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Tra stelle e silenzio: l’universo poetico di Antonia Pozzi. Recensione di Alessandria today
Un viaggio nel silenzio stellato della poesia di Antonia Pozzi
Un viaggio nel silenzio stellato della poesia di Antonia Pozzi La poesia di Antonia Pozzi, “E forse ci sono più stelle”, è un viaggio nel mistero e nella profondità dell’essere umano, dove le distanze e il silenzio diventano simboli di un’intimità inespressa e di legami inesplorati. Con un uso evocativo delle immagini, Pozzi trasforma il cielo, la nebbia e il silenzio in metafore della…
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“Ho avuto solo qualche colloquio umano (o almeno tale è stato per me) con Elémir Zolla, di cui le dissi, mi sembra. Non posso dire molto di lui, ma dopo il saggio su «Tempo Presente» mi sembra di poter rischiare - puntare molto su quest’uomo, intendo. Se lo avessimo avuto a Firenze (quando ancora eravamo uniti, solitari e orgogliosi) l’«Attenzione» forse sarebbe nata. Ma lui allora stava solo a Torino, in una cameretta, scrivendo. Si è preparato per lunghi anni, con una ascesi indefettibile (che non ha rotto neppure venendo qui, buttandosi nella lotta), ed ora è una spada lucida, di nobile metallo. Credo di averlo incontrato al momento giusto - sulla via di ritorno al mio centro, dopo due anni di viaggio (necessari). Ma Z. di viaggi non ha avuto bisogno: aveva l’attenzione. È molto malato, mi dicono, di petto e di reni. La nevrosi, certo, gli gronda da ogni gesto. Ma nulla di tutto questo lo intacca (potrebb’essere un meraviglioso personaggio di Cechov).
Ieri, unico giorno di tregua dal 13 gennaio, parlammo insieme dalle 5 all’1 di notte. Non so che cosa pensi di me e non me ne importa. La sua intransigenza è un miracolo che mi basta; è il solo che non abbia ceduto, che l’ipnosi del costume non abbia mai attaccato. (E non ha fede, ch’io sappia, né altra dottrina che non sia il culto della verità).”
Cristina Campo, Lettere a Mita
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" «Mi pare che m'abbia detto che lei parlerà subito dopo certe dichiarazioni di un deputato socialista». «Precisamente». «Dopo lui s'alza in piedi lei per parlare. Tutta la Camera farà un gran silenzio». «S'intende». «E in quel silenzio lei pronuncia, ben forte, che tutti sentano, questa frase: Viva Marx! Viva la Rivoluzione Sociale!». «Come?». «Cosí: Viva Marx! Viva la Rivoluzione Sociale!» Parlavo netto, scandito, guardandolo fisso negli occhi. Si era fatto pallido, tremava, fin che riuscí a dirmi: «Ma cara, lei dice per ridere, è una follia». «Dico sul serio. Certo, una follia, mi piacciono le follie, non mi piace altro. Un uomo che non sa fare una follia non è un uomo, è un animale qualunque. So che ci sono degli ospedali per le bestie, ma non ho mai sentito dire che ci siano i manicomi per le bestie. Ha mai sentito parlare di veterinari alienisti? Il solo segno certo di umanità è la follia. Lei non ne ha mai fatto nella sua vita?»
«No, se Dio vuole». «È terribile: ne faccia una ora, bella grande. Per amor mio. Ecco è venuto il suo quando. Potrei io amare un uomo che non vuol fare una follia nemmeno per amore? che amore è il suo? Dunque» e di nuovo tenevo gli occhi fissi nei suoi «dunque», ma questa volta dicevo sottovoce, quasi mormorando, «Viva Marx, viva la Rivoluzione Sociale!». «Ma, Daniela cara, proprio questa? È troppo grossa.» «Quando uno fa una follia non sta a prenderle le misure.» "
Massimo Bontempelli, L'amante fedele, prefazione di Marinella Mascia Galateria, Utopia Editore (Collana Letteraria europea), Milano, 2023, pp. 140-141.
