#marzo a lisbona
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delectablywaywardbeard-blog · 10 months ago
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Europa League: Scamacca agguanta lo Sporting, 1-1 Atalanta CRONACA e FOTO
Sporting Lisbona-Atalanta 1-1 LA CRONACA per l’andata degli Ottavi di finale di Europa League. La gara di ritorno è in programma il 14 marzo a Bergamo   GOL Al 39′ Sporting-ATALANTA 1-1 – Rete di Scamacca su assist di Aleksey Miranchuk. Errore di Quaresma su un passaggio corto a Israel, costretto a uscire in scivolata perdendo posizione. La palla viene intercettata da Miranchuk che serve Scamacca…
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occhialeecaschetto · 1 year ago
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Di Marco Travaglio
Mesi fa, all’ennesima lista di putiniani, scrivemmo a mo’ di battuta che presto o tardi tutti avrebbero abbandonato Zelensky e sarebbe toccato a noi, noti servi di Putin, difenderlo. Mai fare battute. Infatti il momento è già arrivato. E il capo delle forze armate certifica la sconfitta sul campo in polemica con Zelensky. Usa e Nato accusano Zelensky di aver perso la guerra (persa in realtà da loro) per non aver fatto di testa sua (invece ha fatto di testa loro). E premono perché tratti dopo averlo spinto a non farlo, anzi a vietare per decreto i negoziati in attesa della disfatta russa, del default di Mosca e della caduta di Putin. Come ha ricordato l’ex premier israeliano Bennett, Biden e Johnson bloccarono l’intesa Mosca-Kiev da lui propiziata per un cessate il fuoco nel marzo 2022: mezzo milione di morti fa. Zelensky rinvia le elezioni del 2024 perché teme di perdere pure quelle, con buona pace della propaganda sul popolo schierato come un sol uomo con lui e con la guerra a oltranza fino all’ultimo ucraino. Sua moglie non vuole che si ricandidi, temendo di restare prematuramente vedova in una guerra civile scatenata dagli oltranzisti nazistoidi che lo ritengono troppo debole e i trattativisti filoccidentali che lo giudicano troppo rigido. Il sindaco di Kiev dice che la famosa democrazia ucraina somiglia alla Russia: noi lo sospettavamo almeno da quando Zelensky mise fuorilegge gli undici partiti di opposizione, ne arrestò il capo, unificò le tv in un solo canale di propaganda ed epurò ministri, generali e autorità locali con accuse di corruzione non suffragate dai magistrati. L’ex presidente filo-Usa Poroshenko tenta di incontrare il filo-putiniano Orbán e i conservatori Usa e Ue, ma viene fermato alla frontiera e accusa Zelensky di “involuzione autoritaria”. Ora, se non lo salva Bruno Vespa, interveniamo noi.
 
 
Ps. Paolo Mieli, polemizzando con un giornale a caso, dice che chi vide giusto fin dall’inizio aveva torto perché, senza le armi Nato e Ue all’Ucraina, Putin sarebbe arrivato a Kiev (o, secondo la teoria Servergnini, a Lisbona). Paolino, non fare il furbo. Nato e Ue non ci competono. Noi abbiamo sempre chiesto che l’Italia non inviasse armi a Kiev (in base all’art. 11 della Costituzione, non poteva farlo e infatti non l’aveva mai fatto in 75 anni con alcun Paese non alleato), ma solo aiuti difensivi, finanziari, sanitari e alimentari. E si facesse mediatrice di una tregua e di un compromesso con S. Sede, Israele, Turchia e Cina per salvare il salvabile di un Paese destinato alla distruzione e al massacro senz’alcuna speranza di sconfiggere la Russia. Quindi non polemizzare con ciò che in questi 21 mesi non abbiamo mai detto, ma con ciò che abbiamo detto. E, se puoi, non scordarti ciò che hai detto tu.
 
Sorgente: L’hanno rimasto solo – Il Fatto Quotidiano
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pleaseanotherbook · 1 year ago
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Che fine ha fatto Anncleire? Recap degli ultimi mesi
Quanto tempo è passato dall'ultima volta che ho provato a scrivere un post qui sul blog? Tantissimo, ho iniziato ad abbozzare qualcosa tante volte e poi mi sono dissuasa dopo poco. Quando ti interrompi diventa difficile riprendere. Diventa difficile anche tornare, ti chiedi sempre se ne vale la pena, se è il caso, se è quello che ci si aspetta.  Però ho voglia di raccontarmi, di nuovo, in questo angolo di web che è mio ed è ancora molto importante, anche se magari solo per me.
Non so bene dove eravamo rimasti, proviamo di nuovo a riprendere le redini del racconto. Forse era maggio, quando ho pubblicato la recensione di "Crying in H Mart" e intanto avevo preparato un post che non è mai stato pubblicato ed è rimasto in bozze. A maggio, mese per me mega importante perché è quello del mio compleanno, maggio che sembrava novembre. 
