#lavoro e dignità
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pier-carlo-universe · 4 days ago
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Lavoro e dignità: approvata la legge che tutela i lavoratori affetti da patologie oncologiche
È stata approvata all’unanimità una legge di straordinaria importanza che sancisce nuovi diritti per i lavoratori affetti da malattie oncologiche, croniche e invalidanti. Il testo normativo, frutto di un ampio consenso trasversale, rappresenta una svolta sul piano della dignità, della salute e della tutela del lavoro. Tra le principali novità introdotte dalla legge spiccano il congedo fino a 24…
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omarfor-orchestra · 1 year ago
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Io purtroppo ho un problema
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scritti-di-aliantis · 1 month ago
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-Dai: devo andare a lavorare. E poi tuo marito ti aspetta...
-Sono pazza di te, lo capisci? Non mi interessa più, se mi scopre. Butto all'aria tutto...
-E il tuo lavoro, i figli? La tua reputazione?
-'Sticazzi: se ne faranno tutti una ragione! Io voglio te dentro di me. Solo questo desidero...
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(Foto: model coutureee)
L'amore è solo e soltanto pura follia. Comporta rischio, batticuore ed emozioni fortissime. Perdita di dignità, carriere e denari. Se c'è buonsenso, se c'è risparmio, se c'è esitazione, l'amore se n'è andato via. Da tempo.
Aliantis
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falcemartello · 2 months ago
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JK Rowling: "L'ideologia di genere ha minato la libertà di parola, la verità scientifica, i diritti degli omosessuali, la sicurezza, la privacy e la dignità delle donne e delle ragazze. Ha anche causato danni fisici irreparabili a bambini vulnerabili.
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La stragrande maggioranza delle persone non è d'accordo con il gender, eppure è stata imposta, dall'alto verso il basso, da politici, enti sanitari, mondo accademico, settori dei media, celebrità e persino dalla polizia.
I suoi attivisti hanno perpetrato violenze su coloro che hanno osato opporsi. Le persone sono state diffamate e discriminate per averla messa in discussione. Sono stati persi posti di lavoro e sono state rovinate vite, tutto per il "crimine" di aver detto che il sesso è reale.
Coloro che hanno tratto maggiori benefici dall'ideologia dell'identità di genere sono gli uomini, sia trans che non. Alcuni sono stati ricompensati per avere una mania di travestitismo con l'accesso a tutti gli spazi precedentemente riservati alle donne.
Altri hanno sfruttato il loro delizioso status di vittima per minacciare, aggredire e molestare le donne. La Sinistra non trans ha trovato una magnifica piattaforma da cui mostrare le loro credenziali progressiste, schernendo le esigenze delle donne e delle ragazze.
Le vere vittime sono state donne e bambini, soprattutto i più vulnerabili. I gay che hanno resistito al movimento hanno pagato un prezzo orribile. Le persone che lavorano in ambienti in cui un pronome fuori posto potrebbe farti diffamare o liquidare in modo costruttivo.
Non dirmi che si tratta di una piccola minoranza. Questo movimento ha avuto un impatto disastroso sulla società. Se avessi un pò di buonsenso, cancelleresti ogni traccia di mantra attivisti, attacchi ad hominem, false equivalenze e argomentazioni circolari dai tuoi feed X.
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Perché si avvicina rapidamente il giorno in cui vorrai fingere di aver sempre visto attraverso la follia e di non averci mai creduto per un secondo."
- J.K. Rowling
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vecchiorovere · 4 months ago
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Quando ti sedevi a tavola e mangiavi, era un momento di semplicità e gratitudine. Non c'erano pretese né preferenze, si accettava ciò che c'era. Ogni piatto portava con sé la storia di povertà e sacrifici, ma anche di forza e dignità. Il cibo era un dono, frutto del duro lavoro e della perseveranza di chi, nonostante tutto, riusciva a mettere qualcosa in tavola
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raccontidialiantis · 4 months ago
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La giovane mamma mia vicina di casa
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Ogni giorno ormai non ho altro pensiero in testa che rivederti. Vivi con tuo marito da quando vi siete sposati, un anno e mezzo circa, nell'appartamento vicino al mio. La notte vi ascolto sempre, mentre vi amate. Dall'altra parte del sottilissimo muro che divide la vostra camera da letto dalla mia mi arrivano dei mugugni indistinti ma inequivocabili. Immagino le vostre frasi sommesse e adoro in modo assoluto sentire quando venite, visto che le nostre teste sono comunque a forse meno di un metro di distanza. Meglio di qualsiasi film o racconto. Ho sempre sospettato che malgrado la tua aria educata, composta e molto discreta, tu fossi un vero vulcano di femminilità e sensualità. Infatti, un giorno qualsiasi di due mesi fa, in tarda mattinata hai suonato a casa mia e hai chiesto aiuto in lacrime. Io lavoro a turni e alle sette e un quarto avevo smontato dalla notte. Era circa l'una e sebbene fossi ancora rincoglionito dalle sole quattro ore di sonno fatte, t'ho chiesto immediatamente e preoccupato cosa ti fosse successo.
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M'hai detto, un po’ rossa in viso e imbarazzata, che il tuo seno generava una enorme quantità di latte ma che il tuo piccolo, all’epoca nato da sole due settimane, ne beveva solo una parte e poi s'addormentava. Poi, che secondo il pediatra e le sue stime, il nutrimento era comunque momentaneamente sufficiente per lui, ma non avresti mai voluto che il latte smettesse di scendere, per questo suo scarso stimolare le tue ghiandole mammarie. Avevate quindi comperato un tiralatte per prendere tutto il latte rimanente nel tuo seno dopo la magra poppata, ma non riuscivi a usarlo in modo appropriato: ti scappava sempre, non riuscivi a farlo funzionare correttamente perché è un aggeggio di difficile gestione. E che il tiraggio va effettuato meglio se entro un’ora dalla poppata. Quindi era proprio necessario farlo in quel momento. A tuo marito avevi detto che conoscevi l’aggeggio, “che ci vuole, è una passeggiata” e poi non volevi fargli vedere che non eri riuscita a farcela. Ti seccava molto.
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“Mi aiuti, per favore? Scusami se ti disturbo a quest’ora, Marco: forse stavi pranzando…”
”Guarda, non stavo pranzando: tranquilla. E comunque, Federica, per te e il tuo bambino lo sai: qualsiasi cosa… se riusciremo, mi basterà uno dei tuoi dolcissimi sorrisi…”
Sei diventata ancor più rossa, hai abbassato gli occhi e... hai sorriso! Dio, quant’eri sexy, con le spalle completamente nude. Stupenda ninfa, dea dell’amore.
Siamo quindi entrati in casa tua. Ci sarebbe mancato che non avessi voluto aiutarti! Tu, bellissima come solo una ragazza di ventitré anni può essere, avevi indosso solo un comodo e casalingo prendisole di cotone leggero arancione a fiorellini, che lasciava scoperta tutta la parte superiore del corpo al disopra delle areole.
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Visione meravigliosa, per me che ero un maschio a digiuno di una femmina da tempo. Eri stupenda soprattutto se vista in controluce. Si delineava la silhouette perfetta e sensuale del tuo corpo sottile, malgrado il parto recente. Un vero sogno erotico. Cercavo di non pensarci. Ritrovati un minimo di dignità e un comportamento appena serio, da buon vicino e presa la necessaria confidenza con l'attrezzo, t’ho chiesto il permesso e t’ho sceso un po’ il bordo dell'abitino sul lato sinistro. Ho applicato il tiralatte al capezzolo del tuo seno sinistro. Con un po’ di buona volontà e qualche tentativo ripetuto, infine l'abbiamo fatto lavorare a dovere e abbiamo iniziato finalmente a riempire delle bottigliette da mettere in frigo.