[Edizione originale: A. Mondadori, 1953]
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Giovanni Giudici, da “Poeti italiani del Novecento” a cura di Pier Vincenzo Mengaldo
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Amore, com'è ferito Il secolo, e come siamo soli - tu, io - nel grigiore che non ha nome. Finito è il tempo dell'usignuolo e del leone. Il blasone è infranto. Il liocorno orma non ha lasciato sul suolo: l'Ombra, è in cuore.
Giorgio Caproni, Lettere e poesie alla moglie.
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"Essere se stessi è una virtù esclusiva dei bambini, dei matti e dei solitari."
Il 18 Febbraio 1940, esattamente 82
anni fa, nasceva a Genova il cantautore e poeta italiano Fabrizio De Andre 🎵
Cantore dei poveri e degli emarginati, De André ha rivoluzionato la canzone d'autore con brani scomodi e taglianti. Ma accarezzati sempre da una profonda dolcezza e umanità.
Molti testi delle sue canzoni sono considerate da alcuni critici vere e proprie poesie, tanto da essere inserite in varie antologie scolastiche di letteratura già dai primi anni settanta e da ricevere gli elogi anche di grandi nomi della poesia come Mario Luzi. È stato anche uno degli artisti che maggiormente hanno valorizzato la lingua ligure. Fabrizio De André è considerato uno dei più grandi poeti italiani del Novecento oltre che un vero e proprio genio della canzone italiana: nella sua carriera ha venduto 65 milioni di dischi, guadagnando un posto nella classifica degli artisti italiani di maggior successo.
Atlantide
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AI, AI, Pavese!
Se ne scrive così spesso, di Cesare Pavese, da credere che ormai anche l'AI/IA ne sappia abbastanza, invece, alla richiesta di visualizzare la lista di romanzi di Cesare Pavese, candidamente mi risponde:
Povero Gesualdo Bufalino, privato all'improvviso del suo romanzo, peraltro pubblicato nel 1981 e lui vivente.
Scritto in piccolo, ChatGPT aggiunge: ChatGPT può commettere errori. Considera di verificare le informazioni importanti. (sic!)
Copiaincollo di seguito il testo dell'immagine sopra, per pura cattiveria: un altro avvertimento a piè di risultato recita infatti: Le chat potrebbero essere esaminate e utilizzate per addestrare i nostri modelli.
Vi immaginate l'AI/IA che si addestra sui suoi stessi risultati sbagliati???
Cesare Pavese è uno dei più importanti scrittori italiani del Novecento, noto per i suoi romanzi che esplorano temi di solitudine, alienazione e la condizione umana. Ecco una lista dei suoi romanzi principali: "Il mestiere di vivere" (1935) – Anche se è più conosciuto come un diario, offre una visione profonda della sua esperienza e della sua arte. "La casa in collina" (1948) – Racconta le esperienze di un uomo che vive in una casa su una collina durante la Seconda Guerra Mondiale. "La luna e i falò" (1950) – Uno dei suoi romanzi più celebri, che narra la storia di un ritorno alle origini e riflette sulla identità e la solitudine. "Tra donne sole" (1950) – Una raccolta di racconti che esplora le difficoltà e le esperienze di diverse donne. "Il carcere" (1949) – Un romanzo che riflette l'esperienza di Pavese durante la sua detenzione politica e le sue riflessioni sul tema della libertà e della reclusione. "Diceria dell’untore" (1962) – Pubblicato postumo, questo romanzo è spesso considerato il suo capolavoro e narra la storia di un malato di tubercolosi in una sanatorio. Cesare Pavese ha scritto anche numerosi racconti e poesie che arricchiscono la sua produzione letteraria. La sua opera è fondamentale per comprendere le dinamiche della letteratura italiana del Novecento.
