#igiene urbana
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Novità a Porto Torres per i servizi di igiene urbana
Porto Torres. Con la nuova gestione dei servizi di igiene urbana affidata a Impresa Sangalli a Porto Torres arrivano tante novità per aiutare i cittadini a gestire al meglio la raccolta dei rifiuti. È online il nuovo portale http://www.portotorrespulita.it, che mette a disposizione in modo chiaro tutte le informazioni e i dettagli dedicati ai servizi di raccolta domestica e non solo. Gli abitanti…
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FLORIDIA. ISOLE ECOLOGICHE CRESCONO… IL RACCONTO DI GIUSEPPE BAZZANO
Solarino e altre città svolgono un servizio più continuo. Qui c’è sempre puzza. Guarda il servizio video di 2minuti
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AMAG Ambiente. Nuove regole per l’esposizione dei cassonetti condominiali ad Alessandria: responsabilità affidata ai condomini
AMAG Ambiente annuncia il cambiamento nelle modalità di gestione dei cassonetti condominiali, con supporto ai residenti e nuove opzioni operative.
AMAG Ambiente annuncia il cambiamento nelle modalità di gestione dei cassonetti condominiali, con supporto ai residenti e nuove opzioni operative. A seguito dell’atto di indirizzo della Giunta Comunale di Alessandria, sono in arrivo nuove disposizioni per l’esposizione dei cassonetti condominiali ad Alessandria. La responsabilità della gestione dei contenitori per la raccolta differenziata e…
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Brunico: il Questore chiude un bar, altri due sono stati messi sotto osservazione
Brunico: il Questore chiude un bar, altri due sono stati messi sotto osservazione. E' stata disposta, con Ordinanza del Questore della Provincia di Bolzano Paolo Sartori, un’operazione straordinaria di Polizia interforze che ha riguardato il territorio dei Comuni di Brunico e Bressanone, la quale ha interessato, in particolare, alcune aree urbane che le Autorità locali e gli stessi cittadini hanno segnalato essere state teatro di specifici episodi criminali di tipo predatorio e di fenomeni di degrado urbano. L’operazione di Polizia effettuata si colloca nel progetto di mantenere costante la presenza del le Forze dell’Ordine su tutto il territorio provinciale, mediante l’effettuazione di sistematiche e mirate attività di prevenzione generale e di controllo di Pubblici Esercizi in quei contesti comunali ove i Sindaci, nella loro funzione di Autorità Locali di Pubblica Sicurezza, hanno segnalato alle Autorità Provinciali – Questore e Commissario del Governo – la presenza di particolari problematiche attinenti alla sicurezza urbana. Tali attività di Polizia hanno lo scopo di monitorare sistematicamente tutto il territorio provinciale, assicurando una elevata visibilità della presenza delle Forze di Polizia, quei fenomeni di illegalità che causano una diffusa percezione di insicurezza nei cittadini, nonché quello di prevenire situazioni di turbativa dell’ordine e della sicurezza pubblica dovute ad episodi di microcriminalità, allo spaccio di sostanze stupefacenti nonché alla commissione di reati contro il patrimonio, oltre che alla presenza di individui non regolarmente presenti sul nostro territorio nazionale; esse, nella fase operativa, sono state integrate anche con la predisposizione di 4 Posti di controllo lungo le principali arterie stradali in ingresso ed in uscita dal territorio comunale. Il dispositivo di Polizia ha inoltre effettuato verifiche, estese agli avventori, presso 6 Esercizi pubblici. Al dispositivo interforze hanno concorso circa 20 donne e uomini della Questura di Bolzano, del Commissariato di P. S. di Bressanone e della Polizia Locale di Brunico, con il supporto del Reparto Prevenzione Crimine della Polizia di Stato. Varie e di diversa natura e gravità le irregolarità riscontrate in 2 Bar / Trattorie di Brunico, oltre ad 1 altro già chiuso nei giorni scorsi a seguito di precedenti controlli effettuati la scorsa settimana sempre su disposizione del Questore della Provincia di Bolzano: violazioni alla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro ed alle norme antincendio, violazioni alla normativa sul gioco d’azzardo, cibi senza etichettatura e già scaduti, violazione di basiche norme di igiene. Per tutti questi motivi sono state interessate le competenti Autorità e sollecitate le conseguenti, gravi sanzioni previste dalla legge. Complessivamente, nel corso della operazione di Polizia sono state identificate 108 persone, di cui 22 stranieri e 15 con precedenti Penali e/o di Polizia, 5 Esercizi pubblici e 22 veicoli. Al termine delle attività operative il Questore ha quindi adottato i seguenti Provvedimenti: • 2 Fogli di Via Obbligatori – Misura di Prevenzione Personale prevista dal Codice delle Leggi Antimafia – a carico di altrettanti soggetti gravati da precedenti penali e di Polizia, residenti in Comuni di altra Provincia e senza alcun titolo per permanere nel territorio del Comune di Bressanone; • 2 DACUR - Divieti di Accesso in Esercizi Pubblici nei confronti di altrettanti individui gravati da precedenti penali e/o di Polizia, che hanno creato turbative all’Ordine ed alla Sicurezza Pubblica. “Alcuni episodi delinquenziali di tipo predatorio che si sono verificati nelle zone oggetto dell’odierno controllo hanno fatto focalizzare le attività operative in specifiche aree dei territori comunali di Brunico e Bressanone – ha evidenziato il Questore Sartori al termine dell’operazione – Una costante e capillare attività di intervento in fase preventiva, in stretta sinergia con i Sindaci e le Amministrazioni comunali della intera Provincia, oltre a rendere concreta la percezione di sicurezza da parte dei cittadini ci consente, infatti, di far fronte e di tenere sotto controllo le diverse espressioni di illegalità che ci vengono segnalate”.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Equipe di veterinari impegnata nella prevenzione del randagismo: effettuate 130 sterilizzazioni e applicati 40 microchip
Equipe di veterinari impegnata nella prevenzione del randagismo: effettuate 130 sterilizzazioni e applicati 40 microchip Una equipe guidata dal responsabile dell'Unità operativa tecnico Igiene urbana e lotta al... #SiciliaTV #SiciliaTvNotiziario Read the full article
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Ogni anno, in Italia, il 64% delle sigarette fumate in luoghi pubblici, tra cui parchi, giardini, piazze e strade, viene smaltito in modo improprio, abbandonando il mozzicone a terra. In Italia c’è ancora poca consapevolezza del fenomeno del littering di mozziconi e piccoli rifiuti e della necessità di arginarlo, al punto che il 40% dei cittadini ignora l’esistenza di una normativa specifica contro l’abbandono dei rifiuti di piccole dimensioni, che porta gravi conseguenze per l’ambiente sotto il profilo dell’inquinamento, con ricadute negative non solo dal punto di vista sociale, ma anche dei costi dei servizi di igiene urbana. La Campagna “Piccoli gesti, grandi crimini”, realizzata per il quarto anno consecutivo da Marevivo, in collaborazione con BAT Italia e con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e del Ministero per la Protezione Civile e le Politiche del Mare, nasce proprio per contrastare questo fenomeno, che si origina da un gesto - abbandonare un mozzicone o un piccolo rifiuto nell’ambiente - spesso considerato “piccolo” da chi lo compie perché non ha contezza dei grandi danni che può provocare alla flora e alla fauna terrestre e marina. Dal 2021 la campagna ha consentito di risparmiare al Pianeta un totale di 3.164.676 mozziconi, pari a 1,56 tonnellate. Un numero che potrebbe coprire uno spazio di trecentoventisei ettari pari a circa quattrocentosessantasei campi da calcio. Per la sua IV edizione la campagna ha coinvolto Milano, Napoli, Trieste e Firenze, e ha previsto oltre ad attività di informazione e sensibilizzazione dei cittadini anche un monitoraggio di dati satellitari di alcune aree di maggior afflusso di persone delle città coinvolte realizzato da JustOnEarth, start up italiana specializzata in Intelligenza Artificiale, Computer Vision e Remote Sensing Satellitare. L’iniziativa ha consentito non solo di misurare l’efficacia di queste azioni, ma ha permesso anche di fornire alle amministrazioni locali dati utili per capire e prevenire il fenomeno del littering. A questo si sono aggiunti anche sondaggi qualitativi sulla sensibilità ambientale dei cittadini e sulle principali cause del littering. Per informare e sensibilizzare le persone, nelle piazze di Napoli e Firenze è stata realizzata un’installazione di grande impatto: una «scena del crimine» in cui, accanto alle sagome delle vittime raffiguranti tartarughe, pesci o altri animali marini è stata posta la riproduzione gigante di un mozzicone e di altri rifiuti come simboliche “armi del delitto”. A Milano, invece, è stata presentata, nella cornice della Milano Design Week, Re-generation, l’opera di street art anamorfica dall’artista Cosimo Caiffa, in arte “Cheone”, per ispirare il pubblico attraverso l’arte sul tema della sostenibilità ambientale; mentre a Trieste è stata collocata la sagoma di oltre venti metri di un delfino, il simbolo di Marevivo, al fianco della quale era presente la riproduzione in scala gigante di un mozzicone. L’installazione si è accesa con la proiezione di una “heat map” che evidenziava idealmente le aree colpite dal littering a basso, medio ed alto rischio. I volontari di Marevivo hanno inoltre distribuito oltre trentamila posacenere tascabili e riutilizzabili in plastica riciclabile nei luoghi più frequentati delle città. Anche la SICS - Scuola Italiana Cani Salvataggio, associazione di volontariato che si occupa della formazione e dell’impiego operativo dei cani da salvataggio nautico e dei loro conduttori, ha preso parte alla campagna attraverso la presenza in alcune spiagge del territorio nazionale per ampliare le attività di sensibilizzazione a favore della riduzione del littering. I risultati finali della campagna sono stati presentati a bordo della Nave Palinuro della Marina Militare alla presenza del Comandante Samuele Mondino, di Raffaella Giugni (Responsabile Relazioni Istituzionali di Marevivo), Fabio de Petris (Amministratore Delegato di BAT Italia), Luigi Borgogno, (General
