#gli uomini non ce la fanno mai eh
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madonna ho dato un secondo uno sguardo alla chat accanto allo streaming e ho letto tipo quattro slur di fila
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Lady Godiva, un capolavoro scolpito nel 1861
dallo sculture inglese John Thomas, una fusione di marmo e gesso che si trova nel museo di Maidstone nel Kent.
Ma raccontiamo la storia di Lady Godiva a cui è ispirato l'opera.
Che il corpo della donna sia troppo spesso usato come un trofeo non è una novità.
Che sul corpo delle donne si facciano troppe battaglie è noto.
Che troppo spesso gli uomini pretendano di usare il corpo delle donne come merce di scambio è storia antica.
Tanto antica che questa storia risale al 1040, quando una donna intelligente cerca di convincere il marito a fare la cosa giusta.
Lui è Leofrico, conte di Mercia, Inghilterra, che a un certo punto pare avesse un po’ esagerato con la pressione fiscale sulla popolazione.
Lei è Lady Godiva, sua moglie, che si dispiace per le condizioni del popolo, oppresso dalle tasse del marito. Quindi cerca di convincere Leofrico ad abbassare le tasse. La gente non ce la fa più, i tributi sono troppo alti e la nobildonna solidarizza con loro.
Ne parla al marito. Forse, ma posso solo immaginare a questo punto, prova a utilizzare la fondamentale strategia del “ti prendo per stanchezza”. Insiste.
Prima di andare a dormire chiede a Leofrico: “Caro, che ne dici di abbassare un po’ le tasse?”.
Mentre fanno colazione ci riprova: “Caro, mi passi il pane, e a proposito, cosa hai deciso sulle tasse?”
Durante la partita di caccia alla volpe: “Amore, allora che facciamo con i tributi?”
Mentre vanno a messa: “Stavo pensando, e se abbassassimo un po’ le tasse? Lo vedi come soffre il nostro popolo?”.
Leofrico la ignora, pensa che prima o poi le passerà, in fondo è solo una fase, poi magari si dedicherà al giardinaggio o al ricamo.
Ma Godiva non demorde. Come ogni donna che si rispetti è tenace e instancabile. Quindi insiste oggi, insiste domani, alla fine Leofrico non ce la fa più.
“Ah sì, vuoi che abbassi le tasse? Lo farò il giorno che tu andrai a cavallo in giro per la città completamente nuda”.
…
Leofrico si sente molto furbo, perché pensa di aver risolto così la questione e di poter tornare alla sua tranquillità domestica.
Quale donna accetterebbe una condizione simile?
Sua moglie.
Godiva dice: “Va bene”.
Come sarebbe: “Va bene?”
“Va bene, andrò a cavallo per tutta Coventry nuda. E tu abbasserai le tasse.”
Ora qui la storia diventa legenda e non siamo sicuri di come siano andate veramente le cose.
Si racconta che Leofrico non potendo ritirare la parola data, emanò un editto con il quale costringeva tutti gli abitanti di Coventry a chiudersi in casa e non affacciarsi alle finestre fino a dopo il passaggio di Lady Godiva.
Secondo un’altra versione fu invece proprio lei a chiedere agli uomini di Coventry di restare a casa.
In ogni caso pare che alla fine il 10 luglio 1040 lady Godiva fece la sua cavalcata, nuda, coperta solo dai suoi lunghi capelli.
E Leofrico non poté fare altro che abbassare le tasse.
Tutto bello, un punto a favore della nostra Godiva che è riuscita ad ottenere quello che voleva. Quello che era giusto. Siamo tutti contenti per la sua caparbietà, la sua tenacia, il suo coraggio. E anche il suo anticonformismo. E forse anche il suo precoce femminismo.
Ma rimane un problema, che da Lady Godiva è arrivato dritto dritto fino ai giorni nostri.
È mai possibile che un uomo che si rivolge una donna che cerca di parlare di cose serie debba delegittimarla fino ridurla a mero corpo? A mero oggetto sessuale?
Sarebbe mai possibile una storia al contrario, con la nobildonna che decide di tasse e balzelli, e il marito che per attirare la sua attenzione deve andare nudo in giro per la città?
Dico oggi, eh mica nel 1040!
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#maro' tenetemi altrimenti svalvolo#harry è chiaramente materiale da crush#ma quando la cosa è sempre accompagnata da 'mi sono accorto di lui ora che non è in una band e sta cantando da solo'#un po' mi girano#perché è sempre la solita storia#gli uomini sono tutti uguali raga#i loro gusti sono sempre i migliori e non ce lo fanno mai dimenticare#ma va' va'#harry è sempre stato un amore e la gente che si sveglia tardi solo perché ora si sente libera di ascoltare la sua musica può andare#mi sta anche simpatico quel ragazzo eh#però minchia.....non deve continuare a dire che prima no e ora sì#vbb ciao#mali rambles
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Tutta la verità, signori, sui TRENTENNI.
I 30 ANNI sono “il decennio peggiore della vita di un essere umano”.
Si potrebbero riassumere in un termine semplice: ANSIA DA CONFUSIONE.
A 30 anni vivi co la sindrome del macchinista de Trenitalia: stai in ritardo su tutto.
Ogni frase che te rivolgono comincia co ANCORA: - ANCORA non ti sei sposata/o? - ANCORA non hai 3 figli? - ANCORA non ti sei laureato? - ANCORA non sei diventato miliardario col network marketing? - ANCORA non vivi da solo? - ANCORA al letto stai? - ANCORA non hai fatto sesso legato al soffitto mentre te frustano cor mocio Vileda?
OH! Ma quando le dovevamo fa tutte ste cose? A me non m’aveva avvisato nessuno. Fino a 29 anni tutti a dimme: “Tranquillo sei giovane c’è tempo”.
Appena soffi sur 30: tu madre se leva la maschera e sotto c’è er commercialista, tu padre quando ar citofono dici “So io” te comincia a risponde “Io chi?” e tu nonna non te dà più i soldi del gelato.
Te stavano a aspettà tutti ar varco, tipo Covid ar bancone der Billionaire.
A 30 anni diventi come quei vip famosi negli anni ’90 che oggi partecipano ai reality: UN DISINCANTATO COI DEBITI.
Si perché a 30 anni, la parola “lavoro” e la parola “precario” so indivisibili come la De Filippi e il potere mediatico. Il lavoro del trentenne infatti, è l’unica cosa precaria che dura per sempre.
A 29 anni lo chiami lavoretto. A 30 la chiami povertà.