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Finito col seno sinistro, siamo passati a quello destro. Allora tu, visto che la cosa funzionava bene, ti sei finalmente calmata e abbiamo preso anche a chiacchierare in assoluto relax. Ci conosciamo, oramai: io sono un quarantacinquenne ben tenuto. Separato da qualche anno. Mia moglie è andata via portando con sé nostra figlia adolescente. Tuo marito invece ha una trentina d’anni, fa il rappresentante di commercio e spesso resta fuori per lavoro anche due o tre giorni. Intanto, verso la fine del tiraggio effettuato sul seno destro, mentre stavo finendo di riempire la bottiglietta, ho visto che dal seno sinistro, lasciato ancora scoperto a esclusivo beneficio dei miei occhi, ne ero certo e anche per una comprensibile tua civettuola voglia di donna di farti ammirare, scendeva ancora del latte. Infatti senza le coppe di protezione, colando t’aveva macchiato un po’ la stoffa del prendisole.
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Visto che avevo il viso vicinissimo al tuo petto, m'è venuto spontaneo scherzare con te e dirti sorridendo che mi sarebbe piaciuto assaggiare quel ben di Dio, per non farlo andare sprecato e anche per pulirti. Tu m'hai detto ridendo: “ma che dici, scemo…” però mi guardavi fisso negli occhi e ormai mi carezzavi già teneramente la testa. Ho azzardato - o la va o la spacca - e sono sceso rapidamente sul seno sinistro. Ho dapprima dato una leccata rapida, guardandoti e aspettando magari un ceffone. Tu invece eri in estasi, a occhi chiusi. M'hai solo detto con un fil di voce ma stringendomi a te: “ma che fai, no… non farlo, smetti…” allora deciso, per l'evidente desiderio che provavi, ho incollato le mie labbra a quel capezzolo gocciolante e gonfio. Quindi con trasporto ho iniziato a succhiare, tirando forte. Era un nostro momento di assoluta comunione e il latte era buonissimo!
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Ma la cosa sorprendente è stata la tua reazione. Con voce dal tono basso, calda, piena d'amore e passione, mentre ti succhiavo mi hai detto solo: “no… caro, caro…confesso che mi attrai, ma non dobbiamo… non possiamo fare questo, io e te… a mio marito, poi… nooo…” intanto mi tenevi la testa ben premuta contro di te. Ti sentivo mentre gemevi a occhi socchiusi. Piangevi calde lacrime, forse per un pizzico di rimorso, ma intanto godevi: mi era evidentissimo. E mi stringevi forte al tuo petto: mi allattavi letteralmente e io a momenti soffocavo! Mentre succhiavo ingoiavo e leccavo tutta quella grazia di Dio, t'ho infilato pian piano una mano sotto il prendisole: non me l'hai bloccata. Ho proseguito fino ad arrivare alla tua fica di giovane sposa e ho sentito chiaramente che era già completamente bagnata. Un paradiso di moglie.
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Sotto il prendisole infatti non avevi nulla: neppure gli slip! Una macchina per il puro piacere, questo eri. Una giovane mamma desiderosa solo del godimento sessuale, pretendendolo in quel momento da me in qualsiasi modo. Questa cosa m'ha fatto ingrifare come un toro. Senza più alcun ritegno ormai, hai allargato le gambe e scendendo un po’ più sulla poltrona hai fatto entrare nella tua passera ben dilatata tutta la mia mano con le dita chiuse senza alcun problema o dolore. Pazzo di te, ti baciavo il collo, le spalle e il petto, leccandoti i capezzoli e ovunque potessi arrivare con la bocca per assaporarti, per gustare egoisticamente e appieno una femmina giovane, di gran classe. Un inaspettato dono del cielo solo per me. Leccavo e godevo della tua pelle profumata. Mordicchiavo i lobi delle tue belle orecchie e infine, massima conquista tra noi, ti baciavo la bocca, infilandovi la mia lingua e giocando con te nel modo più intimo possibile, tra un uomo e una donna.
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Ti stimolavo, muovendo la mano totalmente immersa nella tua fica, facendole fare continuamente e rapidamente avanti e indietro. Ti dicevo parole oscene, ti chiamavo “troia, grande puttana, femmina vogliosa solo di cazzo”. Tu, solo un po’ arrossita e accaldata, mi sorridevi irresistibile. Gemevi roca, sussurrandomi all'orecchio dei tenerissimi: “si dai, siiii… ancora, fallo ancora… entra di più dentro di me… dimmelo ancora… e poi dammi il tuo cazzo… ora lo voglio proprio. Ne ho bisogno!“ Così, mentre il pupo dormiva sereno dopo aver bevuto, in un solo colpo ho sfilato la mia mano, t'ho tolto l'abitino tirandotelo su dalle spalle. Tu eri ancora seduta, ma ti sei sollevata quel tanto che bastava per farlo scivolar via e m'hai detto: “oh, caro, caro… succhia ancora un po’ dal seno e poi bevi dalla mia fica. Adesso sto producendo il mio liquore di donna. Lo sto facendo solo per te. Leccamela, lo voglio tanto.”
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Ho eseguito alla lettera. Dapprima onorando il seno sinistro, poi il destro. Leccandoti al centro del tuo corpo nudo senza fermarmi sono sceso piano a baciarti a lungo la fica: la tua pelle sapeva di buono, di pulito. Ho leccato a lungo e per la prima volta anche il tuo ano. Fino a qualche ora prima, mai avrei immaginato che la mia lingua avrebbe potuto godere di tanto privilegio. Oh, il tuo ano: meraviglioso protagonista dei nostri giochi, ormai. A un certo punto proprio non ho resistito più. T'ho tirata a me sul bordo poltrona e ho infilato il mio cazzo già durissimo dentro di te con veemenza: erano molti mesi che non scopavo. E poi poter fottere una sposina, una mamma giovanissima, non capita tutti i giorni. T'ho detto che stavo per venire e tu m'hai dato il via libera, perché da dopo il parto avevi rimesso la spirale.
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Volevi moltissimo che sborrassi dentro di te. E a lungo. Me l’hai chiesto esplicitamente: “sborra a lungo quanto ti pare dentro di me.” Quella prima volta t'ho fatta venire ben tre volte prima di riempirti col mio seme mentre ti baciavo le labbra teneramente. Mi ero completamente innamorato, ero ormai cotto di te; non c’è da scherzare con queste cose. Le tue labbra sapevano di miele puro. Mi hai confessato che da quando hai partorito, il tuo desiderio sessuale è inspiegabilmente aumentato a dismisura. Che obblighi tuo marito a scoparti a lungo al mattino presto prima di andare al lavoro, poi appena torna a casa la sera e infine di notte, se ti svegli con una grande voglia di essere amata, posseduta.
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E poi mi hai detto piangendo e mordendoti le deliziose labbra, che quando lui sta via due o tre giorni, per te la mancanza del sesso con lui è un problema anche serio. Mi hai chiesto se sarei stato disposto ad aiutarti, con la massima discrezione, ovviamente. Cara: sei un tesoro di mammina e la vicina più dolce che abbia mai avuto! Ormai scopiamo con regolarità, Almeno una volta nel mezzo della settimana, quando lui è di sicuro lontano da casa almeno cento chilometri o per i soliti due-tre giorni di seguito. Mi allatti sempre ed è una cosa che mi piace da morire, un tuo vezzo dolcissimo per me. Poi mi accogli in culo senza lamentarti o in bocca con gran gioia. Quando vengo mi ingoi che è un vero piacere. Ti chiedo: “la vuoi la mia sborra?” E tu, staccandoti un attimo rispondi: “si… fammene bere tanta!” Non penso di aver mai prodotto tanto seme come da quando ti conosco.
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In queste poche settimane penso di aver sborrato più di quanto abbia mai fatto in undici anni di matrimonio. Ci si aiuta a vicenda, quindi. Se posso, quando sono libero dal lavoro ti reggo il bambino mentre esci per la spesa o magari per distrarti un attimo. In compenso, tu a volte mi prepari deliziosi manicaretti. Con tuo marito siamo sempre grandi amici, ovviamente. Adoro vedervi la domenica mattina andare in chiesa: tu rilassata, soddisfatta e vestita in modo molto castigato. Lui felice, col bimbo in carrozzina e la donna più onesta, pura e fedele del mondo al suo braccio. Farebbe di tutto per te, difenderebbe il tuo onore da chiunque osasse mancarti di rispetto o solo pensare a toccarti. Vi adoro! Quando si dice avere rapporti di buon vicinato!