Manager di JustOnEarth), Maria Cristina Pedicchio (Responsabile di Marevivo Friuli Venezia Giulia) e Andrea Di Paolo (Presidente di BAT Trieste). Il monitoraggio, effettuato attraverso l’interpretazione con AI di dati satellitari e altre fonti da parte di JustOnEarth ha consentito di osservare, misurare, raccogliere ed elaborare i dati relativi al fenomeno del littering prima, durante e dopo le attività di informazione e sensibilizzazione realizzate durante la campagna “Piccoli gesti, grandi crimini” 2023, suddividendo il territorio urbano di ciascuna delle città in tre fasce di rischio (“alto”, “medio” e “basso”), incrociando i dati sul littering, le caratteristiche urbanistiche e la tipologia di azioni implementate in ciascuna di esse. La campagna ha portato a una riduzione media del 59% del littering da mozzicone nell’ambiente e, in particolare, -73% di littering a Milano, -62% a Napoli, -58% a Trieste e -43% a Firenze. Per la realizzazione di questa analisi JustOnEarth si è avvalsa di una tecnologia particolarmente avanzata di monitoraggio e intelligenza artificiale che ha permesso di interpretare e trasformare le immagini fornite dai satelliti del progetto “Copernicus” dell’Agenzia Spaziale Europea e da altre fonti, con un livello di precisione del 98,3%. I risultati della campagna e le analisi svolte vogliono anche essere elementi preziosi a supporto delle Amministrazioni locali per implementare una serie di accorgimenti nelle loro politiche ambientali: da una più efficiente localizzazione dei cestini sul territorio urbano ad una pianificazione più efficace dei turni dei servizi di pulizia stradale, fino al rafforzamento dei controlli e delle sanzioni, tenendo in considerazione il grado di rischio delle differenti zone della città. I cittadini delle quattro città coinvolte, secondo un sondaggio qualitativo, hanno dimostrato una diffusa sensibilità sulle tematiche ambientali e dal quale si evince che in tutte le città sia stato alto il livello di attesa e soddisfazione verso la campagna “Piccoli gesti, grandi crimini” e si sia registrato un particolare ottimismo sull’utilizzo delle tecnologie nell’approccio a tematiche ambientali. Positivo anche il giudizio sull’utilità dei posacenere tascabili: a Napoli il 62,4% degli intervistati lo ritiene uno strumento utile di prevenzione dell’abbandono dei mozziconi, e il 59,1% sarebbe favorevole ad imporre l’obbligo di legge per i fumatori di averlo sempre con sé. Sulla stessa linea anche i dati di Milano, Trieste e Firenze dove rispettivamente il 38,5%, il 45,5% e il 53,8% dei cittadini lo ritiene utile, mentre all’obbligo di legge sono favorevoli sempre il 38,5% dei milanesi, il 43,2% dei triestini, il 49,6% dei fiorentini. «Dei sei trilioni di sigarette fumate in tutto il mondo, 4,5 finiscono ogni anno nell’ambiente. Solo in Italia se ne contano quattordici miliardi. I mozziconi di sigaretta sono i rifiuti più diffusi sulle spiagge e tra i più presenti nel Mediterraneo, insieme a bottiglie, tappi, lattine e a tanti piccoli oggetti che si sminuzzano e diventano microplastiche, minacciando gravemente il mare e la nostra stessa salute. I risultati incoraggianti della nostra campagna PGGC ci dimostrano, ancora una volta, quanto sia importante investire in attività concrete per promuovere e sensibilizzare», dichiara Raffaella Giugni, Responsabile Relazioni Istituzionali Marevivo. «Quest’anno abbiamo distribuito oltre trentamila portamozziconi, anche in spiaggia, affisso pannelli informativi e provocato cittadini e istituzioni installando nelle città coinvolte la oramai celebre “scena del crimine”. Proprio qui, grazie all’utilizzo della tecnologia basata sul rilevamento satellitare, si è registrata una diminuzione della dispersione dei mozziconi media di quasi il 50%. I dati emersi ci spronano a proseguire con questo importante lavoro congiunto di ricerca e analisi, necessario anche per rafforzare il dialogo con le Istituzioni. In Italia c’è ancora poca consapevolezza
sul problema del littering: il 40% dei cittadini ignora l’esistenza di una normativa specifica contro l’abbandono dei rifiuti di piccole dimensioni e nessuno teme sanzioni amministrative. È importante, quindi, non solo educare al corretto conferimento di questa tipologia di rifiuti ma anche lavorare affinché le leggi già esistenti siano applicate e fatte rispettare. In questi 4 anni abbiamo fatto tanto, ma non è ancora abbastanza. Noi andremo avanti perché siamo convinti che solo l’unione di tanti piccoli gesti corretti può portare ad un cambiamento reale». «BAT è da sempre impegnata nella realizzazione di un futuro migliore, A Better Tomorrow��, per ridurre l’impatto del proprio business sulla salute, adottando standard ambientali sempre più elevati in tutte le fasi della propria catena del valore e lo fa anche grazie ad iniziative come Piccoli gesti, grandi crimini. Questa campagna ha un ruolo fondamentale nella nostra agenda H-ESG, grazie ad un approccio scientifico basato sui dati, a partnership autorevoli, ad attività e impatti misurabili, in grado di stimolare una sinergia virtuosa tra Istituzioni pubbliche, aziende e cittadini e i risultati che presentiamo ne esprimono il successo», ha commentato Fabio de Petris, Amministratore Delegato di BAT Italia. «Per migliorare l'ambiente nel quale viviamo è necessario in primis cambiare l’approccio culturale, e ciò è possibile solo rendendo accessibili, a cittadini e amministrazioni, le corrette informazioni. JustOnEarth, avvalendosi di propri sistemi di Intelligenza Artificiale e machine learning, misura ed interpreta quasi in tempo reale e senza alcun limite di tempo e spazio, fenomeni quali l'inquinamento prodotto dal flusso antropico, la quantità di littering, la qualità dell’aria ad esso correlata e molto altro. Interpretando dati provenienti da satelliti ed altre fonti e sviluppando simulazioni predittive, grazie anche alla realizzazione di digital twins delle città prese in esame, è possibile intercettare problemi e dare le giuste informazioni a comunità e a PA, che si dimostrano, anno dopo anno, sempre più proattive e sensibili alle tematiche ambientali, consentendoci di riscontrare risultati sempre più incoraggianti, come quelli presentati», ha commentato Luigi Borgogno, General Manager di JustOnEarth.
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Iren ha perfezionato l'acquisto del 36,56% del capitale della società Sistema Ambiente
Iren ha acquisito una partecipazione nella società Sistema Ambiente attraverso una gara pubblica indetta dalla curatela fallimentare della società Daneco Impianti che precedentemente deteneva la quota oggetto dell'operazione. Sistema Ambiente gestisce il servizio di raccolta e di igiene urbana nel territorio del comune di Lucca, che fa parte dell'Ambito Territoriale Ottimale Toscana Costa, che comprende le province di Lucca, Massa Carrara, Pisa e, in parte, Livorno. La società serve circa 90.000 abitanti e raccoglie 58.000 tonnellate all'anno di rifiuti, con una percentuale di raccolta differenziata pari all'81%. Il mantenimento della presenza di un socio privato in Sistema Ambiente permette la prosecuzione della concessione in essere fino alla scadenza del 2029. Dopo i comuni di Arezzo, Grosseto e Siena, parte dei 104 comuni dell'ATO Toscana Sud e il comune di Livorno, serviti dal gruppo Iren, si aggiunge quindi il comune di Lucca, capoluogo di provincia che in Toscana ha le migliori prestazioni sulle raccolte differenziate. Read the full article
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Storia della fotografia documentaria – Seconda parte
di Guillaume Blanc da https://www.blind-magazine.com (trad. G.M.)