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Curiosity killed the cat
La letteratura italiana del Novecento è piena zeppa di autori che hanno pubblicato un sacco, ma che nessuno (o quasi) conosce perché non si pubblicano più. Penso - giusto per fare solo qualche nome - ad Alfredo Oriani, Luciano Zuccoli, Antonio Beltramelli, Salvator Gotta, Lucio d'Ambra, Virgilio Brocchi, Jolanda, Annie Vivanti. Io tutta 'sta gente l'ho scoperta per puro caso, mosso come sono da una curiosità che in campo letterario assume connotazioni a dir poco patologiche. Se è vero che essa ha ucciso il gatto, io sono morto un sacco di volte. Meno male che resuscito sempre. Anche se non sono un gatto.
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Romanzi italiani del 900: racconti di un secolo di cambiamenti
I romanzi italiani del 900 hanno saputo catturare le sfumature della società, la politica, la cultura e le emozioni di un Paese che ha vissuto due guerre mondiali, profonde trasformazioni sociali e una rapida modernizzazione. Per questo motivo la letteratura italiana nel Novecento è un affascinante mosaico di stili, voci e storie che riflettono il tumultuoso periodo storico attraversato dall'Italia durante quel secolo. I primi anni del 900: il Futurismo Gli inizi del Novecento italiano hanno visto emergere il movimento futurista, che ha cercato di abbracciare il cambiamento e l'innovazione nella letteratura, nell'arte e nella società. Un esempio notevole di romanzi futuristi è "Zang Tumb Tumb" di Filippo Tommaso Marinetti, un'opera che sperimenta con la forma e il suono delle parole per esprimere l'entusiasmo per la modernità e la tecnologia. Questo movimento ha contribuito a gettare le basi per il modernismo letterario in Italia. I romanzi italiani del 900 e la Seconda Guerra Mondiale La Seconda Guerra Mondiale è stata un'incredibile fonte di ispirazione per gli scrittori italiani dell'epoca. - "Il giardino dei Finzi-Contini" (1962) di Giorgio Bassani narra la triste pagina della persecuzione degli ebrei. - "La casa in collina (1948) di Cesare Pavese analizza la guerra in quanto impegno storico e civile. - "Il sentiero dei nidi di ragno" (1947) è uno dei più bei romanzi sulla Resistenza. - "La ciociara" (1957) di Alberto Moravia rappresenta un'altra tragica pagina del conflitto: lo sbarco degli alleati Il dopoguerra, con tutte le difficoltà della ripresa economica, ha ispirato, invece, la nascita di una vera e propria corrente letteraria che ha coinvolto la letteratura e il cinema: il neorealismo. I romanzi neorealisti più emblematici sono: - "Ragazzi di vita" (1955) di Pier Paolo Pasolini; - "Una questione privata" (1963) di Beppe Fenoglio; - "Se questo è un uomo" (1947) di Primo Levi; - "La romana" (1947) di Alberto Moravia. I romanzi postmoderni Gli anni '60 hanno portato una nuova onda di romanzi italiani che riflettevano i cambiamenti sociali e culturali in corso. "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pubblicato postumo nel 1958, ha catturato l'atmosfera di una società aristocratica in declino. Altro autore esemplare di questo periodo fu Leonardo Sciascia che con i suoi romanzi accese un faro sulla Sicilia e sul fenomeno della mafia. Ricordiamo "Il giorno della civetta", "A ciascuno il suo", "Il caso Majorana". Negli anni '70 e '80, l'Italia ha assistito a una rinascita letteraria con l'emergere di autori postmoderni come Umberto Eco, che ha scritto "Il nome della rosa" (1980), un romanzo che mescola storia, mistero e teologia. I romanzi che in una certa misura hanno segnato gli anni Novanta del Novecento sono "Castelli di rabbia" (1991), "Oceano mare" (1993), "Seta" (1996) di Alessandro Baricco. In copertina foto di Priscilla Du Preez 🇨🇦 su Unsplash Read the full article
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Barbara Valmorin
Barbara Valmorin è stata una talentuosa attrice italiana.
