugo Foscolo che riposano nella chiesa. Fu progettato un grandioso monumento per il più grande dei poeti della città di Firenze, Dante Alighieri, ma la sua salma restò nella città di Ravenna dove era morto in esilio. Da vedere sono il Monumento funebre di Carlo Marsuppini, realizzato da Desiderio da Settignano, la tomba di Michelangelo disegnata dal Vasari, il Monumento funebre di Vittorio Alfieri di Antonio Canova, il Monumento a Niccolò Machiavelli, un esempio di neoclassicismo fiorentino. Il Museo dell’Opera di Santa Croce è parte integrante del complesso della chiesa e dei chiostri adiacenti, fu istituito nel 1959 in spazi precedentemente occupati dal convento e accuratamente restaurato dopo i danni provocati dall’alluvione del 1966, e ospita splendide opere d’arte di scuola fiorentina. Capolavoro assoluto della storia dell’arte è il Crocifisso di Cimabue collocato nel Refettorio trecentesco, simbolo del passaggio alla pittura moderna, mentre gli interventi cinquecenteschi alla chiesa avevano coperto splendidi affreschi di Taddeo Gaddi e dell’Orcagna, che ora è possibile ammirare nel museo. Arricchiscono il patrimonio di Santa Croce una collezione di terracotte invetriate dei Della Robbia, una scultura in bronzo dorato raffigurante San Lodovico di Tolosa di Donatello, alcuni dipinti e arredi lignei. Gioiello architettonico del complesso è la Cappella Pazzi realizzata da Brunelleschi, un gioiello rinascimentale che vanta anche decorazioni di Desiderio da Settignano e Luca e Andrea della Robbia, cui si accede dallo splendido chiostro trecentesco del convento. Read the full article
2 notes · View notes
michelangelob · 4 months ago
Text
Ritrovate le buche pontaie adoperate da Giotto per affrescare le Storie di San Francesco, a Santa Croce
L’intervento di restauro delle Storie di San Francesco di Giotto nella Cappella Bardi in Santa Croce è un progetto di straordinaria importanza, poiché offre un’opportunità unica di rivisitare e approfondire l’opera di uno dei più grandi maestri della storia dell’arte occidentale. Ritocco particolare Il progetto di restauro Giotto, noto per la sua capacità di innovare e rompere con le…
0 notes
lacittaobliqua · 7 months ago
Text
Chiesa di Santa Maria della Colonna
Sul luogo della cappella della Madonna “della colonna”, padre Marcello Fossataro fece costruire un monastero per accogliere gli orfani dopo la carestia del 1589. Nel 1598 vi fu fondato il conservatorio “Poveri di Gesù Cristo”, dove si formò Giovan Battista Pergolesi.Nel 1896 la chiesa fu rifatta dall’architetto Antonio Guidetti. La chiesa ha una pianta rettangolare con cupola ed interno a croce…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
kalabriatv · 11 months ago
Text
La chiesa di San Francesco di Paola a Uquia
Il viaggio alla ricerca dei luoghi dedicati a San Francesco di Paola nel mondo continua in una delle terre con la più alta affluenza migratoria d’Italia e della Calabria, l’Argentina. Oggi andremo a parlare della Cappella della Santa Croce e San Francisco de Paula a Uquía, città nella provincia di Jujuy a 1600 chilometri dalla capitale Buenos Aires e a due passi dal confine con la Bolivia. La…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
Text
Diplomatic Post: London (Episodio 10)
Tumblr media
Con un caloroso e convinto brindisi al Papa-Re, si ritirarono nelle stanze loro messe a disposizione da von Hollerich. L’indomani si ritrovarono alle sette in punto nella cappella privata per la recita delle lodi e la concelebrazione eucaristica, al termine della quale fecero colazione per poi dirigersi nel salone degli arazzi del chateau e dare finalmente inizio alla giornata di lavoro. Ad aprire la sessione provvide il nunzio Andrea Odescalchi: <<Eminentissimi Signori Cardinali di Santa Romana Chiesa qui giunti e qui riuniti in una delle più grevi ore del pontificato di Leone XIV, grazie di cuore per la Vostra disponibilità e benvenuti, anche a nome di Helmut von Hollerich, in questa splendida cittadina capitale del Liechtenstein. Come avrete avuto modo di notare, la salute del regnante pontefice sta sempre più deteriorando, e forse un giorno non molto lontano ci troveremo nella situazione di dover affrontare un Conclave. Arriviamo a siffatto, triste ma ineluttabile, appuntamento con la Storia, noi che abbiamo a cuore la Tradizione della chiesa, ben preparati. Stabiliamo nei minimi dettagli e con la miglior intelligenza possibile delle cose uno schema di gioco che dia a noi la mano finale. E’ con questi sentimenti nel cuore che mi permetto di chiedere a tutti voi, Eminenze carissime, la grazia soprannaturale di riuscire a metter da parte le pur legittime ambizioni personali in nome di un vincente e sicuro progetto comune. Conosciamo tutti qui il nominativo su cui l’ala progressista vorrebbe puntare – se solo intravvedesse debolezze e spaccature apparenti nel nostro schieramento conservatore. Diamo loro l’illusione di ciò, spingiamoli a gettare la maschera e far quadrato sul quel barbone di francescano, esponente della teologia della liberazione nonché figlio spirituale del cardinal Sbrodoglio S.J: il famigerato cardinal arcivescovo di Caracas Miguel Pugnado Inculado O.F.M., promosso a quell’incarico dall’ondivago Giovanni Paolo II, il papa di Carlo Maria Martini S.J. e di Hans Hermann Groer O.S.B – l’ondivago, per l’appunto. Stabiliamo con chirurgica precisione tre nominativi di peso del nostro schieramento da esibire uno dopo l’altro e su cui, sempre con chirurgica precisione, far cadere molti meno voti di quanti se ne aspetterebbe lo schieramento avversario. In tal modo, loro si sentiranno pronti a giocare la carta, forti delle nostre apparenti divisioni e spaccature, del cardinal Pugnado Inculado O.F.M. A quel punto, noi giocheremo il nostro vero jolly – ovvero un candidato “minore” ma a noi vicino, un centrista con la personalità in grado di appianare spaccature ed evitare epidermiche reazioni di rigetto. Eminenze reverendissime, il nome che ho in mente e che sarà oggetto delle nostre discussioni per l’intera mattina sino al pranzo è quello del cardinal Juncker O.P.>>. Il piano di guerra elaborato dal nunzio Odescalchi piacque subito a tutti i convenuti; anche perché, nelle menti di tutti gli uditori, nessuno escluso, si materializzò il pensiero, simile al peggiore degli incubi, di un cardinal Pugnado Inculado O.F.M. eletto al soglio petrino e catapultato a combinar disastri dalla periferica ed innocua Caracas alla Roma caput mundi della cattolicità: no, quel barbone di frate francescano che aveva venduto palazzo e curia arcivescovile per trasferire abitazione personale ed uffici amministrativi in un sobborgo di Caracas, che indossava sempre il semplice saio con croce pettorale di latta anche a berretta cardinalizia ricevuta, che guidava personalmente un Fiat Strada pick-up con tanto di targa diplomatica (status cardinalizio: passaporto diplomatico, targa diplomatica – NdA), quel barbone di frate francescano andava fermato. Ne andava del futuro stesso della cattolicità: su questo punto l’accordo era unanime.