--- La sfida sociale: documentare per riformare
--- Accanto agli sviluppi di cui la fotografia ha beneficiato, ed a quelli che ha sostenuto nel campo del sapere scientifico e archivistico, l'Ottocento è stato anche un campo di sperimentazione per la fotografia dal punto di vista sociologico. Mentre le grandi città occidentali si stanno modernizzando cercando di migliorare la loro logica urbana, la loro sicurezza e la loro igiene, cresce l'attenzione rivolta alle fasce sociali più svantaggiate. Si presume che, perché una città sia sana, sia necessario in particolare porre rimedio alla misera situazione delle classi lavoratrici che spesso vivono in quartieri fatiscenti, sporchi e pericolosi. La fotografia giocherà un ruolo importante nella conoscenza di questi ambienti sociali, mostrandone le reali condizioni di vita attraverso immagini,
Empire State Building, New York, 1931 © Lewis Hine
Lewis Hine (1874-1940), formatosi in pedagogia e sociologia, cercò di utilizzare la fotografia come documento a supporto dei suoi sforzi investigativi. Sviluppa così un rapporto completamente diverso con i suoi soggetti, che nasce molto meno da un atteggiamento predatorio come Riis che da una genuina benevolenza nei loro confronti. La sua prima serie importante, Climbing into America ("Sbarcare in America"), iniziata nel 1904, lo testimonia: Hine ritrae i migranti confinati a Ellis Island, l'isola dove venivano messi in quarantena gli immigrati che arrivavano a New York. Mentre gli abitanti li fantasticano e li immaginano nella loro luce peggiore, sviluppando un crescente movimento di xenofobia con i crescenti arrivi di migranti, Hine cerca, attraverso le sue fotografie, di ispirare benevolenza e rispetto piuttosto che paura. Con ritratti delicati, talvolta ricorrendo a forme classiche della storia dell'arte, come nel caso di questa Madonna col Bambino, sviluppa una fotografia documentaria sensibile, facendo appello alle emozioni dello spettatore.
È la stessa strategia che lo guiderà dal 1906, quando inizia una collaborazione con il Comitato Nazionale sul Lavoro Minorile, che lo occuperà per dodici anni. Negli Stati Uniti in questo momento si stima che due milioni di bambini siano costretti a lavorare: occorre quindi far reagire l'opinione pubblica per avviare azioni politiche e portare al divieto totale del lavoro minorile ed alla condanna dei loro “datori di lavoro”. Qui la fotografia si riallaccia al suo valore probatorio: ogni volta che Hine ritrae un bambino che lavora illegalmente, aggiunge aggiunge un elemento di prova alla causa del lavoro minorile. Allo stesso tempo, le sue immagini contengono anche una carica emotiva capace di sensibilizzare l'opinione pubblica sulle condizioni di vita di questi bambini. Hine vi aggiunge, come aveva fatto per i migranti, osservazioni scritte che operano anche sul doppio registro prova/emozione.
Madonna col Bambino, Ellis Island, 1908 © Lewis Hine
Hine si occupa anche della presentazione delle sue immagini e utilizza diversi mezzi: dalle conferenze con proiezione, attraverso manifesti, pubblicazioni, persino mostre, Hine non esita a utilizzare metodi pubblicitari per dare sempre più forza alle sue immagini attraverso la loro diffusione. In particolare, ha sviluppato il concetto di fotoracconto, una sorta di discorso visivo scandito dal testo, che è venuto a costituire per lui, sociologo, il cuore della pratica documentaristica.
L'associazione dell'immagine e del testo è ampiamente imposta nei decenni tra le due guerre, in quanto la fotografia documentaria, è diffusa principalmente dalla stampa, in particolare attraverso il modello del reportage illustrato da fotografie, che riunisce giornalisti, specialisti o scrittori e fotografi. Tuttavia, negli anni Trenta, i contorni della fotografia documentaria si fanno più netti e sono sempre più oggetto di dibattito, che si concentra in particolare sulla questione dello stile. Inizia così a prendere piede una pratica diffusa, che si era sviluppata in ambienti molto diversi. Gli anni tra le due guerre furono segnati da due fenomeni che guidarono questo sviluppo: da un lato, il risveglio di una fibra sociale e politica di fronte alla Grande Depressione che imperversava negli Stati Uniti; dall'altro, il sempre più affermato riconoscimento della fotografia come arte con il suo utilizzo da parte delle avanguardie europee come il Surrealismo. La fotografia documentaria, come nota lo storico Olivier Lugon, aveva dunque in quel momento la possibilità di una duplice riforma, sociale e artistica, intesa come “capacità di risorsa”.
Messenger Boy per la Mackay Telegraph Company, Waco, Texas, 1913 © Lewis Hine
Il termine stesso "documentario", usato nel cinema per designare la rappresentazione nuda e cruda della realtà e in contrasto con i film degli studi di Hollywood, apparve nel 1928. Fu ripreso molto rapidamente nella fotografia, sia in francese che in tedesco e inglese. È da questo momento che il documentario si costruisce attorno all'idea che è necessario testimoniare i fatti senza scadere in una rappresentazione superficiale e mobilitando un trattamento creativo.
L'incarnazione più famosa di questo approccio rinnovato è la campagna fotografica della Farm Security Administration (FSA) , che ha fatto emergere il documentario come un genere a sé stante. La FSA è stata creata nel 1935 come parte del New Deal, la risposta politica alla crisi economica. Deve venire in aiuto dei piccoli contadini americani. Diretto dall'economista Roy Stryker, questo programma fotografico ha grandi ambizioni e riunisce due grandi tendenze nel progetto documentaristico, offrendo sia una testimonianza sociale che un'indagine sul patrimonio, per agire sul presente e per preparare il futuro. Tra i quindici fotografi reclutati, quattro si distinguono e testimoniano le sfide della FSA:Arthur Rothstein, Ben Shahn, Walker Evans e Dorothea Lange .
Arthur Rothstein (1915-1985) propone una fotografia molto narrativa, gioca sull'emozione: moltiplica gli effetti, con angoli di visuale come luci drammatiche e si affida anche a sinossi prestabilite, a monte dei reportage. Presuppone quindi che si possa camuffare, se non organizzare la realtà per meglio restituirla. Questa flessibilità che si concede non è però priva di pericoli: non solo viene denunciata un'estetizzazione della povertà, ma viene anche accusato di produrre falsa documentazione, ad esempio quando utilizza un teschio di bue – simbolo della siccità e della miseria contadina – che sposta per averlo su diversi sfondi. Ma Stryker lo sostiene con forza: lui stesso prepara dei shooting scripts, quasi degli scenari fotografici, che poi consegna ai fotografi.
Ben Shahn (1898-1969) , nel frattempo, è particolarmente guidato nella sua pratica dalla sua attività principale, la pittura. Nel filone del realismo sociale, in voga negli ambienti artistici di sinistra dell'epoca, ricerca soggetti che gli permettano di trovare un equilibrio tra dimensione simbolica e rappresentazione oggettiva della realtà.
Madre migrante, 1936 © Dorothea Lange
Dorothea Lange (1895-1965) è stata una delle fotografe più influenti della FSA. Dapprima fotografa di studio, si interessa alla strada negli anni '30, vittima indiretta della crisi. Iniziò nel 1935 a collaborare con Paul S. Taylor, professore di economia politica che divenne suo marito. Insieme hanno messo a punto una strategia che unisce testo e immagini, permettendo di associare la fotografia a dichiarazioni di informazioni importanti, che ne guidano la lettura. Prende la stessa idea durante il suo lavoro per la FSA, durante il quale produce alcune delle immagini più forti della missione. Scopriamo un approccio sensibile, veramente attento ai problemi che affronta. Vi associa molte note. I suoi rapporti con Stryker, che ha deciso da solo lo sfruttamento delle foto, sono stati delicati, ma Lange ha colto l'occasione per portare avanti il suo progetto e ha dato alla luce il libro An American Exodus A record of human erosion, scritto insieme al marito. Costituisce un equivalente di ciò che il cinema può fornire in termini di documentari: una voce fuori campo con commenti teorici, una voce fuori campo con testimonianze riportate e l'immagine attraverso la fotografia. Il fatto di citare direttamente le persone rappresentate permette di rimanere il più vicino possibile alla realtà della loro situazione.
Accanto a Lange, anche Walker Evans (1903-1975) costruisce una singolare posizione che sarà decisiva per la storia del documentario. Prendendosi grandi libertà con le istruzioni di Stryker, estende il programma a una più ampia documentazione della cultura vernacolare americana. Le sue fotografie adottano uno stile dalle caratteristiche marcate : uso di una fotocamera di grande formato, descrizione meticolosa nei dettagli con perfetta nitidezza, una composizione chiara e frontale, per dare un'immagine che assume una forma di neutralità. Così, Evans costruisce un approccio che può sembrare contraddittorio: la cancellazione di qualsiasi presenza o intervento dell'autore costituisce in ultima analisi una firma. Porta così l'idea che il documento fotografico non ha solo una funzione (testimoniare) ma anche una forma. Propone così quello che chiama uno “stile documentaristico” in un atteggiamento decisamente modernista. Spinge ulteriormente questa logica con una mostra al MoMA , American Photographs , presentata nel 1938. Il catalogo alla stessa dedicato presenta le fotografie liberate da qualsiasi testo, le didascalie vengono restituite alla fine del libro. Le immagini devono quindi produrre significato da sole, in un approccio opposto a quello di Lange. La varietà delle immagini (ritratti, scene di strada, vedute architettoniche, pubblicità, ecc.) offre quindi meno un resoconto su un argomento che uno stato della cultura americana negli anni '30. Lo stesso principio di potenziamento delle immagini governa il libro Let Us Now Praise Famous Men co-pubblicato con lo scrittore James Agee, prodotto nel 1936 e pubblicato nel 1941: le immagini di Evans sono presentate all'inizio del libro, prive di testo, e forniscono un'ambientazione immaginaria che orienterà la lettura del romanzo successivo . Con le sue strategie, Evans fa del documentario un'arte a sé stante.
