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PRIMA PAGINA Il Giornale di Oggi domenica, 25 agosto 2024
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NOME DI BATTAGLIA GALLO
Quello nella foto è Adriano Barbieri e tra una settimana compirà 100 anni. Nel '44 il suo nome di battaglia era Gallo e militava tra i partigiani nella zona di Ca' Malanca, dove operava la 36° Brigata Garibaldi "Bianconcini" al comando di Luigi Tinti, nome di battaglia Bob. In ottobre, accerchiati dai tedeschi, 700 partigiani tentarono lo sfondamento delle linee nemiche scatenando la famosa battaglia di Purocielo. Per tre giorni sostennero una durissima controffensiva, tra i mortai tedeschi e le bombe degli Alleati, appostati appena oltre le linee. Furono 57 i caduti tra i ribelli. Nonostante ciò, la notte del 13 ottobre iniziò la difficile manovra di sganciamento. A fare da guida c'era Sesto Liverani, nome di battaglia Palì, del distaccamento "Celso Strocchi". Così ricordò l'evento il partigiano Galassi: "Per tre notti camminammo al buio, in silenzio, in mezzo ai tedeschi. Sembravamo ombre. Non si sentiva né una parola, né lo scalpiccio dei piedi. Gli ordini dal comando venivano passati lungo la fila, fino all’ultimo. Così, presso il Muraglione trovammo gli inglesi". Oggi Ca' Malanca è un luogo unico in Romagna, sede di un centro documentale sulla Resistenza e di una mostra permanente in ricordo dei tantissimi che armi in pugno si lanciarono contro i traditori fascisti. Gallo c'era quel giorno e c'era anche oggi, a ricordarci che il fascismo esiste a va distrutto. Oggi come ieri. Con ogni mezzo necessario.
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Euridice cammina,
sola tra le ombre spezzate del giorno,
i suoi passi sordi rimbalzano
sulle strade deserte, sporche di silenzi.
Non c'è canto, non c'è Orfeo a seguirla,
solo il vuoto dei sogni rimasti indietro.
Ma il suo sguardo, affamato,
si spinge ancora oltre il buio,
cerca una luce che non conosce più.Non chiede salvezza,
non tende la mano a nessuno,
ha imparato a convivere con il vento
che taglia la pelle, freddo e amaro,
e trova riparo negli angoli segreti
dove il mondo non guarda.Chi è Euridice oggi?
È chi si è smarrito nell'ombra dei giorni,
nei labirinti di cemento e di vetro,
tra i ritmi spietati di una vita che inghiotte.
Ma non si arrende,
i suoi piedi, sanguinanti,
continuano a camminare.Forse siamo tutti Euridice,
bruciati dal desiderio di qualcosa di più,
senza più fede in un salvatore,
ma trovando nel passo lento
la forza di esistere,
di amare,
anche senza essere visti.
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CERAMICA DI SANTO STEFANO DI CAMASTRA
Anche oggi non ti ho detto che ti amo, Preso dagli affanni del giorno, dal leccare la vita per capirne ipocrisie e falsità, ho dimenticato di dirti che ti amo. O meglio, nel silenzio del giorno e nel nulla dei suoi attimi, non ho trovato tra le sue ombre e le parole vuote del mondo, il momento giusto per parlare al tuo cuore, per dirti di quanto ci lega, per confessare quello che ferma il tempo per creare un istante, un minuto delle nostre vere vite. Non volevo sconsacrare le parole che dovevo dirti, non volevo svendere il tesoro che mi doni, liquidare tutto nella banalità del quotidiano, per amarti per contratto, o glorificarti per noia. Non volevo svendere per poco, quello che sarebbe diventato il senso del giorno, nascondere tra consigli per gli acquisti e stragi degli innocenti, l’unico respiro dell’anima mia. Era troppo importante, anche se era naturale, era troppo semplice anche se è un giuramento quotidiano fatto alla tua vita perché sia la mia vita. È troppo banale sprecare quello che vuol dire amarti, è infantile ripeterlo, è assurdo pretenderlo anche se è necessario confermarlo ogni giorno, scriverlo nell’aria che ci divide, sognarlo nelle nostre notti, scambiarcelo nelle nostre carni, così che i nostri corpi siano il forziere, la vigna ed il mare di quello che proviamo, dell’ebrezza che ci scambiamo, delle emozioni su cui navighiamo. Un altro giorno muore senza averti detto che ti amo, Un altro giorno scivolato via senza sapore, diventato un anonimo giorno di pieno inverno, dove non vi sono colori, il sole è malato, il vento impazzisce e il mare diventa nemico. Eppure lo so, lo so bene, che solo quando ti dico che ti amo, il tempo ha un altro sapore, i miei affanni si