0 notes
mypickleoperapeanut · 2 years ago
Text
Lunedì 24 luglio 2023 alle ore 21.30, la Basilica di Santa Croce, ha ospitato il bellissimo concerto dei Solisti del Festival internazionale 'Italian Brass Week', Rex Richardson, Omar Tomasoni, Andrea Dell'Ira alle trombe, Oliver Darbellay, jorg Bruckner ai corni, Lito Fontana, Zoltan Kiss ai tromboni, David Childs – euphonium
Ryunosuke (Pepe) Abe – euphonium, trombone
Sérgio Carolino, Mario Barsotti, Gianluca Grosso – al tube, Filippo Lattanzi al marimba, Andrea Severi all' organo.
Musiche di J. S. Bach, G. F. Handel, G. Caccini, A. Marcello, T. Albinoni
I solisti del Festival condivideranno con il pubblico presente le più prestigiose pagine del repertorio cameristico fiorentino ed italiano, legandosi ai capolavori artistici, pittorici e scultorei, che la Basilica custodisce.
Saranno eseguiti brani della fiorentina Camerata de' Bardi, celebranti la Cappella dei Bardi di Vernio, omaggio al Conte Giovanni fondatore del circolo musicale ed intellettuale che ha dato vita al melodramma; dei compositori francescani, primo fra tutti Padre Giovan Battista Martini, maestro di Wolfgang Amadeus Mozart, gli ottocenteschi Luigi Cherubini e Gioachino Rossini; così come brani sacri che si legano alle Storie di San Giovanni Battista, di San Giovanni Evangelista, di San Francesco e della Vergine Maria, celebranti i cicli pittorici realizzati da Giotto e da Gaddi per le Cappelle Peruzzi, Bardi e Baroncelli.
Riccardo Rescio per I&f Arte Cultura Attualità
Firenze 24 luglio 2023
Italian Brass Week Città di Firenze Cultura Fondazione CR Firenze Italia&friends Publiacqua SpA Basilica di Santa Croce di Firenze
Ministero della Cultura Ministero del Turismo ENIT - Agenzia Nazionale del Turismo Ivana Jelinic
0 notes
ildiariodibeppe · 2 years ago
Text
Tumblr media
Padre Leone Dehon
La vita e le opere
Padre Leone Dehon nacque il 14 marzo 1843 a La Capelle in Francia , nella diocesi di Soissons. Egli godrà di essere stato battezzato il 24 marzo successivo, vigilia dell’Annunciazione, “unendo – scriverà – il mio battesimo all’Ecce venio di Nostro Signore”. Dirà infatti ai suoi figli spirituali, i sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù: “Nell’Ecce Venio e nell’Ecce Ancilla si trova tutta la nostra vocazione e missione”. Il Cuore di Gesù e il Cuore Immacolato di Maria saranno la luce e la forza di tutta la sua lunga vita. Una tenera e filiale devozione alla Madonna lo condurrà alla contemplazione appassionata del Cuore del Salvatore trafitto sulla croce.
Dalla famiglia, distinta e stimata, il giovane Dehon attinse caratteristiche di nobiltà d’animo e signorilità che lo resero ricco di umanità e aperto a relazioni di amicizia con le personalità civili ed ecclesiastiche durante tutta la sua lunga esistenza. In particolare ringraziava Dio “per il dono della mamma che lo aveva iniziato all’amore del divin Cuore”.
Durante gli studi umanistici, favorito dalla guida spirituale di sacerdoti eminenti per scienza e virtù, sperimenta la prima chiamata al sacerdozio nel Natale del 1856. Ma suo padre che sognava per lui una brillante posizione sociale, cercò subito di ostacolarlo dalla sua vocazione, inviandolo alla Sorbona di Parigi, dove, all’età di 21 anni, Leone Dehon conseguì il dottorato in diritto civile. Tuttavia la frequenza al S. Sulpizio, “là dove regnava uno spirito sacerdotale, dona vigore all’attrattiva verso il sacerdozio”. Il padre, quasi a volerlo distogliere dall’idea del sacerdozio, gli offre un lungo viaggio in Oriente. Il giovane Leone gode di percorrere soprattutto la terra di Gesù, ma al suo ritorno, senza cedere alle resistenze familiari, si ferma a Roma. Va dal Papa Pio IX e gli confida la propria vocazione. Il Papa, nel quale ammira “la bontà unita alla santità”, lo invita ad entrare nel seminario francese di Santa Chiara. Vi entra infatti nell’ottobre del 1865: “ero finalmente nel mio vero ambiente: ero felice!”.
Ordinato sacerdote il 19 dicembre 1868, nella basilica di S. Giovanni Lateranense, ritrova,insieme alla gioia della sua ordinazione sacerdotale, anche quella del ritorno di suo padre alla pratica religiosa. Dopo la forte esperienza ecclesiale, quale stenografo al Concilio Vaticano I, il giovane sacerdote Dehon torna nella sua diocesi d’origine, Soissons, e in obbedienza al proprio vescovo, diviene l’ultimo di cappellani di S. Quintino. Con quattro lauree(in diritto civile e canonico, in filosofia e teologia) e soprattutto con una solida esperienza spirituale e ecclesiale, esprimerà tutto il suo fervore e la sua sensibilità in molteplici iniziative pastorali e sociali:lo vediamo partecipare ai primi congressi di associazioni operaie, fondare un giornale cattolico, dare vita al patronato S. Giuseppe per l’accoglienza e la formazione dei giovani e poi il Collegio S. Giovanni.