Di conseguenza il mercato ti ignora. Ogni vestito che vendono o è troppo da giovane o è troppo da vecchio. Non vendono vie de mezzo.
Questo perché sei l’unica categoria che non c’ha una lira. Sei troppo vecchio pe fatte dà i soldi da tu madre e troppo giovane pe obbligà tu nonno a fasse gestì la pensione.
A 30 anni sei in quella fase in cui sai troppe cose pe’ crede ancora nei sogni, ma troppo poche pe’ riuscì a vive sereno.
SE SEI UOMO, a 30 anni sai già che le ragazze scureggiano, che se ti dicono che sei bravo a letto è per carineria e che la storia della pancetta sexy sarà pure vera ma solo perché in assenza de Jason Momoa hanno deciso d’accontentasse de te. Metà delle ragazze che frequenti si aspetta di trovare in te una figura maschile che tu identifichi ancora come “tu padre” e l’altra metà rientra nel penale. Per dirla chiara: la situazione è che tu te ostini a mette i cuori ai culi su Instagram, a ragazze che se te incontrano nella vita reale te lasciano er posto sull’autobus. SE SEI DONNA, a 30 anni i tuoi appuntamenti amorosi so passati all’improvviso da un muretto co un venticinquenne alcolizzato a un aperitivo a mezzi co un divorziato in giacca e cravatta, ormai ascolti le chiacchiere degli uomini come s’ascoltano i racconti del Fantabosco e la tua vita sessuale si alterna tra un “no il dilatatore anale non lo uso” e un “tranquillo succede a tutti”. Fino a poco tempo fa con le amiche confrontavi la lunghezza dei piselli, adesso confrontate le patologie psichiatriche al grido de “ce l’ho - me manca - lui pensa che non l’ho capito che è sposato”. A 30 anni poi, all’improvviso, arrivano LE FITTE. Così, a buffo. Fitte lancinanti in parti del corpo che fino a quel momento non sapevi nemmeno d’avecce. Tu cammini tranquillo mentre cerchi de decide se coi 5€ che te so rimasti ce compri le sigarette o la cena e all’improvviso TRATATÀ! Una fitta a buffo tra il ginocchio e il polpaccio. Tu stai lì tranquilla che sorseggi un OKI co l’amica tua mentre parlate de quella volta che ve siete scordate dentro er Tampax e ce n’avete messo un altro e all’improvviso TRATATATATATÀ! Una fitta a buffo tra il fegato e le costole. CHE CAZZO C’È TRA IL FEGATO E LE COSTOLE? Fino a 29 anni stavi tranquillo, erano fitte de gioventù. Adesso no. Adesso non po esse. Ormai te e la parola gioventù siete lontani come i negazionisti e er diploma de terza media.
A 29 anni erano fitte de gioventù. Adesso dall’infarto all’embolia po esse tutto.
A 29 anni era acne giovanile. Adesso è rogna.
A 29 anni era salute. Adesso è panza.
E la cosa brutta è che a 30 ANNI, di queste cose, non puoi parlarne con nessuno. Perché se ne parli con quelli più giovani, quelli te cominciano a dà del lei! SÌ! Quelli te chiamano SIGNORA e te fanno passà avanti sussurrando timorosi “prego, MI SCUSI”!
Se invece ne parli co quelli più grandi de te...... che so tanti...… tantissimi...… so almeno 5 generazioni de rancorosi co alle spalle minimo 40 anni de rotture de coglioni… loro, te cominciano a elencà na serie de malattie cardiovascomuscolari che Dottor House se gratterebbe i coglioni co la parte larga der bastone. Tu non fai manco in tempo a dì “A” che quelli te tartassano tipo er Tamagotchi quando c’aveva fame: “MA STA ZITTO STAI, ZITTO DEVI STARE, PARLI TU PARLI ,E IO CHE DEVO DÌ ALLORA EH? CHE DEVO DÌ IO? VOGLIO VEDÈ QUANDO ARRIVI ALL’ETÀ MIA POI NE RIPARLIAMO ALTRO CHE, TU ZITTO DEVI STARE, ZITTO!” Se non ci credete, vi basterà leggere i commenti sotto questo post. (PS: Si lo so, alla parola Tamagotchi ti sei commosso. Non ringraziarmi, non c’è bisogno). Quello che non capiscono è che un QUARANTENNE non sarai mai uguale a un TRENTENNE. Mai. E il motivo è semplicissimo: A 40 anni sei il più giovane tra i vecchi. A 30 anni sei il più vecchio tra i giovani. Non può essere uguale, cambia proprio il punto di vista. Il quarantenne c’ha lo stato d’animo de uno che se sta a giocà il tutto per tutto. Il trentenne sta dentro un cortile coi muri alti a giocà a campana co la depressione. Tutto qua.
I 30 ANNI sono la vera età di passaggio. E questo passaggio ha un nome preciso: METABOLISMO.
Quando soffi sulle candeline, tu la porta la attraversi, er metabolismo tuo no. Rimane de là. Te saluta vestito da Po dei Teletubbies: “Ciao Ciao!” Quello che prima era un meccanismo perfetto, tutto ad un tratto si interrompe. Prima, quello che magnavi cacavi. Adesso, se te magni na teglia de pizza, il giorno dopo cachi una pallina.