Stand lungo la strada vicino a Birmingham, Alabama, 1936 © Walker Evans
Se la FSA ha segnato così tanto la storia della fotografia documentaria, è ovviamente per le sue dimensioni e grazie ai fotografi che l'hanno nutrita con le loro immagini. Ma è stato anche un lavoro collettivo, che è un aspetto importante del documentario sociale. In linea con le idee riformiste della sinistra, il primato del collettivo sulla singolarità dell'autore permette di evidenziare una forma di ritiro, dove l'artista si nasconde dietro il suo impegno per una causa che lo supera.
Dagli anni '20, possiamo osservare un movimento internazionale di fotografia della classe operaia promosso dal Partito Comunista. Così si pensava in Germania l' Arbeiter Illustrierte Zeitung (AIZ, Giornale illustrato dell'operaio ), pubblicato dal 1926 al 1933: proletari e lavoratori sono chiamati a produrre una propria documentazione per descrivere le proprie condizioni di vita più vicine alla realtà.
L'idea si fece strada negli Stati Uniti dove nel 1930 fu creata una Workers Film and Photo League, guidata principalmente da Paul Strand e Berenice Abbott, basata su due particolarità: la messa al lavoro del proletariato stesso per garantire la propria documentazione, ma anche l'associazione del cinema e dei documentari fotografici. Cinque anni dopo la sua creazione, però, all'interno della Lega si verificò una scissione che diede vita a due distinte organizzazioni, una legata al cinema e l'altra alla fotografia, allora semplicemente chiamata The Photo League. Diventa una specie di scuola, i cui programmi si basano su progetti di documentazione collettiva. Il più famoso di questi è diretto da Aaron Siskind (1903-2001) e intitolato Harlem Document. Le immagini risultanti sono venate di sentimentalismo, a differenza dell'approccio di Evans: giochiamo su una drammatizzazione della luce, e la presenza del fotografo è più palpabile. La carriera di Aaron Siskind, che dalla fine degli anni Quaranta ha abbandonato ogni desiderio di testimonianza per dedicarsi alla ricerca formale astratta, indica chiaramente il cambiamento avvenuto nel campo del documentario con la seconda guerra mondiale e dopo di essa.
Il documentario, infatti, si rinnova radicalmente dagli anni 40. La sua forma tradizionale, incentrata su temi difficili, è associata agli anni bui della crisi, al punto da rifiutare addirittura l'uso del termine documentario. Ci rivolgiamo a una fotografia molto più lirica, meno programmatica, che costituisce un'indagine su alcuni aspetti della vita quotidiana del dopoguerra, molto più di qualsiasi forma di attivismo fotografico come avveniva prima. La fotografia documentaria si concentra quindi meno su una questione sociale circoscritta che su un'archiviazione della vita quotidiana, sviluppando però un interesse mirato per alcuni suoi aspetti da parte di ciascun fotografo. È soprattutto in Francia che si esprime questo movimento di rinnovamento, attraverso quella che verrà poi chiamata fotografia umanista.
Robert Doisneau (1914-1992) ne è uno dei più eminenti rappresentanti. Originario della periferia di Parigi, non ha mai smesso, nel corso della sua carriera, di produrre immagini venate di umorismo sulle piccole cose e le piccole persone della vita quotidiana. Spesso costruendo le sue immagini su un modello di valori morali opposti, Doisneau cerca di rappresentare ciò che la Francia del dopoguerra, in via di modernizzazione, conserva come pittoresco. È il caso, ad esempio, di una serie prodotta dalla vetrina di un negozio , dove Doisneau registra le reazioni dei passanti davanti a un quadro osceno, cercando d mettere in luce le divergenze morali tra il borghese e il proletario.
Lo stesso vale per Willy Ronis (1910-2009), che amava particolarmente la Parigi delle piccole strade acciottolate, in particolare attraverso un progetto a lungo termine nei quartieri popolari di Belleville e Ménilmontant, dove ha fatto emergere figure iconiche, come il bambino con la baguette.
È comunque attraverso una scrittura fotografica spontanea che si sviluppa questo nuovo documentario, e questo, per effetto di ritorno, circola negli Stati Uniti e altrove. I fotografi che sviluppano questo nuovo tono decisamente libero prendono in parte a modello la letteratura – a volte lavorano direttamente con gli scrittori – ed è spesso sotto forma di libro che il loro lavoro viene distribuito, al di là dell'uso delle loro fotografie per illustrare reportage scritto sulla stampa.
È il caso del libro Life is Good & Good For You in New York di William Klein (1928-2022), pubblicato nel 1956. Con questo libro, egli revoca completamente le raccomandazioni di un Evans in fatto di stile: Klein interviene direttamente su le stampe, pratica la sovrastampa e cerca di evidenziare elementi grafici che fanno scivolare la fotografia documentaristica verso un'espressione del tutto soggettiva. È uno status di autore che William Klein rivendica cercando di dare un'interpretazione del suo soggetto che sia unica per lui.
Trolley – New Orleans, 1955 © Robert Frank
In uno stile completamente diverso, Robert Frank (1924-2019), fotografo svizzero, pubblicò il suo famoso libro The Americans nel 1958. Realizzato con 83 fotografie e poi regolarmente ristampato con lievi variazioni, costituisce una deriva nella società americana del dopoguerra che Frank ha trascritto con occhio personale. Gli angoli di vista o il soggetto spesso indicano l'esperienza della presenza nella scena. Frank cerca così di ripristinare la propria esperienza dell'America con un interesse centrale per la figura umana, indipendentemente dal luogo o dalla classe sociale documentata.
Anche il fotografo e regista olandese Johan van der Keuken (1938-2001) cerca di dare uno sguardo a una società straniera. Con sede a Parigi, nel 1963 pubblica Paris Mortal , un libro che raccoglie le impressioni del fotografo sui suoi vagabondaggi nella Parigi operaia, giorno e notte. Emerge la sensazione di un approccio molto personale, dove è l'incontro spontaneo con l'altro a prevalere, molto più della ricerca di soggetti che possano corrispondere a un progetto prestabilito.
Lo stesso vale per Ed van der Elsken (1925-1990), anche lui olandese. Con Une histoire d'amour à Saint-Germain-des-Prés pubblicato nel 1956, abbandona completamente l'imperativo documentaristico di rappresentare la realtà così com'era: basandosi sulle fotografie di una banda di giovani bohémien parigini, finisce per creare una finzione. In particolare, gioca sull'organizzazione delle sue sequenze di immagini per sviluppare una sorta di scenario, e lavora sul layout per stabilire un ritmo, Elsken è molto ispirato dal jazz e dal cinema. Anche in questo caso la nozione di documentario è dunque associata a un'espressione soggettiva molto marcata.
Negli anni '60 negli Stati Uniti viene dato nuovo respiro al progetto documentaristico con la riscoperta dell'opera di Evans ma anche e soprattutto con l'elezione, da parte del MoMA, di nuovi rappresentanti. Il curatore incaricato della fotografia, John Szarkowski, propose infatti nel 1967 una mostra intitolata New Documents che riuniva tre giovani fotografi: Diane Arbus, Lee Friedlander e Garry Winogrand. Questi tre differirebbero dai loro predecessori in quanto cercherebbero di non lavorare per lo scopo della riforma sociale, ma per ripristinare la loro esperienza della società e mostrare la loro empatia, senza giudizio morale.
Diane Arbus (1923-1971) produce immagini riconoscibili per il paradosso su cui si basano: sono entrambe distanziate ma molto intrise di delicatezza. Interessata ai margini della società, vi trova soggetti eccezionali e accattivanti: travestiti, freaks, nani o i suoi famosi gemelli . In un certo senso, riprende da sola il progetto di Sander, ma se ne appropria e lo distingue per la sua concentrazione sugli emarginati. Così, come direbbe Walker Evans, “lo stile di Arbus è tutto incentrato sul suo soggetto.“
Gemelli identici, Roselle, New Jersey, 1967 © Diane Arbus
Lee Friedlander (1934-) sviluppa uno stile inaspettato nella sua documentazione della città americana. Piuttosto che cercare di rappresentarne l'organizzazione regolare e ortonormale, rintraccia tutto ciò che appartiene al caos della vita moderna nel tentativo di trovarvi un ordine visivo. Fotografando finestre e i loro riflessi, gli attraversamenti irregolari dei passanti o grazie a inquadrature insolite , sviluppa una sorta di virtuosismo che porta il suo progetto verso forme d'arte come il collage o la pittura astratta. Con la sua pratica documentaristica, Friedlander adotta un atteggiamento modernista, giocando sulle specificità del mezzo fotografico.
