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#narrativa per adolescenti
feminissdragoness · 2 years
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Fumare a scuola - Parte 1
Ho schiacciato la mia sigaretta nel blocco di cemento, con la pianta del piede.
Danny aveva quasi finito il suo, mentre il cielo grigio sopra di noi dava un grande Ka-Boom, in lontananza. Matt era in piedi di lato, strofinandosi le braccia, con le mani, mentre la pelle d'oca cominciava a salire sulla sua pelle.
"Jeez, fa freddo qui fuori!" Matt disse, amaramente, mentre Danny gettava il mozzicone della sua sigaretta sul blocco di cemento e lo schiacciava con il piede.
"Ti lamenti", disse Danny, lisciandosi i capelli con la mano. "Inoltre, perché non hai portato un maglione?"
"Jase non ha portato un maglione", ha sostenuto Matt.
"Sì, ma sono sempre caldo. Non lo trovo freddo qui fuori". Ho risposto, un sorriso da orecchio a orecchio, sul mio viso.
"Voi due siete un dolore, lo sapete?" Danny disse, alzando gli occhi, mentre i suoi denti cominciavano a chiacchierare.
Matt ed io abbiamo riso, mentre Danny ha iniziato a strofinarsi le braccia più velocemente.
Il vento aveva cominciato a salire, e anche io stavo cominciando a sentire il brivido che madre natura portava nel cortile della scuola.
Fumare era stupido, e lo sapevo. Così erano le droghe e l'alcol prima dei diciannove anni. Non che io abbia fatto né l'uno né l'altro. Ero disposto a provare a fumare, ma droghe e alcol erano off limits. Anche io ho fatto quel confine.
Matt e Danny lo hanno capito. E non hanno mai cercato di spingere su di me, di uscire con loro, se sapevano per certo che entrambi, o anche uno, sarebbero stati coinvolti.
Brent, d'altra parte, era il cattivo ragazzo della scuola. Ha fatto tutto ciò su cui poteva mettere le mani. E sapevi quando era giù, o non ne aveva avuto per un po '. Sarebbe diventato una bomba a orologeria. Combattere quasi tutti a scuola e diventare il più grande del blocco. Un asino saggio, sì, certo. Con cui posso convivere. Un maniaco omicida... Non posso.
Sono un tipo abbastanza duro. Generalmente riesco a tenere testa a me stesso in una lotta. Ma non vado in giro a litigare con ragazzi grandi il doppio di me, a meno che non mi venga data scelta. Ma non sarei così stupido da farlo a scuola. Brent è. Ha portato il bourbon a scuola e pensava di farla franca. Diavolo, quel ragazzo ha inventato le parole "hung over" e "happy hour".
"Dai, dovremmo andare a lezione. Prima che suoni la campana e tutti noi ci mettiamo nei guai." Matt disse, rimettendo il suo zaino in tasca, insieme al suo accendino e al cellulare.
"Sì," dissi, aspirando l'aria fredda e amara, che praticamente mi congelava i polmoni. "Non voglio un'altra detenzione. Mio padre mi ucciderà."
"Jase, tuo padre ti ucciderebbe se scoprisse che hai fumato." Matt ha detto. "Per non parlare della detenzione. E Dio non voglia che abbia scoperto perché."
"Non ricordarmelo," dissi. Scossi la testa e cominciai a camminare verso l'ingresso della scuola, aprendo la fredda porta di metallo e tenendola per Matt e Danny.
Oggi sarebbe divertente. Da quello che ho sentito, Brent non ha avuto nulla di serio su cui sballarsi, in circa tre settimane. Oggi sarebbe la prima volta, se non fosse estremamente spigoloso.
All'interno della scuola, era abbastanza ordinario. Sei file di armadietti di sei piedi stavano dritti, in linea retta. Ognuno dipinto con un colore scolastico. La mia fila di armadietti era nera, quella di Matt era rossa. Gli armadietti di Danny e io eravamo fianco a fianco, mentre Matt era in fila sopra. Ho ruotato le dita attorno al quadrante, trovando tutti e tre i numeri, prima di aprirlo.
Ho afferrato il mio raccoglitore e il mio astuccio, mentre suonava la campana per il primo di quattro periodi. Danny mi guardò con tono sfuggente.
"Freddo, amico, è solo la prima campana. Hai cinque minuti per andare in classe.” Dissi, chiudendo la porta del mio armadietto e rimettendo saldamente la serratura.
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giulianafacchini · 5 months
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Come con i denti del giudizio che non servono più?
Fino ad ora, nel 2024, ho fatto incontri letterari con studenti e studentesse intensi, belli, centrati. L’ultimo con cinque classi di terza media in due gruppi, il mio intervento era pagato e programmato da tempo.In 6 tra tutti avevano letto il mio libro.Non posso dire che non sia stato bello: ragazzi e ragazze attenti, la parte femminile accanita lettrice di romance. Abbiamo parlato di tutto,…
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automatismascrive · 2 years
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Appunti di genere I: Wraeththu
(Sì, il blog vive ancora. Il ritmo è calato molto per un mix di mancanza di cose da segnalare e vicende nella vita vera.)
Come ho già segnalato in altri post, sono una grande appassionata di New Weird. È stata in effetti questa passione piuttosto precoce che mi ha convinto a dare una chance alla lettura in inglese durante i primi anni delle superiori, visto che la probabilità di trovare qualche libro appartenente ad un sottogenere del fantasy diverso dagli high fantasy di stampo tolkeniano (stampo di qualità perlomeno altalenante, mi tocca aggiungere) in una qualunque libreria in Italia era molto bassa: il primo libro che lessi così fu The Year of Our War di Swainston, che cementò la sicurezza che questo genere fosse stato pensato proprio per chi come me era ossessionata dal leggere di cose che non avrebbe mai potuto immaginare da sola e vederle prendere vita con una minuzia e una precisione straordinarie. Poi Swainston scrisse, ahimè, anche altri libri, ma ormai lanciatissima iniziai a leggere quasi tutta la narrativa fantastica che mi interessava in inglese.
Vabbè, momento nostalgia a parte, anche se tra la Trilogia dell’Area X e qualche libro del Bas-Lag di Miéville qualcosa si è mosso, ci sono ancora tantissimi autori recenti che rimangono lontani dal fare il loro debutto sugli scaffali delle librerie nostrane, ma per il consiglio di oggi ci tenevo a segnalare la serie di un’autrice che è a tutti gli effetti una delle madrine (se non LA madrina) di questo sottogenere e che ha ancora meno chance di altri di arrivare anche qua in Italia: la trilogia Wraeththu di Storm Constantine, pubblicata tra il 1987 e il 1989 e tutt’ora inedita in Italia. Nonostante non mi informi spesso sul background di un autore prima di dargli una chance, qualche notizia su Storm Constantine mi ha convinto che si trattava di un tipo interessante: intanto perché quello è il suo vero nome, cambiato all’anagrafe dopo anni di pubblicazioni sotto pseudonimo, e poi perché da tutto quello che ha fatto in vita, dal sostegno alle fanfiction delle sue opere alla gestione di siti e wiki dedicati ai suoi mondi fantastici, traspare un genuino amore per i fan e un’idea della scrittura come atto comunitario che è relativamente peculiare tra gli autori che leggo. La stessa premessa della serie di cui volevo scrivere oggi – che una razza priva di genere, bellissima e letale, rimpiazzi a poco a poco gli umani – deriva dai look androgini delle band che frequentava in gioventù; senza ulteriori indugi, dunque, le mie impressioni su una serie che fa tante cose in modo mediocre o addirittura pessimo, ma che ne fa almeno altrettante in maniera interessante.
Come specificavo appena sopra, la trilogia di Wraeththu parte dall’idea che alle periferie di una civiltà umana ormai in lento declino si sviluppi una mutazione, inizialmente circoscritta a pochi individui, che ne modifichi il corpo e i sensi in maniera talmente radicale da creare una nuova specie: i Wraeththu, persone dotate di organi femminili e maschili, androgini d’aspetto e incredibilmente forti e resistenti, con abilità magiche e occulte che permettono loro di utilizzare telepatia, piromanzia e altri incantesimi molto più oscuri; l’intera trilogia è incentrata sul lento percorso che i Wraeththu compiono per ereditare la Terra – dai rapimenti di adolescenti dalle famiglie nelle periferie per trasformarli, alle guerre brutali condotte sotto il segno della conquista, fino ai tentativi di convivenza con quegli umani che si ostinano a non voler cedere il passo a questa razza che è chiaramente migliore di loro sotto tutti gli aspetti. Giusto?
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La copertina della raccolta di tutti e tre i libri. L’influenza punk è piuttosto evidente.