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RDA
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noneun · 4 months ago
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Sarò distratto io...
ma dopo le critiche di Elena Cecchettin alla condanna dell'assassino di sua sorella, i giornali si sono affrettati a riportare il comunicato di ieri della Camera Penale Veneziana:
Non possiamo non evidenziare come le parole della Signora Elena Cecchettin sviliscano la funzione difensiva criticando le tesi sostenute dall’Avv. Caruso (...) appare un fuor d’opera farlo sui social, senza neppure avere contezza delle basi giuridiche sottese alle decisioni.
Ma non ho trovato nessun articolo che riportasse gli elogi dell'altro ieri dell'Unione delle Camere Penali Italiane alle parole di Gino Cecchettin e le successive aspre critiche a Matteo Salvini:
Davvero lezioni di grande civiltà che segnano la insuperabile distanza con la società politica e con i nostri governanti, impegnati, come sempre, a diffondere sguaiati e rabbiosi spot per la solita propaganda populista da bassifondi. Così, il ministro Salvini, perdendo una ghiotta occasione per tacere, si lancia in spericolati auspici di “lavori forzati” per l’imputato Turetta perché la sua detenzione non gravi economicamente sulla collettività. Forse il Ministro Salvini non conosce affatto le convenzioni internazionali vincolanti per l’Italia, fra tutte la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, comunemente nota come Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), sottoscritta proprio a Roma il 4 novembre 1950 e che all’art. 4 stabilisce che “Nessuno può essere costretto a compiere un lavoro forzato o obbligatorio”, così come analogamente statuito dall’art. 5 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, adottata con il Trattato di Lisbona del 1 dicembre 2009. Forse le conosce e allora, cosa ben più grave, intenzionalmente le calpesta e con esse calpesta la Costituzione e quei principi che rappresentano un baluardo di civiltà e soprattutto impediscono che la nostra società precipiti verso la barbarie. Nell’un caso e nell’altro, in ogni caso, il Ministro dimostra una netta e incolmabile distanza con i valori di civiltà che hanno espresso i familiari stretti della povera Cecchettin, nonché l’assoluta urgenza di un accelerato corso di alfabetizzazione costituzionale a cui magari invitare gli altri noti esponenti del governo e del Parlamento, purtroppo non pochi, che, da una parte e dall’altra, ostendono una clamorosa ignoranza, oltre che il vilipendio della Costituzione e della Repubblica italiana. Se invece, il Ministro Salvini intendeva denunziare il fallimento economico – per noi anche sociale – del sistema penitenziario italiano che costa a tutti i cittadini più di 3 miliardi di euro l’anno, incapace di svolgere adeguata attività di risocializzazione e di reinserimento sociale, inutile alla prevenzione della recidiva giunta oramai al 70% di ricaduta nei reati, senza rispetto alcuno per la dignità dei detenuti e di coloro che svolgono la loro attività lavorativa, foriero del più alto numero di morti “in e di” carcere mai registrato prima d’ora, allora si attivi per una sessione parlamentare per discutere pubblicamente delle condizioni attuali delle carceri italiane, consentendo, così, ad un Parlamento, troppo muto, di intraprendere un percorso illuminato di riforme. In entrambi i casi, potrà contare sul contributo della comunità di penalisti che si spende continuamente per il superamento delle condizioni di inciviltà in cui si trova il mondo delle carceri italiane.
Mi sembra un filino più rilevante che un ministro mostri una clamorosa ignoranza in materia giuridica e costituzionale.
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mccek · 2 years ago
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Molti dei Millennial sono cresciuti sotto l’effetto di strategie fallimentari di educazione famigliare.
Per esempio, è sempre stato detto loro che erano speciali, che potevano avere tutto quello che volevano dalla vita solo perché lo volevano.
Quindi qualcuno ha avuto un posto nella squadra dei pulcini non perché fosse un talento, ma solo perché i genitori hanno insistito con l’allenatore.
Oppure sono entrati in classi avanzate non perché se lo meritassero ma perché i genitori si erano lamentati con la scuola, per non parlare di coloro che hanno passato gli esami non perché se lo meritassero ma perché gli insegnanti erano stanchi di avere rogne dai genitori.
Ad alcuni hanno dato medaglie di partecipazione per essere arrivati ultimi, una bella medaglia affinché nessuno si dispiaccia.
La scienza comportamentale non ha dubbi: è una svalutazione della medaglia e dei riconoscimenti di chi lavora duramente per ottenere un buon risultato, inoltre fa sentire anche in imbarazzo chi arriva ultimo perché, se ha un minimo di dignità, sa che non se l’è davvero meritata quella medaglia.
Così queste persone sono cresciute con l’illusione che, anche senza sforzarsi troppo, è possibile farcela in qualunque settore.
Allora finiscono l’università, magari a pieni voti e pretendono immediatamente che un tappeto rosso si srotoli sotto i loro piedi, invece sono gettati nel mondo reale e in un istante scoprono che non sono per niente speciali voto o non voto, che i genitori non gli possono fare avere un buon posto di lavoro e figuriamoci una promozione, che se arrivi ultimo non ti danno niente, anzi rischi il licenziamento e, guarda un po’, non ottieni qualcosa solo perché semplicemente lo vuoi.
Non voglio fare ironia, credetemi, né tanto meno sorridere, la faccenda è davvero delicata poiché quando questa persona prende coscienza reale dalla situazione in cui si trova è un momento cruciale perché in un attimo, nell’istante preciso in cui concepisce la verità, l’idea che ha di se stessa va letteralmente in frantumi.
È questo anche il momento in cui si attacca alla sua fonte primaria di dopamina: i social network.
Ciò ci porta ad un altro problema : la tecnologia.
I Millennial sono cresciuti in un mondo fatto di Tik Tok, di Instagram ed altri social, dove siamo bravi a mettere filtri alle cose.
In cui siamo un po’ tutti fuoriclasse a mostrare alla gente che la nostra vita è magnifica: tutti in viaggio ad Ibiza, tutti al ristorante stellato, tutti felici e pimpanti anche se invece siamo tristi e depressi.
Ho letto un’interessante ricerca scientifica, che in sintesi dice che ogni qual volta che riceviamo una notifica sullo smartphone, un messaggio o quant’altro, nel nostro cervello viene rilasciata una bella scarica di dopamina (una sostanza che dà piacere).
Ecco perché quando riceviamo un messaggio è una bella sensazione oppure se da qualche ora non si illumina il cellulare, alcuna notifica, né un messaggio, iniziamo a vedere se per caso non è accaduto qualcosa di catastrofico.
Allo stesso modo andiamo tutti in stress se sentiamo il suono di una notifica e passano più di tre minuti senza che riusciamo a vedere di cosa si tratta.
È successo a tutti, ti senti un po’ giù, un po’ solo, e allora mandi messaggi a gente che forse nemmeno sapevi di avere in rubrica.
Perché è una bella sensazione quando ti rispondono, vero?
È per questo che amiamo così tanto i like, i fan, i follower.
Ho conosciuto un ragazzo che aveva sui 15 anni che mi spiegava quanto tra loro si discriminassero le persone in base ai follower su Instagram!
Così se il tuo Instagram cresce poco vai nel panico e ti chiedi: “Cosa è successo, ho fatto qualcosa di sbagliato?
Non piaccio più?”
Pensa che trauma per questi ragazzi quando qualcuno gli toglie l’amicizia o smette di seguirli!
La verità, e questa cosa riguarda tutti noi, è che quando arriva un messaggio/notifica riceviamo una bella botta di dopamina.
Ecco perché, come dicono le statistiche, ognuno di noi consulta più di 200 volte al giorno il proprio cellulare.
