#guerra civile americana
Explore tagged Tumblr posts
Text
“ Il giorno prima, i combattimenti erano stati saltuari e senza esito. Nei punti di scontro il fumo della battaglia era rimasto sospeso tra gli alberi sotto forma di cortine azzurre finché non furono dissolte dal cadere della pioggia. Nella terra ammollata le ruote dei cannoni e dei carri di munizioni tagliavano profondi solchi irregolari, e i movimenti della fanteria sembravano impediti dal fango che si attaccava alle scarpe dei soldati quando, con le divise inzuppate e i fucili malamente protetti dalle mantelline dei cappotti, si trascinavano di qua e di là in linee sinuose per la foresta gocciolante e il campo allagato. Ufficiali a cavallo, col volto che spuntava sotto il cappuccio di tela gommata luccicante come un elmo nero, si facevano strada, isolatamente o a gruppetti casuali, andando avanti e indietro apparentemente senza meta e senza ricevere attenzione da nessuno tranne che dai colleghi. Qua e là qualche morto col vestito sporco di terra, la faccia nascosta da una coperta o all'aria, gialla e terrea sotto la pioggia, aggiungeva la sua influenza demoralizzante a quella degli altri squallidi elementi della scena e intensificava la desolazione generale con un particolare effetto depressivo. Erano molto ripugnanti, questi relitti d'uomini, niente affatto eroici, e nessuno sentiva il contagio del loro patriottico esempio. Morto sul campo dell'onore, sí; ma il campo dell'onore era tanto bagnato! Fa una certa differenza. La battaglia campale che tutti s'erano aspettata, non c'era stata; nessuno dei piccoli vantaggi derivati, ora a questa, ora all'altra parte, in scontri accidentali e isolati, avevano avuto seguito. Attacchi portati senza convinzione provocavano una resistenza ottusa che si accontentava di respingerli. Gli ordini venivano eseguiti con fedeltà meccanica, nessuno faceva niente di piú del suo dovere. — L'esercito è codardo oggi, — disse il generale Cameron, comandante della brigata federale, al suo aiutante maggiore. — L'esercito ha freddo, — rispose l'ufficiale al quale erano state rivolte quelle parole, — e poi... certo, non ha voglia di finire come quello lí. E indicò uno dei cadaveri che giaceva in una pozzanghera; il fango schizzato dagli zoccoli dei cavalli e dalle ruote dei cannoni gli aveva inzaccherato la faccia e i vestiti. Anche le armi da fuoco sembravano contagiate da questa neghittosità militare. Il crepitio dei fucili suonava apatico e poco convincente. Non aveva senso e non destava quasi attenzione né ansia da parte degli altri reparti non direttamente impegnati nella sparatoria e delle riserve in attesa. Uditi da vicino, gli scoppi dei cannoni erano fiacchi in volume e timbro: mancavano di mordente e di risonanza. Sembrava che i pezzi sparassero a salve con cariche ridotte. E cosi la futile giornata si trascinò alla sua tetra fine. Segui una notte di disagio, poi una giornata d'apprensione. “
---------
Brano tratto dal racconto Un tipo d’ufficiale raccolto in:
Ambrose Bierce, Storie di soldati, traduzione di Antonio Meo, nota introduttiva di Francesco Binni, Einaudi (collana Centopagine n° 41, collezione di narratori diretta da Italo Calvino), 1976; pp. 132-133.
[Edizione originale: Tales of Soldiers and Civilians, San Francisco: E.L.G. Steele, 1891]
#Storie di soldati#letture#leggere#Ambrose Bierce#sacrificio#Guerra di secessione americana#Antonio Meo#orrore#pietà#Guerra civile americana#pacifismo#XIX secolo#Italo Calvino#Storia degli Stati Uniti d'America#Francesco Binni#nonviolenza#letteratura americana#antimilitarismo#forze armate#narrativa#raccolte di racconti#abolizionismo#schiavismo#abolizionisti#citazioni letterarie#racconti brevi#schiavitù#Storia degli USA#Stati Confederati d'America#libri
9 notes
·
View notes
Text
Civil War su Prime Video: L'America al collasso in un thriller distopico
Reporter in prima linea per raccontare la verità in un’America devastata dalla guerra civile
Reporter in prima linea per raccontare la verità in un’America devastata dalla guerra civile Prime Video lancia Civil War, un thriller distopico che sta conquistando il pubblico italiano, piazzandosi al primo posto tra i contenuti più visti della piattaforma. Il film ci proietta in un futuro non troppo lontano in cui gli Stati Uniti sono al limite della distruzione, con il paese in preda a una…
#Alessandria today#America al collasso#America distopica#apocalisse e società#azione e thriller#caos e violenza#cinema distopico#cinema e riflessione sociale#Civil War#collasso sociale#Crisi sociale#cronaca di guerra#distopia e futuro#film d’azione Prime Video#film di guerra civile#film distopico#film su reporter#film sui giornalisti#film sulla libertà#film sulla sopravvivenza#film sulla verità#giornalismo e guerra#giornalismo e verità#giornalismo in crisi#giornalisti in pericolo#guerra civile#guerra civile americana#italianewsmedia.com#libertà di informazione#Libertà di stampa
0 notes
Text
I want to jump directly to next year's classes because I will take classes like "Antropology of the genders" "Migration sociology" "dialects" and French, but also "Journalism and creative writing" and "Political antropology"