Nominato dal Vescovo confessore e direttore spirituale all’arrivo delle Ancelle del S. Cuore, potrà scrivere: “Questa circostanza provvidenziale preparò l’orientamento di tutto il resto della mia vita”. Sì, perché nonostante la frenetica attività pastorale, il canonica Dehon si sentiva attratto dalla vita religiosa. Il progetto di amore e di riparazione al Sacro Cuore che animava l’istituto delle Ancelle, attendeva d’essere condiviso da una congregazione sacerdotale. Accompagnando il proprio Vescovo nel viaggio a Roma, passa per Loreto, sosta e tappa fondamentale, fonte d’ispirazione originaria a cui attingerà l’impulso per la sua fondazione: “Qui è nata la Congregazione nel 1877” scriverà. In quella casa che gli ricorderà sempre l’evento della Incarnazione attraverso l’Ecce Venio e l’Ecce Ancilla, egli intuisce quale dovrà essere il nucleo spirituale e dinamico della Congregazione.
Il 28 giugno 1878, festa del S. Cuore, nella cappella del collegio S. Giovanni, il canonico Leone Dehon emetteva i voti religiosi come primo Oblato del S. Cuore e vi univa il voto di vittima d’amore e riparazione. Per questo volle chiamarsi con un nome nuovo: padre Giovanni del Sacro Cuore . E con questa denominazione venne presentato dal postulatore nell’avviare la causa di beatificazione di Padre Dehon. Iniziano anni di fervida attività, di fioritura di vocazioni ma anche di difficoltà, di incomprensioni, di prove dolorose che condurranno alla soppressione della giovane fondazione, al consummatum est del 3 dicembre 1883. P. Dehon si sente “atterrato e triturato” ma la grande sofferenza è occasione di una splendida dichiarazione di sottomissione alla volontà di Dio e della Chiesa. Questa prova sarà l’alba della risurrezione dell’Istituto con il nome nuovo di “Sacerdoti del Sacro Cuore”. E’ la rinascita, la ripresa dello slancio verso impegni missionari, l’apostolato sociale, le missioni popolari, l’evangelizzazione. Dopo il Decretum Laudis del 25 febbraio 1888, P. Dehon si reca a Roma a ringraziare il Papa Leone XIII, che lo incoraggia a predicare le sue encicliche, a sostenere con la preghiera e la collaborazione i sacerdoti, a suscitare case di adorazione, a donarsi per le lontane missioni: “Ecco la missione affidataci dal Papa” annoterà con gioia.
Ma altre Via Crucis nel frattempo si abbattevano su di lui: calunnie sul suo comportamento, difficoltà nei rapporti con la diocesi,opposizione all’interno dell’Istituto. Tutto sembrava perduto e infamato. Nel ritiro spirituale ignaziano egli ritroverà serenità e rinnoverà il suo patto d’amore: “Mi offro completamente a N. Signore per servirlo in tutto e fare la sua volontà. Sono pronto a fare e a soffrire ciò che Egli vorrà, con l’aiuto della sua Grazia”. Più tardi , meditando sulle vicende spesso assai dolorose della sua storia egli scriverà: “N. Signore ha accettato il mio atto di oblazione. Egli voleva fare della sua Opera un edificio importante. Per questa ha scavato così profondamente.” La fecondità della croce che padre Dehon seppe accettare con fede in spirito di amore e di riparazione, portò ad un consolidamento e a una forte espansione della congregazione. Sostenuto dalla benevolenza dei Sommi Pontefici Leone XIII, S. Pio X, Benedetto XV, Pio XI, verso i quali professò una devozione sempre fedele e operosa, padre Dehon proseguì instancabile la sua missione, con scritti, (è dal 1889 la stampa della rivista Il Regno del S. Cuore di Gesù nelle anime e nella società!) conferenze (famose le sue conferenze tenute a Roma e Milano), partecipazione a congressi sociali e soprattutto con le numerose fondazioni della congregazione SCJ. “L’ideale della mia vita – lasciò scritto nelle ultime pagine del suo Diario – il voto che formulavo con lacrime nella mia giovinezza era d’essere missionario e martire. Mi sembra che questo voto si sia compiuto. Missionario lo sono per i cento e più missionari sparsi nel mondo; martire lo sono perché N. Signore diede compimento al mio voto di vittima”.
Uomo instancabile, nonostante la perenne fragilità fisica che si trascinava dietro, sorretto da una fede genuina e profonda, fatta “ certezza nella confidenza “: ecco la roccia sulla quale P. Dehon aveva costruito l’edificio della sua vita e della sua missione. Ne proveniva un costante e cristiano ottimismo che superando ogni prova, lo conduceva a guardare avanti sempre con speranza: “ aveva una fede irradiante che manifestava nella predicazione e negli esempi, con un amore ardente verso il Cuore di Cristo”. Amore e riparazione: era la sua grande preoccupazione: riparazione eucaristica specialmente mediante l’Adorazione affidata ai suoi religiosi come loro missione nella Chiesa; riparazione sociale mediante la giustizia e la carità come vie per una “civiltà dell’amore”. Nella contemplazione del Cuore di Cristo egli attinse pure quella che fu considerata una costante della sua personalità: la bontà luminosa che lo circondava di un fascino e di un affetto grande, specialmente tra i giovani tanto da venire chiamato “Très Bon Père”.
Nel servo di Dio, padre Dehon c’è stato un mirabile equilibrio di virtù umane, nella semplicità e nel contesto della vita ordinaria che egli, nello zelo apostolico e nell’ascesi mistica, con la grazia del Signore, ha reso soprannaturali per lo sforzo costante nella perfezione sacerdotale e religiosa, esempio di sacerdote e religioso dei tempi moderni.
Grande impegno negli ultimi anni di vita, oltre a diffondere la spiritualità del Sacro Cuore e il costante anelito del Regno di Dio nei cuori e nella società, è stata la costruzione della grande basilica di Cristo Re, il tempio della Pace, da lui inaugurato il 18 maggio 1920. L’accompagnò sempre la luce amabile della Vergine Maria: “Vivat Cor Jesu, per Cor Mariae” era il suo saluto.