Il 20 maggio, proprio il giorno del mio compleanno, sono andata al Salone del Libro con una mia carissima amica che non vedevo da anni e ho incontrato la mia adorata Martina di Liber Arcanus. Devo dire che anche quest'anno è stato abbastanza traumatico. Credo di non essere più abituata alla gente, questa massa informe di persone che arriva con una sua presenza e che vuole fagocitarti. Ma la struttura del Lingotto resta lì a coccolarti lo stesso. Forse rispetto al 2022 ho notato che gli spazi erano più dilatati ma è anche vero che sono rimasta per molto meno tempo. Prima tappa in una delle mie case editrici preferite, Safarà Editore, dove ho comprato un paio di volumi e ho salutato appena in tempo Cristina che resta una presenza amica sempre anche se ci vediamo solo al Salone, ma i libri di Safarà mi colpiscono sempre, come un dono.
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Dopo un breve giro esplorativo, sono stata alla presentazione "Tante voci, una voce: tre scrittrici raccontano la Storia" con Stefania Auci, Francesca Giannone e Alessandra Selmi organizzata dalla casa editrice Nord e che hanno raccontato le loro storie: rispettivamente "I Leoni di Sicilia", "La portalettere" e "Al di qua del fiume". Mentre del primo volume della duologia della Auci vi ho già parlato qui sul blog, gli altri due sono stati una piacevole scoperta. "La portalettere" è il racconto romanzato di una delle antenate della Giannone, una delle prime portalettere donna italiane, in un paesino pugliese, avvinghiata in un triangolo amoroso che pervade la scena e che mi ha molto incuriosita. La Selmi invece ha raccontato le vicende della famiglia Crespi che sulle sponde dell'Adda hanno messo in piedi un cotonificio e un villaggio industriale che sembra un miraggio a fine Ottocento e che si deve scontrare con tutta la storia della Lombardia. Le tre autrici hanno spiegato come hanno portato avanti la loro ricerca, le idee da cui sono partite, il loro rapporto con la storia e con la scrittura e come spesso la vita giochi un ruolo fondamentale. Tre donne e tre storie e la Storia che sembra così lontana e invece è incredibilmente vicina.
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Dopo un velocissimo salto da alcuni dei miei preferiti: Abeditore, Codice Editore, dove cercavo il volume che sto finendo di leggere in questi giorni "Storia del mondo in sei bicchieri" (libro di cui vi parlerò approfonditamente a parte perché veramente merita una lettura) e L'orma editore.
Tra fine maggio e inizio giugno sono riuscita finalmente a recuperare insieme ad Alaisse il viaggio a Lisbona che avevamo dovuto annullare a marzo 2020 con l'inizio della pandemia. Lisbona è una città spettacolare in cui siamo rimaste cinque giorni e di cui mi sono completamente innamorata. A parte la sindrome di Stendhal davanti agli azulejos dell'omonimo museo e il Monastero di San Jeronimos, ho fatto in tempo a perdermi completamente davanti alle sponde del Tago e sulle salite e discese mangiando pasteis de nata a gogo.
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Lisbona è una città che ti sorprende, un po' rustica e un po' cosmopolita, con i suoi alberi di jacaranda, le sue piastrelle colorate, i suoi tram che si arrampicano in collina e che ti tolgono il fiato.
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Alaisse è riuscita a portarmi a fare una esperienza sul Pillar 7: il pilastro numero 7 del ponte del 25 aprile sul Tago, che ricorda un po' il Golden Bridge di San Francisco, e su cui puoi salire sia per vedere come sono stati costruiti i pilastri, sia per affacciarsi ad un passo dalle macchine che scorrono veloci sul ponte e per salire su un balconcino di vetro, trasparente sotto. Io avevo il batticuore ma la vista in effetti ne valeva la pena. Sono veramente contenta di essere riuscita ad andare in Portogallo, anche se la prossima volta vorrei andare a Porto.
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A luglio tra una mostra fotografica e un'altra sono stata a Firenze con la mia adorata Lorena per assistere al tour negli stadi dei Pinguini Tattici Nucleari che se mi seguite da un po' sul blog sapete sono tra i miei gruppi preferiti e devo dire che il concerto è stato davvero uno spettacolo bellissimo. Era da un po' che non assistevo ad un gruppo dal vivo e mi sono molto emozionata. Da Bergamo a Hikikomori, passando per Coca Zero, ho urlato e ballato come non mai in mezzo ad altra gente mega entusiasta, nel parterre gold, con Zanotti e gli altri membri della band molto vicini e la sensazione di star vivendo una esperienza incredibile. Super super bello.
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Agosto 2023 rimarrà invece nel mio cuore per sempre perché sono riuscita finalmente a realizzare uno dei miei sogni nel cassetto da una vita: andare in Corea del Sud. Ancora non ci credo che dopo averlo solo sognato per mesi e mesi sono riuscita ad andare lì, sono riuscita a vedere dal vivo un paese che mi ha rubato il cuore e il sonno e mi ha dato solo nuove ossessioni. L'11 agosto alle 21:50 siamo decollate da Malpensa per atterrare 11 ore dopo in quel di Incheon, l'aeroporto fuori dalla capitale. Da lì abbiamo preso un treno per arrivare a Seoul Station e poi il KTX il treno dell'alta velocità che alle dieci e mezza di sera ci ha portate a Busan.
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Lì siamo rimaste un giorno per iniziare ad esplorare la città salendo sulla Busan Tower e visitando il museo del cinema e poi per due giorni, il 14 e il 15 siamo volate su Jeju-do.
