Tumgik
#mia and pio series
beppebort · 1 year
Text
Tumblr media
Maria Clara di Gesù Bambino
(1843-1899)
BEATIFICAZIONE:
- 21 maggio 2011
- Papa Benedetto XVI
Celebrazione
RICORRENZA:
- 1 dicembre
Religiosa portoghese, fondatrice della Congregazione delle Suore Francescane Ospedaliere dell’Immacolata Concezione; Una vita segnata dalla carità, un cuore sempre aperto all’accoglienza dei bisognosi, confidando saldamente nella Divina Provvidenza.
Guardate, quella è la mia gente! Che pena provo di non poterli soccorrere!"
Libânia do Carmo Galvão Meixa de Moura Telles e Albuquerque nacque il 15 giugno 1843 ad Amadora nei pressi di Lisbona, terza di sette figli di una famiglia aristocratica, e il 2 settembre nella chiesa parrocchiale di Nostra Signora del Soccorso di Benefica fu battezzata con il nome di Libânia do Carmo.
Trascorse l’infanzia in un clima sereno e accogliente, caratterizzato dal ritmo della vita familiare e da una esperienza educativa chiaramente ispirata alla fede. Imparò così ad amare il Signore, la Beata Vergine e i Santi e ad aprirsi alla realtà del prossimo maggiormente segnato da afflizione e povertà. Anche lei, tuttavia, sarebbe stata ben presto visitata dalla sofferenza, poiché nel giro di poco tempo morirono alcuni familiari e anche i suoi genitori. Tali eventi incisero profondamente sul suo animo, rendendolo ancora più sensibile di fronte al mistero del dolore, ma nello stesso tempo contribuirono ad irrobustirne il carattere: fortezza e speranza brillarono sul suo volto, insieme alle lacrime per lutti così numerosi, gravi e inattesi.
Rimasta orfana, Libânia do Carmo a 14 anni fu accolta nell’Asilo Reale d’Ajuda in Lisbona, gestito dalle Suore francesi Figlie della Carità, dove, mentre ricevette una preparazione culturale e umana corrispondente al suo rango, ebbe l’opportunità di consolidare in modo sempre più consapevole la sua formazione spirituale.
Nel 1862, lasciato l’istituto religioso, fu ospitata nel Palazzo Valada come dama di compagnia e confidente della Marchesa. Libania, tuttavia, andava maturando la decisione di consacrarsi al Signore in un’esperienza di vita religiosa: avvertiva infatti come impellente la vocazione ad un’esistenza completamente dedicata alla preghiera e al servizio del prossimo. Perciò alcuni anni dopo si ritirò nel Convento di San Patrizio a Lisbona, presso le Terziarie Cappuccine di Nostra Signora della Concezione; qui successivamente vestì l’abito di terziaria francescana e assunse il nome di Maria Clara di Gesù Bambino.
Il suo orientamento vocazionale, però, dovette affrontare un primo ostacolo, costituito dalle leggi civili del Portogallo che in quel momento risentivano di un accentuato spirito antiecclesiale e proibivano ogni forma di vita religiosa. Di fronte a questa situazione il direttore spirituale della Fraternità fece ricorso ad una Congregazione francese, le Suore Francescane Ospedaliere e Maestre, ed inviò la Serva di Dio presso il loro Monastero di Calais in Francia. Qui la giovane venne ammessa al noviziato e in seguito professò i voti.
Rientrata in Portogallo, Suor Maria Clara di Gesù Bambino fu nominata superiora del Convento di San Patrizio e, con la prudente guida del direttore spirituale, si applicò ad una intensa riforma della comunità delle Cappuccine, al punto da dare origine ad una nuova Congregazione, quella delle Suore Ospedaliere Portoghesi, che, riconosciuta civilmente come associazione benefica, avrebbe poi ricevuto l’approvazione pontificia da parte del Beato Pio IX.
La Congregazione conobbe in breve tempo una rilevante fioritura di vocazioni e di opere e si diffuse anche al di fuori del paese lusitano, con una serie di case aperte in Angola, India, Guinea, Capo Verde, San Tomé, dovunque ci fosse richiesta di un aiuto a favore dei bisognosi. Non mancarono, tuttavia, anche ostacoli e difficoltà di ogni genere, che inevitabilmente comportarono tensioni e divergenze anche all’interno della Congregazione.
Nonostante le amarezze, la Serva di Dio non perse mai la serenità e anzi rafforzò la sua adesione alla divina volontà, unicamente dedita alla crescita spirituale delle Consorelle e alla realizzazione di opere apostoliche, che animò con la preghiera, con il consiglio e soprattutto con grande spirito di sacrificio. Nelle varie circostanze, Madre Maria Clara dimostrò equilibrio non comune, intelligenza pratica, saggia capacità di sintesi, sensibilità materna, generosità, fervore, sobrietà di vita.
La sua personalità, ricca di doti intellettuali e affettive, era totalmente consacrata al Signore e al servizio del suo regno. Il suo percorso spirituale si manifestava in modo particolare in un intimo atteggiamento di relazione sponsale con Gesù, il cui Cuore sacratissimo costituiva per lei il centro unificante dei pensieri e delle azioni; in un profondo legame con la sua croce, che ella condivise soffrendo in silenzio e pazienza; in una incrollabile fiducia nella Provvidenza, della quale si riteneva umile strumento; in un comportamento di piena disponibilità verso tutti, anche nei confronti dei suoi calunniatori e persecutori che lei, pur ferita dalle ingratitudini, aveva sempre amato e perdonato.
Ebbe a cuore in modo speciale i poveri e gli ammalati, a favore dei quali fondò la sua opera, impegnandosi a trasmettere alle religiose della sua Congregazione gli stessi valori che avevano costituito il pilastro portante della sua vita.
La salute risentì di tante fatiche fisiche e psicologiche: iniziarono a manifestarsi problemi polmonari e cerebrali, fino a che subentrò un infarto che la condusse alla tomba.
Un mese prima della morte indirizzò l’ultima circolare alle sue religiose, riportando tra l’altro quello che era stato il pensiero dominante del suo cammino interiore: «Nulla accade nel mondo senza il permesso di Dio».
Il 1 dicembre 1899, dopo aver ricevuto i sacramenti, si spense serenamente in Lisbona: era il primo venerdì del mese, giorno dedicato al Cuore divino dello Sposo. Le esequie furono partecipate da numerosi sacerdoti, religiose e laici di tutte le classi sociali, testimonianza di una fama di santità che già in vita aveva accompagnato la Serva di Dio.
0 notes
amicidomenicani · 2 years
Text
Quesito Buongiorno egregio Padre, sono Michelangelo - il ragazzo di 15 anni non-battezzato a causa di situazioni difficili in casa, che le scrisse chiarimenti sulla Lettera di San Giacomo e sulla mal comprensione dietro alla “vendita delle indulgenze” qualche mese addietro - in virtù del fatto che non voglio rubarle tempo con molteplici email ho altri due argomenti ai quali mi farebbero piacere ricevere una sua risposta curata e chiara come avviene con le altre email che lei riceve, quindi eccole con tanto di premesse: 1. Ultimamente hanno ricevuto la mia attenzione alcuni dibattiti sul rapporto della Tradizione e del Magistero Cattolico nelle relazioni pre e post Concilio Vaticano II, per informarmi ho visto questa serie di puntate fatte da questo pio Padre Marcelo Bravo Pereira che parlavano appunto di questa corrente teologica che sarebbe nata nel XX° secolo con il nome di “Nouvelle Théologie 2. Potrebbe spiegarmi un po’ le relazioni tra la Chiesa - in particolare tra i Papi e tra gli ordini religiosi vari - con questa corrente? Come mai inizialmente fu combattuta da Padre Labourdette e sospettata di eresia da grandi figure come Padre Garrigou-Lagrange? Come mai andò poi alla ribalta come corrente vittoriosa nel Concilio Vaticano II? (…). Recentemente mi sono posto la domanda sull’uso della maiuscola e della minuscola in seno alla gerarchia ecclesiastica: mi potrebbe spiegare con ordine schematico la gerarchia ecclesiastica partendo dal fondo fino ad arrivare in cima?  Potrebbe anche cortesemente espormi i vari titoli ecclesiastici con l’uso dell’iniziale maiuscola/minuscola? Buona giornata e grazie del suo tempo, Padre. Risposta del sacerdote Caro Michelangelo, solo ora sono giunto alla tua mail del 27 settembre 2021. Mi dispiace e te ne domando scusa. Ho tagliato alcune tue domande perché diversamente andremmo troppo in là. Se vuoi, possono essere oggetto di una nuova risposta. 1. A proposito della nouvelle théologie va detto che si trattava di una reazione alla teologia neoscolastica. La teologia neo scolastica va distinta dalla scolastica perché questa è tipica del XIII secolo, la neo scolastica invece è venuta fuori dopo l'enciclica Aeterni Patris (1879) di Leone XIII.  Papa Leone, dopo lo sconvolgimento subìto dalla Chiesa a partire dalla rivoluzione francese, intendeva rilanciare lo studio della teologia e della filosofia avendo come maestro San Tommaso d’Aquino. 2. A differenza però di San Tommaso d'Aquino che fondava la teologia sulla Sacra Scrittura e sui Santi Padri (chi apre la Somma teologica vede una citazione continua di passi scritturistici e di riferimenti ai Santi Padri) la neo scolastica si è incagliata nelle dispute tra tomisti e scotisti, tra domenicani e gesuiti. I primi si rifacevano soprattutto ai commenti di San Tommaso fatti dai grandi domenicani del secolo 16º (il Gaetano, D. Bañez, Francesco Silvestri detto il ferrarese, Giovanni di San Tommaso…), gli scotisti invece si rifacevano a Duns Scoto, francescano, detto anche il dottor sottile a motivo delle quasi ininterpretabili distinzioni che si trovano nel suo pensiero. Inoltre era una teologia tutta espressa in lingua latina e per forma di sillogismo dove necessariamente si doveva procedere con una affermazione una maggiore, una minore e una conclusione. Questo modo di fare teologia si diceva "in forma" e cioè nel metodo più inattaccabile e pertanto più sicuro. 3. La cosiddetta nuova teologia voleva invece agganciarsi maggiormente alla Sacra Scrittura e al pensiero dei Santi Padri, tralasciando il metodo neo scolastico. Ebbe inizialmente la reazione di alcuni grandi domenicani come il padre Michel Labourdette, insigne teologo moralista e il padre Reginald Garrigou Lagrange. A loro pareva in prima istanza che riagganciandosi maggiormente ai Santi Padri la teologia perdesse il suo stato di scienza, ormai acquisito. Dico in prima istanza perché ho davanti a me gli scritti di teologia morale del padre Labourdette, nel quale il metodo neo scolastico nel frattempo scomparve
del tutto. 4. Anche la teologia morale, anziché partire dalla Sacra Scrittura, si partiva dalle sentenze dei probati auctores e cioè dei grandi maestri che erano i teologi di quel tempo o di poco prima. Sembrava che le sentenze dei probabilisti, degli equiprobabilisti e dei probabilioristi contassero più della Sacra Scrittura. Giustamente il concilio Vaticano II dirà a proposito della teologia morale che, doveva rinnovarsi “fondandosi maggiormente sulla Sacra Scrittura, mostrare l’altezza della vocazione dei fedeli in Cristo e il loro obbligo di portare il frutto della carità per la vita del mondo” (Optatam totius 16).  5. A proposito della teologia in generale il concilio Vaticano II dice che la Sacra Scrittura deve essere come l'anima della teologia. Che la Sacra Scrittura deva l’anima della teologia è la cosa più normale perché la teologia è essenzialmente l'intelligenza della fede, l'intelligenza del dato rivelato. Ma nel frattempo non era più così. La teologia si rifaceva soprattutto ai teologi e ai filosofi. 6. Va detto per la teologia morale che non dappertutto veniva sviluppata secondo i criteri della casistica (dei teologi probabilisti, degli equiprobabilisti e dei probabilioristi). Questo modo di fare teologia non aveva toccato l'Ordine domenicano che aveva sempre sviluppato il suo insegnamento seguendo San Tommaso d’Aquino. Al centro della teologia morale deve emergere la sequela Christi. Il centro della teologia morale è Gesù Cristo, la sua vita e il suo insegnamento. È Lui la via che ci conduce al Padre. 7. Purtroppo però dopo il concilio, ma non a causa del concilio, c'è stata una reazione non solo alla neoscolastica, ma anche alla scolastica e  in modo particolare a San Tommaso d’Aquino di cui il concilio aveva appena detto che bisogna tenerlo come maestro. Nei seminari e nelle facoltà teologiche, ad eccezione evidentemente degli studi teologici domenicani, si faticava a citare San Tommaso. C'era un'allergia nei suoi confronti, senza minimamente averlo letto se non per i riferimenti fatti dai testi che si usavano nella neo scolastica. Oggi le cose, grazie a Dio, non stanno più così. 8. Che cosa va detto infine?  I teologi contrari alla nouvelle théologie, se oggi fossero vivi, per alcuni versi potrebbero dire: avete visto che abbiamo avuto ragione! E tuttavia anche il loro modo di fare teologia andava rinnovato. Lo esigeva la natura stessa della teologia, che deve essere radicata nella Sacra Scrittura e in quella Tradizione che si esprime in modo particolare nell'insegnamento unanime dei Santi Padri, di coloro che sono stati immediatamente vicini anche temporalmente al magistero di Gesù Cristo. Lo esige anche il fatto che la teologia deve parlare agli uomini del nostro tempo, con le loro problematiche proprie, con la loro cultura ormai secolarizzata, con l'abbandono della fede.  La teologia deve rispondere agli interrogativi degli uomini di oggi illuminandoli con la luce che viene da Cristo. Su questo, almeno in teoria, tutti dovrebbero essere d'accordo. 9. Sulla seconda domanda che mi hai posto sarò breve. I gradi della gerarchia ecclesiastica sono i gradi dell'Ordine sacro.  Questi gradi sono tre: diaconato, presbiterato, episcopato.  Tra i vescovi ha un primato il successore di Pietro in qualità di vescovo di Roma. Tutti gli altri titoli sono di derivazione ecclesiastica. Molti di essi hanno perso il loro significato e rimangono come titoli onorifici. Alcuni di essi, con tutte le loro distinzioni, sono abbandonati, come ad esempio il titolo di reverendo distinto da quello di molto reverendo e di reverendissimo. Se il titolo di reverendo comunemente viene dato ancora oggi, sono del tutto abbandonate le distinzioni tra il “molto reverendo” che veniva dati solo ad alcuni e il titolo di “Reverendissimo” che veniva. Ma tutto questo non riguarda l'essenza della Chiesa. 10. Ti auguro che nel frattempo ti sia preparato al battesimo e finalmente sia diventato cri
stiano. Lo auguro con tutto il cuore. In ogni caso ti assicuro la mia cordiale preghiera per il progresso della tua vita cristiana e ti benedico. Padre Angelo
0 notes
ivanreycristo · 2 years
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
.. X cierto.. En el Vuelo LLUVIOSO de MEXICO DF a MAZATLAN (donde al llegar a hotel MISION frente hotel GENESIS el botones puso la TV y echaban un reportaje del accidente del avion LA-MIA con EL CHAPEOCENSE dia de mi 45 cumple=28-11-16 q celebre solo en restaurant CHINO "PALACIO IMPERIAL" esquina calle VIRGEN DE LA PAZ tras andar desde Calle MADRE DE DIOS con Avda d PIO XII para recordar q desde ahi vi a JUANPABLO II al ir a descansar al adjunto NUNCIO.. y despues de cenar fui andando a mi casa pasando x iglesia de Nuestra SEÑORA de las AME-RICAS con pintada SOLO QUIERO TU DINERO.. Y luego vi en la Tv d hotel MISION donde me hospede 17 años antes o dic 2002 x mi ultima maraton x una serie de reveladoras adversidades.. a los CHICA+CAGO BULLS con uno de los GEMELOS "LOPEZ").. tome cerveza VICTORIA pero la MEXICANA (con lema somos la RAZA DE BRONCE) y lei revista con articulo EL EXITO NOS ESTA MATANDO con una PUTA MUJER O DE LA FALSA MORAL DEL DINERO APUNTANDOSE LA CABEZA
Tumblr media
0 notes
scogito · 3 years
Text
Pedro ma tu sei un Maestro? No, non ho mai creduto ai Maestri di terra. I Maestri veri stanno in cielo e soprattutto non insegnano nulla ma diventano esempio. Diciamo che sono più simile ad un panino al prosciutto o ad un pane e marmellata.
