#abbastanza molesta
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La patente è arrivata in un momento in cui io consideravo morta e sepolta la possibilità di prendere una macchina, di guidare: sebbene avessi sognato più volte di guidare (ovviamente male, perché per me sono sempre esistiti solo freno e acceleratore e nello specifico solo acceleratore e forza frenante del motore, maldetta frizione!) non mi interessava più, anzi mi dicevo che sarebbe stato bello riuscire a spostarsi coi mezzi pubblici, treni autobus, camminare a piedi. Vivevo in un paese campano che rimarrà forse il mio unico rimpianto del sud italia perché era ben strutturato: a piedi raggiungevo e facevo tutto, avevo il centro storico, il centro commerciale, farmacie a volontà, dottoressa vicino casa, un sacco di supermercati, un partito comunista, manifestazioni in piazza: tutto raggiungibile a piedi. Rimpianto perché in quanto sud non puoi campare e la gente è molesta per natura e dunque sono dovuta scappare anche da lì. Della patente, insomma, a me non me ne fregava niente, non ci pensavo affatto. Mentalmente ero ancora abbastanza inguaiata, andava meglio ma non andava bene: ero tesa come una corda di violino, il mio corpo era un fascio di nervi e questo si ripercuoteva sulla guida: l'istruttrice fece una grandissima fatica, sudava appresso a me che ero grondante di sudore terrorizzato. Iniziare a guidare è stato un trauma: ero terrorizzata dal fatto che quell'abitacolo, quell'aggeggio enorme non solo era "comandato" da me, ma mi toglieva letteralmente il terreno sotto i piedi (a questo proposito aggiungo che io ho avuto problemi anche col tapis roulant perché appunto c'era questa passerella che si muoveva in maniera "autonoma" ed io avevo paura di non riuscire a controllarla. Cosa c'entra con la guida di un auto? Beh, è la stessa identica cosa dato che ho paura di perdere il controllo). Poi io ho bisogno di capire quello che sto facendo, devo farmi uno schema in testa, non riesco a buttarmi e capire dopo, io devo sapere prima. Beh, io non riuscivo a capire cosa stavo facendo e dunque non riuscivo a rilassarmi. Comunque, alla fine sono riuscita a prendere questa benedetta patente. L'ho presa per grazia divina perché appunto l'esame fu terribile ed infatti io non ero nemmeno felice di quella patente perché non era "meritata", cioè io non riuscivo ancora a guidare, ero insicurissima ed immaginavo violentemente ancora un incidente ad ogni minimo incrocio (non riuscivo nemmeno a stare dritta nella mia carreggiata). Infatti presa la patente non ho più guidato.
La macchina invece è arrivata in un momento in cui non doveva arrivare e cioè circa un mese fa: senza lavoro, a soldi prestati (come d'altronde anche la patente), lontana da tutti, in un posto che nemmeno conosco perché chi cazzo c'è mai stata in provincia di bergamo. Sapevo che mi sarei dovuta prendere una macchina prima o poi, perché qua è tutto scomodo come in sicilia, ma avevo progettato di acquistarla in un altro momento. Reiniziare a guidare è stato semplice e soprattutto divertente: è cambiata la testa, le medicine sono servite a qualcosa. Ho fatto qualche guida assieme ad una istruttrice della zona e mi sono divertita un sacco, la sua guida è stata preziosa e lei una persona veramente gentile (oltre che strana, come tutte le persone della zona: io a tutta questa educazione non ci sono abituata e soprattutto non sono abituata a chi dice "Un quarto alle 9") ed esaltata, ovviamente pure lei di discendenza siciliana ma ormai lo so che la sicilia me la ritroverò ovunque: d'altronde i pomodori che ho comprato venivano proprio dalla città dove sono nata. Io adesso comunque guido: la macchina mi odia perché la faccio singhiozzare sempre e perché non cambio adeguatamente le marce, per non parlare di tutte le volte che la faccio spegnere o che resto appesa in una salita perché non so bilanciare bene frizione e acceleratore; la frizione mi deride perché sa che ho un odio e una repulsione spontanei nei suoi confronti; la gente quando mi guida dietro si mette a ridere quando proprio non mi bestemmia ma qua nessuno mi ha mai suonato, al massimo mi sorpassano. A volte penso che guidare è una gran bella cosa, che spero di avere i soldi prima o poi per farmi un bel pieno, pagarmi i pedaggi e andare che ne so a milano o robe simili. Penso che dovrei approfittarne del fatto di potermi spostare tranquillamente, per poter andare in posti dove ho sempre voluto andare, mi dico: wow, ma qua ho tutto così vicino! Persino voi tumbleri siete così vicini, se ci penso! A tutta questa libertà di movimento è difficile abituarsi, per una che ha sempre vissuto entro i confini di un'isola e della miseria. Certo, se arrivasse un lavoro sarebbe pure cosa gradita (mi correggo: se arrivasse un'entrata mensile, che poi si debba passare per il lavoro è solo una triste parentesi disumanizzante) ma poi penso che male che vada ho un tetto sotto il quale poter dormire: la mia auto.
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Ciao, ho altri consigli per i dispetti alle coinquiline.
se hanno numero di telefono fisso o mobile, o si conosce pure la loro mail, usarli per iscriversi a siti tipo testimoni di Geova, Scientology, fanbase di Trump, televendite, gestori di luce gas e affini, o altri siti analoghi Roba molesta insomma, così riceveranno di continuo mail o telefonate.
nascondere le bollette così prima o poi i gestori staccheranno le utenze, o loro avranno more da pagare oltre all'importo.
tanto dado da brodo sciolto in poca acqua e spruzzato sui loro materassi o tappeti - tappezzeria. Non tanto da rendere visibile la macchia di bagnato ma abbastanza. O nelle piante in balcone, se ci sono, tanto vanno annaffiate e non si destano sospetti. Gli animali ne vanno matti e difficilmente capiranno cosa li attira - l'ideale sarebbe metterli in giardino ed aspettare che la pioggia li sciolga. Anche su un carico di biancheria stesa ad asciugare, tanto è già bagnata. Alternative al dado, il liquido puzzolente di carnevale o, meglio ancora, Surströmming. La manna sarebbero le cimici dei letti: se l'infestazione è grossa dovrebbero lasciare l'appartamento.
aggiungere peperoncino o piccante liquido all'olio, al caffè in polvere ed altri cibi a lunga scadenza. Oppure spezie varie così da alternarne il sapore, dovranno buttare tutto e ricomprare.
nascondere della carne o delle interiora di pesce nella loro camera o nelle aree comuni in posti difficili da scoprire (dietro i battiscopa, se ci sono, per esempio, o in scatole vecchie nello stanzino) ed aspettare l'effetto dell'odore di rancido + frotte di insetti o topi. Però forse potresti passare guai con il proprietario del palazzo se ti scoprono?
aggiungere crema depilatoria a shampoo o balsamo di loro proprietà - l'ho visto fare in un film, per punire un bullo gli depilavano le sopracciglia nel sonno.
se la coinquilina è ossessiva riguardo ad oggetti, spostali o nascondili per un po' e poi falli rispuntare fuori in posti inusuali.
fai fermentare l'umido (o carne, o pesce, o vegetali) tipo in cantina o mansarda e quando ci sono i vermetti li metti in dispensa. Dovrebbero creare le farfalline che sono difficili da mandare via. La spazzatura fermentata la puoi nascondere per casa mentre loro sono via, per profumare l'ambiente, o lasciarla in cantina così riceveranno richiami dai vicini - in questo caso molta, mi raccomando. Forse dovranno chiamare pure la disinfestazione se arrivano topi o blatte. In alternativa, il succitato Surströmming a confezione aperta od il frutto Durian, cibi davvero fetenti.
Alcune di queste avrei voluto pensarle quando stavo con quelle zoccole delle mie ex coinquiline. Ottimi consigli
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Aggiornamenti dal Circo Twitter: da un paio di settimane i tweet di Elon Musk compaiono con una frequenza molesta tra i post “suggeriti” in mezzo alla timeline, dopo che il padrone di casa si era lamentato con lo staff perché non avevano abbastanza visualizzazioni.
Risultato: un sacco di gente ha bloccato/silenziato Musk.
44 miliardi di dollari ha speso, per ‘sta roba
(Tom di MySpace diventa ogni giorno sempre più un gigante)
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A SOLO CELLO OUTSIDE A CHORUS
Una disquisizione sull’introversione alla luce delle festività natalizie appena passate, di una vita di risentimento nei confronti della tirannide estroversa, e di Mercoledì Addams.
Quanto pesa un introverso? Non abbastanza da rompere il ghiaccio.
Oggi è il 2 gennaio e si celebra la giornata mondiale degli introversi. La data non è casuale: ci si è appena lasciati alle spalle i momenti di socialità forzata delle festività natalizie e l’evento più nefasto e inutile tra tutti gli eventi nefasti e inutili nella storia del mondo: l’ultimo dell’anno. Al tg si parla sempre delle vittime dei festeggiamenti per il capodanno, in genere sono quelli che hanno perso un occhio, un orecchio o dita in numero variabile, ma mai delle vere vittime di questa insensata ricorrenza — in realtà di tutte le ricorrenze, a partire dal proprio compleanno: gli introversi.
Perché?
Perché gli introversi sono una categoria di persone negletta, incompresa e oppressa, ancor più dei vegani a un barbecue.
Negletta, poiché in preda al delirio festivo tutti si dimenticano delle nostre antitetiche esigenze di tranquillità;
Incompresa, poiché la nostra necessità di starcene da soli rimane inintelligibile alla maggior parte delle persone;
Oppressa, poiché il nostro diritto alla solitudine è costantemente violato, tra cene, cenoni, aperitivi, compleanni, matrimoni, battesimi, comunioni, cresime, pizzate, raduni aziendali con colleghi che magari per quaranta ore a settimana sogni di tirar sotto con la macchina. Ecco, tutti eventi di cui faremmo volentieri a meno.
Il problema è che il mondo è dominato dalla lobby degli estroversi, i quali, esistendo in percentuale maggiore nella popolazione, prevaricano — tanto per numero quanto per energia — sulla riservata minoranza. Ed è ora di dire basta. Sarebbe da salire sulle barricate e rivendicare i nostri diritti umani e costituzionali, se valesse la pena uscire di casa e rinunciare a vedere un film.
Gli estro, per gli intro, costituiscono il loro unico, e letale, predatore. Se ne stanno lì, in agguato nell’ombra dei gruppi Whatsapp e all’improvviso ci aggrediscono con gli inviti più disparati e le proposte più improbabili: il nuovo ristorante che fa la pizza solo con le farine macinate nei giorni dispari dai monaci cistercensi di Scurcola Marsicana, che devono assolutamente provare; il vernissage dell’artista polacco minimalista morto suicida, quadri venduti due; la conferenza del filosofo che ha teorizzato l’essenza ontologica del fritto misto. E, a seconda del periodo dell’anno in cui ci si trova, con la precisione di un pesce arciere se ne escono con la più perniciosa e molesta delle domande nella storia dell’umanità: “Cosa facciamo a capodanno?” e “Cosa facciamo a ferragosto?”.
In effetti, si può tranquillamente affermare che introversi ed estroversi sono nemici per natura, come gli Inglesi e gli Scozzesi, o i Gallesi e gli Scozzesi, o i Giapponesi e gli Scozzesi o gli Scozzesi e altri Scozzesi! Dannati scozzesi, hanno distrutto la Scozia!
Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte, o se non vengo per niente?
È facile riconoscere un introverso a una festa: è quello che è rimasto a casa.
Seee, magari. Il più delle volte è quello che sperava di riuscire a rimanere a casa.