La dopamina è la stessa identica sostanza che ci fa stare bene e crea dipendenza quando si fuma, quando si beve o quando si scommette.
Il paradosso è che abbiamo veri limiti di età per fumare, per scommettere e per bere alcolici, ma niente limiti di età per i cellulari che regaliamo a ragazzini di pochi anni di età (già a 7 o 8 anni se non a meno).
È come aprire lo scaffale dei liquori e dire ai nostri figli adolescenti: “Ehi, se ti senti giù per questo tuo essere adolescente, fatti un bel sorso di vodka!
In sostanza, se ci pensate, è proprio questo che succede: un’intera generazione che ha accesso, durante un periodo di alto stress come l’adolescenza, ad un intorpidimento che crea dipendenza da sostanze chimiche attraverso i cellulari.
I cellulari, da cosa utile, diventano facilmente, con i social network, una vera e propria dipendenza, così forte che non riguarda solo i Millennials ma ormai tutti noi.
Quando si è molto giovani l’unica approvazione che serve è quella dei genitori, ma durante l’adolescenza passiamo ad aver bisogno dell’approvazione dei nostri pari.
Molto frustrante per i nostri genitori, molto importante per noi, perché ci permette di acculturarci fuori dal circolo famigliare e in un contesto più ampio.
È un periodo molto stressante e ansioso e dovremmo imparare a fidarci dei nostri amici.
È proprio in questo delicato periodo che alcuni scoprono l’alcol o il fumo o peggio le droghe, e sono queste botte di dopamina che li aiutano ad affrontare lo stress e l’ansia dell’adolescenza.
Purtroppo questo crea un condizionamento nel loro cervello e per il resto della loro vita quando saranno sottoposti a stress, non si rivolgeranno ad una persona, ma alla bottiglia, alla sigaretta o peggio, alle droghe.
Ciò che sta succedendo è che lasciando ai ragazzi, anche più piccoli, accesso incontrollato a smartphone e social network, spacciatori tecnologici di dopamina, il loro cervello rimane condizionato, ed invecchiando troppi di essi non sanno come creare relazioni profonde e significative.
In diverse interviste questi ragazzi hanno apertamente dichiarato che molte delle loro amicizie sono solo superficiali, ammettendo di non fidarsi abbastanza dei loro amici.
Ci si divertono, ma sanno che i loro amici spariranno se arriva qualcosa di meglio.
Per questo non ci sono vere e proprie relazioni profonde poiché queste persone non allenano le capacità necessarie, e ancora peggio, non hanno i meccanismi di difesa dallo stress.
Questo è il problema più grave perché quando nelle loro vite sono sottoposti a stress non si rivolgono a delle persone ma ad un dispositivo.
Ora, attenzione, non voglio minimamente demonizzare né gli smartphone né tantomeno i social network, che ritengo essere una grande opportunità, ma queste cose vanno bilanciate.
D’altro canto un bicchiere di vino non fa male a nessuno, troppo alcol invece sì.
Anche scommettere è divertente, ma scommettere troppo è pericoloso.
Allo stesso modo non c’è niente di male nei social media e nei cellulari, il problema è sempre nello squilibrio.
Cosa vuol dire squilibrio?
Ecco un esempio: se sei a cena con i tuoi amici e stai inviando messaggi a qualcuno, stai controllando le notifiche Instagram, hai un problema, questo è un palese sintomo di una dipendenza, e come tutte le dipendenze col tempo può farti male peggiorare la tua vita.
Il problema è che lotti contro l’impazienza di sapere se là fuori è successo qualcosa e questa cosa ci porta inevitabilmente ad un altro problema.
Siamo cresciuti in un mondo di gratificazioni istantanee.
Vuoi comprare qualcosa?
Vai su Amazon e il giorno dopo arriva.
Vuoi vedere un film?
Ti logghi e lo guardi, non devi aspettare la sera o un giorno preciso.
Tutto ciò che vuoi lo puoi avere subito, ma di certo non puoi avere subito cose come le gratificazioni sul lavoro o la stabilità di una relazione, per queste non c’è una bella App, anche se alcune delle più gettonate te lo fanno pensare!
Sono invece processi lenti, a volte oscuri ed incasinati.
Anche io ho spesso a che fare con questi coetanei idealisti, volenterosi ed intelligenti, magari da poco laureati, sono al lavoro, mi avvicino e chiedo:
“Come va?”
e loro: “Credo che mi licenzierò!”
ed io: “E perché mai?”
e loro: “Non sto lasciando un segno…”
ed io: “Ma sei qui da soli otto mesi!”
È come se fossero ai piedi di una montagna, concentrati così tanto sulla cima da non vedere la montagna stessa!
Quello che questa generazione deve imparare è la pazienza, che le cose che sono davvero importanti come l’amore, la gratificazione sul lavoro, la felicità, le relazioni, la sicurezza in se stessi, per tutte queste cose ci vuole tempo, il percorso completo è arduo e lungo.
Qualche volta devi imparare a chiedere aiuto per poi imparare quelle abilità fondamentali affinché tu possa farcela, altrimenti inevitabilmente cadrai dalla montagna.
Per questo sempre più ragazzi lasciano la scuola o la abbandonano per depressione, oppure, come vedo spesso accadere, si accontenteranno di una mediocre sufficienza.
Come va il tuo lavoro? Abbastanza bene…
Come va con la ragazza? Abbastanza bene.
Ad aggravare tutto questo ci si mette anche l’ambiente, di cui tutti noi ne facciamo parte.
Prendiamo questo gruppo di giovani ragazzi i cui genitori, la tecnologia e l’impazienza li hanno illusi che la vita fosse banalmente semplice e di conseguenza gliel’hanno resa inutilmente difficile!
Prendiamoli e mettiamoli in un ambiente di lavoro nel quale si dà più importanza ai numeri che alle persone, alle performance invece che alle relazioni interpersonali.
Ambienti aziendali che non aiutano questi ragazzi a sviluppare e migliorare la fiducia in se stessi e la capacità di cooperazione, che non li aiuta a superare le sfide.
Un ambiente che non li aiuta neanche a superare il bisogno di gratificazione immediata poiché, spesso, sono proprio i datori di lavoro a volere risultati immediati da chi ha appena iniziato.
Nessuno insegna loro la gioia per la soddisfazione che ottieni quando lavori duramente e non per un mese o due, ma per un lungo periodo di tempo per raggiungere il tuo obiettivo.
Questi ragazzi hanno avuto sfortuna ad avere genitori troppo accondiscendenti, la sfortuna di non capire che c’è il tempo della semina e poi quello del raccolto.
Ragazzi che sono cresciuti con l’aberrazione delle gratificazioni immediate, e quando vanno all’università e si laureano continuano a pensare che tutto gli sia loro dovuto solo perché si sono laureati a pieni voti.
Cosicché quando entrano nel mondo del lavoro dopo poco dobbiamo raccoglierne i cocci.
In tutta questa storia, sono convinto che tutti abbiamo una colpa, ma che soprattutto tutti noi possiamo fare qualcosa di più impegnandoci a capire come aiutare queste persone a costruire oggi la loro sicurezza e le loro abilità sociali, la cui mancanza rende la vita di questi giovani inutilmente infelice e inutilmente complicata.
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colonna-durruti · 1 year ago
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A Mario mancano tre anni alla pensione, da 35 è impiegato nella grande distribuzione, in un supermercato Pam di Corso Svizzera a Torino.
A un certo punto la vita comincia a precipitare: il mutuo di casa schizza alle stelle, sua moglie si ammala. Mario stringe i denti, dà fondo ai risparmi. Ma con questi lavori mica metti in banca milioni e i risparmi finiscono presto.
Un giorno perde la testa, sono parole sue, e ruba sei uova e una scamorza affumicata dagli scaffali del supermercato, gli stessi che aveva riempito e su cui aveva vigilato per tanti anni. Lo beccano subito perché lui non è un ladro di professione, è solo un uomo disperato e affamato. Appena viene sorpreso con la scamorza nel sacco, ammette tutto e chiede scusa: “Ho sbagliato, ma vivo una situazione privata ed economica al limite del sostenibile. Non è una giustificazione, solo una spiegazione”.
