#omicidi mafia
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Il Processo – Un thriller con Le Donne del Club Omicidi. Recensione di Alessandria today
"Non sono solo io sotto processo. Tutta la città dovrà comparire in tribunale."
Autori: James Patterson, Maxine PaetroTraduttore: Elena CantoniFormato: Kindle, BookShotsValutazione: ⭐⭐⭐⭐ (3,8 su 5 – 545 voti) Un thriller adrenalinico da leggere tutto d’un fiato. “Non sono solo io sotto processo. Tutta la città dovrà comparire in tribunale.” James Patterson, con il supporto di Maxine Paetro, ci regala un’altra avvincente avventura del Club Omicidi, questa volta nel…
#Alessandria today#BookShots#cartelli della droga#club omicidi#Criminalità organizzata#detective stories#gialli contemporanei#Google News#Il Processo#Investigazioni#italianewsmedia.com#James Patterson#legal thriller.#libri da leggere#Lindsay Boxer#mafia e giustizia#Maxine Paetro#migliori saghe thriller#migliori thriller#narrativa americana#narrativa crime#narrativa d’avventura#narrativa d’azione#narrativa noir#Pier Carlo Lava#poliziesco#protagoniste femminili forti#romanzi brevi#romanzi crime#romanzi Kindle
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Ostia e Acilia esprimono le frange più agguerrite della criminalità romana sin dai tempi della banda della Magliana
Il caso di OstiaPrima di analizzare la storia che ha caratterizzato la criminalità organizzata ad Ostia è bene specificare le peculiarità del territorio. Il X Municipio, di cui Ostia fa pare insieme Acilia, Casal Palocco, Castel Porziano, Infernetto, Malafede e Ostia Antica, si disloca lungo la costa, alla periferia della Capitale, per circa 10 chilometri. La bonifica della foce del Tevere inizia…
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#1981#2004#2007#2015#2019#Acilia#banda#batteria#Carmine Fasciani#Carmine Spada#criminalità#estorsioni#famiglia#Lazio#mafia#Magliana#Mauro Balini#Nicolino Selis#omicidi#organizzata#Ostia#Pietro Tidei#porto#Roma#Romoletto#Spada#usura#Vittorio Martone
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Ostia e Acilia esprimono le frange più agguerrite della criminalità romana sin dai tempi della banda della Magliana
Il caso di OstiaPrima di analizzare la storia che ha caratterizzato la criminalità organizzata ad Ostia è bene specificare le peculiarità del territorio. Il X Municipio, di cui Ostia fa pare insieme Acilia, Casal Palocco, Castel Porziano, Infernetto, Malafede e Ostia Antica, si disloca lungo la costa, alla periferia della Capitale, per circa 10 chilometri. La bonifica della foce del Tevere inizia…
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Ostia e Acilia esprimono le frange più agguerrite della criminalità romana sin dai tempi della banda della Magliana
Il caso di OstiaPrima di analizzare la storia che ha caratterizzato la criminalità organizzata ad Ostia è bene specificare le peculiarità del territorio. Il X Municipio, di cui Ostia fa pare insieme Acilia, Casal Palocco, Castel Porziano, Infernetto, Malafede e Ostia Antica, si disloca lungo la costa, alla periferia della Capitale, per circa 10 chilometri. La bonifica della foce del Tevere inizia…
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Ostia e Acilia esprimono le frange più agguerrite della criminalità romana sin dai tempi della banda della Magliana
Il caso di OstiaPrima di analizzare la storia che ha caratterizzato la criminalità organizzata ad Ostia è bene specificare le peculiarità del territorio. Il X Municipio, di cui Ostia fa pare insieme Acilia, Casal Palocco, Castel Porziano, Infernetto, Malafede e Ostia Antica, si disloca lungo la costa, alla periferia della Capitale, per circa 10 chilometri. La bonifica della foce del Tevere inizia…
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Se ho capito bene...
Njeem Osama Almasri Habish è un comandante libico accusato di Crimini di Guerra e di Crimini contro l'Umanità. Parliamo, tra l'altro, di omicidi, torture e stupri (*).
Su di lui pendeva dal 18 Gennaio un mandato di cattura emesso dalla Corte Penale Internazionale (*).