and right now I'm here studying "american history and slavery" which don't get me wrong, it's interesting and all, but holy fuck would I rather study the migration processes or politics
#alice shenanigans#l'Uni umanistica COL CAZZO scienza delle merendine#la parte della schiavitù di questo esame spazia letteralmente dall'ANTICA GRECIA fino alla guerra civile americana Nord/Sud e oltre#gne gne scienze delle merendine
2 notes
·
View notes
Text
As Origens Sociais da Ditadura e da Democracia - Parte 3: Implicações Teóricas e Projeções - A: A via democrática para a sociedade moderna
#disciplina: ciência política#livro: as origens sociais da ditadura e da democracia by barrington moore jr#escritor: barrington moore jr#áudiosss#facul related stuff#ano: 1966#disciplina: história#assunto: democracia#assunto: democracia parlamentar#assunto: revolução puritana#assunto: revolução francesa#assunto: guerra civil americana#país: inglaterra#país: frança#país: estados unidos#assunto: capitalismo#assunto: fascismo#país: alemanha#país: japão#adicionar mais tags no reblog
4 notes
·
View notes
Text
#Essa canção reflete sobre os conflitos e ás esperanças em meio a uma ficccionada#segunda guerra civil americana;buscando equilibrar a dor da
0 notes
Text
Mistério sobre navio pirata é resolvido após 300 anos
#barba negra#cinema#Curiosidades#Disney#Estados Unidos#filme#guerra civil americana#mistério#navio pirata#Piratas do Caribe
0 notes
Text
Remenber TV “Norte y Sur”
Ficha Técnica de “Norte y Sur” Título original: North and South Título en español de España: Norte y Sur Título en español latinoamericano: Norte y Sur Calificación edad: TV-PG+13 (No recomendado para menores de 13 años) Canal: ABC Director: Richard T. Heffron Actores principales: Patrick Swayze (Orry Main) James Read (George Hazard) Lesley-Anne Down (Madeline Fabray LaMotte) País:…

View On WordPress
0 notes
Text
Críticas — Guerra Civil (2024), A História Verdadeira (2015), Spotlight: Segredos Revelados (2015), Graças a Deus (2019)
O bom e o mau jornalismo Não foi à toa que Guerra Civil (2024), de Alex Garland estreou em 12 de abril apenas nos EUA e no Reino Unido, há exatamente 163 anos do início da Guerra de Secessão Americana (1861 a 1865): uma semana antes de estrear nos cinemas do Brasil e do resto do mundo. No entanto, o conflito ficou em segundo plano para o cineasta poder destacar a atuação inescrupulosa da velha…

View On WordPress
#A História Verdadeira#A História Verdadeira (2015)#A Noite do Jogo#Alex Garland#até hoje. Destaque para a exibição do filme racista na Casa Branca pelo Presidente Democrata Woodrow Wilson#Bernard Preynat#BP Select#Cailee Spaeny#Christian Longo#Coração Das Trevas#Felicity Jones#Filhos da Esperança#François Ozon#Graças a Deus#Guerra Civil#Guerra de Secessão Americana#Igreja Católica#Jake Gyllenhaal#James Franco#Jesse Plemons#Kirsten Dunst#Mark Ruffalo#Michael Finkel#Michael Keaton#New York Times#O Abutre#Prêmio Pulitzer#Rachel McAdams#Reuters#Road Movie
0 notes
Text
Tommaso Merlo
Dopo anni di guerra al terrorismo islamico, in Siria sta nascendo il più grande califfato della storia. Un sogno diventato realtà per i jihadisti islamici e concretizzato grazie ai loro peggiori nemici, gli occidentali. Davvero incredibile. Prima insanguiniamo il mondo in nome della democrazia e dei diritti umani, poi aiutiamo dei fanatici tagliatori di teste a consolidarsi nel mondo. Prima sprechiamo miliardi di risorse pubbliche per annientare qualche efferato nemico dell’umanità, poi gli regaliamo la vittoria su un piatto d’argento. Come in Afghanistan.
Vent’anni di occupazione militare per poi lasciare Kabul ai Talebani e fuggire a gambe levate. Con nessuno che ne risponde. E non solo. Subiamo pure gli effetti collaterali di quei disastri, con milioni di profughi da sistemare. Ma se dopo decenni di fallimenti bellici, il mondo fosse più sicuro e stabile, ci sarebbe poco da obiettare. Ed invece le guerre aumentano di numero ed intensità. Ormai siamo al caos col rischio di un conflitto mondiale dietro l’angolo. E nessuno fa nulla se non buttare benzina sul fuoco. Politicanti, burocrati, affaristi, giornalisti. Una mega inarrestabile lobby della guerra. Con la politica che dà l’ordine di attaccare, gli apparati che eseguono, le lobby che ingrassano e i media che strombazzano all’arrembaggio permanente.
Fu Bush a volere la testa di Saddam per fake news create ad arte, mentre fu Obama a volere quella di Gheddafi e quella di Assad. A volte si combatte sotto il sole, a volte serve invece il lavoro sporco come in Siria. Appoggiando gruppi ribelli con addestramento, fondi, armi e contemporaneamente affamando la popolazione con sanzioni economiche come successo in Siria. Uno schema che si ripete da decenni ma per capire davvero quello che succede in Medioriente, bisogna guardare tutto dalla prospettiva palestinese. Libano, Iraq, Siria, Libia ed Iran che è il prossimo sulla lista nera, hanno tutti qualcosa in comune, sono nemici storici di Israele. Per completare con successo il loro progetto coloniale, i sionisti avevano due strade.