Perché alcune persone hanno paura di lavorare con te? Perché non mi conoscono. Perché spiattello loro le cose come stanno senza giri di parole. Perché da me si arriva quando si vuole cambiare davvero e non quando ci si vuol raccontare stronzate. Ecco, sono poco incline ai procacciatori di scuse e a chi non è disposto a tutto per cambiare.
È vero che sei molto duro? Dipende dai casi. Una pietra non la puoi spaccare con una piuma, così come non puoi accarezzare una piuma con una pietra. Ogni persona è un mondo a parte. Ogni caso va trattato in un modo specifico. Quello che è certo è che so essere duro e delicato. Dipende dai casi.
Credi che ci siano casi impossibili da risolvere? No. Credo che ci siano persone che non credono abbastanza di potersi far aiutare e che traggano vantaggio dalle loro litanie di vittime.
Come si aiuta davvero una persona? Con l’amore. Che non vuol dire buonismo. Ma significa che per aiutarti non sono io ad entrare nel tuo inferno ma sei tu che devi sviluppare la forza di raggiungere la luce per uscire da lì.
Cosa pensi delle professioni olistiche di oggi? Mercato del pesce di Palermo. Tanti operatori ma pochissima competenza. Poi ci sono anche le eccezioni ma sono appunto eccezioni.
Perché dici questo? Perché in due giorni “diventi” qualcosa. Chi diventa esperto di tarocchi ma non ha ancora capito la differenza tra Torre e Maison Dieu, chi diventa super professionista di Psicogenealogia ma non sa cosa sia un Nodo di Gordio o una Sindrome di Ulisse, chi Canalizza A cazzo, chi ti aiuta a scoprire lo scopo di vita ma lavora dal paninaro per mantenersi, chi crede che ci siano formazioni serie a 20 euro, chi si inventa qualcosa. Che cazzo! La gente si affida. Io non tollero questa porcheria. Non tollero la mancanza di percorso di studio seri. Dico solo che chi fa questo non è un professionista ma un prendiculo per soldi! Se volete davvero aiutare il prossimo mettetevi nella condizione di essere molto preparati, perché questi non sono lavori che si improvvisano e neppure che si inventano perché ve li ha suggeriti all’orecchio la Madonna e neppure che si imparano in 3 giorni. E lo dico con l’autorevolezza del mio ruolo di professionista. Sono 20 anni che pur essendo affermato continuo a formarmi. Formatevi seriamente! E ci vanno anni per farlo.
Perché è difficile oggi creare rapporti affettivi sani? Perché non ci si ama autonomamente. Non esiste educazione affettiva. Diciamo di amare tutti ma non amiamo neppure noi. Una persona che si ama non può stare neppure 30 secondi in una storia disfunzionale.
Cosa pensi delle Fiamme Gemelle? La scusa spirituale per non ammettere che si è dipendenti affettivi.
Perché sei sempre così diretto? Perché sono ME, non devo recitare il ruolo di Padre Pio o di Madre Teresa. Sono una persona. Vera. E i veri dicono ciò che pensano anche quando questo dà fastidio agli altri.
Ti ritieni detentore della verità? Si, della mia verità. Ognuno ha la propria. Se poi parliamo di lavoro, allora sulla mia professione non sopporto le opinioni basate sul nulla. L’opinione puoi averla quando hai competenza. Altrimenti diventa chiacchiera da bar degli amici, che non serve a nessuno.
Cosa pensi degli Uomini? Se equilibrati sono eccellenti. Il grande problema degli uomini oggi è che hanno paura della loro femmina interiore, ed è per questo che fuggono dalle emozioni.
Cosa pensi delle Donne? Sono femminista. Sarei troppo di parte. Diciamo che amo le Donne perché amo la mia donna interiore. Vorrei le Donne al potere e sono certo che avremmo un mondo migliore. Attenzione: non donne che vestono i panni dell’uomo e ammazzano la propria femminilità (vedi Merkel) ma Donne che si sentono bene ad essere Donne. Credo tanto nelle Donne.
E dei bambini cosa mi dici? I bambini vanno lasciati come sono. Non dobbiamo creare adulti in miniatura. Bisogna deresponsabilizzarli.
Riportarli alla natura e all’arte. Dai bambini puoi solo imparare. Farli sporcare. Fargli mettere le mani in bocca. Basta con le cazzo di paturnie di genitori frustrati: e non fare questo e non fare quello e ti prendi le malattie e ti fai male. Eccheccazzo! Se siete frustrati fatevi aiutare e non rompete il cazzo ai vostri figli!
Cosa pensi del momento attuale? Se sei felice creerai. Se sei infelice non farai un cazzo e piagnucolerai. Ma i felici lo erano anche prima di questo momento così come gli infelici.
Che consiglio vuoi dare? Siate felici per davvero. Fate meno parole e più fatti. Il mondo cerca chi FA. Una casa non si costruisce con le parole ma sporcandosi le mani. Allora sporcatevi. Toglietevi di dosso la finta pulizia di chi non fa mai un cazzo. Siate selvaggi. (di Pedro Martinez)
---
Condivido tutto, specialmente il rapporto malsano che la gente ha coi Maestri terreni, la Fiamme Gemelle e la faccenda della Casa Dio!
23 notes · View notes
matto77 · 3 years
Text
Ma s'io avessi previsto tutto questo Dati, causa e pretesto, le attuali conclusioni Credete che per questi quattro soldi Questa gloria da stronzi, avrei scritto canzoni? Va beh, lo ammetto che mi son sbagliato E accetto il "crucifige" e così sia Chiedo tempo, son della razza mia Per quanto grande sia, il primo che ha studiato
Mio padre in fondo aveva anche ragione A dir che la pensione è davvero importante Mia madre non aveva poi sbagliato A dir che un laureato conta più d'un cantante Giovane e ingenuo io ho perso la testa Sian stati i libri o il mio provincialismo E un cazzo in culo e accuse d'arrivismo Dubbi di qualunquismo, son quello che mi resta
Voi critici, voi personaggi austeri Militanti severi, chiedo scusa a vossìa Però non ho mai detto che a canzoni Si fan rivoluzioni, si possa far poesia Io canto quando posso, come posso Quando ne ho voglia senza applausi o fischi Vendere o no, non passa fra i miei rischi Non comprate i miei dischi e sputatemi addosso
Secondo voi, ma a me cosa mi frega Di assumermi la bega di star quassù a cantare Godo molto di più nell'ubriacarmi Oppure a masturbarmi o, al limite, a scopare Se son d'umore nero allora scrivo Frugando dentro alle nostre miserie Di solito ho da far cose più serie Costruire su macerie o mantenermi vivo
Io tutto, io niente, io stronzo e io ubriacone Io poeta, io buffone, io anarchico, io fascista Io ricco, io senza soldi, io radicale Io diverso ed io uguale, negro, ebreo, comunista Io frocio, io perché canto so imbarcare Io falso, io vero, io genio, io cretino Io solo qui alle quattro del mattino L'angoscia e un po' di vino, voglia di bestemmiare
Secondo voi, ma chi me lo fa fare Di stare ad ascoltare chiunque ha un tiramento? Ovvio, il medico dice "sei depresso" Nemmeno dentro al cesso possiedo un mio momento Ed io che ho sempre detto che era un gioco Saper usare o no ad un certo metro Compagni il gioco si fa peso e tetro Comprate il mio didietro, io lo vendo per poco
Colleghi cantautori, eletta schiera Che si vende alla sera per un po' di milioni Voi che siete capaci fate bene A aver le tasche piene e non solo i coglioni Che cosa posso dirvi? Andate e fate Tanto ci sarà sempre, lo sapete Un musico fallito, un pio, un teorete Un Bertoncelli o un prete a sparare cazzate
Ma s'io avessi previsto tutto questo Dati, causa e pretesto, forse farei lo stesso Mi piace far canzoni e bere vino Mi piace far casino, poi sono nato fesso E quindi tiro avanti e non mi svesto Dei panni che son solito portare Ho tante cose ancor da raccontare Per chi vuole ascoltare e a culo tutto il resto
L'avvelenata - Francesco Guccini
17 notes · View notes
donaruz · 4 years
Text
Guarda "Francesco Guccini - 05 - L' Avvelenata (Live Firenze 1997)" su YouTube
youtube
Ma s'io avessi previsto tutto questo
Dati causa e pretesto, le attuali conclusioni
Credete che per questi quattro soldi
Questa gloria da stronzi, avrei scritto canzoni
Va beh, lo ammetto che mi son sbagliato
E accetto il "crucifige" e così sia
Chiedo tempo, son della razza mia
Per quanto grande sia, il primo che ha studiato
Mio padre in fondo aveva anche ragione
A dir che la pensione è davvero importante
Mia madre non aveva poi sbagliato
A dir che un laureato conta più d'un cantante
Giovane e ingenuo io ho perso la testa
Sian stati i libri o il mio provincialismo
E un cazzo in culo e accuse d'arrivismo
Dubbi di qualunquismo, son quello che mi resta
Voi critici, voi personaggi austeri
Militanti severi, chiedo scusa a vossìa
Però non ho mai detto che a canzoni
Si fan rivoluzioni, si possa far poesia
Io canto quando posso, come posso
Quando ne ho voglia senza applausi o fischi
Vendere o no non passa fra i miei rischi
Non comprate i miei dischi e sputatemi addosso
Secondo voi ma a me cosa mi frega
Di assumermi la bega di star quassù a cantare
Godo molto di più nell'ubriacarmi
Oppure a masturbarmi o, al limite, a scopare
Se son d'umore nero allora scrivo
Frugando dentro alle nostre miserie
Di solito ho da far cose più serie
Costruire su macerie o mantenermi vivo
Io tutto, io niente, io stronzo, io ubriacone
Io poeta, io buffone, io anarchico, io fascista
Io ricco, io senza soldi, io radicale
Io diverso ed io uguale, negro, ebreo, comunista
Io frocio, io perché canto so imbarcare
Io falso, io vero, io genio, io cretino
Io solo qui alle quattro del mattino
L'angoscia e un po' di vino, voglia di bestemmiare
Secondo voi ma chi me lo fa fare
Di stare ad ascoltare chiunque ha un tiramento?
Ovvio, il medico dice "sei depresso"
Nemmeno dentro al cesso possiedo un mio momento
Ed io che ho sempre detto che era un gioco
Sapere usare o no ad un certo metro
Compagni, il gioco si fa peso e tetro
Comprate il mio didietro, io lo vendo per poco
Colleghi cantautori, eletta schiera
Che si vende alla sera per un po' di milioni
Voi che siete capaci fate bene
Aver le tasche piene e non solo i coglioni
Che cosa posso dirvi? Andate e fate
Tanto ci sarà sempre, lo sapete
Un musico fallito, un pio, un teorete
Un Bertoncelli o un prete a sparare cazzate
Ma s'io avessi previsto tutto questo
Dati causa e pretesto, forse farei lo stesso
Mi piace far canzoni e bere vino
Mi piace far casino, poi sono nato fesso
E quindi tiro avanti e non mi svesto
Dei panni che son solito portare
Ho tante cose ancora da raccontare
Per chi vuole ascoltare e a culo tutto il resto
🎶🎶🎶🎶✌🎶🎶🎶🎶
9 notes · View notes
dilebe06 · 4 years
Text
Abyss
Lazzaro, alzati e cammina!
Tumblr media
Ok lo ammetto: volevo dropparlo al 2° episodio. Ma io odio droppare e quindi ho continuato... e devo dire che ho fatto bene. Alla fine dei salmi Abyss mi è piaciuto e si è portato a casa la mia attenzione.... l’ho visto volentieri insomma. 
Il motivo del mio temporaneo stop era dovuto all’equilibrio - un pò sbilanciato - tra la parte fantasy e quella investigativa. Ma alla fine ci ho fatto il callo e mi sono goduta la storia. 
Dunque..la serie parla di Cha Min, multimilionario e quando ti sbagli , bravo ragazzo, gentile ed in procinto di sposarsi con Hee Jin. Il ragazzo ha solo un “difetto”: diciamo che è bruttarello dai. 
Cha Min è anche famoso per avere una cotta pluridecennale per Se Yeon, bellissima, fighissima e arrogantissima procuratrice, che non se lo fila di striscio. E per essere più chiari, è lei a presentare al protagonista la sua futura moglie. Nulla mi vieta di pensare che lo abbia fatto per toglierselo dalle balle. Ma io sono cinica e cattiva
Pochi giorni prima del matrimonio però, Hee Jin come si dice in gergo tecnico..se da....non prima di aver preso soldi dal protagonista ed esserci rimasta impressa come approfittatrice. Cha Min è devastato da questa notizia e sentendosi abbandonato decide di suicidarsi. Viene però travolto/messo sotto/investito/ da due Cupi Mietitori che lo fanno secco. va beh ma tanto si voleva ammazzare
I due poveri angeli probabilmente si sentono in colpa per la dipartita del protagonista anche se seccare la gente dovrebbe essere il loro lavoro e grazie all’Abyss riportano in vita Cha Min. 
L’abyss è la versione color della Sfera del Drago. è una palletta multicolor una specie di discoball portatile che ha l’incredibile potere di riportare in vita i morti ma...con l’aspetto delle loro anime. 
Cha Min in questo caso deve avere avuto l’anima di Padre Pio. 
Ritorna dal mondo del morti non come Mister Korea, ma Mister Universo: 2 km di gambe, spalle da nuotatore, viso da modello. In pratica da quanto è bello fa svenire uomini, donne, vecchi e bambini. 
Tumblr media
Non contenti, i due Cupi Mietitori lasciano l’Abyss a Cha Min... prima dicendogli di non usarlo, poi accortisi che così era inutile, aggiustano il tiro consigliandogli di usarlo con prudenza. 
Questi non sono Cupi Mietitori...sono Babbo Natale
La prima cosa che Cha Min fa una volta tornato in vita e resosi conto della sua bellezza è andare da Se Yeon: un pò per farsi aiutare visto che la sua persona è nettamente diversa dal passato e questo può essere un problema a livello burocratico...ed un pò - sospetto io  - per dire alla ragazza:-” dimme di no adesso..che sono talmente bello che faccio concorrenza al sole!” 
Lungo la via per casa Se Yeon, Cha Min trova un cadavere. Così in mezzo alla strada. ottimo motivo per non vivere a Seoul e siccome lui è Padre Pio e aiuta il prossimo, usa l’Abyss sul corpo per poi dirigersi subito verso casa della sua amata che però già dorme e quindi Cha Min è costretto alla ritirata. 
La mattina dopo Se Yeon viene trovata morta. allegria
Per sintetizzare, perchè Abyss ha una marea di storyline e personaggi e perdersi è facilissimo, Cha Min si imbuca al funerale di Se Yeon e usa l’Abyss su di lei ormai riportare in vita i morti è il suo hobby che risorge.. con la faccia della protagonista di Strong Woman. Carina si...ma prima era una gnocca stratosferica...una stangona megagalattica..ed ora non arriva nemmeno alle spalle del protagonista. Lol 
Ovviamente lei è sconvolta e da qui parte tutta una serie di domande: chi ha ucciso Se Yeon? Come funziona l’Abyss? Dove è finita la fidanzata di Cha Min?
Tumblr media
Una delle cose che più mi ha intrippato di Abyss  - e ne parlavo qualche tempo fa pure qui su FB - è l’accostamento e allo stesso tempo la differenziazione con il manga/anime di Death Note. Anche lì uno strumento appartenente ad un altro mondo veniva dato in mano ad un essere umano ed entrambi gli oggetti avevano delle regole. A differenza del Death Note però, l’Abyss riporta in vita mentre il Death Note ti uccide. 
Mi piace quindi la riflessione sull’uso che gli umani fanno di determinati strumenti - Light usava il Diario per diventare una divinità ad esempio - mentre non mi ha convinto l’uso dell’Abyss nella serie. 
Questa serie ha, come ho detto prima, una valanga di storyline e svariati personaggi, ed è stato abbastanza tosto per me, tenere traccia di tutti gli intrecci e del puzzle che piano piano si è venuto a creare. Se adesso dovessi ripetere tutta la vicenda a memoria...non c’è la farei. Non so nemmeno se la questione investigativa a dei buchi oppure no, perchè fermarmi a pensarci mi farebbe solo venire mal di testa. 
Un’altra cosa che mi è piaciuta sono stati i personaggi. Non i protagonisti, ma gli altri. Hee Jin e Seo Ji-Wook sono stati i miei preferiti perchè li ho trovati complessi e stratificati e molte volte mi sono trovata ad empatizzare per loro. Padre Pio non mi ha mai preso tantissimo apparte nel farmi salire l’ormone , mentre Se Yeon l’ho giudicata molto interessante e sopratutto intelligente. 