“Il regno del Cuore di Gesù nelle anime e nella società” così il P. Dehon ha compendiato le sue più alte aspirazioni e la missione della sua Famiglia Dehoniana nella Chiesa: è il regno della civiltà dell’amore!
Padre Dehon muore a Bruxelles, il 12 agosto 1925. Stendendo la sua mano verso l’immagine del S. Cuore, con voce chiara esclamò:
“Per lui sono vissuto, per Lui io muoio.
E’ Lui il mio tutto, la mia vita,la mia morte, la mia eternità”.
Ai suoi figli spirituali, i Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù (detti anche Dehoniani dal nome del fondatore) e a tutti coloro che vedono in padre Dehon un padre e una guida per vivere il Vangelo nella spiritualità del Cuore di Cristo, la Famiglia Dehoniana odierna, ha lasciato un testamento spirituale scritto:
“Vi lascio il più meraviglioso dei tesori.
Il Cuore di Gesù”.
Tumblr media
0 notes
thegianpieromennitipolis · 1 year ago
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Da: SGUARDI SULL'ARTE LIBRO TERZO - di Gianpiero Menniti
IL CIELO VUOTO
La Madre. Il Figlio.
La scelta e il presagio.
E l’ineffabile, il padre: è assente.
L’icona bizantina ricorda sempre il Padre: è nello sfondo, nella materia rilucente che avvolge le figure divine e terrene della Vergine e del Cristo.
L’Occidente cristiano, invece, esclude dalle sue immagini il richiamo al Padre.
Lentamente ma inesorabilmente, scompare.
In ragione della sua indicibilità, della sua irrappresentabilità.
Non c'è scena per il Padre.
Ma scompare anche dall’orizzonte del credente, pregno del Dio generato, del Dio incarnato.
Diviene abissale lacuna.
La raffigurazione pittorica avverte il desiderio di colmarla, per quanto possibile.
Il riflesso realistico fa fatica.
Giotto lascia comparire una mano.
Masaccio lo riporta al vertice della Trinità: un atto imperativo, dirompente quanto il suo dipinto.
Ma è con Piero della Francesca, al vertice insuperato dell’arte sacra, che il Padre riappare al cospetto dell’annuncio, nell’istante dell’inizio.
Per ascoltare quel sì della Madre che inaugura l’era cristiana.
L’era del Figlio.
- Giotto (1267 - 1337): "San Francesco, la rinuncia degli averi", dal ciclo delle “Storie del Santo di Assisi”, 1292/1296, Basilica Superiore, Assisi, Perugia - Masaccio (1401 - 1428): "Trinità", 1426/1428, Santa Maria Novella, Firenze - Piero della Francesca (1416 - 1492): "Annunciazione" da "Storie della Vera Croce", 1452/1458, cappella maggiore, Basilica di San Francesco, Arezzo
9 notes · View notes
mariotolvo62 · 2 years ago
Video
youtube
Francesco De Mura, rappresentante del barocco napoletano e maggior erede...
Dopo aver frequentato per circa un anno la bottega di Domenico Viola, a partire dal 1708 entrò a far parte dello studio di Francesco Solimena, dove rimase fino al 1730. L'influenza del Solimena e della sua tecnica pittorica si vede in maniera evidente nei dipinti risalenti al periodo 1720-30, tra le quali è da annoverare il Cristo morto in croce con san Giovanni del 1713 dipinto nella Chiesa di San Girolamo alle Monache. Nell'Immacolata e angeli (1715-1718), dipinta per la Chiesa di Santa Maria Porta Coeli a Napoli (ora nella Sacrestia del Divino Amore), già si vede il suo distacco dallo stile di Mattia Preti (impartitogli da Domenico Viola) verso un graduale schiarimento della sua tavolozza. Nel S. Antonio da Padova della pinacoteca del Pio Monte della Misericordia e nella Madonna col Bambino e s. Domenico del Museo Duca di Martina (Villa Floridiana) si procede verso il Rococò e il metodo di Luca Giordano. Verso il 1723 gli furono commissionate le tre tele per la cappella di S. Paride nella cattedrale di Teano, prima delle sue più grandi commissioni. Nel 1727 sposò Anna d'Ebreù. A partire dal 1728, con i dipinti per la Chiesa di Santa Maria Donnaromita il De Mura iniziò a mostrare un percorso pittorico più personale, forse anche influenzato dalle tematiche arcadiche in voga a Napoli in questo periodo. Dal 1741 al 1743 soggiornò a Torino dove ebbe modo di conoscere il pittore Corrado Giaquinto e l'architetto Benedetto Alfieri. Tornato a Napoli fu accolto da un vasto consenso al punto da essere ricevuto alla corte spagnola e mantenne contatti con diversi artisti attivi soprattutto a Roma, in particolare con il pittore francese Pierre Subleyras. Con la sua tecnica cromatica influenzò i contenuti realistici tipici del classicismo-rococò il Settecento artistico napoletano. La scuola barocca, in particolare dei maestri Francesco Solimena e Luca Giordano, è evidente nelle sue opere laiche - quali gli affreschi dei palazzi reali di Torino e Napoli - ed ecclesiastiche, come l'Epifania nella Nunziatella a Napoli, la decorazione della Chiesa di Santa Chiara a Napoli e la Moltiplicazione dei pani nella cattedrale di Foggia. Alla sua morte lasciò tutte le opere e i bozzetti in suo possesso alla storica istituzione di carità del Pio Monte della Misericordia di Napoli. Nella sua fiorente bottega si formarono quattro protagonisti dell'ultima fase della stagione rococò a Napoli (in quanto molto attivi nella decorazione degli edifici borbonici e degli appartamenti della migliore aristocrazia napoletana): Pietro Bardellino, Fedele Fischetti, Giacinto Diano e Girolamo Starace-Franchis. Altri allievi comunque validi, ma impegnati a soddisfare principalmente "committenze periferiche" furono: Oronzo Tiso, Nicola Peccheneda, Nicola Menzele (1725-1789), Romualdo Formosa, Vincenzo Cannizzaro, Vincenzo De Mita (1751-1828), Francesco Palumbo e Luigi Velpi.