È rimarchevole il fatto che tutti e tre i libri si svolgano in momenti dell’avanzata molto diversi tra loro, e che lascino impressioni assai differenti sui Wraeththu coinvolti nelle vicende raccontate: il primo libro, The Enchantments of Flesh and Spirit, segue i viaggi di Pellaz, ragazzo fuggito assieme al Wraeththu Cal e iniziato rapidamente in un mondo fatto di piccole tribù sparse, che sono tutte più o meno apertamente ostili agli uomini ma che raramente hanno la forza di opporsi alle città più grandi e ben organizzate; sopravvivono grazie a fragili reti commerciali, furti e saccheggi e l’occasionale zuffa con gli abitanti delle zone isolate in cui gli uomini stanno iniziando a temere questa massa di guerrieri che hanno al loro fianco sciamani con strani poteri e una resistenza sovrumana. L’ultimo libro, che ha per protagonista Cal e il suo compagno di viaggi Panthera, dettaglia invece grandi insediamenti con culti, tradizioni e strutture sociali proprie e una società largamente abituata a considerare normalità tutte quelle caratteristiche Wraeththu che erano aliene o disturbanti ai Wraeththu stessi durante i primi anni delle loro trasformazioni; il risultato è effettivamente una cronaca dell’ascesa al potere di una nuova specie, che si trova a confrontarsi con due quesiti fondamentali che ne segnano l’intero percorso: che cosa dobbiamo fare dei nostri corpi ora che non esiste più alcuna differenza tra uomini e donne? E se siamo davvero così superiori agli uomini, saremo in grado di costruire qualcosa di meglio di quello che hanno fatto loro?
La risposta – anzi, le risposte – alla prima domanda è sicuramente uno dei motivi per cui ho deciso di parlare sul blog di questa trilogia, nonostante i suoi numerosi difetti. I Wraeththu sono a tutti gli effetti descritti come una razza che nasce dall’unione di aspetti maschili e femminili: senza peli, privi di seno e con genitali sia maschili che femminili (espressione imprecisa ma comprensibile, data l’età del testo), sono il ritratto di una bellezza androgina, a tratti anche un po’ patinata e occasionalmente perfino un filo ridicola, considerando quanto tempo i personaggi indugiano ad ammirarsi allo specchio e reciprocamente. Ma se si scrosta un po’ la patina da belli maledetti che evoca il minaccioso spettro di Twilight è evidente che l’interesse di Constantine è ben distante da quello di creare una nuova specie di Gary Stu (si dice ancora Gary Stu? Mi sento anziana) su cui far beare inesistenti schiere di fangirl, ma è piuttosto un modo di esplorare la psiche di un mucchio di giovani adolescenti che si trovano di punto in bianco in un corpo che è molto lontano dalla mascolinità che avrebbero dovuto raggiungere con la fine della pubertà.
Sì, perché la particolarità della mutazione che tramuta gli umani in Wraeththu è che sembra essere una mutazione esclusivamente maschile: i tentativi di trasmutare le donne falliscono tutti, e non incontriamo un solo Wraeththu che dichiari di essere stata una ragazza; il risultato è che, sebbene i Wraeththu siano a tutti gli effetti “l’unione di principi maschili e femminili”, il risultato della trasformazione che inizia a infettare le periferie è quello di un branco di giovani confusi che ragionano esattamente come ragionavano da ragazzi e faticano a lasciar andare quelle dinamiche di genere che caratterizzavano tutti i loro rapporti, compresi quelli sessuali. L’esempio più evidente fin dal primo libro è quello di Cal: un ragazzo gay spaventato dalle donne che da Wraeththu non riesce a scrollarsi di dosso quei rigidi ruoli che avevano caratterizzato le sue relazioni fino al momento della trasformazione e che ripropone in tutte le sue relazioni le stesse dinamiche di sottomissione e dominazione che aveva vissuto durante la sua vita umana.
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C’è anche un ttrpg! Non l’ho provato, anche perché credo sia quasi impossibile da reperire, ma giocare con quest’ambientazione dev’essere molto divertente.
Alcune delle pagine più belle sono dedicate ai rapporti tra i Wraeththu e le donne. Alcune di loro, affascinate dai Wraeththu e spesso un po’ invidiose di quella trasformazione che ha cambiato gli uomini da loro signori e padroni nella società maschilista in cui avevano vissuto fino a quel momento a entità a cui riconoscono una sorellanza precaria, vivono affiancando i Wraeththu aspettando che l’umanità sparisca lentamente dalla terra, convinte di rinascere nel principio femminile che costituisce la metà della nuova specie; altre però sperimentano subito la brutalità di alcune tribù Wraeththu, che non appare affatto diversa da quella umana: le donne nelle zone raggiunte dalla tribù dei Varr vengono uccise o schiavizzate, considerate poco più che animali incapaci di ascendere allo stadio successivo dell’evoluzione dell’umanità, e trattate con modalità per nulla diverse, se non peggiori, da quelle della società patriarcale in cui avevano vissuto fino a quel momento. È anche e soprattutto da questi scorci di inaspettata violenza e crudeltà che l’immagine perfetta dei Wraeththu inizia ad incrinarsi e qualche crepa inizia ad insinuare il sospetto che per essere una razza perfetta, al di sopra di ogni meschinità umana, molti Wraeththu si stiano comportando come tutti i conquistatori umani prima di loro.
L’incapacità Wraeththu di lasciar andare le emozioni, le passioni e i temperamenti umani ancora e ancora produce società, costumi e dinamiche identiche a quelle che avevano giurato di lasciarsi alle spalle: queste ipocrisie sono descritte molto bene da Constantine, ed è dunque sorprendente che non sia capace di risolverle in maniera soddisfacente. Il terzo libro della trilogia è sicuramente il più debole per tanti motivi (vedi i paragrafi successivi), ma uno di essi è la mancanza di una costruzione coerente che leghi assieme tutti questi momenti molto belli in cui il percorso dei Wraeththu per diventare qualcosa di più degli umani viene sfidato dalla loro incapacità di far funzionare in armonia quel loro nuovo corpo intriso di magia e nuove potenzialità e la loro mente ancora saldamente ancorata agli schemi del vecchio mondo. Forse uno degli esempi più lampanti in questo senso è l’utilizzo dei pronomi in questa serie: tutti i Wraeththu parlano di sé al maschile, ma pionieristicamente una donna di nome Kate suggerisce a Pellaz che non sembra il modo giusto di parlare di una creatura che non è né uomo né donna; questa idea viene ripresa ancora un paio di volte e avrebbe potuto avere conseguenze interessanti all’interno delle dinamiche di genere della storia, ma viene poi persa definitivamente con il passare delle pagine e nel terzo libro non viene mai più menzionata.
Insomma, la trilogia è al suo meglio quando i suoi personaggi si immergono a fondo nelle contraddizioni di una specie che dovrebbe esistere al di là di tutto ciò che è umano ma che continua a vivere come se fosse tale –  anzi, a ben vedere, spesso e volentieri (ma non sempre) come se fosse ancora maschio. Non c’è dubbio, dunque, che i personaggi migliori siano quelli in cui tali contraddizioni brillano particolarmente: la maggior parte del secondo libro, cioè The Bewitchments of Love and Hate, è dedicata alla famiglia della nobiltà Varr da cui Pellaz e Cal avevano soggiornato brevemente durante il libro precedente; è composta da Terzian, il capo della tribù, il suo compagno Cobweb, salvato da Pellaz e Cal da una ferita mortale e riportato alla corte dei Varr, e il figlio Swift, uno dei primi Wraeththu di seconda generazione. Ma la relazione tra i primi due personaggi, che dovrebbe essere uno dei fulgidi esempi di perfezione Wraeththu, immune da gelosie, dinamiche di potere patriarcali o debolezze umane che privano i rapporti della loro bellezza e li trasformano in catene con cui legarsi a vicenda, sono invece l’esempio perfetto di come questi ex-uomini fatichino a lasciar andare la binarietà che ha caratterizzato tutta la loro vita precedente: Cobweb, dai capelli fluenti alla “maternità” imposta, è in una posizione sociale e politica che fatichiamo a distinguere da quella di tutte le donne del “vecchio mondo” e nel momento in cui cerca di ricavare a corte un potere e una posizione al di là del proprio ruolo i sussurri dei Varr lo bollano come un mistico – anzi, come una strega. In maniera del tutto speculare, Terzian è l’archetipo perfetto del barbaro conquistatore: virile al massimo grado, con capelli corti e fisico scolpito, incapace anche solo di considerare la gravidanza o anche solo il ruolo di soume (chi utilizza le parti “femminili” durante il sesso), si comporta esattamente come farebbe un qualsiasi signore di un feudo con sudditi da da sfamare, terre da conquistare e popoli da sottomettere. Il lento ma inesorabile disfacimento di queste dinamiche di potere, grazie alle scelte di Swift e agli influssi destabilizzanti di Cal, di cui Terzian si innamora perdutamente, costituisce forse le pagine più belle dell’intera trilogia e un altro motivo per cui, se non tutti e tre i libri, almeno i primi due meritano l’attenzione di chiunque sia interessato alle tematiche appena descritte.
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Storm Constantine in the flesh. Specifico che questa è una delle sue foto più sobrie, ma purtroppo le altre avevano una pessima risoluzione.