L'isola di Jeju è la meta turistica per le vacanze dei Coreani, nonché meta dei viaggi di nozze, ma io sognavo di andarci da quando l'ho sempre e solo vista nei drama che ho divorato negli ultimi sei anni. Jeju è affascinante, abbiamo preso un albergo che affacciava sull'oceano e finalmente siamo riuscite ad andarci con la speranza inossidabile di iniziare ad esplorarla.
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Dal 16 al 20 agosto siamo rimaste a visitare Busan, a guardarne le spiagge, i templi, il Gamcheon Village, a salire sulle sky capsule, ad attraversare il mare su una cable car e a incantarci al museo d'arte. A Busan abbiamo sconvolto i locali con il nostro essere straniere e abbiamo mangiato gli hotteok, abbiamo camminato come non mai e assaggiato il kimchi più buono del viaggio e abbiamo imparato che la mossa giusta è farsi amica la ajumma (le signore di una certa età) che trovi sul tuo cammino e che a volte basta un grazie in coreano per fare la differenza.
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Il 20 abbiamo preso un KTX che da Busan ci ha condotto a Seoul e lì siamo rimaste fino alla fine del viaggio il 27 agosto. Seoul, ah Seoul, penso di averci davvero lasciato un pezzo di anima e lei me ne ha lasciato un pezzettino della sua e sono qui che mi chiedo quando riuscirò a tornarci davvero. Come raccontare cosa mi rimane in testa di una città che ho solo immaginato per anni, componendo in testa il puzzle che la definisce e poi boom eccomi lì a camminare per le sue strade a riconoscere che è uno dei posti in cui mi sento a casa?
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Arrivare a Seoul è stato un po' come trovare il mio spazio, sapendomi orientare, riconoscendo i quartieri, urlando "ma io quel posto lo conosco" mangiando i japchae, emozionandomi per il bulgogi, credendo che quegli spazi enormi, i palazzi reali, i grattacieli, la Lotte Tower, la Namsan Tower, le salite e le discese, i locali, la musica, i café, ogni spazio era una casella che ricomponeva la mappa che ho costruito su Naver ed era lì tangibile.
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Questo riassunto non riuscirà mai a ricollocare nello spazio le emozioni che ho provato ad essere in Corea, il senso di smarrimento che ho provato salendo sull'aereo che da Incheon ci ha riportate a Milano, in una serata da apocalisse, con la pioggia, il freddo, il ritardo, il jet lag. Ancora non mi spiego come io sia riuscita a tornare a vivere normalmente a Torino, in un settembre pieno di appuntamenti e di abbracci, di festeggiamenti e esperienze che mi hanno permesso di tornare in me. Mi manca la Corea, come se davvero avessi un arto fantasma da portarmi dietro e che in realtà è solo il pensiero di non essere più lì.
Sono qui, a raccontarvi queste cose, perché d'altronde è quello che ho sempre fatto e perché in fondo mi manca questo spazio di web con la speranza di non perderlo, di trovarlo ancora confortevole. Sono cambiata e anche la mia vita sta cambiando, con la velocità che arriva solo dalla vita adulta che pretende tutta la tua attenzione. Sono qui e allo stesso tempo vorrei trovarmi altrove. Sono qui e intanto vivo mille altre esperienze, sono qui aggrappata con le unghie alle certezze che solo i rapporti solidi che ho costruito in questi anni mi sanno dare, sono qui e penso già al prossimo viaggio, alla prossima esperienza, al prossimo abbraccio. Sono qui e penso che sia l'unica cosa vera che posso avere. Sono qui nonostante i crolli, le incertezze, le emozioni. Sono qui e non sono sola.
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arcobalengo · 1 year ago
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“Il Ponte sullo Stretto costituisce un’infrastruttura fondamentale rispetto alla mobilità militare, tenuto conto della presenza di importanti basi NATO nell’Italia meridionale”. Ad affermarlo è il disegno di legge (convertito in decreto-legge 31 marzo 2023, n. 35) presentato dalla premier Giorgia Meloni e dai ministri Salvini e Giorgetti. A confermare l’esistenza di una dimensione militare nel progetto del ponte, che esula dal senso strettamente civile dell’infrastruttura, è anche l’UE.
Il progetto, infatti, rientra nel Trans-European Transport Network (TEN-T), il cui scopo, tra gli altri, è quello di creare una rete in grado di soddisfare “un piano d'azione sulla mobilità militare 2.0”. A sostenerlo economicamente ci pensa l’UE con i finanziamenti provenienti dal Connecting Europe Facility (che finanzia progetti di infrastrutture di trasporto a duplice uso) e dal Fondo Europeo per la Difesa (che sostiene lo sviluppo di sistemi logistici e digitali interoperabili).
https://www.antimafiaduemila.com/home/primo-piano/96674-gli-sporchi-interessi-della-nato-dietro-al-ponte-sullo-stretto.html?fbclid=IwAR2hhLMENfGGuSWqNUR1rtzJoeow0P_IGUGdGAZ-9uIVS0jSkSCmdVT5TEg
Tramite. Giacomo Gabellini.
Esattamente come il Corridoio V Lisbona-Kiev, di cui fa parte anche il progetto del Tav (per far viaggiare comodi e veloci i mezzi militari, non le mozzarelle).
