#libri sul tema dell’amore
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"L’amore è idrosolubile" di Fulvio Ervas: un romanzo sulla fragilità delle emozioni. Recensione di Alessandria today
Un viaggio ironico e poetico tra i legami umani e le loro contraddizioni
Un viaggio ironico e poetico tra i legami umani e le loro contraddizioni Recensione completaL’amore è idrosolubile di Fulvio Ervas è un’opera che si distingue per la sua capacità di mescolare ironia, leggerezza e introspezione. Pubblicato da Marcos y Marcos, questo romanzo affronta con maestria il tema delle relazioni umane, delle fragilità emotive e delle speranze disilluse. Attraverso una…
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Cristina Rivera Garza
Penso che tra i compiti di chi scrive ci sia quello di costruire uno spazio di ascolto, in cui si possa praticare la cura gli uni degli altri e l’attenzione. E grazie a questa energia poter costruire un mondo diverso.
Cristina Rivera Garza è la scrittrice che ha vinto il Premio Pulitzer 2024 per Liliana’s Invincible Summer: A Sister’s Search for Justice, memoir autobiografico tradotto in italiano con il titolo L’invincibile estate di Liliana.
Docente di Studi Ispanici all’Università di Houston, ha fondato e dirige il dipartimento di scrittura creativa, il primo in lingua spagnola in tutto il paese.
È autrice di racconti e romanzi. Nessuno mi vedrà piangere ha vinto numerosi premi nazionali e ricevuto elogi da scrittori del calibro di Carlos Fuentes.
Nata il primo ottobre 1964, in Messico, nello stato di Tamaulipas, vicino al confine con gli Stati Uniti, ha iniziato a scrivere sin da giovanissima.
Laureata in storia dell’America latina, ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Houston e insegnato in diverse università tra Messico e Stati Uniti. I suoi studi sono stati pubblicati su riviste prestigiose.
Accanto alla carriera accademica, ha continuato a coltivare l’amore per la scrittura, diventando la scrittrice messicana più prolifica e premiata della sua generazione. Oltre ai suoi libri, ha partecipato ad alcune antologie e sperimentato la scrittura attraverso diversi blog, che oltre a sperimentare la partecipazione anche del pubblico, sono diventati degli spazi di editoria indipendente. Ha coniato il termine “tweetnovel” (tuitnovela in spagnolo) una sequenza temporale di un racconto scritta dai personaggi.
Ha impiegato trent’anni per scrivere L’invincibile estate di Liliana, sul femminicidio della sorella Liliana, studente di architettura uccisa a Città del Messico il 16 luglio 1990 dal suo ex fidanzato che non accettava che lei volesse lasciarlo e rifarsi una vita senza di lui.
Pubblicato nel 2021, è entrato subito a far parte delle migliori opere dell’anno del New York Times, del Washington Post, Economist e utilizzato come manifesto contro la violenza di genere e il femminicidio.
Ha ricostruito la storia della sorella partendo dalle indagini dell’epoca, raccontando la storia personale ma universale dell’ennesimo caso di violenza di genere, affinché la memoria della sorella, il suo passaggio terreno, non siano più messi a tacere nel silenzio del dolore.
Credo che gli scrittori non usino una lingua privata, che la lingua nella quale ci muoviamo sia sempre quella della collettività, della comunità a cui apparteniamo. Non avrei mai potuto scrivere questo libro senza la lingua che le donne hanno elaborato negli ultimi anni su questo tema, senza il linguaggio dei movimenti femministi che hanno cambiato i nostri paesi negli ultimi trent’anni, ha spiegato in un incontro pubblico.
In Messico undici donne ogni giorno vengono ammazzate per mano di un uomo, una cifra incredibile.
Il crimine di femminicidio è stato riconosciuto ufficialmente come un reato nel 2012, quando è stato incluso nel codice penale federale con l’articolo 325 che dice: “Commette il delitto di femminicidio chi priva della vita una donna per questioni di genere”. In molti paesi del mondo, tra cui l’Italia, questo tipo di reato non è stato ancora inserito nel codice penale.
Negli anni novanta avrei avuto a disposizione solo le parole del delitto passionale, che come sappiamo dà spesso la colpa alla vittima per la violenza subita. Avrei fatto del male a mia sorella e a me stessa. Ci sono voluti anni di cambiamenti. Avevo bisogno di un altro vocabolario. Abbiamo cambiato il nome alle cose, abbiamo smesso di chiamare la violenza con il lessico dell’amore romantico. Come sorella di Liliana e come scrittrice avevo bisogno di questo cambiamento, di rivoluzionare lo sguardo, di altre parole.
Determinante è stato, per la scrittrice, il momento in cui ha assistito alla performance Un violador en tu camino (uno stupratore sulla tua strada) del collettivo femminista cileno Las Tesis, è stato così che ha capito finalmente esistevano le parole per raccontare il femminicidio della sorella e delle orecchie pronte ad ascoltare un altro tipo di storia.
Ne è scaturito così un libro che racchiude diversi generi letterari: il memoir, l’autofiction, l’inchiesta, l’epistolario e il racconto.
Per Cristina Rivera Garza scrivere questo libro è stato anche un lavoro di restituzione e di memoria. “Riportare alla luce queste vite, sentire la mancanza di queste donne uccise è un modo di riportarle tra noi, sentire la loro mancanza è un modo per fare giustizia”, dice la scrittrice, che sta ancora aspettando che si svolga un processo sull’omicidio della sorella Liliana. L’uscita del libro ha contribuito ad accelerare le pratiche per riaprire il fascicolo d’indagine sull’omicidio.
L’invincibile estate di Liliana è stato scelto perché è “una storia che mescola memorie, giornalismo investigativo femminista e biografia poetica uniti a una determinazione nata dalla perdita”, questa la motivazione della giuria del Pulitzer.
L’attribuzione del prestigioso premio rappresenta una speranza per il presente: la promessa, forse, che qualcosa possa cambiare nel futuro.
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Gabriel Garcia Marquez "Ci vediamo in agosto", presentazione
Ci vediamo in agosto, romanzo musicalissimo di variazioni sul tema che è nello stesso tempo un inno alla libertà, un omaggio alla femminilità, una riflessione sul mistero dell’amore e dei rimpianti. Un’esplorazione del desiderio che non si affievolisce con l’età; il dono inatteso e sorprendente di uno dei più grandi scrittori che il mondo abbia mai conosciuto.(da Mondadori Libri) Un romanzo…
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Michela Pittari - “Il volto dei sogni”
L’autrice presenta il suo libro in collaborazione con l’AIRC
Si intitola “Il volto dei sogni” il primo libro di Michela Pittari, giovane autrice ventinovenne originaria di un piccolo paesino sulle sponde del lago Maggiore. Edito dalla F02 Studio, è un romanzo d’amore, la cui storia è ricca di sfaccettature e dal finale inaspettato e molto intrigante, descritta da una giovane donna che si interroga sempre sui tanti aspetti dell’amore, tema dove non si smette mai di imparare e di crescere. Ma dietro a questo libro c’è molto di più: il romanzo nasce dal profondo dolore provato dalla scrittrice per la perdita di entrambi i genitori per tumore, motivo per cui l’opera esce in collaborazione con l’AIRC, la nota fondazione italiana per la ricerca sul cancro, alla quale andranno una parte dei proventi di vendita.
Un racconto intenso e sincero, che ruota intorno a Genny, bellissima ventenne dai capelli biondo scuro e gli occhi color cielo che frequenta l'ultimo anno di liceo classico insieme alle sue migliori amiche, Camilla e Lisa, e nella vita sogna di diventare una veterinaria. Come tante coetanee, Genny da tre anni ha una relazione con Oliver, un ragazzo che a causa di alcune amicizie sbagliate ha preso una cattiva strada, e si è rivelato una persona completamente diversa da ciò che era. La relazione tra i due finisce nel locale più frequentato della città, in una sera nella quale tra la rabbia ed il dolore gli occhi di Genny incrociano per la prima volta e per puro caso quelli verde smeraldo di Aron, il cui sguardo sembra leggerla così tanto in profondità da raggiungere i suoi pensieri più reconditi. Da quel momento Genny non riesce più a togliersi dalla testa quel ragazzo sconosciuto ed estremamente affascinante, ma i loro destini sono destinati a incontrarsi ancora. Genny e Aron sono due cuori legati da un filo invisibile che li fa avvicinare l’uno all’altra sempre più, fino a scoprire l’emozione di un amore completamente nuovo, un amore capace di far loro vivere sensazioni mai provate prima. Ma quando tutto appare perfetto, qualcosa spezza quel filo magico che sembrava essere indistruttibile. Senza darle nessuna spiegazione, Aron si allontana di colpo dalla vita di Genny, lasciandola sommersa da milioni di punti interrogativi, e di lacrime. L’amore per Aron, porta Genny a indagare sul motivo di quella scelta così improvvisa, ma ciò che scoprirà la lascerà senza parole…
La scrittrice ci rivela che il libro fa parte di una trilogia; dunque, ci saranno altri due capitoli che seguiranno questo primo racconto attraverso il quale Michela Pittari ci regala parte della sua spiccata sensibilità e di quel mondo fatto di libri e scrittura che da sempre la appassiona, una dimensione nella quale si trova a proprio agio e che la fa sentire al posto giusto nel mondo. A tutto questo affianca attualmente la frequentazione del secondo anno del corso di recitazione come attrice presso la SG Academy di Germignaga.
Isabel Zolli Promotion Agency
Sede Operativa: via Simone De Saint Bon 47 - Roma
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idee regalo
In questi giorni sono tornata in libreria. Lo so che erano aperte da tempo, ma tra una cosa e l’altra non avevo ancora trovato il giusto momento. Andare in libreria non è una cosa che posso fare di sfuggita, mi richiede uno sguardo lontano dall’orologio e dal portafoglio, ormai lo so u_u L’occasione l’ha fornita il compleanno di mia nipote, che sta ormai per raggiungere quota 7, ma considerata l’annata di scuola appena terminata non è ancora molto avvezza alla lettura. La sua sorellina tra poco ne farà 1 e per lei mi sa che farò un altro giretto prossimamente, anche se per ora con i libri pare avere solo un rapporto di violenza e distruzione é_è
I primi acquisti sono stati dei libri “interattivi”, di quelli con i quiz e i suggerimenti per disegnare. Mi aveva indicato lei gli scaffali dove guardare e spero di aver scelto bene. La festa la farà a tema unicorni e quindi almeno su quello si va sul sicuro ^_^
Poi ha fatto sapere di apprezzare questo genere, un po’ astratto. Tra i vari di questo autore (come per molti altri autori ed edizioni, eh) il prezzo di copertina spesso è un punto a sfavore, però tra quelli esposti nello scaffale che mi aveva fotografato ho trovato questo, che ha mooolte più pagine degli altri e un livello crescente di impegno richiesto, pagina dopo pagina, per scarabocchiare in modo sempre più abbondante e diversificato i pallini presenti e farli diventare altro o farli precipitare nel caos totale. Sono curiosa di vedere come diventerà il libro nelle sue mani *_*
Poi, siccome l’altro giorno mi stava facendo sentire le canzoni di Gigi d’Alessio in spagnolo e io ho replicato con le sigle di Slam Dunk e abbiamo parlato del giapponese e delle parole straniere che ho imparato con i cartoni, le ho preso anche questo, così almeno una parola giapponese la potrà imparare facilmente anche lei \(◕ヮ◕)/
Poi sono passata ai libri nel senso più classico del termine. E qui sfuma la divisione tra ciò che è per lei e ciò che è per me e non sono ancora sicura di ciò che finirà già nelle sue mani. Un po’ perchè alcuni sono difficili da leggere da sola, un po’ perchè vorrei tenerli in casa per averli a disposizione per leggerli insieme quando viene qui.
Questi li ho trovati cercando un vocabolario per bimbi. Non ne ho trovato uno con la gusta proporzione di semplicità e lo stile di disegni che mi facesse brillare gli occhi, ma in compenso ho trovato questi e ho portato a casa “Le parole magiche”, che illustra e racconta l’importanza delle lettere e delle parole da scegliere quando si scrive, specialmente se si compone una poesia.
“Da dove viene l’amore” e “A caccia dell’Orso” me li sono appuntati per un aprossima volta, sono semplici e molto dolci. Quando ho visto la copertina di “Isadora Moon” ho pensato subito che fosse perfetto per lei. Glitter, balletto e fate sono tipo gli ingredienti principali della sua esistenza. Io, di mio, ci vorrei aggiungere i vampiri, per abbassare un tantino il livello di glucosio metaforico. L’unico ostacolo, così come per “Giulia Bau” è che sono libri con tanto testo, sono proprio dei piccoli romanzi. Sono storie semplici, sfogliandoli sembrano molto scorrevoli, ma siamo proprio in un altro genere. Intanto li ho presi, poi vedremo. Comunque la Pitzorno è una garanzia, tanto quanto Rodari, per me, e prima o poi bisognerà cominciare la raccolta XD
Stesso discorso per “L’impavida Aurora” e “La Gatta Cenerentola”, che mi è saltato all’occhio perchè la fiaba della Gatta Cenerentola è una delle prime versioni alternative della storia di Cenerentola che ho imparato a conoscere. Era una delle fiabe italiane della raccolta a cura di Calvino, che a sua volta ne aveva prese tante dalla tradizione letteraria precedente e qui si va direttamente alla versione trascritta da Basile, però “tradotta” in un italiano corrente, come in effetti aveva fatto Calvino. Forse anche Calvino ormai va tradotto? Spero di no T_T
Invece Heartstopper è stato una bella sorpresa e me lo sono segnato per quando sarà un po’ più grande. Il tema dell’amicizia e dell’amore tra due ragazzi delle superiori è ancora ben lontano dai suoi interessi, per ora. Vedremo se prenderlo in italiano o in inglese, a quel punto ^_^ Io l’ho letto praticamente tutto qui sul tumblr dell’autrice Alice Oseman ed è bellissimo *_* Mi rendo conto ora che è l’unico vero e proprio fumetto tra tutti quanti. Chissà quando riuscirò a farla avvicinare a questo mondo... forse potremmo cominciare a saggiare il terreno con qualche esemplare dai quintali di Topolini dello zio e poi vedere come va...
Poi sono passata ai regali per gli altri. I “100 disegni in 100 giorni” sono un’idea per la mia amica G. e sono sostanzialmente la versione adulta dei pallini e degli unicorni e dei disegni kawaii di cui sopra XD Ne ho approfittato anche per prendere qualcosa per la mia mamma, che ha fatto il compleanno pure lei, a marzo, e abbiamo saltato qualsiasi festeggiamento, così come per la festa della mamma. Le ho preso il secondo volume della saga di Sapkowski e Good Omens, e penso che per nessuno dei due qui su tumblr ci sia bisogno di presentazioni XD Il primo volume della storia di Geralt le è piaciuto un sacco e credo che tra poco lo leggerà pure mio papà (i regali di libri per loro sono di fatto sempre regali per entrambi u_u) La serie non l’hanno ancora vista, così come non hanno visto Good Omens, ma conoscendoli apprezzeranno.
La guida all’opera di Gianni Rodari a cura di Boero invece è un promemoria per me, anche se potrebbe finire pure questo nelle mani dei miei, a cui in questi anni ho regalato anche un sacco di saggistica, tra un Montalbano e l’altro. Uno degli ultimi regali per mio papà era un mattone di commentario all’opera di Camilleri, per l’appunto. Questo potrebbe essere un buon compagno di libreria, in effetti.
Questi ultimi invece sono solo per me, per ora almeno. Due sono piccolissime storie dolci e un po’ surreali che mi hanno fatto pensare alla mia infanzia, mentre “Il vestito dei sogni di Rose” me lo sono appuntato per una prossima volta. E’ ispirato alla storia di Rose Bertin, stilista della regina Maria Antonietta, ed è anche questo un piccolo romanzo con molte illustrazioni. Pensando a quel discorso fatto giorni fa sui fasti ed i lussi dei palazzi reali e sul lavoro che c’è stato dietro, su cosa va ricordato e celebrato veramente nei musei e con le statue, forse non è un libro da sottovalutare. Voglio tornare a sfogliarlo meglio.