Tu guardi nel cesso e te senti disorientato. Dici: “OH! E tutto il resto dove sta? Dove sta tutto il resto? E CHE CAZZO CI FA QUEL CICCIONE NELLO SPECCHIO DE CASA MIA!” Nulla sarà come prima. E lo capirai sulla tua pelle.Con la tua pelle. Con quello che stazionerà sotto la tua pelle. E il numero dell’estetista passerà sotto la N di Nutrizionista. Ed è lì, che imparerai ad usare Photoshop. Ma in tutto questo c’è un cambiamento a 30 ANNI, che ti farà soffrire più di tutti gli altri: il tuo rapporto con LA MOVIDA. Quelli che prima chiamavi DIVERTIMENTI, da oggi in poi se chiameranno CONSEGUENZE. Sì tu, proprio tu. Tu che fino a ieri te tatuavi, vomitavi e t’accoppiavi 4 volte co 5 persone diverse tutto nella stessa sera. Tu che fino a ieri uscivi coi capelli bagnati pure pe annà a fa Capodanno a Ovindoli. Tu che fino a ieri te prendevi 26 caffè al giorno senza tremà o morì, e poi dormivi pure. Tu che fino a ieri riuscivi a assorbì una quantità d’alcol che un mozzo del ‘600 te se sarebbe tatuato sul braccio, senza nemmeno vedecce appannato. Tu che fino a ieri dormivi per terra a casa de gente qualsiasi e la mattina presto, alle 14, andavi ar bagno mentre te ripartiva er passetto house. Tu che fino a ieri eri in grado de andà a ballà, fa l’after, uscì all’alba e andà al mare, ritornà e andà a ballà co altri amici, rifà l’after e il giorno dopo andà a lavorà da McDonald’s, tu. Proprio tu. Oggi. Tu oggi dopo er terzo caffè stai tre giorni su na sedia coi tic, tipo Stephen Hawking. Tu oggi se incontri birra e pizza nella stessa sera devi dormì dentro ‘na vasca de Gaviscon. Tu oggi se dopo una serata te porti al letto uno, la mattina dopo er problema non è più ricordasse come se chiama lui, ma ricordasse chi cazzo sei te. Tu oggi se vai a ballà er Sabato sera, er Giovedì mattina sembri ancora ‘na comparsa de Tim Burton. Tu oggi non ce vai a ballà er Sabato sera. Tu oggi esci er Venerdì. Pomeriggio. Presto. Tu oggi dopo il primo cocktail c’hai le guance bordeaux, te scappano sorrisi maliziosi mentre guardi ‘na colonna e te togli i pantaloni dal culo come se nessuno te vedesse. Tu oggi al secondo cocktail cammini usando le sponde der muro tipo flipper cercando de centrà la porta del bagno. Tu oggi al terzo cocktail t’abbracci er buttafuori sudato e piangendo je strilli nell’orecchio: “SCUSA MAMMA!” Tu oggi te risvegli a casa tua alle 7.30, de domenica, co la sveglia che te sei scordato de toglie, per terra, a metà der corridoio, perché sul letto la sera prima non ce sei arrivato, e te stupisci della tua coordinazione mentre te trascini al bagno coi gomiti. E tutto questo non perché sei vecchio. Ma perché sei scrauso. Infine, tutto ciò si riflette inesorabilmente nella tua vita sentimentale. Una volta ti buttavi, per vedere se funzionava. Oggi, prima de uscì co qualcuno, sto qualcuno deve risultà molto più interessante del divano de casa tua, co davanti una serie tv su Netflix e in mano una pizza a domicilio. E NESSUNO è più interessante de divano, serie tv e pizza. Nessuno. È la vita di noi trentenni. Una vita sospesa a metà. Una vita in cui non siamo né carne né pesce. Questo siamo: i vegani dell’anima.
(di Emiliano Luccisano)
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Dialogo tra Alessandro Borghi e Alessandro Michele.
Alessandro Borghi: Vorrei cominciare parlando dell’origine di Alessandro Michele, non come professionista ma come essere umano, qualche ricordo che hai della tua infanzia, legato a un’immagine. A me succede molto spesso di avere dei flash di me stesso da bambino, con mia madre che mi mette una coperta addosso piuttosto che un albero della casa in campagna. A te?
Alessandro Michele: Ho un ricordo bellissimo, particolarmente nitido, di me bambino, credo che facessi la prima elementare o qualcosa del genere, forse l’ultimo anno dell’asilo, vivevamo a Monte Sacro Vecchio. In una giornata sai di quelle romane – Roma secondo me ha di quelle giornate primaverili, di quelle situazioni climatiche che alle volte sono come delle benedizioni divine e tu percepisci di essere un privilegiato. Io già da bambino questa cosa la sentivo, e c’è un momento che infatti mi torna alla mente in maniera nitida, quando vedo quelle giornate: uscivo da scuola, una scuola cattolica vicino casa, credo mi fossero venute a prendere le gemelle, mia mamma e sua sorella, vivevamo in due appartamenti comunicanti all’epoca. Io torno con il panierino porta pranzo di quando ero piccolo. Mi ricordo questa giornata di sole, era già iniziata la primavera, e io avevo sempre voglia di scoprirmi, andavo sempre da mia madre tutto mezzo nudo perché mi toglievo maglie e magliettine. Esco e trovo le gemelle, che erano spesso vestite uguali solo in variante di colore, sedute a un tavolo che prendevano il caffè e ridevano tantissimo, con questa luce pazzesca, ed è un’immagine che mi è rimasta in testa. Un’immagine di donne, quanto fossero complici. In verità la vera famiglia erano loro due, era un matriarcato, i maschi erano completamente soggiogati da queste due maghe Circe, ma anche io eh! Mi ricordo il sole, le vedo tutte e due con questo chemisier, una in rosa e una in celeste, che ridevano come delle pazze. È un’immagine che mi è rimasta, l’immagine che dice che la vita è stare a fare delle chiacchiere a un bar, in una giornata di sole, tanto siamo destinati meravigliosamente a morire, e siamo meravigliosamente vivi. Io da bambino sono stato molto felice, in una famiglia allargata, formata da due mamme, da vari uomini e da una cugina che era una sorella. Forse mi è rimasta impressa questa immagine perché, come dico sempre, io sono un cuor contento.
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AB. Poi, a un certo punto, hai deciso di andartene. Lo hai fatto perché avevi realmente la percezione che restando lì non avresti potuto raggiungere quello che avevi in testa, o è stata una cosa dettata da altre necessità? E soprattutto, a un certo punto, quanto è stato importante ritornare? Cioè, quanto è importante andarsene e quanto poi ritornare da dove si è partiti, quando invece si potrebbe sopravvivere altrove?
AM. Io avevo due motivi per andare. Uno, è che sentivo di essere un bambino speciale. Poi ce ne saranno tanti di bambini speciali, probabilmente lo siamo stati tutti, ma sentivo che dal posto dove stavo, crescendo, dovevo allontanarmi. È stato un allontanamento dal quale non ho potuto esimermi, l’essere diverso in quegli ambienti lì delle periferie romane è difficile, da un lato c’era una grande umanità, perché ho incontrato anche delle persone meravigliose, oserei dire anche dei maschi alfa meravigliosi, che mi avevano già capito, ma non tutti avevano questa apertura. Il secondo motivo è che io ero un sognatore. Ho sognato finché ho potuto, poi i sogni non erano più sufficienti, dovevo concretizzarli, e quindi ho fatto la valigia. È stato difficile andare via. Ero abbastanza giovane, me ne sono andato in un’altra città e ci sono stato finché ho potuto. Poi una volta che ti sei formato spesso avverti la necessità di ritrovare i luoghi a cui sei appartenuto. Adesso ogni tanto sento un gran bisogno di parlare con un cugino, di ritrovare una strada. Sai cos’è? Credo sia capitato anche a te: quando la tua persona si comincia a spezzettare in un milione di frammenti, diventi un po’ popolare e molti sanno chi sei, il tuo cognome e il tuo nome messi insieme quasi si svalorizzano, non hanno più senso. Non sei più solo Alessandro. Ma Alessandro è stato Alessandro che era sotto casa a giocare a basket, poi Alessandro è diventato Alessandro Michele, un nome che detto così quasi se ne vola via. Allora tornare da dove vengo mi serve a riafferrare questo nome. Io sono Ale, sono Alessandro, sono stato un ragazzino, il mio nome l’ha scelto mio padre, capito?