Esistono due motivi per cui l’introverso si convince, non senza strepiti e lamentele, ad abbandonare lo stato di quiete della materia per andare alla festa, alla cena, all’aperitivo: 1) senso di colpa (“Sono stati carini ad invitarmi, in fin dei conti mi dispiace dargli buca”); 2) un'effettiva esigenza di socialità. E non necessariamente la prima ragione è un motore più performante della seconda, solo ricorre statisticamente più spesso.
E non dico che ci va e se ne pente (io, per esempio, non lo faccio), perché anche l’introverso è felice di passare del tempo con gli amici (sia messo a verbale!): soltanto, esaurito il momento conviviale, l’introverso deve (come un pesce deve stare nell’acqua) tornare a rintanarsi nel suo bozzolo per ricaricare le batterie mentali. Di solito anche per lunghi periodi di tempo, il problema è che per introversi ed estroversi il tempo scorre diversamente, come in Interstellar, ecco perché il successivo invito arriva sempre “troppo presto” per gli uni e “troppo tardi” per gli altri. La compagnia della sua ristretta e selezionata cerchia, a cui ovviamente vuol bene, all’introverso non è sgradevole (si verbalizzi anche questo), gli è soltanto — nel lungo periodo —psicologicamente dispendiosa.
The most interesting plants grow in the shades.
Che sia per leggere un libro, guardare un film o una serie, giocare ai videogiochi, fare una passeggiata nella natura o anche solo starsene immobile a contemplare gli oscuri recessi dell’animo umano, la solitudine è un presupposto fondamentale del benessere psico-fisico della persona introversa, è qualcosa di fertile e nutriente. Perché se l’estroverso trae la sua energia dallo stare con gli altri, l’introverso al contrario la trae proprio dall’isolamento. Il che non significa — checché ne dica il linguaggio violento e offensivo dell’egemonia estroversa — essere disadattati, completamente asociali, scorbutici, privi di autostima e di sicurezza, incapaci di rapportarsi con gli altri o di stringere relazioni significative.
La lobby estroversa, con la sua visione compagnona e schiamazzante della vita, ha plasmato il mondo a sua immagine e somiglianza, un mondo in cui gli espansivi vengono incentivati e i riservati additati, fin dalla scuola. Com’è che nel linguaggio dei media il serial killer è sempre un “lupo solitario” e la vittima il pilastro portante della comunità? Mo’ mi volete dire che non è mai esistito un serial killer estroverso? Esigo di parlare col mio criminologo.
Ciò si riflette anche nell’arte: i film e le serie sono pieni di protagonisti che frequentano i più variegati ritrovi sociali, che escono e fraternizzano tutto il tempo, in cui la loro casa è un porto di mare di cui tutti hanno le chiavi (i danni che ha fatto Friends in questo senso sono incalcolabili); il personaggio timido invece è sempre quello sfigato che deve superare il suo “problema” e imparare a essere espansivo, perché la propaganda estroversa votata al dominio mondiale (e sicuramente collusa con la lobby dei baristi), cerca da sempre di convincere le persone che la vera felicità risieda nella socialità. Un sofisma bell’e buono.
Great job, everyone. The reception will be held in each of our individual houses, alone.
Andando a ritroso dalla recente serie Netflix Wednesday, devo arrivare fino a Parks & Recreation (terminata nel 2015), per trovare un personaggio introverso appagato e felice, che non sente il bisogno di cambiare, né cercano di convincerlo a doverlo fare, perché essere introversi non equivale a essere difettosi.
Prima di Mercoledì (che non sostituisce ma si aggiunge), Ron Swanson è stato il mio faro, il mio mentore: tutto ciò che so sul farmi i fatti miei l’ho imparato da lui.
I do like stabbing. The social part, not so much.
Nel gustoso libro Introfada di Hamja Ahsan (ADD Editore, 2019, trad. Piernicola D’Ortona), Mercoledì Addams è inserita, insieme a Rosa Parks, Emily Dickinson, Blaise Pascal e Lisa Simpson, tra gli “antesignani dei Militanti Introversi che sono ormai icone della resistenza”.
Mercoledì è un personaggio sovversivo (Ahsan direbbe “introvversivo”): ribalta, nel suo micromondo, l’ordine costituito dalla lobby estroversa; rende nota fin da subito la sua esigenza di solitudine e fa sì che gli altri si adeguino, anziché viceversa. Il che è abbastanza rivoluzionario. Il suo arco di trasformazione (che culmina nell’abbraccio a Enid nel season finale, dopo essersene sempre sottratta) nulla ha a che vedere con la sua introversione intesa come tratto (sano) della personalità (che, appunto, non va cambiato perché non è un difetto), quanto piuttosto con la sua ostinazione a voler tenere fuori gli altri dalla propria vita, con la convinzione di bastare a se stessa in tutto e per tutto, e che le emozioni equivalgano a debolezza.
Questo tipo di solitudine, infatti, va ben oltre il legittimo desiderio di svicolare dai raduni sociali e lo stare bene per conto proprio: quando Enid la costringe a confrontarcisi, ecco che Mercoledì capisce per la prima volta che si tratta di due situazioni diverse, di cui una dannosa, perfino per lei.
You want to be alone, Wednesday? Be alone.
È innegabile, infatti, che a Mercoledì, come a tutti gli introversi, piaccia stare da sola — di più: abbia bisogno di stare da sola. Quello che invece non le piace, e prima di conoscere Enid non aveva mai avuto modo di rendersene conto, è il sentirsi sola. Che è tutta un’altra storia. Di base, è la differenza che corre tra “alone” e “lonely”. Il primo termine rappresenta la condizione, neutra (positiva per l’introverso), di trovarsi da soli senza gente intorno, ma nel momento in cui quella neutralità si corrompe, ecco allora che si è “lonely”, parola che descrive il sentimento negativo di infelicità e sofferenza che si prova a causa della mancanza, nella propria vita, di amicizie o persone importanti.
Listen, people like me and you, we’re different. We’re original thinkers, intrepid outliers in this vast cesspool of adolescence. We don’t need these inane rites of passage to validate who we are.
Per quanto abbia stretto legami significativi (Enid ed Eugene, così come Mano, e a modo suo è protettiva verso il fratello Pugsley), per quanto partecipi ad attività di gruppo (la Coppa Poe, sebbene mossa unicamente dal desiderio di umiliare Bianca, la studentessa che si stava delineando come sua nemesi, e non da quello di socializzazione; il Rave’n, anche se solo a seguito dell’inganno di Mano), per quanto interagisca con una varietà di persone e figure istituzionali (gli altri studenti, la preside, i professori, il sindaco, lo sceriffo, la psicologa) e per quanto abbia perfino partecipato al ballo studentesco, in ogni caso i bisogni di Mercoledì e la sua visione del mondo sono quelli di una persona introversa, e lei riesce sempre a essere fedele a se stessa.
In che modo? Innanzitutto, come a suo tempo Ron Swanson, con l’essere trasparente e onesta (verso lei e verso gli altri) al riguardo. Già per questo, Mercoledì dovrebbe essere assunta a guru spirituale di tutti gli introversi del mondo che si lasciano aggrovigliare le viscere dal senso di colpa derivante unicamente dall’idea di inadeguatezza di essere se stessi inculcata dalla lobby estroversa.
Se le viene chiesto di partecipare a qualche attività sociale, Mercoledì non accampa scuse farlocche adducendo altri precedenti, ma fantomatici, impegni improrogabili. Questo perché Mercoledì sa che il suo bisogno di restare per conto suo a fare i fatti suoi, qualsiasi essi siano, è dignitoso tanto quanto il bisogno dell'estroverso di stare in compagnia. Tanto quanto. Non di più, è ovvio, ma certamente neanche di meno.
Di solito, l’introverso ha difficoltà a dire no secco quando quel no secco origina dal suo bisogno di solitudine, e per questo si inventa giustificazioni che l’estroverso possa comprendere (qualcosa per cui a parti invertite anche lui si comporterebbe alla stessa maniera): "No, ho appuntamento in banca"; "No, devo studiare che fra tre giorni ho l'esame"; "No, ho già una cena"; "No, mi hanno cambiato il turno". Teme, l'introverso, che se dicesse di voler restare a casa per conto suo a fare le cose sue — leggere, vedere una serie o, nel caso mio e anche di Mercoledì — a scrivere, la verità verrebbe percepita dall’estroverso che ha esteso l’invito come una mancanza di rispetto (dopotutto, pensa l'estroverso, si tratta di attività che saranno sempre lì ad attenderlo, le può fare un'altra volta) (è ovvio che siano tutte cose che possono essere fatte un’altra volta, il punto è un altro: che l’introverso aveva necessità di farle proprio in quel momento). E l’introverso, che non vuole ferire l’altro, delegittima il suo bisogno di solitudine e ingiustamente lo fa recedere dinnanzi a quello di socialità degli altri, che la società stessa considera e impone come preminente.
Non voleva mancare di rispetto, ma alla fine — inventando scuse e conseguentemente togliendo dignità ai suoi bisogni — ne manca a se stesso.
Perché di base, la paura dell’introverso è la possibilità che l’alone si corrompa in lonely, vedere gli amici fare i bagagli, e ritrovarsi come Mercoledì in posizione fetale a rimuginare su quanto quella solitudine lì faccia, in effetti, molto molto schifo.
You are the reason I understand how imperative it is that I never lose sight of myself.
Come ogni introverso che sia mai esistito e che aveva stabilito dei piani per fare le cose sue e poi se li è visti stravolgere dalla tirannide della socialità, anche Mercoledì, incastrata col Rave’n, deve rinunciare ad appostarsi nella grotta per beccare il mostro a cui sta dando la caccia. Ma la sequenza più memorabile di tutta la serie (ormai il computo del tempo si divide in prima e dopo il suo ballo sulle note di Goo Goo Muck dei Cramps) è anche un proclama potentissimo di individualità espresso nella cornice di assoluto conformismo delineata dall’ordine costituito dell’estroversonormatività.
Il dress code prevede bianco, lei è vestita di nero; il suo ballo è strano, originale e dissonante rispetto al solito dimenarsi (come se ti scappasse la pipì e il bagno è occupato) di tutti gli altri. La personalità estroversa, infatti, tende maggiormente a uniformarsi al gruppo e a adattarsi alle circostanze rispetto a quella introversa, che invece, distanziandosi dal mondo esterno e ripiegandosi su se stessa, è molto più in sintonia con la propria singolarità.
Anytime I grow nauseous at the sight of a rainbow or hear a pop song that makes my ears bleed, I’ll think of you.
Ora, come Ron Swanson ha a che fare con Leslie Knope, un concentrato di ottimismo, iniziative, stimoli e attività di gruppo, così Mercoledì ha Enid Sinclair, che di Leslie è la versione licantropa.
Mercoledì ed Enid, nuvola di tempesta una e raggio di sole l’altra, non potrebbero essere più antitetiche: sempre in nero la prima, coloratissima la seconda; l’una con una visione assolutamente cinica e disillusa del mondo e uno spiccato gusto per il macabro, l’altra ottimista, spensierata ed euforica. E, ovviamente, Mercoledì campionessa di introversione come Enid lo è di estroversione.
Because we work. We shouldn’t, but we do. It’s like some sort of weird, friendship anomaly.
E però funzionano. Funzionano perché entrambe comprendono le loro rispettive esigenze.