Purtroppo, come ripetutamente accennato, la trilogia è ben lontana dall’essere perfetta. Non mi soffermerò troppo sullo stile di scrittura, che pur cadendo troppo spesso in un lirismo fine a sé stesso e a tratti anche un po’ patetico, mostra quello che deve mostrare e non ostacola attivamente la lettura – non un gran complimento, me ne rendo conto, ma non mi sento di dire nulla di più positivo; tuttavia, i veri problemi che squalificano questa trilogia dall’essere godibile per una fetta non indifferente degli appassionati di fantasy sono quelli di worldbuilding e di scelte narrative della seconda metà dell’ultimo libro, The Fulfilments of Fate and Desire. È evidente che Storm Constantine ha scritto delle vicende dei Wraeththu per parlare di sesso, di relazioni e d’amore, non certo per dettagliare con cura minuziosa una mappa di una civiltà perfettamente coerente, e sono dunque disposta a perdonare una certa quantità di vaghezza e di imprecisione relativamente alle modalità con cui avviene la conquista Wraeththu. Tuttavia, questa quantità viene ampiamente superata in molte parti della trilogia, in cui non è affatto chiaro a che livello di avanzamento tecnologico siano gli esseri umani per non resistere all’avanzata Wraeththu, quanto della tecnologia del vecchio mondo venga perso con la loro presa di potere (e soprattutto perché), o anche solo in che modo funzioni la magia Wraeththu in modalità più specifiche di “perché la trama vuole così”, che spesso conduce ad apparenti incoerenze circa quello che i personaggi sono in grado di fare in qualsiasi momento della storia. Oltretutto, quando Constantine entra più nello specifico circa i dettagli dell’ambientazione fornisce elementi spesso poco coerenti con quello che abbiamo visto fino a quel momento (vedi: le armi nucleari), problema che stride molto con la minuzia con cui è invece in grado di creare religioni, mitologie e usanze, nelle poche occasioni in cui sceglie di focalizzarsi su di esse.
A questi problemi si aggiunge un terzo libro – incentrato sul viaggio di Cal verso un destino mistico che sembra chiaramente fondamentale per l’ascesa dell’intera specie ad un livello superiore di esistenza – che si conclude con una risoluzione anticlimatica e colma di una spiritualità vuota di contenuto che viene invece spacciata come una trasformazione epocale, come se fosse cambiato tutto quando a conti fatti non è cambiato proprio un bel niente; nemmeno le interessanti (seppur limitate nello spazio che occupano) descrizioni delle tribù dello Jaddayoth formatesi a seguito della caduta dei vecchi insediamenti Wraeththu, che alludono a nuove modalità di comprendere l’unione Wraeththu dei principi maschili e femminili, o la ripresa di punti di vista femminili in una chiave assai promettente bastano a salvare quest’ultimo libro dalla mediocrità.
La conclusione inevitabile di questo mio consiglio è quella che ormai accompagna buona parte dei miei post: se il New Weird vi appassiona e volete scoprire uno tra i libri fondanti di questo genere, o se vi affascina l’idea di leggere una delle prime storie fantasy che racconta di genere e di sesso in maniera meno binaria rispetto alla norma del tempo (peggio di LeGuin, d’accordo, ma il confronto è crudele) buttatevi! Magari vi interesseranno solo i primi due libri, che sono comunque abbastanza completi da non lasciare l’amaro in bocca anche se deciderete di fermarvi lì: anche così, buona lettura.
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lamilanomagazine · 11 months
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Bologna: nella biblioteca delle Aldini Valeriani apre la sala di lettura "Una bella differenza"
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Bologna: nella biblioteca delle Aldini Valeriani apre la sala di lettura "Una bella differenza". Lunedì 13 novembre alle 10.30, taglio del nastro per inaugurare la sala di lettura "Una bella differenza", nei locali della biblioteca scolastica "Fuori Catalogo" all'Istituto Aldini Valeriani, in via Bassanelli 9/11. "Una bella differenza" è uno spazio che raccoglie più di un centinaio di libri e graphic novel per promuovere la cultura del rispetto e dell'inclusione sociale valorizzando la lettura come strumento di conoscenza della realtà per prevenire fenomeni di discriminazione, bullismo e violenza di genere. All'inaugurazione saranno presenti: la vicesindaca Emily Clancy; Sara de Giovanni, referente del Centro di documentazione Flavia Madaschi, che ha guidato il progetto "Una bella differenza"; il dirigente scolastico Pasquale Santucci; la docente Antonia Bognanni, referente della biblioteca "Fuori Catalogo"; tutti i docenti che hanno partecipato negli anni alle iniziative legate al progetto, accompagnati dalle loro classi; la presidente del comitato Genitori e la presidente del Consiglio di Istituto. Una bella differenza Dal 2018, più di 250 studenti hanno seguito ogni anno il progetto "Una bella differenza" alle Aldini Valeriani, leggendo, ascoltando i brani letti da Alex Mosconi, dando vita a vivaci dibattiti in classe. Un percorso animato dall'impegno e dalla volontà della biblioteca scolastica di promuovere il rispetto e la valorizzazione di ogni differenza, per prevenire la strutturazione dei pregiudizi ed i conseguenti fenomeni di bullismo e aggressività nei confronti di coetanei e coetanee, ma anche episodi di violenza di genere nell'età più adulta avente anche un focus particolare sull'intersezionalità e sulle discriminazioni multiple che ragazze e ragazzi adolescenti subiscono in una società che rifiuta la diversità vista come un pericolo per l'identità. I libri presenti nella sala che verrà inaugurata sono stati raccolti negli anni e sono stati tutti catalogati in Sebina Next in una sezione apposita riportante il nome proprio del progetto. Ciò per volontà stessa della Biblioteca che ha voluto così sottolinearne l'importanza e il valore per un processo educativo e formativo che riguarda tutta la comunità scolastica aldiniana. La sala raccoglie i libri della bibliografia del progetto Una bella differenza e altri contenuti derivanti dalla collaborazione ormai quinquennale con il Centro Madaschi che ha avviato questo progetto grazie a un finanziamento della Chiesa Valdese (8 per mille) nell'ambito del Patto generale di collaborazione per la promozione e la tutela dei diritti delle persone e della comunità LGBTQIA+ nella città di Bologna 2022-26 e in collaborazione con Ufficio Pari opportunità e Tutela delle Differenze. La sala di lettura, unica nel suo genere e nella ricchezza dei contenuti, rappresenta la volontà della biblioteca scolastica dell'Istituto Aldini Valeriani di arricchire gli schemi educativi e didattici tradizionali per accompagnare gli adolescenti a relazionarsi, con la maggior consapevolezza possibile, alle molteplicità e alla coabitazione di differenze sociali, culturali, etniche, sessuali a cui la società odierna li mette di fronte, nella sua complessità e variabilità. Un modo nuovo per arricchire il catalogo delle competenze di Educazione civica ed educazione alla convivenza attiva. Attualmente la sala contiene oltre 100 volumi di narrativa e saggistica destinati ad aumentare nel breve periodo, manifesti del Gay Pride bolognese dalla prima edizione, la locandina autografata da Lucy Salani ospitata insieme alla vicesindaca Emily Clancy in occasione della prima edizione del LGBT History Mounth Italia, alla quale la biblioteca Fuori Catalogo ha aderito dal suo nascere.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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thecava · 2 years
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In the Time of Monsters
[English first, poi in italiano]
I brought this game to a con, and had the pleasure of playing with a table of mostly teen at their first experience. The characters prompts are so evocative that they not only got quickly into it, but they spurred their imaginations and managed a lot of play just between them. The distinction between completely free narrative play and rigid strategic play works really well, and the ridiculous amounts of damage you can potentially deal are a ton of fun. The tactical side takes a little to get accustomed to, and might feel a bit clunky at first, but has a shallow learning curve and you can quickly start dealing billions of points of damage in no time. But the game's real heart is in its storytelling side, that winds its way in the tactical side as well. Even naming your character gives depth to the setting and sets your character's mood within the game, and the starting equipment is a little pouch of story hooks for everyone. The background events that move the game are clear and distant enough to let you fit as much of your story as you want, while giving enough direction to let you know where to move the game should things come to an impasse.
Ho proposto questo gdr a una con in cui ho avuto il piacere di giocarlo con un tavolo principalmente di adolescenti alla loro prima ruolata. Gli spunti dei personaggi sono così evocativi che non solo gli hanno permesso di entrare in fretta nei ruoli, ma hanno stimolato la loro immaginazione creando un mucchio di gioco fra loro stessi. La distinzione fra la parte completamente narrativa e le scene rigidamente strategiche ha funzionato molto bene e le cifre ridicole che si possono raggiungere coi danni sono uno spasso. Ci vuole un po' prima di prendere confidenza con la parte tattica, che può risultare legnosa all'inizio, ma si impara facilmente e si arriva ad infliggere miliardi di danni in un attimo. Il vero cuore del gioco è decisamente la parte narrativa, comunque, che si insinua anche sul lato tattico. Già solo assegnare il nome al proprio personaggio conferisce spessore all'ambientazione, definendo il posto che avrà al suo interno e l'equipaggiamento iniziale è un sacchetto di spunti d'avventura per tutti. I retroscena del gioco sono sufficientemente chiari e distanti da lasciarvi tessere quanto volete delle vostre storie dandovi comunque una direzione da seguire negli eventuali momenti di stallo.