AB. Ti capisco. Io vivo ancora nel quartiere dove sono cresciuto, camminando è un continuo susseguirsi di “questa è la strada che facevo per andare a scuola”, “questo è il posto dove ho incontrato…”, tutto mi riporta subito in una dimensione che aiuta tantissimo a ricordarmi da dove sono venuto e chi era Alessandro, appunto, che nel mio caso giocava a calcetto alla parrocchia. Mi piace moltissimo ricollegare a te l’idea delle immagini, condividiamo una relazione con il cinema che è imprescindibile, per me perché è diventato con gli anni il mio lavoro, per te perché mi sembra sia sempre più una parte fondamentale del tuo modo di raccontare quello che fai. Ma del cinema parliamo dopo. Mi dici prima se c’è un incontro che ha cambiato la tua percezione delle cose?
AM. Ne citerei due. Uno è stato quello con Giulio Argan, lo storico dell’arte, conosciuto quando frequentavo il liceo. È venuto a parlare a scuola, io sono stato sempre un grande appassionato d’arte, la mia passione per l’immagine è nata da bambino, credo, ma quando ho sentito parlare Argan, quello che gli ho sentito dire quel giorno, mi ha affascinato totalmente. Uscii da scuola pensando che quella cosa chiamata arte era di fatto una forma di religione; un incontro fondamentale. L’altro che citerei è Piero Tosi, il grande costumista. Incontrandolo, ho capito la gentilezza della passione, la bellezza e la semplicità della complicazione di essere. Lui era una persona complessa, deve aver avuto una testa incredibile, ma aveva un cuore così gentile. Ero un ragazzino, mi ricordo che arrivò questo piccolo uomo elegantissimo, con questa giacca di grisaglia che guardava noi giovanissimi che eravamo nella sala, io mi sono emozionato, gli ho dato anche la mano. Da adulto poi l’ho conosciuto, sono andato a casa sua a prendere un caffè, lui è morto l’anno dopo. Tosi è stato quello che mi ha fatto capire che i vestiti erano importanti perché dentro c’era l’umano. I vestiti, senza quel mucchio di atomi e di cellule che siamo noi, non hanno senso di esistere. Da lì ho iniziato a capire che relazione strettissima c’era tra loro e chi li indossava, la forma che conteneva quell’umanità. Sono cresciuto con una mamma cinematografara, avrò visto La rosa tatuata cento volte, I soliti ignoti pure, credo di saperli a memoria. I ragazzini vedevano Jeeg Robot, io vedevo la Magnani. Mamma sognava un pezzo di vita attraverso i film, praticamente ha fatto la psicanalisi con il cinema, le ha riempito tutti quei vuoti. Diciamo che io, crescendo, ho messo un piede in quel mondo, ma attraverso i vestiti. Poi, che ti devo dire, ho conosciuto tante persone che mi hanno fatto cambiare idea, ancora oggi conosco delle persone che mi fanno cambiare idea. Sono un chiacchierone, ma lo sono perché mi piacciono anche le chiacchiere degli altri. E ne sono influenzato, continuamente. Mi auguro di continuare ad esserlo, da quello che succede, dalle persone che incontro, dai caffè che prendo, dalle cene e dai pranzi. Tipo da questa nostra chiacchierata, come dalla prima che abbiamo fatto dopo che avevo visto un tuo film. Gli incontri che ho fatto mi hanno cambiato la vita.
«È un’immagine che mi è rimasta, l’immagine che dice che la vita è stare a fare delle chiacchiere a un bar, in una giornata di sole, tanto siamo destinati meravigliosamente a morire, e siamo meravigliosamente vivi»
AB. C’è una cosa che ti imbarazza?
AM. Come si dice a Monte Sacro Vecchio, mi imbarazza quando mi mettono in mezzo. Ho ancora un problema col fatto di essere al centro dell’attenzione, è l’unica cosa del mio lavoro che mi ha imbarazzato e che mi imbarazza tuttora. Per il resto non ho grandi problemi a riguardo, sono autoironico, non ho paura di risultare ridicolo, sono uno che si mette in gioco. In più ho la fortuna di aver imparato a non temere di sbagliare. Anzi, ci tengo molto ai miei errori, me li voglio coccolare, me li voglio permettere.
AB. Capisco. Mi piace molto parlare con te perché alcune volte mi sembra di sentire me stesso. Quando inizi un percorso, c’è questa ossessione di voler fare le cose per forza meglio degli altri. Poi ti rendi conto di dover far pace col fatto di essere te stesso, e cominciare a preoccuparti di meno, di non voler per forza ricercare la perfezione, accogliendo gli errori come una fase necessaria. Senti, hai mai pensato di cambiare lavoro o percorso? Cosa faresti se ora non fossi Alessandro Michele?
AM. Ultimamente sono appassionato di terra. Mi piace molto la terra, sento molto il richiamo della campagna, quindi ho restipulato un grande accordo con la natura e con il mondo rurale, che poi è il mondo da dove vengo. Potrei dedicarmici, ma credo che adesso forse la cosa che farei se non facessi questo lavoro, sarebbe il cinema. Ho fatto da poco questo esperimento con Gus Van Sant, la co-regia con lui di “Ouverture of Something That Never Ended”, la serie con cui abbiamo presentato la nuova collezione di Gucci. Ovviamente l’ho fatto in punta di piedi, lui è un grandissimo visionario, e quindi io mi sono messo in un angolo, anche solo per dialogare e permettermi di dire le cose che vedevo in modo diverso; averle condivise con lui per me è stato un grande esperimento. Alla fine ho fatto il garzone di Gus Van Sant, però intanto ho un po’ spiato, e ho capito quanto mi piacciono queste immagini in movimento, portarle a un’altra frequenza rispetto a quanto faccio di solito – io ho sempre lavorato con Glen Luchford su video musicali, dove c’era una narrativa diversa. Avendo adesso rallentato il ritmo delle immagini, avendo provato la poesia della telecamera, ti direi che io un esperimento nel cinema, anche solo per farmi dare dell’asino, se non avessi da fare, lo proverei. Gioco in casa con te, lo so, ma il cinema ha davvero qualcosa di misterioso e di affascinante. Mi ci metterei anche solo per permettermi il lusso di averci provato. Sarà che esco da un mare magnum di immagini, giorni e giorni entrando e uscendo dal van col monitor, al freddo, per strada. Faticosissimo, fra l’altro. Non avevo mai fatto una cosa così faticosa. Io mi chiedo te, voi, come fate. Ho pensato a tutti gli amici attori, che vita. Stimo moltissimo chi riesce a fare e produrre questa cosa che è il cinema, una macchina veramente impressionante.
