Tumgik
#il villaggio della paura
atomic-chronoscaph · 1 year
Photo
Tumblr media
Sukia: The Village of Fear - art by Emanuele Taglietti (1981)
273 notes · View notes
yomersapiens · 2 years
Text
Il muro del piantala.
Uno poi si dimentica che esistono i colori, nelle giornate sempre uguali, dominate dal grigio. I miei occhi non aiutano ma li imbottisco di farmaci così da farli stare calmi. Ho visto il sole ed è stato come incontrare un vecchio amico che se ne era andato via in erasmus. Tornare in Italia è questo. Le feste comandate e ignorare il telefono e le persone che vogliono festeggiare insieme a te. Ho fatto piangere mia madre per quello che sono diventato: un muro. Ma io non riesco a cambiare oramai. Dieci anni di solitudine e non mi viene da raccontare come sto, lo tengo per me, lo scrivo nel diario e poi lo dimentico. L'ho gettato fuori, non mi appartiene più. Tutto quello che scrivo è un rito di espulsione. È difficile starmi vicino, l'unica cosa che sembra non aver paura di me è la mia malattia cronica ecco, lei proprio non si annoia mai e anzi cerca sempre di saltarmi addosso in ogni momento, che birbante!
Ho parlato con mio nonno. Era intento a raccontarmi l'ennesima storia che conosco a memoria e io a fingermi sorpreso nelle pause dove era necessario dargli maggiore attenzione. Ha detto che in 3 anni ne farà 90. Gli ho detto che è un bel traguardo, complimenti. Poi ha aggiunto che già che sarà lì, se Dio vuole, magari si impegna per altri 10 così arriva a 100. Che 100 è un bel numero per andarsene. Ha indicato il ritratto di suo nonno e ha detto, lui se ne andò a 103, io mi accontento di 100. Io manco so se ho voglia di arrivare alla prossima estate ma ammiro la sua perseveranza. Mi ha fatto promettere di esserci al suo funerale. Gli ho detto che non solo ci sarò ma che suonerò anche qualche canzone deve solo dirmi quale e ora stiamo facendo una lista di canzoni che dovrò imparare, ho solo 13 anni accidenti meglio iniziare subito.
C'è una storia che ho iniziato a scrivere 12 anni fa, ricordo il luogo. Ero seduto alla scrivania del museo dove lavoravo. Pensavo fosse finita e invece l'ho riaperta e i personaggi mi hanno detto che volevano capire qualcosa di più della loro esistenza così mi sono messo a dialogare con loro e a seguirli, per vedere come mai erano stati creati. Scrivere, creare, è quello che più fa sentire noi umani vicini a Dio. Credo, non lo so, anche perché pure Dio è stato creato per una storia quindi è come quando dici è nato prima l'uovo o la gallina? Fatto sta che ora io vivo in quel villaggio, ho in testa le voci di tutti i suoi abitanti e non riesco a smettere di stare la dentro. Ho paura sia il sintomo definitivo. Quello che conferma che ho perso la testa e non ho più nessun legame con la realtà. Forse è per questo che faccio difficoltà ad accettare i sentimenti degli esseri umani che mi circondano.
Sto andando in giro a leggere le mie storie. C'è un amico, un musicista jazz che mi accompagna. Le luci sono spente, solo quelle necessarie ai miei occhi per essere in grado di capire la traccia del racconto. Ho fatto piangere una sala intera e non mi sento in colpa. Bravo Matteo non solo fai piangere tua madre eh no, anche una sala. Però che ci posso fare, mi sono rotto delle mezze misure. Se esco dalla tana io entro a gamba tesa ovunque adesso, perché lo sforzo già l'ho fatto che diamine. Vorrei portare questo spettacolo in giro l'anno prossimo quindi se state leggendo questa frase ora e vivete in una città e conoscete un posto dove posso portare le mie favole della buia notte beh, scrivetemi in privato.
Ho contato le volte in cui mi sono innamorato quest'anno. Quando diavolo la smetterò? Spero presto perché è fastidioso. Odio internet. Odio essere consapevole del fatto che ovunque c'è qualcuno di cui mi vorrei innamorare. Alle elementari avevo 4 compagne di classe che ritenevo bellissime. Alle superiori un'intera scuola dominata da esseri femminili che dovevo conquistare. Poi arrivò l'internet e scoprii che anche in provincia di Milano c'era qualcuno che dovevo conoscere e all'epoca c'era il 56k quindi mica era facile scambiarsi foto. Poi arrivò la Sardegna, la provincia di Firenze, l'Australia. Ma ora, ora non vedo più persone, mi sembra tutto diventato merce. Vedo i volti di ragazze e ragazzi bellissimi e ne studio i tratti e riconosco i lineamenti e sì, è chiaro, sono studiati in laboratorio apposta per piacermi. Penso alle generazioni attuali che si dividono tra domanda e offerta. La domanda sono quelli come me, che restano affamati o curiosi e poi c'è l'offerta, che sono questi essere stupendi resi raggianti dai filtri con lentiggini e i corpi sinuosi nelle angolature studiate su misura per essere tutti uguali, dei meme di se stessi, infinite riproduzioni di umani con cui non voglio interagire. Tutto è diventato una vetrina. Dietro c'è una di quelle macchinette che distribuiscono bevande. Le lattine siete voi esseri bellissimi. Digita il codice. Inserisci le monete. La lattina cadrà in pochi secondi. Ma è un sorso solo e non sa di niente. La dottoressa mi ha vietato di bere bevande gassate quindi lascio perdere più che volentieri.
Mi spiace aver perso un paio di persone quest'anno. Una è il mio migliore amico, non so cosa è andato storto. Quasi non ricordo. Ah sì, ha deciso che era più interessante scoparsi la mia ex e a me non interessava stare lì a suggerirgli cosa fare per migliorare le prestazioni. Che cosa orribile che ho appena scritto. Me ne pento. Non la cancello perché un'altra cosa che vorrei provare ad essere l'anno prossimo è: un pelo più cattivo. Mi spiace anche aver perso la mia ex, che era un bel ricordo alla fine. Mi spiace aver perso una persona che mi stava piacendo più del necessario e non se lo meritava, era troppo vicina ai filtri e agli standard che la società impone. Spero sia felice. Spero sia così felice da rendersi conto di aver fatto bene a mandarmi via fino al momento in cui come un fulmine tornerà il ricordo di me e deciderà di scrivermi in amicizia, per sapere come sto. Allora io sarò finalmente cattivo e con tutta la rabbia che ho in corpo aspetterò ben 4 minuti prima di risponderle e di chiederle di rivederci. Solo perché aveva le lentiggini. Che odio. Solo perché le lentiggini mi ricordano ancora un'altra persona e ancora prima di quella persona era qualcosa che avevo letto in un libro o avevo immaginato e che ora i computer e gli algoritmi hanno imparato e mi propinano in mille influencer al giorno da ogni parte del mondo tutte con lo stesso pattern di lentiggini. E io sono un uomo oramai prossimo alla quarantina che guarda queste proposte come un ubriaco davanti a un distributore automatico. Annoiato. Senza spiccioli.
Ho un programma per i prossimi Natali. Insegnare a mio nipote la poesia di Pacciani e fargliela recitare durante il pranzo davanti alla famiglia. Senza avvisare mia madre. Aspettare che finisca la sua esibizione, vedere le lacrime di commozione negli occhi di chi ha ascoltato e poi rivelare l'autore. Mio nipote è così carino che pure le parole del mostro di Firenze diventano adorabili. Poi magari cambio e ci metto frasi di altri serial killer o psicopatici o politici.
Ho preso una pausa dallo scrivere annotazioni di vita perché tutto stava diventando simile a una puntata lunghissima del podcast e io odio ripetermi anche se sono anni che in pratica gli argomenti sono sempre gli stessi. Amo essere la dimostrazione che il tempo passa e qualcuno può decidere di non imparare niente. Nemmeno da i suoi errori.
Sto bene. Non mi manca niente. Forse vorrei solo conoscere te, ma solo per capire che è giusto fermarsi alla superficie e non rischiare di andare in profondità. Metti che poi uno davvero poi trova un luogo che non riesce a smettere di esplorare? Io voglio restare quassù a guardare le foto dove sei venuta bene. A galleggiare. A mettere i cuoricini ogni tanto giusto per ricordarti che esisto. Che poi lo so solo io di esistere, tu mica te ne accorgi. Ma nel mio piccolo sento di essere speciale. Mentre tu aspetti solo che io inserisca le monetine e la spirale si azioni e ti faccia fare il salto nel vuoto. Lo ripeto spesso quando guardo video di modelle incredibili da chissà dove. Sei fortunata cara mia, a non avermi incontrato. Altrimenti adesso saresti persa di me e mi vorresti e non riusciresti a fare questi sorrisi davanti alla fotocamera. Eh no. Mica verresti così bene. Nessuno si abbonerebbe al tuo canale. Vedi che lo faccio per te, a non farmi avanti? Io mica voglio avere il tuo futuro economico sulla coscienza.
Tutti piangono quando dico la verità. Avevo più amici quando raccontavo palle. Avevo più amori quando dicevo fandonie. Ora ho solo questa finta pace momentanea, il mio gatto, la mia malattia cronica che non vede l'ora di risvegliarsi e chilometri di pensieri verso umani generati da computer.
60 notes · View notes
ma-come-mai · 2 months
Text
Tante riflessioni e pensieri, con la convinzione che l’amore mai si può dividere ma solo moltiplicare e che spesso e volentieri ce ne dimentichiamo. Questo è alla base dell’essere umano.
Non siamo avari di sentimenti e quando ne abbiamo, dimostriamolo!
Da leggere:
LA FAVOLA DEI CALDI E MORBIDI
Di Claude Steiner
C'era una volta, nel paese della fantasia, il villaggio di Raggio di Sole e di Luna Splendente. Nel villaggio tutti vivevano felici e contenti perché ogni abitante, grande o piccino, aveva con sé un sacchetto di caldi e morbidi, e quando s'incontravano se li scambiavano.I caldi e morbidi erano cosine piccole come il pugno chiuso di un neonato, di colore verde e avevano una proprietà: quando venivano regalati all'altro, egli si sentiva tutto caldo e morbido. Le persone erano soddisfatte della vita che conducevano e godevano di ottima salute. Tutti tranne la strega che viveva in cima alla montagna e si lamentava che nessuno andava da lei per comprare delle pozioni magiche.
Un giorno si travestì da persona per bene e scese al villaggio. Nel bosco incontrò Raggio di Sole che spaccava la legna, si scambiarono un saluto, e chiese informazioni circa lo stile di vita del villaggio. Tutti stavano bene grazie ai caldi e morbidi e allora la strega fece un'osservazione: "Ma non avete mai pensato che possono finire?". Detto questo, se ne andò e Raggio di Sole rimase in silenzio, perplesso perché questo dubbio non gli era mai venuto in mente. Riprese il suo lavoro e poi s'incamminò per tornare a casa.