In the Time of Monsters, Jay Dragon
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abr · 2 years
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Lyudmyla Denisova. (...) Chi è costei? (...) la commissaria per la difesa dei diritti umani in Ucraina, ruolo affidatole (...) nel 2018. E revocatole (...) martedì pomeriggio, nel silenzio quasi totale dei media occidentali.  (P)er settimane intere, la medesima (...) è stata la principale fonte di disinformazione di guerra cui (...)i media (occidentali) hanno attinto. (...)  Tra i capolavori (...) della signora c’è lo scantinato di Bucha, dove a suo dire 25 adolescenti ucraine furono segregate e stuprate in gruppo e a ripetizione da militari russi. (...) E per rendere la storia ancora più indigesta per il pubblico occidentale, l’aggravante: nove di quelle 25 ragazze sarebbero incinte. E non basta, sempre da Bucha arrivava la testimonianza di un’anziana, anch’essa stuprata dai russi. Tutte balle. E a scoprirlo non sono i russi, bensì alcune ONG (...) che sul campo ci sono andate davvero per (...) lavorare a un documentario sulle barbarie (...) di Mosca. Peccato che, prove alla mano, tutto risultò falso. (...) (...) il Parlamento di Kiev ha pensato che fosse meglio mettere le mani avanti e licenziare in tronco la signora, prima che il bubbone (...) scoppiasse e travolgesse del tutto la narrativa colma di eroismo diffusa a reti globali unificate dal Presidente Zelensky.  Lyudmyla Denisova non si è fatta mancare nulla, a livello di disonestà professionale, intellettuale e morale. Oltre ad aver inventato o gonfiato a dismisura storie senza riscontro, ha appunto passato gran parte dei quasi 100 giorni di offensiva militare russa in giro per Paesi occidentali (...), dimenticandosi nel contempo di approntare il piano per i corridoi umanitari e contrastare le deportazioni di cittadini ucraini in Russia. Insomma, un fulgido esempio di disinformazione. (...)   E ora, cosa si fa? Chiediamo scusa, non tanto ai militari russi quanto alle donne che realmente hanno subito stupri (...)? Oppure facciamo finta di niente? Certo, il fatto che Rula Jebreal ancora venga invitata nel nostro Paese a pontificare (...) non depone a favore di un’operazione verità alle porte. Anzi (...).
Bottarelli come al solito la tocca piano: severo ma giusto in tempi di gran balle spacciate dai BUONI alla Zan, quelli che “si saranno anche fake ma sono meglio della realtà, perché verosimili nel contesto della narrativa contro i kattivi e rieduchescional per le masse”, via https://www.ilsussidiario.net/news/spy-finanza-perche-nessuno-parla-della-sfiducia-a-lyudmila-denisova/2351265/
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gregor-samsung · 3 years
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“ Anche se risale a una decina d’anni fa, non posso non ricordare qui il bel libro di Carla Melazzini Insegnare al principe di Danimarca* (Sellerio 2011): un diario-riflessione sul progetto Chance, attuato a Napoli da alcuni maestri di strada e teso a dare appunto una seconda occasione ai ragazzi “perduti” dalla scuola pubblica. Dal libro è esclusa qualunque tentazione miracolistica: «ci sono voluti anni per abbandonare ogni illusione di salvare, cambiare destini»; questi ragazzi sono esclusi veri, parlano usando un sistematico turpiloquio, sono diffidenti, portano le armi in sede («non è corretto ridurre i poveri al ruolo di vittime… esentandosi dal peso della rabbia e dell’odio che allo status di vittime si accompagna»). Lavoro duro, che conosce momenti di pessimismo e di sfiducia ma insegna ai docenti che la retorica stereotipa è sempre un male, anche quando è a fin di bene. Portati a vedere Schindler’s List, alcuni reagiscono ridendo degli ebrei (“come sono brutti!”); ma, riflette la Melazzini, il rimprovero scandalizzato e virtuoso non servirebbe a comprendere la motivazione profonda di quelle risate – cioè la vergogna di certi adolescenti per il proprio corpo, la conseguente angosciosa identificazione con le vittime e la vitale reazione di mettersi dal punto di vista dei persecutori. Per quei ragazzi l’italiano è «’a lingua d’e’ sciemi», secondo loro i professori approfittano delle parole per avere sempre ragione e non mettersi in discussione mai; uno dei ragazzi esibisce a una insegnante una vistosa erezione e quella giustamente dà al gesto il senso di «un’aggressione a se stessa come donna»; solo più tardi, riflettendo ancora, capisce che quel gesto è stato anche «una pubblica confutazione dei quotidiani insulti delle compagne» (non è uomo, ce l’ha piccolo…) – la comprensione è sempre un’autocritica e smonta le sicurezze intellettuali. «Chiunque si prendesse la briga di venire in questi quartieri a verificare la maledizione di certi cognomi… costui si leverebbe il vizio di elogiare il radicamento.» Tutto il libro è una protesta contro l’idea di “onnipotenza pedagogica”, cioè che «basti insegnare in modo efficace e tutto si risolve». L’esperienza ha reso i docenti «un po’ meno illuministi e un po’ più cauti», consapevoli che «ci si continua a difendere immaginando scorciatoie». “
 *La Melazzini, valtellinese, è morta nel 2009: il libro è stato curato (come ci informa una pagina di grande pudore stilistico posta in Appendice) da Cesare Moreno, suo marito e compagno di tutta la vita, che lei aveva seguito a Napoli. Il titolo è legato a uno degli scolari, ossessionato dal dovere di uccidere l’uomo con cui era fuggita la madre e che si presenta a noi con questa frase straziante: «io sono nato, e poi mi odiano; vorrei morire ma non subire».
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Walter Siti, Contro l’impegno. Riflessioni sul Bene in letteratura, Rizzoli (collana Narrativa italiana), 2021. [Libro elettronico]
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il-pipistrelloh · 3 years
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SOUR, con gli occhi di una Millenial
"I kinda wanna throw my phone across the room
‘Cause all I see are girls too good to be true
With paper white teeth and perfect bodies
Wish I didn’t care
I know their beauty’s not my lack
But it feels like that weight is on my back
And I can’t let it go"
- jealousy jealousy
"And maybe I'm just not as interesting
As the girls you had before
But God, you couldn't have cared less
About someone who loved you more"
- enough for you
"And I'm so sick of seventeen
Where's my fucking teenage dream?
If someone tells me one more time
"Enjoy your youth, " I'm gonna cry"
- brutal
"Today I drove through the suburbs
And pictured I was driving home to you"
- drivers license
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Mea culpa, ammetto che a Olivia Rodrigo - che non ha bisogno di presentazioni - non avrei dato un centesimo. L'avevo scambiata per un astro nascente commercialmente confezionato, ma poi per fortuna il suo primo album, SOUR, è uscito con una copertina viola e allora le ho dato una chance. Drivers licence era già noto e super inflazionato come suo singolo di esordio eppure quando mi sono soffermata sulle parole, ho capito che stavo facendo lo stesso errore che accusavo gli altri di fare, non guardare il testo. Cosa c'è di più struggente, più pugno nello stomaco di una ragazza che prende la patente e non può correre in macchina dal suo fidanzato come si era sempre immaginata? E' il tipo di narrativa che va bene per un target adolescenziale, certo, ma non per questo va snobbata, perchè ha talento nel suo campo e perchè adolescenti lo siamo stati e lo saranno tutti. Cruda, consapevole di se stessa, dolce nel ritmo e assolutamente orecchiabile. Lasciatemelo dire questa è l'eredità culturale di una generazione allevata da TS, che non a caso è la sua madrina artistica.
il-pipistrello
(instagram: @il_pipistrelloh)
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laciviltacattolica · 4 years
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Enola Holmes: classici polizieschi all’epoca del #MeToo | Marco Piaia S.I.
Enola Holmes è una rivisitazione contemporanea dell’universo poliziesco creato da Conan Doyle. Tratto da una serie di romanzi di Nancy Springer, unisce l’ambientazione britannica a una trama e a dei personaggi permeati di spirito statunitense: tra teiere e vestiti vittoriani, fanno capolino inviti all’indipendenza personale e a costruire i propri sogni al di là dei canoni.
Chiaramente pensato e incentrato sulle dinamiche giovanili, il film è comunque interessante in quanto affronta un tema particolarmente caro alle produzioni hollywoodiane di questi ultimi anni, influenzate dal movimento #MeToo: non solo la protagonista è una giovane ragazza, ma femminili sono anche gli altri personaggi principali della trama. Il fatto poi che la vicenda si svolga nell’epoca vittoriana e nel momento in cui nasce il movimento delle Suffragette è una conferma di questi richiami.
Una società segreta di donne: ragazze istruite che imparano a difendersi da sole e che non accettano facilmente il ruolo di mogli e madri loro imposto dalla società ottocentesca, che «non si inchinano» neanche di fronte ai Lord. L’intera trama è percorsa da questo afflato di denuncia e affermazione che trasforma questa storia – che è comunque e principalmente un poliziesco, pieno di misteri e di indizi da scovare – in un’occasione propizia per gli adolescenti e per noi tutti per riflettere e far sì che tutto questo non rimanga solo narrativa.