🔴 Per ricevere tutti gli aggiornamenti segui Giorgio Bianchi Photojournalist
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carmenvicinanza · 2 years ago
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Elis Regina
https://www.unadonnalgiorno.it/elis-regina/
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Elis Regina, sovrana della Musica Popolare Brasiliana, è stata la cantante che ha sfidato la dittatura militare.
È stata una delle più grandi interpreti di sempre e il simbolo della gente comune, nel Brasile degli anni Sessanta. La sua voce graffiata, capace di straordinari gesti vocali, illuminava i testi delle  canzoni e l’anima della gente con l’autenticità di ritmi e colori personalissimi.
Per il suo temperamento infuocato e la grande energia, veniva chiamata uragano o anche peperoncino.
Nata col nome di Elis Regina Carvalho Costa a Porto Alegre, il 17 marzo 1945, in una famiglia operaia, a soli sette anni ha partecipato al suo primo programma radiofonico e a dodici ha incominciato a cantare professionalmente in uno show televisivo che l’aveva trasformata in una piccola celebrità. A quindici è uscito il suo primo album.
Ancora giovanissima, a Rio de Janeiro, è entrata in contatto coi musicisti della nascente bossa nova.
Aveva vent’anni, nel 1965, quando, con una performance leggendaria che ha concluso nella posizione della crocifissione mentre le lacrime le rigavano gli occhi, ha vinto il primo Festival Nacional de Música Popular Brasileira con la canzone Arrastão, conquistando il Berimbau de Oro.
La vittoria l’ha resa celebre a livello nazionale e le ha dato l’opportunità di condurre, per due anni, Fino da Bossa, programma TV settimanale di musica che ha ospitato i più grandi cantanti brasiliani del suo tempo.
La sua è stata una carriera che per tutti gli anni sessanta ha visto grandi successi musicali, celebri collaborazioni, la partecipazione e conduzione di programmi televisivi, tour internazionali.
Ha suonato e inciso brani in giro nel mondo, all’Olympia di Parigi, a Buenos Aires, Lisbona, Londra e in Svezia.
È stato durante un giro in Europa che, per la prima volta, si è schierata pubblicamente contro la giunta militare fascista che governava il suo Paese. Per le sue scottanti dichiarazioni, è stata minacciata dal governo golpista che ha provato a intimorirla e tacitarla.
È rimasta sotto i riflettori fino alla fine degli anni Settanta, periodo in cui ha realizzato anche ELIS & TOM, con la partecipazione di Jobim, considerato dai critici come il miglior prodotto di musica pop brasiliana di tutti i tempi.
Al Festival di Montreux, nel 1979, è stata omaggiata da un’ovazione durata undici minuti.
Purtroppo, la sua vita personale non rispecchiava i successi esterni. Sempre in lotta, ha cominciato con la difficoltà di smarcarsi da una famiglia convenzionale che la imprigionava, è stata censurata della dittatura che ha provato a imbavagliarla, ha avuto due matrimoni burrascosi e affrontato la difficile responsabilità di restare una donna libera. Ha vissuto tutto troppo presto e troppo intensamente, tanto da rifugiarsi in droga  e alcol che ne hanno causato la morte prematura, a soli trentasei anni, il 19 gennaio 1982.
La camera ardente si è tenuta al Teatro Bandeirantes, dove il suo corpo è stato avvolto nella bandiera nazionale brasiliana con il suo nome al posto della dicitura Ordem e Progresso. Un corteo funebre, formato da migliaia di persone, ha accompagnato la sua bara fino al cimitero di Morumbi dove è stata sepolta.
Qualche giorno dopo, centomila persone hanno assistito a un concerto in sua memoria che ha visto la partecipazione delle più grandi musiciste e musicisti brasiliani.
Negli anni a venire sono state organizzate tante manifestazioni in suo onore, le sono state intitolate vie e monumenti per mantenere vivo il suo ricordo.
Elis Regina di nome e di fatto, è rimasta un mito della Musica Popolare Brasiliana.