AB. Credo che l’unica cosa che ti consenta di farlo in una determinata maniera sia la necessità che hai di raccontare quella storia. Quanta voglia hai di portare a termine questo racconto? Tutto dipende da questo, perché sennò al primo freddo, alle prime tredici ore di set, al primo bagno nell’acqua gelata, sembrerà sempre di non avere abbastanza in cambio. Senti, visto che siamo in tema, prendiamoci un attimo per parlare meglio di questo progetto con Gus Van Sant.
AM. Lo dicevi prima, sento il bisogno di raccontare, sono figlio di un raccontatore, mio papà, credo sia una cosa importante. Nasce da questo l’idea, ma è una gestazione che è durata anni. Ci sta poi che la pandemia mi abbia portato a riflessioni di altro tipo, abbia accelerato un processo, ma era un po’ che dialogavo con Gus, è stato una grande icona della mia giovinezza. A un certo punto mi ricordo di aver pensato: “Chissà dov’è e cosa fa”, e così l’ho cercato e abbiamo iniziato una conversazione. Tutto è nato perché ho immaginato di raccontare quello che chiamo il pellegrinare dei vestiti, la storia dell’umano che li indossa, il tempo che passa lento. Stando fermo, poi, ho scoperto come è bella la routine, come sono belli i gesti di quando camminiamo, di quando ci alziamo la mattina, le cose lente che facciamo tutti i giorni. Ho rallentato tutto, anche le persone; è un racconto dove non succede niente. L’idea è nata da me, quella di seguire una persona e le cose che le acca- dono e che non per forza portano a qualcosa. Al contrario di quello che succede nel cinema, che invece ha la necessità di arrivare a un punto. Ho preso il format meraviglioso delle serie televisive, e l’ho interpretato a modo mio, ma con Gus Van Sant, che già abbracciava un po’ questa mia maniera di vedere le cose, ho chiamato lui per quello. In questa storia c’è dentro un pezzo di vita apparentemente congelato, è un po’ come io sto vivendo questo momento, un respiro di sollievo nonostante ci sia un’oppressione, ho pensato a quante piccole cose succedono apparentemente e involontariamente. La definirei una narrazione poetica di un guardone che osserva una ragazza, e che la fa interagire con dei personaggi in maniera onirica e surreale, dando vita anche a dei dialoghi impossibili, quelli di cui sono piene le nostre vite. Soprattutto, ho utilizzato un po’ di miei amici, essendo fortunato ad aver un bacino largo da cui pescare. Qualcuno la serie la amerà, qualcuno no, io trovo che sia sincera e anche coraggiosa, qualcuno si chiederà cosa abbiamo combinato, cioè probabilmente a Gus Van Sant lo diranno meno, essendosi guadagnato una rispettabilità nel cinema che io sicuramente non ho. Da lui ho scoperto che si può essere grandissimi in una maniera così poeticamente semplice. Nonostante sia chi è, Gus Van Sant ascolta quello che dici, impressionante. Questo è stato il progetto. Sette episodi che sono un inno alla lentezza, una preghiera ai gesti, ai movimenti, alle facce belle, alle facce strane, al cinema che ha sempre decantato l’umano.
«Alessandro è stato Alessandro che era sotto casa a giocare a basket, poi Alessandro è diventato Alessandro Michele, un nome che detto così quasi se ne vola via. Allora tornare da dove vengo mi serve a riafferrare questo nome»
AB. Lentezza che è un po’ la trasfigurazione del momento storico che stiamo vivendo. A proposito di momento storico, siamo in un’epoca in cui, un po’ per la globalizzazione, un po’ per l’esplodere dei social network, tutti possono esprimere la propria opinione su tutto. Io su questo sono molto combattuto: quanto ne abbiamo bisogno davvero? Quanto bisogno c’è di ascoltare le idee di tutti su tutto?
AM. È un pensiero che faccio molto spesso, perché ovviamente a me non interessano le opinioni di tutti. È una cosa umana: a noi interessano alcune opinioni, altre non ci piacciono, non le vorremmo sentire. Quello che penso è che siamo in un periodo di grande transizione, dove ci sono paure enormi. Inconsciamente, non sappiamo se questo pianeta ci sarà, non sappiamo se sopravvivremo, adesso poi siamo tutti chiusi in casa, la morte ci è venuta a bussare alla porta. Io penso che siamo anche un po’ repressi, ci sono state comunità a cui non è stata data voce, persone che sono state invisibili, come se non fossero esistite. Al di là di quello che succede in questi mesi, io credo che stiamo transitando da anni; dall’epoca vittoriana, dalla rivoluzione industriale, ci siamo evoluti certo, ma i modelli e il mondo sono praticamente rimasti gli stessi. Sono partito da così lontano per dirti che, in un momento di grande transizione e incertezza come questo, tutti hanno necessità di parlare. È come durante le rivoluzioni: le persone non hanno parlato per molto tempo, e quindi guai a non dare voce a qualcuno, anche se dice cose profondamente sbagliate, o che non ci piacciono. Questa grande conversazione globale, che ormai avviene sui social network, passa anche attraverso la voce di quello che secondo noi sbaglia, perché per reazione ci porta a formulare pensieri utili, costruttivi. Dobbiamo essere meno egoisti, non dobbiamo parlare per forza solamente con noi e di noi, è un passaggio obbligato di questa transizione. Arriverà probabilmente un momento in cui avremo esaurito questa specie di manifestazione permanente dove tutti vogliono parlare perché prima non potevano. E dobbiamo solo lavorare perché la transizione sia verso un posto migliore. Io sono ottimista, dobbiamo transitare e portare tanta pazienza. Anche per quelli che verranno dopo.