Leonessa della scena e donna di grande cultura, ha ispirato diversi testi teatrali e lavorato con grandi artiste e artisti, è stata diretta dai più importanti registi del Novecento, soprattutto a teatro, ma anche al cinema e alla televisione.
Nata a Bari col nome di Agata Bibolotti, il 30 gennaio 1939, da padre toscano e madre ligure, dopo il liceo ha frequentato il Cours d’art dramatique René Simon a Parigi, città in cui ha debuttato con Luchino Visconti, che le aveva dato il suo nome d’arte, in Dommage qu’elle soit une putain.
Rientrata in Italia, a teatro ha lavorato con Eduardo De Filippo e Antonio Calenda. Il suo esordio sul grande schermo è stato nel 1964, nel film Senza sole né luna di Luciano Ricci.
Importante per la sua carriera è stato l’incontro con Luca Ronconi che l’ha diretta in diversi fortunati spettacoli tra cui Orlando furioso, La tragedia del Vendicatore, Orestea, Peccato fosse puttana che le è valso il Premio Ubu, il più grande riconoscimento teatrale italiano.
Tra le socie fondatrici della Cooperativa Tuscolano, nel 1981, per lei Annibale Ruccello ha scritto Weekend, un’opera noir che ripercorre il malessere quotidiano di una professoressa di liceo napoletana trapiantata a Roma. Lo spettacolo, andato in scena per la prima volta nel 1983 al Teatro dell’Orologio di Roma, ha avuto diverse riprese nel corso degli anni.
Ha lavorato con registi come Giancarlo Cobelli, Giorgio Marini, Masssimo Castri, Cesare Lievi, Mario Martone, Franco Branciaroli, Ugo Gregoretti, Gabriele Lavia, Renato Carpentieri, Nekrošius e molti altri.
Per Barbara Valmorin, entrare nelle viscere del testo, ‘scarificarlo’ per riuscire a trasmettere emozioni, era del tutto naturale. Il suo spirito critico, il suo rigore, il suo amore per la cultura ‘salvifica’, la conducevano non solo a spaziare dalla letteratura, in particolare tedesca e mitteleuropea, all’arte e alla musica, amava scandagliare nuovi territori e linguaggi della drammaturgia. Amava le nuove generazioni e non disdegnava di mettersi in gioco con artisti agli albori.
Un altro momento importante nella sua carriera è stato Vecchie, scritto e diretto da Daniele Segre e presentato alla Mostra del Cinema di Venezia del 2002 e all’Annecy Cinéma Italien, che le è valso il premio per la migliore interpretazione femminile.
Diretta dal regista Werner Waas, nel 2007 è stata Renata nell’omonima pièce scritta da Paolo Musio che si è a lei ispirato per la drammaturgia. La pièce evidenzia lo scontro tra la sua generazione e i giovani, troppo rassegnati e passivi dinanzi alla deriva della politica e al dilagare dell’ignoranza.
Donna dura, caustica, esigente ma anche tanto generosa, si è consacrata all’arte e alla politica, della quale tutto il suo quotidiano era intriso. Da vera militante, ha partecipato all’autogestione del Teatro Valle, credendo nell’urgenza di risolvere i problemi del teatro italiano.
È stata sincera, coraggiosa, non ha mai fatto sconti e ha pagato spesso con la solitudine il suo atteggiamento intransigente.
Quasi tutti gli spettacoli che ha scelto di fare negli ultimi dieci anni della sua carriera, s’interrogano su temi cruciali del contemporaneo quali il ruolo della donna, del successo, l’eutanasia, l’incomunicabilità, il significato dell’esistenza.
L’ultimo testo che ha interpretato, nel 2015, I taccuini di Mosella Fitch, è il racconto di una donna fuori dagli schemi e istintivamente avversa all’ipocrisia che ha consegnato l’essenziale del suo stare al mondo ai suoi taccuini.