Ultima nota sulla storia d’amore senza non sarebbe un drama: mentre era visivamente carina e divertente..ad una certa mi sono trovata a skipparla. ho il cuore in pietra lavica
Tumblr media
Tagliamo subito la testa al toro e diciamo le cose come stanno: la discoball non ha davvero delle regole...fa un pò come le pare. 😂
All’inizio della serie dicono che la sfera sparirà una volta che il protagonista muore, ma in realtà sul finale, stravolgono il tutto dicendoti che se ne andrà quando al proprietario gli verrà dato un dono molto grande. e te l’ho detto che sono Babbo Natale
Ti dicono che l’Abyss riporta in vita con l’aspetto della propria anima, ma solo i due protagonisti subiscono la metamorfosi...agli altri, al limite gli spariscono le sopracciglia o gli cresce la barba. 👀 Dicono che sia perchè i due protagonisti sono speciali ma cosa abbiano di speciale io non l’ho capito. 
La palletta poi ogni tanto cambia colore e la protagonista ci informa di nuove regole senza si sappia dove le abbia trovate. Do per buono che le abbia imparate off screen. 
Il succo è comunque che la palletta mi è sembrata un deus ex machina, sopratutto sul finale. Mentre in Memories of the Alhambra o ancora in Death Note “l’oggetto straordinario” è al centro della scena, in Abyss è più un contorno, un plus ultra. E le regole che appunto “regolano” il suo funzionamento, sembrano atte unicamente al funzionamento della trama. 
Sul versante dei personaggi ho empatizzato tantissimo per i due figli del serial killer, sopratutto Seo Ji Wook e tutta la sua relazione con i suoi due padri. Un rapporto complesso e molto triste e non ho potuto fare a meno di pensare come anche lui sia stato una vittima, sballottato tra queste due figure genitoriali. 
Il Detective Park - che avevo già spizzato in Live ❤️ - e la sua consorte mi hanno divertito parecchio e Mi Do è stato un personaggio che mi ha anche sorpreso. 
Ho più dubbi su Se Yeon: Park Bo-Young è spassosa nell’interpretare la furba procuratrice, e le sue movenze o espressioni mi hanno spesso fatto morire dalle risate. Il dubbio risale al fatto di non sapere se anche prima della sua morte aveva questo carattere...pre morte mi era sembrata meno vivace.
Dove mi sono convinta di meno è sul protagonista e sulla storia d’amore: 
Cha Min è l’uomo perfetto. Seriamente... è bello, ricco, ti compra macchine e appartamenti, dolce, romantico, gentile, premuroso, sa cucinare, è disposto ad aspettarti per 20 anni, muore per te... è una colata di miele. Il che, se da una parte mi compiace, dall’altro mi annoia perchè non ha difetti.🙄 Persino Se Yeon ad una certa gli dice di essere meno smielato. 
Tumblr media
L’impressione che ho avuto è che Cha Min VIVE per Se Yeon e la sua storyline ruota unicamente intorno a lei. credo che l’80% delle sue battute fosse composta dal nome della protagonista
E poi c’è la storia d’amore...visivamente è adorabile. I due protagonisti hanno una buona chimica e sono molto divertenti. Scherzano, battibeccano, si coprono d’amore.... ho viso le loro scene con gli occhi a cuore. Poi verso il finale ho skippato perchè... il troppo stroppia. Non amo particolarmente le love story senza un pò di angst,  dei fraintendimenti o ostacoli che mettano in pericolo la coppia. L’unico problema poteva essere il Procuratore che dava la caccia a Se Yeon ma avevo annusato da episodi che sarebbe andato tutto bene in virtù della palletta come deus ex machina. Mentre vedevo Cha Min vagare come un novello  Casper koreano dietro alla protagonista, aspettavo solo il momento di vedere come la discoball avrebbe risolto il tutto...e infatti. 😂
Devo comunque ammettere che il messaggio di questo grande amore è carino. 
L’altro problema che non mi ha permesso di sentirmi così conquistata da questa coppia è l’inserimento del plot twist che - se fatto bene - dovrebbe sorprendere lo spettatore ma che qui ha avuto l’effetto contrario: 
la sorpresona è il fatto che Se Yeon fosse innamorata di Cha Min da anni. 
il Plot twist è averlo nascosto talmente bene ai miei occhi e a quelli di Cha Min che quando viene fuori grazie a scene convenientemente aggiunte, viene fuori una cosa che mi sembra davvero forzata.
Cha Min per 20 anni ci prova con Se Yeon. Lei rifiuta sempre. Non solo...gli presenta anche altre ragazze. Vediamo come Se Yeon fosse sempre attorniata da svariati omini - tra cui Cha Min - e come lei si illuminasse di tale attenzione da parte di tutti. Poi a metà serie sembra che la ragazza provi qualcosa per il protagonista. Siccome sono stronza e cinica, ho subito pensato che Se Yeon - coerente con il suo personaggio - fosse una persona superficiale. Ed invece ci viene rivelato che lei lo amasse da anni. La domanda dunque sorge spontanea: perchè se lo amava lo ha sempre rifiutato? e mi consola che se lo chieda anche Cha Min La risposta è un monumento: - “ ti dicevo di no perchè tu ti arrendevi subito.” E te credo... lui si arrende subito perchè lei gli dice di no... Il cane che si morde la coda. 20 anni buttati. 🙄
A questo punto avrei preferito che Se Yeon fosse stata davvero superficiale e che con il tempo avesse visto Cha Min per il meraviglioso ragazzo che era, pentendosi di averlo sempre rifiutato. ma va beh...
Concludo con la mia scena preferita: Cha Min che compra l’appartamento accanto al Procuratore per usarlo come porta per accedere al suddetto appartamento. Non è che scassina la porta come farebbe il 99% dei personaggi che si devono intrufolare in case altrui....Cha Min acquista direttamente la casa di fianco. #soldichegliesconodatutteleparti
NOTE SPARSE:
- la madre di Cha Min che era partita come la classica madre coreana che si presenta a casa della pseudo fidanzata del figlio con la valigia piena di soldi, ed invece si rivela un mito.
- Hee Jin che zitta zitta fa fuori padre e fratello. #vendettavera
- Cha Min che tocchiccia tutte le cose senza guanti lasciando impronte ovunque sapendo di essere ricercato. #genio
- La vera Mi Do che torna dall’estero ma che nessuno crede che sia lei, a causa della protagonista. 😂
- La storyline di Park Gi Man che per gran parte della serie pareva andare per i fatti suoi  - e mi stavo preoccupando - ed invece sul finale si ricollega a quella principale.
- Cha Min che pensa di andare alla polizia per costituirsi spiegandogli di essere resuscitato e che pensa che questo fatto possa valere in tribunale. #genioparte2
- Il fatto che ad una certa, questa serie è diventata una serie di zombi: 8 cadaveri che deambulano in giro a cui viene data una seconda possibilità. Adoro! 
Per concludere: Abyss - non la palletta..la serie intendo - ha un ritmo da investigativo/poliziesco che non è male, buoni personaggi con una buona chimica tra loro e discreti colpi di scena. Per me, pecca però sul versante fantasy.
Voto: 7+
Tumblr media
11 notes · View notes
multicolour-ink · 1 year
Text
Since it may be a while before my next fic is posted, here's a little snippet for you all ^^
Content subject to change!
- - -
"No", she said at once. "No, we can't separate them!"
She stepped forward but Pio took her by the shoulders.
"Mia, it's going to be alright..."
"No!", cried Mia shaking her head furiously. "They can't be separated!"
"You know Mario can't stay in the hospital..."
"But they can't be without each other!", Mia sobbed. She was hysterical now.
"It won't be for long", Tony assured her. "They won't notice for a bit."
"Luigi will be well looked after at the hospital", Marie said, stroking Mia’s arm.
Oh they didn't understand. Neither of them understood at all.
"Pio!", Mia clung to him desperately. "You saw them when they were just born? How they held onto each other and refused to let go? You remember the second scan, Pio?! They need each other!"
Pio swallowed. He couldn’t bare to see his wife like this. He wanted to take her in his arms and say yes, Mario could come to the hospital. They could camp out in the hospital room, just as a family.
But he also saw the way the other members of the family were staring at them. The hallway felt even more smaller under their gaze.
Pio knew that there was no convincing them, and he hated himself for what he had to do next.
"It'll just be a little while, amore. We'll see Luigi tonight, and then we can just take time to let the family visit during hours, and we can bring him back home. It will all be ok."
Mia stepped back from him.
"I'll stay with Mario here. I need to look after him if he can't come with us."
Her tone was not the passionate emotion from before. It was cold and flat. Pio felt his heart break, for surely hers was splitting at the seams.
As if on cue, Mario started crying from upstairs. Without a word, Mia dashed up the stairs to tend to him, leaving Pio standing in the hallway with the others.
26 notes · View notes
padrepiopietr · 5 years
Photo
Tumblr media
DIALOGO TRA PADRE PIO E DON DOLINDO RUOTOLO SULLE PERSECUZIONI SUBITE
Inedite e preziose fotocopie, Grazia Ruotolo ci segnala una lettera del 13 marzo 1967 del cappuccino Padre Pellegrino che, scrivendo ad una Figlia spirituale collaboratrice di Don Dolindo, così dichiara: “Padre Pio ha detto che niente di quanto è scaturito dalla penna di Don Dolindo deve andare perduto. Preoccupatevi quindi di affidare il materiale inedito a persone intelligenti, oneste e piene di buona volontà evitando, per quanto dipende da voi, di “DARE LE COSE SANTE AI CANI E DI METTERE LE MARGHERITE INNANZI AI PORCI…“.
E ancora: “Non è vero che Don Dolindo è impossibilitato a scrivere gli ultimi capitoli sulla Madonna… – mi ha detto Padre Pio, egli infatti li sta scrivendo nella sua carne crocifissa sotto lo sguardo dell’Addolorata…” Per Don Dolindo due sole le “armi” che i veri Discepoli di Cristo non devono mai abbandonare: il Crocefisso e il Rosario! Li definiva “distintivi identificativi dell’appartenenza a Gesù e a Maria”.
Il 12 ottobre 1968, Don Dolindo, viene sollecitato a scrivere qualcosa in Memoria di Padre Pio da poco deceduto (il 23 settembre). Non sentendosi in grado di scrivere di un’Anima così bella e santa, decide di raccontare come si svolse il loro primo incontro. Dopo una serie di fatti messi insieme come solo la Divina Provvidenza sa fare, Don Dolindo parte alle quattro del mattino con il Vescovo mons. Palaticci di Campagna, quale suo accompagnatore provvidenziale. Ecco come descrive i fatti Don Dolindo:
“Vi andai con due precisi desideri, dei quali non parlai a nessuno: domandargli luce sul mio cammino sacerdotale, e sulle conseguenti tribolazioni nelle quali ero cascato… e domandargli qualche cosa benedetta da lui, per gli infermi che io confortavo. Per me volevo luce nel mio cammino per assicurarmi se ero stato o ero un illuso, o un sognatore, date le penose contraddizioni che avevo subito e che subivo nel mio apostolato e nelle opere che pubblicai con le debite approvazioni, per il bene delle anime. Allora infieriva il Modernismo, come infierisce forse di più oggi, nonostante la precisa condanna del Santo Papa Pio X, e nonostante le accorate proteste del Papa Paolo VI…. (..)
M’incontrai col Padre Pio, e lo supplicai di ascoltarmi! Si meravigliò di vedermi vecchio con la chioma imbiancata per l’età e mi disse scherzando: “Ti sei imbiancato, t’è caduta la neve sul capo??”. Parlava così perché mi conosceva spiritualmente nell’anima, perciò soggiunse: “Ma l’anima è sempre giovane!”… Poi alla mia domanda di confessarmi per avere luce, mi disse: “Non c’è bisogno, sei tutto benedetto!!” Alla domanda che volevo fargli sul mio cammino doloroso, provocato dai Modernisti, rispose leggendo il mio pensiero: “Che ne vuoi sperare figlio mio”, e con gesto significativo della mano, soggiunse in dialetto: “Chille tènerie chélla capa…. (quelli hanno quella testa…)”. Poi mi abbracciò e mi benedisse. (..) Dovemmo licenziarci perché dovevo trovarmi a Napoli per la predicazione e gli domandai la benedizione. Egli rispondendo al mio pensiero sull’Opera di Gesù, sorridendo mi disse: “Ma tu sei avido di benedizioni! tu non ti sazi mai!”.
Ed abbracciandomi, e stringendomi al suo cuore mi disse, rassicurandomi sul percorso passato della mia vita, sul presente ed anche sul futuro, mi disse in tono enfatico, innanzi ai frati che lo circondavano: “Ascoltami bene! Tutto il Paradiso è nell’anima tua, c’è stato sempre, c’è e ci sarà per tutta l’eternità”. E mi baciò con profondo affetto che mi commosse, avanti a tutti. I frati stessi rimasero sorpresi dei gesti e del linguaggio, tanto che mi chiesero: “Ma voi avete capito che cosa vi ha detto Padre Pio? E’ mirabile, ma che cosa ha voluto dirvi?“
Egli rispondeva allo scopo principale per il quale ero andato da lui, rassicurandomi che ciò che era svolto nella mia povera vita travagliata, ma piena di tanti avvenimenti, era volontà divina. Non ero un illuso, dunque, il mio cammino era dato da Dio, lo era e mi portava all’eterna salvezza. Nel mio cuore non feci che umiliarmi, giacché non vedevo e non veggo in me, altro che nullità e miseria.”
2 notes · View notes
lamilanomagazine · 3 years
Text
Milano, Giornata del ricordo delle vittime delle mafie: la città prepara una settimana di iniziative
Tumblr media
Milano, Giornata del ricordo delle vittime delle mafie: la città prepara una settimana di iniziative. Nella settimana dal 14 al 21 marzo la città di Milano ospiterà una serie di importanti iniziative che il Comune promuove in occasione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Giovedì 17 marzo, alle ore 15 in piazza Duomo, davanti a Palazzo Reale, si inaugurerà l’esposizione della teca che custodisce i resti della Croma blindata su cui viaggiavano gli uomini della scorta di Giovanni Falcone, caduti insieme al giudice antimafia nell’attentato di Capaci, di cui ricorre quest’anno il trentesimo anniversario. All’inaugurazione prenderà parte il Sindaco di Milano Giuseppe Sala insieme al Questore Giuseppe Petronzi, a Pierpaolo Farina presidente di WikiMafia e a Tina Montinaro, moglie del caposcorta Antonio Montinaro e presidente dell’Associazione “Quarto Savona Quindici”. L’esposizione della teca con la vettura, nome in codice ‘Quarto Savona Quindici’, rimarrà nel cuore della città di Milano liberamente visibile e accessibile fino a martedì 22 marzo. L’esposizione della teca sarà preceduta lunedì 14 marzo dal convegno "Fine pena, quando? L'impegno antimafia e la riforma dell'ergastolo ostativo”. Il convegno organizzato dalla Commissione consiliare Antimafia del Comune di Milano si terrà alle ore 18.30 nella Sala Conferenze di Palazzo Reale. Parteciperanno il senatore Pietro Grasso, la dottoressa Alessandra Dolci della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, l’avvocato Valentina Alberta della Camera Penale di Milano e Tina Montinaro, Presidente Quarto Savona Quindici. I saluti iniziali saranno di Rosario Pantaleo, Presidente della Commissione consiliare Antimafia del Comune di Milano, mentre la moderazione del dibattito sarà dell'Avvocato Marco Griguolo, membro dell'Ufficio di Presidenza di WikiMafia. Davanti ai resti della vettura di scorta del giudice Giovanni Falcone, venerdì 18 marzo alle ore 12, Tina Montinaro incontrerà le studentesse e gli studenti di alcune scuole milanesi. Gli eventi del 21 marzo - Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie Si terrà alle ore 10 in piazza Prealpi la prima iniziativa prevista per il giorno della ricorrenza. Avviso Pubblico e Libera, insieme al Comune di Milano, con il Patrocinio di Rai e sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica, ricorderanno le vittime innocenti delle mafie con l'evento ‘Terra mia. Coltura Cultura’. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, con musiche, poesia e lettura dei nomi delle vittime. Ad aprire l’incontro, l’intervento del sindaco Sala. Alle ore 18, nell’Aula Magna dell'Università degli Studi di Milano, si svolgerà la manifestazione "Erano Semi - In memoria di La Torre, Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino e delle altre vittime innocenti delle mafie" patrocinata dal Comune di Milano. La prima parte sarà dedicata al ricordo delle vittime del 1982 e del 1992 e alle riflessioni su cosa è "germogliato" dalla loro morte negli anni successivi contro la mafia, con gli interventi dell’assessore al Welfare e Salute Lamberto Bertolè e di Franco La Torre, Carlo dalla Chiesa, Tina Montinaro, Salvatore Borsellino. Daranno voce a Pio La Torre, Carlo Alberto dalla Chiesa, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino gli attori Lella Costa e Sergio Leone. La seconda parte sarà dedicata alla lettura dei nomi delle 1.006 vittime innocenti delle mafie, che sarà aperta da Carlo Smuraglia, presidente emerito dell'Anpi, e a cui parteciperanno 50 persone tra esponenti delle istituzioni, artisti, attivisti della società civile. Conduce l’incontro Maria Grazia Mazzola, giornalista e inviata speciale del Tg1. Sarà proprio la ricorrenza del 21 marzo a dare infine il via al ciclo di appuntamenti della prima edizione de "Il Conservatorio di Milano per la sua città", un progetto che, in occasione di date simbolo del calendario civile della città, vedrà eseguire concerti ed esibizioni arricchendo il palinsesto di eventi di 'Milano è memoria'. Il primo appuntamento si terrà alle ore 20.30 presso il Conservatorio di Milano, in Sala Puccini, con il "Concerto bachiano" eseguito al pianoforte da Diego Petrella. Il concerto è aperto al pubblico fino all’esaurimento dei posti disponibili (prenotazioni scrivendo a [email protected]). Read the full article
0 notes
Photo
Tumblr media
Nuovo post su https://is.gd/Qp678U
Melpignano: due epigrafi del palazzo marchesale
di Armando Polito
Dico subito che senza l’amico Alessandro Romano questo post non avrebbe mai visto la luce. Titolare dell’interessantissimo blog Salento a colori, Alessandro, forse troppo fiducioso nelle mie possibilità, chiede gentilmente ogni tanto il mio aiuto nella traduzione di una delle tante epigrafi che incontra nel suo intelligente ed appassionato “vagabondare” nel nostro territorio, attività della quale, ma non è la sola nelle sue corde, il blog segnalato è eloquente testimonianza. Così qualche giorno fa Alessandro ha sottoposto alla mia attenzione l’epigrafe che segue, da lui fotografata (insieme col resto visibile in https://www.salentoacolory.it/melpignano-nel-cuore-della-storia-del-salento/)  nel palazzo marchesale di Melpignano.