Enid rispetta il desiderio di Mercoledì di non essere abbracciata; non questiona la risposta di Mercoledì di voler passare il tempo a scrivere anziché andare alla pizzata (se invece avesse detto “Eddai, su, scriverai un’altra volta” sarebbe finita sul libro nero della compagna di stanza per direttissima, e a ragione); al tifo indiavolato sugli spalti le propone l’alternativa più coerente del “lanciare occhiatacce angoscianti”; la sciarpa-cappuccio che le regala è nera e non rosa come la sua; quando le estende l’invito delle altre del dormitorio a passare un po’ di tempo insieme alla luce della vittoria della Coppa Poe, non l’assilla per farla venire e le lascia la facoltà di decidere in autonomia in base a ciò che è meglio per lei. L’abbraccio ricambiato del season finale è espressione della volontà non coartata di Mercoledì, e nasce proprio, tra le altre cose, anche da questo atteggiamento di non imposizione.
Dal canto suo, Mercoledì sposta la bacheca con le foto dei delitti del mostro dalla loro camera al capanno delle api, perché Enid si sentiva a disagio a vedere arti smembrati e organi sparsi; quando Enid si ritrasferisce nella loro stanza dopo il litigio, Mercoledì non le fa usare il nastro adesivo per dividere a metà le loro rispettive zone, così rendendo meno netti i confini tra la socialità dell’amica e la sua riservatezza; all’invito per i festeggiamenti non le spara un no secco ma un conciliante “Ci penserò” (e vi assicuro che è roba grossa).
E quando Mercoledì ne ricambia l’abbraccio, quel gesto contemporaneamente piccolo ed enorme al tempo stesso (consente, ma non ricambia, nemmeno quelli di Pugsley — e Morticia stessa, conoscendo e rispettando i confini posti dalla figlia, si limita a sfiorarla appena) è la sintesi di un processo dialettico innescato dalla loro prima scena nell’episodio pilota: così come Enid ha sempre rinunciato al proprio bisogno di contatto fisico per rispettare l’opposta esigenza di Mercoledì, così Mercoledì rinuncia al proprio bisogno di mantenere una materiale distanza tra le persone per soddisfare la necessità emotiva dell’altra.
Nella serie, Mercoledì è costantemente spinta al di fuori della sua comfort zone. Tuttavia Enid, nei limiti di quanto le è possibile, cerca sempre di fare in modo che resti a suo agio in una situazione che, di base, per Mercoledì è di disagio.
Being your friend should come with a warning label.
Maneggiare un introverso è complicato: siamo proiettati all’interno, siamo riflessivi, preferiamo la comunicazione scritta a quella parlata (io, giuro, non ho mai inviato un vocale in vita mia) perché ci consente una maggiore ponderazione, e abbiamo bisogno dei nostri tempi per processare le istanze di socialità che vengono da fuori. A volte acconsentiamo, altre volte no (con tutti i dubbi, i dilemmi e i tormenti che ne conseguono: sia che diciamo la verità — capiranno le nostre esigenze?, sia che inventiamo una balla — e se ci sgamano?, è una situazione in cui davvero non si vince). E quello che spesso è percepito come egoismo, in realtà è solo autoconservazione.
Il modo migliore per trattare un estroverso è di non stargli addosso e di lasciargli spazio di manovra: perché ancor prima che l'estroverso finisca di formulare una proposta social, anche fosse un’apparentemente innocua serata di giochi da tavolo (che innocua non è mai: comporta comunque un notevole dispendio di energie mentali e forse proprio in quel momento l'introverso sta viaggiando con la spia della riserva accesa), il nostro cervello avrà già elaborato almeno otto diversi piani di fuga che neanche Matteo Messina Denaro, e scuse che neanche Berlusconi quando si avvicina la data di un’udienza in tribunale. Poi, oh, se poco poco Jenna Ortega per questo ruolo vince davvero il Golden Globe e mi dicono di andare in piazza con le vuvuzelas a festeggiare come un molesto (ed estroverso, direi molesto perché estroverso) tifoso del pallone qualsiasi, allora il tempo di mettermi le scarpe e arrivo, ma questo è proprio un caso limite.
Subito dopo i piani di fuga, il cervello dell’introverso elaborerà tutti i pro (in genere pochi, ma per onestà intellettuale li valuta comunque) e i contro (di solito molti di più) che quell’occasione di socialità gli comporterebbe, e infine gli passeranno davanti fracchi di scenari apocalittici innescati dall’eventualità di un suo “no”: dall’incrinatura irrimediabile dell’amicizia fino a una possibile strafexpedition di un commando armato (ma moriremmo contenti di aver dimostrato che esistono i sociopatici anche tra le file degli estroversi, checché ne dicano i giornalisti).
Ora, va detto che il più delle volte questi scenari tragici sono solo nella nostra testa, ma l’introverso, per la sua natura rimuginatoria tendente a ingigantire ogni questione, quasi sempre difetta degli strumenti per comprenderlo. L’unica sua speranza di campare abbastanza sereno è di essere fortunato abbastanza da avere delle Enid tra le sue amicizie.
Io, per fortuna, ce le ho. E in questo mondo estroversonormativo poco non è.
E intanto che mi godo la meritata calma dopo la tempesta natalizia, sperando che duri almeno fino a Pasqua ferragosto Natale prossimo, introversi di tutto il mondo, uniamoci!
Ognuno a casa sua.
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Lo scrittore Mi sono ritirato per scrivere il capolavoro della mia vita. Sono un grande scrittore. Ancora non lo sa nessuno, perché ancora non ho scritto nulla. Ma quando lo scriverò, il mio libro, il mio romanzo… Per questo ho lasciato l’incarico di funzionario e… cos’altro? Nient’altro. Perché amici non ne ho mai avuti, e amiche ancora meno. Tuttavia mi sono ritirato dal mondo per scrivere un grande romanzo. Il problema è che non so quale sarà l’argomento. Si è già scritto talmente tanto su tutto e qualunque cosa. Intuisco, sento di essere un grande scrittore, ma nessun argomento mi sembra abbastanza buono, vasto, interessante per il mio talento. Quindi aspetto. E, chiaramente, nell’attesa soffro la solitudine, e anche la fame, ogni tanto, ma è proprio attraverso questa sofferenza che spero di accedere a uno stato d’animo che mi porti a scoprire un argomento degno del mio talento. L’argomento purtroppo tarda a manifestarsi, e la mia solitudine diventa sempre più pesante e molesta, il silenzio mi avvolge, il vuoto s’insedia ovunque, eppure casa mia non è molto grande. Ma queste tre cose orribili, solitudine, silenzio e vuoto mi bucano il tetto, esplodono fino alle stelle, si estendono all’infinito, e non so più se sia la pioggia o la nebbia, se siano il föhn o i monsoni. E grido: – Scriverò tutto, tutto quello che si può scrivere. E una voce, ironica ma pur sempre una voce, mi risponde: – D’accordo, ragazzo. Tutto, ma nient’altro, intesi?
Agota Kristof, La vendetta
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Ferragni e Fedez si separano? Ora non mostrano più i volti dei figli. L'esperto: «Cominciata la battaglia legale» Chiara Ferragni e Fedez si ritrovano sotto lo stesso tetto per l'amore dei figli. Il giorno del sesto compleanno di Leone è l'occasione per seppellire l'ascia di guerra. Il rapper è tornato a casa, dopo averla lasciata nelle scorse settimane, quando è scoppiata la crisi con la moglie. Ma è proprio guardando i figli nelle foto e nei video, che si intuisce che nel dietro le quinte la situazione è piuttosto complicata. Da qualche giorno, infatti, i due non inquadrano più Vittoria e Leone in faccia. Un dettaglio notato dai fan, che potrebbe avere una spiegazione logica e significherebbe che l'addio tra i due è concreto e (forse) irreversibile. Perché i Ferragnez non inquadrano più i figli Quando due genitori sono separati o divorziati, la gestione dei figli minori diventa ovviamente più complessa, soprattutto se sono ancora in tenera età come i bambini di Chiara Ferragni e Fedez. L'avvocato Antonio Scarnera, esperto in cause di divorzio, prova a dare una lettura al cambio di paradigma dei Ferragnez. «I Ferragnez potrebbero essere al centro di una battaglia legale, questo spiegherebbe perché non inquadrano più i figli in volto. Quando due genitori sono separati o divorziati non possono pubblicare le foto dei figli senza autorizzazione dell’ex coniuge». Di certo, fa strano vedere questo nuovo atteggiamento sui social dei due. Gli stessi che hanno portato le telecamere anche in sala parto. Dunque, che il motivo sia legato alla crisi sembra abbastanza scontato. Cosa rischiano: i precedenti Come riporta il sito Altalex «nel caso in cui i genitori siano separati o divorziati, prima di condividere uno scatto che ritrae il bambino, occorre munirsi dell’assenso dell’altro. Infatti, la diffusione dell’immagine non è un atto di ordinaria amministrazione, che può essere compiuto senza confrontarsi con l’altro genitore ma, al contrario, postula il comune accordo». Il sito riporta anche alcuni precedenti. Ad esempio, nella vicenda del padre separato, che pubblicava immagini della figlia su Facebook in modo abnorme, tanto da mettere in imbarazzo la ragazza, è intervenuta la condanna alla cessazione della condotta molesta (Trib. Pistoia, ordinanza del 7 luglio 2018). Per la legge «il giudice può ordinare la cancellazione delle immagini pubblicate senza consenso, imporre al genitore di non pubblicare altre immagini (la cosiddetta inibitoria), condannare il genitore al risarcimento del danno anche con riferimento ai vecchi post e prevedere una “sanzione” per ogni successiva pubblicazione avvenuta senza consenso (Trib. Roma, Ord. 23.12.2017)».
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Il databook di Slow Damage ha rivelato i kanji dei nomi dei personaggi (Svariati erano in katakana), quindi si può vedere se c'è qualche Significato Profondo/Gioco di parole! Jisho alla mano, vediamo cosa risponde.
Bene, Sakuragi vuol dire "ramo di ciliegio" ma Haruto, contrariamente a quanto pensassi, non ha il kanji di primavera ma quelli di "permanenza, lontananza, lungo tempo" e "Grande Carro" (Sicuramente ha un significato simbolico. Credo.) - che però è anche "ciotola di sakè" (!).
I cognomi Murase e Izumi, a quanto pare, hanno entrambi a che fare con l'acqua - "Torrente, fiume" da una parte, "Sorgente, fonte" dall'altra (In questo caso, poi, già "izumi" da solo vuol dire "sorgente", quindi il primo kanji è lì per bellezza-). Vista l'opposizione acqua-fuoco nella storia, suppongo stia a significare (SE NON SI FOSSE CAPITO) che Taku e Rei sono persone positive nella vita di Towa - E, come storia di per sé, che sono due personaggi positivi.
"Rei" è scritto con il kanji di "saluto, inchino, cerimonia, ringraziamento". Considerato che il primo kanji del suo cognome significa "armonia, stile giapponese, pace, addolcire", direi che il suo sia un nomen omen che indica quant'è buonobravocuteadorabile- Also, visto che è metà inglese, a sottolineare che il suo essere haafu non lo rende meno giapponese.
"Takuma", invece, è scritto con i kanji di "abile, ingegnoso" (... O ingenuo?) e-
“Vero, realtà“.
... Ssssssì. Alla N+C hanno senza dubbio un gran senso dell'umorismo. (Se invece vuol dire "vero ingenuo", N+C, wtf-)
Andando da Fujieda. "Yuzuki" non ha il kanji di "luna", come credevo, ma-
-"ramo di cedro". E "ramo" è lo stesso kanji (木) sia in Sakuragi che in Yuzuki. Sto per vomitare arcobaleni.