#art #arte #vivoartworld #architettura #arquitectura #baroque #igworldclub #details #instart #italy #ig_architecture #sicilia #noto #topart #unesco #volgosicilia #bestworldpics #igerssicilia #volgoitalia #structure_bestshots #yallerssicilia #kings_sicilia #super_sicilia_channel #valdinotosicily #siracuse #ig_palazzoloacreide #borghi #architecture #beniculturali30 #siciliabedda #napolibarocca #filippovitale
#26febbraio #accaddeoggi #anniversario #arte #capodimonte #igersnapoli #sanmartino #napoli #museodisanmartino #museitaliani #lucagiordano #lucafapresto #litaliachiamò #instart #igersitalia #exhibition #distantimauniti #covid19 #comingsoon #certosa #volgoarte
0 notes
jacopocioni · 1 year ago
Text
Michele Arcangelo Palloni, pittore fiorentino all'estero
Tumblr media Tumblr media
Michele Arcangelo Palloni Michele Arcangelo Palloni è nato a Campi Bisenzio il 29 settembre 1642. Figlio di Cosimo di Fiorindo Palloni e Maria Maddalena Palloni, nonché cugino del predicatore locale, Rev. Andrea di Fiorindo Palloni. Si tratta di un pittore che la critica definirebbe minore in quanto poco conosciuto. Questa suo anonimato è anche a causa della sua abitudine di lasciare alcuni dipinti senza firma. Addirittura la sua firma fu mal interpretata in passato ed alcuni suoi lavori attribuiti ad altri; persino a pittori inesistenti. Talvolta si firmava semplicemente come Florentinus. Alla sua epoca era però un artista conosciuto e ben pagato. Sicuramente talune opere del pittore saranno riscoperte nel corso del tempo, magari qualche tela conservata in una polverosa cantina di qualche museo o sotto un'opera vergata da un altro artista.
Tumblr media
Franceschini "Il Volterrano" autoritratto La sua vena pittorica deriva, ovviamente, della pittura fiorentina conseguenza dal mecenatismo della corte medicea. Durante l'infanzia, ed in seguito nell'adolescenza, furono principalmente le opere fiorentine del Caravaggio, e dei suoi seguaci, a colpirlo. A questi studi fu accompagnato dal suo maestro, a sua volta affascinato da queste opere, Baldassarre Franceschini, noto come “Il Volterrano”. Franceschini introdusse Palloni ai segreti sia dell'affresco che della pittura ad olio. Nella sua formazione il Franchescini spiegò molto bene al Palloni l'arte decorativa, quella moderna di Pietro da Cortona, ed allo stesso tempo gli inculcò la tradizione fiorentina dell'affresco derivata dall'arte del Correggio.
Tumblr media
Maria Maddalena dolente Le opere conosciute del Palloni su suolo italiano si trovano presso due chiese di Campi. Una è la chiesa di San Martino sita nel quartiere San Lorenzo dove troviamo la "Madonna con San Giovanni e San Girolamo ai piedi della Croce" e l'altra è presso la chiesa dei Santi Quirico e Giulitta a Capalle dove troviamo "I Dolenti" tra cui la "Maria Maddalena dolente". Probabilmente la Madonna con San Giovanni e San Girolamo ai piedi della Croce (datato a cavallo tra il 1650 e il 1660) è stata la sua prima opera indipendente.
Tumblr media
Cappella di San Casimiro - Il miracolo della resurrezione Possibile che, in stretta collaborazione con il maestro Il Volterrano, Palloni contribuì all'affresco della Cappella Niccolini in Santa Croce e alle decorazioni della chiesa di Santa Maria Maddalena de' Pazzi. Perché Palloni è cosi poco conosciuto in patria? Semplice, oltre al fatto della sua pessima abitudine di non firmarsi o di firmare non chiaramente, il Palloni lasciò Firenze e nel 1676 si trasferì in Polonia assieme alla moglie. In Polonia ebbe come mecenate il Gran Cancelliere Cristoforo Sigismondo Pac che gli affidò la decorazione del Monastero del Mons Pacis a Pazaislis, nei dintorni della città lituana di Kaunas. Nel 1683 gli venne commissionato di affrescare a Varsavia il palazzo di Jan Dobrogost Krasiński, dal nome del proprietario che era un nobile polacco che a quel tempo sindaco della città di Varsavia. Palloni riuscì ad adattare la propria tecnica pittorica dell'artistica Firenze del XVII secolo alla religiosità monastica o popolare dei magnati dei confini orientali. Questo all'epoca gli permise di essere apprezzato nella terra dell'est e di avere in cantiere sempre nuovi progetti. Allo stesso tempo questo suo "adattarsi" allo stile locale ha contribuito non poco alle attribuzioni errate delle sue opere.
Tumblr media
Cappella di San Casimiro - Apertura della bara di San Casimiro Nel 1688 Palloni divenne pittore di corte. Il re di Polonia Giovanni III Sobieski in persona gli affidò l'incaricò di affrescare la reggia di Wilanów, a sud di Varsavia. La reggia era stata realizzata in uno stile barocco italiano e sembrò logico al sovrano chiamare il pittore italiano cosi famoso in Polonia. Terminato il suo incarico per il re si spostò a Bielany a nord di Varsavia dove affrescò la chiesa dei Camaldolesi ed in seguito a Poznań dove si dedicò al castello di Rydzyna. Nel 1692 Palloni cominciò quella che è probabilmente la sua opera più celebre, la decorazione della Cappella di San Casimiro nella cattedrale di Vilnius. La sua opera decorativa fu in seguito dedicata a Palazzo dell'Atamano e alla chiesa di Sant'Ignazio, sempre a Vilnius, ma entrambe queste opere sono andate perdute. Rientrato in polonia decorò il seminario di Łowicz. Michele Arcangelo Palloni è deceduto a Węgrów in Polonia nel 1712.
Tumblr media
Jacopo Cioni Read the full article
0 notes
morelin · 4 years ago
Text
Cracovia
Esattamente 2 anni fa, proprio all’inizio dell’anno, mi trovavo a Cracovia (Polonia). Ricordo che, prima di partire, quando alla classica domanda “Dove andrai per le feste?” rispondevo “In Polonia! Visiterò Cracovia, Auschwitz-Birkenau ed un altro paio di mete nei dintorni”, mi davano della matta per via delle condizioni meteorologiche che avrei trovato in quel periodo. A posteriori devo dire che, nonostante tutto, è stato uno dei viaggi che più mi è rimasto nel cuore. In particolare, mi piacerebbe ritornare a Cracovia per visitare altri luoghi importanti che non ho incluso durante il primo viaggio. Come di consueto ho cercato di integrare il programma dell’agenzia con alcune visite personali ma c’è ancora molto da vedere.