Nell’occasione, complice anche la fretta, potei passare all’amico solo i pochi dati che il lettore troverà all’indirizzo appena riportato, ma già allora mi ripromettevo di tornare sull’argomento, cosa che faccio oggi.
STET DOMUS HAEC DONEC FLUCTUS FORMICA MARINOS
EBIBAT ET TOTUM TESTUDO PERAMBULET ORBEM
  LABORANDUM UT QUIESCAS A(NNO) D(OMINI) 1548
La prima parte è costituita da una coppia di esametri, il cui contenuto utilizza la figura retorica dell’adinato (o adynaton, dal greco ἀδύνατον, che significa cosa impossibile), molto frequente nella lirica classica amorosa1.
Traduzione: Questa casa stia in piedi finché la formica non beva le onde del mare e la tartaruga non compia il giro di tutto il mondo.
La seconda parte, invece, come meglio vedremo più in là, ha tutta l’aria di essere una semplice sentenza morale (in prosa senz’altro, non fosse altro che per la brevità)..
Traduzione: Devi affaticarti per riposare. Più in là proporrò, motivandola, l’alternanza soffrire ad affaticarti.
Quando s’incontra un’epigrafe relativamente recente, dopo averla letta e tradotta, si cerca di capire se si tratta di qualcosa di originale o di già visto e/o di una citazione letteraria più o meno antica. Non mi vergogno di confessare che lì per lì nulla mi è venuto in mente di qualcosa di letto o visto prima. La cosa in sé non è grave (a meno che non sia il sintomo iniziale dell’Alzheimer), ma per me è grave il fatto che fino a quel momento fossi rimasto all’oscuro di una locuzione che poi, alla luce delle ricerche fatte e qui riportate, si è rivelata estremamente inflazionata. Naturalmente, senza la rete sarei rimasto nell’ignoranza.
Per la prima parte dell’iscrizione, infatti, riporto le più significative testimonianze reperite, sistemate in un ordine cronologico che spero attendibile (non sempre si hanno a disposizione dati certi per farlo).
XII secolo (?)
Sull’ingresso dell’abbazia di Inchcolm in Scozia si legge: Stet domus haec donec fluctus formica marinos ebibat, et totum testudo perambulet orbem. Definita genericamente medioevale, l’iscrizione è verosimilmente la più antica che si conosca, anche se la sua datazione potrebbe non coincidere con quella della fondazione dell’abbazia (1123).
XIII-XIV secolo
A Fénis in Val d’Aosta in un angolo del cortile del castello si legge: MANEAT DOMUS DONEC FORMICA AEQUOR BIBAT ET LENTA TESTUDO TOTUM PERAMBULET2 ORBEM
Rileviamo subito le differenze tra questo testo e quello di Melpignano: MANEAT invece di STET, AEQUOR invece di FLUCTUS e, in più, LENTA. Dal punto di vista grammaticale nulla cambia per maneat e stet (entrambi terze persone singolari del congiuntivo presente, pochissimo per aequor e fluctus (entrambi in caso accusativo, il primo singolare, il secondo plurale), sul piano semantico lenta obbliga ad aggiungerlo tal quale in traduzione come attributo di tartaruga. Le differenze rilevate, però, comportano un terremoto metrico, nel senso che non siamo certamente in presenza di esametri, mentre è vagamente rilevabile un ritmo non inquadrabile, però, in uno schema strofico ben definito, ragione per la quale giungerei alla conclusione che siamo in presenza di prosa e non di poesia.3 
XIV secolo
Urbino, palazzo Passionei: tra gli ambienti del primo piano dell’ala settentrionale  è il salone, caratterizzato da un lungo fregio con la scritta MANEAT DOMUS DONEC FORMICA AEQUOR BIBAT ET TESTUDO PERAMBULET ORBEM.
Assenza di LENTA a parte, è tal quale alla precedente, con le conclusioni appena trattene.
XV secolo (seconda metà)
In F. Martinelli, Roma ricercata nel suo sito, nella scuola di tutti gli antiquarii, Tani, Roma,1644, alle pp. 25-26 si legge: … osservate nell’uscire à man dritta la modestia della casa di Domenico della Rovere Cardinale di Sisto IV sopra la quale fece scolpire li doi versi, che hora si leggono così. Stet domus haec, donec fluctus formica marinos/ebibat, et totum testudo perambulet orbem.
L’iscrizione risulta perduta già due secoli dopo lquesta testimonianza . Infatti in Il Buonarroti, serie II, v. IX, quaderno IV, aprile 1876, a p. 112 si legge: … ma questi versi [il testo riportato è quello del Martinelli] oggi sono andati perduti da un pezzo.
1490
August Schmarsow in Pinturicchio in Rom, Spemann, Stuttgart, 1882, pp. 32-33 segnala alcune pitture eseguite dal Pinturicchio nel palazzo del cardinale Domenico della Rovere che, alla fine dei lavori, fece apporre  l’epigrafe che che conosciamo.
1510
Francesco Albertini, Opusculum de mirabilibus noae et& veteris vrbis Romae, Mazzocchi, Roma, 1510, s. p.: Domus pulcherrima. s. Clementis a reveren. dominico constructa in qua sunt infrascripta carmina in lapide pario sculpta.
Stet domus haec donec fluctus formica marinos
ebibat et totum testudo perambulet orbem.
Quam postea R. Franc. de rio card. papien. exornavit. 
(Casa bellissima. Costruita dal reverendo Domenico di S. Clemente, nella quale ci sono i sottoscritti versi scolpiti su marmo di paro. Stet domus haec donec fluctus formica marinos ebibat et totum testudo perambulet orbem. Successivamente il reverendo cardinale Francesco de Rio di Pavia la fece decorare)
Il cardinale in questione è Francesco Alidosi (Castel del Rio, 1455–Ravenna, 1511) più noto come cardinal del Rio (dal luogo natale) o cardinal di Pavia (città della quale fu vescovo dal 1505, prima di ricevere la porpora nel dicembre 1507. questi dati ci consentono di collocare la costruzione della fabbrica in questione nel XV secolo, certamente più di un anno prima dall’uscita del libro).  
1524
Arnoldus Buchelius, Traiecti Batavorum descriptio (manoscritto parzialmente pubblicato in rete dalla dbnl (digital e bibliotheek de Nederlandse letteren: https://www.dbnl.org/tekst/_bij005190601_01/_bij005190601_01_0007.php). Alle p. 167-168 si ricorda ad Utrecht: Domus angularis vici Jerosolimitani, juxta Axelium, de Hoolhorst dicta, aedificata anno 1524, habetque hanc inscriptionem in frontispicio: stet domus haec, donec fluctus formica marinos ebibat, et totum testudo perambulet orbem
(Casa ad angolo del villaggio ebraico presso Axelio, detta di Hoolhorst, edificata nell’anno 1524 ha pure questa iscrizione sul frontespizio: stet domus haec, donec fluctus formica marinos ebibat, et totum testudo perambulet orbem)
XVI secolo
Paggese (in provincia di Ascoli Piceno)  è noto come il paese delle pietre parlanti4 per via dei blocchi di travertino, usati nella costruzione delle abitazioni, oppure per gli architravi delle porte che recano epigrafi in latino. Una, parzialmente mutila, reca la nostra iscrizione: [ST]ET DOMUS HAEC DONEC FLUCTUS FORMICA MARINOS/[EBI]BAT ET TOTUM TESTUDO PERAMBULET ORBEM. Da notare l’errore dello scalpellino in ELUCTUS per FLUCTUS.
XVI secolo
A Briga (Cuneo) in Piazza del Municipio:
STET DOMUS HAEC DONEC FLUCTUS FORMICA/EBIBAT ET TOTUM TESTUDO PERAMBULET ORBEM
XVI secolo
In Lorenzo Manini, Memorie storiche della città di Cremona, Fratelli Manini, Cremona, 1820, alle pp. 137-138 si legge: Luogo Pio Mariani. Dà la medesima ospizio gratuito a varie povere donne, col patto di aversi a recare ogni gioeno al tramontar del sole nell’anzidetto tempio per recitarvi il rosario.Giovanni Francesco Mariani, che fu il fondatore di questo pio luogo verso la metà del secolo XVI, fece in esso porre il seguente distico: Stet domus haec donec fluctus Formica marinos/ebibat, et totum Testudo perambulet orbem.
XVI secolo
Il Codice Palatino 147 sulla membrana incollata dentro la coperta posteriore reca, della stessa mano, la scitta: Stet domus haec donec fluctus formica marinos/ebibat et toum testudo perambulet orbem.
XVI secolo (?)
A Roma nella Chiesa dei santi Nereo e Achilleo vi è una sorta di galleria di antiche lapidi provenienti da fuori. Tra loro ve n’è una che nella parte superiore contiene i dati di provenienza: LAPIS ISTE EXTABAT IN QUADAM DOMO/OB VALLICELLANUM AEDIFICIUM DIRUTA (Questa lastra stava in una casa crollata di fronte ad un edificio di Vallicella [zona di Moricone, paese vicino Roma]. Il resto contiene il testo che ormai conosciamo quasi a memoria:  STET DOMUS HEC DONEC/FLUCTUS FORMICA MARINOS/EBIBAT ET TOTUM.TESTUDO/PERAMBULET ORBEM, con l’unica variante di scrittura di hec per haec.
1699
A Tarbes, comune francese, sulla facciata dell’antico liceo Théophile Gautier in rue Ramond, protetta da una grata.
STET DOMUS HAEC FLUCTUS/DONEC FORMICA MARINOS/EBIBAT ET TOTUM TESTUDO/PERAMBULET ORBEM/1699
Questa prima epigrafe, dunque, non appare come citazione classica, anche se l’incipit del primo verso potrebbe far pensare ad Ovidio (I secolo a. C.-II secolo d. C.), Fasti, IV, 949-954, dove, accennando alle feste del 28 aprile, ricorda l’accoglimento di Vesta, dea del focolare domestico, nella domus Palatina: Aufer, Vesta, diem! Cognati Vesta recepta est/limine: sic iusti constituere patres./Phoebus habet partem. Vestae pars altera cessit;/quod superest illis, tertius ipse tenet./State Palatinae laurus, praetextaque quercu/stet domus: aeternos tres habet una deos. (Prendi, o Vesta, questo giorno! Vesta è stata accolta dalla casa del parente [Augusto]: così hanno deciso i giusti padri. Febo [Apollo] ha una parte, l’altra parte toccò a Vesta; ciò che avanza a loro lo tiene per terzo egli stesso [Augusto]. State saldi, palatini allori e stia salda la casa coperta dalla quercia:  essa sola ha tre eterni dei)
È tempo di passare alla seconda.
XIII secolo
Dicta Beati Aegidii Minorita. Vicesima tertia aprilis, 46: … si vis habere bonum, sustine malum; si vis esse in quiete, labora …5 ( … se vuoi avere il bene, sopporta il male; se vuoi essere nella quiete, lavora (o, meglio, se vuoi essere nella tranquillità, soffri). Sta qui il nucleo concettuale della nostra epigrafe, per la quale all’inizio avevo proposto un’interpretazione (Devi affaticarti per riposare), per così dire, laica (anche se vicina alla regola benedettina: ora et labora (prega e lavora). A questo punto ad essa si sovrappone, e probabilmente finisce per prevalere, quella religiosa, in cui laborare recupera il suo significato originario di soffrire e quiescere ha in sé un riferimento più all’animo che al corpo. Da notare come tutto il pensiero riportato del beato è giocato sugli opposti, espediente retorico antico6.
1485
Filippo Beroaldo (1453-1505) in una lettera7 inviata da Bologna il 30 gennaio 1485: In iuventa laborandum est, ut in senecta quiescas (Si deve lavorare in gioventù per riposare in vecchiaia).
1515
A Fabriano in via Persichetti al civico 2b vi è il portale ingresso attuale del Museo della stampa, già ingresso secondario di palazzo Orfini. La data (che prudenzialmente può essere spostata indietro di qualche anno) è desunta da un’altra iscrizione che recita: Petrus Orphinus de Orphinis a(nno) 1515. Nell’immagine che ho tratto ed adattato da Google Maps si legge distintamente LABORANDUM UT QUIESCAM.
1565
A quest’anno risalgono due progetti realizzati dall’architetto Francesco De Marchi per Ottavio Farnese, duca di Parma. Le tavole raffigurano due labirinti simboleggianti le tappe verso la virtù. Uno di essi era stato realizzato per la sistemazione del giardino del palazzo ducale a Parma e tale cammino era accompagnato “da iscrizioni latine esplicative come laborandum ut quiescas oppure est iter in primis durum sed magno vincitur ed al centro, a suggello della meta raggiunta, la scritta Virtus“.8
Debbo aggiungere che il concetto dell’importanza del labor ricorre pure nell’altra tavola (nell’immagine che segue tratta da Giambattista Venturi, Memoria intorno alla vita e alle opere del Capitano Francesco Marchi (sic!), Milano, Stella, 1816), dalla quale estrapolo le scritte che ci interessano (sono tutte citazioni, non senza qualche adattamento; ho sottolineato quelle in cui compare la parola-chiave): Non omnibus datum est adire Corinthum9 (Non a tutti è concesso di andare a Corinto); Nihil sine labore in vita10(Nulla c’è nella vita senza la fatica); (in settori separati) Labor omnia vincit improbus/et duris in rebus egestas11 (La dura fatica e il bisogno nelle difficoltà vincono tutto;  Dulce est meminisse laborum12 (È dolce ricordarsi delle fatiche); (in settori separati) Perrupit Acheronta Herculeus labor./Nihil mortalibus arduum13 (La fatica14 di Ercole piegò l’Acheronte. Nulla è difficile per i mortali); Volenti nihil difficile15(Per chi lo vuole nulla è difficile); ai quattro angoli della parte centrale del labirinto: videtur/praeferre/humanae vitae/speciem (sembra offrire l’immagine della vita umana) e in basso a destra, volutamente al di fuori del labirinto stesso: Difficilem aditum spectantibus offert (Offre un difficile percorso  a chi guarda) e al suo centro: Laudem decusque parabit ([La virtù] preparerà lode e decoro)16; a sinistra, sempre fuori dal labirinto: Inextricabilis error17 (Inestricabile giro). In basso a destra un distico elegiaco (originale, non citazione), quasi a sigillo e ringraziamento ad entità pagane: Ingenium Pallas, dextram praeclarus Apelles, artificique artem Daedalus ipse dedit. (All’artefice Pallade diede l’ingegno, Apelle la mano, lo stesso Dedalo l’arte)
  1615
In una cronaca belga18 si legge: MDCXV. Vicesimo nono mensis Maii, altera Ascensionis Dominicae, decessit prior … Secinda insequentis proxime mensis die ,pro secunda vice ad prioratus officium erectus fuit dominus Aegidius Christiaens,cuius divisio fuit: LABORA UT QUIESCAS (1615. Il 29 maggio, giorno successivo all’ascesa del Signore, morì il priore … Il 2 giugno per la seconda volta fu elevato all’ufficio del priorato don Egidio Christiaens, il cui motto fu: Lavora per riposarti).