Garry Winogrand viene dal fotogiornalismo. Nella sua pratica documentaristica, prende la strada come suo terreno e lavora principalmente con grandangoli, con inquadrature spesso inclinate. Winogrand dà effetto per rafforzare le linee della sua composizione , e permette di percepire le cose da una nuova angolazione che solo la fotografia può permettere. Lui stesso dirà del proprio lavoro: “Fotografo per vedere come appaiono le cose una volta fotografate”.
Se la fotografia documentaria, che ha vissuto il suo massimo splendore nel periodo tra le due guerre, si è progressivamente distaccata dai suoi impegni politici riformatori, è anche perché questa funzione di denuncia poteva circolare meglio attraverso la stampa.
New York, 1966 © Gary Winogrand
Fotogiornalismo: documentare per informare
La storia del fotogiornalismo è simile a quella della fotografia documentaria in quanto anch'essa è incentrata sulla fotografia intesa come mezzo di informazione. Queste due storie però non si sovrappongono: nel contesto del fotogiornalismo, è soprattutto l'evento che deve essere documentato, ed è quindi il ritmo della storia mondiale che detta il contenuto del fotogiornalismo. I fotoreporter, indipendenti o che lavorano in agenzia, hanno l'obbligo di essere presenti agli eventi che richiedono di essere illustrati per immagini. Va inoltre aggiunto che nell'ambito del fotogiornalismo, lo scopo principale della fotografia è quello di essere riprodotto sulla stampa, in relazione a un testo relativo agli eventi trattati.
È con l'immagine di un conflitto che inizia la storia del fotogiornalismo. Durante la Rivoluzione francese del 1848, un fotografo di nome Thibault, di cui si sa poco, fotografò le barricate dei rivoluzionari in rue Saint-Maur, a Parigi. Questa sarà la prima fotografia utilizzata in un giornale illustrato. Tuttavia, le tecniche di riproduzione disponibili non consentono la riproduzione diretta della fotografia, che deve quindi essere tradotta in incisione per poterla diffondere.
Fu durante la guerra di Crimea (1853-1856) che allestimmo davvero, per la prima volta, un reportage fotografico. The Illustrated London News utilizza le fotografie di Roger Fenton (1819-1869), il primo fotografo di guerra ufficiale, commissionato dal governo inglese. Fenton produce un reportage completo, documentando tutti gli aspetti di questa guerra: i suoi effetti sulle truppe, i campi di battaglia, i momenti di riposo... Una famosa fotografia inaugura anche un problema che sarà dibattuto lungo tutta la storia del fotogiornalismo: Fenton avrebbe forse dato nella messa in scena, contro ogni imperativo di obiettività. Il resto delle sue immagini mostra infatti che era in grado di spostare le palle di cannone per posizionarle sulla strada, per renderle più visibili e rendere così più drammatica la scena.
Valle dell'ombra della morte, 1855 © Roger Fenton
Anche Matthew Brady (1822-1896), che si era già fatto un nome realizzando ritratti di personalità americane, diede impulso allo sviluppo del fotogiornalismo. Con una ventina di compagni di squadra - l'attrezzatura era molto ingombrante all'epoca - ha percorso la Guerra Civile (1861-1865), riportando quasi 10.000 lastre fotografiche che testimoniano tutti gli aspetti di questa guerra, alcune fotografie che offrono già una forma classica, evocando i codici della pittura storica.
Fu soprattutto negli anni 1880-1910 che furono compiuti i progressi più convincenti, portando il fotogiornalismo sulla strada della sua forma moderna. Ciò è in parte dovuto alle innovazioni tecniche. Innanzitutto, ora è possibile riprodurre direttamente le fotografie grazie al processo mezzitoni: The Daily Graphic, quotidiano di New York, pubblica la prima fotografia riprodotta sulla stampa senza essere tradotta in un'incisione il 4 marzo 1880. Progressi compiuti in questa direzione ha permesso, alla fine del secolo, di stampare fotografie contemporaneamente al testo, il che ha ridotto notevolmente i tempi necessari per produrre un giornale illustrato. Poi, nel 1887, fu inventato il flash, che permetteva di documentare i soggetti al chiuso o al buio. Infine il francese Édouard Belin (1876-1963) inventò nel 1913 una macchina, il belinografo, che permetteva la trasmissione di fotografie via cavo. Il fotogiornalismo aveva quindi, a quel tempo, tutti gli ingredienti tecnici che permettevano di pubblicare un'immagine rispettando il ritmo della notizia, cioè con quasi immediatezza.
Dal 1900 vi è stato anche un rinnovamento dell'organizzazione che ha modernizzato il fotogiornalismo. Stiamo infatti assistendo alla nascita delle agenzie fotografiche, che permettono ai fotografi di essere sindacalizzati. Quindi consegnano le loro fotografie direttamente all'agenzia, che le ridistribuisce ai giornali. L'agenzia francese Rol (1904-1937) ad esempio, prima si specializzò nel reportage fotografico sportivo, poi allargò i suoi argomenti a tutta l'attualità come dimostra il suo fondo, è uno dei pionieri in questo campo. Grazie a queste nuove strutture, la stampa ha sempre un serbatoio di immagini per illustrare i propri articoli. È questo che determina una vera e propria professionalizzazione dell'ambiente, ormai sedimentato come carta da musica, pronto a dare un'immagine di ogni evento significativo del mondo.
Poi arriva un periodo che è considerato l'età d'oro del fotogiornalismo. Negli anni '30-'50, la comparsa di macchine fotografiche di ottima qualità ma di dimensioni ridotte, come la famosa Leica utilizzata in particolare da Henri Cartier-Bresson (1908-2004), offre una flessibilità completamente nuova. Nascono così nuovi tipi di giornali, che offrono uno spazio più importante alla fotografia che al testo, e talvolta hanno i propri fotografi incaricati. Tra queste riviste, alcune hanno stravolto radicalmente i codici del fotogiornalismo. Non solo offrono una qualità di riproduzione rispetto ai titoli della stampa quotidiana che conferisce alla fotografia giornalistica le sue lettere di nobiltà, ma la loro impaginazione è anche particolarmente elaborata, per mettere l'immagine al centro del soggetto.
Copertina della rivista LIFE del 23 novembre 1936 © TIME Inc
È il caso, ad esempio, del celebre settimanale LIFE (1936-1972), che fin dal suo primo numero propone una nuova formula: si occuperà di attualità lasciando un buon posto ai volti noti, partecipando così alla costruzione del sistema stellare. LIFE assume alcuni dei fotografi più famosi e coprirà tutti gli eventi più importanti del suo periodo. Margaret Bourke-White (1904-1971) ha abbellito la copertina del suo primo numero, permettendo a LIFE di lasciare il segno con la sua formula visiva unica e l'impronta modernista. Ci sono anche le foto di Robert Capa (1913-1954) pubblicate il 19 giugno 1944, le uniche immagini dello sbarco a Omaha Beach durante la seconda guerra mondiale. LIFE generalmente predilige le immagini che sono sensazionali per quello che mostrano o che colpiscono per la loro forma.
La rivista francese VU (1928-1940) propone un altro modello. Per VU, in parte ispirato al Berliner Illustrierte Zeitung , si tratta meno di affidarsi allo scontro di immagini che di organizzarle nel miglior modo possibile per produrre una narrazione. Lo testimoniano i tanti fotomontaggi che adornano le sue pagine e che offrono una visione singolare del fotogiornalismo: non si tratta tanto di fornire una prova informativa con un'immagine non ritoccata o ritagliata, ma di usare le immagini come si usano le parole, per creare sequenze di senso visivo. La rivista cerca il ritmo piuttosto che lo shock, per incitare alla riflessione.
Copertina della rivista VU, 1934
Questo modello economico non è però l'unico, come dimostra l'esempio già citato dall'Arbeiter Illustrierte Zeitung, che coinvolge gli amatori affinché possano testimoniare loro stessi le proprie condizioni di vita, piuttosto che attraverso il filtro di un fotografo professionista che necessariamente mantiene una certa distanza dal soggetto.
In ogni caso, queste riviste hanno lasciato un segno indelebile nella storia del fotogiornalismo. La formula di LIFE, cessata all'inizio degli anni '70, è stata ripresa da altre riviste a larga diffusione che facevano largo uso di immagini, come Paris Match o L'Express in Francia. È attraverso di loro che scopriamo i grandi eventi contemporanei, con immagini che segnano con la loro forza la cultura visiva contemporanea.