All’azienda le scuse e la mortificazione non bastano. Il licenziamento in tronco arriva per raccomandata: “Appare particolarmente grave che lei abbia deliberatamente prelevato dagli scaffali di vendita alcune referenze per un valore complessivo di 7,05 euro e sia poi uscito dal negozio senza provvedere al pagamento delle stesse. Le scuse da lei fornite non possono giustificare in alcun modo l’addebito contestato. Considerati violati gli obblighi generali di correttezza, diligenza e buona fede, ritenuto venuto meno l’elemento fiduciario, avendo abusato della sua posizione all’interno dell’organizzazione a proprio indebito vantaggio e a danno della società, le comunichiamo la risoluzione del rapporto di lavoro per giusta causa”.
I sindacati, giudicando la misura del licenziamento sproporzionata, hanno fatto ricorso.
Anche Jean Valjean, il protagonista dei Miserabili, ruba un mezzo pane e per tutta la vita viene inseguito da Javert, il poliziotto che diventerà il simbolo universale della giustizia ottusa e, appunto, sproporzionata.
Ma questi sono gli aggettivi della burocrazia e dei tribunali, abbiamo bisogno di altre parole per capire un sistema disumano, che si basa su uno schiavismo legalizzato che (anche) nella grande distribuzione trova terreno fertile.
Questo sistema feroce – in cui si sono polverizzate le reti sociali (in un alimentari a gestione familiare la vicenda di Mario sarebbe andata a finire nello stesso modo?) e milioni di individui sono esposti alle intemperie del mercato – è pensato a discapito della maggioranza e a vantaggio dei pochi che si spartiscono le ricchezze del mondo, con l’avallo dei governi.
Il nostro, nonostante una situazione di crescente, paurosa povertà, ha abolito il Reddito di cittadinanza anche grazie a un’indegna campagna di stampa portata avanti dai principali giornali italiani per conto di lorsignori.
In un bel libro appena uscito per Einaudi, Antologia degli sconfitti, Niccolò Zancan mette in fila le storie dei nuovi Valjean: nella discesa agli inferi dell’emarginazione gli apre la porta Egle, un’anziana signora che fruga nell’immondizia del mercato di Porta Palazzo, in cerca di verdura per fare il minestrone. Ma nella vita di prima c’erano state una casa, una famiglia, le vacanze a Loano sulla 500. Poi si è ritrovata a vivere con la pensione di reversibilità del marito e la dignità perduta in un cassonetto della spazzatura.
In questo atlante della disperazione c’è tutto il catalogo degli emarginati: un padre separato, un senzacasa che dorme in auto, un cassintegrato, prostitute, migranti, rider. E un ladro di mance che viene licenziato come Mario. L’aiuto cuoco gli dice: “Da te non me lo sarei mai aspettato”. E lui gli risponde, umiliato, “nemmeno io”.
Invece è tutto prevedibile e ha un nome semplice: si chiama povertà. Dei poveri però non frega niente a nessuno, incredibilmente nemmeno dei lavoratori poveri: sono solo numeri nelle statistiche dell’Istat.
Finché non rubano sei uova e una scamorza.
(Silvia Truzzi, FQ 29 febbraio 2024) da Tranchida.
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pier-carlo-universe · 8 days ago
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Lavoro, crisi industriali e sviluppo: il PD di Casale Monferrato rilancia il dialogo con sindacati e istituzioni
Venerdì 21 marzo, l’Auditorium Santa Chiara di Casale Monferrato ha ospitato un importante convegno organizzato dal Circolo PD locale, che ha visto la partecipazione di un pubblico numeroso e attento. L’evento ha rappresentato un momento di confronto di alto livello sulle sfide che il mondo del lavoro e l’industria stanno affrontando, sia a livello locale che nazionale. Presentati dal segretario…
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angelap3 · 5 months ago
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Julia Roberts ha recentemente parlato della sua età e del motivo per cui appare più invecchiata rispetto a molte artiste contemporanee che cercano di restare giovani.
"Invecchio con dignità, umorismo e serenità... Non ricorro a lifting o Botox, e so che, secondo gli standard di Hollywood, sto rischiando la mia carriera. Se non vogliono darmi un ruolo perché sembro vecchia, allora produco io il progetto e scelgo chi voglio. L’importante è non prendere questo lavoro troppo sul serio.
Conosco tante madri che lottano per arrivare a fine mese: quelli sono i problemi seri, quelle sono le donne che ammiro, belle e forti anche quando tutto è difficile. Onestamente, ho altre paure... Temo per i miei figli, per non poterli proteggere da chiunque possa voler approfittarsi di loro... Per me è più importante stare bene e far vivere bene la mia famiglia...
Sono benedetta e apprezzo tutto ciò che ho! Ringrazio ogni giorno mio marito e i miei figli. Per questa ragione, i momenti più importanti della giornata non sono quelli sul set, ma quelli della colazione insieme, dove parliamo di tutto... È un momento magico."
Quanto è bello essere con i piedi per terra e vivere appieno senza la frivolezza del marketing. Valiamo per ciò che siamo, non per come appariamo!
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shadyqueeneagle · 4 months ago
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In Italia, negli anni migliaia di madri, nonne, zie hanno cresciuto uomini totalmente disadattati incapaci di avere una relazione sana con se stessi, con gli altri, con le donne in particolare: a pagare le conseguenze di questa realtà fatta da una grande presenza di maschi tossici sono le donne più intelligenti, non di certo le donne "che si accontentano" di rimanere prive di dignità al lazzo di uomo che le mantiene e le opprime nel contempo.
L'Irresponsabilità di alcune è l'inferno di altre.
Io non devo fare appello a supposizioni riguardo alla profonda responsabilità materna della massiccia presenza di maschi tossici nella società italiana: è qualcosa che vivo e vedo ogni giorno nelle vite delle donne molestate; so per certo che c'è un solo tipo di madre che riesce a crescere uomini sani: quella che ha voluto quel figlio "per amore" e non per uso e costume, non perché "tutti fanno figli allora li faccio anche io"; non perché l'album di famiglia è più bello se c'è anche un figlio.
" Maschio tossico " significa anche "famiglia di origine disfunzionale": la relazione non è casuale, ma diretta; pertanto quando scrivo qui o in altri contesti online, io non mi rivolgo solo alle donne che hanno bisogno di trovare conforto, comprensione e motivi validi per uscire, subito!, e non domani!, dalle relazioni sbagliate che le fanno soffrire, ma anche e soprattutto alle donne che hanno cresciuto e stanno crescendo uomini tossici: alle DIRETTE Responsabili di questo macello sociale.
Nel nostro Paese esiste una larga presenza di madri tossiche che crescono i figli maschi non come figli ma come compagni, come ulteriori mariti, instillando fin da piccoli la "responsabilità irrinunciabile" di doverle accudire una volta diventate anziane: è in questa dinamica femminile deviante che si sviluppano i maschi tossici - uomini che "non hanno il cordone ombelicale tagliato", come si usa dire nel linguaggio comune, che pretendono una simbiosi con le compagne sulla stessa linea malata.
A qualsiasi amica o sconosciuta che mi parli del suo rapporto con un "lui" senza ancora aver conosciuto i suoi genitori, chiedo sempre la stessa cosa: "E' legato alla madre? Ti parla spesso di lei?"; quando è un "si" non ho dubbi e replico: "Taglia la corda! Non andare oltre!"; quello che sembra un uomo gentile (tattica preferita illusoria) non lo è affatto: è un uomo tossico che non è abituato causa madre tossica al fatto che una donna gli dica "no" e non va atteso mai che ce lo dimostri.