Vide da lontano i suoi figli: giocavano in giardino con i figli del vicino e si scambiavano i caldi e morbidi. E gli tornarono in mente le parole della strega. Dopo cena, quando i piccoli già dormivano, Raggio di Sole e Luna Splendente si ritirarono nella loro stanza e iniziarono a scambiarsi i loro caldi e morbidi. Ricordandosi nuovamente delle parole della signora incontrata nel bosco, Raggio di Sole ne parlò a Luna Splendente e insieme concertarono di parlare ai bambini l'indomani.Immaginatevi lo stupore dei bambini quando si sentirono dire: "Bambini, da questo momento in poi, fate attenzione ai caldi e morbidi, perché possono finire!". Ma si sa, come tutti i bambini , continuarono a farlo di nascosto dei grandi.
La voce si sparse nel villaggio, di porta in porta, e tutti, tranne i più piccini, cominciarono a essere avari di caldi e morbidi, fino al giorno in cui, per la prima volta, un abitante cominciò a sentirsi male, poi un altro ancora e ancora un altro; anche i bambini iniziarono ad ammalarsi e un uomo morì. La gente del villaggio, seriamente preoccupata, si rivolse alla strega per le sue pozioni magiche e lei che li aspettava da tempo, diede i loro freddi e ruvidi. Come del tutto simili ai caldi e morbidi, erano differenti per il colore, arancione, e quando venivano dati a una persona la facevano sentire tutta fredda e ruvida, ma non moriva.
La gente del villaggio imparò così a strutturare il proprio tempo scambiandosi pochi caldi e morbidi sempre con la paura di vederli finire e tanti freddi e ruvidi per non morire. Le notizie si sparsero per la vallata e così un bel giorno arrivò al villaggio un mercante: vendeva caldi e morbidi di plastica, del tutto simili a quelli autentici, per forma e colore, solo che quando venivano dati ad una persona, non la facevano sentire né bene né male. I saggi del villaggio si riunirono e stabilirono leggi con le quali indicavano le regole per lo scambio dei freddi e ruvidi e dei caldi e morbidi, di plastica e autentici.
Un giorno, una bellissima signora scese dal vento e si rivolse ai bambini: "Siete pallidi e malaticci. Cosa vi succede?”. I piccoli le raccontarono tutto l'accaduto e allora la fata, perché era proprio una fata, prima di andarsene li rassicurò: "Bambini, la verità è che i caldi e morbidi, quelli autentici, non finiscono mai. Più ne dai gratuitamente, più il sacchetto che hai con te ne è pieno."
Non si sa esattamente come andarono a finire le cose al villaggio di Raggio di Sole e di Luna Splendente. Se vinsero i grandi con le loro paure e le loro leggi, o i bambini che naturalmente sapevano la verità.
2 notes · View notes
scienza-magia · 3 months
Text
Le precondizioni delle cacce alle streghe
Tumblr media
Dobbiamo mettere in evidenza che perché potesse verificarsi una caccia alle streghe erano necessarie alcune condizioni. Tali condizioni riguardano le credenze nelle streghe da parte della popolazione locale le leggi e le istituzioni giudiziarie di una determinata area e lo stato d’animo prevalente in quella comunità. Per quanto riguarda la credenza nelle streghe era necessario che sia l’élite dominante che la gente comune avessero qualche conoscenza delle varie attività che si pensava praticate dalle streghe. Ciò significa che la gente credeva in generale nell’esistenza della magia nera e che magistrati e clero avevano per lo meno una vaga familiarità con la teoria demonologica che gli intellettuali avevano elaborato sin dal tardo medioevo per spiegare la magia. Se la gente comune non avesse creduto nella realtà dei malefici e nell’esistenza delle streghe non sarebbe stata disposta a testimoniare che la stregoneria era la causa delle proprie sventure. Una simile riluttanza avrebbe neutralizzato gli sforzi anche del più tenace inquisitore e avrebbe potuto condurre all’opposizione popolare ai processi. Pertanto prima di poter iniziare una caccia alle streghe era essenziale l’esistenza di una popolazione che credeva nelle streghe. Tale credenza veniva facilmente rinforzata dai predicatori quando questi si convincevano che le streghe di una certa comunità si stessero per scatenare. Assai più importanti delle credenze popolari erano quelle dell’élite dominante dal momento che la loro credenza nella stregoneria era essenziale per portare avanti una caccia alle streghe.
Tumblr media
Come appare chiaro dagli avvenimenti della fine del 600 quando lo scetticismo aveva cominciato a insinuarsi negli strati più alti della società le credenze popolari non erano in grado di scatenare una caccia alle streghe. Perché una caccia alle streghe potesse verificarsi era necessario che i magistrati credessero all’esistenza della stregoneria e ne avessero paura. Era anche necessario che essi avessero una certa conoscenza della teoria demonologica sulla stregoneria secondo la quale l’essenza del crimine consisteva nel patto col diavolo. Un secondo complesso di precondizioni della caccia alle streghe riguardava l’apparato legale e giudiziario esistente nella zona in cui la caccia avveniva. Perché essa potesse iniziare era necessario che i tribunali esistenti nella zona possedessero una precisa competenza in ordine al clima di stregoneria e al tempo stesso degli strumenti necessari per perseguire efficacemente le streghe. Oltre a una precisa giurisdizione in materia di stregoneria perché i tribunali potessero agire efficacemente nei confronti delle streghe era necessario che fossero introdotte nuove procedure. Quanto meno si dovette abbandonare il principio secondo il quale l’accusatore era passibile di incriminazione per aver promosso un’accusa infondata qualora l’imputato dimostrasse la propria innocenza. Perché si potesse sviluppare una vasta caccia alle streghe era anche necessario che le autorità giudiziarie avessero il potere di promuovere l’accusa di interrogare un individuo di loro iniziativa e di ricorrere alla tortura per ottenerne la confessione. L’ultima precondizione della caccia alle streghe era l’esistenza di un’atmosfera che aumentasse la paura della stregoneria e spingesse la gente a combatterla. Una notevole ansia forniva il contorno emotivo dell’intero fenomeno della caccia alle streghe. Nelle città e nei villaggi in cui si verificarono caccia alle streghe l’ansia divenne immediatamente evidente sia all’interno del piccolo gruppo degli abitanti di un villaggio sia tra i magistrati. L’ansia condivisa da queste persone poteva essere causata da discussioni sulla stregoneria ma anche da vicende economiche politiche o religiose. Probabilmente ciò che determinava più comunemente un’atmosfera favorevole alla caccia alle streghe era la discussione pubblica sulla stregoneria. In molti casi i sermoni di un predicatore cacciatore di streghe preparavano gli animi dei parrocchiani a cercare le streghe tra i loro comuni conoscenti. Il ruolo del clero riformato sia protestante che cattolico nel diffondere dal pulpito l’ossessione per le streghe è stato riconosciuto da tempo. I predicatori non erano i soli individui responsabili di creare l’ossessione nei riguardi delle streghe. Notizie di caccia alle streghe e di esecuzioni in altre parti del paese potevano facilmente scatenare paure nel popolo e nella classe dominante e creare uno stato d’animo che avrebbe contribuito alla caccia alle streghe in un altro villaggio o città. Fu così che molte cacce si diffusero da un villaggio all’altro anche quando le streghe confesse non avevano coinvolto alcun complice al di fuori delle loro comunità o quando i cacciatori di streghe avevano limitato le loro persecuzioni a un sol paese. A volte anche la circolazione di trattati che esaminavano casi di stregoneria aumentava la paura nei riguardi delle streghe. In modo meno diretto ed esplicito le crisi economiche religiose e politiche provocavano spesso uno stato d’animo dal quale poteva facilmente originare una caccia alle streghe. In un certo numero di casi la frequenza dei cattivi raccolti e delle conseguenti carestie sembra aver fornito le basi psicologiche per una caccia alle streghe. Le crisi religiose ebbero una influenza praticamente incalcolabile nel generare quel tipo di ansia sociale che causò accuse di stregoneria. Il ruolo svolto dalle crisi politiche nel preparare il terreno per la caccia alle streghe è più sottile di quello delle carestie delle malattie dei cambiamenti religiosi. Di solito le crisi politiche ebbero un maggior impatto sull’élite dominante che non sul resto della popolazione e perciò probabilmente causavano ansia solo all’interno degli strati superiori della società. Tuttavia l’esperienza del disordine politico poteva creare ansia tra i magistrati e così indurli a promuovere una caccia alle streghe specialmente come conseguenza immediata della crisi. L’ultimo fattore che svolse un ruolo significativo del preparare psicologicamente la popolazione alla caccia alle streghe fu la guerra che ebbe una capacità quasi illimitata di causare ansia nella società. Trattando delle basi psicologiche della caccia alle streghe è importante osservare che nella maggior parte dei casi non fu un solo fattore a produrre lo stato d’animo che rese il popolo ansioso di dare la caccia alle streghe . Di solito ciò era dovuto alla combinazione di fattori come la guerra, la peste e la carestia. Lo stato d’animo della comunità fu semplicemente una delle condizioni della stregoneria e quelle condizioni resero solo possibile ma non inevitabile la caccia alle streghe. Ad ogni modo la caccia alle streghe delle comunità che erano intellettualmente, giuridicamente e psicologicamente preparate ad affrontarle non iniziava spontaneamente ma occorrevano degli agenti scatenanti. Prof. Giovanni Pellegrino Read the full article
2 notes · View notes
generalevannacci · 11 months
Text
Martino Mazzonis
Il fosforo, l'ordine di avacuazione che qualsiasi organizzazione si sia occupata di queste cose (e poi molte ONG) dicono essere irrealizzabile e pericoloso per malati e donne incinta, un morto ammazzato a freddo da un colono in un villaggio vicino a Hebron, 11 morti nella West Bank.
Stiamo assistendo a una vendetta e credo che le ragioni di tale vendetta siano due, una contingente, l'altra purtroppo no.
Netanyahu e l'apparato di intelligence e militare devono far dimenticare la toppa clamorosa che hanno preso e le scelte politiche che hanno contribuito a determinare questo fallimento. Un articolo Axios di Barak Ravid indica inoltre che anche la sera prima della strage perpetrata da Hamas avessero avuto indicazioni che stava succedendo qualcosa ma hanno deciso di non mettere in massima allerta le truppe al confine con Gaza.