Si trovava tranquillamente in Italia, dove il 19 Gennaio è stato arrestato e trattenuto per due giorni.
La Libia ha protestato e minacciato di far partire barconi di migranti e ha fatto allusioni a qualche dossier scomodo (*).
Poi.
Il Ministro della Giustizia Nordio non ha risposto per 24 ore alle sollecitazioni che arrivavano dalla corte di Appello di Roma (*). Il Ministro avrebbe dovuto dare comunicazioni sull'arresto, in quanto titolare dei rapporti con la Corte Penale Internazionale.
Il Ministro dell'Interno Piantedosi ha espulso Almasri per "urgenti ragioni di sicurezza, vista la pericolosità del soggetto" e lo ha rimpatriato con un volo di Stato (*).
Il Ministro degli Esteri Tajani ha dichiarato che "Esiste la procedura penale. Se c'è stato un errore, quell'errore poi ha delle conseguenze" (*). L'errore è di Nordio.
Quindi.
Siamo governati da persone che nella migliore delle ipotesi sono dei totali incompetenti.
Nella peggiore sono complici della mafia libica.
#Njeem Osama Almasri Habish#governo meloni#libia#complicità#crimini di guerra#crimini contro l'umanità#corte penale internazionale
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Ieri Augias ha fatto una puntata magnifica, che tutti gli italiani dovrebbero vedere prescindendo dalla simpatia per il personaggio. Il documentario mandato in onda sul filo rosso che unisce gli omicidi di Piersanti Mattarella, quello di Moro e la strage di Bologna è stato superlativo, illuminante di tutta quell’epoca di ombre. In conclusione c’è stata una lunga tavola rotonda con Rosy Bindi e col giornalista di mafia Lirio Abbate, che è stata il fiore all’occhiello della trasmissione e che è arrivata ad abbracciare anche temi attualissimi. Quando Augias verrà a mancare, per ragioni ormai del tutto biologiche, sarà una immensa perdita per l’Italia, che ha tanto bisogno di occhi lucidi come i suoi, cauti e guardinghi sul futuro ma non per questo retrivi, passatisti. Ripeto, questo vale che stia simpatico oppure no, non è questo l’importante. Allego la replica per dovere morale e consiglio fortemente visione e condivisione quanto più ampia si possa.
#Mollate tutto e correte a recuperarla#Oltretutto è proprio piacevole sentire questi ospiti ragionare e argomentare#Ma Augias ha un particolare fiuto per gli ospiti validi a mio modesto parere#free reblog
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Palermo torna a pullulare di mafiosi responsabili di efferati omicidi, che sempre più spesso hanno accesso a benefici penitenziari pur non avendo mai aperto bocca sui loro pesanti trascorsi criminali. Nelle ultime settimane, a ottenere la semilibertà sono stati infatti lo “strangolatore” dell’Acquasanta Raffaele Galatolo e lo spietato killer di mafia Paolo Alfano, mentre sono stati elargiti permessi premio allo storico reggente del mandamento di Santa Maria di Gesù, Ignazio Pullarà, nonché ad altri importanti mafiosi come Franco Bonura, Gaetano Savoca e Tommaso Lo Presti. Alla rimpatriata palermitana manca solo Giovanni Formoso, punito con l’ergastolo per aver caricato l’autobomba utilizzata nell’attentato di via Palestro a Milano, il 27 luglio 1993, che causò 5 morti. Anche lui ha ottenuto la semilibertà – è la prima volta per un boss mafioso condannato per strage e mai pentitosi –, ma, almeno per ora, ha il divieto di tornare in Sicilia.