Allo stesso modo, pensavo che "Minato" avesse il kanji di "estate" (... Non chiedete) ma, beh, CILIEGIO E CEDRO fanno già abbastanza primavera-e-estate. No, "Minato" è scritto con il kanji di-
Okay. Dunque, fatemi capire: - Mammina ha il kanji di "sorgente", quindi qualcosa che inizia; - Papino ha il kanji di "fiume", quindi qualcosa che scorre, che continua; - Marito ha il kanji di "porto", quindi qualcosa che arriva o che parte.
E tutto a tema acqua! Credo andrò a vomitare doppi arcobaleni.
Ma cosa significa l'altro nome?
RAMO DI GLICINE! Avrà cambiato il kanji, ma tranquilli, si è adattato: invece del cedro, abbiamo il glicine, che fiorisce a marzo come i ciliegi! Ma qual è il significato del glicine, nell'hanakotoba?
Capisco il trauma di vomitare e vedere arcobaleni.
(Considerando che Towa ha il cognome di Taku, praticamente i loro cognomi diventano “qualcosa che parte” “qualcosa che continua” “qualcosa che arriva” - ripetere in eterno, come il glicine. Io non-)
Ah, "Ryou" è scritto con il kanji di "aria fresca". No, sapete, per come stiamo messi-
BONUS:
"Kei" è scritto con il kanji di "gioiello quadrato, angolo, spigolo" (Cose molto appuntite, insomma), e-
... Seriamente. Okay, Towa lo dice proprio con enfasi (MadaraME), ma non avevo collegato fosse proprio il me di occhio (目).
Mi sono accorta che non ci sono altre CG di 'sti due che NON si stanno lanciando limoni e/o sono entrambi vestiti. E no, il fatto che questo sia un interrogatorio non c’entra niente, bicos Ikuina. Avete degli hobby, uno dipinge e uno molesta gatti, andate a fare altro! Su!
Tra l’altro, a parte che la N+C sente il bisogno di mettere un personaggio di nome R×× in ogni gioco (Tranne Sweet Pool? Vabbè, tanto SP è strano.), che non sfugga che qui c’è Kei ➝ Rei ➝ Ryou. Dato che così rimaneva fuori gente, hanno provveduto con Haruto e Minato. E poi ci sono Taku e Towa - All’inizio, faticavo a ricordare chi fosse Taku e chi Towa. È una storia piena di assonanze. (!)
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Due o tre parole su The End of the F***ing world
Allora, ho finito ieri di vedere questa serie e devo dire che mi ha lascito un po’ di incertezze e di dubbi in merito, nonostante sia stata comunque una serie piacevole da vedere. Prima di tutto vorrei sottolineare che non sono un esperto di cinema e di serie tv e che non sono proprio uno dei miei grandi interessi, ma quelle di cui scriverò sono alcune mie impressioni. Per quanto riguarda la trama e i personaggi, fin dall’inizio ero dubbioso sul modo di comportarsi e di essere dei due protagonisti. Si tratta di due ragazzi con evidenti problemi psicologici e sociali nel relazionarsi con gli altri, con la propria famiglia, con un altro coetaneo ma anche con sé stessi. Ed è da questo che scaturisce la ribellione, l’anticonformismo, la reazione forte e violenta contro il fucking world dal quale sognano di uscire. Nei primi episodi questo si vede molto e diventa ripetitivo e ossessivo, sembra quasi che il regista voglia ricordarci che in fondo essere diversi sia ben più figo che essere noiosi e normali, che solo chi va contro tutto e tutti è degno di ammirazione. E ho trovato quest’esaltazione dell’eroe ribelle abbastanza scontata e soprattutto qualcosa di troppo discusso e su cui si focalizzano già abbastanza serie e libri al giorno d’oggi.
Fortunatamente, negli ultimi episodi si riprende un po’ e dopo la fuga i nostri cari personaggi riescono finalmente a rendersi conto di ciò che stanno facendo e sembrano quasi urlare contro quel fucking world delle regole, di valori sociali prestabiliti e di limiti al quale sentono di appartenere. Perchè è negli ultimi episodi che capiscono che in fondo loro sono quel fucking world, che inesorabilmente non potranno mai fuggire abbastanza lontano per poterlo eliminare, e che sarà sempre la solita merda. E in questo mondo dal determinismo ineccepibile dei romanzi ottocenteschi di Verga e Zola, i due capiscono che la realtà non potrà mai cambiare ma che possono aggrapparsi, almeno temporaneamente, all’illusione dell’amore, dei rapporti umani, della famiglia (vedi il padre di Alyssa).
Insomma, per concludere, per quanto la seria sia una brutta imitazione della beat generation, ci porta a riflettere su un tema importante e che oltrepassa il corso dei secoli: chi è veramente normale? chi è il folle? come possiamo rapportare il nostro individuo al mondo in cui viviamo?
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Un passo dopo l'altro, prima una gamba e dopo l'altra, è questo l'antidoto alle ansie, ai guai, alle fissazioni sentimentali che non portano da nessuna parte. Almeno temporaneamente. Ho bisogno d'aria, spesso e volentieri. Il dover fare meccanicamente un qualche tipo di operazione, di sforzo mi distrae dalle pene, come quando non penso a questo dito che per qualche motivo mi sbatte, mentre se ci esercito pressione fa male, un dolore che per un secondo diventa piacere, quando le terminazione nervose vanno in tilt perché ne hanno avuto abbastanza.
Eppure, le ansie ogni tanto si riaffacciano anche sulla strada, come questo grosso cane (non nero, troppo ovvio; è un pastore tedesco) che mi sta seguendo. Ma in realtà non mi sta seguendo davvero, marca il territorio. Non è curioso? Credere che, solo perché hai pisciato negli angoli, un posto sia tuo.
(anche io vorrei essere presentato come fanno coi cani: "Tranquillo! È buono, non ti fa niente!" e osservare la reazione)
(i cani almeno si salutano, se s'incontrano per la strada)
Ma tu lo ignori, non gli mostri la paura e tutto continua a muoversi normalmente, come con quelle altre cose che dicevo.
Il vento comincia a spirare forte. Ed è freddo. Faccio una breve fermata. Sullo schermo della tv del bar vecchie repliche di Camera Cafè. Ragazzini che fanno piani per cenare a casa di qualcuno. "Ehi, l'hai vista quella? Quella ragazza che stava sulla sinistra! La conosci?"
Cambia il lessico, ma non l'essenza di certi discorsi.
Di nuovo in strada, guardo in alto per un momento.
Faccio altri giri, sarà passata tipo un ora? Ho di nuovo freddo, devo entrare da qualche parte.
Nel locale solo io e una coppia. Una coppia nel senso che erano due, non necessariamente che stavano insieme. Avevano ordinato spumante (che era nel suo bel secchiello col ghiaccio) e un piatto di stuzzichini e parlavano di cose complicate, forse lavoro. Perciò, vedi? Non vuol mica dire.
Arriva anche quello che ho ordinato io
Sto lì a sorseggiare la mia birra con calma, cercando di rilassarmi e di non pensare a niente, di annegare ogni idea molesta nei toni caldi della playlist R'n'B che si diffonde dalla casse ben nascoste.
Non pervenuto in fotografia, il whisky con cui ho chiuso le operazioni. Chiedo venia, influencer, vi ho deluso. Ma ti prometto che un giorno avremo di nuovo dei ricordi solo per noi.
Me ne vado senza lasciare traccia, se non il culaccino (una di quelle parole che compare nelle liste "C'è in questa lingua, ma non in quest'altra!" che infestano tutte le bacheche dei boomer su Facebook) del mio bicchiere sul mobiletto di design e le chiacchiere col barista che mi ha dato i suoi preziosi consigli.
E comunque, se ho scritto cretinate ricordatevi sempre
"The piano has been drinking, not me."
Sulla via di casa, all'improvviso, una rosa gialla. Penso al suo significato.
4827 passi. Non male per un piccolo paese.
Ah, quasi dimenticavo! La capra mi ha detto di salutarvi.
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Il giorno che salii al Quirinale
(in gita con le quinte)
Ci fu quella volta che salii anch'io al Quirinale, ci arrivai, se non sbaglio, da Via della Dataria dopo essere passato assieme alle quinte superiori dalla Fontana di Trevi, dove Piero, un compagno di classe poi rimasto ucciso in un incidente alcuni giorni dopo la maturità, prese una sbornia molesta curata a schiaffoni e a caffé forti, sicché giunti al Quirinale era ridivenuto sobrio pur reggendosi a stento sulle gambe, tanto da doversi richiedere l'assistenza, uno per lato, di due centurioni, Daniele, che poi si chiamava Giuseppe, e Pierpaolo, che erano i più svegli della classe (seppure non i più studiosi). Il Presidente della Repubblica, che se non sbaglio era Francesco Cossiga, non mi ricevette solo perché l'Andreotti VII, seppur moribondo, non era ancora caduto sotto i colpi del pool di Mani Pulite, per cui quella volta non mi fu concesso l'onore di servire il Paese. Il colle del Quirinale, abitato in epoca romana dai Quiriti, cioè dai sabini, era popolato fin dall'Età del Ferro, l'attuale Palazzo del Quirinale, già sede del Re d'Italia, fu inizialmente preceduto in loco dalla villa del Cardinale Ippolito d'Este, poi successivamente ampliata da Papa Gregorio XIII, il quale, gradita l'arietta più salubre, decise di farne la sua residenza estiva, e poi quella di tutti i papi. Gli antichi romani vi eressero un santuario dedicato alla triade capitolina, Giove, Giunone e Minerva, quella delle bustine, più svariati altri luoghi di culto, in epoca più tarda Costantino I vi costruì le sue terme ora andate completamente perdute. Quel giorno del 1992 faceva un caldo già più che primaverile, io mi scioglievo dentro una giacca a vento di colore azzurro acceso, però abbastanza comoda di spalle. Sullo spiazzo del Quirinale era in atto il cambio della guardia, non una cosa memorabile mancando i corazzieri dei caratteristici pompon degli euzoni greci o dei copricapi di pelle d'orso delle guardie di Sua Maestà, noi, in compenso, sembravamo dei profughi vestiti con quel che capitava, senza riguardo per gli abbinamenti di colore o le taglie dei vestiti. Passò una Thema dai vetri oscurati e si infilò nel cortile, forse era Andreotti o forse Claudio Martelli, suo vice, era tutto così solenne da sembrare addirittura serio. Di quel giorno ricordo anche il Pantheon e piazza Navona, con la bandiera del Brasile che sventolava dal balcone dell'ambasciata, e forse Trinità dei Monti. Tornati in albergo, un Hotel Agip sulla circonvallazione, ci tennero svegli per tutta la notte, la notte della Prima Repubblica poi diventata Seconda, l'identica solfa ma con due nomi diversi. Qualcuna rimase incinta.
[https://fmentis.blogspot.com/2021/01/il-giorno-che-salii-al-qurinale.html]
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Chiamatemi Anna, Commento Terza Stagione
Quando finisco una serie mi chiedo sempre che cosa mi ha lasciato e cosa mi porterò dietro, e qui posso subito dire che la versione del cartone animato mi ha lasciato molto di più di questa serie.
Considero Chiamatemi Anna una serie carina, godibile, che ho visto volentieri, ma nulla di eccezionale.
Questa serie mi ha lasciato perplessa nei primi episodi, mi sono piaciuti quelli di mezzo, ma gli ultimi mi hanno fatta pensare a certe cose e ho finito la storia un po' emozionata (poco), un po' perplessa, e un po' infastidita (abbastanza).
Prima di iniziare, due cose:
1) Ho ODIATO il doppiaggio di questa serie dal primo all'ultimo minuto, che mi ha, in piccola parte, rovinato la visione.