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lamilanomagazine · 2 years ago
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Cesena, a Teatro Bonci “Voci per l’infinito. Beethoven – Schumann: grandi solisti per due capolavori”
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Cesena, a Teatro Bonci “Voci per l’infinito. Beethoven – Schumann: grandi solisti per due capolavori”.   La Stagione concertistica del Teatro Bonci riprende mercoledì 29 marzo (ore 21.00) con Voci per l’infinito Beethoven – Schumann: grandi solisti per due capolavori: l’Orchestra Sinfonica del Conservatorio “Bruno Maderna” di Cesena diretta dal Maestro Paolo Manetti interpreta Mendelssohn, Schumann e Beethoven con Giuseppe Albanese, tra i più richiesti pianisti della sua generazione, e Alfredo Persichilli, primo violoncello del Teatro alla Scala e della Filarmonica della Scala. La cantabilità del Concerto per violoncello di Schumann è posta a confronto con la maestosa profondità del quarto Concerto per pianoforte di Beethoven. Centrale è la figura del solista, che da un lato riflette la condizione romantica dell’individuo di fronte all’infinito, dall’altra si apre sull’intimità più segreta. In apertura l’Ouverture per orchestra in si minore op. 26 La grotta di Fingal, composta da Mendelssohn dopo una visita all’arcipelago scozzese delle Ebridi nell’agosto del 1829. Giuseppe Albanese ha debuttato nel 2014 su etichetta Deutsche Grammophon con un concept album dal titolo Fantasia, con musiche di Beethoven, Schubert e Schumann. Ha inciso anche per Decca e Universal. “Premio Venezia” nel 1997 e Premio speciale per la miglior esecuzione dell’opera contemporanea al “Busoni” di Bolzano, nel 2003 ha ottenuto il primo premio al “Vendome Prize” con finali a Londra e Lisbona: un evento definito da Le Figaro “il concorso più prestigioso del mondo attuale”. Laureato con lode e dignità di stampa in filosofia sull’estetica di Liszt, è docente al Conservatorio “Bruno Maderna”. Primo violoncello del Teatro alla Scala e della Filarmonica della Scala, Alfredo Persichilli si è diplomato a 17 anni con il massimo dei voti e lode sotto la guida del Maestro George Schultis. Ha eseguito come solista i più importanti concerti del repertorio dello strumento e ha registrato l’integrale dei trii per archi di Schubert e Webern insieme a quelli di Schönberg, Petrassi e Reger. Ha interpretato numerose composizioni contemporanee, classiche e d’avanguardia, di autori come Petrassi, Sciarrino, Lombardi, Boccadoro, Holliger, Sollima, fra cui alcune a lui dedicate: Le quattro maschere di Dioniso per violoncello e orchestra di Carlo Galante (prima esecuzione assoluta con i Virtuosi della Scala), il Trio per archi di Rudolf Kelterborn, il Concerto per violoncello e orchestra di Wolfgang Marschner.     Orchestra Sinfonica del Conservatorio Bruno Maderna di Cesena direttore Paolo Manetti pianoforte Giuseppe Albanese violoncello Alfredo Persichilli musiche di Ludwig van Beethoven, Robert Schumann, Felix Mendelssohn Orchestra Sinfonica del Conservatorio “B. Maderna” di Cesena violini Chiara Arcidiacono, Chiara Bizzarri, Natalia Cavallo, Michelangiolo Chiavacci, Davide Disanti, Samuele Fattori, Giulia Franceschini, Umberto Frisoni, Giulia Galantini, Francesco Giovannini, Chiara Guida, Costanza Lugaresi, Ludovico Mealli, Tommaso Montalti, Marco Nerenti, Lucia Pacini, Isacco Pagliarani, Arianna Pasoli, Nicóle Vitale, Xiaojun Yun, Costanza Zappalà viole Caterina Bernocco, Novella Bianchi, Marta Cappetta, Antonio Gioia, Jasmine Ong, Gianluca Saggini violoncelli Giada Moretti, Alessandra Cefaliello, Virginia Grassi, Marcella Pavoni, Amerigo Spano, Vincenzo Taroni contrabbassi Pietro Agosti, Greta Battisti, Simone Francioni, Mattia Previati, Giovanni Valgimigli flauti Elisabeth Fanesi, Tayna Tacyane Aparecida Trigo oboi Alessandro Betti, Lucia Florio, Gianluca Tassinari corni Pablo Cleri, Andrea Menicucci clarinetti Michele Gigliotti, Gerardo Urban fagotti Javier Gonzales, Agostino Babbi trombe Aurelio Corda, Costanza Dalmonte, Elisa Valgimigli timpani Laura Conca, Antonio La Rosa tecnici del suono Andrea Jin Chen, Matteo Bertani     PROGRAMMA Felix Mendelssohn Ouverture da concerto in si minore per orchestra La grotta di Fingal op. 26 Robert Schumann Concerto in la minore per violoncello e orchestra op. 129 Ludwig van Beethoven Concerto n. 4 in sol maggiore per pianoforte e orchestra op. 58   Informazioni: Teatro Bonci, Piazza Guidazzi – Cesena Biglietteria: aperta dal martedì al sabato ore 11-14 e 16-19 | nei giorni di spettacolo ore 17-21.30 | la domenica ore 15-16.30 | T. 0547/355959 | [email protected] Biglietti da 16 a 8 euro.  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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retelabuso · 2 years ago
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Pedofilia, in Portogallo prime sospensioni per preti sospetti
LISBONA, 22 MAR – La sede patriarcale di Lisbona ha sospeso ieri, 21 marzo, quattro sacerdoti i cui nomi comparivano nella lista dei sospetti di abusi sui minori stilata dalla commissione indipendente creata poco più di un anno fa dalla Conferenza episcopale portoghese e coordinata dallo psichiatra infantile Pedro Strecht. In un comunicato stampa, dalla sede patriarcale hanno fatto sapere che non…