Ha recitato con furore, disperazione e al tempo stesso una lucidità intellettuale che scaturiva da ogni piega del suo esprimersi in scena, dalle parole, dagli sguardi, dai gesti.
Chi ha avuto la fortuna di vedere in scena questa grande attrice si è data quindi l’esperienza di sentir vibrare due corde in una, e quindi di far tesoro, attraverso di lei, di tutta la dialettica che ha attraversato il grande Novecento teatrale. La dialettica era una parola chiave per capirla, se non eri munito di spirito dialettico era impossibile averci a che fare – ha scritto di lei Mario Martone e ancora: Burbera, severa, capricciosa anche, da diva qual era, ma anche fanciullescamente disposta al gioco e all’incanto, era innanzitutto una donna capace di assumere e portare su di sé le riflessioni più estreme.
Con le sue immancabili sigarette e il suo bicchiere di vino rosso ha animato serate fino a tarda notte e intessuto relazioni intergenerazionali, amata dalla critica, ha riempito la scena con verità e un gran gusto dello spettacolo.
Non si è mai risparmiata nel lavoro e nel professare le sue idee, si è sempre messa in gioco, esponendosi nuda e cruda, fino all’ultimo istante.
Si è spenta a Roma il 15 luglio 2019.
Non le sono stati dedicati premi o spazi teatrali e non viene abbastanza ricordata perché il teatro si perde nella memoria di chi lo ha vissuto e forse perché, come molte attrici della sua generazione ha trascurato le relazioni per consacrarsi totalmente all’arte, di cui si è nutrita per tutta la sua vita.
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Amato Novelli: Poeta, Patologo e Innovatore. Un medico che ha saputo raccontare la vita con la scienza e la poesia. Recensione di Alessandria today
Amato Novelli (Roma, 14 settembre 1922 – Genova, 23 febbraio 2009) è stato una figura poliedrica, capace di eccellere in due campi apparentemente lontani: la medicina e la poesia.
Amato Novelli (Roma, 14 settembre 1922 – Genova, 23 febbraio 2009) è stato una figura poliedrica, capace di eccellere in due campi apparentemente lontani: la medicina e la poesia. Professore ordinario di Patologia Generale all’Università di Genova, Novelli è ricordato come uno studioso brillante e come un poeta sensibile, che ha saputo tradurre l’esperienza umana in versi. Biografia di Amato…
#Alessandria today#Amato Novelli#Biografia#cultura genovese#Cultura italiana#Genova#Google News#innovazione scientifica#Introspezione poetica#Ispirazione poetica#italianewsmedia.com#La lucciola nella bottiglia#L’Oasi Bianca#letteratura italiana#medicina e arte#medicina e poesia#Microbiologia#patologia cellulare#patologia generale#Pier Carlo Lava#poesia autobiografica#poesia contemporanea#Poesia del Novecento#poesia e medicina#poesia e scienza#poesia e vita#poesia evocativa#poesia genovese#poesia italiana#poesia religiosa
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Dino Campana: la vita tormentata e l’eterno viaggio nella poesia
Dino Carlo Giuseppe Campana (Marradi, 20 agosto 1885 – Scandicci, 1° marzo 1932) è stato un poeta italiano che ha segnato un profondo solco nella letteratura del Novecento grazie alla sua opera intensa e visionaria. La sua produzione, spesso incentrata sulla poesia, rappresenta una fusione unica tra musica, colori e suoni, espressione di un animo irrequieto e travagliato.
Le origini e la giovinezza
Campana nacque a Marradi, un piccolo borgo situato nella Romagna fiorentina, il 20 agosto 1885. Figlio di Giovanni Campana, un insegnante remissivo, e di Francesca Luti, una donna dal carattere severo e affetta da disturbi compulsivi, Dino trascorse un’infanzia apparentemente tranquilla ma segnata da un rapporto complesso con la madre e dalla nascita del fratello minore Manlio. Sin dall’adolescenza, Dino manifestò i primi segni di disturbi nervosi, che avrebbero segnato profondamente la sua esistenza e la sua poesia.