Il caso di Giovanni Formoso è sicuramente quello più altisonante. Il boss è stato infatti condannato all’ergastolo tra gli esecutori materiali della strage di via Palestro, uno degli attentati che, nel 1993, insanguinarono l’Italia nella cornice di una “strategia eversiva” che vide Cosa Nostra in prima linea. Esplodendo nei pressi del Padiglione di Arte Contemporanea, l’autobomba causò la morte di cinque persone. Formoso era uomo dei fratelli Graviano, registi della stagione delle stragi del ’93, nonché organizzatori dell’attentato in via D’Amelio del 19 luglio 1992, in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino insieme ai membri della sua scorta. Anche Raffaele Galatolo, tornato a Palermo, è un profilo di peso: fu uno dei membri di spicco della nota “camera della morte” di Vicolo Pipitone, dove all’inizio degli anni Ottanta venivano uccisi i nemici mafiosi del capo di Cosa Nostra Totò Riina. Centro nevralgico delle attività di Cosa Nostra, il luogo – come emerso dalle testimonianze di molti pentiti – sarebbe stato il punto di incontro tra i mafiosi e vari esponenti dei servizi segreti, tra cui Bruno Contrada, Arnaldo La Barbera e Giovanni Aiello, alias “Faccia da Mostro”. Un altro nome autorevole tra quelli dei mafiosi che hanno ottenuto benefici penitenziari è quello di Ignazio Pullarà, che sarebbe il custode dei segreti sui legami tra l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, Silvio Berlusconi e i boss di Cosa Nostra. Nella sentenza con cui la Corte d’Appello di Palermo condannò il braccio destro dell’ex premier per concorso esterno in associazione mafiosa, si legge infatti che Vittorio Mangano – il famoso “stalliere” della villa di Arcore, boss mafioso della famiglia di Porta Nuova – fra il 1988 e il 1989 aveva manifestato lamentele a un altro mafioso per il «comportamento, che aveva giudicato scorretto, tenuto nei suoi confronti da parte di Ignazio Pullarà, reggente della famiglia di Santa Maria di Gesù, che si era appropriato delle somme che erano state versate da Berlusconi e che Mangano riteneva spettassero a lui». Altro mafioso ergastolano che è potuto rientrare nel capoluogo siciliano è poi Paolo Alfano. Condannato a 17 anni di carcere al Maxiprocesso e successivamente all’ergastolo per due omicidi, era ritenuto da Falcone e Borsellino «uno dei killer più fidati e spietati della famiglia di corso dei Mille».
Questo scenario trae origine da un approccio giurisprudenziale molto più permissivo rispetto al passato per i mafiosi che non si pentono, segnato da dirimenti sentenze da parte della Corte Europea dei Diritti Umani e della Corte Costituzionale. Nel 2019, la Corte Europea dei Diritti Umani ha infatti affermato che l’Italia dovesse «riformare la legge sull’ergastolo ostativo, che impedisce al condannato di usufruire di benefici sulla pena se non collabora con la giustizia». Nello specifico, l’ergastolo ostativo – introdotto in seguito alle stragi di Capaci e Via D’Amelio – consiste in un particolare regime carcerario, delineato dall’art. 4 Bis dell’Ordinamento Penitenziario, che esclude dalla possibilità di godere dei benefici penitenziari coloro che hanno subito condanne all’ergastolo per reati particolarmente gravi, tra cui l’associazione mafiosa e il terrorismo. La Consulta si è subito adeguata alla pronuncia della CEDU, sancendo che anche i mafiosi possono accedere ai permessi premio «pure in assenza di collaborazione con la giustizia». Nonostante il decreto con cui il governo Meloni è intervenuto sulla materia abbia eretto dei paletti molto “stringenti” per la concessione dei benefici penitenziari, la strada è segnata: come dimostrano le cronache, infatti, il divieto di permessi premio e libertà condizionale per la mancata collaborazione con la giustizia non è più assoluto, dovendo invece i Tribunali di Sorveglianza valutare caso per caso. Per i mafiosi, dunque, collaborare con la giustizia è sempre meno conveniente.