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kritere · 2 years ago
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Biglietti Juve-Sporting Lisbona quarti di Europa League: prezzi e dove acquistarli
DIRETTA TV 20 Marzo 2023 La Juventus gioca contro lo Sporting nei quarti di finale Europa League: i biglietti per la partita di andata dell’Allianz Stadium si possono acquistare dal 21 aprile. Ecco tutto quello che c’è da sapere su prezzi e vendita. 2 CONDIVISIONI La Juventus si è qualificata per i quarti di finale di Europa League, dove affronterà lo Sporting Clube de Portugal. I bianconeri,…
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tradizioni-barcellona · 2 years ago
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LUNEDÌ 20 FEBBRAIO 2022 ♦️ SANTA GIACINTA MARTO♦️ Jacinta de Jesus Marto, conosciuta in italiano come Giacinta Marto, (Aljustrel, 5 marzo 1910 – Lisbona, 20 febbraio 1920), è nota per essere stata una dei tre "pastorelli" che avrebbero assistito alle apparizioni di Fátima. È venerata come santa dalla Chiesa cattolica. Giacinta, assieme al fratello Francesco, sono i più piccoli dei sette figli di Manuel Pedro Marto e Olimpia de Jesus, abitanti di Fatima, in Portogallo. Giacinta nacque l’11 marzo 1910 nella casa dei genitori e ricevette il battesimo il 19 dello stesso mese presso la chiesa parrocchiale. Sia GIacinta che Francesco non frequentarono la scuola, perciò crebbero analfabeti. Vennero educati al cristianesimo in casa o per mezzo della zia, la madre della loro cugina Lucia Dos Santos. Erano soliti partecipare la domenica alla Santa Messa, pregavano in famiglia e vennero educati al rispetto ed alla carità verso i poveri. Quando Giacinta aveva solo 6 anni e suo fratello Francesco 8, iniziarono a prendersi cura del gregge dei genitori insieme alla cugina Lucia, anche lei pastorella. Il 13 maggio 1917 si trovava a Cova da Iria, vicino alla località di Fatima, in Portogallo, insieme al fratello maggiore Francisco e alla cugina Lúcia dos Santos, per badare al gregge. Secondo quanto riferito dai pastorelli, improvvisamente videro apparire una "signora", che identificarono con la Madonna, che aveva rivelato loro tre segreti, noti in seguito come "Segreti di Fátima". Le apparizioni sarebbero continuate fino al 13 ottobre 1917, quando si verificò il fenomeno noto come Miracolo del sole. Lucia racconta che all'epoca Jacinta era una bambina come tante altre: le piaceva giocare e ballare ed era un po' permalosa. Dopo l'incontro con la Madonna, però, la sua vita e le sue abitudini erano cambiate]: pregava molto, fino a quando, il 23 dicembre 1918, fu colpita, assieme al fratello Francisco, dal terribile virus della spagnola. Rispetto al fratello la malattia fu più lunga e dolorosa. Venne anche ricoverata, inutilmente, all'ospedale di Lisbona, dove morì il 20 febbraio 1920. Da Il Santo del Giorno Tradizioni Barcellona Pozzo di Gotto - Sicilia ♦️ Link ➡ ➡️ bio (presso Tradizioni Barcellona Pozzo di Gotto - Sicilia) https://www.instagram.com/p/Co4kQnYIeny/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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lillyslifestyle · 5 years ago
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Fine settimana a Lisbona, eventi 6-8 marzo 2020
Fine settimana a Lisbona, eventi 6-8 marzo 2020
Buon giovedì a tutti! Come ogni settimana siamo giunti al nostro consueto appuntamento con la rubrica dei miei consigli sugli eventi imperdibili a Lisbona durante il fine settimana. Siete pronti a prender nota?
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Cosa fare questo fine settimana?
Veleggiare sul fiume Tago con aperitivo
Brunch dai sapori portoghesi (sabato)
Imparare a cucinare il pastel de nata (sabato)
Vedere Lisbona da un…
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mezzopieno-news · 3 years ago
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IL PORTOGALLO ABBANDONA DEFINITIVAMENTE IL CARBONE
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Il Portogallo esce ufficialmente dal carbone e diventa il 4° Paese in Europa a portare a termine l’abbandono del combustibile fossile per la produzione di energia elettrica, dopo Belgio, Austria e Svezia.
Il produttore elettrico nazionale Endesa ha spento per sempre la centrale di Pego a circa 150 km di Lisbona, l’ultimo impianto nello stato a fare uso di questo combustibile fossile. La centrale rappresentava la seconda fonte di emissioni di gas serra a livello nazionale e produceva un inquinamento di 4,7 milioni di tonnellate di diossido di cabonio all’anno. La decisione presa alla COP23 di Bonn nel 2017 dall’allora governo portoghese fu quella di uscire definitivamente dal carbone entro il 2030. Il processo è stato realizzato più in fretta del previsto e si è concluso con 9 anni di anticipo.
Altri Paesi europei si stanno realizzando lo stesso impegno con ritmi diversi tra loro e sono ora 21 gli stati che hanno avviato le procedure, con in testa Gran Bretagna, Grecia, Ungheria e Danimarca. L’Europa ha superato la metà delle chiusure nello scorso mese di marzo con lo spegnimento del 162° impianto a carbone d’Europa sui 324 totali esistenti.