AB. Sai che mi hai quasi convinto.
AM. Sui social io sono stato massacrato, sono stato adorato, e alla fine ho capito che purtroppo, se ci vuoi stare, è cosi. In questa fase non esiste più l’areopago, non è più oligarchica la storia, non è più per pochi. I pochi, noi, che pensavamo di essere i parlanti, in verità siamo bene o male come gli altri. Il tutto andrebbe sicuramente regolamentato, perché poi ci sono dei momenti in cui in cui si scade nella prevaricazione; è ovvio che non va bene l’insulto, non va bene il dire cose gravi e sconvenienti, però è pure vero che se zittisci uno potenzialmente zittisci tutti. Dobbiamo essere molto attenti, sarebbe come dire che siccome in tv o sulla stampa vengono dette anche cose sbagliate, allora chiudiamo la tv e la stampa.
«Sui social io sono stato massacrato, sono stato adorato, e alla fine ho capito che purtroppo, se ci vuoi stare, è così. In questa fase non esiste più l’areopago, non è più oligarchica la storia, non è più per pochi»
AB. Usando una citazione ti dirò che “mi avevi già convinto al ciao”. Torniamo un attimo indietro: prima, quando ti ho fatto la domanda sulle opinioni di tutti, mi hai raccontato la tua visione sull’epoca che stiamo vivendo. Mi viene in mente che, per esempio, ultimamente ho iniziato a interessarmi molto di più a tutta la questione del cambiamento climatico, una cosa che mi spaventa molto. La domanda che mi e che ti faccio, che poi tutte le domande che ti sto facendo sono domande che mi faccio spesso da solo, è questa: quando ti capita di pensare a come sarà il mondo, pensi che sarà inevitabile adattarci o credi ancora fermamente che la volontà del singolo sia essenziale per cambiare il corso delle cose?
AM. Tutte e due. Credo che la volontà del singolo conti sempre in natura: quella di una sola ape contribuisce al futuro di un pezzettino di mondo, di un prato. Quel prato diventa uno spazio più grande, diventa un territorio, uno Stato. Quindi sì, io credo che il singolo, la sua forza, siano l’essenza della politica. Poi è ovvio che ci dobbiamo adattare. Nel senso, a me ieri è andata via la luce a casa; mi sono incazzato da morire, non puoi capire. Oggi avevo una giornata impegnativa, dovevo collegarmi con molte persone nel mondo. Ero nervoso. Va via la luce. Dieci meno venti. La riattaccano alle due di notte. Io con la candela. Stavo finendo di lavorare, dovevo finire di guardare dei sottotitoli.
AB. Comunque è un’immagine estremamente romantica, devo dire!
AM. Mio padre avrebbe ripetuto quel che mi diceva da bambino: «Spegni la luce, non ce n’è bisogno, accendi la candela che sprechi energia». Adattarsi vuol dire questo, rallentare quando è necessario fare un passo indietro. Sta a noi farlo diventare anche una cosa bella: passare un giorno su una coperta a prendere il sole, fare una grande chiacchiera con altri amici, in questo momento ci sembra un adattarci al ribasso rispetto a tutto quello che vorremmo fare, però in sé non è mica una cosa brutta. Se va via il sole accendo una candela, così se un giorno ci sarà richiesto per necessità, di stare un po’ più fermi, sapremo come stare fermi, no? È ovvio che il modo in cui ci siamo dovuti fermare è stato una cosa violentissima, drammatica. Però tu mi hai chiesto se ci si può adattare, beh, io mi sono adattato, tu ti sei adattato. Allora mi viene da pensare che in futuro potremmo cercare di trovare una via di mezzo, potremmo rimetterci in ascolto del pianeta, accarezzarlo un po’, volergli bene. Come fanno gli altri animali, no? Perché abbiamo pensato di essere meglio e abbiamo fatto un disastro. Siamo degli animali folli, i più folli di tutti, e quindi dico che dobbiamo essere bravi ad adattarci, perché l’adattamento sarà meraviglioso. Quando potremo di nuovo passeggiare, camminare, senza la mascherina, tu pensa quanto capiremo di tutta questa storia! Poi singolarmente ognuno di noi dovrà fare dei piccoli gesti, ci dovremo osservare di più; faremo delle cose grandiose, però dobbiamo non essere presuntuosi. Un grande presuntuoso l’abbiamo mandato a casa a novembre, un folle presuntuoso. È stato un grande gesto per tutti, che sposta l’ago della bilancia, per me è un grande punto di ripartenza. Sono molto ottimista perché l’uomo, come tutti gli animali, ha sempre avuto la capacità di trovare nuove strade, e noi questa strada oggi la dobbiamo trovare. E la troveremo.
AB. Adesso ti imbarazzerai per quello che sto per dire, però te la devi prendere e portare a casa. Tu in questi anni hai completamente rimodulato il concetto di bellezza. Lo hai fatto in una maniera talmente elegante, intelligente e profonda che non tutti sono riusciti a capirlo. E questo è il risvolto della medaglia di fare le cose a un certo livello. In un’intervista in un video che c’è su internet e che si può vedere, dici così: «Strano è bello. Più strano sei, più diventi bello». Ed è una cosa che io trovo meravigliosa. C’è stato un momento particolare in cui hai avvertito questa cosa per la prima volta? Magari anche senza poi immaginare che sarebbe stata alla base di tutto quello che stai costruendo in questi anni.