Noi non viviamo in un "Paese per donne" e i principi azzurri non esistono in Italia; qui c'è solo una realtà patriarcale che si trascina da secoli in un connubio anomalo fra Chiesa Cattolica (istituzione fortemente misogina e maschilista) e Stato Italiano patriarcale nelle norme stesse costituzionali, pertanto il maggior lavoro di tutela per se stessa, di prevenzione da abusi di ogni sorta, lo deve fare ogni donna mettendo i giusti paletti nella sua vita senza alcun indugio anche per le figlie.
Nel nostro Paese, ogni tragedia si trasforma in business, pertanto anche il problema femminicidi ha attirato gli interessi di chi vuole guadagnarci economicamente (famiglie comprese colpite da femminicidi): se siete donne in difficoltà o anche solo persone generose, non prendete in considerazione in alcun modo Onlus o associazioni di altro genere che chiedano donazioni o si rivolgano allo Stato/Regioni per ottenere fondi, perché stanno solo lucrando sui diritti delle donne e nulla di più.
La Regione Veneto che "sponsorizza" il business sul problema femminicidi in Italia messo in piedi dalla famiglia Cecchettin è la stessa Regione che ha permesso all'ex assessore all'Istruzione Elena Donazzan di molestare pubblicamente e indurre al suicidio pubblicamente un insegnante (Cloe Bianco) senza muovere un dito!; nemmeno gli esponenti del PD in Regione Veneto mossero un dito a riguardo.
State alla larga da questa TRUFFA.
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arreton · 20 days ago
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comprendo benissimo il tuo sfogo e lo condivido.
Dopo 6mesi senza lavoro e con l'affitto da pagare, ho iniziato a sperare che mi prendessero per un tirocinio in fabbrica a 500€ al mese per 40 ore settimanali...
Io sono arrabbiata, anon. Davvero. Sono stufa del "mondo del lavoro", degli operai, di questa incapacità di analisi, di questa narrazione fuorviante che appanna occhi e orecchie di chi subisce. Sono stufa dei prezzi del supermercato, delle bollette dove sono più le spese che il consumo effettivo, di dovermi fare i conti pure se svoglio fare una colazione al bar, di dovermi cercare un lavoro. Io non voglio lavorare. Non abbiamo bisogno di lavoro, abbiamo bisogno di soldi! Purtroppo, tra tutte le megagalattiche invenzioni fatte fino ad ora non siamo riusciti a trovare un modo per liberarci di questo cancro che è il lavoro, ma anzi la narrazione generale e peggio ancora culturale propina proprio l'esatto contrario!
E sono stufa anche di queste mie lamentele o le lamentele generali che leggo/sento dei lavoratori. Stiamo tutti a lamentarci ma alla fine ci mettiamo a quattro zampe pronti a farci inculare – scusami la volgarità – perché letteralmente non sappiamo fare altro. Io per prima eh, l'ultima mia esperienza è stata proprio la morte della mia dignità. Sono fuorvianti anche le lamentele e sai perché? Ad un certo punto non potendo cambiarle ci basta semplicemente il lamento e si inizia a pensare che sia normale. Sia normale un tirocinio a 500€ per 40h , sia normale lavorare 14h al giorno senza un giorno di riposo, lavorare senza contratti, morire per lavoro, non avere una vita per lavoro ecc ecc ecc. "Questo è", ti dicono, "tutti così fanno, loro ce l'hanno il coltello dalla parte del manico". Per non parlare di certe realtà di paese, nello specifico del paese merdoso siciliano dove sono nata. Qua è normale lavorare e basta. Si campa solo per quello, se non lo fai sei uno schifo, un mantenuto, un viziato, devi fare la qualunque cosa pur di lavorare, pure accettare stipendi di merda e condizioni altrettanto di merda che "sempre meglio di niente". Come li cambi a questi? Come la cambi la narrazione culturale se non esiste nemmeno una cultura? Tutto quello che c'è in giro è pensato per il grande pubblico, nessun discorso, intellettuale o politico, è davvero pensato per quella fetta di persone protagoniste di quel discorso.
Sono stufa di farmi mettere in bocca parole che non penso, in testa pensieri che non condivido, desideri che non sono i miei. Ed è tutto così intoccabile, non lascia una minima apertura, che alla fine non sai più con chi te la devi prendere.
Scusami, ho approfittato del tuo messaggio per dire un paio di cose che mi frullano in testa.
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fuoridalcloro · 25 days ago
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"Più che rabbia direi che giorno per giorno accumulo un serio problema di riconoscimento; e non solo per il lavoro che faccio ma per il tipo di vita che molti di noi, eterogenei nuovi adulti, siamo costretti a condurre. Nessuna rabbia. Solo la netta sensazione di essere stata confinata in un fortino di resistenza apparente, dove tra libertà e concessione non esiste una reale differenza e si può invecchiare senza essere mai cresciuti. La libertà che ci è lasciata è un bene di lusso precario, condizionato.
Come una trave che ti pesa sul braccio e non ti uccide ma tiene il veleno che produci fermo e circoscritto. Repressione, pressione, compressione, schiacciamento perpetrati in maniera continuativa lungo un confine di tollerabilità talmente ambiguo da generare una rabbia disordinata, esautorata, maltratta e umiliata. Senza la dignità di un oggetto, né un terreno d'azione riconosciuto. Una rabbia che avvelena chi la nutre e che trasforma i rivoluzionari in eterni adolescenti disinnescati e disadattati, sempre costretti a dire grazie. O, se sono fortunati, eternamente arrabbiati. Senza riscatto. Solo rivolta, rifiuto, rischio e consunzione."
Dal capitolo "\'krəsh\" di Bambi Kramer - La Rabbia
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miciagalattica · 1 month ago
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Storia di Carla
Sequel di
"Un sogno che sembrava troppo reale"
Capitolo 1 - Parte prima
La mattina seguente Mary si alzò dal letto, indossando solo una maglietta sottile, e uscii dalla camera. Io ero rimasta a letto, stanca delle acrobazie sessuali della notte. Ero felicissima, il segreto era stato svelato e Mary si era liberata di quel grosso peso che le gravava sulla coscienza. Dicky era fuori la porta, la stava aspettando e abbaiava insistentemente. Il cane sapeva cosa aspettarsi ed era pronto per montare la sua cagna. Mi alzai e intravidi dallo spiraglio lasciato aperto dalla porta, il cane molto eccitato, vidi la sua asta rosa già spuntare, era la sua risposta entusiasta. Dicky abbaiò di nuovo. «Va bene, va bene», disse Mary ridacchiando, anche lei era pronta, lo desiderava come una cagna in calore. La vidi inginocchiarsi e mettersi nella posizione pronta per la monta. Pensai che ormai il suo cervello era totalmente preso dal ruolo che si era ritagliata, era la sua cagna, aveva oscenamente perso la sua dignità. La vidi tremare quando senti il suo peso sulla schiena, mentre le strisciava sopra, la sentivo ansimare per l'eccitazione in attesa, era eccitata e sottomessa pronta a essere montata dal suo padrone, in preda alla sua eccitazione disse: “Dicky ti voglio in me adesso”. Quando già si aspettava la ricompensa, interruppi sul più bello quello che si stavano accingendo a fare, emisi un grido bestiale. Mary tremava come una foglia, Dicky si fermò, divenne una statua di sale, gli detti degli ordini in tedesco, sembravo un ufficiale delle SS. Mary non m aveva mai vista così prima d’ora, fu assalita da una profonda soggezione, si annullò ai miei occhi. Ordinai a Dicky di andare nella sua cuccia e a Mery di andarsi a fare una doccia ghiacciata per calmare i suoi bollenti spiriti. Per punizione, entrambi dovevamo saltare la colazione, ed essere pronti in trenta minuti, per la passeggiata nel parco. La lezione le era servita, ed ero sicura che l’avevo assoggetta a me, adesso ero ritornata la padrona del mio cane e avevo acquistata una nuova schiava canina. Arrivati a parco, lasciammo Dicky a scorazzare per i prati, mentre Mery ed io ci accodammo su una panchina. Aveva gli occhi abbassati ed era turbata per quello che era accaduto in cucina. Le presi la mano e gliela strinsi, volevo rincuorarla, ma prima dovevo dirle ciò che avevo in serbo dentro di me.