Una delle principali attrazioni della città è il Castello di Wawel che sorge sull’omonima collina sovrastante il fiume Vistola.
Tumblr media
E’ stato sede reale per oltre 500 anni e quindi un importante centro politico e culturale della Polonia fino alla fine del XVI secolo. Ho rimandato la visita dei suoi ambienti interni perchè necessita di molto tempo ma ho potuto apprezzarne la struttura esterna ed il caratteristico drago sputafuoco.
Tumblr media
Del complesso fa parte anche la gotica Cattedrale del Wawel dove per molti secoli è avvenuta l’incoronazione dei reali. Da ammirare in particolare la Cappella della Santa Croce, la Cappella di Sigismondo e la campana di Sigismondo.
Tumblr media
La Città Vecchia che è stata inclusa tra i siti Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO sin dal 1978 ha molti luoghi interessanti: Rynek Glowny, la piazza del mercato è la più grande piazza medievale in Europa con i suoi 40.000 metri quadrati ed è da sempre il centro della vita culturale e sociale di Cracovia. Al di sotto è possibile visitare Rynek sotterranea, un museo archeologico interattivo.
Tumblr media
La piazza è dominata dal Fondaco dei Tessuti dove avvenivano i commerci delle stoffe, dalla Torre del Municipio, dalla chiesa di Sant’Adalberto e dalla Basilica di Santa Maria, l’imponente chiesa in mattoni rossi con due torri. La torre più alta è conosciuta come “Hejnalica” ed in passato era utilizzata per indicare l'apertura e la chiusura delle porte della città ma anche per dare avviso d'incendio o d'invasione. Ancora oggi, ad ogni ora, dalla torre suona la melodia del “hejnal” in ricordo del trombettista assassinato per avvisare i suoi concittadini dell'invasione nemica. Una volta stellata, vetrate istoriate e una pala d’altare in legno scolpito sono gli elementi interni più preziosi della basilica.
Tumblr media
La visita prosegue poi nel Kazimierz, il quartiere storico ebraico della città, dove sono state girate alcune scene del film Schindler’s List anche se tutti gli eventi narrati si svolsero in realtà a Podgorze, il ghetto che gli occupanti tedeschi crearono per trasferirvi gli ebrei.
Tumblr media
Qui ho avuto modo di vedere la sinagoga ed il cimitero di Remuh che viene definito uno dei cimiteri del Rinascimento giudaico meglio conservati in Europa.
Tumblr media Tumblr media
Decido poi di raggiungere Podgorze per visitare la Fabbrica di Schindler, l’industriale che salvò la vita a più di 1000 dei suoi operai ebrei durante la Shoah.
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
La vecchia fabbrica ora è stata trasformata in un moderno museo che racconta la storia di Cracovia dal 1939 al 1945.
Tumblr media Tumblr media
Poco distante si trova la Piazza degli Eroi del Ghetto dove è stata creata un’installazione artistica a commemorazione dei tragici avvenimenti del marzo 1943 quando qui furono fucilati circa 1000 ebrei e moltissimi altri partirono verso i campi di concentramento.
Tumblr media
Il mio soggiorno qui a Cracovia è terminato. Nonostante un po’ di freddo e neve devo dire che la città nel periodo natalizio è davvero magica, in particolare la bellissima Rynek Glowny con le carrozze di cavalli bianchi.
Tumblr media
Inoltre, molto caratteristici sono i presepi polacchi artigianali che si possono trovare sia nelle chiese sia nelle vie: solitamente sono costruiti con cartone, legno e carta stagnola e sembrano dei castelli incantati ma in realtà rappresentano i monumenti storici della città. E’ una tradizione molto sentita ed ogni anno (dal 1927) si tiene un concorso al termine del quale gli esemplari più belli vengono acquistati dal Museo Storico della città.
Tumblr media Tumblr media
4 notes · View notes
corallorosso · 5 years ago
Photo
Tumblr media
Il 27 aprile 2014 Il papa polacco Giovanni Paolo II è stato proclamato santo da papa Francesco. Il matematico Odifreddi scrisse allora: “Ecco i 6 miracoli di San Giovanni Paolo II” La Chiesa cattolica ha appena proclamato santo Giovanni Paolo II, pontefice dal 1978 al 2005. Ma quali i miracoli che hanno fatto guadagnare al polacco l’ambito titolo? Il matematico Piergiorgio Odifreddi, dal suo blog, ne elenca 6: 4 marzo 1983. “All’aeroporto di Managua in Nicaragua Giovanni Paolo II svillaneggia pubblicamente il ministro della Cultura padre Ernesto Cardenal, inginocchiato di fronte a lui in segno di rispetto, per aver accettato di partecipare al governo sandinista. In seguito, in combutta con il cardinal Joseph Ratzinger, combatterà duramente la teologia della liberazione, di cui Cardenal era uno dei principali esponenti, riducendola al silenzio”. 20 febbraio 1987. “L’arcivescovo Paul Marcinkus, presidente dello IOR, riceve un mandato di cattura dal tribunale di Milano per il coinvolgimento della banca vaticana nello scandalo del Banco Ambrosiano: lo stesso che porterà alla morte dei bancarottieri Michele Sindona e Roberto Calvi. Il papa fa quadrato attorno al “banchiere di Dio”, noto per aver dichiarato che “non si dirige una banca con le Ave Maria”, e lo lascerà al suo posto fino al pensionamento per i raggiunti limiti di età nel 1997″. 3 aprile 1987. “A Santiago del Cile Giovanni Paolo II si affaccia sorridente a salutare la folla dal balcone del Palazzo Presidenziale in compagnia del dittatore Augusto Pinochet, e prega con lui nella cappella del Palazzo: lo stesso in cui nel 1973 era stato assassinato da Pinochet il presidente democraticamente eletto Salvador Allende. In seguito, nel 1993, impartirà al dittatore cileno una benedizione apostolica speciale in occasione delle sue nozze d’oro. E nel 1999, quando Pinochet sarà arrestato in Inghilterra per crimini contro l’umanità, gli manderà un messaggio di solidarietà”. 6 ottobre 2002. “Giovanni Paolo II canonizza, dopo averlo già beatificato il 17 maggio 1992, il prete franchista Josemaria Escrivà de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei. Paga così il debito nei onfronti della Prelatura della Santa Croce, i cui membri e simpatizzanti l’avevano dapprima eletto al soglio pontificio, e avevano poi sanato i debiti dello IOR, dissanguato dai finanziamenti a Solidarnosc”. 24 marzo 2003. “Giovanni Paolo II ricorda con affetto il cardinal Hans Hermann Groer, dimessosi da primate d’Austria nel 1998 per aver abusato sessualmente di circa duemila ragazzi”. 30 novembre 2004. “Giovanni Paolo II abbraccia pubblicamente padre Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Dio, nella fastosa e festosa celebrazione dei suoi sessant’anni di sacerdozio, e lo omaggia per “un ministero sacerdotale colmo dei doni dello Spirito Santo”. Dimentica di dire che per mezzo secolo il prete ha sistematicamente violentato seminaristi e fedeli, e ha convissuto regolarmente e contemporaneamente con quattro donne, da cui ha avuto cinque figli, che ha sia violentato che portato in udienza dal Papa”. Oggi milioni di fedeli esultano per la santificazione di Karol Wojtyla ma, per Odifreddi, c’è da sperare che il nuovo santo” non interceda per noi”. Massimo Volante
136 notes · View notes
artcademy · 4 years ago
Text
Tumblr media
Cappella degli Scrovegni - Giotto - 1300ca.