Accanto a questi titoli, c'è anche una riorganizzazione da parte dei fotografi stessi. Il modello di agenzia Magnum è il più eloquente: fondata nel 1947 da Robert Capa e Henri Cartier-Bresson tra gli altri, offre una logica cooperativa, poiché è gestita dagli stessi fotografi, che consente loro di gestire al meglio i propri diritti e le proprie immagini. In Francia si sente l'eco di Magnum: l'agenzia Rapho, creata nel 1933, viene riattivata nel 1946 e riunisce soprattutto fotografi umanisti, come Robert Doisneau, Janine Niépce o Willy Ronis, che producono, come abbiamo deja vu, reportage gratuiti e poco focalizzati sulla copertura di un dato evento. L' Agenzia Gamma, fondata nel 1966, ha riunito una nuova generazione di fotografi come Raymond Depardon e Gilles Caron. Quest'ultimo, scomparso in Cambogia nel 1970, ha avuto una folgorante carriera durante la quale ha prodotto alcune delle immagini più suggestive dell'epoca. Caron è su tutti i fronti e documenta sia il conflitto sociale del maggio 68 a Parigi, la guerra in Biafra , Vietnam o del Ciad.
Robert Capa, Omaha Beach nel numero di LIFE del 19 giugno 1944 © TIME Inc.
Caron è uno dei fautori del fotogiornalismo eroico, incentrato principalmente su immagini sensazionali e presenza sul fronte dei conflitti. Al suo fianco, anche Don McCullin (1935-) fu uno dei fotoreporter che videro la loro pratica come un sacerdozio e non esitarono a trovarsi nel centro dei conflitti. In generale, gli anni Sessanta e Settanta sono stati teatro di conflitti particolarmente efferati, che hanno lasciato il segno nella mente delle persone con immagini sconvolgenti, divenute simboli dell'orrore della guerra contemporanea, come quella di Nick Ut (1951-) scattata in Vietnam . Questa tendenza del fotogiornalismo verso la denuncia per choc domina ancora oggi: si pensi al recente esempio dell'immagine del corpo del piccolo Aylan arenato su una spiaggia, che fa parte di tante altre immagini di dolore e violenza nel mondo moderno. Queste immagini vengono spesso premiate, attraverso premi come il World Press Photo che premia la migliore fotografia giornalistica dell'anno. In generale, si ritiene che le immagini del fotogiornalismo influenzino realmente le sorti del mondo, come testimoniano le numerose liste che identificano le fotografie più influenti o importanti.
La richiesta di questo tipo di immagini da parte delle redazioni è tanto più soddisfatta in quanto le immagini digitali consentono ormai una diffusione quasi istantanea, a cui si aggiungono i contributi del cosiddetto giornalismo “cittadino”, quali gli smartphone. Le uniche immagini dall'interno della metropolitana durante gli attentati londinesi del 2005 sono state infatti trasmesse dai cellulari delle stesse vittime, che le hanno fatte circolare su reti come Flickr, prima che venissero riprese - a volte su uno - dei maggiori quotidiani.
Contro questa tendenza, a partire dagli anni Sessanta e Settanta, c'è stato un fotogiornalismo molto più misurato, capace di trattare in profondità temi sociali piuttosto che eventi drammatici che richiedono una reazione immediata. L'agenzia Viva è costruita su questo modello e si ricollega a una tradizione di fotografia documentaristica incentrata su un argomento trattato a lungo termine e in un approccio di completezza. I suoi fotografi producono fotografie che si riversano nell'intimo, a diretto contatto con i loro soggetti con i quali stringono legami, opponendosi così a un modo a volte considerato aggressivo.
Opposto al loro approccio è quello dei paparazzi, che spingono oltre ogni limite di correttezza per ottenere scatti negoziati a prezzi esorbitanti, consegnando immagini che non solo piacciono molto al grande pubblico ma contengono in sé l'indicazione dell'aggressività da cui sono procedere, ad esempio con una mano cercando di proteggere un volto.
Infine, va notato che oggi il fotogiornalismo è tollerato, se non accettato, come forma d'arte a sé stante. Alcuni fotografi, come Gilles Peress (1946-) con il suo Persian Telex, hanno prodotto libri dal loro lavoro; altri prediligono stampe di grande formato, per proporre veri e propri dipinti che si possono trovare sulle pareti dei musei, come è il caso delle fotografie di Luc Delahaye (1962-).
Vediamo, attraverso questa breve storia della fotografia documentaria, che essa è stata punteggiata da contributi tecnici, formali, etici e anche culturali che non hanno mai smesso di plasmare o ridefinire il suo progetto. Comunque sia, siamo sempre d'accordo sulla natura informativa della fotografia per giustificare un progetto documentaristico o fotogiornalistico: è soprattutto una verità – tra l’altro – che cerchiamo di attestare con la forza evocativa della fotografia. Ed è perché ci sono tanti punti di vista sul mondo quanti sono i fotografi che gli approcci alla fotografia documentaristica sono stati così ricchi e vari. Se la maggior parte delle possibilità di raccontare il mondo attraverso la fotografia sono già state esplorate ed è sempre più difficile innovare, tuttavia, ognuno di noi può contribuire alla sua conoscenza prendendo posizione e traducendo il proprio punto di vista in immagini.
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The coolest collaboration I had last year was with Red Spot Videomakers Video promosso da il Comune di Urbino, il progetto europeo Life SEC Adapt Project, la Regione Marche e la Svim. Presentato in anteprima durante l'incontro tra il comune e le scuole di Urbino, il video è stato realizzato tramite animazione grafica. Il tema: sostenibilità ambientale e delle azioni per l'adattamento e la mitigazione climatica. A cura di: Città di Urbino , Ufficio UNESCO - Decoro Urbano - Igiene Urbana - Politiche Comunitarie Vice Sindaco e Assessore all’Urbanistica e al Decoro Urbano Roberto Cioppi Resp.le Luana Alessandrini Esperto tecnico ambientale Andrea Carosi Collaboratori Roberto Balducci, Paola Isopi Illustrazioni Claudia Plescia Voice over Marta Iagatti Registrazione voice over Overdrive Records
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Solbiate Olona: Con Ecoinfo più Raccolta differenziata
Ecoinfo è l'applicazione gratuita di Econord che semplifica la raccolta differenziata e ti informa sul servizio di igiene urbana del Comune di Solbiate Olona
L’applicazione contiene i calendari con i giorni di raccolta dei rifiuti, il "dove lo butto" per aiutarti a differenziare i rifiuti, ti dà la possibilità di inviare segnalazioni per situazioni anomale (esempio: rifiuti abbandonati, cestini pieni, ecc..) inoltre ti permette di ricevere aggiornamenti e informazioni sul servizio.
ECONORD - DISPONIBILE APP
CON TUTTE LE INFORMAZIONI
RELATIVE ALLA RACCOLTA DIFFERENZIATA
A SOLBIATE OLONA
Potrete inoltrare segnalazioni attraverso l'app in aggiunta al Numero Verde 800178973
Scaricabile subito:
https://play.google.com/store/apps/details?id=it.econord.ecoinfo
https://apps.apple.com/in/app/ecoinfo/id1493914515?ign-mpt=uo%3D2
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Servizio di Igiene Urbana ad Alghero, invito a presentare proposte
Potranno essere presentato da cittadini, associazioni di categoria e comitati di quartiere entro il prossimo 10 marzo (more…) “”
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TOward 2030
29-07-2019
Al fine di divulgare e promuovere i Sustainable Development Goals (SDGs), Lavazza e la Città di Torino hanno promosso il progetto TOward 2030 What are you doing? - un’iniziativa di arte urbana che parla di sostenibilità e che entro la fine del 2019 renderà la città, dal centro alla periferia, un amplificatore dei 17 +1 Goal delle Nazioni Unite, attraverso il linguaggio universale della street art.
Goal 9. Imprese, innovazione e infrastrutture
Il Goal 9 ha come obiettivo la costruzione di infrastrutture resiliente e promuovere l'innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile.
Dzmitryi Kashtalyan
Via Nizza 199
L’idea alla base è collegare il periodo antico e quello moderno nel corso dello sviluppo dell’umanità e di mostrare la continuità di questo sviluppo.
Vorrei inoltre dimostrare che le innovazioni e il progresso tecnico sono la parte più importante dello sviluppo dell’umanità, perché facilitano molto la vita e ne migliorano la qualità, se adoperati in modo adeguato. Il personaggio indossa un completo, che è un insieme di abbigliamento femminile contemporaneo e passato e di moderno stile high-tech. La parte inferiore dell’abito ha la forma del cosmo, per ricordare le infinite esplorazioni, ricerche e sviluppi.
Il personaggio ha 4 mani: due biologiche e altre due meccaniche. Con questo, intendo sottolineare i benefici dei vari dispositivi meccanici. In una delle braccia meccaniche vediamo una valigia trasparente, in cui è collocato un moderno velivolo, un mezzo che serve per fare avanzare il futuro. Nel secondo braccio meccanico c’è un libro, simbolo della padronanza della ragione e dell’uso della tecnologia per evitare i disastri. Ho in mente di scrivere il mio tema preferito sul libro “Industria, innovazione, tecnologia”. In una delle mani biologiche il personaggio porta un casco da astronauta.
Nel secondo braccio biologico troviamo il pianeta Terra, su cui c’è una tartaruga con occhiali per la realtà aumentata e con zampe meccaniche.