Per concludere: dalle due epigrafi melpignanesi esaminate emerge una sottile rete di allusioni in cui è difficile separare nettamente l’ispirazione laica da quella religiosa. Da un punto di vista specifico della scrittura epigrafica appaiono decisamente anteriori alla data del 1636 che si legge sulla lunga epigrafe posta in alto sulla  facciata principale e che, d’altra parte, si riferisce all’ampliamento dell’edificio. Esse presumibilmente appartenevano alla fabbrica originaria, il che consente di dire che vennero adottate in tempi (il discorso vale soprattutto per la prima)in cui non era ancora esplosa la loro diffusione. in fondo essere alla moda significa, in un certo senso, arrivare in ritardo …
_____________
1 Se quello della nostra iscrizione è duplice, questo di Ovidio (i a. C.-I d. C.), Ars amatoria, I, 271-274, è triplice: Vere prius volucres taceant, aestate cicadae,/Maenalius lepori det sua terga canis,/femina quam iuveni blande temptata repugnet:/haec quoque, quam poteris credere nolle, volet. (Tacciano gli uccelli in primavera, le cicale in estate, il cane del Menalo [monte dell’Arcadia] volga le sue spalle alla lepre prima che una donna resista al dolce corteggiamento di un giovane).
2 Questa variante del testo campeggia, tal quale, a Roma nella parte alta della palazzina in stile rinascimentale in via Silvio Pellico 10. Con Google Maps è un po’ di pazienza (scrollando lentamente) la si legge perfettamente. Se mi fosse stato possibile,  l’avrei inserita, ma sarebbe venuto fuori qualcosa di mostruoso, perché sarei stato costretto ad unire troppi pezzi con diversa prospettiva.
3 Metto in guardia i fruitori di Wikipedia, dove si legge permabulet (!).
4 Tale appellativo, a buon diritto, avremmo potuto vantare, se non fossimo stati bruciati sul tempo, noi salentini per Giuliano di Lecce (vedi http://www.fondazioneterradotranto.it/2017/10/16/giuliano-lecce-la-tormentata-lettura-sua-epigrafe/ e http://www.fondazioneterradotranto.it/2015/01/23/unepigrafe-in-via-regina-elena-a-giuliano-di-lecce/).
5 Acta sanctorum, a cura di Giovanni Carnandet, Palmé, Parigi, 1866, p. 233.
6 Publio Flavio Vegezio Renato (IV-V secolo)   ), Epitoma rei militaris, III, praefatio: … qui desiderat pacem, praeparet bellum. (Chi desidera la pace prepari la guerra), sintetizzato poi in epoca umanistica con si vis pacem, para bellum (se vuoi la pace, prepara la guerra). Tuttavia va detto che il concetto era stato espresso già prima da molti autori: Tucidide (V secolo a. C.), Storie, I, 124: ἐκ πολέμου μὲν γὰρ εἰρήνη μᾶλλον βεβαιοῦται ( … infatti dalla guerra viene rinsaldata la pace); Cicerone (I secolo a. C.), Philippicae, VII, 6, 19: … si pace frui volumus, bellum gerendum est ( … se vogliamo godere la pace, bisogna scatenare la guerra); Gaio Sallustio Crispo (I secolo a. C.), Catilinaria, LVIII: Nam paritur pax bello (Infatti la pace è generata dalla guerra); Cornelio Nepote (I secolo a. C.), De viribus illustribus. Epaminondae vita): Nemo nisi victor pace bellum mutavit (Nessuno se non il vincitore trasformò la guerra nella pace).
7 Silvio Fabrizio-Costa e Frank La Brasca, Filippo Beroaldo l’Ancien, Lang, Berna, 2005, p. 46.
8 Roberto Venturelli, La corte farnesiana di Parma (1560-1570): programmazione artistica e identità culturale, Bulzoni, Roma, 1999, p. 100.
9 Orazio, Epistole, I, 17, 36: Non cuivis homini contingit adire Corinthum. (Non tocca a qualsiasi uomo di andare a Corinto). Il senso traslato è che non tutti possono permettersi spese esose, ma il significato originario è tutt’altro che edificante: Corinto era la meta prediletta per chi poteva permettersi le prestazioni di prostitute costosissime, come ci ha tramandato l’orazione Apollodoro contro Neera dello Pseudo-Demostene. La Suida (o Suda, enciclopedia di età bizantina) propone, invece, una interpretazione innocente, con riferimento alla pericolosità del viaggio. Se a quel tempo fossero esistite le relative agenzie,ci sarebbe scappata la querela, con relativo risarcimento del danno morale e materiale …
10 Orazio, Satire, I, 9, 59-60: … nil sine magno/vita labore dedit mortalibus … (…nulla la vita diede ai mortali senza grande fatica …).
11 Virgilio, Georgiche, I, 145-146: … Labor omnia vicit/improbus et duris urgens in rebus egestas. (La dura fatica e il bisogno nelle difficoltà vinsero tutto)
12 Petrarca, Ecloghe, III , verso finale.
13 Orazio, Carmi, I, 3, 36-37: Perrupit Acheronta Herculeus labor/nil mortalibus ardui est.
14 Allude alla dodicesima fatica, cioè alla cattura di Cerbero, il cane a tre teste posto a guardia dell’ingresso degli inferi.
15 Locuzione assente nei classici, di probabile origine umanistica.
16 Passim da un epigramma inserito nell’Appendix Virgiliana: Littera Pythagorae, discrimine secta bicorni,/humanae vitae speciem praeferre videtur./Nam via virtutis dextrum petit ardua callem/difficilemque aditum primis spectantibus offert /sed requiem praebet fessis in vertice summo. Molle ostentat iter via lata, sed ultima meta./ Praecipitat capto, volvitque per ardua saxa. /Quisquis enim duros casus virtutis amore/vicerit, ille sibi laudem decusque parabit./At qui desidiam, luxumque sequetur inertem,/dum fugit oppositos, incauta mente, labores,/turpis inopsque simul miserabile transiget aevum. (La lettera di Pitagora [la Y], separata da una divaricazione bicorne, sembra offrire l’immagine della vita. Infatti la via della virtù cerca una strada agevole e all’inizio offre un difficile percorso a chi la guarda, ma sulla vetta offre la quiete agli stanchi. La via larga ostenta un percorso facile, ma è l’ultima meta. Fa precipitare quelli che cattura e li fa rotolare lungo le rocce scoscese. Infatti chiunque avrà vinto con l’amore della virtù situazioni difficili, si preparerà la lode e il decoro. Ma chi seguirà la pigrizia e l’inerte lusso, mentre con l’incauta mente evita le fatiche che ha di fronte, trascorrerà una miserabile vita, turpe e povero nello stesso tempo ).
17 Virgilio, Eneide, VI, 27: hic labor ille domus et inextricabilis error (qui c’è quella fatica del labirinto e l’inestricabile giro).
18 Recueil des croniques de Flandre, Hayez, Bruxelles, 1837 p. 680.
1 note · View note
divina-volonta · 3 years
Photo
Tumblr media
Vol 35 Luisa Piccarreta Marzo 6, 1938 📢❤️📢 Gesù vorrebbe che tutti conoscessero che significa vivere nel mio Voler Divino e tutta la serie dei prodigi che sa fare e vuol fare nella creatura . “Figlia mia buona, *come vorrei che tutti conoscessero che significa vivere nel mio Voler Divino, che pare che dà dell’incredibile*! Ma sai perché? Perché non conoscono che cosa è la mia Volontà *e tutta la serie dei prodigi che sa fare e vuol fare nella creatura*; quindi, non conoscendola, credono che non sia possibile che può fare nella creatura tutto ciò che dice. Oh, se la conoscessero! È poco quello che fa e quello che dice. È la conoscenza che ci fa mettere in via verso la creatura e ci prepara il posto, forma il vuoto dove deporre i nostri prodigi inauditi; è la conoscenza che forma gli occhi per poter guardare ed apprezzare le nostre meraviglie divine. *Tutto è prodigio per chi vive nella nostra Volontà*. ❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️❤️ ➡️➡️➡️ N.B. PER CHI VUOLE CONOSCERE o fare conoscere ad altri LA DIVINA VOLONTÀ rivelata da Gesù alla mistica che visse di sola Eucarestia Luisa Piccarreta ( padre Pio da Pietrelcina ha profetizzato di lei che che in tutto il mondo in futuro brillerà Luisa come una 🌟 stella), questi il LINK PER POTER ENTRARE NEL GRUPPO 'ANIME NELLA DIVINA VOLONTÀ'❤️, a scelta ( i 2 gruppi son uguali )⤵️: . - 🌟 in TELEGRAM (che consigliamo potendo li vedere anche i post arretrati, e non avendo questa app limite di posti, basta scaricarla per entrare)⤵️: accedendo da questo link: http://t.me/FiatTotusTuus . - 🌟 in FACEBOOK⤵️ https://www.facebook.com/groups/2809619742601483/?ref=share https://www.instagram.com/p/CPvM-QsL279/?utm_medium=tumblr
0 notes
pangeanews · 4 years
Text
“Ora posso finalmente esaudire la mia unica aspirazione, essere dimenticato”: discorso su Papa Giovanni Paolo III (ovvero, John Brannox) e la debolezza al potere
A guidarmi, in quest’analisi, sarà il personaggio d’una serie tv incredibilmente significativa per la nostra contemporaneità, The New Pope di Paolo Sorrentino: si tratta di Sir John Brannox, o Papa Giovanni Paolo III, esemplare d’un’umanità che è pure finissima porcellana. Ciò in un Occidente che spinge sé stesso alla fortezza, al dogmatismo spicciolo, anziché la riflessione sulla debolezza. Che cos’è la debolezza? È forse l’uomo insipido, l’inetto, che (non sapendosi decidere) viene rincorso dai calabroni infernali? È forse colui che non si pone salvezze? Qui vediamo il primo errore degl’accusanti: l’uomo debole non si pone salvezze ultraterrene, ma terrene sì – ciò è alla base di quella trascendenza immanente che è la volontà di potenza nietzschiana stessa (ovvero il concetto filosofico che il contemporaneo maggiormente assume, e nell’assunzione collettiva non avviene l’emancipazione dell’individuo: venendo a mancare di debolezza [la collettività è sempre forte, violando il disordine del singolo]). L’uomo debole è colui che si scopre capace d’una sintesi autonoma rispetto alla favola che abitava il mondo (sempre stando in Nietzsche) e che legge, dunque, il mondo stesso quale favola: quale cosa debole. La debolezza è dunque la nostra stessa capacità ermeneutica (di comprendere che ogni cosa sia interpretazione; e che pure i dogmatici interpretano il mondo [pur ritenendo di sapere il vero]), è ridurre la totalità delle cose che sono a narrazione consolidata dalla storia (ovvero il susseguirsi dell’uomo entro una determinata struttura).
Dunque perché affibbio questo termine a un Papa, dovendo essere questo la guida d’una parte dei dogmatici del mondo? Ma Bergoglio, che nella serie di Sorrentino dovrebbe pure essere un candido passato, non è forse questo prototipo di uomo (la simpatia che Gianni Vattimo gli porta lo battezza, lo renderebbe «L’ultimo dei postmoderni»)? Egli non ci ispira certamente la fortezza di fede ratzingeriana… egli ci presenta la sconsolatezza e la debolezza dell’uomo al potere: è un uomo che non sa (apparentemente) d’un’alterità oltre all’immanenza, è un uomo che vuole lavorare diplomaticamente coi popoli che esistono (di tutta la terra), pur rischiando di gettare irreversibilmente nella minoranza il proprio. Con ciò non intendo sostenere che la Chiesa bergogliana abbia lasciato perdere l’aspetto trascendente della fede (che si manifestò sempre nella ritualità stessa della rievocazione evangelica, basti vedere quella ortodossa che non mutò mai [se non in severità]), sostengo altresì che la detta esperienza viene (da questa attuale Chiesta) demandata alla mera interiorità del fedele (anziché essere patita pure nell’esteriorità, nell’umanità visibile), esattamente come nella dottrina protestante. Ciò, parrebbe, per liberare il fedele delle imposizioni che gli risultavano incomprensibili, e che (effettivamente) non dovevano neppure essergli chiare: giacché il rito è per Dio, non per l’uomo (l’uomo ne dovrebbe essere meramente testimone!). Quella di Brannox (nella serie tv) pare, altresì, una via mediana tra l’imponente trascendentismo del suo indiretto predecessore (vivo e in stato comatoso) Pio XIII, vero (e neo) principe di Dio, e il suo direttissimo predecessore Francesco II (non a caso), che riduce la propria Chiesa a un’ONG gestita da frati cappuccini (giovani, e ancora richiamati dalle forme femminili). Tra la santità terrena (inarrivabile, pure col pensiero) e l’immanenza anticristiana (ma iper-umanitarista), l’avvento di Papa Brannox ci dimostra che Dio non dev’essere reso per forza un essere immanente per arrivare al Suo fruitore (il Suo pubblico), né deve prepotentemente tornare a essere un incontestabile essere trascendente… Semmai, se può essere creduto (nella possibilità, o nel “dovere”), deve essere un essere indicibile: qualcosa di talmente misterioso da essere accolto in questa sola forma, e proprio per ciò assunto – giacché l’uomo che non preserva in sé stesso un accento di mistero (nella, e della, immensità del tutto) è immancabilmente povero.
Ecco, dunque, l’aspirazione di quella Via media (opera teoretica dello stesso Brannox, dal titolo archetipico) spesso accennata nella serie di Sorrentino. Ed eppure questa medianità risulta debolezza, immobilità umana! Di fatto, di fronte al terrorismo perpetrato dai fanatici cattolici (suscitato dall’oscuramento delle condizioni di salute di Pio XIII, che idolatrano), Brannox si rifiuta d’agire, d’essere motore d’un qualsiasi sommovimento storico. Qui, credo, v’è un fraintendimento in Sorrentino del termine che stiamo esaminando: sembrerebbe irreversibile l’indissolubilità della debolezza umana da quella ermeneutica, ed effettivamente dove v’è una teoresi debole c’è sempre un carattere individuale remissivo (ma combattivo contro ogni sopraffazione forte). Ed eppure questo carattere, pur nella sua spinta animosa (in giovinezza) decade nella morte in vita (in vecchiezza). È dunque vero? La debolezza è debolezza (pure se i deboli sono gli uomini migliori, i più savi)? Ebbene, la debolezza è debole: ammettiamolo, e forniamo un altro oggetto da analizzare.
Se Papa Brannox è incapace di rafforzarsi per rafforzare, la sua missione dovrà riguardare la mera emancipazione dei deboli del mondo (in quest’accezione, chi godette d’una vita sofferente; quei tristi che non hanno ancora imparato a morire, per mantenere elevato il loro morale: e per ciò scomunicati socialmente). Notabile è il suo penultimo Angelus, nel quale ammette: «Io sono uno di voi»; ecco la sdivinizzazione ultima del Pontefice, ecco la debolezza (l’avvento della favola). Se la vita, e le sue conseguenze, fossero solamente corrispondenza coi simboli noi tutti saremmo beati, altresì ogni cosa è politica (e, per conseguenza, economia). Immaginiamo dunque un benefattore globale che stia investendo i propri ultimi anni terrestri, e una buona parte del suo patrimonio, in favore d’un indebolimento delle strutture umane dell’Occidente. Diremmo che quest’uomo è buono, giacché il suo scopo risulta positivo: emanciparci dalla fortezza. Ma venendo a sapere che questa sua missione è perpetrata subdolamente, mediante una lenta corrosione d’ogni certezza e al plagio d’ogni mente mediante la creazione di condizioni di pietà (impossibili da condannare), diremmo ancora che questo benefattore è buono? Se il concetto di Società aperta equivale all’apertura degli orizzonti mentali, perché mai dovrebbe tradursi (nell’azione di questo benefattore) pure in un mondo senza frontiere? Sarà davvero un mondo evoluto e in pace? Un mondo debole si crea così? Parrebbe, giacché l’alternativa sarebbe non crearne affatto; e ciò sarebbe un male? Il mondo non si fece sempre disordinatamente e autonomamente? È compito dell’uomo ordinare il tutto?