___________________
Fonte: Reuters - 22 novembre 2021
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delectablywaywardbeard-blog · 10 months ago
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A Lisbona una mostra su Fernando Pessoa e Almada Negreiros
La Casa Fernando Pessoa, spazio museale creato nel palazzo dove il poeta portoghese visse l’ultima parte della sua vita a Lisbona, inaugura sabato 2 marzo una nuova esposizione a cura di due ricercatrici portoghesi e un’italiana, Mariana Pinto dos Santos, Teresa Monteiro e Giorgia Casara. Tema della mostra è il rapporto tra lo stesso Fernando Pessoa e il suo amico pittore e scrittore José de…
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alehomora · 5 years ago
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LISBONA
25 Marzo 2019
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lafiorentinaebasta · 5 years ago
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Oggi 29 marzo 2020 facciamo i nostri auguri di buon compleanno all'ex attaccante della Fiorentina . Nato a Lisbona il 29 marzo dl 1972
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internazionalevitalista · 5 years ago
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Raoul Vaneigem - Coronavirus
Contestare il grado di pericolo del coronavirus ha sicuramente a che fare con l'assurdità. Di contro, non è altrettanto assurdo che una perturbazione del corso abituale delle malattie sia oggetto di un tale sfruttamento emotivo e faccia riaffiorare quell'arrogante incompetenza che un tempo pretese di tenere fuori dalla Francia la nube di Chernobyl? Certo, sappiamo con quanta facilità lo spettro dell'apocalisse esce dalla sua scatoletta per impadronirsi del primo cataclisma che passa, rimestare l'immaginario del diluvio universale e affondare il vomere della colpa nel suolo sterile di Sodoma e Gomorra.
La maledizione divina ha assecondato utilmente il potere. Almeno sin dal terremoto di Lisbona nel 1755, quando il marchese di Pombal, amico di Voltaire, approfittò del sisma per massacrare i gesuiti, ricostruire la città secondo le sue concezioni e liquidare allegramente i suoi rivali politici a colpi di processi "proto-staliniani". Non faremo a Pombal, oer quanto odioso possa essere, il torto di comparare il suo colpo di scena dittatoriale alle miserabili misure che il totalitarismo democratico applica mondialmente all'epidemia di coronavirus.
Che cinismo imputare alla propagazione del morbo la deplorevole insufficienza dei mezzi medici messi in opera! Sono decenni che il bene pubblico è messo a mal partito, che il settore ospedaliero paga lo scotto di una politica che favorisce gli interessi finanziari a danno della salute dei cittadini. C'è sempre più denaro per le banche e sempre meno letti e infermieri per gli ospedali. Quale fumisteria potrà ancora a lungo mascherare il fatto che questa gestione catastrofica del catastrofismo è inerente al capitalismo finanziario dominante a livello globale, e oggi a livello globale combattuto in nome della vita, del pianeta e delle specie da salvare.
Senza volere scivolare in quella rielaborazione della punizione divina che è l'idea di una Natura che si sbarazza dell'Uomo come di un parassita importuno e dannoso, non è tuttavia inutile ricordare che per millenni lo sfruttamento della natura umana e di quella terrestre ha imposto il dogma dell'anti-physis, dell’anti-natura. Il libro di Erix Postaire, Le epidemie del XXI secolo, pubblicato nel 1997, conferma gli effetti disastrosi della de-naturazione persistente, che denuncio da decenni. Evocando il dramma della "mucca pazza" (previsto da Rudolf Steiner fin dal 1920) l’autore ricorda che oltre a essere disarmati di fronte a certe malattie prendiamo coscienza che il progresso scientifico stesso può provocarle. Perorando la causa di un approccio responsabile alle epidemie e al loro trattamento, egli incrimina quella che Claude Gudin chiama "filosofia del fare cassa" nella sua prefazione: «A forza di subordinare la salute della popolazione alle leggi del profitto, fino a trasformare animali erbivori in carnivori, non rischiamo di provocare catastrofi fatali per la Natura e l'Umanità?». I governanti, lo sappiamo, hanno già risposto unanimemente SÌ. E che importa dal momento che il NO degli interessi finanziari continua a trionfare cinicamente?
Ci voleva il coronavirus per dimostrare ai più limitati che la de-naturazione per ragioni di convenienza economica ha conseguenze disastrose sulla salute generale - quella che continua a essere gestita imperturbabilmente da una OMS le cui preziose statistiche fungono da palliativo della sparizione degli ospedali pubblici? C'è una correlazione evidente tra il coronavirus e il collasso del capitalismo mondiale. Allo stesso tempo, appare non meno evidente che ciò che ricopre e sommerge l'epidemia del coronavirus è una peste emotiva, una paura nevrastenica, un panico che insieme dissimula le carenze terapeutiche e perpetua il male sconvolgendo il paziente. Durante le grandi pestilenze del passato, le popolazioni facevano penitenza e gridavano la loro colpa flagellandosi. I manager della disumanizzazione mondiale non hanno forse interesse a persuadere i popoli che non vi è scampo alla sorte miserabile che è loro riservata? Che non resta loro che la flagellazione della servitù volontaria? La formidabile macchina dei media non fa che rinverdire la vecchie menzogna del decreto celeste, impenetrabile, ineluttabile laddove il folle denaro ha soppiantato gli Dei sanguinari e capricciosi del passato.
Lo scatenamento della barbarie poliziesca contro i manifestanti pacifici ha ampliamento mostrato che la legge militare è la sola cosa che funziona efficacemente. Essa confina oggi donne, uomini e bambini in quarantena. Fuori, il cimitero, dentro la televisione, la finestra aperta su un mondo chiuso! È la messa in una condizione capace di aggravare il malessere esistenziale facendo leva sulle emozioni ferite dall'angoscia, esacerbando l'acciecamento della collera impotente.