2) C'è un motivo se mi sono appassionata alle serie asiatiche: perché ogni storia è raccontata in media in 16-20 episodi. Mentre le serie americane sono divise in stagioni, che escono una volta all'anno o una volta ogni due anni, periodo di tempo durante il quale io MI DIMENTICO COSA È SUCCESSO. Per esempio, in questo caso, quando ho visto in scena la tizia bionda, Winnie o come si chiama, la pseudo fidanzata di Gilbert per intenderci, mi sono chiesta chi cavolo fosse e se fosse stata presente anche nelle stagioni precedenti. Ancora me lo chiedo.
Detto ciò, parto con le cose che mi sono piaciute:
Anna
Devo ammettere che la protagonista, a livello generale, è stata una buona e convincente Anna Shirley. Anna è un personaggio particolare che è difficile interpretare senza risultare una scema o una pazza, e penso che la scrittura del personaggio e l'interpretazione dell'attrice abbiano rispettato bene la natura del personaggio.
Inoltre, non amo molto i personaggi "perfettini" (come Gilbert, ma ci arrivo dopo), a me piacciono i personaggi con varie sfaccettature e che presentano dei difetti, e che quindi ai miei occhi risultano umani e credibili. Anna non è una protagonista perfetta, e questo l'ho apprezzato molto.
Anna è testarda, orgogliosa, impulsiva, esuberante, parla tanto e ascolta poco, si lascia trasportare dalle emozioni finendo col non riuscire a ragionare nella maniera più lucida possibile, anche se le sue intenzioni sono buone. Un esempio lampante è quando pubblica l'articolo femminista sul giornale senza consultarsi con la maestra e con gli altri compagni. Le sue intenzioni sono nobili, e ciò che scrive è giusto, ma il giornale non è suo, non può prendere e pubblicare come le pare perché presa dall'impulso del momento, perché se può farlo lei, allora possono farlo tutti. E Anna avrebbe dovuto parlarne anche con Josie, la diretta interessata, e assicurarsi che fosse d'accordo con la pubblicazione di quell'articolo che avrebbe portato tutti a parlare di lei.
Anna si lascia trasportare dall'emozione e agisce impulsivamente, e questo perché prende a cuore le cose e combatte per ciò che è giusto. Per via del suo difficile passato, sa cosa vuol dire soffrire e cosa significa essere maltrattati e subire ingiustizie. Anna è uno dei personaggi più empatici che abbia mai visto, e di certo è il personaggio dalla più grande apertura mentale della serie (è amica con un ragazzo gay, con gli indiani e con le persone nere, più aperta di così...)
Anche se preferisco la versione di Anna del cartone animato, questa Anna non è male, anche se c'è una cosa che mi ha fatto storcere un po' il naso quando me ne sono accorta: in questa terza stagione Anna compie sedici anni, e nel cartone animato a questa età Anna è già molto più tranquilla, calma, posata, mentre qui si comporta ancora come una bambina. Anche quando alla fine indossa il vestito lungo da donna, si aggira per la città tutta sorridente e quasi saltellando, come se fosse ancora la ragazzina di qualche anno fa. A quell'epoca, a sedici anni, si era già delle giovane donne in età da marito, e il fatto che Anna si atteggi come una bambina la trovo una stonatura, accentuata dalla maturità della sua mente che dimostra più volte, come quando dice a Josie:
"Ora sono amata, ma quando non lo ero non significa che non lo meritassi."
Un concetto molto maturo e consapevole per una ragazza di sedici anni... peccato che poi la vedi fare la melodrammatica, piangere disperatamente e vivere come una tragedia tutto ciò che le succede. Potevo accettarlo quando aveva dodici/tredici anni, ma non ora che dovrebbe essere una giovane donna.
Ma, ripeto, in generale, è stata una buona Anna Shirley.
Marilla
Questa versione di Marilla non mi fa impazzire, ma nemmeno mi dispiace. In lei posso vedere la rigidità e austerità tipiche del suo personaggio, unite al profondissimo affetto che ormai prova per Anna.
Rispetto al cartone, qui Marilla è un po' più "energica", e può piacere o non piacere, ma credo che in linea di massima il personaggio sia stato rispettato abbastanza bene.
Inoltre la trovo molto umana nei suoi pregiudizi verso gli indiani e la paura verso queste persone, e questo mi piace. E mi è piaciuta anche la sua paura al pensiero di poter perdere Anna qualora la ragazza fosse riuscita a trovare la sua famiglia. L'ho trovata umana e realistica, e in linea col personaggio.
In generale, mi è anche piaciuto il rapporto tra lei e Anna. L'ho trovato credibile ed entrambe sono rimaste nei loro personaggi.
Josie.
Josie mi è piaciuta un sacco. Forse perché è l'unico personaggio ad avere una vera evoluzione. Dopo la brutta esperienza con Billy, si arrabbia momentaneamente con Anna, per poi capire che l'amica sta effettivamente lottando per la cosa giusta, e quindi si schiera dalla sua parte, mandando poi Billy a cagare.
Simbolica la scena in cui si scioglie i capelli dopo che la madre le ha preparato i boccoli per la notte dicendole:
"Non possono portarti via la bellezza."
Che significa: non importa se un ragazzo ti importuna e ti molesta portandoti via la dignità, non importa se piangi e se stai male, tutto quello che devi fare è essere bella e pensare a fare un buon matrimonio.
Josie capisce che non è giusto chiederle di essere soltanto una bella bambolina perché è una donna. È una persona con delle idee, pensieri e sogni propri, e che merita sempre il massimo rispetto.
Le scenografie.
Vogliamo parlare di come le scenografie di questa serie siano semplicemente spettacolari?
AMO Green Gables e i paesaggi dell'Isola del Principe Edoardo.
I costumi.
Belli, devo ammettere, e in linea con l'epoca storica. Unica pecca: le ragazze vanno a scuola con dei grembiuli talmente bianchi che mi sembrano bambine della prima elementare.
Dialoghi
Ok. Alcune volte sono semplici se non addirittura banali, ma in più di una scena sono rimasta colpita dal modo di parlare tipico dell'epoca, e questo l'ho apprezzato.
E ora passiamo alle cose che NON mi sono piaciute (ora smonto la serie).
Matthew
Questa versione di Matthew non mi piace. Non dico che mi faccia cagare, è carino, ma il Matthew del cartone animato era semplicemente adorabile.
Matthew è introverso, riservato, timido, tenero, impacciato. Tutte caratteristiche che il Matthew della serie sembra non avere quasi per nulla.
Nel cartone Matthew si esprime a monosillabi, qui è un po' impacciato, ma alla fine parla con una certa scioltezza. E non ho assolutamente visto il suo enorme imbarazzo nei confronti delle donne, un aspetto tipico del personaggio di Matthew.
Quello che mi ha lasciato l'amaro in bocca più di tutto è stato il finale. Qui Matthew diventa improvvisamente brusco con Anna perché sa che sentirà la sua mancanza quando andrà al college. E questo già mi va a cozzare col personaggio di Matthew, che dovrebbe essere l'uomo più tenero del mondo con la sua Anna.
E quando alla fine si riconcilia con lei spiegandole quello che prova, avrebbe dovuto dirle quello che le dice nel cartone, che non gli importa se lei non è un ragazzo, che è orgoglioso di lei, la sua ragazza, la sua Anna. È una delle frasi più belle della storia secondo me, ed è qualcosa che Anna ha bisogno di sentirsi dire.
Sebastian.
A parte il fatto che non capisco il senso di questo personaggio nella serie, ma poi non è nemmeno interessante. Un bravo marito, un bravo padre, un buon amico, un buon lavoratore. Wow. Che personaggio complesso.
È carino, per carità, ma diciamocelo: Sebastian, Mary e compagnia bella, che cosa c'entrano con Anna dai capelli rossi? Questi personaggi non sono presenti nel cartone animato, perché li hanno inseriti?
Ammettetelo: avete inserito i personaggi neri solo per fare bella figura. Solo per poter dire: ehi guardate, abbiamo messo dei personaggi neri nella nostra storia, noi parliamo anche di loro, parliamo anche del razzismo, quanto siamo bravi.
Seriamente, che cosa c'entra la questione delle persone nere e del razzismo con Anna dai capelli rossi?
Il finale favolistico.
Questa serie è andata a finire a mo' di film Disney. Personalmente non sopporto i finali così. Mi sanno da falsi e irrealistici.
Qui TUTTO finisce bene.
Sebastian migliora i rapporti con la madre e fa pace col figlio di Mary così d'ora in avanti saranno una bella famiglia felice che lavorano tutti insieme nei campi (ma andate a cagare); Anna fa pace con Josie e tutte le compagne di scuola sono amiche per la pelle e non esiste nemmeno un'ombra di antipatia tra nessuna di loro; Diana ottiene il permesso di andare al college e passa gli esami ANCHE SE NON HA STUDIATO UN CAZZO MA SICCOME SIAMO IN UNA FAVOLA FACCIAMOLA PURE PASSARE; la signora Lind riesce ad allargare il consiglio della città con la presenza di tre donne; il giornale viene ridato in mano alla scuola e tutti sono amici con tutti.
Persino nel cartone animato il finale è più triste e realistico, con la morte di Matthew, la vista malandata di Marilla e Anna costretta a rinunciare all'università.
L'unica storyline che non posso dire sia finita bene è quella ragazzina indiana portata al collegio cristiano (prigione), da cui non la lasciano più uscire. Peccato che non si sa come finisce perché non ce lo mostrano, e da quello che ho capito questa era l'ultima stagione della serie....
Diana
Diana per me è stata un flop totale. Hanno totalmente cambiato questo personaggio rispetto al cartone.
Innanzitutto si sono inventati la "storia d'amore" con Jerry e non ho capito bene per quale motivo visto che il tutto si conclude con lei che lo molla freddamente e tanti saluti.
La litigata tra Anna e Diana l'avrei accolta ben volentieri, ma non ho capito perché Diana non ha raccontato di Jerry all'amica. Anna è la prima a confidarsi con lei riguardo Gilbert, non ha problemi a parlare dell'amore, quindi perché Diana non ha fatto lo stesso? Forse per via delle differenze tra lei e Jerry, lei ragazza ricca e colta, e lui povero e un po' sempliciotto. Forse, sapendo che questa storia non avrebbe mai portato da nessuna parte, ha preferito tenersela per sé. Ma qui deduco che non fosse qualcosa di importante per Diana: se fosse stata davvero innamorata di Jerry si sarebbe confidata con Anna e avrebbe lottato per lui, così come ha lottato per il college. Quindi per lei è stata solo un'opportunità per fare pratica su come baciare e provare l'ebbrezza della libertà in quei momenti con lui. Scusate, ma questa non è affatto la Diana del cartone animato....
E parlando del college.... delusione totale.
Innanzitutto, è semplicemente assurdo che Diana abbia passato gli esami dopo che per un anno non ha studiato quanto gli altri.
E poi, mi spiegate perché hanno cambiato la sua storyline trasformandola in una giovane ragazza soffocata dai genitori che dalla figlia richiedono solo il matrimonio mentre lei vuole andare al college? Perché hanno scritto questo personaggio facendola diventare la giovane emancipata della situazione? La Diana del cartone animato non era forse emancipata?
Parliamoci chiaro. Consideriamo un attimo le due versioni di Diana:
Nella serie Diana VUOLE andare al college.
Nel cartone Diana VUOLE restare a casa e dedicarsi alla moda.
In cosa la prima versione è più femminista o emancipata della seconda? Nel cartone Diana non va al college non perché ostacolata dai genitori, ma perché semplicemente non le piace studiare e vuole dedicarsi ad altro. Deve decidere del suo futuro, e Diana SCEGLIE di non andare, E QUESTO È FEMMINISTA.