La capacità di concentrarsi nella caratterizzazione fisica e psicologica dei personaggi rappresenta una delle innovazioni più straordinarie della pittura di Giotto. Appare particolarmente evidente negli affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova, la cui complessa rappresentazione occuperà l’artista dal 1303 al 1305.
Il ciclo di affreschi viene commissionato da Enrico Scrovegni, la sua decisione di costruire una cappella di famiglia e di farla affrescare da uno degli artisti di maggior prestigio del momento è attribuita alla volontà di voler riparare ai peccati di usura commessi dal padre Reginaldo; studi approfonditi trovano motivazioni più complesse ed economiche. Grazie a questa cappella Enrico riesce a dare prova tangibile di potere e ricchezza a tutta la città. Questo gli permette di ampliare la sua rete di relazioni e prestigio personale.
La piccola costruzione era dedicata in origine a Santa Maria della Carità e a quel tempo si chiamava anche dell’Annunziata all’Arena.
Tumblr media
Gli affreschi
La cappella, forse progettata dallo stesso Giotto, ha una struttura molto semplice. Presenta un’unica navata coperta con volta a botte e illuminata da sei monofore, terminanti con archi a tutto sesto poste sul lato destro. Il modesto portale è sormontato da una trifora gotica di gusto toscano a sua volta inserita in un arco a tutto sesto.
L’artista affresca le due pareti laterali e l’arco trionfale della cappella con storie tratte dalle Vite di San Gioacchino e Sant’Anna della Vergine e di Cristo.
La volta è dipinta di azzurro a suggerire un cielo trapunto di stelle dorate, viene decorato con dieci medaglioni raffiguranti: Gesù, Maria e vari Profeti.
Sulla controfaccia d’ingresso realizza un grandioso Giudizio Universale.
Rispetto al ciclo di Assisi che si inseriva in un complesso preesistente, quello di Padova è concepito interamente da Giotto. Questo consente all’artista di studiare con attenzione la disposizione dei propri affreschi in modo da adattarli alla struttura muraria della cappella.
Pittura e architettura si fondono armonicamente tra loro senza che la prima debba necessariamente porsi come complemento alla seconda. La pittura, dà l’impressione di voler sfondare le pareti, mentre l’architettura volutamente sobria costituisce il contenitore ideale per mettere in risalto la narrazione pittorica giottesca.
Gli affreschi si svolgono da sinistra a destra e dall’alto in basso, sono suddivisi in tre ampi registri sovrapposti. Ogni scena è separata dalla successiva da una larga cornice dipinta a motivi geometrici e dopo l’ultima scena di ogni parete la cronologia riprende dalla parete di fronte, in una sorta di ininterrotto dialogo narrativo speculare.
Nella parete destra le cornici dipinte che dividono le varie scene fungono anche da realistica inquadratura per le sei monofore che insieme alla trifora della facciata sono le uniche fonti di illuminazione della cappella. Alla base del registro inferiore, lungo tutto il perimetro interno della costruzione, corre uno zoccolo dipinto ove le raffigurazioni allegoriche delle sette Virtù (a destra) e dei sette Vizi Capitali (a sinistra) realizzate in monocromia si alternano a zone affrescate in modo da imitare un rivestimento marmoreo secondo il gusto dell’antica pittura romana a incrostazione.
Tumblr media
Il giudizio universale
DATI: Affresco, 1000×840 cm
Questa grandiosa rappresentazione, attribuibile direttamente a Giotto, è estremamente indicativa della nuova concezione che il maestro ha dell’arte. Essa nonostante il soggetto sia di pura fantasia, non tende più a raffigurare qualcosa di estraneo alla realtà quotidiana ma, al contrario, ne utilizza molti elementi, con il risultato di accrescere il realismo complessivo della scena.
È interessante notare come il committente, inginocchiato in basso al centro, ai piedi della croce della Passione, venga di fatto rappresentato come facesse parte della narrazione stessa dell’affresco. Sopra di lui, in una mandorla con i colori dell’arcobaleno, circondata da dodici angeli, giganteggia la figura di Cristo giudice, seduto su un trono di nuvole fra le schiere celesti degli angeli, dei santi e dei beati.
Alla sua destra gli eletti iniziano la loro gioiosa ascesa verso il regno dei cieli, mentre alla sua sinistra i dannati vengono sprofondati negli orrori dell’inferno. In questo modo la presenza di un personaggio reale come lo Scrovegni e quella di invenzione del Giudizio Universale, finiscono per avere la stessa importanza agli occhi di chi osserva.
Il modello della cappella dà all’insieme un’ulteriore nota di concretezza e di quotidianità. L’edificio in muratura, infatti, è rappresentato prospetticamente in modo fedele.