sciolgono e tu mi rivesti con i sorrisi della primavera. Perché l’amore è un assegno in bianco che qualcuno ti dà e che tu devi spendere il giorno stesso perché domani non avrà più lo stesso valore e nessuno ti potrà garantire che domani ce ne sarà uno eguale. Un assegno gratuito che devi spendere in quel momento scrivendo il valore che tu dai a chi te lo ha dato. Ma se scrivi troppo o troppo poco, sei tu dopo, che dovrai pagare il doppio della cifra che hai scritto. Per questo, non dirti oggi che ti amo, è tenersi in mano quell’assegno incapace di spenderlo, incapace di sognare, incapace di volare, incapace di trasformare il grigiore dei palazzi in un intimo paradiso
Even today I didn't tell you that I love you, Caught up in the worries of the day, in licking life to understand its hypocrisies and falsehoods, I forgot to tell you that I love you. Or rather, in the silence of the day and in the nothingness of its moments, I didn't find among its shadows and the empty words of the world, the right moment to speak to your heart, to tell you how much binds us, to confess what stops time to create an instant, a minute of our true lives. I didn't want to desecrate the words I had to say to you, I didn't want to sell off the treasure you give me, liquidate everything in the banality of everyday life, to love you by contract, or glorify you out of boredom. I didn't want to sell off for a little, what would have become the meaning of the day, hide among shopping tips and massacres of innocents, the only breath of my soul. It was too important, even if it was natural, it was too simple even if it is a daily oath made to your life for it to be my life. It is too banal to waste what it means to love you, it is childish to repeat it, it is absurd to demand it even if it is necessary to confirm it every day, to write it in the air that divides us, to dream it in our nights, to exchange it in our flesh, so that our bodies are the treasure chest, the vineyard and the sea of what we feel, of the intoxication we exchange, of the emotions we sail on. Another day dies without having told you that I love you, Another day slipped away without flavor, become an anonymous day in the middle of winter, where there are no colors, the sun is sick, the wind goes crazy and the sea becomes an enemy. And yet I know, I know well, that only when I tell you that I love you, time has another flavor, my worries melt away and you dress me with the smiles of spring. Because love is a blank check that someone gives you and that you have to spend that same day because tomorrow it will no longer have the same value and no one can guarantee you that tomorrow there will be an equal one. A free check that you have to spend at that moment by writing the value that you give to the one who gave it to you. But if you write too much or too little, it is you later, who will have to pay double the amount you wrote. For this, not telling you today that I love you, is holding that check in your hand incapable of spending it, incapable of dreaming, incapable of flying, incapable of transforming the grayness of the buildings into an intimate paradise
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“ Bisogna non voltarsi indietro a nessun patto, non prolungare i cattivi sogni col raccontarli. Meglio uscire nel sole, nella neve, respirare a fondo, magari vomitare, come facevano gli antichi dopo aver fatto un cattivo sogno. Oggi qui c’è un bellissimo sole. Domani, forse altra acqua, altre acque. Ma non bisogna dire ieri, domani. Oggi c’è il sole ed è così bella la quaresima col sole, la chiesa nuda, spenta, senz’organo, coi monaci (tanti!) tutti in nero che cantano Super fulmina Babylonis o i Sette Salmi Penitenziali o quel divino Salmo 138 (lo cerchi, ai Vespri del giovedì) e poi sfilano via in assoluto silenzio, col sole che stampa leggermente le loro ombre per terra. ”
Cristina Campo, Lettere a Mita
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Joy Division - Shadowplay
youtube
penso agli anni della gioventù
gli anni in cui ero forte, mi vedevo bello;
mi credevo "uno che sapeva il fatto suo"
...vanagloria.Mal celato disagio.
quante energie e tempo spesi
a cercare una felicità sfiorata
e che ancor oggi sfioro
per brevi attimi.
penso a quei giorni in cui la primavera
volge in estate...il cielo terso
l aria che odora di erbe, di piante.