#cose mie#books#children's books#in questi giorni#heartstopper#gianni rodari#the witcher#note to self#vita da zia
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Eccomi qua, anche io con una relazione difettosa, o forse quella difettosa sono io.
Sono una ragazza di 30 anni, indipendente, ambiziosa e che sa il fatto suo e il suo valore nella vita e nel lavoro che sto intraprendendo. Sto cercando di costruirmi una carriera. Viaggio tanto, ho un giro di amicizie fantastiche, tanti interessi e una famiglia che mi ama e mi supporta in tutto quello che faccio. Le relazioni amorose però, per un certo verso, non sono il mio forte.
Ti faccio una premessa, ho perso mia madre quando avevo 10 anni e mio padre a 19. Genitori che ho amato/amo alla follia. In particolare mio padre. Un uomo che ad oggi, con un po’ di complesso di Elettra, vedo perfetto e inarrivabile. Un padre che però mi ha insegnato che non avrei mai dovuto dipendere da uomo, ma quest’ultimo doveva essere un compagno di vita che sceglievo per amore indipendentemente dal resto. Dovevo insomma essere felice.
Ti tralascio i dettagli di storie passate andate male, una miriade di amori non corrisposti in cui mi sono persa inutilmente, non sono riuscita a stare con uomini che non amavo, ma loro mi avrebbero portato la luna. Relazioni brevi e fugaci, mai nulla di veramente serio, ma sono sempre loro che mi lasciano e poi trovano una nuova che sembra “l’amore della vita”. Mi chiedo come mai, dove sbaglio, perché sono l’eterna seconda e che cosa mi manca per non essere scelta. Troppo super donna? Troppo indipendente? Troppo incasinata? Troppo ingestibile? O forse no, forse sono solo io che mi vedo così e in realtà non c’è grande valore in tutto quello che ti racconto di me.
Eppure io cerco qualcuno con cui costruire una vita e chissà magari una famiglia e più cresco più ho voglia di questo.
Arriviamo alla mia ultima relazione difettosa.
L’anno scorso ho incontrato P., poco più grande di me, affascinante e intrigante. Già ci conoscevamo, io sapevo che lui non era in cerca di cose serie, ma io, uscita da un’altra storia difettosa, decido di accettare un suo invito. Parte così una relazione friends with benefits, cercata da entrambi ma principalmente imposta da lui (ma dai). Lui mi inizia a piacere sempre di più, quindi arriva un punto in cui questa relazione non è abbastanza per me.
Chiudo la relazione facendomi piano piano di nebbia, con dispiacere ma senza rancore. Incontro un altro ragazzo E., sulla carta il principe azzurro. Fa tutte quelle cose che P. non faceva. “Ti vengo a prendere in stazione”, “Mi manchi”, “Passiamo una giornata insieme”. Insomma tutte quelle cose belle da relazione normale. P. appena scopre che mi sono fidanzata mi cerca e mi ricerca, convinto che mi avrebbe portata tra le sue braccia di nuovo. Ma io non ci casco, non posso farlo a me stessa e al rispetto che ricevo in questa relazione. Lo respingo più e più volte per 8 mesi. Come un fulmine a ciel sereno E. mi lascia con un “non provo sentimenti”. La vera realtà dei fatti è che aveva incontrato un’altra. A quel punto, dopo una delusione iniziale, capisco che questa relazione, che sembrava perfetta e un trampolino verso una vita insieme, in realtà non mi aveva lasciato niente.
Ovviamente cosa faccio, ovviamente torno da P. – Cerco di impormi più leggerezza, “quel che viene viene”.
Non ho aspettative e sono più sicura di me. Per tre mesi ci vediamo, di base sembra solo sesso, ma è tutto diverso rispetto all’anno prima. Parliamo, ceniamo insieme. Io vedo solo lui e lui vede solo me, ma rimaniamo nel limbo. Viviamo e stiamo bene. Accade la quarantena e non ci possiamo più vedere. Il tempo si ferma e siamo alienati. Veniamo sottratti del sesso, ma abbiamo entrambi voglia di sentirci accanto. Parliamo tanto e ci preoccupiamo l’uno dell’altra “mi man
chi” “non vedo l’ora di vederti” “quando finisce tutto stiamo un giorno insieme”. Io ovviamente non sono immune a tutto questo, ma mi ripeto che è il disagio della quarantena che spinge lui a fare questo, per proteggermi
La quarantena volge al termine, torniamo a una vita pseudo normale. Ci vediamo, lui è freddo e distante. Io quindi mi comporto di conseguenza. Di lì a qualche settimana mi dice che ha iniziato a frequentare seriamente un’altra, ma che a me ci tiene, magari “rimaniamo amici”. Di nuovo, l’eterna seconda, quella che non è abbastanza.
Senza rancore, scenate o spiegazioni, gli auguro il meglio e gli dico che possiamo mantenere un rapporto civile. Sono ferita, ma intraprendo la graceful exit, da signora. Lui continua a scrivermi continuamente (ammetto che mi fa pure piacere), io rispondo per educazione ma ovviamente distante e senza provocarlo. Lui rigira la frittata, dicendo che sono fredda, arrabbiata e che non ne ho motivo. Quindi adesso sbaglio pure le reazioni? Troppo dura? Cosa si aspettava l’amicona o la gatta morta che continua a provarci? Niente Ester, vorrei avere la forza di uscire definitivamente da questa storia e abbandonare questa persona, ma una voce dentro di me mi dice di provare il tutto per tutto perché non hai niente da perdere.
Scusami per il papiro.
Grazie mille.
G.
Cara G.,
insomma siamo sempre qui. Che mi squaderni a fare il curriculum della prima della classe se poi non usciamo dal desiderio somaro di relazione complessa? A che serve aver letto i libri giusti, viaggiare, l’iscrizione al circolo arci?
Devo provare tutto perché non ho niente da perdere. Che invidiabile disprezzo per il tempo, G., hai trovato il negozio che vende vite di riserva a poco prezzo senza intercessione del demonio?
Dannarsi piace e tutte le scuse sono buone. C’è poco da fare a parte ammetterlo.
La prendo con leggerezza, quello che viene, viene – la balla suprema. Chi sa pendere le cose con leggerezza inconsistente è la gattamorta, padrona e gran Ciambellana dei sentimenti. E le gattamorte certo non scrivono, sono offline a comandare il mondo. È una questione di carattere. Per le cose prese con leggerezza ci vuole la mano, il talento, lo spirito, serve fregarsene in fondo dell’amore e serve nascerci. Quelle streghe sono inarrivabili, disinvolte bellissime. Pure io volevo essere una di loro.
Tuo padre aveva totalmente ragione. Serve un uomo perbene, rispettoso, di rette abitudini e sani pensieri, non prepotente, forte, generoso, lucido, intelligente, cresciuto, risolto. Ce ne sono, questa è la buona notizia, non con tutte le qualità in equo bilanciamento, ma ce ne sono. Codesti masculi santi non sono neanche avvolti nelle tenebre, occultati, tenuti a chiavistello. A differenza del marcio, il buono non è qualità che resta nascosta a lungo. Insomma il bravo figliolo di solito lo riconosci, non serve scavare alla ricerca di qualità inabissate.
Gli inutili, quelli che scrivono ma non ti vogliono, pure loro ci tengono a farsi riconoscere, a dirla tutta. Certi (come il tuo) propongono senza tema il contratto di assunzione alla poveracrista: non voglio niente di serio da te. Sei al nero, baby. E il pesce abbocca lo stesso! Senza esca! Alcune automunite si recano anche a casa sua! We deliver!
La verità è che la femmina non vede l’ora: si sente sfidata a riuscirci, tu non mi vuoi ma io ti plagerò – l’eroina, la cretina. Alzi la mano chi l’ha fatto e si scagli la prima pietra da sola.
Parità di genere sarebbe accettare davvero l’accordo “va bene così”. Poi però non va mai bene così e precipitiamo negli eterni anni novanta del “perché non chiama?”.
A complicare le cose ci si mette la fortuna di incontrare per la via gente che invece a te ci tiene. Ogni relazione decente che il padreterno ti manda sarà sempre sfregiata da una domanda: epperò come mai non provo niente? Perché sono invece attratta da eccetera?
Succede perché il buono non garba tanto spesso, G., figurarsi a vent’anni, trenta. Bisogna essere persone con tutti i bulloni a posto per innamorarsi solo degli adatti, servono troppe circostanze fauste: eccellenti genitori, belle amicizie, vita in città con alternative facili – dove basta cambiare quartiere per cambiare gente. E soldi, non parliamo di quanto aiutino i soldi a non innamorarsi male.
Non mi prendo la responsabilità del freddo che sta per scendere su questa pagina, lascio a Flaiano. Che spiega perché molte di noi sono sceme, o sono state sceme per qualche decennio, e in generale perché il mondo va alla rovescia.
Indulgenza per la gente che si comporta male. Chi non suscita né simpatia né compassione è l’uomo medio, onesto e senza grandi inclinazioni al male. L’uomo che lavora per tirare avanti, che mette su famiglia e la mantiene. L’uomo medio è antipatico. (Io sono antipatico. Mi si sopporta). Per diventare simpatico bisogna comportarsi da canaglia, per farsi amare bisogna farsi mantenere. È l’equivoco erotico che continua. Il malvagio dà quelle garanzie sessuali che la persona per bene non dà. Chi si comporta rettamente ammette la sua «ordinaria» attività sessuale e non interessa.
Il seguito, quello che osservo sugli esiti degli amori stracciati, ovvero la convalescenza, come guarisce la testa di femmina che picchia sul muro alla ricerca dell’amore fatto apposta per me, è una lenta convergenza verso uno stato d’animo non troppo definibile, fatto della stessa sostanza della vittoria e della rassegnazione, che s’addensa in luoghi comuni. Sono il patrimonio dell’umanità femminile che viene tenuto nelle stanze segrete, questi luoghi comuni.
Li avrai sentiti pure tu. Più ti allontani dai vent’anni meno sanno di rancido. Eccone alcuni, ho preso i più banali: “Poi subentrano altre cose” “L’amore non è quello dei vent’anni” “se mi mettevo a cercare quello perfetto lo trovavo all’ospizio” “le favole lasciamole alle ragazzine” “leviamole pure alle ragazzine”.
L’amore è fatto di una mezza misura perfetta, G.. E’ una lenta aggiustata delle aspettative, una sudata discesa nelle valli del compromesso. Vedi tu per che via arrivare alla relazione finale. Guerra o pace. Se sei più a tuo agio dentro le dolenti poesie o in un messaggio whatsapp che dice “manca il detersivo per la lavastoviglie”.
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“Mi deprime l’Italietta del posto fisso, delle false certezze, dei riti compiuti per non pensare, per non mettersi in gioco, per non rischiare nulla”. Dialogo con Andrea Di Consoli
Ippolita Luzzo intercetta Andrea Di Consoli sul treno Roma-Genova. Dalla Stazione Termini con la canzone di Jannacci in testa Prendeva il treno “Prendeva il treno per non essere da meno Prendeva il treno per sembrare un gran signor”. Viaggiando con Andrea, già autore di libri importanti (per Rizzoli ha pubblicato, tra l’altro, La curva della notte e La collera) ci smarriamo nel Diario dello smarrimento (Inshibboleth Edizioni, 2019), ultima sua confessione intima, che ci riporta ad una stazione come casa. Alla nostalgia di casa. Dice infatti Andrea di sentirsi a casa alla Stazione Termini sin da quando arrivò a Roma nel 1996 e a lui ora chiedo quasi fermandolo sui binari “Ma la casa vera dov’è? Cos’è la casa?”.
“La casa è la pace. Ma cosa significa ‘sentirsi a casa’? Non credo di saperlo, non credo di averci mai ragionato a fondo. Nella mia vita ho cambiato tante case. Ma il concetto di ‘casa’ è legato esclusivamente al manufatto che siamo soliti, appunto, chiamare casa? Tuttavia il manufatto è importante, è cruciale, nessuno può negarlo. Per tanti la casa è rifugio, sicurezza, pace. Per altri è prigione, costrizione gabbia. Non so esattamente dove sia casa, per me. Anche perché non ce l’ho. Vivo da sempre in affitto. E la casa in Basilicata, a Rotonda, non è mia, ma dei miei genitori. In ogni caso, non mi sento a casa da nessuna parte. Anzi no, voglio dirla meglio: a volte mi sento a casa a Roma, a volte a Rotonda, a volte a Napoli, a casa della mia compagna. E questa pace ha a che fare con qualcosa di interiore, di psicologico. Il tema è enorme, e non so metterlo bene a fuoco. Forse l’unica certezza che ho sull’argomento è che vorrò essere seppellito a Rotonda, quel giorno. Di questo sono davvero certo. Per il resto, chissà se avrò mai una casa su questa terra dove, appunto, sentirmi in pace, al sicuro. Sinora la pace e la sicurezza li ho vissuti per degli attimi, ma mai interamente, e questo mi pesa, anche perché sento che le forze di un tempo stanno venendo meno, e il nomadismo richiede una grande energia fisica”.
Io mi sono sentita molto a casa nel tuo libro, nei tuoi pensieri. Considerando la casa il nostro corpo, la nostra mente, i nostri abiti e ciò che abbiamo nelle tasche, noi siamo come le lumache e ci portiamo dietro chi abbiamo fatto entrare. Leggendoti, mi sembra di conoscerti da sempre e di conoscere con te persone che io non ho incontrato ma che fanno ormai da anni parte della mia casa. Tu ricordi Rocco Carbone, da me conosciuto per un delizioso articolo di Romana Petri, sua cara amica. Da allora Rocco quasi sta come presenza amicale qui da me, con i suoi libri. Questa è la grande potenza della letteratura, riuscire a dire e a dare oltre il tempo contingente. Riuscire a farci smarrire però facendoci ritrovare, vero?
“Questo vale finché c’è la vita. Finché la vita è sopportabile, decifrabile. Poi vi sono dei momenti in cui purtroppo il buio del dolore non fa più apprezzare niente, tanto che le parole, in quelle circostanze, sono solo chiacchiere. La letteratura è un luogo caldo, fraterno. Ma solo finché c’è la vita, cioè finché la vita è sopportabile. Perdersi, ritrovarsi… A volte mi chiedo cosa ci abbia condotto sin qui, sino a questa scellerata convinzione che possa esistere un ordine, una sicurezza, una normalità. La gente è dilaniata da paure, insicurezze, paranoie, violenze di tutti i tipi, eppure se ti guardi intorno vedi tanta gente che si convince di un ordine assurdo, illusorio, certamente umano, ma ipocrita. Quando mi chiedono perché amo la globalizzazione e le grandi migrazioni io rispondo sempre perché mi deprime l’Italietta del posto fisso, delle false certezze, delle piccole cose di pessimo gusto, dei riti compiuti per non pensare, per non mettersi in gioco, per non rischiare nulla. Perdersi non è la malattia: la malattia è clinicizzare tutto. Considerare matto chi sta nella verità dello smarrimento, del fuoco, della paura, della Wanderung“.