Come detto, Enola Holmes è una storia per ragazzi che racconta il viaggio di crescita con un certo spirito sognatore e tipicamente made in Usa: «il nostro futuro dipende da noi», «la mia vita è solo mia», «non cercare qualcuno, cerca te stessa» sono tra le frasi più ricorrenti della pellicola. È tuttavia anche un film che racconta un’epoca di passaggio che ha portato alla società in cui viviamo ora.
La crisi generata da questa pandemia ci ricorda che anche noi viviamo in un’epoca di forti cambiamenti: che cosa stiamo offrendo ai nostri giovani? E loro, per cosa combattono? Possiamo chiedercelo mentre tentiamo di risolvere misteri un po’ meno importanti, come quelli polizieschi.
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marichatlenoir · 4 years
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Prospettive
Miraculous di Thomas Astruc è un'opera che propone tanti livelli di lettura. Nonostante i limiti richiesti da una struttura episodica, la storia offre numerosi suggerimenti culturali, narrativi e psicologici, che sono enfatizzati attraverso precise scelte registiche e musicali.
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Lo scrigno dei Miraculous.
L'opera è ambientata a Parigi, presentata in tutta la sua bellezza grazie alla ricostruzione estremamente fedele di luoghi, monumenti ed opere d'arte. La storia si ispira alle leggende e alle tradizioni della cultura cinese, ma rende omaggio anche alle culture di tutto il mondo.
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La cattedrale di Notre-Dame.
La trama si snoda grazie al gioco delle prospettive dei singoli personaggi riuscendo ad appassionare un pubblico estremamente eterogeneo per età e formazione culturale. La fruizione dell'opera dipende dagli occhi con cui la si osserva, a prescindere dall'età anagrafica o emotiva.
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Ladybug e Chat Noir osservano la città dall'alto.
I bambini possono godersi una fiaba di magia, appassionandosi alla narrazione imprevedibile e imparando il messaggio di ogni episodio attraverso ciò che imparano i due protagonisti, una supereroina e un supereroe che combattono sempre insieme per salvare le vittime dai cattivi.
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Gli eroi portano a termine la missione.
Nonostante i bambini costituiscano il pubblico di riferimento dichiarato, l'opera contiene elementi concepiti per essere indirizzati ad un pubblico adolescenziale o adulto, e tematiche che vengono presentate con sottile ambiguità narrativa per attrarre altre fasce di spettatori.
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La seduzione del sentimostro manovrato da Mayura.
Gli adolescenti sono attratti soprattutto dalle vicende sentimentali dei due protagonisti nella vita di tutti i giorni, si concentrano sul dramma amoroso, vero o presunto, talvolta senza nemmeno capirlo fino in fondo, proiettando su di esso le proprie esperienze e aspettative.
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La tristezza di Adrien quando Marinette nega i suoi sentimenti per lui.
In una continua altalena di emozioni più o meno fugaci, immaginano la rivelazione delle identità come se la rimozione delle maschere fosse l'inizio della storia d'amore e non il coronamento del percorso emotivo di riconoscimento reciproco del mistero che unisce i protagonisti.
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La fiducia e l'attesa.
In altri casi confondono la forma con la sostanza, gli ostacoli con ciò che i protagonisti imparano dal superamento degli ostacoli, oppure si concentrano sulle vicende collaterali apparentemente più appaganti, sostituendole al cuore della storia, dimenticandone il filo rosso.
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Il mondo senza Chat Noir.
Gli spettatori adulti non possono che restare affascinati nell'individuare gli innumerevoli sottotesti, le sfumature, i giochi di prospettive, le metafore che sono utilizzati per rappresentare tematiche estremamente complesse in modo che siano comprensibili persino ai bambini.
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L'assenza.
È possibile riconoscere le strutture narrative tipiche delle fiabe di magia, come delineate da Propp ne La morfologia della fiaba, nonostante siano sapientemente camuffate agli occhi degli spettatori attraverso continui rimandi che coinvolgono funzioni e ruoli dei personaggi.
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La rivisitazione della fiaba di magia.
La prospettiva diventa la chiave essenziale per comprendere le differenze dei ruoli dei singoli personaggi, senza lasciarsi ingannare dalle apparenze e senza bloccarsi alla loro rappresentazione superficiale, spesso rafforzata da una consapevole e ricercata ambiguità narrativa.
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L'inganno delle apparenze.
La struttura narrativa appare frammentaria ma nasconde un sottile e complesso gioco di specchi, che restituisce sovrapposizioni e sostituzioni di ruoli, rimandi e confronti, creando una serie di intrecci da interpretare attraverso una visione trasversale di eventi e personaggi.
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Il trionfo delle apparenze.
È rischioso proiettare la storia e le motivazioni psicologiche di un personaggio su un altro a cui non appartengono. Anche quando i ruoli appaiono sovrapponibili, i personaggi non diventano intercambiabili, non ricoprono le stesse funzioni, né hanno la stessa profondità emotiva.
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La riscrittura degli eventi.
Talvolta può verificarsi un cortocircuito tra ciò che gli autori intendono rappresentare e ciò che il pubblico riesce a recepire. Quando si cade nella trappola della sostituzione dei ruoli, i protagonisti vengono derubati della loro storia personale e sostituiti da impostori.
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L'identità rubata.
Un importante aspetto della storia è rappresentato dalla psicologia dei personaggi, che viene approfondita non soltanto attraverso il delicato equilibrio delle loro relazioni, ma anche grazie alla simbologia delle maschere e dei poteri magici che ciascun personaggio controlla.
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La magia delle maschere.
Il rapporto tra Marinette e Adrien, nelle loro varie identità, costituisce il cuore pulsante della storia, anche quando lo spettatore è indotto a dimenticarlo a causa di una narrazione che si sofferma soltanto sugli elementi negativi e sugli ostacoli, bloccandone l'evoluzione.
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L'abbraccio prima della separazione.
Nella loro relazione si possono rintracciare il conflitto dell'identità come senso del Sé, la scoperta dell'identità dell'altro come scoperta della sua essenza più intima, la conoscenza reciproca che si apprende dalla condivisione all'interno di un rapporto di coppia esclusivo.
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La musica del cuore.
La maschera è la metafora della ricerca della propria identità e della crescita del personaggio. Marinette e Adrien non possono riconoscersi oltre la maschera perché devono imparare a conoscere se stessi e ammettere i segreti del proprio cuore prima di poterli svelare all'altro.
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L'amore oltre le maschere.
Oltre alle complessità psicologiche dei singoli personaggi, vengono delineati i tratti di diversi tipi di famiglie disfunzionali, nella rappresentazione dei rapporti che genitori estremamente problematici come Gabriel, Audrey, Anarka e Tomoe, instaurano con i rispettivi figli.
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Il trionfo dell'odio.
Negli aspetti psicologici dello stato di akuma (悪魔, demone) vengono rappresentate le pulsioni senza freni o inibizioni del lato oscuro di un essere umano. Oltrepassando la linea sottile tra bene e male, l'akumizzato subisce una metamorfosi accettando il patto con Papillon.
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Il patto con Papillon.
La condizione psicologica dell'amok trae origine da un desiderio profondo non appagato o da un'intensa emozione di disperazione o furia. Si genera così una creatura magica, un sentimostro, che è l'allegoria di un disturbo dissociativo della personalità percepita come esterna.
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La creazione del sentimostro.
Gli stati alterati di coscienza sono risolti grazie all'aiuto di Ladybug e Chat Noir. Il ritorno alla normalità rappresenta spesso il superamento della problematica psicologica che ha generato l'akumizzazione, ma talvolta gli errori commessi lasciano conseguenze irreversibili.
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Papillon scopre le identità segrete degli eroi.
L'opera risulta complessa e sfaccettata, offre numerosi spunti di riflessione ed infinite possibilità narrative, che rappresentano il suo punto di forza ma che, allo stesso tempo, rischiano di rivelare criticità e vulnerabilità quando si abusa dell'effetto sorpresa.
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Il mondo senza amore è un mondo senza magia.
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In Biblioteca puoi scoprire autori e opere che non conoscevi o di cui avevi sentito parlare ma che ancora non avevi avuto modo di leggere. Ed è per questo che abbiamo deciso di dedicare un angolo alla scoperta di questi "tesori nascosti". 
Oggi l'opera e gli autori prescelti sono: “Il silenzio dell'onda " di Gianrico Carofiglio.