mi diletto a passeggiare per la campagna
che ancora sopravvive oltre la ferrovia
dove da bambino cacciavo le serpi d acqua
e i ramarri..tra le i muri di vecchie case coloniche
abbattute ...
penso al sole che ti bacia il viso,
senza prepotenza,piacevole...l aria si muove tiepida
appena....
le fronde degli alti pioppi lungo i fossati
che conosco e che erano il mio orizzonte
le vigne e gli sterminati campi di grano
danzano e rumoreggiano.
di tanto in tanto un airone s alza in volo
e va a posarsi poco piu in là....
son tornate pure le candide garzette
le folaghe ....e vedo farfalle che non rammento
d aver mai notato da bambino...
e passo tra filari di ailandi platani
enormi e cercis,arbusti di alloro,frassini.
e sento le ombre toccare il mio volto,
il mio percorso è tafitto da raggi
di luce...che filtra tra i rami..mi toccano
mi rincorrono...è un GIOCO DI OMBRE.
Tutta la felicità di tutti gli uomini vissuti
e che vivranno può stare sulla punta
di un dito. .e non pesa più di un solo
granello di sabbia.
Ian Curtis ☆
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Tumblr non lo usa quasi piu' nessuno, chi lo usava 8/9 anni fa ora stanno meglio oppure si sono ritrovati in un circolo vizioso e non riescono ad uscirne. Io parlo di me, la ragazza con i polsi di carta, che tanto carta ora non sono piu' ma non c'e' giorno che non pensi a quel periodo li, a quando i polsi erano carta e il cibo era un nemico, su questo lato ancora ad oggi lo posso definire nemico perche' un rapporto sano mai ci e' stato e mai ci sara' pero' la differenza con prima, la differenza con la ragazza con i polsi di carta e' che ora il dolore non lo rende evidente come prima ma se lo tiene per se fino al punto di distruggere quel poco di felicita' che si e' creata. Anche la persona con il cuore piu' nero al mondo può' trovare la felicita' pero' non sara' mai del tutto completa perche le ombre, i mostri del passato torneranno sempre a fare visita e non esiteranno un attimo per rientrare dentro all'anima e distruggere nuovamente tutto il lavoro che abbiamo fatto.
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Lel
Ci sono persone che non lasciano mai veramente la nostra vita, anche quando non ci sono più. Lel è una di queste. Non importa quanto tempo sia passato, quante persone siano entrate e uscite dal mio mondo. Lei rimane lì, come un’eco costante, un pensiero che torna ogni volta che il cuore cerca rifugio in ricordi lontani. E ogni volta che la mia mente si ferma su di lei, mi ritrovo a rivivere tutto.
Lel era il mio primo amore. Il primo vero amore, quello che ti esplode dentro senza preavviso, che ti travolge come un’onda e ti trascina con sé, senza lasciarti il tempo di capire, di resistere. Non sapevo come comportarmi, non ero pronto. E neanche lei lo era. Eravamo due anime acerbe, immature, intrappolate in una relazione che ci consumava e ci faceva male, ma dalla quale non riuscivamo a staccarci. Ci amavamo tanto, ma non sapevamo come farlo bene.
C’erano momenti di pura felicità, attimi in cui mi sembrava di vivere in un altro mondo, uno dove esistevamo solo io e lei. Quegli attimi erano carichi di passione, di una tensione che solo chi ha amato per la prima volta può capire. Ogni tocco, ogni sguardo, ogni parola sembrava portare con sé un significato nascosto, un’intensità che faceva male, ma che era irresistibile.
Ma c’erano anche le ombre. Le provocazioni, i tradimenti, le incomprensioni. Eravamo troppo giovani per capire quando fermarci, troppo orgogliosi per chiedere scusa, troppo pieni di noi stessi per riconoscere i nostri errori. Litigavamo spesso, ci facevamo male con le parole, con i silenzi. Eppure, ogni volta tornavamo insieme, come se non potessimo farne a meno. Era come un vortice, una spirale che ci risucchiava, ci teneva legati, anche quando sapevamo che ci stavamo distruggendo.
Le discussioni sotto casa sua erano diventate un rituale. Ogni volta che qualcosa non andava, scendevamo per strada, sotto quell’albero che aveva ascoltato troppi dei nostri segreti, delle nostre paure. Ci guardavamo, con rabbia e amore mescolati insieme, e cercavamo di trovare una soluzione. Ma la soluzione non c’era mai davvero. Alla fine, ci abbracciavamo, sempre, come se quell’abbraccio potesse cancellare tutto, come se bastasse stringerci forte per risolvere le crepe che continuavano a formarsi tra di noi. Ma non bastava. Le crepe restavano, si allargavano, e noi ci facevamo sempre più male.