“Nella verità dello smarrimento” troviamo momenti individuali, l’individuo solo senza connessioni, l’individuo alle prese con i figli da crescere, con il lavoro precario e con un tessuto sociale sempre più sfilacciato. E l’individuo nella storia dei cambiamenti sociali ed epocali. Tu hai scritto diversi saggi sulle condizioni nel Mezzogiorno. Condizioni di potere uguali dappertutto. Se pensiamo che nel 1500 durante la signoria dei Medici si tenevano banchetti pubblici. I nobili mangiavano e il popolo assisteva allo spettacolo. Restava per il popolo lo spettacolo rutilante delle portate e i profumi di esotiche vivande e fra loro, fra i poveri, si litigava per i resti, per cosa cadeva dal tavolo. In uno dei tuoi frammenti ci porti a Rotonda dove comandavano quattro famiglie. Bisognava portare doni e riverire. Tu ci dici che si bussava alle porte dei potenti coi piedi perché le mani erano ricolme di doni. La sottomissione di chi aveva bisogno era umiliante. Poi è sembrato per un periodo che ci fosse la possibilità di sconfiggere per sempre l’umiliazione imposta dal forte sul debole con la scuola, con la Costituzione. Vorremmo ancora crederci, anzi invitiamo i nostri figli a crederci quasi come un mantra. Ed è questa una delle altre case che ci appartiene, vero? La scuola, il sapere…
“Sì, ma la cosa più umiliante per noi è constatare che la contestazione delle classi subalterne avviene proprio sul terreno del sapere, considerato come luogo del privilegio, delle élite. Trovo assurdo disprezzare il sapere solo perché le classi dominanti, giustamente, amano sapere, sanno. Mi sembra un autolesionismo assurdo, incredibile. Ma il sapere non è solo uno strumento socio-economico di emancipazione, bensì un allargamento spirituale, che rende più vita la vita, più reale la realtà, più complesse le cose che, troppo spesso, ci sembrano facili per ignoranza, superficialità. Tuttavia, qualcosa della mentalità piccolo-borghese rispetto al sapere va scardinata. Quell’idea della laurea, del concorso pubblico, del posto fisso, la casa al mare, ecc. Quell’idea così angusta e svilita del sapere che ha reso il Sud Italia un deserto abitato da ex aristocratici, da impiegati pubblici e da un lumpenproletariat 2.0. Il sapere emancipa non soltanto da difficili condizioni socio-economiche, ma anche dalla grettezza di chi difende il proprio orto senza pensare al mondo, senza pensare all’infinito”.
C’è stato un vero attacco, hai ragione, a chi ha studiato, a chi possiede una laurea, ed è pur vero che si dovrà ricominciare a ripensare al valore dello studio come forza e non come potenza. E ritornando alle case ideali dove noi abitiamo risento quel tuo “messaggio in bottiglia” che poi tu dici di essere la più atroce delle storie letterarie, da lì io vorrei riprendere idealmente il treno di quel personaggio di Jannacci, il treno di “Prendeva il treno” e con un tuo pezzo ritornare all’amore “La vastità desertica del terreno amoroso, la complessità dei legami tra due individui, che sono come due galassie solitarie destinate a incontrarsi e condannate a collidere. Con la più grande illusione che è la facilità dell’aggancio sensoriale. Quando due persone adulte si incontrano sono sempre diversi i motivi per cui due persone si ritrovano in quel territorio in apparenza stretto, in realtà larghissimo, che è l’amore”. Una delle case più care a tutti noi è la casa dell’amore. Nel Regno Della Litweb indubbiamente noi stiamo tutti con te, Andrea. Con te e con Jannacci “E prende il treno per non essere da meno, E piange e ride per quel grande, assurdo amor!”. Messaggi in bottiglia dal “Diario dello smarrimento”.
Ippolita Luzzo
L'articolo “Mi deprime l’Italietta del posto fisso, delle false certezze, dei riti compiuti per non pensare, per non mettersi in gioco, per non rischiare nulla”. Dialogo con Andrea Di Consoli proviene da Pangea.
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Venere. Natura, ombra e bellezza
Con Venere. Natura, ombra e bellezza a cura di Claudia Cieri Via, dal 12 settembre al 12 dicembre 2021 si apre la terza tappa del progetto espositivo Venere divina. Armonia sulla terra prodotto da Fondazione Palazzo Te. Una mostra che si avvale di un comitato scientifico composto da Stefano Baia Curioni, Francesca Cappelletti, Claudia Cieri Via e Stefano L’Occaso, e che attraverso importanti prestiti internazionali – dalla Biblioteca Apostolica Vaticana al Musées royaux des Beaux-Arts de Belgique di Bruxelles, dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid alle Gallerie degli Uffizi di Firenze, all’Akademie der bildenden Künste di Vienna e molti altri – è un’occasione unica per esplorare i diversi volti della dea che hanno popolato l’arte europea e italiana del Cinquecento, mostrandone le luci e le ombre, il fulgore e il furore, e ripercorrendo immaginari e rappresentazioni capaci di esercitare il loro fascino fino ai giorni nostri. Da Lucas Cranach a Peter Paul Rubens, dalle monete romane ai Libri d’ore, da Dosso Dossi a Guercino, da Paris Bordon al Veronese, l’esposizione Venere. Natura, ombra e bellezza restituisce la mutevolezza dell’immagine della dea lungo un arco temporale che va dal II secolo a. C. al Seicento. Venere è una figura prismatica: nasce dalle acque come Venere celeste, presiede alla rigenerazione della natura come Venere primavera; sposa di Vulcano, è amante di Marte e innamorata di Adone, ma soprattutto madre del pericoloso Cupido e con lui testimone di amori infelici, molteplici valenze che è possibile ripercorrere nelle sale di Palazzo Te. Il progetto espositivo, articolato in nove sezioni, si apre con esempi di statuaria antica, che rappresentano una Venere celeste e intangibile simbolo della perfetta bellezza e dell’amore virtuoso, insieme a un prezioso esemplare del De Rerum Natura di Lucrezio appartenuto a Papa Sisto IV. Il percorso prosegue con altri importanti manoscritti miniati in cui la dea è protagonista di favole e miti sulla natura in cui si materializzano i suoi poteri e le sue vicende. Il dipinto Venere e Mercurio presentano a Giove Eros e Anteros del Veronese (Gallerie degli Uffizi, Firenze) ritrae una Venere che presiede alla generazione e ai piaceri amorosi, un buon auspicio nuziale. La Venus genetrix, presente anche in due delle monete antiche esposte in mostra, sovrintende l’armonia con la natura, aspetto cruciale nella progettazione delle ville del Rinascimento. La mostra presenta anche opere che consacrano Venere dea della bellezza in cui Venere è la ninfa leggera caratteristica delle rappresentazioni del Rinascimento arrivate fino ai giorni nostri, nelle figure di Gradiva o nelle danze di Isadora Duncan. Ma se Venere è vitalità e movimento, può essere anche immagine del risveglio dei sensi e della natura come nell’opera di Dosso Dossi della Collezione Magnani di Bologna. La raffigurazione di Venere, nuda e perfetta, apre una finestra anche sul tema del modello: l’idea che si potesse prendere come soggetto una bellezza contemporanea, affiora all’inizio del Cinquecento, quando si teorizza l’esistenza delle Veneri viventi, muse ispiratrici degli artisti. La mostra prosegue nelle stanze di Palazzo Te, luoghi in cui Venere è costantemente raffigurata. Con lei si misurano le donne contemporanee – che il paragone letterario spinge verso il modello mitologico – le cui immagini vengono raggruppate, come quelle della dea e di eroine antiche, in camerini tematici, chiamate le stanze delle Belle da cui proviene anche l’olio su rame di Jacopo Zucchi La pesca del corallo. La natura complessa e inafferrabile della dea e delle sue raffigurazioni è testimoniata anche da uno sguardo alle forze magiche e irrazionali a cui attingono gli esseri umani quando si tratta di conquistare un amante riluttante; pozioni e incantesimi sono strumenti di Venere, ma di una Venere rovesciata, pericolosa, ingannevole che si ritrova nelle opere di Lucas Cranach, di Albrecht Dürer, di Dosso Dossi e velatamente nel dipinto di Paris Bordonproveniente dalla collezione Thyssen-Bornemisza di Madrid. La mostra si conclude con una sezione dedicata a Venere vincitrice dove, tra gli altri, troviamo Il giudizio di Paride di Peter Paul Rubens proveniente dalla Akademie der bildenden Künste di Vienna e Venere, Cupido e Marte di Guercino, capolavoro che richiama lo spettatore all’interno del quadro coinvolgendolo in un dialogo intimo con la divinità. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Skira (24 × 28 cm, 216 pagine 120 colori e b/n, brossura) con saggi di Claudia Cieri Via, Roberto Nicolai, Giuseppe Capriotti, Philippe Morel, Massimiliano Simone, Emilio Russo, Francesca Cappelletti, Stefano L’Occaso e un’introduzione di Stefano Baia Curioni. Con Venere. Natura, ombra e bellezza Fondazione Palazzo Te ribadisce un approccio culturale basato sulla cura della relazione con il patrimonio storico come atto di cultura contemporanea: metodologia che ha preso forma già nel 2019 con Tiziano/Gerhard Richter. Il cielo sulla terra e in seguito con Giulio Romano. Arte e Desiderio (2020), di cui il programma Venere Divina. Armonia sulla terra è l’ultimo capitolo. Il programmaVenere divina. Armonia sulla terra è stato inaugurato a marzo con Il mito di Venere a Palazzo Te, proseguito in estate con l'esposizione di Venere che benda amore di Tiziano, e, dopo la mostra Venere. Natura, ombra e bellezza, si concluderà a dicembre con l’esposizione in appendice del dipinto Venere con cupido di Moretto (1545-50ca) proveniente da una collezione privata mantovana. Il progetto è organizzato e prodotto da Fondazione Palazzo Te e Museo Civico di Palazzo Te, promosso dal Comune di Mantova con il patrocinio del MiC, il contributo di Regione Lombardia e Fondazione Banca Agricola Mantovana, il sostegno di Amici di Palazzo Te e dei Musei Mantovani e il supporto tecnico di Glas Italia, Pilkington, iGuzzini. Il progetto espositivo è a cura di Lissoni Associati, il progetto grafico è sviluppato da Lissoni Graphx. Read the full article
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Il segreto della felicità di coppia è dire "noi"
Un team di studiosi della University of Western Ontario ha studiato 12 mila coppie per concludere che se vuoi vivere una relazione felice non devi chiederti che cosa ti può dare ma che cosa tu puoi dare ad essa. Così, una visione tipicamente cristiana della coppia viene confermata dalla scienza delle relazioni più all’avanguardia.
di Giuliano Guzzo (01-09-2020)
Se c’è un tema sul quale negli ultimi anni si sono letteralmente sprecati fiumi d’inchiostro, esso è proprio la felicità di coppia. Libri, conferenze ed interventi di fior di psichiatri e sessuologi, sociologi ed opinionisti vari hanno provato, alternandosi, ad esplorare l’argomento senza tuttavia mai approdare ad una conclusione che potesse vantare il pregio del riscontro empirico, il solo che si configuri neutro e al tempo stesso oggettivo, quindi credibile. A colmare tale lacuna ci ha però pensato una nuova ricerca a cura di un team di studiosi della canadese University of Western Ontario (UWO) pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, una delle più accreditate riviste scientifiche internazionali.
Gli autori di questo lavoro, per realizzare il quale si sono considerati 43 dataset longitudinali – per un totale di quasi 12.000 coppie (11.196, per la precisione) -, si sono infatti interrogati sulla felicità di coppia. Felicità di coppia che è il pilastro su cui si regge la scienza delle relazioni, un ambito interdisciplinare che abbraccia psicologia, sociologia, economia e studi sulla famiglia e che, negli ultimi anni, ha identificato centinaia di variabili che concorrono a far sì che una storia d’amore possa essere appagante e duratura. D’accordo, ma quale di queste variabili ha davvero peso, prevalendo su tutte le altre?
Mediante una raffinata analisi statistica, con la quale si sono tenuti sotto controllo numerosi fattori, gli accademici canadesi sono approdati ad una conclusione tutto sommato semplice ma spiazzante dal momento che, sorprendentemente, suffraga considerazioni precedenti che tuttavia potevano sembrare solo punti di vista. In estrema sintesi, si è fatta una scoperta che può concettualmente essere suddivisa in due parti. Iniziando con la prima, quel che si è visto è che l’insieme di tutte le differenze individuali e le esperienze dei partner sulla qualità della relazione, in fondo, hanno un effetto modesto.
Semplificando, il fatto che uno possa essere particolarmente facoltoso, brillante o desiderato perché per esempio figura in vista, ecco, non dà alcuna garanzia che la sua storia d’amore possa essere più lieta di quella del marito dalle condizioni economiche modeste che, magari, si trova pure un carattere un po’ così. Perché tutti questi fattori hanno un peso, chiaro, ma non così grande, quando parliamo di vita di coppia. E allora che cosa conta veramente? Per certi versi «scoprendo l’acqua calda», gli studiosi della UWO hanno osservato come il più forte elemento predittivo dell’appagamento di coppia sia in sostanza la reciprocità nell’impegno percepito dal partner, nell’apprezzamento, nell’ascolto, insomma nella costruzione di un equilibrio condiviso.
«Questo indica che la persona che scegliamo non è così decisiva quanto la relazione che poi con essa costruiamo», ha commentato Samantha Joel, la principale autrice di questo studio, la quale ha pure aggiunto: «A fare la differenza è il modo con cui i partner si relazionano tra loro. La quotidianità che costruisci con qualcuno - le norme condivise, le battute, le esperienze condivise – pesa molto più dei singoli individui che compongono quella relazione». Per riassumere, se vuoi vivere una relazione felice non chiederti che cosa ti può dare ma domandati che cosa tu puoi dare ad essa.
Una conclusione banale, questa rivincita del «noi» sull’«io»? Per certi versi sì. Però fa comunque un certo effetto osservare come la più avanzata ricerca psicologica e sociologica – neppure così indirettamente – vada a confermare la visione morale cristiana, che com’è noto vede il matrimonio felice come vetta da raggiungere dapprima con il fidanzamento, inteso come conoscenza dell’altro, e poi all’insegna di una visione oblativa e non possessiva dell’amore, che faccia evadere dal proprio ego. Non a caso, san Giovanni Paolo II insegnava che «nel matrimonio l’uomo e la donna trovano la loro comune vocazione» (12 giugno 1994). Un’affermazione nella quale la parola importante è quella che lo sembra meno: «Nel».
Essa infatti sta a descrivere, con appena tre lettere, un concetto fondamentale: ciascuno può realizzare sé stesso non «attraverso» o «durante» la vita coniugale bensì «nella» vita coniugale, donandosi ad essa, immergendosi nella sua travolgente profondità a scapito, all’occorrenza, della propria individualità. E che cos’è questa visione tipicamente cristiana della coppia se non una formidabile anticipazione di quello che la scienza delle relazioni più all’avanguardia sta empiricamente scoprendo ora? Vale la pena chiederselo e vale la pena farlo riscoprendo quanto di meraviglioso, sull’amore sponsale, la Chiesa ha sempre insegnato
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Romanzi rosa contemporanei con eroine imperfette
Salve a tutti, eccomi con un nuovo post dedicato a una nuova lista di libri che mi è stata richiesta. E’ facile trovare romanzi rosa dove l’eroe maschile ha dei gravi difetti fisici come degli arti amputati o cicatrici di guerra, o traumi psicologici, o soffre di malattie croniche, oppure altri tipi di handicap, mentre è molto più difficile trovare dei libri rosa dove sia l’eroina femminile ad avere queste caratteristiche e nonostante questo riesca a trovare l’amore… Ancora più difficile se cerchiamo dei libri rosa contemporanei, non storici e in italiano. Credetemi in questo caso diventa quasi impossibile. Mi chiedo perché sia così? Questa sorta di maschilismo letterario in questo tipo di trame esiste perché rispecchia la realtà, e quindi un maschilismo reale che lo scrittore si limita a dipingere? Oppure è un preconcetto presente nella mente dello scrittore di romanzi rosa? E’ più facile che una donna accetti questo tipo di problemi/difetti in un uomo, che non un uomo in una donna, veramente o è solo un’idea sbagliata che oggigiorno sarebbe meglio sfatare? Vorrei sentire le vostre opinioni in merito.