A Hebron un colono ha ucciso una persona a freddo, un soldato presente guardava. Di casi così ce ne sono stati a centinaia negli anni. Molti anni fa ci fu uno scandalo enorme anche in Israele per il video di militari che spezzavano le braccia a un ragazzo. Oggi di filmati di brutalità e violenze siamo pieni, ma non ci toccano. O meglio alcuni si indignano perché "maledetti israeliani" (alcuni topi dicono "ebrei"), mentre altri si indignano al lancio dei razzi su Sderot perché "maledetti palestinesi, tutti terroristi". Altri ancora in questi giorni si indignano perché a Gaza non hanno fatto i girotondi anti Hamas. A ogni musulmano si fa l'esame "condanni le violenze?". Non lo abbiamo fatto alla società israeliana in questi ultimi due anni di angherie verso i palestinesi (che non sono la causa dell'attacco di Hamas). Non lo abbiamo fatto perché israele è democratica è quindi c'è anche chi è contrario. Bene, ma se a Gaza non c'è democrazia, l'informazione è filtrata, i giovani non hanno conosciuto altre istituzioni se non quelle di Hamas, perché dovrebbero avere un'idea diversa delle cose da quella che hanno? O se ce l'hanno perché non dovrebbero avere paura ad esprimerla? Chi fa questi ragionamenti qui da noi è ridicolo, fa politica, è incapace di capire, leggere, interpretare la realtà. Ma senza capire, non sappiamo nemmeno immaginare come risolvere (no, le bombe al fosforo e le incursioni a colpi di mitra nei kibbutz non risolvono nulla, nemmeno se il nostro è lo sguardo del tifoso più accanito).
Non capiamo e non vediamo quanto odio, disprezzo, indifferenza per la sofferenza altrui si siano sedimentate in quella fettina di terra del pianeta (fino alla scorsa settimana era un bel pezzo della società israeliana a essere indifferente, ora anche un bel pezzo della società palestinese). Se lasciamo che le cose vadano per il loro corso, oppure se manifestiamo gridando "Hamas assassini" o "Palestina Libera" non favoriamo una via d'uscita da questo disastro. L'ho scritto tante volte su questa inutile bacheca: chi non è sotto le bombe, chi non si sente coinvolto perché ha amici e parenti di qua o di la dovrebbe lavorare alle intese, non gridare "viuleeeenza" come un ultrà del Milan in un film comico anni 80. Non fa ridere, è stupido e deleterio.
9 notes · View notes
boizdocry · 11 months
Text
Nnoitra scribbles - Afterlife AU
Basically, Nnoitra ejected into real world, kinda Sengoku period.
Will scribble down both by commenting this post and reposting with the addition of new snippets here and there - some SFW, some other not.
Unfortunately, I'll release the most part in Italian, since I don't feel confident enough to write them directely in English.
Hope that IA Bing and Google Translate might help, I know there is lot of Nnoitra fans out there.
Also, YT good stuff to hear while you read - namely, Secret Stairways' "What Lies Beyond the Door". Even if you want to jump over my scraps of fanfic, give the song a try, you'll thank me later.
Tumblr media
youtube
Lei, Mori, non aveva paura: non perché fosse coraggiosa in modo particolare e più di altre giovani donne della sua età ma, più semplicemente, perché viveva con tanto poco ed in tale isolamento, che tutto quel che la preoccupava erano il freddo, le intemperie e le bestie selvagge. Gli uomini la impensierivano assai meno: li vedeva di rado e, per lo più, quando si recava al mercato del più vicino villaggio per vendere oggetti intrecciati: ceste, sporte, stuoie, gioiellini fatti con corteccia e sassolini pescati dai torrenti che traversavano la foresta, oppure con le canne ed i vinchi che coglieva in riva al fiume.
La ragazza si era incamminata presto, quella mattina, chiudendo la porta della casupola con una sorta di lucchetto di corda e canniccio intrecciati.
Non si trattava di una serratura efficace: chiunque avrebbe potuto entrare facilmente, tagliando il laccio e sfondando il sottile pannello di legno che costituiva l'uscio della sua umile abitazione. Tuttavia, la ragazza - Mori, non aveva altro nome - non temeva intrusi: era l'unico essere umano che vivesse in quella foresta ed i suoi simili badavano a tenersene alla larga per non incorrere nello sdegno degli spiriti.
Dopo aver fatto un buon tratto di strada, quando si trovava ormai in una radura dove era solita sostare un poco prima di riprendere il cammino verso il torrente, dovette trattenere un grido di stupore alla vista di qualcosa che la colse del tutto alla sprovvista.
Quel giorno, un fresco e dorato giorno di settembre, era diretta per l'appunto al fiume e portava con sé, in una sporta di sua fabbricazione, un po' di panni da lavare e una coperta da rinfrescare prima che giungessero i primi freddi. Inoltre, era intenzionata a pescare qualche tinca da mettere in salamoia per l'inverno.
Poi, come sempre, si sarebbe data da fare a cogliere giunchi da disseccare e che le sarebbero tornati utili per i mesi più rigidi: con quelli meno solidi e flessuosi avrebbe foderato gli spifferi della sua casetta, mentre i migliori erano destinati alla creazione di oggetti che Mori barattava in cambio di sale, tessuti e olio per lampade.
A dire il vero la radura, che definire tale era eccessivamente generoso, non era più che un cerchio dal diametro di quasi cinque piedi, circondato da tre alberi dal tronco così ampio che Mori non sarebbe riuscita a circondarne uno con entrambe le braccia.
Si trattava, tuttavia, di splendide querce, più antiche della foresta stessa, tra le cui robuste radici l'erba cresceva più rada ma di un verde tenero e splendente. La luce filtrava a stento tra le meravigliose e folte chiome di quei vecchi giganti, disegnando mobili macchie di azzurro e di oro che il giuoco del vento dissolveva e ricomponeva senza sosta.
Tra quelle radici giaceva a terra un uomo - il che, già di per sé, costituiva un accadimento straordinario; ma la sua eccezionale presenza non era l'unica cosa che meravigliasse Mori.
La ragazza, addossatasi al tronco d'una quercia, si protese ad osservarlo meglio: anche il suo aspetto era fuori del comune... Fuori del comune, s'intende, per quel che la ragazza era abituata a conoscere degli altri umani nella regione.
Infatti, Mori sapeva di non appartenere allo stesso popolo con il quale, negli anni, si era abituata a commerciare: era più alta e forte di loro, aveva capelli chiari e mossi ed occhi verdi mentre loro erano minuti, eleganti, i capelli corvini perfettamente lisci.
Chiamavano il loro paese Ni-hon-gou e nutrivano, per chi appariva così diverso da loro, un misto di timore, sospetto e fascinazione.
Mori aveva imparato a proprie spese come misurarsi con il turbamento che suscitava negli altri; a loro volta, quelli che abitavano i villaggi circonvicini avevano appreso a fidarsi di lei e perfino ad ignorare la sua carnagione rosea e i suoi tratti esotici.
Tuttavia, quando alle fiere capitava qualche straniero, Mori cercava di starsene in disparte e non suscitare scandalo.
L'uomo che adesso giaceva a terra davanti a lei era simile agli abitanti del Ni-hon-gou per i tratti fini ed appuntiti e per la capigliatura d'un color nero lucido e freddo; le sue spalle, però, erano larghe quasi il doppio di quelle di Mori, che era già piuttosto robusta rispetto alla gente comune.
Mori si avvicinò ancora, troppo sorpresa ed incuriosita per tenere in considerazione le più basilari regole di prudenza: era una fortuna, in effetti, che l'uomo sembrasse profondamente assopito.
Lo guardò meglio: poteva avere trent'anni, un'età che, per quel che Mori sapeva di sé, era di almeno dieci anni più avanzata della sua. Anche riverso sul rado prato che, in contrasto con il terreo pallore della sua pelle, sembrava d'un verde violento, si capiva bene che doveva essere altissimo: con il suo grande corpo riempiva quasi interamente la lunghezza della radura.
Era magrissimo, al punto che Mori si sentì stringere il cuore all'idea della fame che doveva aver patito per essere tanto ossuto.
Il viso, già lungo, ed ancor più per la magrezza che lo rendeva scavato aveva tratti duri, sdegnosi, una bocca lunga dalle labbra sottili ed esangui. Non sembrava una bocca gentile, Mori sapeva di non sbagliarsi facilmente in questo genere di giudizi, ma di certo pareva la bocca di una persona disabituata a sorridere per qualcosa he lo rendesse sinceramente felice.
Gli occhi, a mandorla, erano strettamente serrati e ombreggiati da lunghe ciglia nere che ricadevano sulle profonde incavature delle occhiaie, illividite per il pallore. I capelli, lunghi e sottili, gli ricadevano scompostamente sulle spalle e attorno al capo reclinato: erano l'unica cosa autenticamente bella di quella fisionomia, per il resto acuminata fino ad avere qualcosa di esasperato, selvaggio.
Forse perché così cereo e smagrito, sembrava preda di una terribile spossatezza; lungo il torace, nudo, si vedeva chiaramente una lunga cicatrice simile alla traccia che avrebbero potuto lasciarvi un fendente, una frustata o un fulmine.
Quella cicatrice era paonazza, ma solo al centro: doveva essersi rimarginata molto velocemente e, sebbene fosse chiaro che la ferita doveva essere stata grave, nei suoi anni di vita solitaria nel cuore d'una foresta Mori aveva dovuto imparare abbastanza di medicina da giudicarla ben ristabilita.
Mentre meditava con rammarico sull'irreversibilità di quella deturpazione, notò che le mani dello sconosciuto - grandi, nodose e dalle dita molto lunghe, al punto da somigliare alle zampe d'uno strano predatore - tremavano.
A ben vedere, l'uomo tremava tutto.
Si affrettò a gettare la coperta addosso al giovane, poi, ritrattasi dietro l'albero, sollevata che lo sconosciuto dormisse tanto saporitamente da non accorgersi della sua presenza ma anche molto inquieta all'idea che potesse svegliarsi di lì a poco, scivolò via.
Mori credette di comprendere che lo straniero doveva avere freddo e pensò a quanto freddo lei stessa aveva patito negli anni.
Erano soli, in quella foresta: nessun altro viandante sarebbe passato di là e prestato soccorso allo sconosciuto.
Dubbiosa, cacciò la mano nella cesta e tastò la coperta.
Le dispiaceva separarsene con così poco anticipo rispetto ai primi freddi, ma non le rincresceva di meno vedere un suo simile debole e infreddolito: quante volte aveva rischiato di morire di polmonite, e quanto le sarebbe stato di conforto, oltre che di utilità, poter contare sulla compassione di qualche brava persona che potesse soccorrerla?
Sfortunatamente, Mori era sola da moltissimi anni e aveva dovuto sempre cercare di cavarsela da sola ma ricordava con emozione il tempo in cui suo padre era stato con lei e l'aveva protetta.
Era bello ricevere calore e tenerezza senza dover nulla in cambio e, per quanto le riuscisse duro pensare a uno sconosciuto prima che a sé stessa, sentiva che le sarebbe pesato passare oltre ed abbandonarlo al suo destino.
In fondo, ragionò con lo spirito pratico che l'aveva sempre sostenuta, c'era ancora un mercato da fare, di lì a pochi giorni: avrebbe preso un po' meno sale e una pezza di tessuto in più per rimpiazzare quella coperta.
E doveva mettersi di buona lena a raccattare più giunchi: se avesse potuto vendere qualche cesta in più, chissà!...