“Il silenzio dell’onda” è un romanzo di un autore che amo molto e che conosco di più per i suoi thriller legali, lo scrittore ex magistrato Gianrico Carofiglio. Un romanzo, questo, popolato da sentimenti, vissuti ingombranti, perdite e scoperte fortuite - come la (ri)scoperta dell'amore. Una storia simbolo di un passato non poi così remoto che chiede, silenzioso, riscatto e di un presente che reclama con forza disperata nuova fiducia. Roberto, Emma, Giacomo, Ginevra: personaggi intrecciati da un filo doppio che li percorre e stringe, per poi annodarne, inevitabilmente, le esistenze. E ciò avviene attraverso una narrazione che ha il sapore di un viaggio tutto interiore che possa diradare i timori e redimere da colpe e scelte errate; vite che entrano in contatto, quelle di Roberto, carabiniere in congedo temporaneo, e di Emma con un trascorso da attrice di poca fama, sulla soglia del palazzo che ospita lo studio dello psicologo da entrambi frequentato. Fragili e ingenue esistenze - degli adolescenti Giacomo, taciturno e sensibile figlio di Emma, e Ginevra, sua compagna di classe - che si incontrano e chiedono aiuto reciproco grazie all'espediente onirico. Dimensione del sogno che, grazie alla presenza del saggio cane parlante Scott, offre i presupposti (reali) per l'amicizia tra i due ragazzi. Personaggi che, inizialmente distanti, infine convergono in una tensione di affetti, dimostrazioni di fiducia, sfide personali, sconfitte e superamento delle avversità. Fino a provare “un'ebbrezza che tagliava tutto da parte a parte: il tempo, lo spazio, la tristezza e il bene e il male, e l’amore e il dolore e la gioia e la colpa. E il perdono - anche quello più difficile, che chiediamo a noi stessi”. Finché dal trambusto caotico e dalle esperienze più dolorose e destabilizzanti, l’orizzonte si affaccia sereno, silenzioso, proprio come la sensazione di tempo e suono lontani e sospesi (immobili) sotto l'onda più alta, perfetta, quella che, mentre si sta richiudendo, inghiotte il surfista nel suo “tunnel”.
Gianrico Carofiglio è uno scrittore, ex magistrato ed ex politico italiano; è stato a lungo un pubblico ministero, specializzato in indagini sulla criminalità organizzata. Nel 2007 viene nominato consulente della commissione parlamentare antimafia e dal 2008 al 2013 è senatore della Repubblica. Esordisce nella narrativa nel 2002 con Testimone inconsapevole, creando il personaggio dell’avvocato Guido Guerrieri, protagonista dei romanzi Ad occhi chiusi (2003), Ragionevoli dubbi (2006), Le perfezioni provvisorie La regola dell’equilibrio (2014) e La misura del tempo (2019, finalista Premio Strega 2020). Il maresciallo dei Carabinieri Pietro Fenoglio è il protagonista di un’altra serie di romanzi: Una mutevole verità (2014, Premio Scerbanenco), L’estate fredda (2016) e La versione di Fenoglio (2019). 
Tra le altre opere di narrativa e saggistica: i romanzi Il passato è una terra straniera (2004) Né qui né altrove. Una notte a Bari (2008), Il silenzio dell’onda (2011, finalista Premio Strega 2012), Il bordo vertiginoso delle cose (2013), Le tre del mattino (2017); il graphic novel Cacciatori nelle tenebre (2007) e La casa nel bosco (2014), scritti con il fratello Francesco; il dialogo Il paradosso del poliziotto (2009); le raccolte di racconti Non esiste saggezza (2010) e Passeggeri notturni (2016), che ispirano l’omonimo film a episodi per la tv; i saggi L’arte del dubbio (2007), La manomissione delle parole (2010), da cui è tratto uno spettacolo teatrale da lui stesso interpretato, Con parole precise. Breviario di scrittura civile (2015), il libro-intervista Con i piedi nel fango (con Jacopo Rosatelli, 2018) e Della gentilezza e del coraggio. Breviario di politica e altre cose (2020). I libri di Gianrico Carofiglio, con sei milioni di copie vendute, sono tradotti o in corso di traduzione in tutto il mondo.
Recensione a cura di Rita Pagliara
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mi-manifesto · 4 years
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     Per raggiungere un pubblico di milioni, crea per un pubblico di uno
Iniziare con l'intenzione di fama annega la nostra creatività
David Bowie è stato senza dubbio uno dei più grandi creativi degli ultimi 50 anni. Alla sua morte, nel 2016, ha prodotto non meno di 36 album e più di 100 singoli. Ha recitato in alcune dozzine di film e ha esposto i suoi dipinti in musei e gallerie. Ha co-scritto uno spettacolo di Broadway e sviluppato una piattaforma Internet per contenuti creativi chiamata BowieNet. Ha inventato il Verbasizer, un'app di randomizzazione delle frasi per scrivere testi. Secondo tutti gli standard, Bowie ebbe un enorme successo, sia dal punto di vista artistico che commerciale. Come icona culturale, ha raggiunto più della semplice fama.La sua singolare vita era costellata di innovazione e praticamente inventò la reinvenzione. Laddove qualcun altro avrebbe potuto riposare nei giorni di gloria del glam-rock Ziggy Stardust, Bowie si è imbrogliato con Diamond Dogs e poi Young Americans. Dopo quell'incursione nell'anima, partì per l'Europa e la musica elettronica sperimentale. L'amico e collaboratore Brian Eno ha spiegato il coraggioso cambiamento di forma di Bowie come un modo per "evitare lo slancio di una carriera di successo" e mantenere il suo lavoro fresco e interessante, sia per se stesso che per il suo pubblico. Non c'è dubbio che un cruciale denominatore comune - creare per se stesso, un pubblico di uno - è ciò che ha reso Bowie un artista vitale, attuale e autentico fino alla sua morte. Se stai cercando di piacere agli altri, è facile dimenticare esattamente perché hai iniziato a lavorare su uno sforzo creativo. Bowie non ha dimenticato, dicendo:
Non giocare mai alla galleria. Non lavorare mai per altre persone in quello che fai. Ricorda sempre che la ragione per cui inizialmente hai iniziato a lavorare era perchè c'era dentro di te qualcosa che, se avessi potuto manifestare, ti avrebbe permesso di capire di più su di te. Penso che sia terribilmente pericoloso per un artista soddisfare le aspettative degli altri. Cercare di soddisfare le aspettative delle altre persone è una follia quando si tratta di lavoro creativo. È inevitabile che fallirai ad un certo punto, scenderai a compromessi di cui ti pentirai e finirai con il tuo peggior lavoro. Potresti trovare o meno consensi, ma sarai piuttosto infelice come creativo se non segui il tuo cuore. Bowie non solo lo credeva, ma incarnava il suo significato. Il paradosso finale del lavoro creativo è che ciò che crei per un pubblico di uno è molto più probabile che raggiunga un pubblico di milioni.
Molti creatori sognano il giorno in cui milioni di persone ascolteranno i loro spettacoli, leggeranno i loro libri, compreranno i loro prodotti o li vedranno esibirsi. Ma cosa ti apporterà quando ti esibirai solo per un pubblico di uno, te stesso? Tendiamo a sottovalutare la creazione solo per noi stessi e sopravvalutiamo la creazione per un vasto pubblico. Ma il tuo pubblico di uno sarà lì ogni giorno quando ti svegli. Se pensi che crescerai solo quando il pubblico sarà più grande, il pubblico, paradossalmente, non aumenterà. Sebbene Internet e la tecnologia abbiano reso possibili quantità senza precedenti di creatività, ironicamente hanno anche inibito il processo creativo. Ciò che controlliamo in ogni tentativo creativo sono i nostri sforzi, ciò che facciamo ogni giorno per coltivare la nostra creatività e il nostro impegno nel processo. Dimentica gli elenchi dei bestseller, le aperture della gallerie e le luci splendenti. La creazione di un lavoro creativo appagante è il risultato della perdita di te stesso nel momento. Quando il lavoro è finito, il tuo ruolo termina. Il destino di un libro, un film, un album musicale è in definitiva fuori dalle tue mani. Non puoi controllare come risponde il mondo. Ma puoi scegliere di apprezzare e riconoscere i tuoi sforzi e semplicemente ricominciare. Come ha notato l'autore Ryan Holiday al completamento di uno dei suoi libri: 
Una delle cose più difficili da fare è separare il tuo lavoro e lo sforzo che fai dai risultati. Un attore non controlla il film che li circonda. Non controllano ciò che fanno gli altri attori. Non controllano il budget di marketing. Non controllano la distribuzione. Potrebbero svolgere il ruolo di una vita, ma il regista o l'editore potrebbero incasinarlo in postproduzione. Se la tua felicità con il tuo lavoro e la tua carriera dipende da come il film fa al botteghino o da come i critici rispondono al tuo ruolo, hai posto la tua felicità con la tua vita nelle mani di altre persone, e questa è la ricetta per una profonda delusione. Mentre separare il tuo lavoro e lo sforzo dai risultati è una delle cose più difficili da fare, è anche una delle più importanti. Altrimenti, il tuo senso di soddisfazione, realizzazione, felicità e benessere generale fluttuerà, a seconda dei "risultati". Se i risultati sono in gran parte fuori dal nostro controllo, non avremmo maggiori benefici misurando il nostro successo in modi su cui abbiamo un certo controllo? Sei orgoglioso del tuo lavoro? Ci metteresti felicemente la tua firma? Hai soddisfatto o superato le tue aspettative o la creazione precedente? 