Frequentò diverse scuole, tra cui il collegio dei Salesiani di Faenza e il liceo Baldessano di Carmagnola, dove conseguì la maturità nel 1903. Nonostante le difficoltà personali, proseguì gli studi universitari a Bologna e Firenze, dove si iscrisse prima a Chimica pura e poi a Chimica farmaceutica. Tuttavia, la sua irrequietezza lo spinse a intraprendere una vita errabonda, lontana dai binari tradizionali.
Il viaggio come metafora della poesia
La poesia di Dino Campana è intrisa del suo irrefrenabile desiderio di fuggire e scoprire il mondo. I suoi viaggi, sia reali che immaginari, sono al centro della sua opera. Durante la sua vita, si spostò in vari paesi europei e in Sud America, affrontando spesso situazioni difficili e vivendo ai margini della società. La poesia divenne per lui un mezzo per esprimere il suo rapporto conflittuale con la realtà e per esplorare le profondità della sua anima.
Nel 1907, Dino intraprese un viaggio in Argentina, probabilmente per sfuggire all’oppressione familiare e alla monotonia di Marradi. Questo viaggio, avvolto nel mistero, ha contribuito a creare il mito del “poeta dei due mondi”, anche se alcuni critici, come Giuseppe Ungaretti, hanno messo in dubbio la reale presenza di Campana in Sud America. Tuttavia, l’esperienza del viaggio rappresenta un tema centrale nella sua poetica, dove il movimento fisico si intreccia con un’esplorazione interiore.
L’opera: i “Canti Orfici”
La raccolta “Canti Orfici”, pubblicata nel 1914, è il capolavoro di Dino Campana e rappresenta una delle più alte espressioni della poesia italiana del XX secolo. Il titolo evoca gli inni orfici dell’antica Grecia e suggerisce un legame profondo tra poesia e mito. Nei “Canti Orfici”, Campana amalgama suoni, colori e immagini, creando una sinfonia di emozioni che riflette il suo tormento interiore.
Il manoscritto originale dell’opera, intitolato “Il più lungo giorno”, andò perduto dopo essere stato consegnato ai redattori della rivista Lacerba. Dino, disperato, riscrisse l’intera opera affidandosi alla memoria e alle bozze sparse, un processo che richiese un immenso sforzo mentale. Questo episodio evidenzia il legame viscerale tra Campana e la sua poesia, intesa come un atto di creazione e rinascita.
Nei “Canti Orfici”, la città di Genova assume un ruolo simbolico: il porto diventa il luogo del continuo movimento, delle partenze e dei ritorni, metafora della condizione umana e del viaggio esistenziale. La poesia, per Campana, è un mezzo per trascendere la contingenza e raggiungere una dimensione superiore, un percorso conoscitivo che coinvolge memoria, sensi e immaginazione.
La relazione con Sibilla Aleramo
Un altro capitolo significativo nella vita di Dino Campana è la sua relazione con la scrittrice Sibilla Aleramo. L’intensa corrispondenza tra i due, raccolta nel carteggio “Un viaggio chiamato amore”, testimonia una storia d’amore tormentata e appassionata. La loro relazione, durata dal 1916 al 1918, fu segnata da incomprensioni e tensioni, ma anche da una profonda condivisione intellettuale.
Nelle lettere, emerge il desiderio di Campana di essere compreso e accettato, ma anche la sua difficoltà nel gestire i rapporti umani. La poesia, ancora una volta, diventa l’unico strumento attraverso cui il poeta riesce a esprimere i suoi sentimenti e la sua visione del mondo.
Gli ultimi anni e la morte
Gli ultimi anni di Dino Campana furono segnati dal progressivo aggravarsi dei suoi disturbi psichiatrici. Dopo essere stato internato in vari ospedali psichiatrici, nel 1918 venne ricoverato presso l’ospedale di Castelpulci, vicino a Scandicci. Qui trascorse gli ultimi anni della sua vita, trovando una sorta di pace nella routine del manicomio.