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Anche se i Darkthrone avevano abbandonato il mondo del death metal già dal precedente A Blaze in the Northern Sky, solo nel 1993 diventano una vera entità duale, ermetica e paradigmatica. L’ex bassista Dag Nilsen sarà d’accordo nel registrare le linee di basso ma di non comparire più nelle foto della band; destino identico, ma che ritarderà di poco, spetterà per il chitarrista Zephyrous, il quale sparerà perfino un assolo di rimembranza death in “Summer of the Diabolical Holocaust” e un altro dell’omonimo brano, ma poi anch’egli si distaccherà dal resto del gruppo e si renderà conto del nuovo percorso intrapreso da Fenriz e Nocturno Culto, sempre più chiusi a doppia mandata nel loro mondo. La produzione di Under a Funeral Moon è ancora più grezza dell’album precedente, estremamente casalinga e connotata da un eco di fondo che emette ancora più gelo e desolazione. Con i Darkthrone di questo periodo (e in parte coi contemporanei Satyricon) si stilerà il profilo dell’ascoltatore perfetto di black metal; quello che non deve esagitarsi ai concerti, che deve rimanere schivo, solitario e possibilmente non parlare con nessuno. Qualsiasi atteggiamento di socializzazione indicava implicitamente la voglia di divertimento e quindi distogliersi dal culto della nera fiamma (tutti epiteti nati intorno a questo periodo dei Darkthrone); con questo disco si inizia a parlare di “black metal mafia” parteggiando in maniera abbastanza chiara con chi ha commesso i più importanti omicidi e crimini dell’epoca (Vikernes, Faust, Samoth).
“To Walk the Infernal Fields” è l’unico brano in mid-tempo, caratterizzato dallo stesso modo di fare riff di Burzum mentre il resto dei brani sarà quasi sempre in blast-beat con degli accenni atmosferici esclusivamente dati dal rallentamento delle chitarre e della batteria (in stile “Freezing Moon”dei Mayhem). Alcuni riff risultano incomprensibili, come il primo di “Summer of Diabolical Holocaust”, altri riprendono i classici Bathory, Celtic Frost/Hellhammer come matrici di ispirazione – come l’omonima iconica traccia - mentre altri hanno già il germe di Transilvanian Hunger o di Panzerfaust (come la conclusiva “Crossing the Triangle of Flame”); “Inn i dype skogen favn” è il primo brano declamato completamente in norvegese e accentuerà ancora di più questa élite esclusiva e circoscritta; alcuni la chiameranno Inner Circle altri Black Metal Mafia. Sostanzialmente il cantato nella propria lingua, per quanto da un lato significhi una maggior libertà compositiva per quel che riguarda i testi, dall’altro lato suggerisce una chiusura esclusiva, un’autoconservazione radicale e rendere ancora più esclusiva la comunicazione musicale.
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Musicalmente parlando le composizioni sono scarne; la struttura è composta da una manciata di riff che si alternano; i microfoni della batteria sono ben distribuiti e si sentono tutti i pezzi delle pelli ma, non si può proprio parlare di “produzione” a tutti gli effetti. I mezzi tecnici si riducono ad un 16-tracce che vuole dare una qualità appena sufficiente e appena sopra la qualità di una rehersal. Da questo album i Darkthrone smetteranno di fare interviste per almeno cinque anni, calando se stessi in un’aura di mistero, irriverenza e rozza creatività che andava a forgiare i nuovi modi di pensare, di comporre e di come comportarsi. È inimmaginabile pensare alla quantità di band che nascono col preciso intento di replicare questo album, anche solo nel demo-tape; e sono immense le influenze che, benché la scarsa qualità sonora, questo album riesce ad elargire a band anche contemporanee - pensiamo ad esempio ai Marduk, ma a tutta la scena in generale… Pensate se potessimo fare un’operazione di pulizia sulle rispettive produzioni di queste band, oltre i trigger, oltre la dimensione bombastic del suono, oltre i synth e la post-production, sotto a tutto questo, spesso ci sarà l’impronta di Under a Funeral Moon.
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#Darkthrone#1993#peaceville#black metal#blackmetal#Norway#Burzum#Mayhem#Satyricon#Fenriz#Nocturno Culto#Zephyrous
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Utilissimo ricordare cosa e come avvennero i fatti, pare che con questa polemica di oggi (Alfonso Bonafede-Nino Di Matteo), si ricalchi esattamente quello che successe tanti anni fa:
Oggi non è la ricorrenza della Strage di Capaci. Ma quello che successe il 19 gennaio di trent’anni fa fu una delle tappe che portarono all’isolamento di Giovanni Falcone. Uno dei tanti atti di ostilità e di gelosia che annunciarono pubblicamente la sua condanna a morte, raramente ricordati durante le commemorazioni e per questo necessari da ricordare.