Per come la vedo io, la Diana del cartone è molto più coraggiosa e femminista di quella della serie.
Perché una donna (Diana) che sceglie di restare a casa e pensare al matrimonio, non è meno femminista di una donna (Anna) che sceglie di andare al college e fare l'insegnante.
Tra l'altro, la Diana della serie non ha alcuna passione o interesse particolare, mentre quella del cartone amava la moda e i vestiti (ed era anche più saggia e più matura).
E poi, diciamocelo, pensate che Diana avrebbe insistito nell'andare al college se Anna non ci fosse andata? Se Anna e tutti gli altri compagni non fossero andati, io non penso che Diana sarebbe voluta andare. Quindi, alla fine, è solo una pecora che ha seguito il gregge. Per questo dico che nel cartone è più coraggiosa, perché ha avuto il coraggio di staccarsi da Anna e fare qualcosa di diverso dalla sua amica.
E poi, Diana va al college... per fare cosa? Dio solo lo sa.
Gilbert
Come Matthew, non dico mi abbia fatto schifo, ma non mi ha nemmeno fatto innamorare.
Questo ragazzo praticamente è il principe azzurro che sogna ogni ragazza: è un ottimo studente e vuole fare il dottore, è bravo, buono, gentile, fa diventare Sebastian (un uomo nero) suo socio nella fattoria, non ha alcun tipo di pregiudizio e tratta i neri come suoi pari, sostiene Anna nella sua lotta femminista marciando in prima fila con lei. Insomma, particolari difetti io non ne ho visti, non mi ha fatto fare chissà quali riflessioni, e quindi, ai miei occhi, non è un personaggio interessante.
Qui, del vero Gilbert, quello del cartone animato, ho visto ben poco. Il Gilbert del cartone aveva fascino anche stando fermo in silenzio a mangiare una mela, questa versione di Gilbert invece ha il fascino di un manico di scopa vestito. La protagonista femminile, Anna, ha molto più fascino e carisma di lui.
Senza contare il fatto che l'attore scelto non mi è sembrato perfettamente adatto per il ruolo. L'ho trovato più "piccolo" rispetto a Gilbert. Più cucciolo.
E poi non ho amato molto tutte quelle "faccette" che ha esibito dall'inizio alla fine. Non so se fosse qualcosa previsto da copione o se è l'interpretazione dell'attore, ma il più delle volte l'ho trovato fastidioso.
La love story
Qui stendo quasi un velo pietoso. La storia d'amore di Anna e Gilbert ha lo stesso fascino di un grissino e la stessa profondità di una pozzanghera.
Ho trovato completamente inutile il personaggio della fidanzata di Gilbert, messa lì solo per ingelosire Anna, ma nel complesso è stata solo un di più. Non ha una propria storyline, non ha un'evoluzione, e non è interessante.
Negli ultimi episodi, la storia d'amore tra i due protagonisti cade in uno dei più grandi cliché delle storie d'amore: il biglietto perduto. Anna scrive un biglietto a Gilbert in cui gli dice che lo ama e glielo lascia sul tavolo. Ancora prima di vederlo, sapevo che Gilbert non avrebbe MAI letto quel biglietto. La nota in questione compie un viaggio mirabolante: viene messa sotto un vaso di fiori, cade per terra, viene calpestata da Gilbert che se la porta in giro per casa senza saperlo, e infine viene lasciata nell'erba mezza distrutta. Metà puntata per seguire gli spostamenti di questo biglietto. La storia si ripete quando anche Gilbert lascia un biglietto ad Anna, lei lo vede subito ma lo straccia ancora prima di leggerlo, per poi pentirsene e cercare di mettere insieme i pezzi.
Ora, non ditemi che tutta questa trafila dei biglietti perduti è qualcosa di originale. È un classico. È qualcosa che ho visto in altre 4838484883 storie d'amore. Per questo la cosa non mi ha dato emozione: perché sapevo che una volta scoperto il contenuto dei rispettivi biglietti, entrambi si sarebbero corsi incontro per poi baciarsi appassionatamente.
Mi dispiace ma questa storia d'amore non mi ha coinvolto, l'ho trovata come qualcosa di "già visto".
L'unica scena che ho trovato carina è stato il momento del ballo, in cui scatta la scintilla e i due si guardano in modo diverso.
Sulla signorina Stacy non so sinceramente che cosa dire. Non è un personaggio che ha lasciato il segno su di me. Anche in questo caso preferisco la versione del cartone animato. Qui le hanno appioppato la storyline del "tuo marito è morto quindi trovatene un altro", qualcosa che hanno messo giusto per riempitivo e che se non facevano non cambiava nulla.
Ora, arrivo alla questione per me più spinosa, una questione che quando ci ho pensato mi ha lasciato prima perplessa, poi mi ha infastidita non poco.
Mentre vedevo gli episodi, io la visione me la sono goduta.
È stato bello e interessante vedere portate in scena questioni come l'articolo femminista di Anna, la molestia subita da Josie, tutto il discorso sulla parità, sui diritti delle donne ecc.
Trovo un po' favolistico come Anna riesce a trascinarsi dietro tre quarti del paese nella sua marcia per andare a fare il culo al consiglio, ma non posso negare come la serie mandi dei messaggi importanti a chi guarda:
1) Se una ragazza viene molestata la sua reputazione è rovinata. Perché? E quella del ragazzo?
2) Una ragazza non va MAI a "cercarsi" una molestia o una violenza. La colpa è solo di chi aggredisce.
3) Prima di fare qualcosa, un ragazzo deve assicurarsi che la ragazza che ha di fronte sia a proprio agio e che sia d'accordo con quello che sta succedendo.
Sono temi perfettamente attuali, e per esempio trovo importantissimo parlare del consenso. Sono ottimi spunti di riflessione per i ragazzi e le ragazze di oggi.
Mi ha fatto riflettere anche un'altra scena. Siamo alla fiera, e Billy cerca di impressionare la sua ragazza, Josie, cimentandosi in un gioco di forza, con il palese atteggiamento "ti faccio vedere quanto sono forte, guarda quanto sono uomo".
Peccato che finisce per fare una brutta figura, marcata dall'arrivo di Jerry che, abituato a lavorare nei campi, riesce a colpire il bersaglio in un colpo solo. Ora, Billy ha sentito di aver sfigurato, ma io non la vedo così: il fatto che non sia riuscito a colpire il bersaglio non lo rende meno uomo rispetto a Jerry.
Qui ci fanno chiaramente vedere la mentalità del: uomo forte=vero uomo, uomo debole=pappamolla.
Perché il valore di un uomo deve essere misurato in base alla forza fisica, e il valore di una donna in base alla sua bellezza?
Sono delle tematiche molto importanti da portare in scena, e allora perché ho detto di essere infastidita?
Per un semplice motivo. Questa serie ha buttato dentro un po' di tutto: femminismo, diritti umani, la libertà di stampa, il razzismo, gli indiani, le persone nere, maschilismo, sessismo, omosessualità.
Hanno toccato tutti temi "caldi" facendo un bel minestrone, e la cosa che mi infastidisce più di tutte è... tutto questo, cosa c'entra con Anna dai capelli rossi?
Perché Anna dai capelli rossi non parla di queste cose, e alla fine della fiera della storia originale rimane ben poco: sostanzialmente, solo gli esami per il college, e Anna e Gilbert che si mettono insieme. Il resto è tutto inventato.
Posso apprezzare le scene in cui Anna desidera conoscere di più sui suoi veri genitori e torna all'orfanotrofio per fare ricerche, Marilla e Matthew preoccupati di perderla, la litigata tra Anna e Diana. Posso anche accettare il cambiamento del rapporto tra Anna e Gilbert (nel cartone non si parlano per anni, qui sono molto amici), perché comunque tutto questo è direttamente collegato alla storia principale e alla protagonista.
Ma, per fare un esempio, la scena in cui la ragazza (dovrebbe essere Prissy?) va dal padre dicendogli che vorrebbe dare una mano nella gestione dell'azienda di famiglia, e il padre non la degna di uno sguardo e liquida la questione affermando che le donne non devono occuparsi di certe cose, ecco, quella scena a cosa serve? Perché è stata messa? Per dirci che in quell'epoca storica le donne non erano trattate in modo paritario? Sì ok... ma non è questo di cui parla la storia di Anna. Tra l'altro mi è sembrata una scena buttata lì un po' a caso, perché la tizia arriva, il padre la tratta di merda, tanti saluti e fine. Poi non se ne parla più, e la tizia non si vede più in scena.
Non dico che non bisogna parlare di certe tematiche, ma se fate una serie su Anna dai capelli rossi, mi aspetto di vedere una serie su Anna dai capelli rossi. Se volete parlare di certi temi come le prime battaglie femministe, allora fate una serie che parli di quello, vi inventate una storia e dei personaggi nuovi. Non che prendete una storia già esistente e la travolgete per parlare di quello che volete.
È come se io prendessi I Tre Moschettieri e ci facessi sopra una serie, inserendo temi come molestie sessuali e diritti delle donne, trasformando d'Artagnan in un femminista del XVII secolo, e già che ci sono ci butto dentro un po' di razzismo che non fa mai male, e poi, perché no, faccio che Athos e Aramis sono gay.
COSA CAVOLO C'ENTRA???
I Tre Moschettieri non parla di queste cose, e lo stesso vale per Anna.
Oppure faccio una serie su Harry Potter dove faccio succedere che Hermione viene molestata da un ragazzo e per tutta Hogwarts parte una marcia femminista.
Tutto ciò continua a lasciarmi assai perplessa e infastidita. Ed è per questo che non so come giudicare queste serie e che voto darle. Forse non è nemmeno giudicabile, visto che in fondo non è una serie su Anna dai capelli rossi (lo è tipo al 20-30% a essere generosi).
Davvero non capisco perché la storia di Anna dai capelli rossi è diventata una manifestazione delle tematiche più bollenti di questi anni.
Non è che se non ne parlate fate schifo eh.
Ultima cosa che mi viene in mente sono le musiche: non ne ho in mente nemmeno una, segno che non sono state di impatto. NULLA IN CONFRONTO CON LE BELLISSIME MUSICHE DEL CARTONE.
Detto ciò, di solito concludo un commento consigliando o meno la serie in questione, e dando il voto finale. Qui non so bene che cosa dire.
La serie è carina e posso anche consigliarla, ma sappiate che vi troverete davanti tanta roba che con Anna non c'entra niente.
Se dovessi dare un voto basandomi sulla fedeltà della storia originale, sarebbe 1 e 1/2.
Se guardo la serie per quella che è, facendo finta che la storia originale non esista, posso arrivare a 7, ma solo perché sono generosa (e lo sono davvero, visto che oggi sto inca**ata).
#anne with an e#chiamatemi anna#anne shirley#anne shirley cuthbert#marilla cuthbert#matthew cuthbert#diana barry#gilbert blythe#anne x gilbert#serie#serie netflix#netflix#anne of green gables#anne of avonlea#muriel stacy#rachel lindt#josie pye
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Pensi che il fandom dei fumetti Disney su tumblr sia un posto abbastanza libero dal discourse? Mi piace l'idea di avere un posto dove parlare di pg che adoro da quand'ero bambina in termini di headcanon/ship/AU/fanwork ma in genere i media dedicati a bambini e ragazzi attirano gli anti peggiori... so che nel fandom del nuovo Ducktales c'è stata una brutta storia di doxxing ed eventi sabotati per una ship che non era nemmeno "problematica", per dirne una. Tu hai mai avuto problemi del genere?