Nonostante tutto, mi manca. Lel è stata la prima persona che mi ha fatto sentire vivo in un modo che nessun altro ha mai fatto. Mi manca il suo odore, quel profumo forte che riempiva l’aria ogni volta che le stavo vicino. Mi manca il modo in cui sorrideva, anche quando eravamo arrabbiati, come se sapesse che, nonostante tutto, ci saremmo ritrovati. Mi manca il modo in cui mi stringeva, come se volesse tenersi aggrappata a me per non perdersi.
E la penso. La penso quasi sempre. Di giorno, di notte, nei momenti di solitudine, nei momenti di felicità. Lei è lì, sempre presente, come una parte di me che non riesco a lasciar andare. La sogno spesso, e quei sogni sono così reali che a volte mi sveglio confuso, cercando di capire se davvero l’ho rivista, se davvero è stata di nuovo con me. L’ultima volta l’ho sognata uscire di casa, proprio sotto la sua vecchia casa, in quella stradina che conosco troppo bene. Mi ha abbracciato, e in quel sogno ho sentito di nuovo il suo odore, la sua pelle. Era come tornare indietro nel tempo, come se non fosse passato neanche un giorno. Ma poi mi sono svegliato, e lei non c’era. E quel vuoto mi ha colpito come un pugno nello stomaco.
So che non la rivedrò mai più. Lo so, perché la Lel che amavo non esiste più. Sono passati dieci anni, e il tempo cambia le persone, le trasforma. Se la incontrassi oggi, non sarebbe la stessa persona. E forse nemmeno io lo sarei per lei. Quello che amavo, quello che mi manca, è la Lel di allora, quella ragazza che mi ha insegnato cosa vuol dire amare e soffrire allo stesso tempo.
Ma c’è una parte di me che non riesce a smettere di sperare, che non riesce a spegnere quella piccola fiamma che ancora brucia per lei. Torno spesso sotto casa sua, anche se so che probabilmente non la vedrò mai più lì. Ogni tanto ci passo per caso, o per lavoro, e ogni volta il mio cuore accelera, come se stesse aspettando di rivederla. Ma la casa è vuota, come se fosse stata spogliata di tutto ciò che una volta significava per me.
Lel è diventata un ricordo, un ricordo che mi accompagna ovunque vada, un ricordo che non posso cancellare, anche se ci provo. Forse, in fondo, non voglio nemmeno farlo. Forse, tenerla con me, anche solo come un pensiero costante, è l’unico modo che ho per sentirmi ancora legato a quei giorni, a quella parte di me che si è persa con lei.
Le nostre vite sono andate avanti, ma una parte di me è rimasta lì, in quel passato. In quei baci rubati, nelle notti trascorse insieme, nelle liti, negli abbracci, in tutto quello che eravamo. E anche se so che non potrò mai tornare indietro, anche se so che quella Lel non esiste più, il suo ricordo continuerà a vivere in me. Perché il primo amore non si dimentica mai. Non si può.