Ecco, che qualcuno ritenga di dover agire sul tutto è una violenza: pure se l’intento condurrebbe alla debolezza del tutto. Questo agire non sarebbe un agire debole, quest’ultimo non dovrebbe essere mosso da alcuna passione, né da interessi di sorta. Una debolezza che voglia imprimersi sul tutto dimostra d’essere un’ideologia, ciò mentre la debolezza nasce per galleggiare (muovendosi nella gettatezza della propria storia, del proprio tempo). Abbiamo dunque due esempi di debolezza, ora. Chi vincerà? Nessuno, si direbbe; soprattutto perché l’Occidente è in rivolta: esso condanna la debolezza (imposta o no, ma punisce soprattutto quella che non pretende d’essere: l’altra gli risulta troppo potente per essere contestata). Ed ecco, in questa ribellione il nostro benefattore pare inasprire le sue armi di sopraffazione di massa pur di non affondare nell’inesistenza (non lasciando, dunque, vanificare la sua opera sociale). Questa non è debolezza: l’uomo realmente debole sarà sempre disposto ad accettare l’estinzione (pure quella imposta, ma ogni estinzione è imposta [come la vita stessa!]), opponendosi il nostro benefattore perde smalto e socievolezza – contrariamente, Brannox, (scoprendosi inadatto a guidare la Chiesa) si ritira a vita privata, sostenendo: «Ora posso finalmente esaudire la mia unica aspirazione, essere dimenticato». Questa è la vera debolezza: capace di tentare, perdere, scusarsi e morire; ogni altra forma è una fortezza insidiosa e mascherata.
Paolo Pera
*In copertina: una fotografia di Gianni Fiorito sul set di “The New Pope”; Sharon Stone è con John Malkovich
L'articolo “Ora posso finalmente esaudire la mia unica aspirazione, essere dimenticato”: discorso su Papa Giovanni Paolo III (ovvero, John Brannox) e la debolezza al potere proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/3gqehCG
0 notes
italianaradio · 5 years
Text
Ciak d’Oro 2019: assegnati i premi al cinema italiano
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/ciak-doro-2019-assegnati-i-premi-al-cinema-italiano/
Ciak d’Oro 2019: assegnati i premi al cinema italiano
Ciak d’Oro 2019: assegnati i premi al cinema italiano
Ciak d’Oro 2019: assegnati i premi al cinema italiano
È Paola Cortellesi, per la capacità di parlare al grande pubblico all’insegna della qualità, di utilizzare l’ironia pop per sottolineare i tic del nostro tempo, e per il coraggio di rimettersi in gioco tra grande e piccolo schermo, la vincitrice del SuperCiak d’Oro come protagonista del 2019.
I premi all’eccellenza del cinema italiano assegnati annualmente da Ciak, la rivista italiana del cinema, vengono assegnati stasera, per il terzo anno consecutivo, nel complesso monumentale della Link Campus University, ricco di storia, arte e cultura, ex residenza estiva di Papa Pio V e che oggi ospita un’università che fa dell’innovazione e della creatività i suoi tratti distintivi. A condurre la serata il giornalista Alessio Viola. Sarà anche l’occasione per presentare il nuovo direttore di Ciak, Flavio Natalia.
“Dogman” di Matteo Garrone conquista la giuria del pubblico e dei critici aggiudicandosi ben 6 Ciak d’Oro: Miglior Film, Miglior Attore non protagonista a Edoardo Pesce, Migliore sceneggiatura a Matteo Garrone, Massimo Gaudioso, Ugo Chiti; Miglior Montaggio a Marco Spoletini e Miglior Scenografia a Dimitri Capuani. La redazione di Ciak ha assegnato inoltre a Marcello Fonte il Ciak d’Oro come Personaggio più Sorprendente dell’anno per la sua interpretazione.
Il Ciak d’Oro per la Miglior Regia va a Mario Martone per “Capri-Revolution” e il Ciak d’Oro per la Migliore Attrice alla intensissima Marianna Fontana.
Riceve il Ciak d’Oro come Miglior Attore Alessandro Borghi, protagonista del film “Sulla mia Pelle”, diretto da Alessio Cremonini. Al regista va il Ciak d’Oro per l’Opera Prima. Il Ciak d’Oro al Miglior Produttore va a Luigi e Oliva Musini di Cinemaundici e Andrea Occhipinti di Lucky Red per “Sulla mia Pelle”. Il Ciak d’Oro come Miglior Attrice non protagonista va a Marina Confalone per “Il Vizio della speranza”. Due Ciak d’Oro vanno a Enzo Avitabile che si aggiudica, sempre per “Il Vizio della speranza”, la Miglior Colonna Sonora e la Miglior Canzone originale, con “A Speranza”.
Tre Ciak d’Oro vanno anche a “La Paranza dei bambini”: a Daniele Ciprì per la Miglior Fotografia, a Emanuele Cicconi, Maximiliano Angelieri ed Enrico Medri per il Miglior Suono in presa diretta e al giovane Francesco Di Napoli quello come Rivelazione dell’anno assegnato dalla redazione.
Il Ciak d’Oro Bello & Invisibile, destinato alle pellicole meritevoli di attenzione ma trascurate al botteghino, votato dalla giuria dei 100 critici e giornalisti, va a Costanza Quatriglio per “Sembra mio figlio”.
Torna per il settimo anno Ciak Alice Giovani, il Ciak d’Oro speciale nato dalla collaborazione tra il mensile Ciak e Alice nella Città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma, che premia i film che si rivolgono ai ragazzi e raccontano il loro mondo. Quest’anno è assegnato a “Manuel” di Dario Albertini. A “Suspiria” il Ciak d’Oro per i Costumi a Giulia Piersanti e quello per il Miglior Manifesto. 
IL MECCANISMO DEI PREMI I tre premi votati direttamente dal pubblico sono quelli al Miglior Film, Miglior Regista e Migliori Attori Protagonisti, senza vincoli di nomination, tra tutti i titoli italiani usciti in sala dal 1° maggio 2018 al 30 aprile 2019. I premi agli attori non protagonisti e alle categorie tecniche sono stati votati da una giuria di 100 giornalisti e critici di cinema, a partire dalle cinquine proposte dai giornalisti di Ciak.
I CIAK D’ORO DELLA REDAZIONE DI CIAK Assegnati anche i Ciak d’Oro della redazione del mensile del cinema italiano: il Ciak d’Oro Classic alla carriera va a Nanni Moretti, che con il film documentario “Santiago, Italia” ha saputo illuminare una vicenda poco conosciuta della storia recente, civile e politica, del nostro Paese, tornando a frequentare il genere documentario 18 anni dopo “La cosa”. Il Ciak d’Oro Colpo di Fulmine va a Valeria Golino per la regia di “Euforia”, in cui ha saputo mostrare il tramonto di ogni stereotipo sulla differenza di genere, raccontando magistralmente il rapporto, i sogni, le speranze infrante di due uomini, fratelli diversissimi e profondamente legati.
I Ciak d’Oro Rivelazione dell’Anno, per la categoria maschile e per quella femminile, vanno rispettivamente a Francesco di Napoli per “La Paranza dei Bambini” e ad Alice Pagani per “Loro” e “Baby”.
Il Ciak d’Oro Speciale Serial Movie, che premia la miglior serie tv dell’anno, e che allarga lo sguardo alla serialità d’autore, va a Saverio Costanzo per “L’Amica Geniale”, adattamento televisivo dell’omonima serie letteraria di Elena Ferrante, premiato sia dal pubblico, sia dalla critica, sia dal mercato internazionale.
Il Ciak d’Oro Coppia dell’Anno sullo schermo va a Fabio De Luigi e Valentina Lodovini per “10 giorni senza mamma”. Il Ciak d’Oro speciale per la Migliore Performance italiana della stagione Natalizia va a “Amici come prima”, di Medusa film diretto da Christian De Sica, mentre quello per la Miglior Performance italiana di sempre nella stagione Pasquale va a “Ma cosa ci dice il cervello”, di Vision Distribution, diretto da Riccardo Milani.  Un Ciak d’Oro Speciale è riservato a Domenico Procacci per i 30 anni di attività di Fandango, che hanno contribuito a rendere migliore il cinema italiano.
Per il primo anno un Ciak d’Oro viene assegnato per un film straniero. Va a 20th Century Fox Italia per Bohemian Rhapsodhy”, premiata per il Miglior Lancio Italiano di un blockbuster internazionale.
I Ciak d’Oro 2019 sono realizzati con la partecipazione di Acqua Minerale San Benedetto, Ancorotti Cosmetics, Damilano Barolo, Fabbroni, K-way, Pasta Rummo, Rue des Mille, azienda orafa di gioielli prêt-à-porte, Unopiù, con il supporto come sponsor tecnico di Glitter Make up by Kost. Per brindare ai vincitori, l’iconico champagne Moët & Chandon Impérial en magnum, che festeggia il 150esimo anniversario dalla sua creazione.
PREMI CIAK D’ORO
Questi i Ciak d’Oro 2019 secondo i lettori di Ciak e la giuria di critici e giornalisti cinematografici. I lettori hanno votato per Miglior film, Miglior regia, Miglior attore e attrice protagonista. Le altre categorie sono state votate dalla giuria professionale. Assegnati anche i premi speciali della redazione.
CIAK D’ORO MIGLIOR FILM DOGMAN – Matteo Garrone
CIAK D’ORO MIGLIOR REGIA MARIO MARTONE – Capri-Revolution
CIAK D’ORO MIGLIORE ATTORE PROTAGONISTA ALESSANDRO BORGHI – Sulla mia Pelle
CIAK D’ORO MIGLIORE ATTRICE PROTAGONISTA MARIANNA FONTANA – Capri-Revolution
CIAK D’ORO MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA EDOARDO PESCE – Dogman
CIAK D’ORO MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA MARINA CONFALONE – Il Vizio della Speranza
CIAK D’ORO PREMIO MIGLIORE OPERA PRIMA SULLA MIA PELLE – Alessio Cremonini
CIAK D’ORO MIGLIORE SCENEGGIATURA MATTEO GARRONE – MASSIMO GAUDIOSO – UGO CHITI – Dogman
CIAK D’ORO MIGLIORE FOTOGRAFIA DANIELE CIPRI’ – La Paranza dei Bambini
CIAK D’ORO MIGLIOR MONTAGGIO MARCO SPOLETINI – Dogman
CIAK D’ORO MIGLIORE SCENOGRAFIA DIMITRI CAPUANI – Dogman
CIAK D’ORO MIGLIORI COSTUMI GIULIA PIERSANTI – Suspiria
CIAK D’ORO MIGLIOR SONORO IN PRESA DIRETTA EMANUELE CICCONI – MAXIMILIANO ANGELIERI – ENRICO MEDRI- La Paranza dei Bambini
CIAK D’ORO MIGLIORE COLONNA SONORA ENZO AVITABILE – Il Vizio della Speranza
CIAK D’ORO MIGLIORE CANZONE ORIGINALE ENZO AVITABILE – A Speranza
CIAK D’ORO MIGLIOR PRODUTTORE LUIGI E OLIVIA MUSINI (Cinemaundici) – ANDREA OCCHIPINTI (Lucky Red) – Sulla mia Pelle
CIAK D’ORO MIGLIOR MANIFESTO SUSPIRIA
CIAK D’ORO BELLO&INVISIBILE Sembra mio figlio – COSTANZA QUATRIGLIO
CIAK ALICE GIOVANI Manuel – DARIO ALBERTINI
PREMI SPECIALI SUPERCIAK D’ORO 2019 PAOLA CORTELLESI
CIAK D’ORO COLPO DI FULMINE VALERIA GOLINO – Euforia
CIAK D’ORO CLASSIC NANNI MORETTI
CIAK D’ORO RIVELAZIONE MASCHILE DELL’ANNO FRANCESCO DI NAPOLI – La Paranza dei Bambini
CIAK D’ORO RIVELAZIONE FEMMINILE DELL’ANNO ALICE PAGANI – Loro e Baby
CIAK D’ORO SPECIALE SERIAL MOVIE SAVERIO COSTANZO – L’Amica Geniale
CIAK D’ORO MIGLIOR PERFORMANCE ITALIANA DI SEMPRE NELLA STAGIONE PASQUALE MA COSA CI DICE IL CERVELLO
CIAK D’ORO MIGLIOR PERFORMANCE ITALIANA DELLA STAGIONE NATALIZIA AMICI COME PRIMA
CIAK D’ORO COPPIA DELL’ANNO SULLO SCHERMO FABIO DE LUIGI E VALENTINA LODOVINI – 10 giorni senza Mamma
CIAK D’ORO PERSONAGGIO PIU’ SORPRENDENTE DELL’ANNO MARCELLO FONTE
CIAK D’ORO MIGLIOR LANCIO ITALIANO DI UN BLOCKBUSTER INTERNAZIONALE BOHEMIAN RHAPSODY
CIAK D’ORO SPECIALE “LA STORIA DEL CINEMA”  DOMENICO PROCACCI PER I 30 ANNI DI FANDANGO
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Ciak d’Oro 2019: assegnati i premi al cinema italiano
È Paola Cortellesi, per la capacità di parlare al grande pubblico all’insegna della qualità, di utilizzare l’ironia pop per sottolineare i tic del nostro tempo, e per il coraggio di rimettersi in gioco tra grande e piccolo schermo, la vincitrice del SuperCiak d’Oro come protagonista del 2019. I premi all’eccellenza del cinema italiano assegnati annualmente […]
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Chiara Guida
0 notes
colospaola · 6 years
Text
Gli scout, una delle associazioni per ragazzi più amate in tutto il mondo, hanno una storia che parte da molto lontano, per la precisione dalla figura di Robert Baden-Powell, colonnello dell’Impero Britannico che, nel 1899, durante l’assedio della città di Mafeking in Sud Africa, trovandosi circondato dai Boeri, con un gruppo di ragazzi riuscì a resistere al nemico per 217 giorni.
Al ritorno in patria, dove venne promosso maggior generale, Baden-Powell scrisse Aids to Scouting, che in pochi anni divenne un bestseller tra gli educatori, portando l’ex soldato a concepire l’idea di un gruppo di ragazzi che, grazie a una serie d’iniziative, formassero tra di loro un legame duraturo di amicizia e fiducia.
Fu cosi che, nel 1907, il maggiore, con 20 ragazzi di ceti sociali differenti, partì per Brownsea, un’isoletta del sud dell’Inghilterra all’interno di un’insenatura del mare nell’entroterra, dove si tenne il primo campo scout, con i ragazzi divisi in pattuglie, forgiando tra di loro dei legami che confermarono in pieno l’idea dell’eroe di Mafeking.
Era nato così lo scautismo, di cui Baden-Powell sarebbe stato il comandante supremo fino alla morte, avvenuta in Kenia nel 1941, con le sue regole ispirate al Libro della Giungla di Kipling e la divisione in Lupetti, Esploratori e Capi, ben illustrate in saggi come il classico Scautismo per Ragazzi, Manuale dei Lupetti e Il libro dei Capi.
In Italia lo scautismo arrivò nel 1926, con la fondazione dell’Associazione Scout Cattolici Italiani, preceduta solo pochi anni prima dal Cngei, l’associazione aconfessionale.
Ma il 24 gennaio 1927 Papa Pio XI dovette sciogliere l’Associazione Scautistica Cattolica Italiana, poi il 9 aprile 1928 tutto lo scautismo fu soppresso dal Consiglio dei ministri.
I gruppi scout Milano II e Milano VI dovettero deporre le loro insegne, ma una parte di loro si rifiutò di cessare ogni attività e, con messaggi in codice, i ragazzi continuarono a ritrovarsi, tenendo anche i campi scout estivi, in Val Codera, in provincia di Sondrio, e svolgendo alcune attività scout.
Erano nate le Aquile Randagie.
Li guidarono Andrea Ghetti, del gruppo Milano 11, detto Baden, e Giulio Cesare Uccellini, capo del Milano 2, che divenne Kelly durante la resistenza ed ebbe il soprannome di Bad Boy, affibbiatogli da J.S. Wilson, all’epoca direttore del Bureau Mondiale dello Scautismo.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, le Aquile Randagie diedero vita all’Organizzazione Scout Collocamento Assistenza Ricercati per il salvataggio di perseguitati e ricercati di diversa nazione, razza, religione, con fughe in Svizzera, come quelle di Indro Montanelli, per poi, dopo la fine del conflitto, aiutare i fascisti pentiti.