Il Maxiprocesso era finito: la sentenza del 16 dicembre 1987 condannava la mafia per la prima volta nella storia d’Italia. Giovanni aveva vinto, ma era diventato “il morto che cammina”.
Come raccontato da Giovanni Brusca, l’uomo che avrebbe premuto il pulsante che fece detonare l’esplosivo allo svincolo per Capaci, Ignazio Salvo, un altro mafioso, gli disse che c’erano amici più in alto che avrebbero pensato a delegittimare Falcone, a cercare di ostacolarne la carriera. Che forse non ci sarebbe stato bisogno di ucciderlo.
Ad attaccare Falcone ci aveva già pensato Sciascia sul Corriere della Sera, in prima pagina, il 10 gennaio 1987, nel mezzo del Maxiprocesso, scatenando contro i giudici del Pool la celeberrima polemica dei “professionisti dell’antimafia”.
Antonino Caponnetto, allora anziano capo dell’Ufficio Istruzione di Palermo e guida del Pool, conclusosi il Maxiprocesso decise di tornare a Firenze, avendo ricevuto rassicurazioni sul fatto che il suo erede naturale, Giovanni Falcone, avrebbe meritatamente preso il suo posto.
Ma le promesse non vennero mantenute, e le parole di Ignazio Salvo si rivelarono come una profezia: Falcone non avrebbe ottenuto quel posto. Partito Caponnetto si aprì il concorso per l’Ufficio Istruzione e a un uomo anziano con diverse e più grandi ambizioni venne chiesto di candidarsi per quel posto destinato a Falcone.
Antonino Meli non era un corrotto. Aveva però tutti i requisiti per essere il candidato ideale per soffiare il posto a Falcone: vent’anni di anzianità in più, ma sopratutto non capiva niente di mafia. Il tradizionale criterio dell’anzianità di servizio fu anteposto a quello del merito. Palermo in quegli anni aveva il più alto tasso di omicidi tra le città delle democrazie occidentali: nessuna ragione dunque per non applicare inflessibilmente quei tradizionali criteri di selezione basati sull’età.
Il 19 gennaio 1988 il CSM votò: 10 voti a favore di Giovanni Falcone, 14 a favore di Antonino Meli. Vanno ricordati tutti, uno a uno.
A favore di Meli votarono Agnoli, Borrè, Buonajuto, Cariti di Persia, Geraci, Lapenta, Letizia, Maddalena, Marconi, Morozzo della Rocca, Paciotti, Suraci, e Tatozzi.
A favore di Falcone Abbate, Brutti, Calogero, Caselli, Contri, D’Ambrosio, Gomez d’Ayala, Racheli, Smuraglia, Ziccone.
Astenuti: Lombardi, Mirabelli, Papa, Pennacchini, Sgroi.
Come disse in seguito Borsellino, “il CSM mi fece un bel regalo di compleanno…“. Pochi mesi dopo, il Pool antimafia cessò di esistere.
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Ricorre oggi l'anniversario della morte in un agguato mafioso di Carlo Alberto dalla Chiesa
Carlo Alberto dalla Chiesa è stato un uomo di punta nella lotta contro il terrorismo, dopo l’omicidio del deputato comunista Pio La Torre e l’approvazione della legge sull’associazione a delinquere di stampo mafioso, fu nominato prefetto di Palermo con pieni poteri. Alle 21:15 del 3 settembre 1982, a meno di un mese dal suo 62mo compleanno, la A112 sulla quale viaggiava e guidata dalla moglie, fu affiancata in via Isidoro Carini a Palermo da una Bmw Serie 5 guidata da Calogero Ganci con a fianco Antonino Madonia dalla quale furono esplose 30 raffiche di Kalashnikov AK-47. Per la coppia non ci fu scampo. L'auto con a bordo l'autista e agente di scorta, Domenico Russo, che seguiva la vettura del Prefetto, venne a sua volta crivellata da una motocicletta Honda Cb, guidata da Giuseppe Lucchese con alle sue spalle Giuseppe Greco. Russo morì dopo dodici giorni di agonia all'ospedale di Palermo. Per i tre omicidi furono condannati all'ergastolo come mandanti i vertici di Cosa nostra: i boss Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci. Giorgia Meloni: “Coraggio e dedizione” "Nell'anniversario della strage di Via Carini, ricordiamo con commozione il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro e l'agente Domenico Russo. Il loro sacrificio ci ricorda l'importanza di non abbassare mai la guardia nella lotta contro la criminalità organizzata e di difendere con fermezza i valori di legalità e giustizia". Così sui social il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che aggiunge: "Il coraggio e la dedizione del Generale dalla Chiesa, che ha combattuto senza sosta contro il terrorismo e la mafia, sono per noi un esempio e una guida. È nostro dovere onorare la sua memoria continuando con determinazione il suo impegno. L'Italia non dimentica". Read the full article