AM. Non lo so. Io ho un rapporto intimo e molto profondo con la bellezza, nel senso che l’ho dovuta cercare anche in posti dove apparentemente non c’era; il luogo dove sono cresciuto viene universalmente bollato come brutto. Eppure ho visto delle grandi bocche che parlavano, delle facce bellissime, delle ragazze che avevano fatto la seconda elementare ma che avevano una cultura della strada meravigliosa, facevano delle battute che sembravano uscite dal cinema, occhi belli; amichette che si schiarivano i capelli, si mettevano l’ossigeno in testa ed erano bellissime. Io l’ho sempre rintracciata e ricercata la bellezza. Una volta Maria Luisa Frisa, la curatrice di moda che è anche un’amica, mi ha detto che ho un rapporto molto conflittuale con la simmetria. Forse perché sono cresciuto in una città in cui la simmetria ha a che fare con le brutture e le storture, a Roma è nato l’ordine degli ordini di tutte le architetture che arrivano fino alla Casa Bianca. La colonna che sta da una parte, sta anche dall’altra. Tutto è simmetrico, tutto è perfetto. Poi dopo però ci sono un sacco di cose storte, è pieno di schifezze vicino a queste cose meravigliose. Mi viene in mente la Magliana: ci sono delle chiese romaniche pazzesche, e poi vicino ci sta, che ne so, uno sfascia carrozze. Questo mi ha insegnato che la bellezza è una cosa misteriosa. Su di me, che non sono più lo stesso di quando avevo vent’anni, qualcuno potrebbe dire: “Quanto è brutto questo”, invece io mi guardo allo specchio e mi dico: “Che fatica essere diventati belli essendo così diversi”. Credo di aver avuto un dono da bambino, e cioè la necessità di cercare la bellezza per sopravvivere. Ci ho ragionato tanto anche perché è una cosa di cui non volevo diventare schiavo, volevo smettere di pensare che casa mia non fosse abbastanza bella, per dire. Adesso se ci ripenso invece dico che sono stato bravo perché ho ricostruito tutto un apparato di bellezza in un posto dove qualcuno diceva “là è tutto brutto”. È come quel tuo film, Non essere cattivo: non è vero che siccome racconti un certo tipo di cose allora è tutto brutto. No. È tutto bellissimo! Conversazioni bellissime, facce, cose, parole tutte storte, bellissime, tutte dette male, c’è tutto lo sgrammaticato che esce fuori da certi posti dove sono cresciuto io. E mi fa venire i brividi. Perché poi la bellezza è nascosta anche in delle cose terribili, purtroppo. Credo di poter dire di avere un rapporto anche conflittuale con essa. Ma è una conversazione che non chiudo, voglio capire se la ritrovo in altri posti, non farla esaurire mai.
«Ho ancora un problema col fatto di essere al centro dell’attenzione, è l’unica cosa del mio lavoro che mi ha imbarazzato e che mi imbarazza tuttora. Per il resto non ho grandi problemi a riguardo, sono autoironico, non ho paura di risultare ridicolo, sono uno che si mette in gioco»
AB. A proposito, quando io ho fatto Non essere cattivo, tu eri direttore creativo di Gucci da otto mesi, ci siamo quasi accompagnati. Se tu dovessi riguardare a questi anni, trovi nel tuo percorso un tema ricorrente?
AM. Di ricorrente trovo la voglia di dare vita a dialoghi impossibili, di far incontrare cose che non si incontrerebbero normalmente. Ad esempio nella serie c’è Achille Bonito Oliva che parla con Harry Styles. Quando mai Achille Bonito Oliva avrebbe potuto parlare con Harry Styles? La conversazione tra mondi impossibili resta una delle mie costanti. Anche con i vestiti creo conversazioni apparentemente folli tra il mondo del pop, Paperino per esempio, e le scarpe della professoressa. Harry fa musica pop e vive tra Londra e Los Angeles. Apparentemente non avrebbe nulla a che fare con uno che fa il critico d’arte. Quando comincio a lavorare, cerco sempre una cosa, un elemento che, entrando, mi aiuti a rompere, perché sennò questa conversazione tra vestiti, tra colori, è una noia. Che mondo sarebbe se non arrivasse qualcuno, a un certo punto, a mandare a quel paese tutto?
AB. Questa intervista verrà letta da un po’ di persone e quindi mi piacerebbe che la usassimo anche per dare spazio a qualcuno che magari di solito ne ha di meno. C’è una persona che hai incontrato negli ultimi anni o che già conoscevi che ci consigli di tenere d’occhio?
AM. Una sola è un po’ complicato, anche perché io mi circondo di persone che tengo d’occhio. Quando ho conosciuto Harry Styles, per esempio, lui veniva da una boy band, quanto di più banalizzante potesse esistere nel mondo del pop. Eppure io ho avvertito altro da subito, quando ho visto lui ho capito che esistevano uomini diversi, uomini che erano molto più in contatto con la loro parte femminile. Mi ricordo quando si è presentato, con questa aura un po’ da James Dean, una specie di Apollo, così britannico, con questa voce che sembrava un doppiatore, e che però mi parlava dei suoi vestiti, di come li conservava. Mi è sembrato da subito un animale stranissimo, mi ricordo di essere tornato in ufficio e aver pensato che avrebbe fatto cose esagerate. Mi è successo con tanti in questi anni; penso a Florence Welch, penso alla sera in cui ho conosciuto te e Jared Leto e via dicendo. Avete poi tutti fatto cose incredibili. La verità è che non solo sono delle persone note e hanno prodotto dal punto di vista creativo delle cose fantastiche, ma sono proprio le loro vite che si sono evolute in maniera incredibile.
AB. Se posso dirtelo, una delle cose più belle che hai è che chiacchieriamo da un’ora e hai sempre parlato degli altri, ti ho praticamente dovuto costringere a dire qualcosa di te.
AM. Per me gli altri sono fonte di vita. Io sono un grande ladrone, senza gli altri non esisto.
«Io ho un rapporto intimo e molto profondo con la bellezza, nel senso che l’ho dovuta cercare anche in posti dove apparentemente non c’era; il luogo dove sono cresciuto viene universalmente bollato come brutto»
AB. Ed è per questo che sei quello che sei e noi siamo molto fortunati, io in particolare. AB. Quindi ti voglio dire che ti voglio molto bene. Grazie per il tuo tempo, per il tuo talento, per la tua amicizia. Spero davvero il prima possibile di poterti abbracciare di nuovo molto forte.
AM. Anch’io ti dico due cose prima che ci lasciamo. Uno, che mi mancano i tuoi abbraccioni quelli forti forti, e poi che sto vedendo Suburra, sono alla terza puntata, lo guardo lentamente per paura che finisca troppo presto. Devo dire che è molto bello. È stata un’operazione grandiosa, perché non si è sgonfiato per niente, siete stati gli unici ad aver cotto di nuovo il ciambellone senza che si sgonfiasse. Credo sia difficilissimo.
AB. Lo è!
AM. Fantastico. Ti ho mandato quel messaggio quando ero sul set, perché era pieno di inglesi, e tutti erano contenti che il giorno dopo uscisse la nuova stagione di Suburra, si sono poi chiusi dentro al Grand Hotel, nelle camere, per vederlo. Mi hanno detto che il più grande regalo che potessi fare loro era portarli a cena con te, e anche con Benedetta Porcaroli, che pure Baby non sai come se lo vedono. Ma poi sai cos’è? Mi viene in mentre Chris Simmons, col suo studio in periferia a Londra, con tutte le riviste alternative, tutti quei fotografi che in pochi conoscono, la Londra quella lì underground dei produttori di immagini, quella che noi diciamo “succede solo a Londra”. Ebbene sì, questi stanno lì al chiodo a vedere Suburra, mi sembra una cosa bellissima.