C'era solo da augurarsi che non si trattasse di qualcuno dal quale aspettarsi del male, pensò mentre, in salvo dietro a una fitta macchia di felci, affrettava il passo e prendeva poi a correre per mettere distanza tra sé e la radura. Del resto, era fiduciosa: la sua casa era ben nascosta. Al ritorno, poi, avrebbe percorso una strada diversa e più ampia, in modo che le digressioni la allontanassero ulteriormente da ogni possibile pericolo.
Resistette all'impulso di voltarsi a guardare verso la radura o tendere l'orecchio ai suoni della foresta ed ignorò anche il vago turbamento che l'immagine dell'uomo nudo e inerme tra i ciuffi di trifoglio risvegliava in lei.
Perciò, non si accorse che lo straniero si era mosso e aveva mormorato qualcosa in una lingua sconosciuta, ma in un tono che anche Mori avrebbe ben compreso.
Un tono di collera, sofferenza e disprezzo.
6 notes · View notes
sidicecheilibri · 1 year
Text
I libri nominati da Rory Gilmore
1 – 1984, George Orwell
2 – Le Avventure di Huckelberry Finn, Mark Twain
3 – Alice nel Paese delle Meraviglie, Lewis Carrol
4 – Le Fantastiche Avventure di Kavalier e Clay, Michael Chabon
5 – Una Tragedia Americana, Theodore Dreiser
6 – Le Ceneri di Angela, Frank McCourt
7 – Anna Karenina, Lev Tolstoj
8 – Il Diario di Anna Frank
9 – La Guerra Archidamica, Donald Kagan
10 – L’Arte del Romanzo, Henry James
11 – L’Arte della Guerra, Sun Tzu
12 – Mentre Morivo, William Faulkner
13 – Espiazione, Ian McEvan
14 – Autobiografia di un Volto, Lucy Grealy
15 – Il Risveglio, Kate Chopin
16 – Babe, Dick King-Smith
17 – Contrattacco. La Guerra non Dichiarata Contro le Donne, Susan Faludi
18 – Balzac e la Piccola Sarta Cinese, Dai Sijie
19 – Bel Canto, Anne Pachett
20 – La Campana di Vetro, Sylvia Plath
21 – Amatissima, Toni Morrison
22 – Beowulf: una Nuova Traduzione, Seamus Heaney
23 – La Bhagavad Gita
24 – Il Piccolo Villaggio dei Sopravvissuti, Peter Duffy
25 – Bitch Rules. Consigli di Comune Buonsenso per donne Fuori dal Comune, Elizabeth Wurtzel
26 – Un Fulmine a Ciel Sereno ed altri Saggi, Mary McCarthy
27 – Il Mondo Nuovo, Adolf Huxley
28 – Brick Lane, Monica Ali
29 – Brigadoon, Alan Jay Lerner
30 – Candido, Voltaire
31 – I Racconti di Canterbury, Geoffrey Chaucer
32 – Carrie, Stephen King
33 – Catch-22, Joseph Heller
34 – Il Giovane Holden, J.D.Salinger
35 – La Tela di Carlotta, E.B.White
36 – Quelle Due, Lillian Hellman
37 – Christine, Stephen King
38 – Il Canto di Natale, Charles Dickens
39 – Arancia Meccanica, Anthony Burgess
40 – Il Codice dei Wooster, P.G.Wodehouse
41 – The Collected Stories, Eudora Welty
42 – La Commedia degli Errori, William Shakespeare
43 – Novelle, Dawn Powell
44 – Tutte le Poesie, Anne Sexton
45 – Racconti, Dorothy Parker
46 – Una Banda di Idioti, John Kennedy Toole
47 – Il03 al 09/03 Conte di Montecristo, Alexandre Dumas
48 – La Cugina Bette, Honore de Balzac
49 – Delitto e Castigo, Fedor Dostoevskij
50 – Il Petalo Cremisi e il Bianco, Michel Faber
51 – Il Crogiuolo, Arthur Miller
52 – Cujo, Stephen King
53 – Il Curioso Caso del Cane Ucciso a Mezzanotte, Mark Haddon
54 – La Figlia della Fortuna, Isabel Allende
55 – David e Lisa, Dr.Theodore Issac Rubin M.D
56 – David Copperfield, Charles Dickens
57 – Il Codice Da Vinci, Dan Brown
58 – Le Anime Morte, Nikolaj Gogol
59 – I Demoni, Fedor Dostoevskij
60 – Morte di un Commesso Viaggiatore, Arthur Miller
61 – Deenie, Judy Blume
62 – La Città Bianca e il Diavolo, Erik Larson
63 – The Dirt. Confessioni della Band più Oltraggiosa del Rock, Tommy Lee – Vince Neil – Mick Mars – Nikki Sixx
64 – La Divina Commedia, Dante Alighieri
65 – I Sublimi Segreti delle Ya-Ya Sisters, Rebecca Wells
66 – Don Chischiotte, Miguel de Cervantes
67 – A Spasso con Daisy, Alfred Uhvr
68 – Dr. Jeckill e Mr.Hide, Robert Louis Stevenson
69 – Tutti i Racconti e le Poesie, Edgar Allan Poe
70 – Eleanor Roosevelt, Blanche Wiesen Cook
71 – Electric Kool-Aid Acid Test, Tom Wolfe
72 – Lettere, Mark Dunn
73 – Eloise, Kay Thompson
74 – Emily The Strange, Roger Reger
75 – Emma, Jane Austen
76 – Il Declino dell’Impero Whiting, Richard Russo
77 – Encyclopedia Brown: Boy Detective, Donald J.Sobol
78 – Ethan Frome, Edith Wharton
79 – Etica, Spinoza
80 – Europe Through the back door, 2003, Rick Steves
81 – Eva Luna, Isabel Allende
82 – Ogni cosa è Illuminata, Jonathan Safran Foer
83 – Stravaganza, Gary Krist
84 – Farhenheit 451, Ray Bradbury
85 – Farhenheit 9/11, Michael Moore
86 – La Caduta dell’Impero di Atene, Donald Kagan
87 – Fat Land, il Paese dei Ciccioni, Greg Critser
88 – Paura e Delirio a Las Vegas, Hunter S.Thompson
89 – La Compagnia dell’Anello, J.R.R.Tolkien
90 – Il Violinista sul Tetto, Joseph Stein
91 – Le Cinque Persone che Incontri in Cielo, Mitch Albom
92 – Finnegan’s Wake, James Joyce
93 – Fletch, Gregory McDonald
94 – Fiori per Algernon, Daniel Keyes
95 – La Fortezza della Solitudine, Jonathan Lethem
96 – La Fonte Meravigliosa, Ayn Rand
97 – Frankenstein, Mary Shelley
98 – Franny e Zooeey, J.D.Salinger
99 – Quel Pazzo Venerdì, Mary Rodgers
100 – Galapagos, Kurt Vonnegut
101 – Questioni di Genere, Judith Butler
102 – George W.Bushism: The Slate Book of Accidental Wit and Wisdom of our 43rd President, Jacob Weisberg
103 – Gidget, Fredrick Kohner
104 – Ragazze Interrotte, Susanna Kaysen
105 – The Gnostic Gospels, Elaine Pagels
106 – Il Padrino, Parte I, Mario Puzo
107 – Il Dio delle Piccole Cose, Arundhati Roy
108 – La Storia dei Tre Orsi, Alvin Granowsky
109 – Via Col Vento, Margaret Mitchell
110 – Il Buon Soldato, Ford Maddox Ford
111 – Il Gospel secondo Judy Bloom
112 – Il Laureato, Charles Webb
113 – Furore, John Steinbeck
114 – Il Grande Gatsby, F.Scott Fitzgerald
115 – Grandi Speranze, Charles Dickens
116 – Il Gruppo, Mary McCarthy
117 – Amleto, William Shakespeare
118 – Harry Potter e il Calice di Fuoco, J.K.Rowling
119 – Harry Potter e la Pietra Filosofale, J.K.Rowling
120 – L’Opera Struggente di un Formidabile Genio, Dave Eggers
121 – Cuore di Tenebra, Joseph Conrad
122 – Helter Skelter: La vera storia del Caso Charles Manson, Vincent Bugliosi e Curt Gentry
123 – Enrico IV, Parte Prima, William Shakespeare
124 – Enrico IV, Parte Seconda, William Shakespeare
125 – Enrico V, William Shakespeare
126 – Alta Fedeltà, Nick Hornby
127 – La Storia del Declino e della Caduta dell’Impero Romano, Edward Gibbon
128 – Holidays on Ice: Storie, David Sedaris
129 – The Holy Barbarians, Lawrence Lipton
130 – La Casa di Sabbia e Nebbia, Andre Dubus III
131 – La Casa degli Spiriti, Isabel Allende
132 – Come Respirare Sott’acqua, Julie Orringer
133 – Come il Grinch Rubò il Natale, Dr.Seuss
134 – How the Light Gets In, M.J.Hyland
135 – Urlo, Allen Ginsberg
136 – Il Gobbo di Notre Dame, Victor Hugo
137 – Iliade, Omero
138 – Sono con la Band, Pamela des Barres
139 – A Sangue Freddo, Truman Capote
140 – Inferno, Dante
141 – …e l’Uomo Creò Satana, Jerome Lawrence e Robert E.Lee
142 – Ironweed, William J.Kennedy
143 – It takes a Village, Hilary Clinton
144 – Jane Eyre, Charlotte Bronte
145 – Il Circolo della Fortuna e della Felicità, Amy tan
146 – Giulio Cesare, William Shakespeare
147 – Il Celebre Ranocchio Saltatore della Contea di Calaveras, Mark Twain
148 – La Giungla, Upton Sinclair
149 – Just a Couple of Days, Tony Vigorito
150 – The Kitchen Boy, Robert Alexander
151 – Kitchen Confidential: Avventure Gastronomiche a New York, Anthony Bourdain
152 – Il Cacciatore di Aquiloni, Khaled Hosseini
153 – L’amante di Lady Chatterley, D.H.Lawrence
154 – L’Ultimo Impero: Saggi 1992-2000, Gore Vidal
155 – Foglie d’Erba, Walt Whitman
156 – La Leggenda di Bagger Vance, Steven Pressfield
157 – Meno di Zero, Bret Easton Ellis
158 – Lettere a un Giovane Poeta, Rainer Maria Rilke
159 – Balle! E tutti i Ballisti che Ce Le Stanno Raccontando, Al Franken
160 – Vita di Pi, Yann Martell
161 – La piccola Dorrit, Charles Dickens
162 – The little Locksmith, Katharine Butler Hathaway
163 – La piccola fiammiferaia, Hans Christian Andersen
164 – Piccole Donne, Louisa May Alcott
165 – Living History, Hilary Clinton
166 – Il signore delle Mosche, William Golding
167 – La Lotteria, ed altre storie, Shirley Jackson
168 – Amabili Resti, Alice Sebold
169 – Love Story, Eric Segal
170 – Macbeth, William Shakespeare
171 – Madame Bovary, Gustave Flaubert
172 – The Manticore, Robertson Davies
173 – Marathon Man, William Goldman
174 – Il Maestro e Margherita, Michail Bulgakov
175 – Memorie di una figlia per bene, Simone de Beauvoir
176 – Memorie del Generale W.T. Sherman, William Tecumseh Sherman
177 – L’uomo più divertente del mondo, David Sedaris
178 – The meaning of Consuelo, Judith Ortiz Cofer
179 �� Mencken’s Chrestomathy, H.R. Mencken
180 – Le Allegre Comari di Windsor, William Shakespeare
181 – La Metamorfosi, Franz Kafka
182 – Middlesex, Jeoffrey Eugenides
183 – Anna dei Miracoli, William Gibson
184 – Moby Dick, Hermann Melville
185 – The Mojo Collection: The Ultimate Music Companion, Jim Irvin