Non nascondo poi come mi abbia rattristato vedere che invece in lingua inglese sia più facile trovare romanzi rosa con questo tema, che i problemi siano del personaggio femminile e non maschile resta raro, ma non come da noi. Tenete conto che io sto parlando in ambito romanzi rosa contemporanei, non storici, e non romanzi di altro genere, se allarghiamo il cerchio è possibile trovare più romanzi che parlino di disabilità, ma restano pochi, è un tema più trattato da libri autobiografici, o comunque non fiction, che fiction. Eppure ho accettato la sfida e ho trovato alcuni titoli che corrispondono alla richiesta: ’libri rosa contemporanei con eroina con problemi fisici o mentali’, sono pochini purtroppo, se voi ne conoscete altri elencateli pure nei commenti.
Iniziamo con dei libri recenti:
La matematica dell'amore di Helen Hoang
Stella Lane pensa che la matematica sia l'unica legge che regoli l'universo. Nel suo lavoro si serve di algoritmi per prevedere gli acquisti dei clienti, e questo le ha assicurato più denaro del necessario ma l'ha privata di un minimo di esperienza con gli uomini. Non aiuta il fatto che Stella sia affetta da Asperger e che i baci alla francese le ricordino uno squalo che si fa pulire i denti da un pesce pilota. La soluzione per i suoi problemi è una sola: fare molta pratica, con un bravo professionista. Ecco perché assume un gigolò, Michael Phan, un vero esperto nel settore, che accetta di guidarla in un articolato programma di lezioni: dai preliminari alle posizioni più ardite. In poco tempo Stella non solo impara ad apprezzare i suoi baci, ma anche tutte le altre cose che Michael le fa provare, e la loro “insensata” collaborazione inizia ad assumere uno strano senso, tanto da insinuare in lei il sospetto che l'amore sia la logica da seguire…
Irresistibile di Rachel Gibson
A causa di un'infanzia infelice Georgeanne Howard (soffre di dislessia) ha cercato la protezione di un marito ricco, molto più vecchio di lei. Ma al momento delle nozze si rende conto di non poter sposare un uomo che non ama. Così lo abbandona all'altare e per fuggire chiede l'aiuto di uno degli invitati, John Kowalsky, superstar dell'hockey. E troppo tardi questi si accorge di aver dato un passaggio proprio alla promessa sposa del proprietario della sua squadra. Ora vuole liberarsene, ma non prima di aver sfogato l'improvvisa passione che li sta travolgendo. Sette anni più tardi, John incontra di nuovo Georgeanne a una cena di beneficienza, scoprendo che da quella lontana notte è nata una figlia. Determinato a divenire parte della loro vita, dovrà però affrontare il boss e mettere a rischio la propria carriera…
Butterfly Tattoo di Deidre Knight
Rebecca, un’ex celebrità rimasta ferita in seguito all’attacco di un fan pazzo, si è ritirata dalle scene, certa che nessuno potrà mai guardare oltre il suo aspetto sfigurato. La scintilla tra lei e Michael giunge inattesa, così come il legame quasi mistico con la figlia. Per la prima volta, tutti e tre si trovano costretti a esaminare le loro cicatrici alla luce dell’amore. Ma fidarsi è difficile, soprattutto quando non sei sicuro a cosa credere quando ti guardi allo specchio. Alle cicatrici? O alla verità?
9 novembre di Coleen Hoover
È il 9 novembre quando, durante un pranzo con il padre, Fallon incontra Ben per la prima volta. È un giorno speciale per lei, non solo perché sta per trasferirsi da Los Angeles a New York, ma anche perché ricorre l’anniversario dell’evento che ha segnato per sempre la sua vita, il terribile incendio che le ha lasciato cicatrici su gran parte del corpo, impedendole di continuare la sua carriera da attrice.
Passiamo poi ad alcuni titoli più vecchi e di difficile reperibilità, li potete trovare solo nell’usato:
La canzone delle stelle di Sandra Canfield
La sedicenne AmyAnn è diventata improvvisamente sorda a causa di un incidente. Arrabbiata ed impaurita ha bisogno di aiuto per imparare come affrontare quel nuovo mondo silenzioso e in suo soccorso arriva Claire Rushing insegnate e artista. Sorda dalla nascita Claire intende mostrare ad Amy che può fare tutto nonostante la sua sordità, eccetto forse riuscire ad avere una relazione seria con un uomo non sordo. Infatti Claire è rimasta scottata in amore e non intende cadere di nuovo per l’uomo sbagliato, come Nash Prather…
Altalena di cuori di Sally Mandel L’amore… un sentimento profondo ed esclusivo che fa battere forte forte il cuore, un sentimento negato a Sheila, il cui cuore, troppo fragile a causa di un difetto congenito, viene messo a rischio anche dalla minima emozione. Ma quando Fred entra improvvisamente nella sua vita, fino a quel momento solitaria e triste, anche per Sheila si apre la porta della felicità… ma a quale prezzo?
Dietro al cancello di Alison Fraser Per la prima volta in vita sua, Adam Carmichael è innamorato. Fuggito a Hollywood, dove conduce una vita dissoluta con l’amante di turno, è ossessionato da Serena, il ricordo di lei lo tormenta, e ben presto si arrende all’evidenza di questo sentimento nuovo ed esaltante. Lui, il celebre scrittore, cinico e libertino, è caduto nella trappola di quegli occhi di giada. Occhi perduti nel sogno, occhi che guardano ai confini della realtà cercando i fantasmi di un passato che sarebbe meglio dimenticare. Serena, chiusa nel suo mondo di silenzio e d’ombre, è prigioniera di un segreto angoscioso e Adam sa che solo lui, con il suo amore, può aiutarla a uscire da quella gabbia…
Figli di un Dio minore di Mark Medoff (questa in realtà è una sceneggiatura, non un romanzo, ma è stata pubblicata anche come libro) ll dramma racconta la complicata storia d'amore tra James Leeds, un carismatico insegnante in una scuola per non udenti, e Sarah Norman, una ragazza sorda molto intelligente che lavora come bidella nella scuola.
La luce nella piazza di Elizabeth Spencer Margaret Johnson è in vacanza a Firenze con la figlia Clara, che si innamora di un giovane del luogo, Fabrizio Naccarelli. Margaret lascia che la figlia frequenti il fiorentino, ma quando si rende conto della serietà dei sentimenti dei due giovani la donna si pente di aver lasciato che le cose andassero così avanti. Infatti, pur avendo ventisette anni, Clara è ritardata mentalmente a causa di un violento colpo al capo subito da bambina. Margaret porta via la figlia da Firenze per cercare di farle dimenticare Fabrizio, ma nessuna delle due riesce a godersi Roma, dato che Clara si strugge per la nostalgia e la madre si rende conto che la frequentazione con Fabrizio ha fatto maturare la figlia che forse può vivere una vita più piena di quella che aveva creduto possibile. Resta solo un problema. Deve dire la verità a Fabrizio e alla sua famiglia che credono Clara solo un poco troppo ingenua… oppure tacere per la felicità della figlia?
Alcuni titoli fantasy:
Signore dell'abisso (Royal House of Shadows Vol. 4) Di Nalini Singh Per salvarli da un oscuro stregone che li vuole morti, il re e la regina di Elden nascondono i quattro figli negli angoli più remoti del regno. Solo un segnatempo magico collega gli eredi alla Casa Reale, e ora il tempo per riconquistare ciò che è loro per diritto di nascita sta per scadere… Micah non ricorda il suo passato,il regno di Elden e i suoi fratelli. Conosce solo il suo presente e L'Abisso che custodisce dove finiscono le anime dei dannati. Ma Liliana sa chi è Micah poichè è figlia del suo nemico, lo stregone Oscuro che ora siede sul trono. Invaghita di Micah farà di tutto per fargli ricordare il suo passato e per aiutarlo a riconquistare il Regno prima che sia troppo tardi. Pur scrivendo in fondo una favola fantasy e pur riprendendo il super usato tema di La bella e la bestia, Nalini ha avuto l'intelligenza di variarlo facendo in modo che il ruolo della Bella fosse di un personaggio brutto e bistrattato da anni di abusi. E il ruolo della Bestia è invece interpretato da un uomo bellissimo, ma coperto da una maledizione che si manifesta fisicamente in un'armatura nera. Ha così rinnovato la storia pur mantenendone il fascino senza tempo, e arrivando a mescolarla con le eterne fiabe di Cenerentola e il brutto anatroccolo, creando così un mix a cui nessuna donna può resistere.
La ragazza della torre (Quadrilogia di Bitterbynde Vol.1) di Cecilia Dart-Thornton Trama: In un mondo in cui creature misteriose infestano la terra degli uomini e vagare da soli nella notte vuol dire andare incontro a morte certa, gli umili servi che vivono nella Torre di Isse, al servizio dei Cavalieri della Tempesta, non riescono a credere ai propri occhi quando una giovane, muta e dal volto sfigurato, si presenta sporca e affamata alla loro porta. Senza alcun ricordo della sua vita passata, e senza neanche conoscere il suo nome, dopo anni di umiliazioni la ragazza decide di fuggire e di cercare l'unica persona che può guarirla e restituirle così una vita. Romanzo d'esordio dell'autrice, è anche il primo della trilogia “The Bitterbynde”.
E infine chiudiamo la lista con libri di autrici italiane:
Ritorna di Martina Tognon Quando Sarah ha chiuso il rapporto con Robert a causa della malattia che l’aveva colpita ha fatto una scelta generosa o egoista? Difficile giudicare. Ogni decisione per quanto ponderata causa sempre conseguenze inaspettate, il tempo cambia le persone e le circostanze e quando dopo dieci anni i due si incontrano di nuovo sapranno superare il passato che li divide?
Non cercavo qualcuno da amare di Amabile Giusti Aron ha trentadue anni, ed è un ricco avvocato di New York. Durante una causa pro bono si vede costretto a rappresentare Jane in giudizio, e non può fare a meno di notarla. Jane è così diversa dalle donne che di solito frequenta, così delicata e misteriosa, così poco propensa a cadergli fra le braccia, da esserne incuriosito suo malgrado. Il coraggio di Jane, la sua sensibilità, la sua sensualità inconsapevole lo spingono a voler scoprire cosa nasconde.
E ora alcuni titoli non disponibili in italiano.. Sarebbero potuti essere molti di più, perchè la scelta era ampia, vi ho proposto titoli letti da me che mi sono piaciuti e di autrici che amano e scrivono spesso questo tipo di trame. Se avete altri suggerimenti scriveteli pure nei commenti.
The Australian di Lesley Young
Charlie Sykes non è come le altre persone, estremamente intelligente ed estremamente incapace di una vita sociale normale, non ha mai avuto una diagnosi di autismo e ha sempre considerato la sua diversità come un punto di forza che le permetteva di non essere intralciata dagli strani comportamenti della gente cosiddetta normale. Ma ora, dopo aver dedicato tanti anni a prendersi cura della madre, ha deciso che è il momento di cercare di capire gli altri e di integrarsi almeno un poco con loro se vuole trovare un compagno con cui condividere la vita. Così si trasferisce in una nuova città dove nessuno la conosce, e trova lavoro come segretaria di un importante uomo d’affari che rimane sconvolto dalla sua schiettezza.
Night Into Day di Sara Canfield
Quando gli occhi della celebrità dello sport Patrick O'Casey incontrarono quelli di Alex Farrell su un'affollata pista da ballo di New Orleans, entrambi sentono il desiderio di correre. Lui vuole scappare via con lei, mentre lei vuole scappare da lui… solo che non può perché Alex soffre di una grave forma di artrite. Non può correre è vero, ma ha imparato a convivere con la sua malattia, e ha aperto un'agenzia di viaggi per portatori di handicap, è completamente autosufficiente, ma dopo aver conosciuto Patrick questo non le basta più. Vorrebbe accettare il suo amore ma è convinta che lui meriti una donna perfetta non certo lei perciò Patrick dovrà convincerla che lei è “perfettamente imperfetta”.
Phantom Waltz by Catherine Anderson
Ryan Kendrick non poteva non innamorarsi di Bethany Coulter. Dolce, divertente, passionale, matura eppure ingenua e amante dei cavalli quanto lui. Lei è perfetta se non fosse per un insignificante particolare. Un incidente l’ha confinata su una sedia a rotelle e lei ha giurato a sè stessa che non avrebbe più aperto il suo cuore ad un uomo dopo le delusioni che ha già vissuto a causa del suo handicap. Sarà dura per Ryan convincerla che insieme possono superare ogni ostacolo.
My Sunshine by Catherine Anderson
Cinque anni fa, la vita di Laura Townsend è stata quasi distrutta quando un trauma cranico ha compromesso la sua capacità di parlare e l'ha costretta ad abbandonare una brillante carriera. Nonostante le sue difficoltà, non ha mai perso il suo spirito vivace o il suo carattere solare. Ora ha un nuovo fantastico lavoro in una clinica per animali e un nuovo capo affascinante che le riempie il cuore di desiderio. Ma il veterinario Isaiah Coulter merita una donna integra, non ciò che ne resta, o almeno questo è ciò che pensa Laura. Lui ha delle idee molto diverse.
Blue Skies by Catherine Anderson
Carly Adams si sente come se le fosse stata data una nuova vita. Nata con una rara malattia agli occhi, era cieca fino a quando una recente operazione non le ha ripristinato la vista. Ora è ansiosa di sperimentare tutto ciò che il mondo ha da offrire, comprese le dolci chiacchiere di un bel cowboy. Ma non è preparata per le conseguenze, soprattutto quando una notte di passione bruciante si traduce in una gravidanza che minaccia la sua vista e tutti i suoi sogni per il futuro.
Out of the Blue Di Sally Mandel
Una volta un'atleta appassionata, Anna Bolles ha visto la sua vita cambiare radicalmente dopo una diagnosi di sclerosi multipla cinque anni fa. Ora riempie le sue giornate con la vivacità della vita a New York City, insegnando in una scuola privata, ma chiudendo la porta a ogni possibile storia d'amore. Fino a quando Joe Malone non entra nella sua vita. Uomo d'affari, pilota e fotografo amatoriale, Joe ha tutto, tranne la felicità. Vede molto di più in Anna della sua diagnosi e vuole accompagnarla in un viaggio di scoperta, se glielo permetterà.
Flirting with Fame by Samantha Joyce
Elise Jameson è l'autrice segreta dietro la serie cult di Viking Moon. Ma quando una sconosciuta inizia a farsi passare per lei, la diciannovenne, dolorosamente timida e sorda, inizia a rendersi conto di tutte le possibilità che si sta lasciando scappare. Può davvero nascondersi nell'ombra per sempre? E soprattutto vuole davvero farlo?
Love is blind di Annabelle Costa
Da quando un incidente d'infanzia l'ha lasciata con gravi deformità facciali, Sophie Pasternak si è sentita ripetere il suggerimento incredibilmente offensivo: Perché non esci con un ragazzo cieco? Da parte di amici e ficcanaso. Dopo tutto, chi altro se non un cieco potrebbe amare qualcuno che assomiglia a lei? Ma mentre trascorre gli anni in solitudine lavorando in biblioteca e vivendo indirettamente attraverso i romanzi nei suoi autori preferiti, Sophie inizia a chiedersi se non ci sia in fondo qualcosa di vero in quel consiglio sprezzante.Poi incontra Colin Kelly, un veterano che ha perso la vista in combattimento. Colin è l'uomo più sexy che Sophie abbia mai incontrato ed è anche l'unico uomo che condivide la sua profonda passione per la lettura, motivo per cui chiede l'aiuto di Sophie per imparare il braille. Sophie si ritrova ad innamorarsi perdutamente di Colin … e sospetta che lui provi la stessa cosa. L'unico problema?Colin Kelly non ha idea del suo aspetto e lei è terrorizzata che lui scopra la verità.