La nostra creatività parla più forte e più chiaramente quando il lavoro è separato dai risultati. A partire dall'intenzione di fama e fortuna, si annulla il suono della nostra creatività e ci rende più difficile l'ascolto, risultando una perpetua mancanza di appagamento e una sottovalutazione della gioia che potremmo provare nel processo. Riformulando il modo in cui definiamo risultati "positivi", in base a ciò su cui abbiamo il controllo, aumentiamo la probabilità che il nostro lavoro creativo sarà gratificante. La narrativa culturale predominante che guida così tanto il lavoro creativo è “Perché creare se nessuno ascolterà, pagherà o presterà attenzione? Perché stiamo sprecando il nostro tempo? ” Abbiamo messo celebrità su piedistalli e trasformato i loro successi e stili di vita nella nostra nuova definizione di successo. Il risultato è un profondo senso di insoddisfazione per la nostra creatività. La purezza si perde nel nostro lavoro quando tutto ciò che facciamo è per un risultato esterno, quando ogni ricerca creativa diventa inutilmente professionale. Ma quando si prendonono in considerazione  i creatori di maggior successo, quasi nessuno di loro ha iniziato a guadagnare fama, fortuna, prestigio e riconoscimenti. All'inizio degli anni '90, un duo di adolescenti francesi iniziò a fare musica dalle loro camere da letto. Nonostante il riconoscimento mondiale della loro musica, non riconosceresti mai nessuno dei membri dei Daft Punk per strada. Invece di mostrare i loro volti durante le esibizioni dal vivo, indossano maschere robot. In una cultura che mette le "stelle" su piedistalli, celebrando fama e fortuna, in cui le persone misurano il proprio valore in metriche di vanità sui social media, è inaudito che qualsiasi artista si renda intenzionalmente più anonimo man mano che la sua popolarità cresce. Le fantasie grandiose spesso diventano l'insidioso motivatore di tanti aspiranti creativi. Ma Daft Punk ha una filosofia completamente diversa: "Non è necessario essere sulle copertine delle riviste con la faccia per fare buona musica". A tal fine, quando sono stati pagati più di $ 300.000 per la loro esibizione al festival musicale Coachella nel 2006, quasi tutto il denaro è stato restituito all'esibizione, il che ha alzato l'asticella per quello che potrebbe essere un'esperienza di musica elettronica dal vivo. È stato uno spettacolo di luce, suono, effetti speciali e musica che alla fine ha portato a un video di YouTube diventato virale e ha ottenuto milioni di visualizzazioni. 
Un'altra creatrice, Maria Popova, ha fondato Brain Pickings, un sito web che afferma di essere "un inventario della vita significativa". È iniziato come nient'altro che una raccolta di link che Popova ha inviato via email a sette amici. Oggi raggiunge milioni di lettori. Riflettendo sul successo ottenuto nel suo post sulle lezioni apprese da 10 anni nella gestione del sito, Popova ha dichiarato: Quei motivatori estrinseci stanno bene e possono sentirsi affermativi della vita nel momento, ma alla fine non rendono elettrizzante alzarsi al mattino e gratificante andare a dormire - e, in effetti, possono spesso distrarre e detrarre dalle cose che offrono quelle ricompense più profonde. Valutare i nostri sforzi esclusivamente sulla base dell'estrinseco è esattamente l'opposto di ciò che significa ascoltare il tuo io più profondo. Quando insistiamo sull'estrinseco, il nostro lavoro in realtà soffre. È pieno di autenticità e potenziale per una firma inconfondibile, che, ironicamente, rende meno probabile la possibilità di un successo esterno. Ma questi desideri sono naturali. Dopotutto, viviamo in un'epoca definita dalla capacità di vedere la vita di tutti gli altri e la loro creatività in mostra perpetua. La condivisione crea la possibilità di convalida in Mi piace, Commenti o qualsiasi altra vanità che guida la tua piattaforma preferita. Questa convalida non è solo fugace, ma è anche tossica per la creatività. Sottolineiamo la gioia del processo, ci confrontiamo con gli altri e diventiamo eccessivamente attaccati ai risultati. È abbastanza facile entrare nel business di quello che il creatore di Life After Tampons, Jennifer Boykin descrive come "confrontare i tuoi interni con quelli di altre persone". Smetti di provare a diventare il prossimo Beyoncé, Kanye o Stephen King. Il difetto di questo desiderio è che non diventerai mai - non puoi diventare - la prossima versione di quella persona. Come creatore, il tuo compito è impegnarti a diventare la versione migliore di te. Se sei una versione migliore di te oggi rispetto a ieri, sono progressi. Il confronto e l'invidia ostacolano il progresso in qualsiasi sforzo creativo - o in qualsiasi vita.
Articolo tratto da An Audience of One di Srinivas Rao 
Foto: @thewzrdharry
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giulianafacchini · 7 months
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Ma è davvero un lavoro?
Io nella mia vita non ho mai avuto bisogno di soldi fino a cinquant’anni. Non mi sono proprio mai posta il problema di spendere o non spendere. Sono andata via da Roma e poi dall’Italia e poi sono arrivati i figli e ho semplicemente fatto. La madre, la moglie, la figlia e tutti i mestieri di mezzo. Appena avevo un buco leggevo o scrivevo. A cinquant’anni mi sono ritrovata sola in una città che…
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reading-marika · 2 years
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Eleanor & Park - Rainbow Rowell
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“Eleanor and Park” è un romanzo young adult scritto dall’autrice Rainbow Rowell nel 2012. La storia è ambientata negli Stati Uniti, nello specifico ad Ohama; il tempo non è specificato, ma si può supporre che si è, circa, nell’anno di scrittura del romanzo, il 2012. La trama è lineare e racconta dell’incontro di due adolescenti: Eleanor e Park. Questi si incontrano per la prima volta sull’autobus che li porta a scuola, non appena Eleanor si è trasferita in città. La vicenda racconta di come lentamente si sono avvicinati e delle piccole avventure che hanno vissuto insieme.
Lo stile di scrittura è semplice e scorrevole: nonostante sia un libro scritto per un’età adolescenziale, l’autrice non ha scelto uno stile banale, ma uno semplice e diretto, ricco di dettagli, ma anche di dialoghi. Nel corso della vicenda sono molti i riferimenti a diversi fumetti e a diversi musicisti e cantanti, spesso descritti in maniera chiara ma realistica. Non è necessario conoscere tali titoli e nomi, ma si può notare come l’autrice conoscesse gli argomenti di cui ha parlato. In particolare, i fumetti e la musica sono il motivo con cui i due protagonisti iniziano a conoscersi. Park è un ragazzo coreano-americano, proveniente da una famiglia amorevole e agiata, mentre Eleanor è una ragazza americane, che però spicca per i suoi capelli rossi e il suo modo di vestire trasandato: ciò è dovuto dal nuovo compagno della madre, un uomo violento che non le permette di vivere liberamente.
Entrambi i protagonisti sono caratterizzati molto bene, questo perché i due punti di vista si alternano all’interno del romanzo, permettendo di vedere gli eventi in modi diversi e di comprendere meglio le loro azioni. Questa scelta semplifica di molto la lettura, ma soprattutto la comprensione della vicenda: il target di età è adolescenziale, perciò l’autrice ha scelto di utilizzare un lessico semplice e scorrevole e una tecnica narrativa più immediata. Essendo un romanzo young adult ha voluto parlare di altri argomenti al di fuori della storia tra Eleanor e Park: tratta di bullismo, diversità e abusi. Il bullismo ed ciò che viene approfondito meglio, in particolare riguarda Eleanor che viene presa di mira per la sua diversità. Ma non è l’unica che si sente diversa: anche Park ha i suoi tratti distintivi, spesso ostacolati dai proprio genitori. L’abuso è l’argomento che viene trattato in maniera più sottile e meno evidente: è un continuo alternarsi di scene che solo alla conclusione del romanzo esplodono, portando tale argomento a galla. Sicuramente, non è il romanzo che si sofferma su questi tre argomenti in maniera particolarmente approfondita, ma lo fa in modo adolescenziale, un po’ per far risaltare la storia di Eleanor e Park. Nonostante ciò, tali argomenti non vengono nemmeno trattati con superficialità, perciò il romanzo è più che leggibile senza problemi a riguardo. È un romanzo che si legge in poco tempo e non richiede una grossa attenzione, come romanzi più complessi, ma a suo modo sa comunicare qualcosa.