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PRIMA PAGINA Corriere Della Sera di Oggi martedì, 12 novembre 2024
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Blue jeans
Vorrei essere in un altro tempo In cui se sbagli riparti da capo Ma il futuro che io avevo in mente Sembra già far parte del passato
Le parole sono un mondo a parte E non servono che a complicare Che da solo mi sento di troppo E il giorno passa senza salutare
E non so come son finito qui È come fossi entrato già a metà del film Io avevo addosso gli stessi blue jeans E tu avevi in bocca le stesse bugie
Quante volte ci abbiamo provato Dando voce anche al fiato sprecato E i ricordi già prendono il largo Verso un mare lontano da qui Ma forse va bene così
Oggi me ne sto da solo e sto per conto mio Forse era un po' meglio prima, ero un po' meglio anch'io Vago in strade senza meta come un senza Dio Quel sorriso a mezza bocca sapeva di addio
Ma pensa te, è tutto qua Una réclame che vola via E questa pioggia si stancherà E il tempo corre sui fili del tram
Siamo ombre tra le ombre, ai piedi del tramonto Orme tra le orme, lungo un binario morto Siamo onde tra le onde che fanno il mare mosso Storie tra le storie, ma nessuno sta in ascolto
E delle volte per vederci chiaro serve stare al buio E per essere davvero sicuri occorre avere un dubbio Ed un fiore che si schiude al freddo poi appassisce a luglio E quello che resta sembra di cartapesta
E non so come son finito qui È come fossi entrato già a metà del film Io avevo addosso gli stessi blue jeans E tu avevi in bocca le stesse bugie
Quante volte ci abbiamo provato Dando voce anche al fiato sprecato E i ricordi già prendono il largo Verso un mare lontano da qui Ma forse va bene così
Oggi me ne sto da solo e sto per conto mio Forse era un po' meglio prima, ero un po' meglio anch'io Vago in strade senza meta come un senza Dio Quel sorriso a mezza bocca sapeva di addio
Ma pensa te è tutto qua Una réclame che vola via E questa pioggia si stancherà E il tempo corre sui fili del tram
-Franco 126 feat. Calcutta-
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27/08/2024
Mi manchi,
come un sussurro
nel vento freddo,
tra ombre e luci
che non so afferrare.
In spazi vuoti,
cerco il tuo respiro,
lontano,
come il sole dietro
le nuvole.
-oggi più che mai, mi sento morire... Non sei mai uscita dal mio cuore, mi manchi da morire...-
#diario personale#malinconia#sentimenti#solitudine#tristezza#dolore#paura#amore perduto#poesia#amore#mancanza#tempesta
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Un mio amico oggi,
mi ha detto che sono tanta...
Allora io gli ho detto:
"Ahh!! Ecco, dici che sono tonda, grazie eh..."
Lui ha alzato gli occhi al cielo
e ha scrollato la testa ridendo.
"Ma noo! Che hai capito!!
Tu sei tanta roba, sei di spessore,
sei impegnativa.
Sei una donna che sa cosa dice
e cosa vuole sentirsi dire".
L'ho guardato di sottecchi poco convinta: "Giura!" gli ho detto,
puntandogli il dito contro il petto.
Lui rideva e poi si è spento,
così... all'improvviso.
Mi ha guardata di nuovo negli occhi,
proprio dentro.
"Ecco, vedi, anche adesso, anche qui.
Tu lo sai cosa intendevo dire,
lo hai capito subito, ma hai mosso il vento.
Hai fatto finta di fraintendere,
di sviare l'ostacolo
e ne è uscito un moto scherzoso.
Tu sei fatta così,
tu sai cosa vali e cosa sei,
ma vuoi che gli altri se ne rendano conto,
senza che gli venga spiegato.
Perché a te spiegare costa."
"Se devo spiegarti come sono fatta,
cosa desidero e chi sono,
tu non fai per me"
gli dico seria, dentro i suoi occhi.
"Lo so, ed è questo
che a molti uomini fa paura.
È più facile restare fuori,
passare, prendere e poi salutare.
Fa paura conoscere l'essenza di una persona, fare a botte con le sue ombre,
con i suoi demoni.
Oppure, semplicemente,
conoscerne l'intelligenza, la sensibilità".
"È vero. Gli uomini oggi,
non vogliono più
responsabilizzare un neurone,
non vogliono impegno nel capire,
nel confrontarsi, nel mettersi in discussione.
Si contornano di amiche,
meglio se fidanzate o sposate,
così non danno noie,
si limitano a frequentarti
quel tempo che basta a rotolarsi un po'
e poi ognuno per la sua strada.
Le donne che sanno quello che vogliono,
le donne che credono
ancora in qualcosa di vero e di autentico,
fanno paura, sono spesse, pericolose.
Sono quelle che faticano a farsi comprendere, a farsi sentire, a farsi considerare."
Il mio amico ora guarda le mie mani
e le prende fra le sue:
"Non cambiare mai,
rimani così, tanta come sei..."
(web)
Dalla pagina di Claudio Del Pizzo
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Non c'è nessun «dopoguerra». Gli stolti chiamavano «pace» il semplice allontanarsi del fronte. Gli stolti difendevano la pace sostenendo il braccio armato del denaro. Oltre la prima duna gli scontri proseguivano. Zanne di animali chimerici affondate nelle carni, il Cielo pieno d'acciaio e fumi, intere culture estirpate dalla Terra. Gli stolti combattevano i nemici di oggi foraggiando quelli di domani. Gli stolti gonfiavano il petto, parlavano di «libertà», «democrazia», «qui da noi», mangiando i frutti di razzie e saccheggi. Difendevano la civiltà da ombre cinesi di dinosauri. Difendevano il pianeta da simulacri di asteroidi. Difendevano l'ombra cinese di una civiltà. Difendevano un simulacro di pianeta.