Not If I See You First by Eric Lindstrom
Parker Grant non ha bisogno della visione a raggi x per vedere attraverso di te. Ecco perché ha creato le regole: non trattarla in modo diverso solo perché è cieca e non approfittarne mai. Non ci saranno seconde opportunità. Basta chiedere a Scott Kilpatrick, il ragazzo che le ha spezzato il cuore.Quando Scott riappare improvvisamente nella sua vita dopo essere stato via per anni, Parker sa che c'è solo un modo per reagire: evitarlo. Ha già abbastanza per la testa, come provare per la squadra di atletica (è vero, i suoi occhi non funzionano ma le sue gambe funzionano ancora), dare consigli ai suoi compagni di classe dolorosamente ingenui e darsi stelle d'oro per ogni giorno in cui non ha pianto dalla morte di suo padre, tre mesi prima. Ma evitare il suo passato si rivela impossibile. E più Parker scopre nuove cose sul passato di Scott, più inizia a capire che le cose non sono sempre come sembrano e che forse, solo forse, alcune Regole dovrebbero essere infrante.
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Best of 2017: I dieci libri più belli letti quest’anno
Quando l’anno volge al termine arriva il momento di fare i conti con quanto successo negli ultimi 12 mesi. Volenti o nolenti ci si ritrova a far liste, far conti, verificare i propositi e accorgersi che si, si è toppato. Questo per me è stato un anno strano, pieno, incandescente, in cui davvero sono diventata un’adulta. Sapete iniziare a lavorare seriamente, con orari ancora più stressanti, tante responsabilità, conoscere persone nuove, fare nuove esperienze e consolidare rapporti. Ma ci sarà tempo per fare il punto dell’anno umanamente. In questa sede voglio solo farlo librosamente. Il contatore di Goodreads mi dice che ho letto la bellezza di 114 e il 115esimo si sta rivelando una bella rivelazione: Strange the Dreamer di Laini Taylor, ma in fondo la Taylor è davvero straordinaria.
Stilare la lista dei libri che più mi sono piaciuti quest’anno è stato davvero facile, perché ammetto di aver letto tante romance di infima categoria che non meritavano neanche di essere aperte. Però allo stesso tempo ho letto Quello che i tuoi occhi nascondono e La musica nelle tue parole di Serena Nobile (aka Virginia de Winter) e Abbastanza da tentarmi di Leila Awad e L’ultima notte al mondo di Bianca Marconero che sicuramente meritano una mensione d’onore per la loro bellezza. Queste tre autrici sono senz’altro tra le mie preferite in assoluto. Quest’anno ho anche scoperto Alice Allevi, la specializzanda in medicina legale nata dalla penna di Alessia Gazzola che mi ha regalato non pochi colpi al cuore per la vicinanza delle nostre storie, d’altronde CC è la mia nemesi per una ragione. E non posso non citare Milk and honey di Rupi Kaur: questa poetessa canadese che ha sedato molto del mio dolore in tempi non sospetti e poi mi ha regalato una nuova prospettiva sul mondo.
Ma ora ecco qui la mia top ten... enjoy!
1) La vita delle api di Maja Lunde
Tra passato presente e futuro, legate dal progetto di un rivoluzionario modello di alveare, le vicende di William, biologo inglese vissuto a metà dell'Ottocento, di George, apicoltore dell'Ohio che si affida alla tradizione per contrastare la misteriosa moria del 2007, e di Tao, giovane madre che, in un futuro non molto lontano, si dedica all'impollinazione manuale in una Cina dove le api e i colori sono ormai scomparsi, ripercorrono il rapporto tra l'uomo e la natura nel corso del tempo. Dall'Europa all'America, quel plico di preziosi disegni, racchiuso in un baule al seguito di una donna sola e appassionata, attraversa terre e secoli con il suo bagaglio di invenzioni e regole, depositario di una conoscenza, e di una speranza, da affidare alle generazioni che verranno. Custode di un sogno che deve diventare tale per tutti noi. “La storia delle api” è un romanzo epico nel quale, accanto al tema dell'equilibrio ambientale, sono i sentimenti che realmente muovono la nostra vita a determinare l'azione. L'amore soprattutto: per il coniuge, per i figli per cui desideriamo solo il meglio, per la scienza, per la propria passione.
Il meraviglioso intreccio di tre vite, indissolubilmente legate dal fil rouge delle api e della vita, in un racconto organico e variopinto, che esce dagli schemi e urla la premura di non distruggere un ecosistema e un mondo con l’avventatezza di migliaia di piccoli gesti. Un mondo fugace e irresistibile, che non è solo intrattenimento, ma anche monito, per una storia vividissima e indimenticabile.
La mia recensione.
2) Ragazze Elettriche di Naomi Alderman
Naomi Alderman immagina un mondo dominato dalle donne, in cui gli uomini sono ridotti in semischiavitù. Le ragazze adolescenti hanno infatti sviluppato una sorta di energia elettrica capace di fulminare chiunque cerchi di molestarle. Quattro personaggi ci guidano tra i diversi scenari sociali, politici, mediatici e confessionali che il rivoluzionario ribaltamento delle gerarchie e dei rapporti di genere ha innescato, raccontandoci come la diffusione della scintilla del potere femminile sia rapidamente degenerata nella depravazione. Le donne ora distruggono, violentano, seviziano e uccidono proprio come prima di loro avevano fatto gli uomini. Questa è l’atroce verità. L’universo distopico di Alderman, infatti, cresce e si sviluppa attorno ad una questione attualissima e disturbante: perché le persone, al di là del sesso e della razza, abusano del potere?
Ragazze elettriche è la storia di un mondo sovvertito, che cambia prospettiva, in cui la supremazia e il potere sono la spinta per cambiare prospettiva. Il monito della vendetta che percorre ogni aspetto della società anche quelli più impensabili.
La mia recensione.
3) La serie di Vani Sarca di Alice Basso
Dietro un ciuffo di capelli neri e vestiti altrettanto scuri, Vani nasconde un viso da ragazzina e una innata antipatia verso il resto del mondo. Eppure proprio la vita degli altri è il suo pane quotidiano. Perché Vani ha un dono speciale: coglie l'essenza di una persona da piccoli indizi e riesce a pensare e reagire come avrebbe fatto lei. Un'empatia profonda e un intuito raffinato sono le sue caratteristiche. E di queste caratteristiche ha fatto il suo mestiere: Vani è una ghostwriter per un'importante casa editrice. Scrive libri per altri. L'autore le consegna la sua idea, e lei riempie le pagine delle stesse parole che lui avrebbe utilizzato. Un lavoro svolto nell'ombra. E a Vani sta bene così. Anzi, preferisce non incontrare gli scrittori per cui lavora. Fino al giorno in cui il suo editore non la obbliga a fare due chiacchiere con Riccardo, autore di successo in preda a una crisi di ispirazione. I due si capiscono al volo e tra loro nasce una sintonia inaspettata fatta di citazioni tratte da Hemingway, Fitzgerald, Steinbeck. Una sintonia che Vani non credeva più possibile con nessuno. Per questo sa di doversi proteggere, perché, dopo aver creato insieme un libro che diventa un fenomeno editoriale senza paragoni, Riccardo sembra essersi dimenticato di lei. E quando il destino fa incrociare di nuovo le loro strade, Vani scopre che le relazioni, come i libri, spesso nascondono retroscena insospettabili. Proprio ora che ha bisogno di tutta la sua concentrazione. Perché un'autrice per cui sta lavorando è stata rapita e la polizia vuole la sua collaborazione. C'è un commissario che ha riconosciuto il suo talento unico e sa che solo lei può entrare nella mente del sequestratore. Come nel più classico dei romanzi, Vani ha davanti a sé molti ostacoli. E non c'è nessuno a scrivere la storia della sua vita al posto suo: dovrà scegliere da sola ogni singola parola, gesto ed emozione.
La serie ha un fascino unico, che regala emozioni e colpi di scena, schizzi di vita e sentimenti incontrastati, in un equilibrio perfetto tra la storia di una donna indipendente e che basta a se stessa e un poliziesco intrigante e appassionante. Un mix in cui perdersi e da cui riemergere solo a fine lettura, delusi, perché si è arrivati all’ultima pagina. Ogni volume racchiude il sarcasmo e la freschezza di una protagonista intelligente, un mondo di carta che si intreccia nell’incedere di un poliziesco. La Basso è riuscita a racchiudere il fascino dei libri all’azzardo dell’avventura, per una storia di cui innamorarsi alla prima riga. Perché i lettori sono sempre a contatto con la carta e con il cuore, perché la storia di Vani è una storia che emerge chiara dalle pagine e regala tutte le sfaccettature della esistenza umana. Il mistero si infittisce in una cornice formidabile nella Torino dei giorni nostri, tra canzoni e parole, stralci di carta e dichiarazioni.
L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome & Scrivere è un mestiere pericoloso & Non ditelo allo scrittore
4) Eliza and her monsters di Francesca Zappia
La sua storia è un fenomeno. La sua vita è un disastro. Nel mondo reale Eliza Mirk è una ragazza timida, strana e senza amici. Online, è Lady Constellation, la creatrice anonima della popolarissima webcomic Monstrous Sea. Eliza non riesce neanche ad immaginare di apperezzare il mondo reale quanto fa con quello virtuale e non ha nessun desiderio di provare. Ma Wallace Warland, il più famoso fanwiter di Monstrous Sea si trasferisce nella sua scuola. Wallace crede che Eliza sia solo un’altra fan, e mentre la fa uscire dal suo guscio, Elisza inizia a chiedersi se una vita offline possa essere degna di essere vissuta. Ma quando il segreto di Eliza viene casualmente condiviso con il mondo, tutto ciò che ha costruito: la sua storia, la sua relazione con Wallace e anche la sua salute, inizia a cadere a pezzi.
Una storia che parla dritta al cuore del lettore, che racconta di vita, di alias online, di scoperte e crescita, di comunità e famiglia, del senso spietato delle nostre scelte e dell’amore sconfinato che proviamo per ciò che ci rende dei nerd. L’amore passa anche per scelte difficili e Francesca Zappia, con una scrittura fresca e lineare, ci conduce per mano a lottare con i mostri e a uscirne vincenti, chiedendo aiuto e non smettendo mai di credere in noi.
La mia recensione.
5) Fondamenta degli incurabili di Iosif Brodskij
Parlare di Venezia significa parlare di tutto – e in particolare della letteratura, del tempo, della forma, dell’occhio che la guarda. Così è per Brodskij in senso pienamente letterale. Questa divagazione su una città si spinge nelle profondità della memoria del pianeta, sino alla nascita della vita dalle acque, da una parte, e, dall’altra, nei meandri della memoria dello scrittore, intrecciando alla riflessione le apparizioni nel ricordo di certi momenti, di certi fatti che per lui avvennero a Venezia. C’è qui, come sempre in Brodskij, l’immediatezza della percezione e il gioco fulmineo che la traspone su un piano metafisico. E, per il lettore, quella percezione, quel contrappunto di immagini e pensieri intriderà d’ora in poi il nome stesso di Venezia. Fondamenta degli Incurabili, presentato a Venezia nel 1989 per il Consorzio Venezia Nuova in edizione fuori commercio, è stato arricchito dall’autore per questa edizione.
Lo so, vi sembrerà strano trovare questo libro in questa lista, ma me ne sono innamorata fin da quando l’ho trovato per caso nella Feltrinelli della stazione di Milano Centrale. Un libro che è un piccolo concentrato di vita ed emozioni, che fa immergere il lettore in una Venezia insolita, ghiacciata, incomparabile, una Venezia invernale che scatena un flusso di ricordi e stimoli, per riflettere e innamorarsi di una città speciale e unica.
La mia recensione.
6) Un segno invisibile e mio di Aimee Bender
Mona, vent'anni, insegna matematica alle elementari, ha come portafortuna un'ascia affilata e rifugge dalle storie d'amore mangiucchiando sapone; il signor Jones, il suo vicino di casa, porta ogni giorno il proprio umore appeso al collo sotto forma di un numeretto di cera; Lisa, la sua alunna preferita, è affascinata dai tubi delle flebo e dall'ospedale dipinto di blu; il signor Grey, suo padre, è un ex atleta il cui destino potrebbe essere segnato dal numero del pettorale da maratoneta. Tenero, visionario, commovente, venato di tristezza ma colorato di surrealtà, il primo romanzo di Aimee Bender è una favola per adulti per il nuovo millennio.
Una storia agrodolce, che si interroga sulla solitudine dell’uomo, una storia incerta e intrisa di surreale e incredibilmente toccante, che stupisce e getta una luce nuova sul mondo, che parla il linguaggio della matematica ma che fatica a comprenderlo, anche perché spesso i segni che ci lancia sono invisibili.
La mia recensione.
7) Gli anni di Annie Ernaux
Come accade che il tempo che abbiamo vissuto diviene la nostra vita? È questo il nodo affrontato da Gli anni, romanzo autobiografico e al contempo cronaca collettiva del nostro mondo dal dopoguerra a oggi, nodo sciolto in un canto indissolubile attraverso la magistrale fusione della voce individuale con il coro della Storia. Annie Ernaux convoca la Liberazione, l’Algeria, la maternità, de Gaulle, il ’68, l’emancipazione femminile, Mitterrand; e ancora l’avanzata della merce, le tentazioni del conformismo, l’avvento di internet, l’undici settembre, la riscoperta del desiderio. Scandita dalla descrizione di fotografie e pranzi dei giorni di festa, questa «autobiografia impersonale» immerge anche la nostra esistenza nel flusso di un’inedita pratica della memoria che, spronata da una lingua tersa e affilatissima, riesce nel prodigio di «salvare» la storia di generazioni coniugando vita e morte nella luce abbagliante della bellezza del mondo.
Il ritratto incerto e brillante di una donna e di una generazione, di uno stato e di un’epoca, il chiaro e indiscutibile flusso di eventi che sommati compongono le coordinate per ricostruire un’immagine chiara di un passato che sbiadisce ma non scompare mai. Le parole che sommate, ripercorrono la storia, per non dimenticare, per incidere i ricordi, le fotografie e i sogni.
La mia recensione.
8) L’apicoltore di Maxence Fermine
Il giovane Aurélien Rochefer, vive in un paesino del sud della Francia alla fine dell'Ottocento, vuole realizzare il suo sogno, fare l'apicoltore. Gli alveari che costruisce vengono incendiati da un fulmine, mentre una misteriosa femmina nera che gli appare in sogno lo invita a raggiungerlo. Aurélien si imbarca per l'Africa, dove passerà di avventura in avventura, tra re ricchi e avidi, mercanti spietati e una Regina delle Api che gli farà un magico dono. Solo al ritorno a casa, egli troverà la forza di dedicarsi a una ciclopica impresa e saprà scoprire dentro di sé un puro amore per l'unica donna che lo ha sempre aspettato.
In realtà tutta la “Trilogia dei colori”, ma se mi conoscete oramai sapete che le api sono la mia ossessione primaria e non potevo non citare l’apicoltore, ma Maxence Fermine si è rivelato la scoperta dell’anno. Per trovare casa, bisogna allontanarsene, vivere avventure incontraste, superare l’imbarazzo della perdita e della sconfitta. Per ritrovare poi il proprio cuore dove lo avevi lasciato, custodito dalle persone care. Ma lanciarsi nell’ignoto è un salto che bisogna compiere per capire che vale sempre la pena rischiare, anche quando si è divorati dalla paura. Perché l’oro dei nostri sogni è il possesso più prezioso dell’uomo.
La mia recensione.