“ Cara cuginetta, ti devo dire innanzitutto che mi sono separata da mio marito. La luna di miele si è trasformata in una luna di fiele. Il motivo della separazione è stato che entrambi abbiamo scoperto i nostri lati oscuri. Tutti hanno segreti che cercano di custodire al meglio, ma alcune volte il caso ci mette lo zampino. Mio marito stava sotto la doccia, il suo telefono squillò, lui non lo sentì , allora risposi io. Era una donna all’altro capo del telefono, che appena mi sentì, riattaccò. Allora insospettita, iniziai a frugare nelle sue chat su tutti i social e scoprii la tresca. Andai su tutte le furie, appena uscito dalla doccia, lo aggredii senza preavviso sia verbalmente e sia fisicamente. Lui si difese e mi urlò contro dicendo che non potevo assurgere al ruolo di giudice, poiché non ero una santa ma una grandissima troia e una donna perversa, una cagna che si faceva fottere dai cani. Mi bloccai, non riuscivo a parlare, nessun muscolo rispondeva agli ordini del cervello. Aveva scoperto il mio segreto, aveva frugato nel mio computer, dove conservavo il mio diario elettronico, protetto da password. Il bastardo lo aveva hackerato, e chissà da quanto tempo conosceva il mio lato oscuro. Non dissi una parola, preparai la valigia e riuscii solo a dirgli che tra noi era finita. Poi sono venuta da te, e ho scoperto il tuo segreto e abbiamo fatto splendidamente l’amore. Stamattina mi sono arrabbiata perché ti sei comportata come una cagna in calore, il letto era ancora caldo di noi e tu eri daccapo pronta a farti montare. Tra poco devo tornare a lavoro e dovrò trovare una nuova sistemazione per me e per Dicky, una nuova casa possibilmente con giardino. Le dissi che avrei fatto tardi e che sarei stata fuori tutta la giornata”.
Mery appena ho finito di parlare, si è stretta a me e ha cominciato a piangere ed tremando come una foglia, si è inginocchiata e mi ha stretto le gambe, e ha iniziato ad implorarmi:
“Carla, ti prego non voglio che tu trovi un’altra sistemazione, casa mia è abbastanza grande da accoglier te e Dicky, non mi puoi fare questo, distruggeresti il mio paradiso. Farò tutto quello che vuoi, sarò la tua schiava, la tua donna, la tua amante, la tua puttana, ti accudirò in tutto. Sarò la tua serva, ma ti supplico resta con me, non portarmi via Dicky, io gli appartengo sono la sua cagna.”
Ero molto imbarazzata vederla ai miei piedi davanti a tanta gente, la presi per le braccia e la aiutai a sollevarsi, la strinsi a me e l’accarezzai, la acquetai, la rassicurai e le dissi che sarei rimasta a casa sua, ma non indefinitamente, poiché avevo diritto anch’io ad una mia privacy e comunque non avrei voluto che lei se innamorasse di me. Non volevo avere una relazione stabile, lei era si la mia amante ma non era mia moglie. Mi dovevo sentire libera di frequentare altre persone e non volevo scene di gelosie. Inoltre lei l’amante già lo aveva, era la cagna di Dicky, oltre ad essere la mia puttana. Accettò tutte le mie condizioni, senza nessuna remora. La sentivo totalmente i mio potere. Lei dissi che sarei tornata per le 20,00 e desideravo che mi preparasse la cena e inoltre poiché sapevo che si sarebbe data alla pazza gioia con Dicky, volevo trovarla con la figa piena della crema di Dicky. Quello sarebbe stato il mio dessert per il dopo cena.
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raccontidialiantis · 4 months ago
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Fammi sentire ancora amata da te
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Caro, sai che da qualche tempo ne devo mandare giù tante. Ogni giorno. Mi tiene in pugno: sa benissimo che questo lavoro ci serve per mangiare. Ma finirà, fidati. Forse. Magari no... Anzi decisamente no, come capirai fra un po'. Devo dirti tutto. So che dovrei probabilmente cercare comunque di respingerlo, di ritrovare un minimo della mia dignità di donna, di lavoratrice, di moglie e madre: sono quasi sicura che non mi licenzierebbe, se lo respingessi.
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M’ha assunta diversi anni fa e sai che all'epoca mi disse che lui per me sarebbe stato sempre come un secondo padre. Ed è anche stato il padrino di battesimo di Luca. Però sento intimamente che ormai devo assolutamente dirti tutto. Me lo impone la  mia coscienza. Non posso più fare finta di nulla; devo essere onesta con te e sputare finalmente il rospo. Un matrimonio è anche questo. Sai, non è proprio come ti ho sempre detto: non sono state solo battute e qualche palpatina... aspetta, non ti arrabbiare. Mantieni il controllo, per favore. Non è solo tutta colpa sua... si, si: adesso se ti calmi ti spiego, ok?
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Dunque, da quando tu hai perso il lavoro, senza por tempo in mezzo lui mi ha immediatamente aumentato lo stipendio ma ha preso ad accelerare, con me. Dapprima ha iniziato a mettermi timidamente una mano nella scollatura, quasi per caso, appoggiandosi un po' quando mi si avvicinava alla scrivania, per chiedermi qualcosa o per controllare. Io, impaurita e rossissima in viso, lo lasciavo fare. A ogni modo, non succedeva tutti i giorni. Lui era comunque sempre un po’ esitante, imbarazzato. Però capivo anche che, vedovo da cinque anni, aveva una voglia enorme di passera, magari della moglie di qualcuno, quindi di una donna seria e in fin dei conti pulita.
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Una mamma di famiglia, una donna matura: da amare molto discretamente e anche da aiutare concretamente, insomma. Non è certo tipo da andare a troie. Poi, dopo un paio di settimane di tensione erotica crescente ma palpabile tra noi, un giorno, con mio totale imbarazzo, a fine pomeriggio lavorativo tolse tutte le sue esitazioni di mezzo, prese confidenza e chiuse a chiave la porta dello studio. Mi guardò fissa e io capii. Sarei senz'altro potuta andare via: aveva lasciato la chiave nella toppa. Avrei voluto morire, quella prima volta. Da quel momento lo fece ogni giorno, a fine giornata e appuntamenti esauriti.
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Però un po’ devo dire che questa cosa mi incuriosiva, mi eccitava. Mi lusingava anche, il fatto che lui volesse proprio me. Per non scappare e per non sentirmi piena di vergogna, pensavo alle bollette, alla spesa da fare. Ai libri e ai vestiti dei figli. Ma erano scuse: chi volevo fregare... in fondo al mio cuore, che già batteva forte per lui, lo volevo anche io! Forse, parlando chiaro tra noi, sarà stata anche la noia del nostro ménage, sai... Egli dopo la chiusura della porta immediatamente si infilava sempre seduto sulla mia stessa sedia dietro di me. Ogni pomeriggio. Iniziò dapprima col mettermi semplicemente una mano nella camicetta.
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Su un seno, stimolandomi il capezzolo e l’altra in mezzo alle cosce, fino alle mutande. Mi frugava e mi stimolava. M'annusava baciandomi il collo, rapito dalla passione. Senza dire una parola. Poi sosteneva e massaggiava dolcemente e con delicatezza le mie tette con entrambe le mani. Da sotto la camicetta o la canotta mi accarezzava lascivamente i fianchi dei seni, eccitandomi da impazzire. Mugolavo e lui si ingrifava ancora di più. Mi sussurrava che col mio profumo lo stordivo, che mi desiderava da impazzire. Io ero apparentemente ancora una statua di gesso, fatto salvo il mugolare. Non partecipavo attivamente. Però dovevo sbottonare la camicetta e allargare le gambe per lasciarlo fare.