O trattare coi palestinesi e concedergli perlomeno un loro stato, oppure sconfiggere tutti i paesi pro Palestina in modo da essere liberi di imporre con la forza la propria volontà agli indomiti palestinesi. Ed ovviamente hanno scelto la seconda via. Il problema di quella strategia è che Israele è un piccolo paese e gli serviva il supporto militare ed economico degli Stati Uniti, per ottenerlo hanno cavalcato il sistema lobbistico-capitalista comprando l’appoggio di entrambi gli schieramenti della politica americana. Nessun complottismo, fatti risaputi. La Siria di Assad era nel mirino di Israele da anni e senza l’aiuto russo sarebbe già caduta nel corso della guerra civile. Fin qui dunque, triste routine. La novità di questi giorni è che con la cooperazione della Turchia, Damasco è finita nelle mani addirittura di una banda di terroristi islamici conclamati. Secondo alcuni osservatori si tratterebbe di una situazione sfuggita di mano, nel senso che nessuno si aspettava una tale repentina dissoluzione del regime siriano. A confermarlo sarebbe anche la reazione nervosa di Israele che ha subito occupato territori siriani e sta bombardando ovunque. In parte perché Netanyahu ha un nuovo vicino e vuole fare subito amicizia, in parte perché non sa fare altro ma in parte anche perché ha paura che le armi dell’esercito siriano finiscano in mano a dei jihadisti che fino a ieri tagliavano teste di infedeli e glorificavano l’11 settembre. Si tratta poi pur sempre di musulmani e pure bigotti e Gerusalemme è sacra anche per loro. Se a qualcuno di quei barbuti venisse in mente di riconquistare la città, sarebbe davvero una brutta notizia per Israele.
Sconfitto un nemico, se ne troverebbe uno ancora peggiore. Un mega califfato crocevia di terroristi islamici provenienti da tutto il mondo. Roba da brividi. Ma del resto è così, la guerra non risolve nulla e peggiora solo i problemi esistenti. Ce lo ha insegnato la storia infinite volte. Eppure le guerre aumentano di numero ed intensità. Ormai siamo al caos col rischio di un conflitto mondiale dietro l’angolo. E nessuno fa nulla se non buttare benzina sul fuoco. Politicanti, burocrati, affaristi, giornalisti. Siamo come in balia di una inarrestabile lobby della guerra e sarebbe ora che nascesse una lobby per la pace che non è utopia ma l’unica realistica via per evitare l’autodistruzione.
La mega lobby della guerra
19 notes
·
View notes
Text

24 MAGGIO 1961 nasceva ILARIA ALPI
"Era una giovane donna, forte e determinata, battagliera e femminista convinta".
"Soffriva di vertigini e temeva il vuoto, ma si era scelta un lavoro in cui l'elicottero è uno dei cosiddetti ferri del mestiere, aveva una autentica fobia del vuoto, una vera e proprio chefobia ma volava con tranquillità almeno apparente".
"Era una giornalista coraggiosa con la mente in Europa ed il cuore in Africa"
P.s. Così l'ha descritta sua madre.
Si diplomò al Liceo Tito Lucrezio Caro di Roma.
Grazie anche all'ottima conoscenza delle lingue (arabo, francese e inglese) ottenne le prime collaborazioni giornalistiche dal Cairo per conto di Paese Sera e de l'Unità.
Successivamente vinse una borsa di studio per essere assunta alla Rai.
Ilaria Alpi giunse per la prima volta in Somalia nel dicembre 1992 per seguire, come inviata del TG3, la missione di pace Restore Hope, coordinata e promossa dalle Nazioni Unite per porre fine alla guerra civile scoppiata nel 1991, dopo la caduta di Siad Barre. Alla missione prese parte anche l'Italia, superando in tal modo le riserve dell'inviato speciale per la Somalia, Robert B. Oakley, legate agli ambigui rapporti che il governo italiano aveva intrattenuto con Barre nel corso degli anni ottanta.
Le inchieste della giornalista si sarebbero poi soffermate su un possibile traffico di armi e di rifiuti tossici che avrebbero visto, tra l'altro, la complicità dei servizi segreti italiani e di alte istituzioni italiane: Alpi avrebbe infatti scoperto un traffico internazionale di rifiuti tossici prodotti nei Paesi industrializzati e dislocati in alcuni paesi africani in cambio di tangenti e di armi scambiate coi gruppi politici locali. Nel novembre precedente l'assassinio della giornalista era stato ucciso, sempre in Somalia e in circostanze misteriose, il sottufficiale del SISMI Vincenzo Li Causi, informatore della stessa Alpi sul traffico illecito di scorie tossiche nel paese africano.
Alpi e Hrovatin furono uccisi in prossimità dell'ambasciata italiana a Mogadiscio, a pochi metri dall'hotel Hamana, nel quartiere Shibis; in particolare, in corrispondenza dell'incrocio tra via Alto Giuba e corso Somalia (nota anche come strada Jamhuriyada, corso Repubblica).
La giornalista e il suo operatore erano di ritorno da Bosaso, città del nord della Somalia: qui Ilaria Alpi aveva avuto modo di intervistare il cosiddetto sultano di Bosaso, Abdullahi Moussa Bogor, che riferì di stretti rapporti intrattenuti da alcuni funzionari italiani con il governo di Siad Barre, verso la fine degli anni ottanta. La giornalista salì poi a bordo di alcuni pescherecci, ormeggiati presso la banchina del porto di Bosaso, sospettati di essere al centro di traffici illeciti di rifiuti e di armi: si trattava di navi che inizialmente facevano capo ad una società di diritto pubblico somalo e che, dopo la caduta di Barre, erano illegittimamente divenute di proprietà personale di un imprenditore italo-somalo. Tornati a Mogadiscio, Alpi e Hrovatin non trovarono il loro autista personale, mentre si presentò Ali Abdi, che li accompagnò all'hotel Sahafi, vicino all'aeroporto, e poi all'hotel Hamana, nelle vicinanze del quale avvenne il duplice delitto. A bordo del mezzo si trovava altresì Nur Aden, con funzioni di scorta armata.