Wu Ming - 54
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Nido Oscuro
Parte 1 -> Parte 2
L'incontro
1890
Contea di Marvalia, Inghilterra nel palazzo del Re Taurus tutto sembra procedere
perfettamente per le nozze del figlio, il prossimo in successione al trono, Wilder con la principessa Kassandra.
"�� arrivato il grande giorno figliolo, ora questo regno dipenderà da te, devi essere pronto a governarlo con coraggio"
"Si padre, cosí com'è scritto" seguí in risposta. Il ragazzo si guardava nello specchio che poggiava sul banco della sua camera illustre con aria sconsolata, Kassandra non era certo ciò che voleva, mentre dal potere si faceva sedurre e non si faceva neanche lo scrupolo di nasconderlo. Poco dopo entrò nella stanza il suo lancillotto a occuparsi di lui e della sua bellezza. Nessuno poteva immaginare che di lì a poche ore sarebbe cambiato tutto.
Oggi
Un'epidemia si diffonde rapidamente nel regno di Marvalia, Dominick, giovane
aristocratico, viene mandato nella notte dai genitori, amici della famiglia reale, in ritiro
nel palazzo gotico di quello che viene chiamato "L'incantatore della notte", questo perché distante dal regno così da proteggerlo.
Il ragazzo viene scortato dalle guardie reali fino al castello di questa figura misteriosa. Nel tragitto percorre strade tortuose e cupe in cui nota strane ombre dalla tunica nera e con grandi maschere a gas, alcune si facevano luce con delle lanterne.
Dopo ore di viaggio in cui Dominick si faceva impaziente e timoroso, la macchina nera si fermò davanti a un grande campo lasciato a sé stesso in cui poggiava con imponenza il palazzo dallo stile grottesco.
"Siamo arrivati signore."
"Oh si certo, immagino che debba scendere".
Apre la portiera e con estrema classe scende dall'auto per poi innalzarsi davanti alla facciata principale della dimora, era sicuramente spaventato.
Si accinge al portone e bussa, la macchina se ne va ma poco dopo nessuno apre. Dominick è capace di aspettare perché troppo pudico per ritentare ancora, avendo lo scrupolo di disturbare, poco dopo si rende conto di una lieve fessura che portava con sé della luce laterale alla porta, la quale non era di fatti del tutto chiusa, così pone poca resistenza e si decide a tirare la porta in avanti così da poter entrare
"Permesso…" Disse titubante
"Son..sono Dominick" Il ragazzo percorse l'atrio e poi ancora
Si imbatté in delle maestose scale di legno che conducevano al piano di sopra ricco di stanze immacolate, si fece strada da solo intento a trovare l'uomo. Iniziava a sentire dei rumori, voleva tornare indietro ma le gambe lo spingevano a continuare, pensò anche che aveva lasciato la sua vecchia valigia all'ingresso.
D'un tratto i rumori cessarono e da una delle stanze uscì lui, questa alta figura dal corpo esile, sembrava un uomo la cui stravaganza ti strega, aveva una raffinata eleganza e un dolce profumo sulla pelle, aveva indosso un bellissimo completo scuro che sembrava disegnato su di lui, era ricoperto di gioielli, le sue scarpe erano lucide, sotto la giacca aveva una lunga camicia con maniche larghe e con gli sbuffi, erano merlettate e sul collo poggiava un grande fiocco bianco e a cospetto di questo poggiava sul petto una vecchia collana di perle che portava larga, aveva poi sulle mani dei guanti neri e poi non poteva non notare il suo mosso e lungo capello rosso, era eccentrico l'aveva capito
ma era anche affascinante, era semplicemente quello con cui tutte le cattiverie del regno iniziavano "L'incantatore della notte".
Sempre con fare elegante ma allo stesso tempo con simpatia, l'uomo porge la mano al ragazzo in un inchino, intento a fargli strada
verso la sua stanza, ricordandogli di andare a recuperare i suoi averi.