Ho già risposto qui ma direi possa spendere qualche altra parola in più a riguardo, specie perché è raro trovare fumettari disney italiani su tumblr 🖤
Personalmente non saprei dirti perché come ho già accennato nell’altro ask, tendo a non frequentare i fandom ma piuttosto mi creo un giro di gente di qualità con cui mi sento affine e con le quali ingaggio lo stesso tipo di attività che normalmente si fanno in una community più grande, con la differenza che nel momento in cui qualcosa di negativo avviene, ne si può parlare in modo civile nel privato invece che finire in vagueposts pubblici o liste di “creatori problematici uwu” come ho visto accadere in giro.
Poi boh, magari in quel di twitter o anche qui su tumblr c’è gente che mi prende per il culo e/o mi insulta e quello che dico/scrivo/disegno senza che io lo sappia, ma onestamente non me ne frega un cazzo, scusa il francesismo. Ne riparliamo solo se o quando troveranno il coraggio di venirmelo a dire in faccia, nel mentre continuerò a fare quel che mi pare stile Lupin, ovvero incorreggibile, inafferrabile e ineguagliabile skskslks
A proposito, immagino che la ship a cui ti stai riferendo sia DelPad, e mi sono dovuta informare fortissimo perché ero ignorante sulla vicenda ma cristo che schifo, la gente non ha proprio più niente di meglio da fare vedo... YIKES™.
Secondo me, l’ambiente qui è meglio di quello di twitter quindi buttati che è morbido e mal che vada c’è sempre l’opzione per bloccare la gente molesta lol Poi se hai bisogno di altro io son sempre qui, ergo non esitare a contattarmi se necessiti di consigli, supporto o di un cavaliere nero pronto a prendere a spadate le brutte persone 😏
#grazie dell'ask e fatti rivedere mi raccomando#sarò anche lenta come la fame a rispondere ma ci sono lol#c'è più gusto ad essere italiani#get to know the corpse
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allora, io non sono contro i child free restaurant, sono contro la loro idea. (mo’ vedo di spiegarmi). io capisco perfettamente che esistano posti in cui un bambino non dovrebbe starci, questi posti però tecnicamente esistono già: sono tutti i cocktail bar e i pub e nightclub (possiamo includerci anche tutti i ristoranti etnici. i bambini sono molto schizzinosi). per quanto riguarda i locali notturni, io sono stata cresciuta da gente che se i parenti venivano a trovarci al pomeriggio e io dormivo, piuttosto questi se ne andavano via senza averi salutata se non mi ero svegliata per tempo. il mio sonno per i miei genitori era sacro. tutte le sere fino a una certa sono stata messa a letto alle otto (per molti più anni di cui mi piaccia ammettere, grazie a una sorella di sei anni più piccola e alla regola dell’equità sorellare...). i giorni in cui non c’era scuola il giorno dopo potevano essere le dieci-dieci e trenta. solo capodanno e qualche occorrenza molto speciale si poteva andare oltre. quanti bambini vedete in giro ben oltre quell’ora regolarmente il fine settimana? tanti. troppi. pure in settimana anche. concordo: ci sono un sacco di genitori di merda in giro. genitori che non solo pensano che il frutto delle loro viscere sia l’unto del signore ma anche che loro, in quanto procreatori, abbiano un po’ il diritto di fare quel cazzo che gli pare (signore che tranciate piedi e fianchi come se niente fosse con i vostri passeggini di merda, prima o poi sapete dove ve lo ritrovate quel coso?). ma questo li rende più che altro persone di merda. genitori di merda lo diventano quando si rifiutano di ammettere che, avendo procreato, ora la loro vita è al servizio della prole e non il contrario. quindi i fine settimana fuori con gli amici non sono più la regola, ma l’eccezione di quando riescono a convincere i nonni a pigliarseli o si ha abbastanza soldi pagare una baby sitter. se vi piace fare gli instragrammer di successo nei locali insomma, sarà il caso che abbiate una buona baby sitter che odi uscire la sera, perché vostro figlio deve stare in casa, non appisolarsi sul passeggino fino alle due del mattino (sì, ho avuto questa discussione e mi sono beccata neanche troppo velatamente della stronza per aver ricordato al supposto padre che, suo figlio, ha bisogno di dormire nel suo letto, non in giro e che se si comporta bene è solo perché ha una buona indole, non perché non soffre). indi per cui preferirei che i locali che ho nominato vietino ai genitori di entrare per il bene dei pupini. la stessa cosa dovrebbe valere per i child free restaurants: non dovete vietare l’ingresso ai bambini per il bene dei vostri clienti puzza sotto al naso, ma per quello dei bambini. è un ristorante fighetto, di quelli che come guardi una cosa la rompi o la sporchi? dove vuoi darti un tono? dove si fanno soprattutto cene di affari o di gente che usa la perrier per pulirsi il buco del culo? ecco, lì i bambini non possono entrare. sarebbe troppo traumatico per loro essere costretti su una sedia per tutta la durata di un pranzo di piacere tra adulti, a non correre o vedersi inveire contro da adulti che, vorrei ricordarvelo, sono grossi tipo 10 volte loro. senza contare che un ambiente del genere è probabilmente freddo e anaempatico di suo, il peggio del peggio per un bambino. siete un pub? pure peggio. in un pub c’è rumore, c’è alcol a fiumi, c’è lerciume, ci sono adulti che si comportano in maniera inappropriata. davvero volete far conoscere a vostro figlio l’ubriachezza molesta prima che la sperimenti di suoi? cocktail bar e nights uguale. senza contare che si rischia di stare lì ben oltre l’orario in cui dovrebbero andare a dormire. esistono locali per aperitivi child friendly, a ma una certa dovrebbero buttarli fuori (diciamo la fine dell’aperitivo intorno alle nove), genitori con prole sotto i quattordici anni fuori (è la stessa regola che esisteva una volta per le discoteche: fino a una certa per ragazzini, oltre per gli adulti). ristoranti etnici: se non avete un menu per bambini, non fateli entrare, probabilmente non riuscirebbero a mangiare niente. i genitori cercherebbero qualcosa sul menu che secondo loro potrebbe andare bene per poi vederselo rifiutare in blocco. il bambino avrà fame, sarà scazzato, annoiato e tutto il repertorio, rendendo la vita un inferno a tutti. non vi preoccupate, in quel momento la sua lo è già. qualsiasi altro ristorante: se non avete una strategia di contenimento bambini, che diamine ci state a fare sul mercato? oltre una certa ora i bambini in generale non dovrebbero poter entrare nei locali perché dovrebbero essere a dormire. in certi posti non dovrebbero entrare perché non è un ambiente adatto a loro. tutti gli altri posti dovrebbero invece pensare a una strategia adeguata per soddisfare anche i bambini (sono clienti anche loro) e permettere una convivenza pacifica tra tutti.
e se ci arrivo io che sono senza figli, non li voglio e se non sono di miei consanguinei stretti o di cari amici non me ne potrebbe fregare meno della loro esistenza (eh sì, ho fatto la cameriera), sospetto che ci possa arrivare anche il resto del mondo. per altro considerate che chi ha avuto il coraggio (o l’incoscienza) di fare figli, sta crescendo il futuro di tutti. un minimo di tolleranza o quanto meno di compassione verso la prole dovrebbe starci. voi non sapete com’è la loro vita, non sapete cosa devono fare tutto il giorno, non sapete come sia la loro routine familiare. magari quella è la prima sera in mesi che riescono a uscire, magari riescono a vedere i figli giusto il tempo tra la cena e l’ora della buona notte e le loro dinamiche familiari non sono proprio centrate. magari sono veramente solo teste di cazzo, ma ricordate che buona parte della crescita sociale del figlio dipenderà anche da voi. se voi sarete teste di cazzo con loro loro lo saranno da grandi con voi. viviamo in una società capitalistica particolarmente schizofrenica e i nuclei familiari ora sono particolarmente isolati, un’aberrazione dal punto di vista dell’evoluzione umana (nessuno è mai cresciuto e vissuto veramente da solo, è una roba nata nel secolo scorso). come andrà a finire non lo so, ma so che l’isolazionismo per intolleranza non ha mai portato molti frutti. però se li vedete portare i figli in giro oltre le dieci di sera e non è capodanno o la notte bianca, massacrateli. sul discorso “ai miei tempi però l’educazione etc...” state tutti molto boni che fidatevi, la generazione prima di quella dei vostri genitori stava dicendo esattamente le stesse cose.