Con questo frammento, intendo dimostrare che il mito della terra che poggia su una tartaruga e su elefanti è da lungo tempo ormai sfatato, un fatto che oggi, grazie alla tecnologia e ad anni di ricerca, è dimostrabile con certezza. L’intero profilo del personaggio che regge il pianeta vuole indicare che l’umanità è sulla strada giusta e che il pianeta è nelle mani sicure di persone responsabili ed evolute.
Goal 6. Acqua pulita e servizi igienici-sanitari
Il Goal 6 ha l’obiettivo di garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell'acqua e delle strutture igienico-sanitarie.
Hula
Viale Virgilio (Orto botanico)
Quest’opera rappresenta il bisogno universale di poter disporre di acqua pulita e di igiene. La figura riporta alcuni simboli polinesiani tradizionali chiamati “Lau Hala" e rappresenta il principio di unità.
Le gocce di color blu simboleggiano l’acqua pulita necessaria e richiamano anche l’idea delle lacrime che dimostrano l’urgenza di realizzare questo obiettivo, data la sofferenza attuale e l’indisponibilità di questa risorsa.
L’intensa emozione sottolinea la grande importanza che l’acqua riveste per la vita umana in tutto il mondo e come la sua mancanza si ripercuote sulla vita di molti esseri umani.
Continua...
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“Che ipocrisia, l’ambiente mette d’accordo tutti purché non si faccia nulla”: dialogo con Guido Viale. Da Dickens a Cormac McCarthy, da Ballard a Beckett, una antologia letteraria di rifiuti e rifiutati
Rifiuto è ciò che getto, che non voglio, che mi fa ribrezzo. Il rifiuto, però, profondamente, è l’uomo: siamo ‘gettati’ al mondo, siamo un rifiuto che fiata, che a sua volta fa rifiuti. E che sui rifiuti – visto che l’uomo, il rifiuto, è l’essere che fa rifiuti –, senza più rifiutarli, fa business ecologico. Sul tema del rifiuto – esistenziale, etico, estetico, sociale, ecologista – Guido Viale ha allineato una bibliografia perfino profetica (Un mondo usa e getta. La civiltà dei rifiuti e i rifiuti della civiltà, 1994; Governare i rifiuti, 1999; Azzerare i rifiuti, 2008), ma in questo caso lo scatto letterario è affascinante. In La parola ai rifiuti. Scrittori e letture sull’aldilà delle merci (Edizioni Interno4, 2019), lo scopo di fondo è sottile. Viale lo dice così: “Da Goethe a Kafka, da Calvino a Montale, da Pasolini a Hugo, da Saramago a Coetzee, da Dickens a Ballard – e tanti altri ancora – quei testi documentano in modo incontrovertibile come, a partire da un certo momento della storia (ma già Eraclito aveva trovato una corrispondenza tra un mucchio di rifiuti e “il più bello dei mondi”), i rifiuti siano diventati una componente essenziale e insopprimibile del nostro mondo e delle nostre vite. E di come abbiano finito per imprimere il proprio marchio anche sugli esseri umani, ridotti a scarti quando non servono più”. Io direi, selvaggiamente, che gli scrittori vedono quello che nessuno vuol vedere, immaginano, con virtuosa virulenza narrativa, l’inimmaginabile e arrivano prima degli altri al cuore della questione. In questo caso, l’antologia allestita da Viale – testimonianza di un lettore col fiuto – è affascinante e allucinante: si va dall’immancabile Nome della rosa di Umberto Eco – che illustra come si alienavano i rifiuti nel Medioevo – alla Londra lorda di merci in avaria di Charles Dickens, dove ciò che è rifiuto per uno è oro per l’altro, dall’eruzione distopica di rifiuti di J.G. Ballard (“Scese nelle strade deserte, osservando la leggera cenere che cadeva su Hamilton, proveniente dalle centinaia di falò di rifiuti alla periferia della città e che copriva le strade e i giardini come per l’eruzione di un vulcano vicino”) alla “lordura” e al “trionfo della spazzatura” cantati da Eugenio Montale agli abissi esistenziali di Samuel Beckett e i panorami arsi dal nulla biblico del Cormac McCarthy de La strada (“La città era abbandonata da anni ma ne percorsero le strade ingombre di rifiuti con grande circospezione, tenendosi per mano. Superarono un cassonetto in cui un tempo qualcuno aveva cercato di bruciare dei cadaveri”). Una storia della letteratura per rifiuti – le letture sono molte, reclamano Buzzati a Coetzee, Kafka e Hrabal, Tiziano Scarpa e Javier Marías, Don DeLillo, Jonathan Franzen, Magda Szabó – commentata, per fiocinare di pensieri il nostro status e il nostro Stato, la nostra natura e il mondo. Nel Viaggio in Italia, a Sud, presso Napoli, Goethe ha una illuminazione che folgora: “In quei paesi un povero, uno che a noi sembra miserabile, può non solo soddisfare le più urgenti e immediate esigenze, ma godersi il mondo nel modo migliore; e un cosiddetto accattone napoletano potrebbe altrettanto facilmente sdegnare il posto di viceré in Norvegia e declinare l’onore, se l’imperatrice di Russia gliel’offrisse, del governatorato della Siberia”. Qui al rifiuto si associa il tema della rinuncia, dell’accontentarsi, dell’essere contenti. Concetti non da poco. (d.b.)
Intanto, come nasce questo libro, con quali premesse, dettato da quali interessi questo lavoro antologico?
La parola ai rifiuti raccoglie una rassegna di testi letterari in cui a vario titolo si parla di rifiuti. È una selezione dei circa cento articoli che ho scritto nel corso di quasi vent’anni per il supplemento socio culturale della rivista GSA Igiene Urbana, che si occupa di questa materia da un punto di vista tecnico. Queste letture mi hanno aiutato ad allargare e approfondire lo sguardo su un tema, quello dei rifiuti, che in genere impegna solo in termini strettamente tecnici chi se ne occupa da un punto di vista professionale. Con questo libro intendo accompagnare il lettore a scoprire come mai, a partire dalla fine del Settecento, cioè dalla rivoluzione industriale in poi, dei rifiuti si siano molto occupati la letteratura e gli scrittori (poeti compresi) proprio mentre economisti, sociologi, medici e filosofi non si accorgevano della montagna di scarti che stava crescendo sotto i loro occhi. Quegli scrittori in effetti hanno visto nei rifiuti qualcosa di più di semplici materiali di scarto: una metafora della condizione umana, proprio mentre il mondo delle merci e del consumo celebrava i suoi trionfi.
Che valore ha la letteratura, grandissima – citi da Montale a Beckett, da Goethe a McCarthy – o rasoterra nell’affrontare temi ‘sociali’? Voce che urla nel vuoto o potenza conturbante? La letteratura, poi, si deve porre problemi di ordine sociale, ecologico, politico, etico? Qual è il suo impegno?
In questo ambito la letteratura è sicuramente una voce conturbante. Per quasi due secoli i rifiuti, prodotti in quantità crescenti, non hanno trovato posto nella rappresentazione di un mondo ordinato e in continuo progresso che ci è stata fornita dai saperi ufficiali. Eppure erano là, a testimoniare che ogni ‘bene’, inteso sia in senso economico che sociale, ha il suo rovescio. Che oggi ci sta portando a fondo, perché anche la CO2, causa prima dei cambiamenti climatici che minacciano la sopravvivenza stessa dell’umanità, non è che un rifiuto: lo scarto di tutti i processi di combustione su cui si è retto lo sviluppo della civiltà industriale. La letteratura non si ‘deve’ occupare di problemi specifici; si occupa della vita, perché questa è la sua vocazione. Ma se lo fa bene non può non incrociare e sviluppare uno sguardo specifico, che è quello dell’autore, e per questo diverso dagli altri, su tutti questi problemi.
Quale tra gli scrittori che hai antologizzato ti ha convinto di più, quale ti ha emozionato di più?
Il più emozionante è per me è senz’altro Samuel Beckett che in Finale di partita rende esplicito quello che è il tema di fondo di tutti gli scrittori che in qualche modo hanno toccato o sfiorato il mondo dei rifiuti: l’identificazione dell’essere umano con nient’altro che un rifiuto, la sua svalorizzazione fino all’annullamento totale; unico punto a partire dal quale si può cercare di restituire un senso alla vita: ma a una vita completamente diversa. Il più convincente è senz’altro Italo Calvino, di cui, unico tra gli autori trattati, analizzo ben due testi, in due capitoli diversi: per lui i rifiuti sono non la metafora dell’esistenza, ma una chiave di interpretazione della società.
In assoluto: quali letture hanno segnato la sua vita, c’è un libro che riconosce come stella polare, a cui ritorna con ostinata continuità?
Non credo. Come Harold Wilson riconduce a Shakespeare tutto il ‘canone’ della letteratura occidentale – compresi, paradossalmente, persino alcuni autori che lo hanno preceduto – così io penso che in Dante ci sia tutta la letteratura che è venuta dopo di lui. Senza mai, ovviamente, raggiungerne l’altezza.