Tumblr media
L’incontro a Porta Aurea
DATI: Affresco, 200×185 cm
In questo affresco, che pure è uno dei primi del ciclo, sono già presenti tutti gli elementi caratteristici della grande pittura giottesca. In esso vengono rappresentati Anna e Gioacchino, futuri genitori della Vergine Maria, che si sarebbero dovuti incontrare proprio sotto la Porta Aurea, uno dei luoghi-simbolo di Gerusalemme.
La narrazione si svolge da sinistra verso destra. Il giovane pastore che accompagna Gioacchino, all’estremo margine sinistro, è per metà fuori dal dipinto stesso, come se Giotto volesse farci capire che ciò che rappresenta non è che un piccolo frammento di una realtà sempre più vasta e complessa. Il senso di questa realtà, può essere colto sia nella serena tenerezza con la quale i due personaggi principali si abbracciano, baciandosi castamente sulla bocca, sia nell’emozione delle donne. I corpi di San Gioacchino e di Sant’Anna sono descritti con vigore e decisione. Anche le due aureole splendenti d’oro che si fondono in una sola contribuiscono a sottolineare il senso di indissolubilità del vincolo che lega i due personaggi.
Tra le donne in lontananza che avevano accompagnato Anna all’incontro notiamo in particolare quella avvolta nel mantello nero. È una figura densa di mistero, probabile personificazione della vedovanza, della quale Giotto ci mostra solo uno spicchio di volto e due dita di una mano. Nonostante ciò essa riempie di sé tutto il dipinto, ponendosi come ideale punto di stacco tra gli altri personaggi opposti.
Tumblr media
Annuncio a Sant’Anna
DATI: Affresco, 200×185 cm
La scena, straordinariamente innovativa, raffigura Sant’Anna, in ginocchio al centro della propria abitazione, nel momento in cui l’angelo di Dio le annuncia che diventerà madre di Maria.
L’invenzione giottesca sta soprattutto nel trattare l’architettura della casa di Anna come una meravigliosa scatola prospettica che ci consente di osservarne l’interno.
La profondità spaziale è suggerita dai mobili, disposti fra loro perpendicolarmente e dalla cassettonatura del soffitto.
A sinistra l’ancella è intenta al suo lavoro, serena e inconsapevole.
A destra, al contrario, l’angelo irrompe con impeto attraverso la piccola finestra, protendendo la mano destra a ribadire la solennità dell’annuncio. A fronte del concreto realismo degli oggetti, Giotto attribuisce all’angelo caratteristiche assolutamente soprannaturali. L’artista non rappresenta la parte del corpo rimasta all’esterno, che in base alla collocazione prospettica, avrebbe dovuto essere ben visibile.
Tumblr media
Il bacio di Giuda
DATI: Affresco, 200×185 cm
Realizzato nel terzo quadro del registro inferiore della parete di destra, mostra uno dei momenti di massima maturità espressiva dell’arte di Giotto.
Al centro del dipinto Giuda bacia Cristo, avvolgendolo in un abbraccio che fa delle due figure un unico solidissimo blocco, che l’ampio mantello giallo dell’Apostolo traditore panneggia con compostezza solenne. Attorno ai protagonisti, si agita la folla tumultuosa delle guardie (sulla destra) e quella degli Apostoli (sulla sinistra).
Anche in assenza di qualsiasi riferimento paesaggistico o architettonico il senso della profondità spaziale è suggerito in modo straordinariamente realistico dal convulso agitarsi di lance e alabarde che si stagliano nitidamente contro l’azzurro intenso di un cielo già notturno.
I corpi dei personaggi minori sono realizzati in modo massicciamente compatto e anche la scelta dei colori delle vesti, alternativamente caldi e freddi, contribuisce a evidenziare la maestosa solidità fisica delle figure.
La posizione frontale, tipica di tutti i dipinti di tradizione gotica e bizantina, presuppone che le scene siano composte appositamente per essere guardate, come su di un palcoscenico teatrale. In Giotto, al contrario, i personaggi appaiono sempre intenti all’azione e incuranti degli eventuali spettatori, tanto che possono tranquillamente permettersi non solo di non guardarli direttamente, ma anche di voltare le spalle. I personaggi visti da dietro sono un espediente per coinvolgere lo spettatore nell’azione.
Tumblr media
La Carità (Kàritas)
DATI: Affresco, 120×60 cm
Nello zoccolo monocromo con le allegorie delle sette Virtù e dei sette Vizi Capitali, il grande pittore fiorentino si cimenta nel simulare una ricca fascia decorativa in marmi policromi e di rendere, con il chiaroscuro, il senso del rilievo e del volume tipico di una scultura a tutto tondo.
Si tratta di una prova di abilità straordinaria, per realizzare la quale Giotto ha studiato i marmi antichi (a Roma) e quelli bizantini. Nella celebre allegoria della Carità (Karitas) l’artista rappresenta una statua in marmo bianco, riuscendo a dare l’illusione concreta della terza dimensione.
I modelli di riferimento sono probabilmente ripresi dalle sculture di Giovanni Pisano.
Il personaggio veste i panni di una fanciulla che regge con la mano destra un cestino, simbolo dei frutti che la terra dona in tutte le stagioni; con la sinistra, offre sorridente il proprio cuore a Gesù. La rappresentazione della statua è all’interno di una nicchia in prospettiva, anticipando il senso dello spazio rinascimentale.
Tumblr media
Coretti
DATI: Affresco
Dove il gioco prospettico si fa più raffinato e ardito è nei due cosiddetti coretti posti ai lati dell’arco trionfale subito sopra lo zoccolo perimetrale dipinto a finto marmo.
Essi sono inquadrati attraverso due archi a sesto acuto e simulano la presenza di due ulteriori locali retrostanti coperti con volte a crociera e illuminati grazie a esili bifore.
Dal centro delle crociere dei coretti, infine, pendono due lampadari cilindrici in ferro battuto, che aiutano ad accrescere l’illusione della profondità spaziale.
La prospettiva giottesca libera i personaggi, le architetture e gli oggetti dall’immobile astrattezza della tradizione pittorica gotico-bizantina, cercando di proiettarli in una dimensione più vicina alla realtà quotidiana.
È per questo motivo che le narrazioni bibliche della cappella sono così cariche di spontaneità ed efficacia, come se quegli antichissimi avvenimenti si stessero svolgendo sotto i nostri occhi.
4 notes · View notes