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Inizialmente, mi palpava la fica da sopra gli slip, ancora non aveva il coraggio di scostarli. Sebbene fossi evidentemente bagnata e lui lo sentiva. Dargli il contatto con il mio intimo lo feci io dopo un po’: guidando la sua mano, gli consentii di infilarmi le dita dentro il solco tra le natiche e poi nell'ano. Tanto valeva farlo fare ormai, no? Nella fregna subito a seguire. Mi masturbava per alcuni secondi e poi si ritraeva, un po' si vergognava di quello che stava facendo a una mamma di famiglia. Iniziai quindi un po’ a rilassarmi, a fargli capire che gradivo. Mi eccitava, quella sensazione di potere su un uomo tanto influente, stimato e rispettato.
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Toglieva le dita dalla mia fica di donna sposata, le annusava rapito e quindi se le leccava, gemendo a occhi chiusi. Poi mi ringraziava e mi lasciava tornare a casa. Io segretamente speravo ogni giorno che osasse di più. Lo desideravo da impazzire. Dopo qualche giorno dal contatto delle sue dita con il mio ano e la fica, egli si decise: mi ordinò perentoriamente di togliermi la camicetta e di mettermi a cavalcioni sulle sue gambe, in grembo a lui. A torso completamente nudo e seni liberi. Ero imbarazzatissima. Ma nonostante tutto eseguii docilmente, come ipnotizzata dalla sua voce. E... si, confesso: anche totalmente eccitata dall’oscenità e da quel senso di sporco, di proibito di quella situazione.
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Ero ormai una donna dal comportamento disdicevole, una vera peccatrice: mi piaceva tutto quello che facevamo e quindi ti stavo tradendo, era ormai chiaro e conclamato. Quanto mi sentivo in colpa, quelle prime volte. Mi slacciava il reggiseno, mi faceva restare a torso nudo e giocava con le mie mammelle. Le leccava dappertutto, se le sbatteva in faccia più volte, si torturava dolcemente e succhiava dai miei capezzoli. Gli piaceva affondare il viso nel mio petto e restarci. Mi ciucciava le tette a lungo e tirava fortissimo. Quasi me le strappava, succhiandole come un ossesso, mettendosele tutte in bocca: con me diventava un bambino viziato e desideroso del seno della madre. Lo accarezzavo, mentre me lo faceva. Devo dirti che è in quel frangente che, sentendomi da tempo un po’ trascurata da te ma nuovamente una femmina molto desiderata e succhiata, leccata a lungo da un maschio, dopo un po’ di volte che lo lasciavo fare, ho iniziato a godere della sua bocca.
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Non vedevo l'ora che arrivassero le sei. E iniziai a provare compiacimento, del mio essere diventata una troia. Quindi, dopo il mio rilassamento, fu naturale che quasi subito, sotto i sapienti maneggiamenti e le leccate di seno, ebbi con l’Avvocato il mio primo orgasmo spontaneo. Iniziai a gemere ad alta voce e a dirgli: "oh, caro, caro... fammi godere, fammi quello che vuoi... sono la tua puttana..." Si, ti giuro sui nostri figli che non volevo, non ho iniziato io questo gioco perverso. Ma venire, avere il primo orgasmo con lui, è stato più forte di me. Non riuscivo a soffocare i miei mugolii. A frenare le mie parole. Gli ho detto il mio primo “siii” con tutto il cuore e con la fica. Non ho potuto evitarlo: ho goduto. Molto e veramente.
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Lui ha realizzato subito quello che stava accadendo ed è letteralmente impazzito. Non ha potuto resistere e dal giorno dopo quel mio primo orgasmo spontaneo senza penetrazione ha voluto tutto, da me. In quel primo frangente, magico per entrambi, egli infatti non ha voluto approfittare, forse spiazzato da ciò che gli si stava aprendo davanti. Una voragine di perversione e tradimento, di tutti i suoi e miei valori. Un ultimo, labile scrupolo di coscienza: dopotutto lui ti conosce bene e ti stima tantissimo.
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Ma il cazzo non sente ragioni. Era un percorso di vera e segreta, fortissima passione per entrambi. Stava rubando la donna a un altro uomo: la faceva godere al posto suo. Così sappi quindi che è da un anno ormai che ogni giorno me lo spompino, glielo prendo in bocca, lo lavoro per bene e lo faccio sborrare. Tantissimo. Ingoio integralmente tutto quello che produce. Gli succhio tutto ciò che ha dentro i coglioni. E più ne ha, più ne ingoio. Glieli strizzo, mentre viene, per fargli un po’ male quando sta sborrando e fargli così capire che lo tengo per le palle.
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Dopo circa due mesi, progressivamente e in modo molto discreto quindi, ho iniziato a dargli ordini anche io!!! Eccheccazzo!!! Poi, da lui mi faccio sfondare il culo, anche se a te l'ho dato raramente, lo sai, perché mi fa male. Lui ha il cazzo più grosso del tuo, ma anche se mi fa tanto male, lo voglio, lo desidero. Voglio soffrire per ciò che ti faccio. Devo dire però che quando lui mi sborra dentro le viscere, sento che sono intimamente sua e vengo anche io. Squirto... allago ovunque e poi mi tocca pure pulire!
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Mi piace da morire, prenderlo in culo da lui. Allargo le natiche con le mani, per farlo entrare tutto. Come e quando succede: quando gli ultimi clienti del suo studio di affermato penalista sono andati via, io mi spoglio e mi metto sul tappeto. Nuda, a cosce spalancate e voglio che mi lecchi la fica fino alla mia soddisfazione completa. Lui ama inghiottire il mio miele di donna. Malgrado l’età è ancora molto potente e duro. Ah, a proposito: questo ti farà andare fuori dai gangheri non poco! Ho iniziato già dopo un paio di mesi a consentirgli di sborrarmi sul viso.
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Aspetta... dai non ti incazzare... siamo pragmatici... si, si: va bene! La cosa del culo... Hai ragione: a te il mio culo non l’ho quasi mai concesso... ma questa situazione ci porta bei soldi, caro mio... e quindi fino a quando non troverai un lavoro stabile e redditizio, devo mantenere il suo interesse per me ben vivo e alto. Perché ti sto facendo questa confessione molto dettagliata... perché te lo devo. E perché ormai di lui e del suo cazzo grosso e insaziabile sappi che sono diventata schiava e mezzo innamorata. Mi piace tanto, prenderlo in culo e in bocca da lui. In fica poi non ne parliamo! Non so più farne a meno.
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Non vedi che durante il fine settimana sono sempre nervosa? Non vedo l'ora di rivederlo. Poi, appunto, non è solo colpa mia: perché tu mi devi scopare di più. Devo sentire che mi vuoi come un tempo. Perché a quarant'anni passati da tempo, quasi cinquanta, sento che ho bisogno di più cazzo, nella mia vita: voglio scopare. E ormai voglio farlo con i miei due uomini. Sappi che forse cercherò anche qualche altra avventura extra con uno più giovane, in giro. E tu dovrai lasciarmelo fare. Ne ho bisogno. E comunque dei bei soldi extra che ogni mese il mio datore di lavoro e di cazzo ci allunga, noi non possiamo più fare a meno.
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Ecco, ora sai tutto: questa è la materia di cui sono fatte le mie ore di lavoro extra fino alle otto di sera. Non c’è assolutamente nessun impegno per la redazione di cartelle, lettere di diffida, di convocazione, ingiunzioni, ricorsi. Tutte balle che t'ho raccontato. Ma non voglio più mentire. Glielo prendo in corpo in tutti i modi. Rassegnati, se veramente mi ami e non vuoi perdermi. Amo te, certo: ma scopo con lui. E con gran gusto. Mi sono scoperta puttana e felice. Adesso andiamo a letto. Puoi sfondarmi il culo, strizzandomi le tette e chiamandomi a buon diritto troia. Aspetta... almeno arriviamo sul materasso... daiiii... leva quella cazzo di mano dalle mutande e dal mio ano... stupido... si, lo so: profumo di sesso e di paradiso... me lo dici sempre, quando sei arrapato.
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RDA
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