9) Dovremmo essere tutti femministi di Chimamanda Ngozi Adichie
In questo saggio molto personale, scritto con grande eloquenza - frutto dell'adattamento di una conferenza TEDx dal medesimo titolo di straordinario successo - Chimamanda Ngozi Adichie offre ai lettori una definizione originale del femminismo per il XXI secolo. Attingendo in grande misura dalle proprie esperienze e riflessioni sull'attualità, Adichie presenta qui un'eccezionale indagine d'autore su ciò che significa essere una donna oggi, un appello di grande attualità sulle ragioni per cui dovremmo essere tutti femministi. In un contesto in cui il femminismo era considerato un ingombrante retaggio del secolo scorso, la posizione di Adichie ha cambiato i termini della questione. Alcuni brani della sua conferenza sono stati campionati da Beyoncé nel brano Flawless e hanno fatto il giro del mondo. La scritta FEMINIST a caratteri cubitali come sfondo della performance dell'artista agli Mtv Video Music Awards e il famoso discorso dell'attrice Emma Watson alle Nazioni Unite in cui si dichiara femminista sono segni evidenti del fatto che c'è un prima e un dopo Dovremmo essere tutti femministi.
La Adichie è una di quelle donne che cambieranno il mondo perché le sue parole hanno una forza unica, un intento chiaro, una purezza incredibile. Leggere questo saggio è un’esigenza, una necessità, una priorità, per essere più liberi, più consapevoli, più femministi.
La mia recensione.
10) Gold (Wired #3) di Mirya
Leanne e Caleb hanno ignorato la guerra incombente, nascondendosi nella loro relazione, ma la guerra li ha infine trovati e li ha trovati impreparati. Ora hanno un cammino da intraprendere, e le diverse strade che hanno percorso per arrivare a stare insieme possono avere svolte diverse: nella vicinanza è possibile distruggersi, come nella lontananza è possibile ricostruirsi. Ma soprattutto hanno un cambiamento da sperimentare, per capire in cosa sono differenti, se lo sono davvero, e se quelle differenze possono armonizzarsi. La scelta non spetta più a loro, perché è stata fatta nel momento in cui Adam è stato programmato, ed è una scelta che coinvolge il Mondo Connesso e il Mondo Sconnesso, i robot sperimentali, le scuole per Wired, i cyborg, antiche e nuove divinità e una nuova specie. Ma è proprio quando si è senza scelta che bisogna scegliere di combattere, perché la guerra uccide anche quando lascia in vita. Per poi ricominciare con un altro ciclo. E perché in fondo è sempre la stessa storia. Qualcuno o qualcosa muore. Qualcuno o qualcosa rinasce. E non è neanche una bella storia.
Ho seguito la genesi di questa trilogia dal principio, da quando c’erano capitoli scomposti che non venivano neanche scritti in ordine cronologico o in quello che sarebbe stato l’ordine di pubblicazione. Sono emotivamente legata a questa trilogia, ma Gold è stato davvero una pugnalata. Un ultimo volume che non lascia scampo, Gold è l’esplosione del legame tra mondo connesso e il mondo sconnesso che lascerà il lettore a bocca spalancata, dolorante e speranzoso. Perché #preparateifazzoletti è solo un avvertimento.
La mia recensione.
E voi, quali sono i libri della vostra top ten?
Ditemelo in un commento, che sono curiosa.
#lista#libri#books#favorite#best of 2017#mirya#alice basso#francesca zappia#Annie Ernaux#maxence fermine#serena nobile#leila awad#bianca marconero#rupi kaur#amiee bender
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Due o tre parole su The End of the F***ing world
Allora, ho finito ieri di vedere questa serie e devo dire che mi ha lascito un po’ di incertezze e di dubbi in merito, nonostante sia stata comunque una serie piacevole da vedere. Prima di tutto vorrei sottolineare che non sono un esperto di cinema e di serie tv e che non sono proprio uno dei miei grandi interessi, ma quelle di cui scriverò sono alcune mie impressioni. Per quanto riguarda la trama e i personaggi, fin dall’inizio ero dubbioso sul modo di comportarsi e di essere dei due protagonisti. Si tratta di due ragazzi con evidenti problemi psicologici e sociali nel relazionarsi con gli altri, con la propria famiglia, con un altro coetaneo ma anche con sé stessi. Ed è da questo che scaturisce la ribellione, l’anticonformismo, la reazione forte e violenta contro il fucking world dal quale sognano di uscire. Nei primi episodi questo si vede molto e diventa ripetitivo e ossessivo, sembra quasi che il regista voglia ricordarci che in fondo essere diversi sia ben più figo che essere noiosi e normali, che solo chi va contro tutto e tutti è degno di ammirazione. E ho trovato quest’esaltazione dell’eroe ribelle abbastanza scontata e soprattutto qualcosa di troppo discusso e su cui si focalizzano già abbastanza serie e libri al giorno d’oggi.
Fortunatamente, negli ultimi episodi si riprende un po’ e dopo la fuga i nostri cari personaggi riescono finalmente a rendersi conto di ciò che stanno facendo e sembrano quasi urlare contro quel fucking world delle regole, di valori sociali prestabiliti e di limiti al quale sentono di appartenere. Perchè è negli ultimi episodi che capiscono che in fondo loro sono quel fucking world, che inesorabilmente non potranno mai fuggire abbastanza lontano per poterlo eliminare, e che sarà sempre la solita merda. E in questo mondo dal determinismo ineccepibile dei romanzi ottocenteschi di Verga e Zola, i due capiscono che la realtà non potrà mai cambiare ma che possono aggrapparsi, almeno temporaneamente, all’illusione dell’amore, dei rapporti umani, della famiglia (vedi il padre di Alyssa).
Insomma, per concludere, per quanto la seria sia una brutta imitazione della beat generation, ci porta a riflettere su un tema importante e che oltrepassa il corso dei secoli: chi è veramente normale? chi è il folle? come possiamo rapportare il nostro individuo al mondo in cui viviamo?
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Lectio Divina: 15ª Domenica del tempo ordinario (C)
Lectio
Domenica, 14 Luglio, 2019
La parabola del Buon Samaritano: chi è il mio prossimo?
Luca 10,25-37
1. LECTIO
a) Orazione iniziale:
Preghiere del Beato Giorgio Preca nel Il Sacrario dello spirito di Cristo
Signore Dio, tu sei presente e io sono in te:
donami la sapienza per conoscere il tuo spirito.
Signore Dio, tu sei presente e io sono in te:
fammi dono dello spirito del Maestro mio Cristo Gesù.
Signore Dio, tu sei presente e io sono in te:
guidami in ogni mia strada con la tua luce.
Signore Dio, tu sei presente e io sono in te:
insegnami a fare sempre la tua volontà.
Signore Dio, tu sei presente e io sono in te:
non lasciare che mi allontani dal tuo Spirito, lo Spirito
d’amore.
Signore Dio, tu sei presente e io sono in te:
non mi abbandonare, quando mi lasciano le mie forze.
b) Lettura del Vangelo:
Luca 10,25-3725 Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: "Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?". 26Gesù gli disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?". 27 Costui rispose: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso". 28 E Gesù: "Hai risposto bene; fà questo e vivrai". 29 Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: "E chi è il mio prossimo?". 30Gesù riprese:
"Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31 Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. 32 Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. 33 Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. 34 Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. 35 Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. 36 Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?". 37 Quegli rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Và e anche tu fa lo stesso".
c) Momenti di silenzio:
perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.
2. MEDITATIO
a) Chiave di lettura:
Ci troviamo nel capitolo 10 del vangelo così come lo racconta Luca. Siamo nella sezione centrale del racconto lucano che prende la forma del viaggio di Gesù verso Gerusalemme: «Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme» (Lc 9, 51). Sappiamo che per Luca Gerusalemme è la città dove si realizza la salvezza, e il viaggio di Gesù verso la città è un tema centrale. Il racconto di Luca comincia nella città santa (Lc 1, 5) e finisce nella medesima città (Lc 24, 52). In questa sezione centrale, Luca ripeterà con insistenza il fatto che Gesù si dirige verso Gerusalemme (per esempio in Lc 13, 22; 17, 11). In questo testo che narra la parabola del buon Samaritano nel contesto della discussione con un dottore della legge sul grande comandamento, troviamo di nuovo il tema di un viaggio, questa volta da Gerusalemme verso Gerico (Lc 10, 30). La parabola fa parte di questa sezione centrale del vangelo che comincia con Gesù pellegrino verso Gerusalemme con i suoi discepoli. Mandandoli prima di lui per preparare la sua fermata in un villaggio di Samaritani trovano soltanto ostilità proprio perché erano diretti verso Gerusalemme (Lc 9, 51-53). I Samaritani evitavano i pellegrini diretti verso Gerusalemme e mostravano ostilità verso di loro. Subito dopo questo fatto Gesù manda settantadue discepoli “in ogni città e luogo dove stava per recarsi” (Lc 10, 1). Settantadue è il numero tradizionale delle nazioni pagane.
I Padri della Chiesa (Ambrogio, Agostino, Gerolamo e altri) tenendo conto di tutto il simbolismo di Gerusalemme, la città santa della salvezza interpretano in modo particolare questa parabola. Nell’uomo che scende da Gerusalemme verso Gerico vedono la figura di Adamo che rappresenta tutta l’umanità espulsa dall’Eden, il paradiso, la Gerusalemme Celeste, per via del peccato. Nei ladri i Padri della Chiesa vedono il tentatore che ci spoglia dall’ amicizia con Dio e ci percuote con le sue insidie e ci tiene nella schiavitù l’umanità ferita dal peccato. Nella figura del sacerdote e del levita vedono l’insufficienza dell’antica legge per la nostra salvezza che sarà portata a compimento dal nostro Buon Samaritano, Gesù Cristo nostro Signore e Salvatore, che partendo anche lui dalla Gerusalemme celeste viene incontro alla nostra condizione di peccatori e ci cura con l’olio della grazia e il vino dello Spirito. Nella locanda i Padri vedono l’immagine della Chiesa e nella figura dell’albergatore, intravedono i pastori nelle mani dei quali Gesù affida la cura del suo popolo. La partenza del samaritano dall’albergo, i Padri la interpretano come la risurrezione e l’ascensione di Gesù alla destra del Padre, ma che promette di ritornare per dare a ciascuno il suo merito. Alla chiesa Gesù lascia per la nostra salvezza i due denari della Sacra Scrittura e i Sacramenti che ci aiutano nel cammino verso la santità.
Questa interpretazione allegorica e mistica del testo ci aiuta a cogliere bene il messaggio di questa parabola. Il testo della parabola apre con un dialogo tra un dottore della legge che si alza per mettere alla prova il Signore chiedendo: «Maestro che devo fare per ereditare la vita eterna?» (Lc 10, 25). Gesù non risponde, ma gli fa un’altra domanda: «Che cosa sta scritto nella legge? Che cosa vi leggi?» (Lc 10, 26). Dobbiamo guardare a questo dialogo come un confronto tra due maestri, molto comune a quell’ epoca, come un sistema di chiarificare e approfondire alcuni punti della legge. Anche se qui prevale il tono di polemica non come troviamo nel testo riportato da Marco dove la domanda viene posta da uno scriba che «li aveva uditi discutere (Gesù e i sadducei), e visto come (Gesù) aveva loro ben risposto» (Mc 12, 28) si accosta per fare la domanda. Questo scriba si rende ben disposto ad ascoltare Gesù tanto che il Signore finisce il dialogo: «Non sei lontano dal regno di Dio» (Mc 12, 34). Matteo invece mette questa domanda nel contesto di una disputa tra Gesù e i sadducei alla quale erano presenti dei farisei che «udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò, per metterlo alla prova…» (Mt 22, 34-35). Gesù risponde subito citando il comandamento dell’amore che si trova nei libri del Deuteronomio e del Levitico.
Solo nel testo di Luca la domanda non si pone sul quale sia il più grande comandamento ma sul come ereditare la vita eterna, una domanda che i sinottici la pongono di nuovo sulla bocca del giovane ricco (Mt 19, 16; Mc 10, 17; Lc 18, 18). Come in Marco, anche qui Gesù loda il dottore della legge: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai» (Lc 10, 28). Ma il dottore non è ancora contento con la risposta di Gesù e «volendo giustificarsi» (Lc 10, 29) di aver posto la domanda gli chiede chi è il prossimo! Questa seconda domanda fa da introduzione e collega la seguente parabola con il dialogo tra Gesù e il dottore della legge. Possiamo vedere una inclusione tra il verso 28 che chiude la disputa e ci avvia al racconto della parabola e il verso 37 che chiude definitivamente il dialogo e la parabola. In questo versetto Gesù ripete al dottore della legge che aveva definito il prossimo come colui che «ha avuto compassione»: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso». Questa frase di Gesù ci ricorda le parole pronunciate nell’ultima cena come raccontata da Giovanni, quando, dopo la lavanda dei piedi Gesù invita ai discepoli ad agire sul suo esempio (Gv 13, 12-15). In questa ultima cena Gesù lascia ai suoi il comandamento dell’amore, inteso come la disponibilità a «dare la vita» per amarci a vicenda come il Signore ci ha amati (Gv 15, 12-14).
Questo comandamento va oltre l’osservanza della legge. Il levita e il sacerdote hanno osservato la legge, non accostandoci al poveraccio ferito e lasciato mezzo morto, per non rendersi impuri (Lev 21, 1). Gesù va oltre la legge e vuole che i suoi discepoli agiscano come lui. «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35). Per il discepolo di Gesù, la mera filantropia non è sufficiente, il cristiano è chiamato a un qualcosa di più che lo fa simile al suo maestro, come dice l’apostolo Paolo: «Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo» (1 Cor 2, 16) «Poiché l’amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti» (2 Cor 5, 14).
b) Domande per orientare la meditazione e attualizzazione:
* Che cosa ti ha colpito di più nella parabola?
* Con chi ti identifichi nel racconto?
* Hai mai pensato a Gesù come il Buon Samaritano?
* Nella tua vita, senti il bisogno della salvezza?
* Puoi dire con l’apostolo Paolo che hai il pensiero di Cristo?
* Che cosa ti spinge nell’offrire amore al prossimo? Il bisogno di amare ed essere amato, o la compassione e l’amore di Cristo?
* Chi è il tuo prossimo?
3. ORATIO
Cantico - 1Pt 2, 21-24
“Cristo patì per voi,
lasciandovi un esempio,
perché seguiate le sue orme:
egli non commise peccato
e non si trovò inganno
sulla sua bocca;
oltraggiato non rispondeva con oltraggi,
e soffrendo
non minacciava vendetta.
ma rimetteva
la sua causa
a colui che giudica con giustizia.
Egli portò i nostri peccati
sul suo corpo
sul legno della croce,
perché, non vivendo più per il peccato
vivessimo per la giustizia
dalle sue piaghe siete stati guariti.
4. CONTEMPLATIO
La contemplazione è il saper aderire col cuore e la mente al Signore che con la sua Parola ci trasforma in persone nuove che compiono sempre il suo volere. “Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica” (Gv 13, 17).
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About me
Mi hanno spesso chiesto il mio curriculum da scrittore. All’inizio rispondevo: bho! Ora posso, quindi...
Un libro è un mezzo per comunicare un proprio stato d’animo, un sentimento represso o ciò che vorremmo essere. Io fino al 2013, forse troppo impegnato a non perdere un attimo della mia non facile vita, non ho avvertito questo bisogno. E quando si è palesata questa esigenza, come in mio perfetto stile (di vita), potevo scegliere una strada facile? Ovviamente no!
E allora ho deciso di iniziare con due temi che spesso, soprattutto in un’Italia sempre più (falsa) moralista e bigotta, si preferisce far finta non esistano: l’omosessualità adolescenziale e l’amore ‘diverso’.