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«A Torino c'è la mafia nigeriana». E guadagna grazie a droga, prostituzione e stupri di gruppo
Hanno saluti ben precisi e un ordine gerarchico che parte dal “Vaticano” e scende al Valhalla Marine, l’organizzazione che comanda a Torino. Dove commette omicidi e violenze contro i clan rivali, gestisce il traffico di droga e la prostituzione, per cui vengono arruolate le “Belle”: donne che entrano nel clan solo dopo una violenza sessuale di gruppo. E’ così che funzionano i Viking, gruppo…
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Veramente la statistica dice che appena anche solo si sospetta di un crimine uno che non è bianco, parte la carica de "eh visto era nero, pene esemplari".
E allora vi si ricorda che siete delle facce da culo.
Per dire... Salvini mica ha detto un cazzo di quello che s'è barricato a San Candido, nemmeno di Nicoletta Rotaru.
Per altro l'attenzione di voi fasci è concentrata su stupri, omicidi, furti in appartamento. Quando si tratta di ndrangheta, mafia, corruzione, caporalato, voto di scambio, morti sul lavoro... la qualunque che riguardi potenti, colletti bianchi... non so, non ho visto, non c'ero e se c'ero dormivo...
Poi se manca una TAC in un ospedale e un sacco di gente rimane in carrozzina o peggio o se un operaio finisce in un macchinario, o se la ndrangheta sparge diossina per un'intera provincia... le descrizioni efferate si fanno solo per lo stupro o l'omicidio commesso da neri... gli altri salutavano sempre.
Poi "i poteri fooorti..." il "deep state"... e limonate con Musk.
Per i medioman più boccaloni fedeli alla linea, gli assassini possono essere di due sole tipologie: maschi bianchi autoctoni oppure "a nessuno dovrebbe importare delle origini".
Così come per gli stessi fenomeni esistono due tipologie situazionali di vittime femminili: per femminicidio oppure (se l'autore non è maschio bianco autoctono) "si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato". Fatalismo.
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LE STRAGI E GLI OMICIDI SELETTIVI CONTRO IL PCI E LA COSTITUZIONE
tratto da malgradotutto.blog https://www.youtube.com/watch?v=9g8_5SmvyYg&t=40s Registrazione video della presentazione del libro «Chi ha ucciso Pio LaTorre. Omicidio di mafia o politico? di Paolo Mondani e Armando Sorrentino (Castelvecchi), registrato a Palermo venerdì 28 ottobre 2022 – Dibattito organizzato da Castelvecchi Editore.Sono intervenuti: Aaron Pettinari (caporedattore della rivista…
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ex Allievi in evidenza: ROMA. INTERVISTA AL COMANDANTE GENERALE DELL'ARMA DEI CARABINIERI TEO LUZI
(articolo di sul QN Quotidiano Nazionale)
Il generale Luzi: "All’estero ci apprezzano. Teniamo alta la guardia contro il terrorismo"
Generale Teo Luzi, comandante generale dei carabinieri, quali sono i risultati conseguiti dall’Arma nell’anno che si chiude?
“Il 2023 è stato un anno di grande impegno. Con le altre Forze di Polizia abbiamo fatto il massimo per garantire la sicurezza degli italiani. Sono state implementate le relazioni con polizie estere, l’andamento dei reati è sotto controllo e la sicurezza è complessivamente migliore rispetto a tanti Stati europei. È stato scoperto il 96% dei 320 omicidi (che sono molti di meno di quelli consumati nella sola città di New York).