Alla fine della seconda guerra mondiale, nel 1945, un grande raduno dei capi scout a Roma sancì il ritorno dello scautismo in Italia, dove ancora oggi continua ad avere grandi consensi.
Traendo spunto dalla storia delle Aquile Randagie, lo scrittore per ragazzi Tommaso Percivale ha scritto il romanzo Ribelli in fuga, edito da Einaudi Ragazzi.
La storia, ambientata a Pruneto, un paesino alle pendici dell’Appennino, inizia nel 1928, quando il fascismo scioglie le associazioni scout e chiede ai ragazzi di diventare balilla.
Ma cinque ragazzi non ci stanno e, con il supporto di alcuni abitanti del paese, si danno alla macchia, alla ricerca di un covo segreto, lassù tra le montagne.
Dopo aver trovato un rifugio, i ragazzi vengono braccati dai loro vecchi compagni, che si sono convertiti alla causa della camicia nera, ma l’epilogo sarà davvero inaspettato.
Come definirebbe Tommaso Percivale?
Definire se stessi è come cercare di colpire un bersaglio appeso alla propria schiena tirando con l’arco. Preferisco essere conosciuto attraverso i miei romanzi, ciascuno dei quali è un pezzo di me. Gli ideali cui sono ispirati, per esempio la libertà, la parità tra i sessi, la giustizia, appartengono alla mia visione di mondo ideale, e per questo cerco di diffonderli.
BP diceva di voler lasciare il mondo un posto un po’ più bello di come l’aveva trovato. Questa massima mi ha colpito così tanto che me ne sono impadronito, e cerco di fare del mio meglio attraverso la scrittura.
Perché un romanzo per gli scout e in particolare sulle Aquile Randagie?
Perché è una storia bellissima che parla ai cuori di tutti. Una storia di quasi cento anni fa, eppure attuale come poche. Meritava di essere raccontata, e non perché parla di scout ma perché parla di ragazzi, ragazzi come tanti, che un giorno si sono trovati a fare una scelta e l’hanno fatta, sacrificando tutto e pagandone le conseguenze in nome della libertà. La libertà, questa parola così importante che racchiude il senso della nostra vita e delle nostre azioni.
Però non volevo scrivere una biografia. Volevo scrivere un romanzo. E dunque, per rispetto nei confronti di chi quei giorni li ha vissuti di persona, ho preferito inventarmi luogo e personaggi. Ho preferito la libertà di raccontare quelle esperienze nel mondo e nel modo che ritenevo migliori. Non per questo le sensazioni sono meno vere.
E quando don Giovanni Barbareschi, Aquila Randagia leggendaria, mi ha chiamato per dirmi che aveva letto il libro e si era profondamente commosso, ho capito di avere fatto la scelta giusta. “Non hai parlato di noi, ma hai parlato di noi”, ha detto. È stato un momento importante per me.
A parte i testi sullo scoutismo in Italia, sulle Aquile Randagie si sa davvero molto poco….
Purtroppo è così. Il mito delle Aquile è poco conosciuto, e soprattutto poco raccontato, anche nell’ambiente scout. Gli straordinari ricercatori dell’Ente educativo Mons. Ghetti-Baden sono forse i più impegnati a diffondere la loro storia. Se avete la possibilità di ascoltare per una sera Emanuele Locatelli, non perdete l’occasione.
In Ribelli in fuga c’è una netta opposizione tra i fascisti, che cercano di unire tutti i ragazzi sotto la camicia nera, e i cinque protagonisti, che si oppongono con tutte le loro forze a una situazione disperata…
C’è una disperata lotta per difendere la propria ideologia. Il grandissimo Giovanni Barbareschi scrive: Il fascismo è una mentalità nella quale la verità non è amata e servita perché verità, ma è falsata, ridotta, tradita, resa strumento per i propri fini personali o del proprio gruppo o del proprio partito.
Un vero scout potrebbe accettare questa mentalità?
Perché ha scelto di usare un’ambientazione così suggestiva, come i monti dell’Appennino in pieno inverno?
Il contatto con la natura è essenziale per comprendere il mondo che ci circonda. È dentro di noi perché noi ne siamo figli. L’essere umano che tende la mano verso la natura ha l’occasione di crescere e conoscersi nel suo intimo più segreto.
Come si è documentato per scrivere Ribelli in fuga?
Per quanto riguarda il mondo scout, devo ringraziare il fantastico Capo Emanuele Vignolo, del reparto di Ovada. Mi ha messo sulla strada giusta e poi ha lasciato che facessi le mie ricerche. Da bravo topo di biblioteca ho letto e studiato tantissimo, soprattutto i testi di BP. E naturalmente ho passato mesi a studiare il momento storico, un periodo, quello a cavallo tra le due guerre, di cui esiste pochissima letteratura. È stato un lungo viaggio di ricerca storica e sociologica, un’immersione molto intensa.
Dalle Aquile Randagie a Nelson Mandela, passando per Alfonsina Strada, spesso nei suoi romanzi i protagonisti sono adolescenti in lotta contro un mondo che non li capisce…
Sono tutti personaggi cui vengono imposti limiti arbitrari, limiti e divieti che avvantaggiano qualcun altro a scapito della loro libertà, e che non possono accettare quei limiti perché ingiusti.
Loro hanno combattuto le loro battaglie e il mio modesto contributo è quello di ricordarle. Spero, però, di poter ispirare qualche nuovo Signor No.
O, meglio ancora, rendere più visibili le sbarre della gabbia che ci imprigiona tutti. Per essere davvero liberi è infatti necessario, prima, capire che non lo siamo.
Crede che i valori dello scoutismo, in un mondo come quello di oggi, così ricco di tecnologia, siano ancora attuali?
Certamente! Sono valori immortali.
La tecnologia non è altro che uno strumento, come un coltello o un bordone. Sta a noi scegliere il modo migliore per usarla.
Tra Milano, la Valtellina e Pavia si sta girando un film sulle Aquile Randagie? Cosa ne pensa?
Che è una magnifica iniziativa e che non vedo l’ora di potermelo gustare al cinema.
I diritti di Ribelli in Fuga sono stati opzionati da un’altra casa di produzione per cui è possibile che, tra poco, si cominci a parlare un po’ di più delle Aquile Randagie.
Che ruolo avrebbe come scout? Lupetto, Esploratore o Capo?
Data la mia età, penso che l’unica possibilità sia quella del Capo, ma non penso che ne sarei all’altezza.
Ho conosciuto la vita lontano dallo scoutismo, anche se il lavoro che ho fatto per il romanzo mi è entrato sottopelle. Mi impegno a camminare sul sentiero dei valori tracciati da BP, ma nel limite della mia individualità.
Essere scout ieri e oggi: domande a Tommaso Percivale Gli scout, una delle associazioni per ragazzi più amate in tutto il mondo, hanno una storia che parte da molto lontano, per la precisione dalla figura di…
0 notes
giancarlonicoli · 6 years
Link
Alcune battute fanno proprio ridere.
29 ago 2018 13:47 1. INTERVISTONA DI DOTTO A MOGGI: "AGNELLI E ALLEGRI MI ASCOLTANO, MA NON AVREI PRESO IL 33ENNE CR7 A QUELLE CIFRE. NON L'AVREI MAI SBANDIERATO PRIMA DI VENDERE HIGUAIN – BONUCCI? DAR VIA CALDARA E’ STATA UNA CAZZATA" - LA GUFATA:"SCUDETTO ALL'INTER" 2. E POI ANCELOTTI (“A TORINO LO CHIAMAVANO MAIALE”), LOTITO (“ERA ROMANISTA MA E’ IL PIU’ BRAVO DI TUTTI”), GALLIANI E CARRARO “ANIME NERE”, PAPARESTA CHIUSO NELLO SPOGLIATOIO (“UNA BUFALA”) – ECCO PERCHE' NON CI SARA' UN'ALTRA CALCIOPOLI - E SU RONALDO…
Giancarlo Dotto per il Corriere dello Sport
Questa mi mancava. Belzebù che gioca a burraco nel giardino di casa, a Monticiano, in un tardo pomeriggio assolato, con la moglie, la sorella e il cognato. Sarò amorale e in parte mi disapprovo, ma a me Lucky Luciano Moggi piace. Non lo abbraccio solo perché sa di sigaro. Non entro nel merito della sua anima, se bianca, nera o macchiata che non va via nemmeno con il carbonato di sodio. Altri lo hanno fatto, avendo o no il titolo per farlo. Moggi lo conosco da quando era il boss della Juve. Lui fa finta di protestare, ma neanche tanto, quando lo chiamano “boss”. Io non ci faccio caso.
I boss veri, quelli che comandano con un’impercettibile declinazione dello sguardo, si percepiscono come uomini virtuosi. Da Al Capone in giù. Luciano mi piace perché è un boss da manuale, cinematografico, e anche un italiano vero. Ha il culto della famiglia, il capello tinto, gioca a carte, gli piace sedere a capotavola, fuma il sigaro in faccia alla gente e ha la statua di Padre Pio in giardino. E quando ha finito di mangiare ha la patacca di sugo al centro della camicia come un colpo al cuore. Lui è un onestissimo prototipo e di questo gli sono riconoscente, nel senso che si fa riconoscere.
Colossale granchio pensarlo in braghe e ozi da pensionato. Lucianone è più vivo che mai. Lo hanno radiato ma non sdraiato. Il suo sguardo è sempre quello di un boss. Sembra fissare il vuoto, ma solo perché devi essere tu a meritarti il diritto di essere accolto nel suo raggio. Adesso ha imparato a giocare anche a burraco e naturalmente odia perdere. Infatti, vince.
Trent’anni più o meno che ci conosciamo.
“Non lo dire, che poi fanno i conti”.
Presto fatti. 81 anni appena compiuti e stai una bellezza.
“Cerco di tenermi in forma. Tapis roulant, cyclette, vogatore. Sai com’è, qui non bisogna mollare”.
 il debutto di cristiano ronaldo con la maglia juventus a villar perosa  
E tu non molli.
“Non me lo posso permettere. Se non lavoro, non mangio”.
Nel frattempo, sei diventato giornalista. Devo chiamarti collega?
“Il calcio resta la mia vita, anche se quello di oggi mi fa schifo. Anche volendo, non potrei starne fuori. Continuano a telefonarmi. Mi chiedono consigli. Dessi retta a tutti, oggi avrei più lavoro di prima”.
Chi ti chiama?
“Gli amici. Ne ho tanti ancora nel calcio. Ma resto vicino alla mia Juve. Con Andrea Agnelli mi sento spesso. E’ un ragazzo sveglio. E’ stato con noi 12 anni e ha imparato tutto. Lui lo sa bene che gli scudetti sono 35, tutti conquistati sul campo. Nessuno ha mai aiutato la Juve a vincere”.
Cristiano Ronaldo. L’hai suggerito tu?
“No, lì è roba Fiat. E comunque io Cristiano Ronaldo l’avevo comprato. Aveva 18 anni e giocava nello Sporting di Lisbona. Lo vidi e la mattina dopo firmai il contratto. Cinque miliardi più il nostro Salas, al quale avrei anche regalato un miliardo di buonuscita. Ma poi Salas preferì il River Plate e su Ronaldo arrivò il Manchester United. All’epoca era crisi nera alla Juve. Non avevamo una lira”.
L’avresti preso oggi?
“Come marketing, un’operazione straordinaria. Ma io non avrei mai preso un giocatore di 33 anni a quelle cifre e certo non l’avrei mai sbandierato prima di vendere Higuain, uno che comunque ti fa 20 gol a campionato”.
Metodo Moggi?
“Prima avrei venduto Higuain per 50 milioni e solo dopo avrei annunciato Ronaldo. Vuoi sapere la storia vera di Zidane al Real?”.
Lo voglio.
“Viene da me il mio amico Florentino Perez e mi fa. “Punto a diventare presidente del Real, se dico che compro Zidane posso riuscirci”. Gli dico: “Ti autorizzo a sbandierare questa cosa, ma poi non so se te lo do davvero”.
Gliel’hai dato.
“Quando capisco che Perez poteva essere eletto davvero, vado in gran segreto da Cragnotti e compro Nedved, a Parma prendo Buffon e Thuram. Nessuno sapeva niente di Zidane. Avessero saputo, quei tre li avrei pagati molto di più. E poi ho incassato i 150 miliardi di Zidane, di cui 145 di plusvalenza”.
Buffon l’hai comprato mica a poco, 100 miliardi.
“Buffon l’ho pagato 50 miliardi più Bachini, che abbiamo valutato 45 miliardi. Dimmi te se non è stato un grande affare, pensando poi al dopo di Buffon e a quello di Bachini”.
Zidane, roba tua?
“Andammo a vedere Bordeaux-Milan. Da solo, quella sera, ci fece un mazzo tanto. C’erano anche quelli del Milan allo stadio. Io presi Zidane per 5 miliardi, loro presero Dugarry per 18. Non dico altro”.
Cristiano Ronaldo alla Juve sarà quello del Real?
“Difficile. Da noi marcano duro. Uno ti mena e l’altro ti toglie la palla. Quando consigliai Higuain alla Juve dissi: lo spersonalizziamo e lo adattiamo alla squadra. Adesso, invece, dobbiamo spersonalizzare la squadra per adattarla a Cristiano Ronaldo...”.
Il marchio Ronaldo offusca il marchio Juve. Non si dice più vado a giocare contro la Juve, ma contro Cristiano Ronaldo.
“Sono d’accordo. Florentino Perez mi disse di Cristiano Ronaldo che lui non giocava nel Real Madrid ma nel Real Ronaldo. Dalla Spagna mi hanno fatto notare che se segna un compagno lui non va mai a esultare. Se segna lui, sceneggiate grandiose”.
Euforia incontenibile nell’ambiente.
“Pericolosa come tutti gli eccessi. Ho consigliato ad Allegri di stemperare. Lui mi ascolta”.
Bonucci l’avresti ripreso?
“No. Dare Caldara al Milan in cambio è stata una cazzata. Ma hanno dovuto farlo per evitare una pesante minusvalenza su Higuain”.
Lo scudetto.
“Lo vince l’Inter alla grande. Conosco poco Spalletti, mi sembra un prete quando parla, ma hanno fatto una gran squadra. Hanno preso un centrale difensivo forte, uno in mezzo al campo che tira la linea, Nainggolan, e un campionissimo là davanti, quel Martinez”.
Le altre?
La Roma ha venduto certezze e comprato speranze. Il problema lì è che si fabbricano eroi in dieci minuti, vedi Kluivert. Il Napoli è da primi posti, ma non vedo come possa vincere”.
Ancelotti in panchina non basta?
“Grande allenatore, non si discute, oltre che un ragazzo eccezionale, ma non può bastare”.
Grande allenatore, ma tu l’hai fatto fuori alla Juve.
“Non aveva l’esperienza giusta e comunque fece due buoni campionati con noi. Ci hanno sfilato due scudetti, il primo anno con Collina e il diluvio di Perugia, il secondo quando fu permesso alla Roma di schierare Nakata contro di noi a Torino, poi decisivo”.
Resta il fatto che hai preso Lippi al suo posto.
“E’ stata la sua fortuna. La svolta della sua vita. Stava andando a firmare a Parma con una squadra turca. Mi telefonò Berlusconi e mi chiese referenze. Ne parlai benissimo. Mi disse: “Chiamalo e mandalo da me”. Dal Milan in poi Carlo ha allenato solo grandi club”.
Quando i tifosi lo chiamavano “maiale”, voi società non l’avete difeso.
“Parlai con i tifosi e gli dissi: “Ancelotti è un maiale? Allora sappiate che per la prima volta un maiale andrà in panchina, perché Ancelotti sarà l’allenatore della Juventus”. Poi, chiaro, alle prime sconfitte la cosa tornò fuori”.
Hai visto l’intemerata di Lotito contro Simone Inzaghi?
“Il problema sarebbe stato se l’avesse fatto davanti alla squadra, ma così in privato può essere un’utile svegliata. Lotito è fatto così, è un dittatore, ma ha salvato la Lazio e la tiene ai vertici del calcio.
Sai come l’ho conosciuto Lotito?”.
Mi manca.
“Quando andai alla Roma, lui era fidanzato con la figlia di Mezzaroma, socio di Sensi allora. All’epoca era romanista Lotito. Mi stava sempre addosso, mi rompeva. “Me lo levi di torno questo qui!”, dicevo al suocero”.