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Recensione: Io ti appartengo di Pepper Winters
Io non ho parole per descrivere il mio disappunto e la mia tristezza infinita dopo la lettura. Io AMO i romanzi dark! Li adoro! Non sono Pro "tizio a caso che fa lo stronzo e massacra la tizia per poi sposarla e avere con lei 1000 piccoli psycho" però... riesco abbastanza a passare sopra la cosa, soprattutto se il libro è fatto bene, la psicologia dei personaggi è ben delineata e curata nei particolari, la follia umana viene mostrata in tutta la sua crudeltà e spietatezza, la trama è forte e le violenze sono in qualche modo contestualizzate e "analizzate" senza essere buttate a caso nella storia per spaventare il lettore verginello di turno. Inutile quindi sottolineare il mio disappunto dopo aver finito sto... coso che definire dark è una bestemmia. Questo libro è una delusione incredibile a partire dalla trama. Una tizia costretta con la forza a seguire un gorilla maschio alpha per evitare la morte del padre e del fratello (e ci può stare) e portata in una casa di pazzi stupratori e questo perché la poveraccia ha gli antenati peggiori dell'universo e un suo bis bis bis nonno 600 anni prima ha avuto la brillante idea di vendere il culo delle nipoti nei secoli dei secoli... così... per salvarsi le chiappe e non essere ammazzato. E... non ho capito?! Cioè... perché? Un contratto di 600 anni fa scritto su una pergamena? Firmato con il sangue di qualche animale? In quale universo un contratto di secoli dovrebbe avere una valenza legale e permettere di ridurre in schiavitù una persona contro qualsiasi legge e diritto umano... questo non ha senso e il libro si basa sul nulla! Non ci troviamo in una distopia in cui viene giustificata questa cosa... dove viene detto che i contratti sono vincolanti per sempre, che se sei ricco fai quello che vuoi e te ne sbatti delle leggi. Ci troviamo nel MONDO REALE, negli anni 2000! Non nel Medioevo! Questa scelta è così a caso che rovina completamente fin dal primo secondo l'atmosfera Dark... avrebbe avuto più senso a questo punto che il famoso debito fosse un debito della madre di Nila, la madre che vende il culo della figlia, la donna che magari era amante del padre di Jethro, è scappata con un altro e allora ha pensato di dare la figlia come risarcimento... avrebbe già avuto più senso e avrebbe permesso anche una critica morale e umana verso la famiglia, avrebbe permesso di analizzare il rapporto madre e figlia ecc invece così mi immaginavo nella testa il servo della gleba che vede una mucca nel campo del vicino Re e la ruba e questo re gorilla super scazzato che vede la scena e agita i pugni in aria all'urlo di "Mi prenderò tutte le vacche della tua famiglia!! Nei secoli dei secoli!" ed essendo l'uomo senza mucche decide di prendere nei secoli le donne per compensare in un modo molto trash e tragicomico "tanto hanno le tette e fanno il latte anche loro" XD come se io rompessi l'Iphone del mio vicino di casa e gli dicessi "Mi dispiace ma non ho i soldi... però ti posso dare in omaggio il culo e la verginità delle mie nipoti :D i tuoi nipoti saranno contenti e mi ringrazieranno! Patatonza gratis e pure recapitata a casa! Ma solo se sono primogeniti se no... sti cazzi" cioè... MA ANCHE NO! Inutile dire che partendo da questo.... coso... l'unica mia speranza a questo punto, vista la mancanza totale di senso e visto che la protagonista prende per oro colato il contratto e tutti sembrano venerarlo come un vangelo.... l'unica speranza erano i protagonisti! La psicologia dei protagonisti! Se non c'è trama per lo meno dovrebbero esserci dei personaggi degni di portare avanti la storia no? E infatti... no! La protagonista inizialmente mi aveva preso, la classica ragazzetta tenuta prigioniera dal padre e dal fratello, due uomini possessivi che le hanno impedito di avere contatti umani e che desidera un pene. È da condannare? Assolutamente no! Mi sarei aspettata un po' di senno DOPO il rapimento, vedere come una ragazzina matura nel tempo e diventa una donna e guerriera e invece... la tizia si ritrova circondata da malati di mente e l'unica reazione che riesce ad avere e provare piacere e piagnucolare immaginandosi di scopare il suo carceriere, di farlo cadere ai suoi piedi ecc.... ma perché? Ci sta che il tuo corpo se stuzzicato si ecciti... ci sta... è una reazione fisiologica.... ma la tua mente non dovrebbe andare su Narnia tre secondi dopo... lo stronzo ti palpeggia e molesta, ti fa strisciare e ti tratta come un cane, ti fa dormire con i cani e tu osi pure pensare di andarci a letto insieme? Ma che malattia hai???? Di certo non ti hanno scelto come protagonista per il QI mia bella figliola! E il protagonista maschile? OMG! Già la scelta di dargli il POV per me... è no... perchè avrebbe avuto più senso essendo 6 e dico 6 libri dargli voce in seguito quando inizia a cambiare o quando c'è un cambiamento nella storia e ha senso sentire i suoi pensieri, in questo libro ha l'unico senso se non quello di rovinare tutta la sua aura da malvagio. Se nella prima pagina ci viene presentato bene, come il cattivone che divorerà la puttanella, il suo giocattolino poco dopo diventa una macchietta, è un mix tragico di mr "Devo metterti in rigahhh!" e un tredicenne in calore che non pensa ad altro che a volersela scopare in ogni luogo e lago e questo NON HA SENSO!! Non all'inizio! Se tu vuoi presentarmi lo stronzo che addirittura ha subito lui stesso un addestramento quasi militare per riscuotere il debito della protagonista NON PUOI farmelo eccitare come un teenager! Presentamelo come uno stronzo senza cuore e anima che la massacra, che non reagisce di striscio al suo corpo nudo, che la disprezza! Ci sta ma non farmelo tormentato come un pupetto! Così facendo tutta l'aura negativa crolla miseramente. Per tutto il libro si oscilla dal punto di vista di una aspirante ninfomane a quella di un mentecatto e per un romanzo senza senso e con una NON trama... è il dramma.... L'autrice ovviamente prova ad intrattenere buttandoci due elementi a caso che dovrebbero dare qualche trigger ma... anche no. Il primo è la presenza di un "essere" misterioso, Kyle, che messaggia con la protagonista e... SPOILER... è lo stronzo! Lo so perchè ho letto? NO... lo so perchè 1) non avrebbe senso che la tizia possa messaggiare con qualsiasi uomo senza che il maniaco lo sappia essendo prigioniera, figurati se gli viene permesso di messaggiare con un essere dotato di pene che non sia il suo psicopatico personale e 2) lo stile in cui sono scritti gli sms sono un copia e incolla del pensiero di Jethro! È lui!! Ci sono frasi che sembrano copiate e incollate e il fatto che Nila si avvicini a uno dei fratelli e si metta a pensare che lui può essere diverso....LMAO triangolo scemo in cui lei si innamora di Kyle e di Keller pensando che Keller sia buono e sia Kyle quando in realtà Kyle è il suo aguzzino che cerca di bombardarle il cervello oppure in mondo cringe dimostrare che lui sa provare amore e sentimenti ma non sa esprimerli perché è malato di mente tra 3...2...1! Ci sarà sicuramente una roba del genere perché... è palese e banalissimo! Ci sarà il triangolo, gli sms sono del mentecatto che nella migliore delle ipotesi la sta manipolando (e in quel caso sarebbe carino) oppure è il suo modo di esprimere la sua spiritualità da farfallina. Questo è il motivo per cui ODIO il Pov del demente! Perché l'autrice ha dato così troppi indizi sul fatto che sia Kyle che è sconfortante, senza il Pov di Jethro avremmo potuto pensare che lui fosse pazzo, essere costantemente in ansia non sapendo cosa cavolo pensava durante le violenze, pensare che Kyle potesse magari essere il fratello o non esserlo... saremmo stati al buio come Nila e senza frammenti o dettagli a cui aggrapparci per capire la sua personalità... avremmo dipeso solo dalla psicologia di Nila e anche lì avremmo potuto ad un certo punto dubitare di lei e della sua sanità mentale dovuta alla violenza. Creare una storia con un solo Pov e rendere bene la figura dell'aguzzino non è così scontato e sarebbe stato meglio. La Pepper sa scrivere quindi un intero primo libro dal pov della ragazza sarebbe stato perfetto per farci prendere dall'ansia e farci dubitare magari della stessa protagonista, chiederci se è lei la pazza o meno, fare ipotesi strane e invece... NO! Secondo elemento tirato in ballo... il cliffhanger che dovrebbe spingere a preoccupare il lettore? OVVIAMENTE NO! Perché... è la cosa più banale del mondo. Lasciare la vittima libera è la cosa che fa ogni rapitore o pazzo manipolare, lascia la vittima libera di scappare, le fa assaporare la libertà e poi la cattura per farle capire che non si salverà MAI... è la stessa cosa che in GOT ad esempio fa Ramsay con Theon, lo fa scappare, lo aiuta, lo fa sperare in una libertà e poi ZACK lo riporta dov'era, spezzato e a pezzi facendogli capire che non sarà mai libero... e nel secondo libro succederà la stessa cosa! La tizia scapperà per qualche pagina, penseremo "OMG è libera" e arrivata al confine si ritroverà tutta la famiglia Kruger ad aspettarla sorridendo e via di violenze belle. Francamente non so se questa serie si riprenderà... so che la continuerò perché ho speso 9,90 euro per la collection cartacea con i sei libri, un mattone di 1400 pagine che leggerò non volendo ammettere a me stessa di aver buttato i soldi dalla finestra però... NON CI SIAMO! Manca qualsiasi emozione forte. Non c'è il disgusto perché la protagonista riesce a rendere pure le violenze noiose, una tizia si ritrova ad essere leccata e palpeggiata da miliardi uomini arrapati e l'unica mia reazione è stata sbadigliare perché mancava quell'ansia, quel disgusto, quella paura... c'era solo lei che delirava tra un "ma non capisco, il mio corpo è eccitato... ma non sono cattivi... si prendono quello che io gli offro...Omg! Viulenzaaaa"e "Ah non riesco a smettere di pensare a lui, quanto è figo ma non mi avrà MAAAAAIII!" Manca la paura e l'incertezza perché lei è una mentecatta e non capisce che al 90% non la ammezzeranno perché lei è L'ULTIMA... è l'ultima della dinastia e se crepa... con quale ragazza giocano i bambini ritardati di sta famiglia? Giocano con lei e lei neanche si fa due domande... non pensa "Ma forse se è una cosa secolare fino a che non avrò una figlia mi terranno in vita come mia madre" non pensa a cercare una alternativa di fuga, non sfrutta IL CELLULARE che continua ad avere e con cui messaggia con il mentecatto maniaco per provare a messaggiare il primo della sua rubrica scrivendo aiuto!! Semplicemente è lì che cinque minuti pensa "Non mi spezzeranno MAI!" e tre secondi dopo piange come una bimba o troieggia scrivendo messaggi erotici a Kyle... non pensa neanche di chiamare la polizia... NULLA! Ok... sei un medioevo però almeno PROVA! Quel contratto non ha valenza legale e il loro "Sei venuta qui" non ha senso perché se io ti prendo mentre sei in uno status alterato o dopo averti minacciato la famiglia... rende il tutto nullo! Se io mi trovassi in una situazione in cui ho una collana al collo che mi toglieranno solo quando mi taglieranno la testa... non ho NULLA da perdere quindi ci provo! Ho un telefono, il tizio neanche rompe più le palle per dirmi di non messaggiare? Addirittura sull'aereo le aveva detto che avrebbe potuto continuare ad usare internet. Ma io scrivo messaggi, apro blog, faccio petizioni... faccio QUALCOSA!! Non rimango lì a piangere come una cretina. Tanto morta per morta! Tanto vale lottare e piuttosto morire subito e indolore e non dopo anni di torture e abusi! Questo libro non ha senso ed è un'offesa ai veri romanzi dark. Non è erotico perché di erotismo c'è ben poco e quel poco è noioso e per nulla eccitante, di dark... c'è solo il nome è un collage di wtf e situazioni ridicole, personaggi simili a una macchietta ed elementi imbarazzanti. Se non avessi speso soldi non continuerei MAI la lettura e per una serie il primo libro dovrebbe essere il trampolino di lancio quindi... non immagino i sequel. Bocciato in pieno e sconsigliato!
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Regina di cuori, tra mille colori...
Tra una giornata in università e il weekend che-finalmente-e' arrivato, la sera posso rilassarmi.
Aspetto tre giorni a settimana per staccare da tutto, divertirmi con gli amici e vedere la ragazza che mi piace, anche solo per giocarci e stuzzicarla un po'. Mercoledì ho guadagnato un bel margine di punti rispetto ad altra gente, avendola difesa da gente abbastanza "molesta"...e mai potrei esserne stata più felice.
Averla vicino, coccolarla e scherzarci sono le cose che più mi piace fare: rimarrei molto a lungo così ma, purtroppo, quando sono con loro (e con lei) il tempo vola e non basta mai.
E' cosí bella l'emozione che provi mentre sei in compagnia di chi ti piace, senza pensieri o altro...dopo un bel po' di tempo, e' una cosa meravigliosa.
E io sono felice, quasi come una bimba.
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Vorrei correre così lontano da riuscire a lasciarmi indietro ogni ansia, ogni pensiero circolare che non porta da nessuna parte, ogni problema irrisolvibile che continua a torturarmi l’anima. Oggi ci pensavo mentre arrancavo sotto la pioggia con il fiatone e con le gocce d’acqua miste a polveri sottili che mi si schiantavano dritte sulle lenti a contatto. Immaginavo un mucchio di omini rumorosi e vestiti di fluo come allegoria dei miei sbattimenti, quei personaggi che in piena crisi di mezza età iniziano a correre, e dopo una settimana sfoggiano completi in tessuto tecnico che costano più della mia macchina, però corrono di merda, tutti scoordinati, e non fanno altro che parlare di stronzate con il loro immancabile amichetto sportivo fra un respiro affannoso e l’altro. Quindi era un po’ come se tutti i reflui della mia mente e le rotture di palle della vita stessero procedendo a passo pesante proprio alle mie spalle, turbando il silenzio pacifico di Santo Stefano alle sette di sera in un parco deserto con la loro presenza molesta. Ho iniziato a correre più in fretta per distanziarli, per non doverli stare a sentire, in testa un pensiero un po’ vago del tipo “se riesco ad allontanarmi abbastanza da non vederli più smetteranno di seguirmi e non troveranno più la strada di casa”. Ma era quasi un mese che non mi allenavo per colpa di un ginocchio incazzato e nel frattempo non ho fatto altro che bere, quindi dopo cento metri di scatto il fegato ha iniziato a farmi un male fottuto e dovevo respirare dal naso per frenare i conati di vomito. Mi sono fermata, e la vita, quella stronza, mi ha subito raggiunta. Il problema è che non ho abbastanza resistenza.
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