186 – Moliere: la biografia, Hobart Chatfield Taylor
187 – A monetary history of the United States, Milton Friedman
188 – Monsieur Proust, Celeste Albaret
189 – A Month of Sundays: searching for the spirit and my sister, Julie Mars
190 – Festa Mobile, Ernest Hemingway
191 – Mrs Dalloway, Virginia Woolf
192 – Gli ammutinati del Bounty, Charles Nordhoff e James Norman Hall
193 – My Lai 4: A Report on the Massacre and Its Aftermath, Seymour M.Hersh
194 – My Life as Author and Editor, H.R.Mencken
195 – My life in orange: growing up with the guru, Tim Guest
196 – Myra Waldo’s Travel and Motoring Guide to Europe, 1978, Myra Waldo
197 – La custode di mia sorella, Jodi Picoult
198 – Il Nudo e il Morto, Norman Mailer
199 – Il Nome della Rosa, Umberto Eco
200 – The Namesake, Jhumpa Lahiri
201 – Il Diario di una Tata, Emma McLaughlin
202 – Nervous System: Or, Losing my Mind in Literature, Jan Lars Jensen
203 – Nuove Poesie, Emily Dickinson
204 – The New Way Things Work, David Macaulay
205 – Nickel and Dimed, Barbara Ehrenreich
206 – Notte, Elie Wiesel
207 – Northanger Abbey, Jane Austen
208 – The Norton Anthology of Theory and Criticism, William E.Cain, Laurie A.Finke, Barbara E.Johnson, John P.McGowan
209 – Racconti 1930-1942, Dawn Powell
210 – Taccuino di un Vecchio Porco, Charles Bukowski
211 – Uomini e Topi, John Steinbeck
212 – Old School, Tobias Wolff
213 – Sulla Strada, Jack Kerouac
214 – Qualcuno Volò sul Nido del Cuculo, Ken Kesey
215 – Cent’Anni di Solitudine, Gabriel Garcia Marquez
216 – The Opposite of Fate: Memories of a Writing Life, Amy Tan
217 – La Notte dell’Oracolo, Paul Auster
218 – L’Ultimo degli Uomini, Margaret Atwood
219 – Otello, William Shakespeare
220 – Il Nostro Comune Amico, Charles Dickens
221 – The Outbreak of the Peloponnesian War, Donald Kagan
222 – La Mia Africa, Karen Blixen
223 – The Outsiders, S.E. Hinton
224 – Passaggio in India, E.M.Forster
225 – The Peace of Nicias and the Sicilian Expedition, Donald Kagan
226 – Noi Siamo Infinito, Stephen Chbosky
227 – Peyton Place, Grace Metalious
228 – Il Ritratto di Dorian Gray, Oscar Wilde
229 – Pigs at the Trough, Arianna Huffington
230 – Le Avventure di Pinocchio, Carlo Collodi
231 – Please Kill Me: Il Punk nelle Parole dei Suoi Protagonisti, Legs McNeil e Gillian McCain
232 – Una Vita da Lettore, Nick Hornby
233 – The Portable Dorothy Parker, Dorothy Parker
234 – The Portable Nietzche, Fredrich Nietzche
235 – The Price of Loyalty: George W.Bush, the White House, and the Education on Paul O’Neil, Ron Suskind
236 – Orgoglio e Pregiudizio, Jane Austen
237 – Property, Valerie Martin
238 – Pushkin, La Biografia, T.J.Binyon
239 – Pigmallione, G.B.Shaw
240 – Quattrocento, James Mckean
241 – A Quiet Storm, Rachel Howzell Hall
242 – Rapunzel, I Fratelli Grimm
243 – Il Corvo ed Altre Poesie, Edgar Allan Poe
244 – Il Filo del Rasoio, W.Somerset Maugham
245 – Leggere Lolita a Teheran, Azar Nafisi
246 – Rebecca, Daphne du Maurier
247 – Rebecca of Sunnybrook Farm, Kate Douglas Wiggin
248 – The Red Tent, Anita Diamant
9 notes · View notes
sorella-di-icaro · 11 months
Text
Tumblr media
LA VERA STORIA CHE ISPIRÒ IL FILM CORALINE DI TIM BURTON
Nel XIX secolo, una signora che si prendeva cura della nipote dai capelli grigi, i cui genitori erano morti in un incendio, un'anziana donna, aveva così paura di perdere la nipote che non la lasciava assolutamente uscire di casa, la gente non vide questa ragazza per diversi anni, gli abitanti del villaggio si chiesero cosa fosse successo e come la ragazza fosse lì, si diressero verso la sua casa e videro la culla in cui giaceva il cadavere di una ragazza con i bottoni.
4 notes · View notes
lunamagicablu · 1 year
Text
Tumblr media
Tanto tempo fa, due bei giovani Lakota erano stati scelti dalla loro tribù per scoprire dove erano i bisonti. Mentre gli uomini stavano attraversando il territorio dei bisonti, hanno visto qualcuno in lontananza che camminava verso di loro. Poiché erano sempre cauti per paura dei nemici, si nascosero dietro alcuni cespugli ed attesero. Ormai la figura era giunta sul pendio. Con loro sorpresa, la figura che camminava verso loro era una donna. Infatti il Grande Spirito Wakan Tanka aveva mandato sulla Terra la dea Whope a donare agli uomini la pipa sacra.
Dopo essersi avvicinata, si fermò e li guardò. Avevano capito che poteva vederli, anche dove erano nascosti. Il suo braccio destro portava qualcosa che assomigliava ad un bastone in un mazzetto di erbe. Il suo viso era bello. Uno degli uomini disse, «È la più bella che io abbia visto mai. Desidero che sia mia moglie.» Ma l'altro uomo ha risposto: «Come puoi avere un tal pensiero? È straordinariamente bella e santa, molto più di una persona comune.»
Anche se lontana, la donna li sentì parlare. Così disse: «Venite. Che cosa desiderate?» L' uomo che aveva parlato per primo andò fino a lei e pose le sue mani su di lei. Immediatamente, da qualche luogo lì sopra, venne una tromba d'aria. Allora si alzò una foschia, che coprì per un attimo l' uomo e la donna. Quando la foschia svanì, l'altro uomo vide ancora la donna con il fascio sul suo braccio. Ma il suo amico era un mucchio di ossa ai suoi piedi. L' uomo si levò in piedi silenzioso per la paura di quel prodigio. Allora la bella donna disse a lui: «Io appartengo al popolo del bisonte. Sono stata mandata su questa Terra per parlare con il tuo popolo. Tu adesso dovrai compiere una missione molto importante. Devi andare dal tuo capo e dirgli di costruire una tenda la cui porta deve guardare a est. Sul posto d'onore dovrà cospargere della salvia e dietro la buca per il fuoco dovrà sistemare un teschio di bisonte. All'alba arriverò al villaggio.»
Tutto fu predisposto secondo quanto era stato richiesto dalla dea Whope che puntuale all'alba fece la sua apparizione al villaggio accolta da una grande folla. Portava un cannello nella mano destra ed un fornello rosso da pipa nella sinistra, i doni erano avvolti in fasci di salvia. Tolse il fascio di piante dal regalo che stava trasportando. Il regalo era una pipa fatta di pietra rossa. Su essa era intagliato il profilo molto piccolo di un vitello di Bisonte. Entrò nel tipì e sedutasi al posto d'onore disse che il Grande Spirito era molto contento dei Lakota, che li considerava fedeli e riverenti e che, pertanto, erano stati prescelti per ricevere la pipa che lei aveva portato per il bene di tutta l'umanità.
Dette la pipa a Toro Che Cammina In Piedi e gli insegnò le preghiere che doveva recitare. «Quando pregate il Grande Spirito, dovete utilizzare questa pipa durante la cerimonia. Quando siete affamati, togliete la pipa dal suo imballaggio e ponetela così all'aria. Allora i bisonti verranno dove gli uomini potranno cacciarli ed uccidere facilmente. Così i bambini, gli uomini e le donne mangeranno e saranno felici.»
La donna bella gli disse anche come la gente dovrebbe comportarsi per vivere pacificamente insieme. Gli insegnò le preghiere che dovevano dire quando si rivolgevano alla loro madre Terra. Gli spiegò inoltre come dovevano decorarsi per le cerimonie. «La Terra,» aveva detto, «è vostra madre. Così, per le cerimonie speciali, vi decorerete come la vostra Terra: di nero e di rosso, di marrone e di bianco. Questi sono anche i colori del Bisonte. Soprattutto ricordatevi che questa è una pipa della pace. La fumerete prima di tutte le cerimonie. La fumerete prima di fare i trattati. Introdurrà pensieri pacifici nelle vostre menti. Se la userete per pregare il Grande Spirito e la madre Terra sarete sicuri di ricevere i doni che chiederete.»
Rimase al villaggio quattro giorni e prima di partire accese la pipa, la offrì al cielo, alla Terra, ai quattro venti, ne fumò una boccata e poi la passò al capo. Infine, uscì dalla tenda mentre tutto il villaggio era lì a guardarla; fuori dell' apertura del cerchio si fermò per un istante e toccò la Terra. In un istante si trasformò in un vitello di Bisonte nero. Toccò ancora la Terra ed allora prese la forma di un vitello di Bisonte rosso. Una terza volta toccò la Terra e diventò un vitello marrone. La quarta ed ultima volta si trasformò in un candido vitello di Bisonte, bianco, senza una macchia. Allora camminò verso il nord e sparì lontano, sopra una collina.
Toro Che Cammina In Piedi conservò la pipa della pace con attenzione. Chiamava a raccolta tutti i bambini del villaggio e sciolto il fascio che avvolgeva la pipa ripeteva le lezioni che a lui erano state insegnate dalla donna. E la usò nelle preghiere ed in altre cerimonie fino a che non ebbe più di cento anni. Quando diventò debole, fece una grande festa. Durante questa festa dette la pipa e gli insegnamenti ad un uomo degno. Allo stesso modo la pipa è stata passata di generazione in generazione. «Finché la pipa sarà utilizzata,» la donna bella aveva detto, «la vostra gente vivrà e sarà felice. Non appena sarà dimenticata, la gente morirà.»