Sulla scena del crimine arrivarono subito dopo gli unici altri due giornalisti italiani presenti a Mogadiscio, Giovanni Porzio e Gabriella Simoni. Una troupe americana (un freelance che lavorava per un network americano) arrivò mentre i colleghi italiani spostavano i corpi dall'auto in cui erano stati uccisi a quella di un imprenditore italiano con cui successivamente vennero portati al Porto vecchio. Una troupe della Svizzera italiana si trovava invece all'Hotel Sahafi (dall'altra parte della linea verde) e filmò su richiesta di Gabriella Simoni - perché ci fosse un documento video - le stanze di Miran e Ilaria e gli oggetti che vennero raccolti.[6]
Ilaria Alpi venne sepolta nel Cimitero Flaminio di Roma.
La madre, Luciana Riccardi Alpi, (1933 - 12 giugno 2018) ha intrapreso, fin dal primo processo, una battaglia per cercare la verità e far cadere ogni sorta di depistaggio sull’omicidio della figlia.
Noi siamo quelli che credono ancora a queste emozioni


24 notes
·
View notes
Text
“ Nella gola, dove a malapena ci stava un cannone, erano ammucchiati i resti di non meno di quattro. Essi avevano notato soltanto il momento in cui era stato ridotto al silenzio l'ultimo pezzo messo fuori uso; non era stato sostituito rapidamente per mancanza di uomini. I rottami erano disseminati sui due lati della strada; in mezzo ad essi gli uomini avevano trovato il modo di tenere aperto un passaggio per il quale ora stava facendo fuoco il quinto pezzo. Uomini? Sembravano demoni d'inferno! Erano tutti senza berretto, denudati sino alla cintola, le loro carni fumanti, nere per le macchie di polvere e gli spruzzi di sangue. Lavoravano come pazzi con calcatoio, cartocci, leva e cordoncino. Mettevano le spalle gonfie e le mani sanguinanti contro le ruote ad ogni rinculo e sollevavano il pesante cannone per rimetterlo in batteria. Non c'erano comandi; in quel terribile ambiente di schianti di bombe, scoppi di granate, frammenti di ferro sibilanti e schegge di legno che volavano per aria, non si sarebbe potuto udire la voce di nessuno. Gli ufficiali, se erano ufficiali, non si distinguevano dai soldati; lavoravano tutti insieme — ognuno finché durava — guidati dall'occhio. Passata la spugna, il cannone veniva caricato; appena caricato, era puntato e sparato. Il colonnello osservò qualcosa di nuovo per la sua esperienza militare, qualcosa di orribile, contro natura: il cannone sanguinava dalla volata! Per la temporanea mancanza d'acqua, l'uomo addetto alla spugna l'aveva immersa in una pozza di sangue dei suoi compagni. In tutto questo lavoro non c'erano scontri; il dovere del momento era ovvio. Quando uno cadeva, un altro, che aveva l'aspetto un po' piú pulito, sembrava scaturire dalla terra sulle orme del morto, per cadere a sua volta.
Con i cannoni distrutti giacevano gli uomini distrutti, accanto ai rottami, sotto e sopra di essi; e dietro, giú per la discesa, quei feriti che potevano muoversi, si trascinavano sulle mani e sulle ginocchia. Il colonnello — per pietà aveva fatto fare dietrofront alla sua cavalcata — dovette passare col cavallo sopra quelli che erano già morti per non schiacciare gli altri che erano ancora parzialmente vivi. In quell'inferno persistette ad andare; si portò di fianco al cannone e, nel fumo della ultima scarica, toccò sulla guancia l'uomo che impugnava il calcatoio, il quale subito stramazzò credendosi colpito a morte. Un demonio dannato sette volte saltò avanti a prendere il posto del caduto, ma indugiò e levò gli occhi all'ufficiale che era a cavallo con uno sguardo spettrale, i denti che lampeggiavano tra le labbra nere, gli occhi fieri e dilatati che ardevano come brace sotto la fronte insanguinata. Il colonnello fece un gesto imperioso e indicò la retroguardia. Quel demonio s'inchinò in segno d'obbedienza. Era il capitano Coulter. Quando il colonnello fece segno di arrestare l'azione, simultaneamente sul campo cadde il silenzio. Il fiume di proiettili non si rovesciò piú in quella gola della morte perché il nemico cessò di far fuoco. Erano ore che il grosso dell'esercito si era allontanato, e il comandante della retroguardia, il quale aveva tenuto a lungo la sua pericolosa posizione nella speranza di ridurre al silenzio l'artiglieria federale, proprio in quel momento aveva fatto cessare la propria. “
---------
Brano tratto dal racconto Il fatto della Tacca di Coulter raccolto in:
Ambrose Bierce, Storie di soldati, traduzione di Antonio Meo, nota introduttiva di Francesco Binni, Einaudi (collana Centopagine n° 41, collezione di narratori diretta da Italo Calvino), 1976; pp. 83-84.
[Edizione originale: Tales of Soldiers and Civilians, San Francisco: E.L.G. Steele, 1891]
#Storie di soldati#letture#leggere#sacrificio#Ambrose Bierce#Guerra di secessione americana#Antonio Meo#orrore#libri#Guerra civile americana#pacifismo#XIX secolo#Italo Calvino#Storia degli Stati Uniti d'America#Francesco Binni#nonviolenza#letteratura americana#antimilitarismo#forze armate#narrativa#raccolte di racconti#abolizionismo#schiavismo#abolizionisti#citazioni letterarie#racconti brevi#schiavitù#Storia degli USA#Stati Confederati d'America#afroamericani
9 notes
·
View notes
Text
Boydton, Virginia: Un Viaggio nella Storia e nel Cuore del Sud, 431 abitanti e 380 affezionati lettori di Alessandria today
Alla scoperta di una cittadina affascinante e ricca di tradizioni nel cuore della Virginia meridionale.