"C'è un brutto male là fuori eh? voglio dire a Marvalia."
"Sta succedendo tutto così in fretta, è destabilizzante"
"Beh si potrebbe dire che essere condannato a stare qui si è rivelata la mia fortuna"
"Lei è condannato a stare qui?"
"Mi piace la premura con cui ti rivolgi a me, ma te ne prego non ce n'è bisogno, voglio che tu ti senta libero qui"
"Non le piace parlarne?"
"L'hai fatto di nuovo"
"Cosa?"
"Questa distanza, non mi piace, non mi è mai piaciuta"
"Scusa non volevo..."
"Oh non scusarti trovo questa tua insistenza deliziosa" Il ragazzo si sentì il cuore in gola, quella casa e quella figura lo facevano sentire così impotente eppure era sempre stato visto come un uomo tutto d'un pezzo, questo dovuto anche alla sua corporatura, era leggermente robusto ed era bellissimo, la sua stazza andava in contraddizione con il suo viso pulito, puro, dolce aveva un mosso capello biondo e nei suoi occhi ci si poteva perdere, aveva i modi e il vestiario di un signore e aveva di certo un cuore nobile, nobile come lui.
"Sistemati pure in quella stanza, tra poco mangiamo, spero tu gradisca della carne ma ho idea che tu sia troppo ligio alle buone maniere perché tu mi dica il contrario, non oseresti"
il ragazzo si limitò a sorridere e si affrettò a prepararsi per la cena.
I due cenarono nella sala da pranzo, piena di ornamenti d'oro e con un grande lampadario di cristalli che poggiava sopra la lunga tavola antica. L'incantatore aspettò già in sala con ansia il ragazzo che tanto gli piaceva, e una volta che questo si era presentato alla porta, lui lo seguí con fare scherzoso:
"Dopo di lei? dovrei dire forse così?" Il ragazzo era divertito dalla sua ironia, ma aveva il costante timore di deluderlo anche se non lo conosceva, sentiva di aver già investito tanto in lui.
Una volta seduti iniziano entrambi a mangiare di gusto e prendendo il suo amato calice di quello che sembrava essere del vino, l'uomo esordí dicendo:
"Allora ti piace il mio palazzo?"
"Si mi piace perché è diverso"
"E questo ti fa paura?"
"Il palazzo?"
seguí immediatamente l'altro
"Il diverso..."
"Mi affascina, perché è qualcosa di nuovo, e le cose nuove ti fanno sentire eterno"
"E con tutta la gente che sta morendo, forse ce n'è anche bisogno, diventa un vizio immorale, una perversione, ma é pur sempre un desiderio"
"Non ti senti solo in un palazzo tanto grande?"
"Oh ma io non sono sempre solo"
"Avete qualcuno?"
"No di certo non quello, ma a volte vengono a farmi visita degli aristocratici come te o meglio non proprio come te"
"Che vuoi dire?"
"Intendo dire che non sono tutti cosí discreti o piacevoli come lo sei tu"
"Ti ringrazio"
"Non ringraziarmi, è quello che penso di te da quel poco che ti conosco"
"Non ha buoni rapporti con questi uomini?"
"No non é questo, é che mi fa sorridere come nonostante la tua giovane età tu sia più rispettoso di tanti signori la cui età ha portato via l'onore" Ripresero poi a mangiare in silenzio e poi ancora.
"Ah Dominick c'è una cosa che devi sapere" Il ragazzo s'irrigidí
"Non vorrei sembrarti scortese ma preferirei non entrassi nella mia stanza, che si trova alla porta dove ci siamo presentati, certe cose preferisco tenerle per me"
"Certo, certo capisco…”
"Certo che capisci" disse con fare amorevole l'uomo sorridendogli e parlando con una mano sotto il mento il giovane si faceva nervoso e fece finta di voler andare a dormire, così l'incantatore lo accompagnò e poi quando questo si mise a letto fece finta di dormire e la figura rimase ferma qualche secondo a contemplarlo, fece per giocare con i suoi capelli e con strazio pronunciò un nome "Ricardo" e se ne andò.
Ma Dominick l'aveva sentito, era ancora sveglio e stava iniziando a farsi delle domande "Perché era stato condannato a stare in quel palazzo? Perché non ha risposto alla mia domanda? Qual'era il suo titolo? E se non fosse riservatezza ma nascondesse qualcosa in quella stanza? Chi era Ricardo?"