5/10
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lamilanomagazine · 2 years
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Milano, in scena al Teatro Carcano lo spettacolo “El nost Milan”
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Milano, in scena al Teatro Carcano lo spettacolo “El nost Milan”.   Ispirato all’omonima opera di Carlo Bertolazzi divisa in due atti (La povera gent e I sciori) che debuttò proprio al Teatro Carcano nel 1893, EL NOST MILAN è un progetto triennale di arte partecipata che nasce da un’idea di Serena Sinigaglia e coinvolge trasversalmente i partecipanti ai laboratori per la cittadinanza tenuti dalle compagnie ATIR, Proxima Res, PEM ed Eco di fondo in diversi municipi della città e confluirà in 3 distinti eventi di impatto cittadino, diretti dalla stessa Sinigaglia, che andranno in scena al Carcano nel 2022, 2023 e 2025. Saranno i cittadini stessi a raccontare Milano, quella di fine ‘800 in cui debuttò l’opera, e quella dei giorni nostri, alla riscoperta dei luoghi di povertà e di ricchezza e delle origini linguistiche della città. La cornice narrativa del primo anno di progetto è la povera gent, cui è dedicato il primo atto della commedia di Bertolazzi: il tema è l’esplorazione dei luoghi della povertà della Milano di oggi e di chi li abita, con l’ausilio di un gruppo di educatori della cooperativa sociale Comunità Progetto e l’elaborazione drammaturgica a cura dei formatori e dei drammaturghi dei diversi gruppi laboratoriali. Commenta la regista Sinigaglia: “Il capolavoro del Bertolazzi andò in scena al Teatro Carcano di Milano nel 1893: raccontava la Milano di allora, le sue contraddizioni, la sua lingua, la sua gente. Ricordiamo poi l’edizione di Giorgio Strehler, nel 1953, al Piccolo Teatro. Una Milano cambiata, una Milano che riemergeva dalle macerie della guerra, una Milano che si specchiava in quella del Bertolazzi, per scoprirsi uguale e diversa. El Nost Milan è un’opera che ti travolge. Il dialetto milanese ti porta all’interno di un’identità, quella meneghina, che è parte costitutiva della città: un dialetto oggi quasi completamente scomparso ma che ha la forza, come tutti i dialetti, di restituirti i corpi e gli umori della città. I luoghi descritti dal Bertolazzi esistevano allora ed esistono oggi. Si sono trasformati nel tempo, certo, ma è proprio quella trasformazione il punto. Un gioco di specchi tra passato, presente e futuro in cui la città si specchia nella città per riscoprirsi diversa, per conoscersi. El Nost Milan è come una guida all’ascolto e alla scoperta di Milano. E’ dunque l’ispirazione perfetta per un progetto di arte partecipata: cittadini milanesi che raccontano la città ad altri cittadini milanesi in uno spazio teatrale. Ancora una volta un gioco di specchi, un incrocio di sguardi, uno scambio di esperienze sulla metropoli, le sue forme, le sue lingue, la sua gente. Ecco dunque la genesi di questo nostro viaggio lungo tre anni che attraverserà le vie, le piazze, i luoghi, la gente di Milano. Saranno gli abitanti stessi della città a percorrere quel viaggio e a restituircelo poi sulle assi del palcoscenico. La città si fa teatro di fronte alla città, ancora una volta un gioco di specchi, capace di illuminarci la via. Tutti i nostri allievi - bambini, adolescenti, diversamente abili, anziani, adulti - i nostri artisti professionisti, i nostri educatori, i nostri drammaturghi viaggeranno, ispirati e guidati dagli spunti del Bertolazzi, attraverso Milano e i suoi quartieri. Una scoperta, un’esperienza di cittadinanza fatta sul campo. Da quel viaggio emergeranno frammenti, storie, nuove drammaturgie che poi verranno cucite in un’unica narrazione da me e Tindaro Granata per il gran spettacolo finale, che vedrà più di 150 cittadini - affiancati da Lella Costa - farsi attori sul palcoscenico del Carcano per raccontare la nostra città.” Attività collaterali: Campus di teatro per bambini. Il teatro è un viaggio che inizia da piccoli. Un weekend di giochi ed esercizi teatrali che ATIR propone in occasione dello spettacolo EL NOST MILAN – Prima parte: la povera gente, in scena al Teatro Carcano dal 2 al 4 dicembre 2022. Conduzione a cura di Chiara Stoppa e Alice Pecoraro. QUANDO sabato 3 e domenica 4 dicembre 2022. ORARI dalle 10.00 alle 13.00. Domenica ore 12.30 dimostrazione finale. DOVE Teatro Carcano – C.so di Porta Romana 63 Milano. COSTO 35,00€ a bambino. ETA’ per bambini dai 6 agli 11 anni (scuole elementari). MODALITA’ D’ISCRIZIONE Compilare il form sul sito www.atirteatroringhiera.it PER MAGGIORI INFO: [email protected] – 02 87390039 Spunti di vista. Sguardi sulla povertà a Milano oggi. Un incontro organizzato dalla cooperativa sociale Comunità Progetto in collaborazione con ATIR in occasione del debutto del progetto triennale di arte partecipata “El Nost Milan – Prima parte: La povera gente”. L’incontro, un momento per mettere a confronto gli sguardi di chi opera tutti i giorni in città con "la povertà", verrà moderato dal professor Sergio Tramma, Università degli studi Milano Bicocca - Dipartimento di Scienze Umane per l’educazione "Riccardo Massa". Parteciperanno: Francesca Ulivi, Assessore alle Politiche sociali e ai Servizi alla persona Municipio 1; Alessia Cattaneo, Claudia Martinez, Miriam Pasqui e Massimo Petrignani; Centro Sammartini del Comune di Milano; Loredana Carpentieri, Emergency; Dario Anzani, Cooperativa Comunità del Giambellino; Davide Contuccino, Rider e delegato FILT-CGIL; Fra Marcello Longhi e Fra Andrea Poerio, Opera San Francesco per i poveri; Lorenzo Marasco, Cooperativa Comunità Progetto; Alessandro Pezzoni, Caritas Ambrosiana; Davide Pisu, Ronda della Carità e della Solidarietà Milano OdV; Luigi Rossi, Pane Quotidiano; Andrea Rangone, City Angels Italia OdV sede di Milano, Progetto inserito all'interno del progetto “Educativa di Strada Homeless” gestito da Comunità Progetto in collaborazione con il Centro Sammartini del Comune di Milano. QUANDO sabato 3 dicembre 2022 ore 17.30. DOVE Teatro Carcano – C.so di Porta Romana 63 Milano. INGRESSO LIBERO.  Crediti: 02 – 04 dicembre 2022 EL NOST MILAN Parte prima: La povera gente Un progetto triennale di arte partecipata a cura di ATIR ispirato all’omonima commedia di Carlo Bertolazzi. Ideato e diretto da Serena Sinigaglia. Con 150 cittadini partecipanti a 14 laboratori di teatro sul territorio e la partecipazione straordinaria di Lella Costa. Coordinamento drammaturgico Tindaro Granata. Drammaturgia a cura di Simone Faloppa, Giulia Viana, Giulia Tollis, Francesco Maruccia, Domenico Ferrari e Tindaro Granata. Traduzione dal dialetto milanese Domenico Ferrari. Coordinamento sociale Nadia Fulco. Produzione ATIR e Teatro Carcano. In partnership con Cooperativa sociale Comunità Progetto, Accademia di Belle Arti di Brescia SantaGiulia, Associazione Amici di Edoardo Onlus. In collaborazione con Proxima Res, Eco di fondo, PEM e inoltre Associazione Aiutility Onlus, Associazione Aiutiamoli Onlus, C.A.G. CD Giambellino, Cooperativa Sinapsi, Accademia di Belle Arti di Brera, Nuova Accademia di Belle Arti NABA e Dipartimento di Scienze Umane per la formazione “Riccardo Massa” dell’Università Bicocca. Scene di Maria Spazzi. Costumi di Katarina Vukcevic. Assistente scene Federica Padovani. Assistente costumi Ilaria Strozzi. Attrezzeria di Marianna Cavallotti. Luci di Alessandro Verazzi e Roberta Faiolo. Consulente musiche Sandra Zoccolan. Assistenti alla regia Valeria Fornoni e Carola Rubino. Coordinamento pedagogico dei laboratori Massimiliano Pensa. Coordinamento organizzativo Valentina De Porcellinis. Conduttori laboratori: Giorgio Cassina, Cristina Castigliola, Matilde Facheris, Simone Faloppa, Domenico Ferrari, Ugo Fiore, Valeria Fornoni, Gabriele Genovese, Giulia Sarah Gibbon, Tindaro Granata, Valentina Ledono, Ilaria Longo, Rossana Mola, Lucia Nicolai, Flavio Panteghini, Alice Pecoraro, Rita Pelusio, Marika Pensa, Francesca Porrini, Chiara Stoppa, Chiara Tacconi, Federico Timeus, Giulia Tollis, Virginia Zini. Realizzazione scene Chiara Modolo, studentessa del corso di Scenografia Indirizzo Cinema e TV - Scuola di Scenografia - Accademia di Belle arti di Brera. Realizzazione attrezzeria a cura di Marianna Cavallotti e Lisa Mornato. Co-progettazione e realizzazione costumi a cura degli studenti del corso di Costume per lo spettacolo condotto da Giada Masi dell’Accademia di Belle Arti di Brescia SantaGiulia, e delle studentesse del Triennio in Scenografia di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti. Aiuto scenografi gli studenti del Triennio in Scenografia di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti.  PREZZI Posto unico numerato € 38,00 ORARI Venerdì e sabato ore 20.30 Domenica ore 16.30 VENDITE ONLINE www.teatrocarcano.com TEATRO CARCANO Corso di Porta Romana, 63 - 20122 Milano [email protected]    ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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kolorzz · 3 years
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