Trattare determinati temi però, non sempre è facile. Se poi risultano ‘scomodi’, mi viene da paragonarmi a Don Chisciotte con la sua battaglia contro i mulini a vento. Chiariamo subito che non mi sento uno scrittore, non mi piace usare un linguaggio forbito, e non amo neanche troppe descrizioni di paesaggi o personaggi. Sono più per il concreto, amo scrivere con un linguaggio semplice, da strada, arrivare subito al nocciolo della questione e, soprattutto nella serie CODENAME: SILVERWOLF, mantenere costantemente alto il ritmo. Mi definisco per gli argomenti che tratto, un narratore. Prolifico, visto che basta guardarmi intorno per avere ispirazione, in tre anni ho pubblicato due serie più un altro, per un totale di otto libri pubblicati (in digitale e cartaceo), il terzo di le Realtà Parallele pronto e un decimo quasi finito.
CODENAME: SILVERWOLF
Quando ho deciso di raccontare la storia di due amici, Mario e Roberto, ero consapevole del primo tema, l’omosessualità adolescenziale. Man mano che scrivevo, mi ha incuriosito il legame che li unisce; il primo, bisessuale convinto in cerca dell’amore vero, l’altro, playboy e omofobo, che non accettando l’omosessualità del figlio sedicenne, lo picchia fin quasi ammazzarlo. L’intervento di Mario che non solo fa accettare la diversità del figlio a Roberto, ma riesce a farlo innamorare, ha introdotto il secondo tema: l’amore diverso, proprio in virtù del vissuto di quest’ultimo.
Sono nati così i primi due libri nei quali si alternano Family Romance e Action-Spy, grazie ai quali ho iniziato a scoprire quanto sia stata interessante la vita di Mario. Affascinato così, dal suo avventuroso passato, ho voluto raccontarlo. Ne è nata una serie di cinque libri che propone, negli altri tre della serie, oltre agli stessi ingredienti dei primi, note di Giallo psicologico e Soft-Thriller.
Nell’immaginario collettivo, un agente segreto è un uomo bellissimo, carismatico, playboy che fa innamorare con il suo sguardo magnetico… beh, io gli contrappongo Mario M, altrettanto affascinante, carismatico e sicuro di sé, solo che è reale. Esiste. Ed è bisessuale tendente all’omosex, che non ha paura a mostrare i suoi sentimenti, le sue paure e in cerca dell’amore per sempre.
Il perfetto agente segreto moderno!
LE REALTÀ PARALLELE
Così facendo però, ho un po’ perso di vista l’obiettivo quindi, in quel periodo ci furono alcuni casi di bullismo finiti male, percependo una crescente paura dei ragazzi a confessare il proprio essere ai familiari temendone la reazione troppe volte spropositata, ho voluto dar loro una seppur piccola speranza. Basandomi sul positivo sviluppo non solo della vicenda di Nick, ma anche il bel finale della storia di Guido, ho volutamente scelto di proporre quelle storie che a parer mio, potessero aprire gli occhi ai genitori.
Ma il desiderio (O forse la paura?) di saperne di più sul cosiddetto ‘amore diverso’ fra Mario e Roberto mi ha permesso di scoprire un mondo di cui, confesso, non immaginavo l’esistenza. Una sorta di Realtà Parallela (da cui il titolo dei libri), ma non amore nato fra due persone consapevoli e attratte da propri simili (che considero alla stregua di un amore uomo-donna), bensì quel sentimento che nasce quando almeno uno dei due si è sempre considerato eterosessuale. Uomini con famiglia, dalle vite ‘normali’ nell’accezione che abbiamo del termine normalità. Attraverso le loro storie ho cercato di comprendere come, a un certo punto della vita, il loro lato omo (Sì, quello latente in ogni essere vivente) fosse riuscito a prendere il sopravvento. E data la gran quantità di testimonianze inviatemi, ho deciso di proporli come storie brevi, che ho definito Real-Life Stories.
ASHA
Quindi una nuova sfida, nata un po’ per caso, da una delle tante mail arrivatemi.
Devo esser sincero, quando ho letto l’oggetto e l’intestazione della lettera, inviatami da un avvocato fiorentino, sono rimasto interdetto. E le prime righe hanno alimentato il timore di aver violato qualche copyright o citato, con uno dei nomi di fantasia usati, qualcuno che esisteva davvero. Invece niente di tutto questo, semplicemente, aveva letto le Realtà Parallele e pur trovando interessanti i temi trattati, mi rimproverava di non aver mai affrontato l’argomento prostituzione minorile se non al maschile. Dopo aver scambiato qualche mail, spiegandogli la mission che mi ero preposto, ho deciso di raccogliere il guanto di sfida. A quel punto però mi sono sorti alcuni dubbi. Mi sono chiesto come avrei fatto a descrivere una realtà fatta di abusi, costrizioni e violenze, senza entrare nello specifico, quindi essere cruento.
Una grossa mano me l’ha data lui, raccontandomi la storia che ho poi deciso di proporre. Mi sono bastati pochi elementi: una famiglia indigente, una ragazzina che invidiava le amiche più fortunate e il lieto fine della storia. A quel punto è stato facile proporla sotto forma di favola moderna. Ma in sé quella pur bella storia non poteva far capire ai ragazzini le insidie e la pericolosità del fenomeno. E quindi le ho costruito intorno un’indagine di polizia evidenziando l’altro lato, quello oscuro.
E ovviamente, essendo la prostituzione minorile un altro ‘scomodissimo’ argomento, è calzato a pennello nel filone delle Real-Life Stories.
Ma esiste una differenza nella prostituzione minorile:
La forma costrittiva, fatta di abusi e che vede come protagonisti bambini da (purtroppo) zero anni in su, da combattere e perseguire con tutte le forze che abbiamo e anche oltre (In Asha, ho deciso di inserirla sotto forma di indagine e operazione di polizia).
E consapevole (o volontaria), che riguarda ragazzi e ragazze adolescenti dai dodici ai diciassette anni, che consapevolmente decidono di vendere il proprio corpo. Questa, anche se negli ultimi anni ha avuto una forte impennata, ho notato che viene trattata un po’ come la mafia in Sicilia: “guai parlarne”!
Mi sono sentito però, non scusandola, di dividerla in ulteriori e distinte categorie. C’è chi lo fa per ottenere vestiti, telefonini e soldi facili; e chi, come la protagonista del libro, spinta dal desiderio di avere ciò che la famiglia, indigente, non può darle.
Senza entrare nello specifico di ciò che spinge un adolescente a decidere di vendere il proprio corpo, ho ipotizzato una sorta di rivalsa contro i genitori di oggi che non danno loro le attenzioni di cui hanno bisogno. In genere si tratta di figli di persone che non hanno particolari problemi economici, che hanno già più del necessario… ma che vogliono sempre di più. In questo caso, oltre che cercare di far capire loro che è sbagliato e i pericoli a cui vanno incontro, bisognerebbe dare una tiratina d’orecchie anche ai genitori i quali, evidentemente, non sono riusciti a trasmettere loro dei valori, trascurandoli nel periodo più critico della loro vita.
Diverso discorso per chi, come Asha, si trova vittima in un certo senso, del consumismo dei giorni nostri.
Le amiche indossano sempre vestiti diversi, scarpe impeccabili, hanno belle case, giocattoli… mentre la protagonista è costretta a mettere i vestiti della sorella maggiore quindi lisi. Scarpe consumate e sporche e vivere in una casa vecchia e fatiscente.
Ben presto inizia a invidiare le loro vite. Anche lei vorrebbe tutto ciò che hanno loro ed è disposta a tutto pur di ottenerlo. Qui entra in gioco una ragazzina più grande, scafata e furba nel capire la sua volubilità.
Non ci vuole molto per trascinarla sulla cattiva strada e dopo il comprensibile primo momento in cui le piace ricevere le attenzioni di uomini più grandi, guadagnare soldi e anche fare sesso, inizia a rimpiangere il poco che aveva; l’affetto della famiglia, le amicizie. Soprattutto quando conosce un ragazzino a una festa. Si rende conto che con lui non deve fingere, che l’apprezza per quello che è, e non come mero oggetto del desiderio da usare e gettare. Capisce di voler vivere la serenità della sua adolescenza, tornare indietro, ma la presunta amica, capendo le sue intenzioni, la vende a un’organizzazione criminale che la segrega e la costringe a prostituirsi con la forza.
Non lo accetta. Scappa più volte, ma viene sempre ritrovata. Quando poi scopre di essere incinta, certa che il padre sia quel ragazzino incontrato alla festa, lo cerca senza riuscire a trovarlo. Presa dal panico, tenta di far credere a un uomo che una sera, ubriaco, la stava quasi investendo, di essere lui il padre del bambino. Ma non funziona.
Con quei criminali che non le danno tregua, non avendo il coraggio di tornare a casa per la vergogna, non sapendo dove trovare quel ragazzino di cui è innamorata, fallito il tentativo con quell’uomo… decide di farla finita.
Con la sua breve lettera d’addio inizia il libro…
Come ogni favola che si rispetti dovrebbe esserci una morale. Sarò riuscito a esprimerla raccontando il prosieguo della storia?
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ASCOLI PICENO – Torna la rassegna dedicata a cinema, arte, musica, letteratura e filosofia. Mercoledì 20 novembre il secondo capitolo di Muse al Cinema edizione Winter con l’autore Filippo Tuena e “Una commedia sexy in una notte di mezza estate” di Woody Allen.
Dopo l’esordio dello scorso 30 ottobre, durante il quale il direttore dell’istituto provinciale per la storia del Movimento di Liberazione nelle Marche ha tenuto la sua lectio magistralis sul tema “La dissoluzione della Jugoslavia e il massacro di Srebrenica” e Fabio Burattini e Paolo Pignocchi di Amnesty Interrnational hanno stimolato la riflessione sul film proiettato nel nuovo cineteatro Piceno “Il segreto della miniera” di Hanna Slack, il prossimo mercoledì 20 novembre il secondo appuntamento de Le muse al Cinema Winter Edition offrirà l’occasione di incontrare uno degli intellettuali più raffinati ed eclettici del panorama italiano. Filippo Tuenasarà la nostra guida attraverso le stanze magiche della bellezza, dell’arte e della grande letteratura.
Una serata che comincerà alla LibreriaRinascita con inizio ore 18.30, in cui si parlerà dei suoi più recenti lavori, la coltissima Opera-mondo “Le Galanti” e la struggente riscrittura del “Sogno” Shakespeariano, “Com’è trascorsa la notte”. A dialogare con l’autore Eleonora Tassoni e Valentina Falcioni.
Dopo questo onirico viaggio nella bellezza e nelle sue seduzioni ci sarà il tradizionale aperitivo al bar della Libreria Rinascita(costo euro 7,00 prenotazioni al numero 0736259653 entro il 19 novembre). Alle ore 21, infine, omaggio al “Sogno di una notte di mezza estate” al
Filippo Tuena è autore di saggi di storia dell’arte e di romanzi. Tra i suoi libri: Tutti i sognatori, Super Premio Grinzane-Cavour 2000; Le variazioni Reinach, Premio Bagutta 2006; Michelangelo. La grande ombra, 2008; Stranieri alla terra, 2012. Ha inoltre curato Robert F. Scott. I diari del Polo, 2009 e il fotografico Scott in Antartide, 2011.
Le galanti: La letteratura è un grattacielo nel deserto, un atrio nobiliare abitato da fantasmi, una galleria d’arte con pareti d’alabastro, pellucide, lattescenti, dove file interminabili di quadri ci trafiggono la vista, riempiendo lo spazio di volti e scenografie sfuggenti. A frotte compaiono davanti ai nostri occhi, ci disorientano, ammiccano verso di noi, ci traggono in inganno. È in quel momento, quando incrociamo il loro sguardo, che la galleria si tramuta in una stanza degli specchi: ogni cornice, a ben vedere, raccoglie al suo interno un’immagine di noi, e allora seguiamo il nostro doppio, con la coda dell’occhio lo pediniamo mentre svolta in un caleidoscopio senza fondo.
È questo lo scenario allestito da Filippo Tuena nelle Galanti: una Wunderkammer sorprendente di storie, immagini, ricordi, incontri amorosi, le cui stanze hanno ornamenti Rococò, baldacchini ottocenteschi, ceramiche protocorinzie e lampadari Art Nouveau. Chi vi entra può scorgervi il passo agguerrito di Ulisse, gli occhi avvitati al passato di Van Gogh, i fianchi sensuali dell’Ermafrodito. Qui Roma brucia ancora una volta e crollano le alte mura di Troia, l’Italia è invasa dai nazisti e la Medusa di Géricault veleggia verso l’ignoto – mentre lì vicino, a pochi metri di distanza, si consumano feste galanti in cui coppie di giovani amanti si avvinghiano sul talamo del più sfrenato erotismo.
Un’opera-mondo, Le galanti, che ha il gusto della storia umana e il sapore dell’introspezione biografica. In queste pagine Filippo Tuena ha convocato tutte le sue muse artistiche, letterarie e pittoriche, da Michelangelo a Velázquez, da Venere alle Sirene omeriche, da Bernini a Stendhal, per raccontare le loro storie e farci scoprire come le ha incontrate; e ha riavvolto i fili di tutti gli amori di una vita: quelli passionali, quelli drammatici e quelli consumati solo nella luce fioca della letteratura.
Un viaggio diurno e notturno fatto di narrazioni, ekphrasis raffinate, poesie e riflessioni accumulate nell’arco di una vita intera. Diventate libri, a volte, altre volte invece rimaste in apnea nella ghiacciaia dell’immaginazione, e raccolte tutte qui – mutata veste – nella loro dialogante complessità, a comporre il libro definitivo di un autore magistrale.
Com’è trascorsa la notte. Una notte trepida e incantata, interminabile, una notte animata da fate e folletti, da innamorati resi ciechi dai volubili capricci della passione, da attori che sfuggono al loro copione. È il Sogno di una notte di mezza estate, che Filippo Tuena rievoca esplorandone le profondità più nascoste, impadronendosi del testo shakespeariano e lasciandosene possedere, per dare vita a un romanzo che è, insieme, un atto d’amore nei confronti della letteratura.
E di una donna misteriosa, sfuggente come una princesse lointaine della tradizione cortese, a cui uno scrittore senza nome rivolge un lungo canto, convocando i personaggi di William Shakespeare – Ermia e Lisandro, Teseo e Ippolita, Titania e Oberon, Bottom con la sua testa d’asino e il beffardo Puck – perché intessano una volta di più le loro trame e, così facendo, lo aiutino a riconquistare l’amata.
Paradigmi di una fenomenologia dell’amore sensuale, effimero, gioioso o incomunicabile, destinato alla sconfitta eppure irreprimibile, questi personaggi diventano – in Com’è trascorsa la notte – emblemi di una condizione universale, trasfigurata, nelle ultime pagine, in visioni del cosmo in cui corpi celesti e corpi umani sembrano soggetti alle stesse forze di attrazione e ripulsa.
L’esito è una sinfonia di riprese, contrappunti e variazioni, il cui inestricabile fil rouge è il magico distillato di viola del pensiero che, versato sulle palpebre degli addormentati dal folletto Puck, fa cadere chiunque nell’incantesimo d’amore, o funge da narcotico per lenire l’amarezza che sorge insostenibile quando ci si rende conto che il domani sarà doloroso e l’amato perduto per sempre.
Seguendo la scia di questo distillato portentoso, Filippo Tuena compone un romanzo immaginifico in cui saggio e narrazione si fondono in un’armonia gioiosa e perturbante, intima e fiabesca. E trascina il lettore, pagina dopo pagina, a un finale inatteso e spiazzante, in cui amore e morte giungono a coincidere in un ultimo atto, in un ultimo attimo di sogno.
Una commedia sexi in una notte di mezza estate: 1982, commedia, 88 min. Andrew – un inventore dilettante un po’ svitato – abita in una villa isolata insieme a sua moglie Adrian, noiosa e trascurata dal marito, perso dietro i suoi congegni, ora saltuariamente volanti, ora magici. Durante un fine settimana arrivano altre due coppie.
Leopold, un anziano professore di filosofia, materialista dichiarato, presuntuoso e pedante, che sta per sposare la giovane e disinibita “fidanzata” Ariel, e Maxwell, un medico libertino, con la sua infermiera tuttofare Dulcy, tanto belloccia quanto oca e facile.