Ma anche la menzogna cede al disastro generale. La cretinizzazione di stato e populista tocca i suoi limiti. Non può negare che una esperienza è in corso. La disobbedienza civile si propaga e sogna società radicalmente nuove perché radicalmente umane. La solidarietà libera dalla loro pelle di montone individualista individui che non temono più di pensare da sé.
Il coronavirus è divenuto il rivelatore del fallimento dello Stato. Ecco quanto meno un oggetto di riflessione per le vittime del confinamento forzato. All'epoca della pubblicazione delle mie Modeste proposte agli scioperanti, alcuni amici mi hanno illustrato la difficoltà di ricorrere al rifiuto collettivo, che suggerivo, di pagare le imposte, le tasse, i prelievi fiscali. Ora, ecco che il fallimento inverato dello Stato-canaglia attesta una disintegrazione economica e sociale che rende assolutamente insolvibili le piccole e medie imprese, il commercio locale, i redditi bassi, gli agricoltori familiari e persino le professioni cosiddette liberali. Il collasso del Leviatano è riuscito a convincere più rapidamente delle nostre risoluzioni ad abbatterlo.
Il coronavirus ha fatto ancora meglio. Il blocco delle emissioni produttiviste ha diminuito la polluzione globale, esso risparmia milioni di persone da una morte messa in programma, la natura respira i delfini tornano ad amoreggiare in Sardegna, i canali di Venezia depurati dal turismo di massa ritrovano un'acqua limpida, la borsa affonda. La Spagna si risolve a nazionalizzare gli ospedali privati, come se riscoprisse la sicurezza sociale, come se allo Stato sovvenisse lo Stato sociale che ha distrutto.
Niente è acquisito, tutto comincia. L'utopia cammina ancora carponi. Lasciamo alla loro vacuità celeste i miliardi di banconote e d'idee vuote che girano in tondo sopra le nostre teste. L'importante è "curare da noi i nostri affari" lasciando che la bolla affaristica si disfi e imploda. Guardiamoci dal mancare di audacia e di fiducia in noi stessi!
Il nostro presente non è il confinamento che la sopravvivenza c'impone, è l'apertura a tutti i possibili. È sotto l'effetto del panico che lo Stato oligarchico è costretto ad adottare misure che ancora ieri decretava impossibili. È all'appello della vita e della terra da riparare che vogliamo rispondere. La quarantena è propizia alla riflessione. Il confinamento non abolisce la presenza della strada, la reinventa. Lasciatemi pensare, cum grano salis, che l'insurrezione della vita quotidiana ha virtù terapeutiche inaspettate.
17 marzo 2020
Raoul Vaneigem
[Il pezzo "Coronavirus" datato 17 marzo e apparso il 19 marzo su Lundi Matin è, come dice la redazione stessa, un'anticipazione di una raccolta di scritti di Vaneigem in via di pubblicazione sotto il titolo "L'insurrezione della vita quotidiana" per Editions Grevis https://editionsgrevis.com/]
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lamilanomagazine · 2 years ago
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Dal 23 marzo “Il Piccolo Principe” al Teatro Repower di Milano
Dal 23 marzo “Il Piccolo Principe” al Teatro Repower di Milano. Dopo il successo del debutto nazionale a Roma e delle tappe di Bologna, Torino e Firenze, con oltre 41mila biglietti venduti, “Il Piccolo Principe”, di Antoine de Saint-Exupéry, la storia più letta e amata di tutti i tempi, conclude la tournée italiana al Teatro Repower di Milano. Lo spettacolo sarà in scena da giovedì 23 marzo a domenica 2 aprile, per poi approdare in Francia il prossimo autunno e ad Amsterdam, Berlino, Dublino, Lisbona e Madrid nel 2024. La storia che tutti conoscono ma nessuno ricorda, quasi a provare che quanto dice il suo autore corrisponde a verità: gli adulti non pensano mai alle cose veramente importanti. E quali sono queste cose? Quelle che ci insegnano da piccoli e che dimentichiamo una volta diventati grandi. Spetta proprio al Piccolo Principe, eterno bambino, rinfrescarci la memoria. Lo show firmato Razmataz Live è una rappresentazione unica nel suo genere, che si snoda attraverso gli innumerevoli linguaggi che la narrazione, la musica, il canto, la scenografia e, più in generale, la performance offrono. In equilibrio tra prosa, musical, nouveau cirque e installazione, ogni significato, ogni personaggio, ogni snodo della vicenda attinge al codice più adatto ad arrivare allo spettatore. «Ciascuna scena non si ferma agli occhi o alle orecchie o all’olfatto» – racconta il regista Stefano Genovese – «Quelli sono solo porte sensoriali per arrivare alla destinazione finale: il cuore di ogni spettatore». “Il Piccolo Principe” vanta un cast creativo di prim’ordine: Stefano Genovese (Regia), Carmelo Giammello (Scene), Paolo Silvestri (Direzione e arrangiamenti musicali), Guido Fiorato (Costumi) e Giovanni Pinna (Disegno luci).... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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