La Sacra Pipa è tuttora custodita da una famiglia Lakota. Shanti art by AnnAndArts ********************* A long time ago, two handsome young Lakotas were chosen by their tribe to find out where the buffalo were. As the men were walking through bison territory, they saw someone in the distance walking towards them. As they were always cautious for fear of their enemies, they hid behind some bushes and waited. By now the figure had reached the slope. To their surprise, the figure walking towards them was a woman. In fact, the Great Spirit Wakan Tanka had sent the goddess Whope a to Earth give men the sacred pipe.
As she got closer, she stopped and looked at them. They understood that she could see them, even where they were hidden. Her right arm carried something that looked like a stick in a bunch of herbs. Her face was beautiful. One of the men said, 'She's the most beautiful I've ever seen. I want you to be my wife." But the other man replied: «How can you have such a thought? She is extraordinarily beautiful and holy, much more than an ordinary person. »
Even though she was far away, the woman heard them talking. So she said, "Come on. What do you want?" The man who had first spoken about her went up to her and laid his hands on her. Immediately, from somewhere above, a whirlwind came. Then a mist arose, which covered the man and the woman for a moment. When the haze cleared, the other man saw the woman again with the bundle on her arm. But her friend was a pile of bones at her feet. The man stood silent in fear of that prodigy. Then the beautiful woman said to him: "I belong to the people of the buffalo. I was sent to this earth to speak with your people. Now you will have to fulfill a very important mission. You must go to your boss and tell him to build a tent whose door must face east. On the place of honor he will have to sprinkle some sage and behind the fire pit he will have to place a bison skull. I will arrive at the village at dawn.'
Everything was arranged according to what had been requested by the goddess Whope who punctually at dawn made her appearance in the village welcomed by a large crowd. She carried a stem in her right hand and a red pipe bowl in her left, her gifts wrapped in bundles of sage. She removed the bundle of plants from the gift she was carrying. The gift was a pipe made of red stone. On it was carved the very small outline of a Bison calf. She entered the tipi and sitting in the place of honor she said that the Great Spirit was very pleased with the Lakota, that he considered them faithful and reverent and that, therefore, they had been chosen to receive the pipe that she had brought for the good of all humanity.
She gave the pipe to Bull Who Walks Standing up and taught him the prayers she was to say. “When you pray to the Great Spirit, you must use this pipe during the ceremony. When you are hungry, take the pipe out of its packaging and put it in the air. Then the buffalo will come where men can hunt and kill them easily. So are children, men and women they will eat and be happy.”
The beautiful woman also told him how people should behave in order to live peacefully together. She taught them the prayers they were to say when they called upon their mother Earth. She also explained to him how they should decorate themselves for the ceremonies. "Earth," she had said, "she is your mother. Thus, for special ceremonies, you will decorate yourself like your land: in black and red, brown and white. These are also the colors of the Bison. Above all, remember that this is a peace pipe. You will smoke it before all ceremonies. You will smoke it before making the treaties. She will introduce peaceful thoughts into your minds. If you use it to pray to the Great Spirit and Mother Earth, you will be sure to receive the gifts you ask for."
He stayed in the village for four days and before leaving he lit his pipe, offered it to heaven, to the earth, to the four winds, smoked a puff and then passed it to the chief. Finally, she came out of the tent while all the village was there to watch her; she outside the opening of the circle she stopped for an instant and touched the Earth. In an instant she was transformed into a black buffalo calf. She touched the Earth again and then took the form of a red buffalo calf. A third time she touched the Earth and became a brown calf. The fourth and last time she changed into a white Buffalo calf, white, without a spot. She then she walked north and disappeared away over a hill.
Bull Walking Standing stored the peace pipe carefully. He called all the children of the village to gather and once he unwrapped the bundle that wrapped the pipe he repeated the lessons that he had been taught by the woman. And he used her in prayers and other ceremonies until she was over a hundred years old. When he got weak, he had a big party. During this feast he gave his pipe and teachings to a worthy man. Likewise the pipe was passed by generation to generation. "As long as the pipe is used," the beautiful woman had said, "your people will live and be happy. As soon as it is forgotten, people will die."
The Sacred Pipe is still kept by a Lakota family. Shanti art by AnnAndArts 
7 notes · View notes
popolodipekino · 10 months
Text
agora só me falta sonhar (cit.)
Domanda: Io ho sempre pensato che il pensiero dell'uomo sia, in senso lato, limitato, perché limitato al nostro sistema, al nostro mondo, per cui non c'è niente che possiamo pensare, per quanto fantasioso possa essere, che non esiste comunque. Esiste, ma non lo sappiamo, non lo vediamo. Quindi c'è una specie di assenza, un'assenza che però, paradossalmente, è l'assenza di qualcosa che c'è, che non sappiamo, che non vediamo. Io ho sempre ricevuto, in particolare da L'infinito, ma anche da Il sabato del villaggio, l'impressione che Leopardi volesse esorcizzare proprio questa assenza, cioè questa non conoscenza di qualcosa che c'è, che può essere, e il suo volersi distaccare in qualche modo fosse proprio il tentativo di riuscire a governare questa assenza. [...] Risposta (Franco Cassano): [...] Quello che dico semplicemente è che la vita è fatta anche di attese e di ricordi. Non viviamo mai nella sospensione, quindi questa dimensione dell'immaginazione, che ci fa ricordare Silvia e che ci fa aspettare, sono costanti nel nostro presente. Questo mi sembra, al di là di come poi Leopardi cerca di governare questo progetto, [...]. Poi, se mi si consente di strumentalizzare, c'è un punto di questa dialettica del rapporto tra immaginazione, verità e scienza. [...] Io ho a suo tempo approfondito il problema della cosmologia del Big Bang. Ancora oggi, su tutte le riviste si mostrano con molta enfasi, diciamo, alcuni esperimenti circa l'individuazione di qualche indizio dell'esistenza della cosiddetta massa oscura. Cioè la grande ipotesi cosmologica, che noi diamo per scontata, è ricca di immaginazione in modo incredibile, perché, in buona misura, ipotizza che, per poter reggere quella ipotesi, alcuni equilibri gravitazionali possano essere garantiti solo dall'esistenza di una massa oscura, che non possiamo vedere, ma che ci deve essere. L'immaginazione nella produzione scientifica ha sempre avuto un ruolo molto rilevante. Vorrei evitare che noi inconsicamente lavorassimo su una contrapposizione tra una scienza tutta quanta sperimentale e una immaginazione tutta arbitrarietà e fantasia: i livelli di intenzione sono tanti e sono molto rilevanti. Questo, poi, tutta la filosofia della scienza più recente lo dice. Per cui, da questo punto di vista, stante il fatto che l'immaginazione ci può fare terribili scherzi, quello che cerco di fare è ridurre lo scarto tra l'una e l'altra, far capire che si può passare dall'una all'altra parte del confine, che non bisogna avere troppa paura dell'immaginazione, che certe volte comunica bene col sapere verace, lo aiuta. Chi sa poi se è verace quel sapere, ma questo è un altro problema. da R. Bodei, Oltre la siepe: Leopardi e l'immaginazione, in Leopardi e la filosofia
2 notes · View notes
Text
Comincia a Reggio Calabria, dove un uomo sta morendo in un letto d’ospedale. Soltanto un trapianto di cellule staminali può salvargli la vita, ma nel database connesso con i più remoti angoli della Terra non esistono donatori compatibili. A dire il vero, uno c’è. Un uomo che abita in un villaggio degli Urali, a cinque ore di aereo da Mosca. È il suo gemello genetico. Ma chi può portare materialmente le cellule staminali fuori dalla Russia? Per via delle sanzioni, nessun europeo può entrare e nessun russo può uscire. [...] Bisogna cercare un volontario, un medico che abiti nei paraggi del donatore e sia così coraggioso da essere disposto a trasformarsi in corriere, violando le regole di guerra in nome di una legge superiore, quella dell’umanità. Ma dove trovarlo, un uomo simile? Per fortuna è lì a due passi, ed è lei, dottor Alexandr, padre di due figlie e medico ematologo presso l’ospedale della città. Le viene consegnata una valigetta nera, dove sono state riposte con estrema cura le sacche delle cellule staminali. [...] Per fortuna lei è più veloce di loro. Alle 3.30 di notte, in un’area protetta dell’aeroporto di Istanbul, avviene lo scambio della valigetta nera con Massimo Giraudo, un ex elicotterista dell’aviazione militare che da quando è in pensione si dedica a questo genere di meravigliose imprese. Il medico russo e il soldato italiano si stringono la mano. Pare che lei, dottore, abbia detto al suo nuovo amico che non appena tornerà la pace vorrebbe tanto portare la famiglia a fare le vacanze in Italia. Il suo compito è finito, ma la valigetta ha poi proseguito il viaggio fino a Roma, e da lì a Reggio Calabria e infine in ambulanza all’Ospedale, dove l’equipe del dottor Martino ha realizzato il trapianto con successo.
Se fosse dipeso da me, caro dottore, il Nobel per la pace lo avrei dato a lei, che ha battuto ogni distanza fisica ed emotiva, facendo sembrare ridicoli quei confini per i quali siamo disposti a combatterci fino all’autodistruzione. La aspettiamo in Italia per le vacanze, allora. Perché anche noi, mi creda, non vediamo l’ora di andare in vacanza da tutta questa paura.