La casuale convivenza di questo campionario di gente senza reali interessi né perché di vita genera un gioco divertito – e in qualche momento divertente – di scambi, equivoci e appuntamenti al chiaro di luna, con composizioni e scomposizioni di coppie, schermate da raffinati passatempi di società.
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Venticinque anni senza Moana
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/venticinque-anni-senza-moana/
Venticinque anni senza Moana
Venticinque anni senza Moana
La donna ‘piu’ bella del mondo’, il sogno erotico degli italiani che ha contribuito in maniera significativa a cambiare i costumi e la morale dell’Italia a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, Moana Pozzi, se ne andava 25 anni fa, il 15 settembre 1994. Una morte improvvisa, inattesa e sotto certi versi misteriosa, comunicata dai familiari dopo due giorni (fatto che la accomunò mediaticamente alla morte di uno dei più importanti filosofi del ‘900, Karl Popper, scomparso il 17 settembre 1994) e dopo che il suo corpo era già stato cremato.
Star incontrastata del circuito hard e simbolo di trasgressione e progresso nell’Italia dominata dalla Dc e dalla cultura cattolica, l’attrice si mosse in una Penisola alle prese con la fine della prima Repubblica e in quel periodo di cambiamento riuscì ad affermarsi oltre che per la bellezza, per le capacità di pensiero e lo stile di vita controcorrente.
La fama di Moana andà ben oltre il mondo a luci rosse: colta, di famiglia borghese e molto intelligente, fu protagonista anche in politica e in televisione. Osteggiata dai benpensanti e amata dal pubblico, non solo per le doti di attrice porno, si spense a soli 33 anni all’Hotel-Dieu di Lione per un tumore al fegato.
Come per ogni icona morta prematuramente, la sua dipartita scatenò teorie complottiste e derive dietrologiche secondo cui l’attrice non fosse morta, ma avesse deciso di scomparire e cambiare vita. Altri attribuirono la morte di Moana all’Aids, nonostante le conferme da parte dei medici sulle reali cause.
Moana era figlia di un ricercatore nucleare e una casalinga: una buona famiglia ligure che a tutto pensava tranne che il suo destino fosse nel mondo del porno, dove arrivò nel 1982, lo stesso anno in cui le fu affidata la conduzione di ‘Tip Tap Club’ su Rai2, un programma pomeridiano per bambini.
Secondo la morale dell’epoca le due cose erano inconciliabili e quindi venne allontanata dal programma. In un’intervista rilasciata a Roberto D’Agostino e riportata su Dagospia spiegò la coesistenza tra i due mondi con estrema naturalezza: “Io faccio tante altre cose che esulano dalla pornografia, fin da quando ho iniziato la mia carriera: interpretavo film porno, poi partecipavo a una trasmissione in tivù. Io credo di avere avuto il merito di dimostrare che questa separazione, volendo, non c’è. Dipende dalla persona; perché poi vedi che tante altre ragazze che fanno il mio stesso lavoro, non riescono ad andare al di là di quello. E’ bello essere un’artista che fa tante cose, no?”.
Nel controverso e scandaloso libro ‘La filosofia di Moana’ oltre a descrivere il suo pensiero, scrisse molto della sua vita e della sua infanzia: “Di sera non mi facevano uscire e io scappavo dalla finestra, mi proibivano di leggere libri spinti (Moravia era considerato osceno) e io lo facevo di nascosto, mi obbligavano a vestire da collegiale e io, uscita da casa, correvo da una mia amica a mettermi minigonna e tacchi alti. Non vedevo l’ora di diventare maggiorenne e di essere finalmente libera!”.
Nello stesso libro, oltre ad annoverare i suoi scrittori preferiti – Moravia, Kundera, Allan Poe, Marguerite Yourcenar e Anais Nin – raccontò di avere avuto tra i molti amanti il segretario del Psi Bettino Craxi che a suo dire l’avrebbe molto aiutata agli esordi, soprattutto per ottenere la conduzione di ‘Tip Tap’ (ma anche Luciano De Crescenzo e gli attori Harvey Keithel, Francesco Nuti e Andrea Roncati) e dava i voti alle capacità amatorie degli uomini con cui diceva di essere andata a letto, aggiungendo diversi aneddoti a riguardo.
Nel 1987 entrò nel circuito porno in maniera stabile grazie all’agenzia ‘Diva Futura’ di Riccardo Schicchi. Nello stesso anno, con lo spettacolo dal vivo ‘Curve pericolose’, divenne un nome e un volto noto anche al di fuori del circuito porno, soprattutto per il risvolto mediatico delle performance live e degli scandali giudiziari che ne derivarono.
Lo spettacolo vedeva la presenza di Moana e la collega Ilona Staller ‘Cicciolina’. Le due attrici si spogliavano e facevano al pubblico domande sul sesso. Bastò per essere denunciate per atti osceni in luogo pubblico, processate e condannate a sette mesi senza condizionale.
Quindi iniziò a partecipare a diversi programmi televisivi e la popolarità che ne derivò fece in modo che potesse esprimere sul piccolo schermo le sue idee in tema non solo di sesso, ma anche su argomenti di interesse sociale che costituiranno il nucleo primordiale della sua esperienza politica.
Nel 1992 si candido’ col ‘Partito dell’amore’ fondato da Riccardo Schicchi e, in piena Tangentopoli, partecipo’ a ‘Tribuna elettorale’, talk show Rai, in quanto leader di quel movimento. L’esperienza politica non ebbe un successo concreto in termini numerici, ma ebbe una grande importanza per l’Italia perché fu la prima esperienza di un un movimento che aggregava persone unite da un sentimento di antipolitica. Inoltre valse a Moana una vasta popolarità all’estero dove i giornali le dedicarono diverse pagine.
In un’intervista del 1992 spiegà come la politica fosse stata sempre presente anche nei suoi spettacoli come “forma di protesta contro la morale borghese”, per “entrare nelle case dove le persone pensavano non sarei mai entrata”. Intervistata da Pippo Baudo, l’anno prima della sua morte, rispose alle domande delle donne presenti in studio. Quando le venne chiesto come si sarebbe vista a 50 anni, disse: “Mi immagino ancora una donna piacente, mi darò da fare per continuare ad esserlo. Dopo non mi immagino più…”.
Dopo la sua morte e le conseguenti speculazioni il mito di Moana continuò a vivere nei ricordi di chi l’aveva conosciuta. Una testimonianza intima sull’attrice si ritrova in una dichiarazione rilasciata nel 2009 da Paolo Villaggio (suo amico di vecchia data: nel 1984 le aveva trovato una particina nel film di Sergio Corbucci ‘A tu per tu’ girato con Johnny Dorelli), a 15 anni dalla morte dell’attrice: “Moana Pozzi era frigida. Odiava il sesso, provava disgusto per tutti quegli uomini che le slinguettavano addosso. Era schifata da quella pletora di sacerdoti pedofili, politici democristiani, quel mondo di corrotti che le girava attorno. In realtà li fustigava con distacco, questa era la sua forza”.
Poi aggiungeva: “Moana non solo non ha conosciuto la sessualità ma è stata frigida anche sentimentalmente. Non ha mai amato veramente nessuno. E’ rimasta ingabbiata nella sua ambizione. Il suo vero obiettivo è stato l’avere non l’essere. Voleva essere felice, ma ha imboccato l’autostrada del successo inteso come guadagno”. E concludeva il suo pensiero: “Sinceramente non ha capito qual era la strada giusta per raggiungere la felicità. Per lei, nata in un quartiere povero, era fare soldi in qualunque modo, anche rischiando l’infelicità”.
Nello stesso anno Sky realizzò una miniserie sulla Pozzi interpretata da Violente Placido, ‘Moana’, due puntate che andarono in onda senza ottenere un grande successo. La serie strutturata in due parti racconta la storia di Moana dal successo alla morte e si conclude con alcuni spezzoni dell’intervista fatta da Baudo e, quasi come un testamento, l’ultima frase che pronuncia è indicativa della sua carriera: “No, non sono pentita. Ne parlavo proprio con mia madre giorni fa, le ho detto: mi dispiace che ti dispiaccia, ma rifarei tutto ciò che ho fatto”.
La donna ‘piu’ bella del mondo’, il sogno erotico degli italiani che ha contribuito in maniera significativa a cambiare i costumi e la morale dell’Italia a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, Moana Pozzi, se ne andava 25 anni fa, il 15 settembre 1994. Una morte improvvisa, inattesa e sotto certi versi misteriosa, comunicata dai familiari dopo due giorni (fatto che la accomunò mediaticamente alla morte di uno dei più importanti filosofi del ‘900, Karl Popper, scomparso il 17 settembre 1994) e dopo che il suo corpo era già stato cremato.
Star incontrastata del circuito hard e simbolo di trasgressione e progresso nell’Italia dominata dalla Dc e dalla cultura cattolica, l’attrice si mosse in una Penisola alle prese con la fine della prima Repubblica e in quel periodo di cambiamento riuscì ad affermarsi oltre che per la bellezza, per le capacità di pensiero e lo stile di vita controcorrente.
La fama di Moana andà ben oltre il mondo a luci rosse: colta, di famiglia borghese e molto intelligente, fu protagonista anche in politica e in televisione. Osteggiata dai benpensanti e amata dal pubblico, non solo per le doti di attrice porno, si spense a soli 33 anni all’Hotel-Dieu di Lione per un tumore al fegato.
Come per ogni icona morta prematuramente, la sua dipartita scatenò teorie complottiste e derive dietrologiche secondo cui l’attrice non fosse morta, ma avesse deciso di scomparire e cambiare vita. Altri attribuirono la morte di Moana all’Aids, nonostante le conferme da parte dei medici sulle reali cause.
Moana era figlia di un ricercatore nucleare e una casalinga: una buona famiglia ligure che a tutto pensava tranne che il suo destino fosse nel mondo del porno, dove arrivò nel 1982, lo stesso anno in cui le fu affidata la conduzione di ‘Tip Tap Club’ su Rai2, un programma pomeridiano per bambini.
Secondo la morale dell’epoca le due cose erano inconciliabili e quindi venne allontanata dal programma. In un’intervista rilasciata a Roberto D’Agostino e riportata su Dagospia spiegò la coesistenza tra i due mondi con estrema naturalezza: “Io faccio tante altre cose che esulano dalla pornografia, fin da quando ho iniziato la mia carriera: interpretavo film porno, poi partecipavo a una trasmissione in tivù. Io credo di avere avuto il merito di dimostrare che questa separazione, volendo, non c’è. Dipende dalla persona; perché poi vedi che tante altre ragazze che fanno il mio stesso lavoro, non riescono ad andare al di là di quello. E’ bello essere un’artista che fa tante cose, no?”.
Nel controverso e scandaloso libro ‘La filosofia di Moana’ oltre a descrivere il suo pensiero, scrisse molto della sua vita e della sua infanzia: “Di sera non mi facevano uscire e io scappavo dalla finestra, mi proibivano di leggere libri spinti (Moravia era considerato osceno) e io lo facevo di nascosto, mi obbligavano a vestire da collegiale e io, uscita da casa, correvo da una mia amica a mettermi minigonna e tacchi alti. Non vedevo l’ora di diventare maggiorenne e di essere finalmente libera!”.
Nello stesso libro, oltre ad annoverare i suoi scrittori preferiti – Moravia, Kundera, Allan Poe, Marguerite Yourcenar e Anais Nin – raccontò di avere avuto tra i molti amanti il segretario del Psi Bettino Craxi che a suo dire l’avrebbe molto aiutata agli esordi, soprattutto per ottenere la conduzione di ‘Tip Tap’ (ma anche Luciano De Crescenzo e gli attori Harvey Keithel, Francesco Nuti e Andrea Roncati) e dava i voti alle capacità amatorie degli uomini con cui diceva di essere andata a letto, aggiungendo diversi aneddoti a riguardo.
Nel 1987 entrò nel circuito porno in maniera stabile grazie all’agenzia ‘Diva Futura’ di Riccardo Schicchi. Nello stesso anno, con lo spettacolo dal vivo ‘Curve pericolose’, divenne un nome e un volto noto anche al di fuori del circuito porno, soprattutto per il risvolto mediatico delle performance live e degli scandali giudiziari che ne derivarono.
Lo spettacolo vedeva la presenza di Moana e la collega Ilona Staller ‘Cicciolina’. Le due attrici si spogliavano e facevano al pubblico domande sul sesso. Bastò per essere denunciate per atti osceni in luogo pubblico, processate e condannate a sette mesi senza condizionale.
Quindi iniziò a partecipare a diversi programmi televisivi e la popolarità che ne derivò fece in modo che potesse esprimere sul piccolo schermo le sue idee in tema non solo di sesso, ma anche su argomenti di interesse sociale che costituiranno il nucleo primordiale della sua esperienza politica.
Nel 1992 si candido’ col ‘Partito dell’amore’ fondato da Riccardo Schicchi e, in piena Tangentopoli, partecipo’ a ‘Tribuna elettorale’, talk show Rai, in quanto leader di quel movimento. L’esperienza politica non ebbe un successo concreto in termini numerici, ma ebbe una grande importanza per l’Italia perché fu la prima esperienza di un un movimento che aggregava persone unite da un sentimento di antipolitica. Inoltre valse a Moana una vasta popolarità all’estero dove i giornali le dedicarono diverse pagine.
In un’intervista del 1992 spiegà come la politica fosse stata sempre presente anche nei suoi spettacoli come “forma di protesta contro la morale borghese”, per “entrare nelle case dove le persone pensavano non sarei mai entrata”. Intervistata da Pippo Baudo, l’anno prima della sua morte, rispose alle domande delle donne presenti in studio. Quando le venne chiesto come si sarebbe vista a 50 anni, disse: “Mi immagino ancora una donna piacente, mi darò da fare per continuare ad esserlo. Dopo non mi immagino più…”.
Dopo la sua morte e le conseguenti speculazioni il mito di Moana continuò a vivere nei ricordi di chi l’aveva conosciuta. Una testimonianza intima sull’attrice si ritrova in una dichiarazione rilasciata nel 2009 da Paolo Villaggio (suo amico di vecchia data: nel 1984 le aveva trovato una particina nel film di Sergio Corbucci ‘A tu per tu’ girato con Johnny Dorelli), a 15 anni dalla morte dell’attrice: “Moana Pozzi era frigida. Odiava il sesso, provava disgusto per tutti quegli uomini che le slinguettavano addosso. Era schifata da quella pletora di sacerdoti pedofili, politici democristiani, quel mondo di corrotti che le girava attorno. In realtà li fustigava con distacco, questa era la sua forza”.
Poi aggiungeva: “Moana non solo non ha conosciuto la sessualità ma è stata frigida anche sentimentalmente. Non ha mai amato veramente nessuno. E’ rimasta ingabbiata nella sua ambizione. Il suo vero obiettivo è stato l’avere non l’essere. Voleva essere felice, ma ha imboccato l’autostrada del successo inteso come guadagno”. E concludeva il suo pensiero: “Sinceramente non ha capito qual era la strada giusta per raggiungere la felicità. Per lei, nata in un quartiere povero, era fare soldi in qualunque modo, anche rischiando l’infelicità”.
Nello stesso anno Sky realizzò una miniserie sulla Pozzi interpretata da Violente Placido, ‘Moana’, due puntate che andarono in onda senza ottenere un grande successo. La serie strutturata in due parti racconta la storia di Moana dal successo alla morte e si conclude con alcuni spezzoni dell’intervista fatta da Baudo e, quasi come un testamento, l’ultima frase che pronuncia è indicativa della sua carriera: “No, non sono pentita. Ne parlavo proprio con mia madre giorni fa, le ho detto: mi dispiace che ti dispiaccia, ma rifarei tutto ciò che ho fatto”.
Agi
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