Alla scoperta di una cittadina affascinante e ricca di tradizioni nel cuore della Virginia meridionale. Boydton, una pittoresca cittadina situata nella contea di Mecklenburg, in Virginia, è un luogo intriso di storia, tradizioni e bellezze naturali. Conosciuta per il suo fascino tranquillo e l’accoglienza calorosa della sua comunità, Boydton offre ai visitatori un’esperienza autentica del Sud…
#Alessandria today#Architettura storica#attrazioni naturali#Boyd Tavern#Boydton#Boydton attrazioni#Boydton Day#Boydton storia#Boydton turismo#comunità americana#comunità locale#Cultura americana#escursioni Boydton#eventi Boydton#Eventi culturali#festival americani#festival Virginia#Google News#guerra civile#italianewsmedia.com#Lago John H. Kerr#Lago Kerr#mercatini agricoli#natura Virginia#ospitalità Virginia#patrimonio storico#pesca Virginia#Pier Carlo Lava#Storia americana#storia Sud USA.
0 notes
Text

Lo que opinaba Karl Marx sobre Bolivar.
Karl Marx lo describió como el «canalla más cobarde» que se encargó, justificándolo como gesta bélica, del exterminio de miles de personas.
Un general cobarde y autoritario: así definía el padre del comunismo al español Simón Bolívar
Marx culpa al criollo de las dificultades que tuvo la revolución de despegar debido a su cobardía y tendencia a acaparar poder.
Lejos del relato clásico de la lucha de los americanos por conseguir su independencia respecto a los españoles, las sucesivas guerras de emancipación que se vivieron en los territorios del Imperio español fueron, en esencia, una guerra civil entre españoles, esto es, españoles de América contra españoles de Europa. Simón Bolívar, un criollo de ascendencia española y dueño de grandes plantaciones, era tan español como el que más. Un buen representante del caudillismo y la intromisión de elementos militares en la política tan característicos de la historia ibérica en el siglo XIX.
Fiel a su sueño de crear a toda costa unos EE.UU. en el sur de América, Bolívar no dudó en imponer su idea del nuevo país a territorios en los que, como en Perú, se veía con recelo sus intromisiones. Su visión democrática estaba deformado de origen por la idea de que él y los militares que habían participado en las guerras de independencia debían gozar de una posición especial de forma vitalicia. En sus últimos años de vida, el «libertador» empezó a acaparar poder y actuar de forma despótica, incluyendo dos años de dictadura pretoriana. La amenaza del ejército peruano de La Mar, la insubordinación del general de su mayor confianza, José María Córdoba, y un intento de asesinato el 25 de septiembre de 1828 señalaron la puerta de salida al caudillo. Bolívar, gravemente enfermo y en proceso depresivo, presentó su dimisión en 1830 ante el Congreso colombiano y vivió sus últimos días torturado por las noticias que llegaban de más y más fragmentaciones de las repúblicas americanas.
A su muerte, la figura de Bolívar fue víctima de un proceso de mitificación en términos inverosímiles, que dura hasta la actualidad. Sin embargo, no han faltado desde entonces pensadores, incluso de un espectro ideológico progresista, que comprendieron lo limitada que era la idea que el libertador tenía de la democracia. El prusiano Karl Marx, considerado junto a Engels el padre del comunismo práctico, no dudó en criticar con dureza a Bolívar en un texto titulado «Bolívar y Ponte», escrito en 1858, donde le presenta como un pésimo militar con tendencia a acaparar poder.
«El Napoleón de las retiradas»
El documento traza la biografía política de Bolívar, poniendo énfasis en sus tímidos inicios revolucionarios. De hecho, Marx culpa al criollo del fracaso, en 1812, de la revolución iniciada por Francisco de Miranda debido a su cobardía. Cuenta el prusiano que estando Bolívar al frente de Puerto Cabello, la principal plaza fuerte de Venezuela, se produjo una insurrección por parte de prisioneros de guerra leales a la Corona.
«Aunque los españoles estaban desarmados, mientras que él disponía de una fuerte guarnición y de un gran arsenal, se embarcó precipitadamente por la noche con ocho de sus oficiales, sin poner al tanto de lo ocurría ni a sus propias tropas, arribó al amanecer a Guaira y se retiró a su hacienda de San Mateo».
Una precipitada huida que permitió a los realistas tomar la plaza y, a su vez, forzó a Miranda a suscribir, el 26 de julio de 1812, el tratado de La Victoria, que sometió nuevamente a Venezuela al dominio del Rey. Además, Bolívar y varios de sus oficiales arrestaron en persona a Miranda mientras dormía y lo entregaron al jefe realista, que lo remitió a Cádiz, donde Miranda murió después de varios años de cautiverio. «Debe satisfacerse el pedido del coronel Bolívar, como recompensa al servicio prestado al Rey de España con la entrega de Miranda», dejó escrito el mando realista cuando Bolívar solicitó un pasaporte para salir de Venezuela.
El libertador entró «de pie, en un carro de triunfo, al que arrastraban doce damiselas vestidas de blanco y ataviadas con los colores nacionales»
No en vano, Bolívar faltó a su palabra de marcharse del continente para encabezar a principios de 1813 una nueva rebelión contra la Corona. Sus tropas tomaron Caracas en un rápido movimiento y abrieron la puerta a que el caudillo danzara en un desfile propio de los generales de la Antigua Roma. En palabras de Marx, el libertador entró «de pie, en un carro de triunfo, al que arrastraban doce damiselas vestidas de blanco y ataviadas con los colores nacionales, elegidas todas ellas entre las mejores familias caraqueñas, Bolívar, la cabeza descubierta y agitando un bastoncillo en la mano, fue llevado en una media hora desde la entrada la ciudad hasta su residencia». Se proclamó, a continuación, Dictador y Libertador de las Provincias Occidentales de Venezuela y creó la Orden del Libertador , un cuerpo de tropas escogidas a las que denominó guardia de corps y se rodeó de la pompa propia de una corte.