#LeParole Rai3
Tumblr media
7 notes · View notes
m2024a · 2 months
Video
youtube
Neonato con due facce, quattro gambe e braccia: la madre non riesce a nutrirlo e muore In India è nato un bambino con quattro braccia, quattro gambe e due facce ma la sua vita è durata poche ore perché la madre non è riuscita a sfamarlo. Rama Devi, 38 anni, è stata trasportata d’urgenza in un ospedale rurale quando ha iniziato ad avvertire le doglie del parto. Tuttavia, il personale dell’ospedale e gli abitanti del villaggio sono rimasti sotto shock nello scoprire che il bambino era nato congiunto a un altro corpo che non si era ancora completamente sviluppato . LEGGI ANCHE Scoperto caso di gemelli siamesi “ragno”: amputata una gamba per farli sedere Morti i gemelli siamesi più vecchi del mondo: fratello e sorella avevano 62 anni Donna di 70 anni partorisce due gemelli: è la mamma più anziana d’Africa Bimba nasce col feto della gemella che cresceva nel cranio: sopravvive un anno Neonato con due facce e otto arti: è un caso unico Ciò aveva fatto sì che il bambino nascesse con due paia facce, gambe e braccia. Sembra che le gambe e le braccia sottosviluppate sporgessero dal petto del bambino. Il bambino è morto cinque ore dopo il parto. Questa condizione è così rara che i medici non hanno ancora trovato un nome per definirla. Non è chiaro come esattamente sia morto il bambino, anche se non era in grado di allattare o di assumere latte da solo. Medici e infermieri spaventati ma la gente accorre a vederlo Alla vista dell’aspetto insolito del bambino, il personale dell’ospedale ha reagito con paura e ha rapidamente spostato il neonato fuori, scatenando il caos all’interno dell’ospedale. Molte persone si stanno precipitando in ospedale per vedere lo straordinario bambino. Tuttavia, Ramphal, marito di Rama, ha espresso stupore per la nascita del loro bambino così unico. Sebbene il parto sia stato semplice e non abbia comportato complicazioni, è avvenuto in una zona rurale in cui le donne difficilmente si sottopongono a screening prenatali, il che potrebbe spiegare perché le condizioni del bambino siano state una sorpresa. Gemelli siamesi fusi sono eventi rari Sebbene non sia chiaro se questa condizione specifica sia già stata osservata in precedenza, in India e nei paesi limitrofi sono state segnalate altre forme incredibilmente rare di gemelli siamesi. A novembre, una donna trentenne in India ha dato alla luce un bambino con quattro mani e quattro gambe. In Indonesia, sono nati due gemelli uniti per il bacino, con tre gambe e quattro braccia e sono stati chiamati “gemelli ragno”. E due bambini su un milione in tutto il mondo nascono con il diprosopo, una rara forma di gemelli siamesi in cui tutto o parti di un volto sono duplicati. In questi casi, i volti e il cervello sono collegati solo a un tronco encefalico. In genere, i gemelli siamesi rappresentano un bambino su 50.000-200.000 nati vivi e nascono quando un singolo ovulo fecondato si divide e si sviluppa in due individui. LEGGI LE ALTRE NOTIZIE DI MONDO Neonato con due facce, quattro gambe e braccia: la madre non riesce a nutrirlo e muore Poliziotto dà calci in faccia a sospetto, video del brutale arresto sui social Rissa a basket tra 13enni: giocatore spacca a calci la testa ad avversario Guardia carceraria incinta di un detenuto: condannata non andrà in cella con lui Spazzino a colpi di scopa sventa furto d’auto: ladri in fuga
0 notes
valentina-lauricella · 4 months
Text
Leopardi (di Marino Moretti)
Tumblr media
O Leopardi, oggi mi sei davanti come se nel mio cuor tutti cantassero i tre canti scolastici, i tre canti
d'antologia: Sabato del villaggio. Quiete dopo la tempesta. Passero solitario…. (Oh natio borgo selvaggio!)
Forse li leggo. E il terzo canto è mozzo. Hanno messo una fila di puntini invece di quel tuo lungo singhiozzo.
T'hanno lasciato, quasi, a mezza via. Non han voluto apprendere ai bambini lo strazio della tua fìlosofìa.
Io? Non capivo; amavo la figura più del racconto: più del tuo sconforto il tuo cognome mi facea paura.
« Ma vedrai, bimbo, se la carta sudi, » tu mi dicevi; e non t'udivo; e accorto veniva il tempo de' più dotti studi.
Si commentava docili Consalvo, pensando all'ombra che crescea d'un baffo, guardando a tratti il pedagogo calvo;
quindi il Pensiero dominante, il canto estremo della innamorata Saffo, l'epistolario: tutto un altro pianto….
E ancora erano facili i commenti, che venner giorni assai più dotti: quelli dei confronti, dei nuovi documenti,
delle domande: è Silvia oppur Nerina? la Fattorini o la Belardinelli? i tempi dell'ingenua dottrina….
O Leopardi, io non t'amai. Lontano eri. Lontano sei. Ma ti ravviso, e tu m'accenni con la stanca mano.
Mi dici piano, con la voce pia, il cuor placato e un tacito sorriso i tre bei canti dell'antologia:
ma neppur tu finisci il terzo: chini la fronte, celi il tuo selvaggio lutto, accetti, la pietà di quei puntini….
Ahimè che un bimbo io più non sono, ed uso leggerti intero! Ahimè che tutto, tutto vedo e sento di te come in confuso:
Nerina, Silvia, Paolina, Aspasia, la cara luna, il cuor tetro e randagio, la ginestra, il pastor ch'erra nell'Asia,
e l'infinito, il mar del tuo naufragio.
1 note · View note
adamfall · 5 months
Text
Forse era meglio aspettare, aspettare, aspettare. Tanto, quell'aria gialla mi sembrava così naturale, e poi c'erano i pensieri, a tenermi compagnia, giacché non di rado mi riaffioravano alla memoria alcuni insegnamenti ricevuti all'epoca in cui anche io avevo dovuto imparare le cose della vita. In particolare, ve ne era uno che mi risuonava in mente di continuo, anche se non ricordavo le fattezze di colui che lo aveva pronunciato, né il suo nome. LE BAMBINE NON RINGHIANO. Tuttavia, conservavo nitido nella memoria il ricordo di una storiella ascoltata chissà quando e chissà da chi, con protagonista una bambina dai poteri prodigiosi. Le genti di un villaggio sulle alpi avevano cercato di rinchiuderla in un recinto, al cospetto di occhi che giudicano, ma lei si era messa a tirar loro calci e pugni, con una foga tale da lasciarli tutti sbigottiti. Le sue labbra sputavano lamenti perversi, sbagliati, osceni. Le bambine non latrano, non sbraitano, non ringhiano a quel modo.
La piccola non comprendeva l'empietà dei suoi versi. Era convinta che i suoi lamenti dovessero suonare come pianti e grida disperate in chi le udiva, e confidando che prima o poi qualcuno sarebbe venuto a consolarla, continuava a strillare con tutto il fiato che aveva in gola. La paura l'aveva portata a perdere ogni consapevolezza di sé: non si accorgeva di ciò che diceva, degli abiti candidi che le era stato imposto di indossare per addolcire la sua mostruosità. Non si accorgeva neanche più di essere una bambina. Arrivava a negare la sua stessa natura. Rigiratela, voltatela, rendetela presentabile. Costringetela a inchinarsi al cospetto del re. Fate sì che nessuno, dai sudditi all'ultimo del popolo, abbia a vergognarsi di una concittadina così meschina. Raccontatele la storia di quel bambino che, prima di lei, aveva osato sfidare la volontà degli adulti. Per punizione era stato catturato dai gendarmi, che l'avevano condotto in un fienile e lasciato lì da solo.
All'inizio lui era ben contento di giocare per i fatti suoi, e si lanciava sulle balle di fieno da altezze sempre maggiori, illudendosi di aver finalmente trovato un posto dove starsene in pace. Dopo qualche tempo però, guardandosi le braccia, si era visto spuntare dei filamenti gialli come l'oro del sole su tutta la superficie della pelle e allora, spaventato, aveva chiamato i genitori a gran voce, ma non era arrivato nessuno perché i bimbi cattivi non meritano né abbracci, né carezze. Poi, una notte, un manipolo di soldati fece irruzione nel fienile, sollevò di peso il corpicino del malcapitato mentre ancora dormiva e lo portò via. Si risvegliò in mezzo a un campo desolato, solo, immobile. Laggiù non c'era anima viva, fatta eccezione per un pettirosso che rompeva il silenzio di tomba con il suo cinguettio. Fu proprio quel flebile cip cip a inondargli di speranza il cuore. Forse il pettirosso era giunto li per tenergli compagnia, forse le sue preghiere erano state esaudite.
VIENI QUI, UCCELLINO. NON ABBANDONARMI.
Ma la bestiola, dopo essersi avvicinata, era subito fuggita via, tornando dai compari pennuti. Intanto, la gente del villaggio aveva iniziato a mormorare. Misericordia, ripetevano. Dove andremo a finire. Oggigiorno il mondo funziona al contrario. E questa, poi! Uno spaventapasseri che si mette in testa di farsi amici gli uccellini! Che pensi al suo dovere, o bruci sul rogo insieme ai sogni sciocchi e insensati che si ostina a inseguire. ~ tratto dal mio romanzo "La bambina che ringhia", un viaggio negli incubi di un uomo che tenta di rimettere insieme i pezzi della sua storia familiare andata tragicamente in frantumi 🦋🦋🦋🦋🦋🦋🦋
Tumblr media
1 note · View note
lamilanomagazine · 8 months
Text
Bari, presentato a Palazzo di Città il "Villaggio Epilessia" promosso da Aice e Lice
Tumblr media
Bari, presentato a Palazzo di Città il "Villaggio Epilessia" promosso da Aice e Lice Si è svolta questa mattina, nella sala giunta di Palazzo di Città, la conferenza stampa di presentazione del “Villaggio Epilessia”, iniziativa promossa da Aice (Associazione italiana contro l’epilessia) e Lice (Lega italiana contro l’epilessia) con il patrocinio del Comune di Bari per diffondere la consapevolezza e la corretta informazione sulla patologia e contrastare ogni tipo di stigma. Il Villaggio, che sarà ospitato domenica 11 febbraio, dalle ore 10 alle 13, negli spazi dell’ex tesoreria comunale di Palazzo di Città, sarà un luogo di incontro e di informazione fra cittadini ed esperti sulle varie tematiche che riguardano la patologia, dalle cure dei diversi tipi di epilessia alle problematiche della maternità o dell’inserimento socio- lavorativo. Sono intervenuti alla presentazione Silvia Russo Frattasi, consigliera comunale e presidente della Commissione consiliare Pari Opportunità, Carlo Dipinto, presidente regionale di Aice Puglia, Angela La Neve, responsabile centro epilessia UOC neurofisiopatologia del Policlinico di Bari e componente del consiglio direttivo nazionale Lice, e Vittorio Sciruicchio, dirigente medico di I livello presso il Centro Epilessia ed EEG Età Evolutiva dell'Ospedale San Paolo di Bari e consigliere regionale Lice. “Siamo felici di presentare qui oggi e di sostenere un’iniziativa importante e siamo al fianco delle associazioni, dei medici e delle famiglie che animeranno questo Villaggio Epilessia, che servirà, prima di tutto, a diffondere consapevolezza tra le persone e a dare risposte su una patologia di cui si parla ancora troppo poco - ha affermato Silvia Russo Frattasi -. E’ fondamentale intensificare gli sforzi per sostenere le persone affette da epilessia, così come le loro famiglie. Ancora oggi, chi è affetto da questa patologia affronta gravi ostacoli nei percorsi di studio o sul lavoro. Per questo, iniziative come questa sono utili e lanciano un