Siamo però consapevoli che la percezione della sicurezza da parte dei cittadini resta critica. Il 2023 è stato anche un anno straordinario nella lotta alla mafia, iniziato il 16 gennaio con la cattura di Matteo Messina Denaro, proseguito con l’arresto di oltre 500 mafiosi e il sequestro di circa 600 milioni di beni illecitamente accumulati. Ricordo che nell’anno sono rimasti feriti in servizio 1.700 carabinieri.
La disponibilità del governo di assegnare importanti risorse finanziarie per il rinnovo del contratto del personale contribuirà a elevare la motivazione nello svolgimento del servizio”.
Anche il web è teatro di frequenti reati.
“Per questo abbiamo costituito una rete nazionale dedicata alle investigazioni informatiche, incluse quelle nel dark web o in siti criptati”.
La tensione internazionale ha alzato il livello di allarme nelle missioni all’estero?
“L’Italia gode all’estero di grande considerazione, frutto anche dell’impegno nella costruzione della pace da parte delle nostre Forze armate in contesti internazionali fortemente critici. Questo abbassa la soglia di rischio. Tuttavia insieme con le altre componenti della sicurezza abbiamo elevato la capacità difensiva e di prevenzione...”.
Che compiti svolgono i due ufficiali dell’Arma inviati a Gerusalemme?
“Si tratta di due colonnelli esperti della questione arabo-israeliana. Svolgono un’attività di intermediazione tra le polizie palestinese e israeliana, a supporto del Comando statunitense che opera come coordinatore per la sicurezza tra Israele e l’Autorità palestinese.
L’’Arma gode di grande considerazione perché da oltre nove anni è impegnata a Gerico nell’addestramento delle forze di polizia dell’Autorità Nazionale Palestinese.
Ad oggi abbiamo formato oltre 4.800 operatori”.
I carabinieri in quante missioni estere sono presenti oggi e con che compiti?
“A sostegno dell’azione diplomatica italiana, abbiamo rapporti di collaborazione con polizie di 73 Paesi. Siamo fisicamente presenti in 16 missioni, che spaziano dal Cile al Messico, dai Balcani al confine est europeo, dal Niger alla Somalia, dalla Libia all’Iraq. Abbiamo stretti legami con gendarmerie di Paesi essenziali per la politica energetica italiana, tra cui Algeria e Qatar.
Inoltre, sono circa 400 i carabinieri che svolgono sostegno a forze di sicurezza locali. Ad esempio in Kosovo, dove nell’ambito della missione Nato opera un nostro Reggimento che favorisce il dialogo tra le etnie albanese e serba. O in Iraq dove addestriamo la polizia federale.
Sono collaborazioni che portiamo avanti anche in Italia, a Vicenza, presso il Centro di Eccellenza per la Polizia di Stabilità: qui, a partire dal 2005, abbiamo addestrato circa 14.000 dirigenti di polizia di oltre cento Paesi. Altri 500 carabinieri presidiano le Ambasciate italiane per le esigenze di sicurezza”.
C’è un pericolo effettivo di terrorismo arabo-palestinese in Italia?
“La minaccia è alta anche se ora non ci sono specifici elementi di allarme. Il dispositivo di prevenzione, che coinvolge tutte le componenti del sistema di sicurezza nazionale, è ben preparato per intercettare eventuali segnali di minaccia.
Il nostro livello di attenzione, in particolare da parte del Ros, è molto elevato. Si va dal ‘pattugliamento su internet’ alle unità antiterrorismo sul terreno e non viene sottovalutato il rischio di possibile attivazione di ‘lupi solitari’. Per quanti sforzi si possano fare, rimane comunque sempre un margine di imprevedibilità”.
Cosa nostra è ridimensionata dopo l’arresto e la morte di Messina Denaro?
“Messina Denaro rappresenta l’ultimo esponente di spicco della stagione stragista dei Corleonesi, catturato con uno straordinario impegno investigativo di Magistratura e Forze di Polizia. Il successo del Ros chiude una pagina, ma non abbassa l’attenzione su Cosa nostra siciliana e sulle altre mafie, anche attraverso l’ aggressione dei patrimoni illeciti. Cosa nostra, insieme alla ‘ndrangheta, resta un’organizzazione molto pericolosa e, pur ridimensionata, ha cambiato modello comportamentale.