Según apreció el padre del marxismo, esta dictadura degeneró pronto en una anarquía militar, en la cual «asuntos más importantes quedaban en manos de favoritos que arruinaban las finanzas públicas y luego recurrían a medios odiosos para reorganizarlas». Tampoco tarde el entusiasmo popular en transformarse en descontento, dando tiempo a las fuerzas realistas a contraatacar y a reconquistar Caracas. Cuando Bolívar se vio obligado a refugiarse en Jamaica, en manos inglesas, junto a sus generales de confianza, aún dejó a su espalda a un grupo de revolucionarios que resistió en Venezuela hasta sus últimas consecuencias. Siempre se las arregló para poner tierra de por medio a tiempo.
En estas huidas preventivas, opina Marx y los historiadores que se han acercado a su figura que Bolívar se presentaba como víctima de alguna facción o enemigo secreto, imaginario o imaginado, que le había obligado a dejar a sus partidarios atrás para salvar la vida. Una tendencia a escapar cuando las cosas pintaban mal que llevó a uno de los generales revolucionarios, el negro María Francisco Piar, a amenazarlo con llevar el caso a un consejo de guerra por deserción, apodándole con sarcasmo «El Napoleón de las retiradas». Las acusaciones de Piar instigaron su condena a muerte por el Consejo Supremo de la Nación acusado de haber conspirado contra los blancos, atentado contra la vida de Bolívar y aspirar al poder supremo. Fue fusilado el 16 de octubre de 1817.
El giro más dictatorial
Aparte de la timidez en combate, Marx considera al libertador un incompetente en sus decisiones tácticas. En la campaña decisiva que terminó con la independencia de Venezuela, Bolívar acumuló un sinfín de derrotas a pesar de contar con superioridad numérica. Para finales de mayo de 1818, el criollo español había perdido ya unas doce batallas y parte de la ventaja que había obtenido Piar antes de ser ejecutado. La salvación de la causa revolucionaria vino en esas fechas procedente de Inglaterra a través de hombres, buques, munición e incluso oficiales ingleses, franceses, alemanes y polacos. Marx atribuye al ejercicio de los ingleses la victoria definitiva en Nueva Granada en el verano de 1819 y responsabiliza a Bolívar de retrasar la campaña por «perder tiempo en homenajes» en las distintas ciudades que ocupaba.
El mando directo sobre esta legión extranjera permitió a Bolívar imponer los términos de lo que debía ser la Gran Colombia que sustituyera a las instituciones realistas:
«Mediante su guardia de corps colombiana manipuló las decisiones del Congreso de Lima, que el 10 de febrero de 1823 le encomendó la dictadura; gracias a un nuevo simulacro de renuncia, Bolívar se aseguró la reelección como presidente de Colombia. Mientras tanto su posición se había fortalecido, en parte con el reconocimiento oficial del nuevo estado por Inglaterra, en parte por la conquista de las provincias altoperuanas por Sucre, quién unificó a las últimas en una república independiente, la de Bolivia. En este país, sometido a las bayonetas de Sucre, Bolívar dio curso libre a sus tendencias al despotismo y proclamó el Código Boliviano, remedo del Código de Napoleón. Proyectaba trasplantar ese código de Bolivia al Perú, y de éste a Colombia, y mantener a raya a los dos primeros estados por medio de tropas colombianas, y al último mediante la legión extranjera y soldados peruanos. Valiéndose de la violencia, pero también de la intriga, de hecho logró imponer, aunque tan sólo por unas pocas semanas, su código al Perú».
Bolívar dio curso libre a sus tendencias al despotismo y proclamó el Código Boliviano, remedo del Código de Napoleón
Como presidente y libertador de Colombia, protector y dictador del Perú y padrino de Bolivia, alcanzó la cúspide de su poder y, a partir de ese punto, comenzó su giro más autoritario. En sus dos últimos años de una dictadura sin disimulo, Marx señala que ejerció durante un tiempo «una especie de terror militar», que incluyó la condena a muerte, sin un proceso legal con suficientes garantías, de varias personas acusadas de haberle intentado asesinar. En medio de este ambiente cada vez más opresivo, presentó su dimisión en 1830 ante el Congreso colombiano, si bien murió sin abandonar completamente el país cuando ya buscaba la forma de regresar de nuevo al poder.
«Súbitos arrebatos de ira»
El general francés Ducoudray-Holstein, contemporáneo de Bolívar, tampoco tenía una opinión especialmente positiva del criollo. Le apreciaba una personalidad colérica: «No puede andar mucho a pie y se fatiga pronto. Le agrada tenderse o sentarse en la hamaca. Tiene frecuentes y súbitos arrebatos de ira, y entonces se pone como loco, se arroja en la hamaca y se desata en improperios y maldiciones contra cuantos le rodean. Le gusta proferir sarcasmos contra los ausentes, no lee más que literatura francesa de carácter liviano, es un jinete consumado y baila valses con pasión. Le agrada oírse hablar, y pronunciar brindis le deleita. En la adversidad, y cuando está privado de ayuda exterior, resulta completamente exento de pasiones y arranques temperamentales. Entonces se vuelve apacible, paciente, afable y hasta humilde. Oculta magistralmente sus defectos bajo la urbanidad de un hombre educado en el llamado beau monde, posee un talento casi asiático para el disimulo y conoce mucho mejor a los hombres que la mayor parte de sus compatriotas».
Un general cobarde y autoritario: así definía el padre del comunismo al español Simón Bolívar.
10 notes
·
View notes
Text
Stralcio del discorso di Robert Kennedy Jr, sulla guerra in Ucraina tenuto 3 giorni fa.
Voglio dire una parola sulla guerra in Ucraina. Il complesso militare-industriale ci ha fornito quella nota giustificazione da fumetto come ha fatto per ogni guerra: che questo è un nobile sforzo per fermare un super criminale, Vladimir Putin, che ha invaso l’Ucraina e per contrastare la sua marcia, simile a quella di Hitler, in tutta Europa.