Tutto questo mistero lo rendeva ancora più intrigante, voleva conoscerlo veramente anche se in parte si sentiva intimorito da lui, e l'idea di scoprire tutto di lui gli faceva pensare che potesse rovinare la sua bellezza.
#romanzogay#mascxfem#apocalisse#ahs#fantastico#elegante#estetico#passionale#oscuro#mistero#gay men#ossessione
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Un piccolo e silenzioso angolo al di fuori del tempo.
Nel nostro mondo esistono piccole sacche che resistono all’incedere del tempo, piccole faglie in cui tutto sembra scorrere in maniera consueta, dove il giorno passa ma il tempo non avanza, luoghi in cui è possibile vivere quelli che io chiamo “piccoli momenti neorealistici”.
È in una frattura del nostro tempo quella in cui vi voglio portare oggi, nella scalinata di un vecchio palazzone romano situato dentro un vivace quartiere popolare, un piccolo spazio in bianco e nero.
Il fresco dell’androne permetteva di riprendere fiato dal caldo soffocante del piazzale esterno. In quello spazio riparato dal sole anche il caldo vento estivo si raffrescava, per un attimo i suoi leggeri abiti parevano essere troppo sottili, la pelle candida delle esili braccia reagiva creando delle piccole collinette e andando ad imitare la briosità d’animo della giovane ragazza.
Le gambe agili si arrampicavano sulle scale di graniglia, la calda e bianca mano contrastava con il freddo e nero ferro battuto del corrimano, la salita si trasformava in una gioiosa e vivace corsa, era in atto un infantile e romantico gioco di ruolo.
Lei rideva, i cristallini suoni della sua voce riecheggiavano per le scale,”fai piano, ci scopriranno”, il cesto di vimini cadeva sul pianerottolo, ma la corsa non si arrestava, fino a quando con il cuore allo spasimo per la salita e la gioia i suoi occhi non vennero lambiti dai raggi del sole.
Lei adesso è in piena luce, il cielo è limpido e candide lenzuola ondeggiano al vento, il suo casto vestito nero si muove accarezzato da invisibili mani, i suoi lunghi capelli corvini seguono lo stesso destino, sono sul pontile di un vascello.
Lei sorride ma lo sguardo è diventato serio, è lo sguardo di chi chiede una muta promessa, “sì”, le due ombre proiettate sulla tela lentamente si uniscono, il vento riempie le profumate vele, il palazzo sembra navigare, tutto si muove, tutto è vita.
La schiena è cullata dal tepore del pavimento, gli occhi sono rivolti al cielo, lei indica un minuscolo puntino volante in aria, “cos’è?”, il sole riflette su di una splendente fede, il tempo è andato avanti.
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Roberto De Mitri - Emily Dickinson
..................~il mondo di Emily~...................
Non puoi sapere quale fosse la dimensione... In quale angolo della dimensione vive Emily... Giardino Segreto, Limbo o Purgatorio. Qualunque fosse l'esistenza, lei era li... senza sapere di esserne parte. Senza ricordare come è arrivata Il. Indipendentemente dalla nostra volontà, ci troviamo in quell'illusione. Fatta di nebbia, veli e di echi lontani. Elementi di un sogno in cui vaghiamo, oltre l'alba. Siamo apparenze e allo stesso tempo siamo vittime di un miraggio. Non possiamo sapere quali insidie, inganni... o quali speranze possiamo trovare nascoste in questa illusione... perché è il nostro inconscio che crea e dà forma alle visioni. E la nostra anima più profonda è influenzata, a sua volta, dalle nostre esperienze del passato. Oggi siamo le ombre dei nostri perduti. Solo marionette in questo circolo di passioni e mutazioni che è la vita. E riempiamo e mascheriamo questa nebbia delle nostre paure e dei nostri desideri. II mondo di Emily è un mondo malinconico, fatto di solitudine, fatto di infiniti spazi vuoti. Spazi che a volte solo la nebbia riesce a riempire. Una nebbia trascendente e remota, che sale dal profondo dell'anima, come materializzazione metafisica di tutti i nostri pensieri, paure, fantasmi e perdite. È una dimensione atemporale, o meglio, una condizione di sospensione infinita e adimensionale. Una percezione latente di assenza, di impotenza cosciente nei confronti di un desiderio che non può essere soddisfatto.....
#journey into Emily's world #my post
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