messaggio: l’epilessia non deve far paura. L’informazione e la formazione, infatti, sono alla base della conoscenza e del superamento di ogni stigma. Con questo obiettivo, nello stesso giorno del Villaggio, inaugureremo sul lungomare una panchina dipinta di viola, colore simbolo della Giornata Internazionale dell’Epilessia”. “Con questa iniziativa vogliamo rilanciare l’attenzione sull’epilessia e diffondere informazioni corrette, anche per favorire la capacità di intervenire in caso di crisi epilettiche - ha sottolineato Carlo Dipinto -. Sarà, quindi, uno spazio in cui accoglieremo cittadine e cittadini: non solo chi è affetto da epilessia ma anche chi, in generale, vuole sapere di più su questo tema, un luogo di incontro tra il desiderio di sapere e la conoscenza di medici, esperti ed operatori. Oltre alle campagne per abbattere ogni stigma, Aice sta portando avanti da tempo un’azione per chiedere l’approvazione di una legge nazionale che dia all’epilessia un quadro normativo certo, che vada dal diritto alla diagnosi, alla cura, alla scolarizzazione, all’inserimento socio-lavorativo, così come chiede anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’appello che rivolgiamo, anche alle parlamentari e ai parlamentari del nostro territorio, è quindi quello di sostenere i disegni di legge attualmente in discussione sia al Senato che alla Camera, con l’obiettivo di arrivare ad un provvedimento di sintesi in grado di far fare un salto di qualità alla vita dei pazienti e delle loro famiglie”. “L’epilessia è ancora circondata da un grosso stigma, pur essendo una delle più frequenti patologie neurologiche croniche, che interessa l’un per cento della popolazione - ha proseguito Angela La Neve -. Informare anche chi non ne è affetto è molto utile, proprio perché aiuta ad abbattere questo stigma. E molto spesso, anche gli stessi pazienti sono restii a parlare apertamente dell’epilessia, trovandosi a subire gravi ostacoli o addirittura situazioni di emarginazione, soprattutto nel mondo del lavoro. Siamo, quindi, impegnati per creare maggiore consapevolezza e contrastare questi pregiudizi e anche per diffondere il più possibile in ogni presidio le informazioni sull’epilessia e su tutti i temi più importanti che la riguardano”. “Per favorire una sempre maggiore consapevolezza è fondamentale fare rete, così come abbiamo fatto per questa iniziativa e per tutte le campagne che portiamo avanti sull’epilessia - ha concluso Vittorio Sciruicchio -. E’ importante essere una squadra coesa, composta da istituzioni, famiglie e associazioni di medici e specialisti, perché informare correttamente, tutti insieme, aiuta a curare. L’idea del Villaggio nasce, infatti, proprio per dare risposte che a volte non è facile dare nell’ambito delle consuete attività di ambulatorio. Questa iniziativa consente di dare risposte approfondite a domande importanti, che riguardano la qualità della vita in tutti i suoi aspetti. Risposte che abbiamo il dovere di dare, proprio per migliorare la qualità della vita delle persone e delle loro famiglie”. Dalle ore 10 alle 13 di domenica 11 febbraio, quindi, medici ed esperti presenti al Villaggio dell’Epilessia risponderanno alle domande più frequenti su questa patologia. L’accesso alla sala ex Tesoreria sarà libero, con ingresso da via Roberto da Bari 1. L’evento sarà una delle iniziative previste in città in occasione della Giornata Internazionale dell’Epilessia, voluta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ricorre ogni anno nel secondo lunedì di febbraio (quest’anno il 12 febbraio) con l'obiettivo di promuovere la consapevolezza su questa patologia che nel mondo, secondo l’Oms, colpisce circa 50 milioni di persone di tutte le età. In questi giorni, infatti, molti monumenti in varie città d’Italia si illumineranno di viola, colore simbolo della Giornata Internazionale dell’Epilessia. A Bari il 12 febbraio si illumineranno di viola la fontana di piazza Moro e la torre del palazzo della Città Metropolitana. Sarà inoltre dipinta di viola una panchina sul lungomare Nazario Sauro (la terza panchina in direzione sud dopo il giardino De André, all’altezza di largo Giordano Bruno), che sarà inaugurata domenica 11 febbraio, alle ore 12, durante lo svolgimento del Villaggio Epilessia, alla presenza della consigliera comunale e presidente della Commissione consiliare Pari Opportunità Silvia Russo Frattasi. Secondo i dati di Lice, sono oltre 550mila le italiane e gli italiani che, insieme alle loro famiglie, vivono questa patologia cronica e invalidante, che nel 30 per cento dei casi è anche farmaco-resistente. Le campagne promosse in questi giorni dalle associazioni per infrangere ogni stigma che riguarda questa patologia intendono contrastare anche le gravi difficoltà che le persone affette da epilessia nel nostro Paese affrontano nel mondo del lavoro. Secondo i dati riportati dalle associazioni, il 40 per cento delle persone con epilessia in età da lavoro è disoccupato e il solo dichiarare di assumere medicinali anticrisi, anche nel loro pieno controllo, è spesso causa di dannosi pregiudizi. Per maggiori informazioni sull’epilessia e sulle campagne per promuovere la consapevolezza sul tema: - Aice - Lice... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
giancarlonicoli · 11 months
Text
2 nov 2023 09:21
“QUANDO RIVEDO CERTI VIDEO MI VERGOGNO, NON SONO IO, È IL MIO GEMELLO SCEMO” – EZIO CAPUANO, IL MISTER STRACULT DEL TARANTO (CHE URLA AI GIOCATORI “IO VI SQUARTO!”), APRE LE VALVOLE: “SONO AUTOREVOLE E AUTORITARIO. GLI ORECCHINI AL CAMPO NON CI DEVONO ESSERE, LA MUSICA NELLO SPOGLIATOIO NON DEVE ESISTERE” – ALLENA DA 30 ANNI MA NON HA MAI SUPERATO IL CONFINE DELLA SERIE C: “MI CHIAMANO PER MISSIONI IMPOSSIBILI. SONO UNA SPECIE DI PRONTO SOCCORSO, SUCCEDE UN INCIDENTE, CHIAMANO ME ”– I SOLDI: “HO GUADAGNATO TANTISSIMO. LI HO BRUCIATI TUTTI, PENSO A...” – VIDEO -
Estratto dell’articolo di Paolo Tomaselli per il “Corriere della Sera”
Allena da più di 30 anni, non ha mai superato il confine della C. Eppure Ezio Capuano, tecnico del Taranto, è diventato di culto sui social per le esternazioni senza filtri.
«Lo so, ma quando rivedo certi video mi vergogno, perché quello non sono io: è il mio gemello scemo».
La tradisce la tensione?
«Purtroppo vivo il calcio pensando a chi non ha soldi per la pizza perché li spende per la partita».
A volte si commuove.
«Quando la vivi così, piangi pure, perché il calcio non è altro che l’essenza di emozioni. È l’attesa della gioia, come il Sabato del villaggio di Leopardi: quando la gioia si concretizza, poi non esiste più».
Con i calciatori com’è?
«Un allenatore deve essere come un padre e far crescere i giocatori: i miei figli li baciavo mentre dormivano, ma di giorno gli davo torto».
Le minacce di allenamenti all’alba sono rimaste tali?
«Sì. Sono autorevole e autoritario, ma niente follie».
In spogliatoio la democrazia non funziona?
«L’allenatore è un totem: devi essere seguito e per riuscirci devi essere meritocratico, onesto nelle scelte. Ma non tutti sono diligenti».
Cosa la fa arrabbiare?
«Gli orecchini al campo non ci devono essere, la musica nello spogliatoio non deve esistere. Un calciatore mi fa arrabbiare quando si allena male, quando non dà il meglio di se stesso e toglie la gamba in un contrasto».
Un giocatore diffuse l’audio in cui lei urlava «vi squarto» che le valse il Tapiro d’oro. Come l’ha vissuta?
«Quello che accade in uno spogliatoio non può essere riportato. Per me fu un fatto grave, fui costretto a mettere fuori il giocatore».
youtube
Zeman dice che lei non ha mai avuto grandi squadre, ma si fa sempre seguire dai giocatori. È così?
«Un allenatore deve valorizzare al meglio il materiale che ha. In uno spogliatoio devi portare dalla tua parte trenta persone, che non ti devono temere, ma rispettare e ritenere bravo. E lo devi dimostrare ogni giorno, con coerenza. Se sbagli una volta non ti seguono più».
[…]
Spesso l’hanno chiamata per le missioni impossibili.
«Per questo mi sono paragonato a Santa Rita da Cascia, protettrice dei casi disperati. Ma anche a Robin Hood. Sono una specie di pronto soccorso: succede un incidente, chiamano me. Ho fatto imprese e vissuto degli esoneri».
Anche per immoralità?
«In un Puteolana-Tricase di 21 anni fa mi fu chiesto di favorire il Tricase, vincemmo la partita e fui cacciato. La mia storia è una storia di grande professionalità e sensibilità: vivo per far felice la gente».
Qualche suo collega potrebbe risentirsi?
«Non lo so, io conosco la mia storia: non ho mai barattato una panchina importante per una categoria superiore».
Rifiutò l’Empoli in B?
«Sono un uomo d’onore e avevo un triennale col Modena. Poi sono stato l’unico tesserato che non ha preso un euro nel fallimento».
Ma non è che ha paura di allenare più in alto?
«Sono un uomo di grande coraggio: convivo con la paura, ma non mi faccio attanagliare. Purtroppo è mancato ad altri il coraggio di darmi questa possibilità. Perché poi avere a che fare con Capuano non è facile. Capuano non lo puoi gestire».
Ma chi è Ezio Capuano?
«Nell’intrinseco bisognerebbe conoscerlo. Nasco da una famiglia di cultura, anche a livello ecclesiastico, perché il fratello di mia madre è stato generale dei Domenicani.
Mio padre era professore universitario. Mio fratello è uno dei diabetologi più importanti, dirige l’azienda farmaceutica Lilly. Un altro fratello è stato manager della Menarini».
[…]  
I complimenti via social di Allegri per la salvezza del Taranto come nascono?
«Conosco un po’ tutti e con lui c’è un grande rapporto, nato quando ancora giocava».
Anche lui viene accusato di non dare spettacolo.
«L’essenza del calcio è risultato, il resto è aria fritta. Gioca bene la squadra che ha equilibrio. E un allenatore deve un essere bravo pittore: con i colori a disposizione deve fare un buon quadro. Ma nel calcio tutti possono parlare».
È vero che con Mourinho lei si definì «Mini One»?
«No, me l’hanno appioppato altri quel soprannome».
[…]
 «Mio padre non voleva che facessi questo mestiere, ma veniva a vedere le partite di nascosto. Era orgoglioso, non dava mai un cenno, anche se era illimitatamente felice».
Se non avesse allenato?
«Mi sarebbe piaciuto fare il giudice, perché avrei agito secondo principi sani, senza mai farmi influenzare».
youtube
Che rapporto ha coi soldi?
«Li ho bruciati, penso a far vivere bene la famiglia. Ho guadagnato tantissimo, senza dare mai valore al denaro».
Ma il gatto nero nella gara decisiva per il Taranto dello scorso campionato?
«Non so chi l’ha buttato, ma in quella porta abbiamo preso tre pali. La vittoria è stata portare cinquemila tifosi. Al mio arrivo erano trecento».
È il suo marchio.
«Friggo il pesce con l’acqua: mi interessa far crescere i giocatori, costruire».
Perché cita spesso il manicomio di Montelupo?
«Era vicino a Empoli e ci lavorava il suocero di Montella, che accompagnavo a Montelupo. Quando vedevo cose assurde, gli dicevo “sei da manicomio di Montelupo”. Ma uso spesso anche Alcatraz. Perché nel calcio si vede di tutto».
0 notes