In effetti, la piccola Ucraina è la delegata di una lotta geopolitica avviata dalle ambizioni dei neoconservatori statunitensi per l’egemonia globale americana. Non sto scusando Putin per aver invaso l’Ucraina. Aveva altre opzioni, ma la guerra era una risposta prevedibile della Russia. Lo spericolato progetto neocon di estendere la NATO per circondare la Russia è un atto ostile. I media creduloni raramente spiegano agli americani che ci siamo allontanati unilateralmente da due trattati intermedi sulle armi nucleari con la Russia e poi abbiamo messo sistemi missilistici nucleari in Romania e Polonia.
Questo è un atto ostile e ostile, e la Casa Bianca di Biden ha ripetutamente respinto l’offerta della Russia di risolvere pacificamente questa guerra. La guerra in Ucraina è iniziata nel 2014, quando le agenzie statunitensi hanno rovesciato il governo democraticamente eletto dell’Ucraina e hanno installato un governo filo-occidentale scelto da loro. Hanno lanciato una guerra civile mortale contro i russi etnici in Ucraina. Nel 2019, l’America si è allontanata da un trattato di pace, l’accordo di Minsk, negoziato tra la Russia e l’Ucraina dalle nazioni europee. E poi, nell’aprile del 2022, volevano la guerra. Nell’aprile 2022, il presidente Biden ha inviato Boris Johnson in Ucraina per costringere il presidente Zelensky a strappare un accordo di pace che lui e i russi avevano già firmato. I russi stavano ritirando le truppe da Kiev, Donbass e Luhansk. E quell’accordo di pace avrebbe portato la pace nella regione e avrebbe permesso a Donbass e Luhansk di rimanere parte dell’Ucraina.
Il presidente Biden ha dichiarato quel mese che il suo obiettivo nella guerra era il cambio di regime in Russia. Il suo segretario alla difesa, Lloyd Austin, spiegò contemporaneamente che lo scopo dell’America nella guerra era quello di esaurire l’esercito russo e di degradare la sua capacità di combattere in qualsiasi altra parte del mondo. Questi obiettivi, naturalmente, non avevano nulla a che fare con ciò che dicevano agli americani sulla protezione della sovranità dell’Ucraina.
L’Ucraina è una vittima in questa guerra, ed è vittima dell’Occidente… sia della Russia che dell’Occidente. Da allora, abbiamo costretto Zelenskyy a strappare l’accordo, abbiamo sperperato il fiore della gioventù ucraina. Sono morti ben 600.000 bambini ucraini e oltre 100.000 bambini russi, per i quali tutti noi dovremmo essere in lutto. E le infrastrutture dell’Ucraina sono distrutte.
La guerra è stata un disastro anche per il nostro paese. Abbiamo già perso quasi 200 miliardi di dollari. E questi sono dollari di cui c’è un disperato bisogno, con le nostre comunità che soffrono in tutto il nostro paese. Il sabotaggio del gasdotto Nord Stream e le sanzioni hanno distrutto la base industriale europea, che costituisce il baluardo della sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Una Germania forte con un’industria forte è un deterrente molto, molto più forte per la Russia di una Germania che è deindustrializzata e trasformata in una semplice estensione di una base militare statunitense.
Abbiamo spinto la Russia in una disastrosa alleanza con Cina e Iran. Siamo più vicini all’orlo della guerra nucleare che in qualsiasi altro momento dal 1962. E i neoconservatori della Casa Bianca non sembrano preoccuparsi affatto. La nostra autorità morale e la nostra economia sono nel tremare, e la guerra ha dato origine all’emergere dei BRICS, che ora minaccia di sostituire il dollaro come valuta di riserva globale.
12 notes
·
View notes
Text
Estrelas musicais se alinham para o drama "The Gray House" – DEADLINE (Tradução)
Estrelas musicais se alinham para o drama da Guerra Civil THE GRAY HOUSE com Willie Nelson, Shania Twain, Yolanda Adams, Lainey Wilson, Killer Mike e mais na trilha sonora.
As estrelas da música estão se preparando para THE GRAY HOUSE, de Kevin Costner e Morgan Freeman.
Leslie Greif abriu a playlist da série com exclusividade para o Deadline e há uma grande potência estelar aí, incluindo uma música original interpretada pela lenda da música country Willie Nelson, que encerra a série. Além disso, Shania Twain, Killer Mike e Yolanda Adams estão entre os que participarão, e Jon Bon Jovi co-escreve uma das músicas do programa.
A matéria completa, e em inglês, você pode ler CLICANDO AQUI. Segue tradução feita pela Equipe COBR:
“Minha ideia foi, em vez de ter uma música-título [final], ter oito músicas diferentes de artistas vencedores do Grammy e de diferentes gêneros musicais, que foram escritas para o nosso programa e que contarão a história daquele episódio”, disse Greif, que é produtor executivo e escreveu o roteiro com Darrell Fetty e John Sayles.
“Heart of America”, de Nelson, foi escrito por Erin Enderlin, Jim ‘Moose’ Brown e Jeff Fahey. Ela encerra a minissérie, que conta com Costner e Freeman como produtores executivos. A série acompanha um trio de heroínas desconhecidas que fazem parte de uma rede de espionagem que tenta virar a maré da Guerra Civil Americana a favor do Norte. Mary-Louise Parker, Amethyst Davis, Daisy Head e Ben Vereen fazem parte do elenco.
“Todas essas pessoas vieram, com base no trailer, no tema do programa e no desejo de fazer parte de algo importante”, disse Greif, que co-produziu várias das músicas da série. Shania Twain ficou evidentemente impressionada. Como parte do dueto com Drake Milligan, ela apresenta uma música intitulada “I'll Be Here With You”.