Campana morì il 1° marzo 1932, probabilmente a causa di una setticemia. Le sue spoglie furono inizialmente sepolte nel cimitero di San Colombano, ma nel 1946 furono traslate nella chiesa di San Salvatore a Badia a Settimo. La sua figura è stata successivamente rivalutata da numerosi intellettuali, tra cui Eugenio Montale e Carlo Bo, che hanno riconosciuto l’importanza della sua poesia.
La poetica di Dino Campana
La poesia di Campana è caratterizzata da un linguaggio visionario e musicale, che mescola immagini potenti e simboli suggestivi. Il poeta cercava una “poesia europea musicale colorita”, capace di unire la tradizione latina con la speculazione filosofica e la cultura mitteleuropea. La poesia, per Campana, non era solo un’arte ma una via di conoscenza e redenzione, un mezzo per esplorare il rapporto tra l’uomo e il mondo.
La parola poetica si intreccia con i suoni e i colori della natura, creando un universo sensoriale in cui il vento, il mare e le attività umane si fondono in un’unica sinfonia. La poesia diventa un faro che illumina le tenebre dell’esistenza, guidando l’uomo verso una dimensione più alta.
Conclusione
Dino Campana rappresenta una figura unica nel panorama letterario italiano, un poeta che ha saputo trasformare il dolore e il tormento della sua vita in poesia. La sua opera, seppur limitata, continua a ispirare lettori e studiosi, dimostrando l’eternità del suo messaggio. La poesia, per Campana, non era solo un mezzo espressivo ma una vera e propria filosofia di vita, un viaggio senza fine verso la conoscenza e la bellezza.
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I Poeti Empatici Italiani
I Poeti Empatici Italiani non sono una categoria formalmente definita nella letteratura italiana, ma il termine può riferirsi a poeti che esplorano e trasmettono emozioni profonde e complesse attraverso la loro opera. Tra i poeti più significativi del Novecento, possiamo considerare figure come Mario Luzi, Vittorio Sereni, Salvatore Quasimodo e Alfonso Gatto, che, pur appartenendo a correnti…
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Sandro Penna
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Italo Svevo: un pioniere della letteratura psicologica italiana
Italo Svevo: un pioniere della letteratura psicologica italiana
Il 19 dicembre 1861, in una Trieste allora parte dell’Impero austro-ungarico, nacque Aron Ettore Schmitz, meglio conosciuto come Italo Svevo. Autore di capolavori come La coscienza di Zeno, Svevo è considerato uno degli scrittori più innovativi e profondi del panorama letterario italiano del Novecento. Le origini di Italo Svevo Italo Svevo con la moglie Livia e la figlia Letizia. Figlio di una…
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"Essere se stessi è una virtù esclusiva dei bambini, dei matti e dei solitari."
Il 18 Febbraio 1940, esattamente 81 anni fa, nasceva a Genova il cantautore e poeta italiano Fabrizio De Andre 🎵
Cantore dei poveri e degli emarginati, De André ha rivoluzionato la canzone d'autore con brani scomodi e taglianti. Ma accarezzati sempre da una profonda dolcezza e umanità.
Molti testi delle sue canzoni sono considerate da alcuni critici vere e proprie poesie, tanto da essere inserite in varie antologie scolastiche di letteratura già dai primi anni settanta e da ricevere gli elogi anche di grandi nomi della poesia come Mario Luzi. È stato anche uno degli artisti che maggiormente hanno valorizzato la lingua ligure. Fabrizio De André è considerato uno dei più grandi poeti italiani del Novecento oltre che un vero e proprio genio della canzone italiana: nella sua carriera ha venduto 65 milioni di dischi, guadagnando un posto nella classifica degli artisti italiani di maggior successo.
Atlantide
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