L’avevi sottovalutato.
“Da presidente della Lazio, mi telefona. “Hai visto?”. “Mo’, ti faranno il culo, vedrai”, gli dissi. Invece, è stato il più bravo di tutti, ha superato ogni ostacolo. Ha una marcia in più. Sa sempre come arrivare ai suoi obiettivi”.
Tu. Sfoghi analoghi con un tuo allenatore?
“Una volta con Bigon. Ho vinto un campionato al Napoli con lui, che poi non ha vinto più nulla. Brava persona, ma faceva il sindacalista”.
Riprovevole?
“A febbraio voleva rinnovare il contratto. Gli dissi: “Aspettiamo la fine del campionato”. Un giorno arrivo allo stadio prima della partita e Ferlaino mi dice: “Bigon si rifiuta di parlare con la squadra”. Chiamo Bigon: “Se non parli entro cinque minuti, te ne vai fuori dai coglioni e vado io in panchina”.
E lui?
“Parlò con la squadra. Poi, a fine stagione, l’ho mandato via”.
Cazziatoni a giocatori?
“Ne ricordo uno con Zebina. Dopo quattro mesi che stava alla Juve, infortunato, mi chiese un prolungamento di contratto e un aumento di stipendio, parlando male di Capello. L’avresti dovuto vedere come se ne andava correndo giù dalle scale”.
Dodici anni dal grande scandalo. Tangentopoli non ha migliorato la politica e Calciopoli non sembra aver migliorato il pallone.
“Era il 2008. Giraudo disse: “Ci cacciate via. Ma vedrete i banditi e gli incapaci che arriveranno dopo di noi. Aveva ragione. Questi non riescono nemmeno a nominare i presidenti di federazione e lega. E poi, i procuratori che dettano legge, i presidenti che fanno i direttori sportivi. Nelle serie minori ci sono società che tesserano i giovani e si fanno pagare dai genitori…Possono fare tutte le sentenze che vogliono, ma io sono uno che ha sempre lavorato duro e dovunque andavo ho sempre creato i budget sani, comprando a poco e vendendo a tanto. La mia unica, vera ambizione ancora oggi è farmi dire “bravo!”.
Chi è stato il primo a dirti bravo?
“Italo Allodi. Mi ha insegnato tutto del calcio. Mi prese come osservatore alla Juventus e cacciò via tutti gli altri. Ci sapevo fare. Causio, Paolo Rossi, Tardelli, Gentile, Scirea, li ho scoperti io”.
Fu accusato, Allodi, di essere un corruttore di arbitri.
“Sapeva fare il suo mestiere. Era stimato da tutti. Ma fu assolto da ogni imputazione. Ha pagato con la salute per le cattiverie subite”.
Gli Allodi di oggi.
“Non ci sono più. Uno era Pierpaolo Marino. Ci stava arrivando, ma si è fermato. Igli Tare della Lazio sta facendo passi da gigante. Lavora nell’ombra, silenzioso, ma tira fuori squadre eccellenti”.
Ti sei dimenticato di Marotta.
“Bravo amministratore, ma ha un complemento tecnico fondamentale in Paratici. I due si compensano benissimo”.
Fai il bravo ragazzo, pentiti, confessa le tue colpe. Se non per me, fallo per Padre Pio che ti guarda ed è pronto ad assolverti dal fondo del giardino.
“Dovevo difendermi. Alla Juve avevo due occhi davanti e due dietro. Subodoravo le cose. Carraro e Galliani, presidenti di federazione e di lega, facevano gli interessi del Milan e Giacinto Facchetti faceva lobbing con gli arbitri a favore dell’Inter”.
Eccesso di legittima difesa. Almeno questo vogliamo ammetterlo?
“Parlavo con i designatori arbitrali, è vero. Ma allora era consentito e nessuno può dire che ho mai chiesto di vincere una partita. Chiedevo solo arbitri all’altezza. E’ un illecito questo? Il problema vero è che dentro la Juventus c’era una resa dei conti per farci fuori”.
Racconta.
Quella famiglia Agnelli è sempre stata un Far West e avevano paura che Giraudo, delfino di Umberto Agnelli, prendesse troppo potere”
Giraudo e Bettega, i tuoi compari alla Juve.
“Giraudo era un grande commercialista. Bettega una persona eccezionale, ma andava comandato. Era un soldatino. Una volta lo mandai a Toronto per una sponsorizzazione dalla sera alla mattina”.
Calciopoli secondo Luciano: erano Galliani e Carraro le anime nere.
“Non ci sono dubbi. Basta ascoltare le intercettazioni telefoniche per dedurre che Carraro controllava Bergamo”.
Nella percezione della gente, non solo dei giudici, sei tu l’anima nera.
“Ascolta questa. Muore Wojtyla sabato sera, noi in ritiro a Firenze. Si doveva rinviare a lunedì. La partita fu posticipata di una settimana. Galliani, presidente della Lega, intercettato, chiama Costacurta e gli fa: “Abbiamo spostato di una settimana, così recuperiamo Kakà infortunato…”. Ti basta?”.
No.
“Anno 2004. Due ore dopo il sorteggio Carraro chiama Bergamo. “Chi è l’arbitro di Inter-Juventus?” “Rodomonti”. Due ore prima della partita, Bergamo chiama Rodomonti: “Come ti stai organizzando? Stai attento, che è molto difficile andare su ma poi ci si mette un niente a precipitare…”.
Non sei credibile nella parte della vittima.
“Ce ne hanno fatte di tutti i colori. Quella volta del nubifragio a Perugia, ci hanno tolto lo scudetto. Collina, sponsorizzato dal Milan, decise 74 minuti di sospensione. Fossi stato un arrogante come dicono, dovevo andarmene con la squadra, ma ce l’avrebbero fatta pagare dopo”.
La ferita continua a buttare sangue.
“La gente non le sa certe cose. Quando, alle 8 di sera, dopo un Milan-Juventus persa in casa dal Milan, Bergamo telefona a Galliani e gli dice: “Direttore, a casa mia abbiamo pianto”. Parentesi, Alessandra, la moglie di Bergamo, è milanista. “Non avrei mai pensato che la Juve con Collina arbitro avrebbe vinto col Milan”. Non ti basta ancora?”.
La storia di Paparesta chiuso a chiave nello spogliatoio?
“Una bufala. L’avrei menato quel giorno, ci aveva fatto perdere una partita vinta. Ma che mi metto a chiuderlo nello spogliatoio e buttare la chiavi? Quale sarebbe stato il vantaggio? Fu solo una battuta e per quella battuta mi hanno radiato”.
La storia delle schede svizzere…
“Le ho fatte per proteggere il mio lavoro. Io, Stankovic, l’avevo preso per la Juve. Me l’ha soffiato l’Inter con le intercettazioni di Telecom”.
Le hai regalate agli arbitri.
“Per altri motivi. Gli inquirenti dissero che erano mute, che non potevano essere intercettate, ma non era così. Solo che si sentivano gli arbitri parlare con le loro amanti e puttane”.
Massimo De Santis, l’unico arbitro condannato, era un vostro amico.
“L’hanno associato a noi senza motivo. Ti racconto questa. Fiorentina in lotta per non retrocedere, Milan a un punto da noi. Martedì alle 14 Meani, dirigente del Milan, chiama De Santis: “Guarda che abbiamo Kakà e Rui Costa diffidati, non li ammonire che poi la partita dopo abbiamo la Juve”.
E lui?
“Fosse stato un nostro sodale, avrebbe chiamato l’ufficio inchieste e il Milan sarebbe finito in B. Se ricordi quella partita, De Santis negò un rigore alla Fiorentina e permise a quelli del Milan di menare. Noi zitti. La mattina dopo De Santis chiama Meani: “Hai visto, solo io riesco a non farli parlare quelli…”. Meani: “Te sei un amico, l’ho già detto a Galliani”.
Ripartizioni di merito in quella tua Juve vincente?
“Settanta per cento la società, il restante trenta da dividere tra allenatore e giocatori”.
Alla Juve vincere è l’unica cosa che conta.
“Questo lo diceva Boniperti, non io. Io ho sempre voluto vincere sul campo con la forza della squadra”…I giocatori mi temevano e mi rispettavano anche a mille chilometri. Si sarebbero buttati dalla finestra per me. Erano miei dipendenti ma li trattavo come amici, fino a che non mi davano motivo di cambiare”.
Urge esempio.
“Ibrahimovic. Quando Cobolli Gigli lo chiamò per convincerlo a dichiarare che era lui a voler andar via, rispose: “Non vi preoccupate, con i dirigenti di prima sarei andato anche in B, con voi non resto”.
Bel gattaccio da pelare Ibra.
“Non per me. Io con una caramella gli facevo fare il giro del mondo. Ibra è il contrario di quello che dicono. Se ti rispetta, ti dà tutto, ti aiuta anche nello spogliatoio. Davids a Milano era considerato un demonio, con noi è stato perfetto”.
Considerato un attaccabrighe, Ibra.
“Solo con Zebina ci fu un problema. Quello lo menava di brutto in allenamento. Un giorno gli fece un fallo bestiale e Ibra gli mollò un gran cazzotto. Fu ricoverato in ospedale con un occhio nero. Dovetti dire che aveva una gastrite importante. Poi, presi da parte Ibra: “Niente multa, hai fatto bene. Se non lo facevi tu l’avrei fatto io”.
Talenti ma anche tante teste calde. Come si gestiscono?
“Come un padre di famiglia. Dicevano che la Juve era una caserma. Falso. I calciatori andavano tutti all’”Hollywood”, a Milano, la domenica dopo la partita. “Andate pure”, dicevo, “scopate, fate quello che volete, ma non voglio scandali. E non andate se giochiamo la coppa di mercoledì…Trezeguet era l’unico che non mi dava retta. Andava all’ “Hollywood” anche quando non doveva. Una sera trovò me che l’aspettavo. Da allora non c’è andato più. Mai battuto i pugni sul tavolo. Chi lo fa, non sa comandare. Io facevo la riunione il giovedì con gli allenatori. Analizzavamo la partita e poi dicevo democraticamente: Io farei così”.
E loro?
“Facevano così”.
Oggi il bad boy è Nainggolan.
“Io l’avrei raddrizzato. Montero mi diceva che per lui il giorno era la notte. “Paolo, finché il campo mi racconta che sei uno dei migliori, non m’importa”. Quando si è sposato e tornava a casa alle 8 di sera, ha smesso di giocare. Gli ho detto un giorno: “Paolo torna a frequentare i locali, se no ti caccio via”.
Nel tuo ufficio a Torino avevi una tela con le immagini dei fuoriusciti Baggio, Vialli e Ravanelli.
“Era un monito per i miei giocatori quando mi creavano problemi con i contratti. “Ragazzi volete fare la fine di questi, volete entrare anche voi nel quadro?”.
Baggio ti ha fatto tribolare?
“Lo mandai via perché voleva giocare dietro le punte, ma non mollava mai il pallone e gli attaccanti si lamentavano. “Non sei adatto per la Juve”, gli dissi. E, infatti, a Brescia fece 23 gol. Lui aveva detto ai capi tifosi che non gli avevo fatto la proposta di rinnovo. Li convocai davanti a lui e gli feci fare una figuraccia mostrando la proposta di rinnovo”.
Ha rischiato anche Del Piero di finire nel quadro?
“Mai. Lui resta un grandissimo, un’icona della Juve. Vero è che nell’anno di Calciopoli fece una dichiarazione antipatica: “Se resta Capello, vado via io”.
Andò via Capello.
“A un certo punto fu complicato gestire Del Piero. Voleva giocare dopo un anno e mezzo d’infortunio e non era in grado. Mise in difficoltà Capello e, a quanto mi risulta, ha creato problemi importanti anche a Ferrara”.
Tu e il “nemico” Moratti.
“Prima di Calciopoli, mi aveva preso all’Inter. Alla Juve avevo fatto il mio tempo. Firmai il contratto. Moratti mi chiese di dar via Moriero. Riuscii a venderlo al Middlesbrough, ma lasciai il merito a Mazzola. Il giorno dopo vengo a sapere che avevano rinnovato il contratto a Moriero…”.
Il più grande di tutti?
“Maradona. Quando viene in Italia il primo che chiama sono io. Avesse avuto un’altra testa…Quella volta a Mosca per punirlo, lo tenni in panchina 80 minuti a patire il freddo. In tribuna c’erano le sedie riscaldate”.
Dopo Maradona?
“Zidane e Ibra. Ibra lo metto anche davanti a Zidane. Era uno che ti portava la squadra nell’area avversaria. Con lui Nocerino, dico Nocerino, fece 11 gol”.
Balotelli. Un talento buttato via o uno sopravvalutato?  
“Non lo considero affatto un talento. Non sarebbe mai titolare in una mia squadra. E’ lento e non gioca con gli altri. Sa solo tirare in porta. Può andare bene in una squadra di mezza classifica”.
Meglio Cassano?
“Non c’è paragone. Dieci volte più forte Cassano. C’è del genio nel suo calcio e io avevo cercato di portarlo alla Juve. Disse che eravamo una caserma e che non sarebbe mai venuto. Oggi quando parla di me dice : “E’ stata una sfortuna non aver incontrato Moggi sulla mia strada. Vuole tornare a 36 anni,
“Forse è troppo tardi, ma se veramente si mette in testa che è la sua ultima occasione...”.
Il tuo allenatore.
“Dipende dai giocatori che hai. Un esempio: assurdo prendere Sarri al Chelsea dopo che hai giocato due anni con Conte. A Napoli, dopo Sarri, vanno bene Ancelotti o Capello che fanno gioco corale, meno bene Conte o Lippi”.
Capello?
“E’ un aziendalista. L’allenatore italiano che più si avvicina ai manager inglesi. Una volta venne Ibra da me: “Capello vuol farmi giocare a sinistra”. Io gli dissi: “Non ti preoccupare. Vai in campo e gioca dove ti pare”.
C’era una volta Ventura.
“Uno scandalo. Doveva allenare la Lazio, dopo la sparizione di Bielsa. Gli diedero la Nazionale, dopo che Capello l’aveva rifiutata, come contentino. Fu Lotito, il vero factotum allora in Federazione, a fare tutto. Tavecchio non sa manco com’è fatto un pallone”.
Sul collo di Gattuso l’alito di Conte.
“Il Milan con Montella era spento, a cominciare da Calhanoglu. Rino Gattuso è amico mio. Quando lo scelsero al Milan lo chiamai: “Ricordati chi eri. Un muratore, non un architetto. Aiutavi i compagni. Adesso, da allenatore, vai nello spogliatoio e parla così: “Ragazzi, io sono Gattuso, sapete la mia storia da giocatore, può darsi che tecnicamente siamo inferiori agli altri, allora dobbiamo correre il doppio…”. Con queste parole ha cambiato il Milan”.
Il carisma nell’allenatore.
“E’ tutto. Ci sono allenatori che parlano e i giocatori fanno pernacchie. Altri che si fanno ascoltare. Lippi, Capello e Allegri li metto su questo podio”.
Nei novanta minuti?
“Il povero Mondonico era quello in panchina che vedeva il calcio meglio di tutti. Tu dai le indicazioni di massima, poi è il campo dopo dieci minuti che ti deve suggerire cosa fare”.
Pentito di qualcosa?
“Mi pento di non aver preso a manate qualcuno. Se penso che uno come Meani l’hanno fatto passare per magazziniere…Si devono vergognare tutti”.
Pentito almeno di aver rubato Ferrara e Paulo Sousa alla Roma per portarli alla Juve.
“Quello è vero. C’era Sensi alla Roma. Gli dico: “Presidente, abbiamo un giocatore eccezionale a Lisbona”. E lui: “Ho un parente là, ci penso io”. Poi gli parlo di Ferrara. E lui: “Ho un mio avvocato a Napoli”. Così, passo alla Juventus e gli ho fottuti i giocatori. Sensi non aveva fiducia in nessuno, per questo era il più ricco ed è diventato il più povero”.
Confessa: Iuliano su Ronaldo in quell’Inter-Juventus, rigore grosso come una casa.
“Probabilmente era rigore. Ma quell’Inter neanche doveva starci in serie A. Doveva essere retrocessa per lo scandalo del passaporto di Recoba”.
Ci sarà una seconda Calciopoli?
“La Juve sarà sempre odiata, ma non ci sarà una seconda Calciopoli. Non ci sono più Telecom, Tronchetti Provera e Montezemolo. E non c’è più Blatter. Che ringraziò pubblicamente Montezemolo di aver ritirato il ricorso al Tar contro la sentenza che retrocedeva la Juve”.
0 notes