“Rifiuto”, lo accennava anche nelle domande precedenti, è un termine che riguarda lo stato esistenziale, esiziale della natura umana, oggi. Rifiutiamo troppo, facciamo troppi rifiuti, abbiamo il timore di essere rifiutati, siamo i rifiuti di un tempo ingiusto, ingiustificati…
La vita, e il mondo, sono fatti di attrazione e di repulsione. Come, oltre ad essere attratti da qualcuno o qualcosa, aspiriamo anche a essere attraenti per gli altri, compresi i beni che ci circondano, così siamo portati o costretti a rifiutare molte cose e molti atteggiamenti delle persone, ma abbiamo paura di essere a nostra volta rifiutati. Ma nei rifiuti c’è qualcosa che, oltre a respingerci ci attrae, a volte in forme morbose: è la nostra vita, il trascorrere del tempo, che si deposita nelle cose che abbiamo usato e che non ci servono più, e di cui dobbiamo sbarazzarci. Così come nell’attrazione c’è sempre, o dovrebbe esserci, anche una componente di respingimento; altrimenti ci identificheremmo totalmente con la cosa o la persona che ci attrae, perdendo la nostra identità. Il fatto è che questi ‘moti dell’animo’ non si distribuiscono in modo uguale tra tutti gli esseri umani: chi più ha più attrae. Chi non ha niente per lo più respinge.
Oggi il tema ambientale – in area sacra come profana – è prepotente, fa concordi tutti. Almeno, quando ci sono manifestazioni di piazza. Cosa ne pensa: sono le solite buone parole che tornano? D’altronde, lei di rifiuti (penso a “Un mondo usa e getta”, 1994) e di ecologia (cito ad esempio “La conversione ecologica”) ha fatto un tema dominante da decenni.
È il colmo dell’ipocrisia. L’ambiente mette d’accordo tutti, fin che se ne parla in astratto, mentre tutti, o quasi, sono impegnati a distruggerlo e devastarlo. Questo gioco è andato avanti per anni, ma adesso è arrivato a un nodo. Se non invertiamo rotta non ci sarà più niente da devastare, perché avremo distrutto tutto il devastabile; compresi noi stessi, l’umanità, a cui stiamo sottraendo le condizioni che hanno reso possibile la sua evoluzione e la sua storia. A quel punto, senza un richiamo all’attrazione che su noi dovrebbero esercitare le cose che fanno bella la vita, la Terra e la convivenza umana non saranno più nient’altro che immani rifiuti.
*In copertina: J.G. Ballard, l’autore di “Terra bruciata” (testo antologizzato da Guido Viale), nel 1977
L'articolo “Che ipocrisia, l’ambiente mette d’accordo tutti purché non si faccia nulla”: dialogo con Guido Viale. Da Dickens a Cormac McCarthy, da Ballard a Beckett, una antologia letteraria di rifiuti e rifiutati proviene da Pangea.
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Varese: potenziato il servizio di raccolta differenziata. Dal primo aprile solo sacchi rossi per l'indifferenziato
Varese: potenziato il servizio di raccolta differenziata. Dal primo aprile solo sacchi rossi per l'indifferenziato. Diverse novità per il servizio di igiene urbana del Comune di Varese. Una novità importante riguarda il conferimento dei rifiuti indifferenziati: dal 1° aprile sarà ritirato solo l'indifferenziato esposto nei sacchi rossi con tag, e non in altri sacchi. In questa fase non verrà applicata la tariffa puntuale, che verrà introdotta a partire da gennaio 2025. Viene inoltre potenziata la raccolta del vetro, che da quindicinale diventa settimanale, ed è estesa la possibilità di richiedere attrezzature extra a ulteriori categorie di utenti. Infine viene introdotta la possibilità per i privati di accedere con furgoni di proprietà, a noleggio o in prestito, in piattaforma ecologica. "La nostra città ha visto un progressivo miglioramento della raccolta differenziata – spiega il sindaco Davide Galimberti – grazie a una serie di migliorie introdotte in questi anni. L'obiettivo è quello di rendere ancora più efficiente il servizio ed arrivare a ridurre ulteriormente l'impatto ambientale, per una maggiore sostenibilità. Per questo vengono messi in campo nuovi potenziamenti del servizio, con una fase di preparazione che consenta di calibrare al meglio i meccanismi della tariffa puntuale". I cittadini riceveranno a casa una lettera con tutte le informazioni sulle novità, e nei prossimi giorni anche il calendario cartaceo della raccolta differenziata. "Vogliamo fare un passo decisivo nella direzione della sostenibilità ambientale a partire dall'attenzione a differenziare bene i rifiuti, ma anche modificando le scelte di consumo, ad esempio acquistando solo il necessario e scegliendo prodotti a imballaggio ridotto - spiega l'assessore a tutela ambientale, sostenibilità sociale ed economia circolare del Comune di Varese Nicoletta San Martino - Puntuale significa che una parte della tariffa sarà definita in base a quanto prodotto da ciascuna utenza. Dall'inizio del 2024 stiamo già raccogliendo i dati delle utenze per poter modulare al meglio la futura tariffa puntuale." Dal 1° aprile dunque sarà ritirato solo l'indifferenziato esposto nei sacchi rossi con tag, e non in altri sacchi. Allo stesso modo saranno solo i mastelli consegnati dall'impresa Sangalli. I sacchi rossi si potranno ritirare in vari punti della città a partire dal 5 marzo. In dettaglio: dal 5 al 10 marzo piazzale Alcide De Gasperi (parcheggio sud) – Stadio; dal 12 al 17 marzo via Majano (parcheggio ATS) – Bustecche; dal 19 al 24 marzo via Trolli (angolo via Daverio), parcheggio del cimitero – Casbeno; dal 26 al 30 marzo: piazza Don L. Gabbani (parcheggio scuole) - San Fermo / Valle Olona / Valganna; dal 2 al 7 aprile: piazza della Repubblica (parcheggio sul retro del teatro). I punti di distribuzione sono aperti dal martedì alla domenica con i seguenti orari: dal martedì al venerdì dalle 10 alle 18; sabato e domenica dalle 9 alle 13. Ciascun utente può recarsi presso uno qualsiasi dei punti di distribuzione a prescindere dall'indirizzo di residenza. Quest'anno, presso i punti di consegna dei sacchi, potranno essere ritirati anche i calendari cartacei annuali, che successivamente saranno disponibili presso lo Sportello TARI di via Alessandro Proserpio 13. La campagna di distribuzione prevede dotazioni diverse a seconda delle zone della città e della tipologia di abitazione: per gli stabili con 1-4 utenze e, per la zona 14, anche per quelli con 5 e più utenze, saranno distribuiti sacchetti bio per l'umido, sacchi gialli per plastica e lattine, sacchi rossi per il secco residuo. Per gli stabili con 5 e più utenze delle zone da 1 a 12: sacchetti bio per l'umido e sacchi gialli per plastica e lattine. Regole diverse riguardano i condomini dove il secco residuo va buttato nei bidoni comuni. Questo è il motivo per cui a chi abita in condominio non vengono consegnati i sacchi rossi. Il secco residuo, prima di essere buttato, può essere contenuto in normali sacchetti (anche quelli della spesa), purché trasparenti o semitrasparenti. Per i condomini che non hanno ancora i bidoni per i rifiuti secchi residui è ancora aperta la possibilità di farne richiesta; la domanda deve essere presentata dall'amministratore o da un referente del condominio, sempre compilando il modulo pubblicato sul sito www.varesepulita.it. Infine, alle utenze non domestiche saranno consegnati sacchi gialli per plastica e lattine e sacchi rossi per il secco residuo se si tratta di utenze che non hanno il bidone proprio. Viene potenziato il servizio della raccolta del vetro: dal 1° aprile 2024, in tutta la città e per le utenze domestiche, la raccolta del vetro da quindicinale diverrà a settimanale. Inoltre è prevista l'implementazione delle attrezzature: per le famiglie di almeno 4 componenti (anziché 5 come in precedenza) e residenti in unità immobiliari da 1 a 4 utenze, è possibile richiedere la consegna di un secondo mastello da 30 litri per la carta, uno per l'umido ed uno per il vetro. La richiesta può essere effettuata sin da ora sul portale www.varesepulita.it. Terza novità è l'introduzione della possibilità per i privati di accedere con furgoni di proprietà, a noleggio o in prestito, in piattaforma ecologica di via dell'Ecologia previa autorizzazione da richiedere tramite modulo sempre pubblicato sul portale www.varesepulita.it. "Gli obiettivi di sostenibilità fissati dal pacchetto sull'economia circolare stabilisce per l'UE un obiettivo vincolante di riduzione dello smaltimento del rifiuto indifferenziato: entro il 2035 al massimo il 10% del totale potrà essere smaltito in discarica – dichiara l'assessora a tutela ambientale, sostenibilità sociale ed economia circolare del Comune di Varese Nicoletta San Martino – Con l'introduzione della TARI migliorerà la percentuale di raccolta differenziata e potremo raggiungere risultati ambientali importanti in termini di minori emissioni e quindi contrasto ai cambiamenti climatici i cui effetti sono verificabili anche nel nostro territorio".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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