Punta a gestire l’economia del territorio senza ricorrere necessariamente alla violenza”.
Quali sono le regioni del Nord Italia più inquinate dalle cosche?
“Ci sono aree del centro-nord nelle quali l’attività delle mafie è dimostrata con sentenze definitive. Penso alle nostre operazioni ‘Minotauro’ in Piemonte e ‘Aemilia’ in Emilia Romagna dove, insieme alle Procure Antimafia, sono stati svelati forti intrecci mafiosi.
È necessario sviluppare una nuova cultura nella società civile, per alimentare la consapevolezza che il condizionamento delle cosche è presente anche dove non si spara. Non ci sono zone franche”.
Per recuperare alla legalità zone degradate come Caivano cosa serve oltre alle operazioni di carabinieri e polizia?
“I carabinieri operano a Caivano con una Compagnia. L’azione di contrasto rappresenta un momento importante, ma non sufficiente, per riportare le aree degradate a condizioni dignitose.
Per questo si deve investire, come si sta facendo, nel rafforzare la prevenzione e la socialità. Questo è compito di tutti gli attori intermedi della società civile: enti territoriali, scuola, parrocchie, associazioni. Il Decreto Caivano è un ottimo punto di partenza”.
Quali sono i reati comuni che oggi più preoccupano?
“Oggi abbiamo che fare col frequente fenomeno dei femminicidi, riguardo al quale c’è sempre maggior consapevolezza che rappresenti una sconfitta sociale. L’Arma in questo settore ha fatto molto, avviando anche una campagna di formazione del proprio personale. Sono oltre 700 i marescialli e brigadieri specializzati nel contrasto della “violenza di genere”.
Presso le caserme sono state realizzate 175 “stanze rosa” dedicate all’ascolto protetto delle vittime e dei loro figli.
Gli altri reati che preoccupano la popolazione sono furti, rapine e scippi, spesso connessi con la diffusione di droghe.
Con le altre Forze di polizia abbiamo in atto piani coordinati per la prevenzione.
Uno dei fenomeni più odiosi e al quale ci stiamo dedicando con forza è quello delle truffe agli anziani contro cui svolgiamo anche campagne di sensibilizzazione”.
Come si educano i giovani sul concetto di legalità?
“L’Arma porta avanti un programma di diffusione della cultura della legalità nelle scuole e in altri luoghi di aggregazione giovanile. Due temi sono centrali: l’uso di stupefacenti e dell’alcol, sempre più diffusi. Nei quartieri più disagiati di alcune città, penso a Scampia di Napoli o allo Zen di Palermo, le nostre stazioni, che vivono sul territorio, sostengono anche le associazioni di zona o le parrocchie per togliere i ragazzi dalla strada.
Facciamo pure educazione stradale e ambientale. La tematica della legalità viene proposta anche con gli atleti dei nostri centri sportivi, come persone da emulare, perché lo sport è fatto di regole e sacrificio”.
Quale ruolo hanno i Carabinieri nella tutela dell’ambiente?
“Con l’unificazione dell’Arma con il Corpo Forestale i carabinieri sono diventati la maggiore forza di polizia ambientale del mondo. Tuteliamo gli ecosistemi e la biodiversità.
Abbiamo anche costituito un Centro di eccellenza ambientale a Sabaudia, sotto egida Onu, per sostenere i Paesi in via di sviluppo. E collaboriamo con la Fao per combattere la desertificazione e favorire le coltivazioni alimentari”... ben fatto 🎄🇮����⭐️🎄🇮🇹👍🎄🇮🇹 #UnaAcies
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Giuseppe Calò: il boss della mafia siciliana
Giuseppe Calò, noto come “Pippo”, è un nome importante nella criminalità organizzata siciliana. Nato a Palermo nel 1931, si affiliò alla famiglia mafiosa di Porta Nuova all’età di 23 anni. Il suo giuramento fu preso da Tommaso Buscetta. Nel 1963, Calò divenne il nuovo capo della famiglia di Porta Nuova dopo la morte di Gaetano Filippone. In quell’anno, fu accusato di essere parte di una…
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