Yolanda Adams, uma das artistas gospel mais vendidas de todos os tempos e estrela da série Kingdom Business do BET+, canta “Love Will Rescue Me”, que encerra o segundo episódio. Lainey Wilson, que foi eleita a artista do ano no Academy of Country Music Awards deste ano, tem uma canção chamada “Dead End Road”.
A dupla de marido e esposa War and Treaty interpreta o tema do título principal “Blood In The River” na série dirigida por Roland Joffe, bem como a música do título final “If This Day Was The Last Day”. Killer Mike participa da ação com um número chamado “Spying Eyes”.
O episódio de abertura da série termina com “Unholy Water”, interpretada por Adrienne Warren. A música vem de uma equipe poderosa de Jon Bon Jovi, Desmond Child e Butch Walker. Larkin Poe, ganhador do prêmio Grammy, participa com uma música chamada “The Devil's Boat”.
Scott Stapp, que co-escreveu uma das músicas da trilha sonora de “É Assim Que Acaba”, apresenta “Red, White, & Blue”, que ele escreveu com Marti Frederiksen e Desmond Child. O compositor e integrante do Hall da Fama, Child, tem créditos de composição em várias músicas da série.
THE GRAY HOUSE é da Paramount Global, e seu braço de distribuição está o vendendo internacionalmente. Ainda não há notícias sobre seu lançamento nos EUA. É produzido pela Territory Pictures, de Costner; pela Revelations Entertainment, de Freeman e Lori McCreary; e pela Big Dreams Entertainment, de Greif.
Confira a lista de reprodução completa de THE GRAY HOUSE abaixo:
Música: “Blood In The River” (Tema do título) Interpretada por: The War and Treaty Escrita por: Erin Enderlin, James 'Moose' Brown, Jeff Fahey
Música: “Unholy Water” (End Title – Episode 1) Interpretada por: Adrienne Warren Escrita por: Jon Bon Jovi, Butch Walker, Desmond Child
Música: “Love Will Rescue Me” (End Title – Episode 2) Interpretada por: Yolanda Adams Escrita por: Anthony Evans, Nick Pothoven
Música: “If This Day” (End Title – Episode 3) Interpretada por: The War and Treaty Escrita por: Diane Warren
Música: “Red, White, & Blue” (End Title – Episode 4) Interpretada por: Scott Stapp Escrita por: Scott Stapp, Marti Frederiksen, Desmond Child
Música: “Dead End Road” (Featured Song – Episode 5) Interpretada por: Lainey Wilson Escrita por: Lainey Wilson (ASCAP), Trannie Anderson, Paul Thomas Sikes
Música: “The Devil’s Boat” (End Title – Episode 5) Interpretada por: Larkin Poe Escrita por: Erin Enderlin, James “Moose” Brown, Jeff Fahey, Michael Trotter Jr., Tanya Trotter
Música: “Spying Eyes” (Smiling Faces) (End Title – Episode 6) Interpretada por: Killer Mike ft. Lena Byrd Miles Escrita por: Barrett Strong, Norman Whitfield, Michael Render, Vidal Garcia, Cosmo Hickox, Max Perry, Robert Mandell
Música: “I’ll Be Here With You” (End Title – Episode 7) Interpretada por: Shania Twain & Drake Milligan Escrita por: Erin Enderlin, James “Moose” Brown, Jeff Fahey, Drake Milligan
Música: “Heart of America” (End Title – Episode 8) Interpretada por: Willie Nelson Escrita por: Erin Enderlin, James “Moose” Brown, Jeff Fahey
#the gray house#colin o'donoghue#2024#setembro 2024#willie nelson#shania twain#yolanda adams#lainey wilson#killer mike#jon bon jovi#soundtrack#tradução cobr
6 notes
·
View notes
Text
A 105 ANNI SI LAUREA DAVANTI A NIPOTI E PRONIPOTI

La cerimonia di laurea del 2024 dell’Università di Stanford (USA) ha celebrato il raggiungimento del diploma universitario per una studentessa di 105 anni, Virginia Hislop.
L’anziana donna americana ha portato a termine il master in educazione, 83 anni dopo aver iniziato il suo percorso di studi, abbandonato per poter stare con il marito e i figli nel 1940 quando gli Stati Uniti entrarono nella Seconda Guerra Mondiale. Il suo fidanzato, George, fu chiamato a combattere al fronte e i due si sposarono rapidamente. Virginia divenne un’attivista nelle retrovie. Dopo la fine dei combattimenti, divenne un’insegnante e lavorò per dare l’opportunità di studiare a più persone possibili seguendo le orme di sua nonna, che insegnava in Kansas prima della guerra civile e di sua zia Nora che era la preside di una scuola a West Los Angeles.
“Pensavo che fosse una delle cose che avrei potuto imparare lungo la strada se ne avessi avuto bisogno e mi è sempre piaciuto studiare, quindi non era una grande preoccupazione per me – mentre sposarsi lo era”, dichiara. 8 decenni dopo aver lasciato il campus e aver vissuto al servizio dell’apprendimento, Hislop è tornata a Stanford per finire ciò che aveva iniziato e conseguire la laurea magistrale, davanti agli occhi dei suoi nipoti e pronipoti. Gli amici la descrivono come una donna “sotto i cui piedi non cresce il muschio” per il suo stile di vita attivo fatto di volontariato, lettura vorace e passeggiate nel suo giardino.
___________________
Fonte: Stanford University; foto di NBC News
VERIFICATO ALLA FONTE | Guarda il protocollo di Fact checking delle notizie di Mezzopieno
BUONE NOTIZIE CAMBIANO IL MONDO | Firma la petizione per avere più informazione positiva in giornali e telegiornali
Se trovi utile il nostro lavoro e credi nel principio del giornalismo costruttivo non-profit | sostieni Mezzopieno
7 notes
·
View notes