AB. Sì, sembra quasi che in questo momento storico tutti parlino la stessa lingua, speriamo non sia solo una sensazione. Grazie amico mio, a presto.
https://www.rivistastudio.com/alessandro-michele-intervista/
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SAO Alicization: War of Underworld - Ep. 5 - La vigilia della guerra
IN ITALIA L’ANIME E’ DISPONIBILE GRATUITAMENTE SULLA PIATTAFORMA VVVVID! SUPPORTIAMOLA! -----> https://www.vvvvid.it/show/892/sword-art-online-alicization-war-of-underworld/1005/541195/la-vigilia-della-guerra
Riprendiamo dall'ultima scena dello scorso episodio, con Alice che se ne va a zonzo in groppa al suo drago insieme a nonno Kirito. Ha finalmente deciso di sloggiare e di far riposare quella povera creatura, ed arriva al campo d'addestramento delle truppe umane. Il cavaliere suo sottoposto dai capelli viola, per capirci quello che si era proposto di uccidere Kirito per non farle fare più la badante, le corre incontro con gli occhi a cuoricino, ma cambia subito espressione non appena vede che lei in braccio porta nonno Kirito. Comunque complimenti Alice che si carica Kirito come se fosse un bimbetto, potere alle donne.
Alice fa l'Aragorn della situazione, dice ad Eldrie che ha visto un botto di soldati dall'altra parte del cancello e gli chiede quanti soldati ci siano nell'esercito umano; quello le risponde che sono più o meno quattro gatti. Bene. Ed Alice stupita gli chiede che fine abbiano fatto i 31 cavalieri integratori visto che il loro unico lavoro è difendere l'impero degli uomini, non saranno al bar come al solito! Sinceramente mi aspettavo che Eldrie le facesse il gesto dell'ombrello e le dicesse che sono stati quei simpaticoni di Kirito e Eugeo a mettere fuori gioco i cavalieri, ma fortunatamente hanno usato un'altra scusa per evitare che la colpa dell'invasione delle forze oscure fosse tutta di quel dinamico duo del cavolo. A quanto pare Chudelkin, pace all'anima sua, prima di fare ciao ciao con la manina aveva cominciato la terapia di ricalibrazione di dieci cavalieri, il collaudo mensile per continuare a tenerli buoni buoni senza memoria, mentre dei 21 rimasti alcuni sono a pattugliare lì, altri sono a difendere là, insomma, ad addestrare i soldati sono seriamente rimasti in quattro. Eldrie però non ce la fa proprio a concentrarsi sulle cose importanti e continua a lagnarsi di Kirito e che per Alice sarà un problema proteggerlo durante la guerra, ammazziamolo qui e ora fidati, così termina pure la serie visto che lui è il protagonista, e non dobbiamo combattere proprio. Arriva il cavaliere Bercoulli a interrompere le lagne, sempre in vestaglia, ma questo un'armatura mai? L'omone investagliato fa un trucco di magia, e tenta di colpire Kirito con un dardo mentale ma questo si difende con un altro dardo mentale. Bercoulli mette a tacere Eldrie in tal modo, perchè così dimostra che Kirito non è un peso morto e c'è da qualche parte e ritornerà in se di sicuro, ma per ora bisogna aspettare. Alice si abbraccia quindi a nonno Kirito, ed Eldrie rosica...l'abbiamo capito che ti piace Alice, ora però piantala che tanto lei non ti vuole.
Alice porta armi e bagagli nella tenda, e riflette sulla situazione, e cioè che nonostante sappia di essere un'anima dentro un corpo artificiale (come può saperlo? si riferisce al lavoro fatto dalla RATH o alla Somma defunta che le ha tolto la memoria? non ho capito sinceramente), con la forza della sua mente potrebbe infrangere la barriera che blocca Kirito, lui lo ha sempre fatto, ha sempre lasciato libero sfogo alle sue emozioni, forse anche lei dovrebbe, e si avvicina a baciarlo, ma viene interrotta da Ronye e Tiese che le hanno portato da mangiare, le due apprendiste che sono state salvate dal dinamico duo poco tempo prima. Io sinceramente mi immaginavo che sarebbe sbucata Asuna in quel momento, e le avrebbe mollato un ceffone così forte da farla diventare calva. Ma forse sarebbe stato troppo demenziale per la situazione, anche perchè segue momento molto triste in cui le apprendiste vedono Kirito immobile e la spada di Eugeo spezzata, e raccontano ad Alice che i due le hanno salvate da una violenza e sono stati imprigionati per questo, e loro non fanno che colpevolizzarsi, anche della violenza stessa, quanta attualità eh? Alice però le consola dicendo che non importa il passato e le ferite subite, siamo noi a stabilire com’è fatta la nostra anima e se essa sia pura o no, ed a dimostrazione di ciò ripensa a come faceva Kirito, libera le proprie emozioni e si accende come un'apparizione mariana e torna con gli abiti della piccola Alice, e spiega alle due ragazze che anche lei ha commesso un crimine da piccola, ha osato sfiorare con un dito il dark territory, ma ora ha imparato ad essere forte e a combattere per se stessa.
Bel discorso tutto sommato, un pò cringe ma questa è la normalità. Bello anche che Tiese toccando la spada di ghiaccio abbia sentito la voce di Eugeo che le diceva di non piangere, tenero lui, pace all'anima sua. Il cringe torna potente subito dopo, perchè Alice incontra la cavaliera lucente, Fanatio, che si è ripresa del tutto, e che le chiede se sappia dov'è Kirito perchè vuole ringraziarlo per non essersi trattenuto durante il loro scontro della scorsa stagione solo perchè era donna; ha così tanta voglia di ringraziarlo che si è pure truccata e magari, chi lo sa, potrebbe fare qualcosa di più che ringraziarlo. Ad Alice partono i 5 minuti e le due stanno per darsele di santa ragione ma fortunatamente vengono interrotte perchè sta iniziando il consiglio di guerra. Ma ehi, calme tutte che Kirito è felicemente fidanzato e la suddetta fidanzata sta pure arrivando! Mi sento teletrasportata nella prima stagione, dove Kirito aveva un harem di ragazze tutte infoiate male per lui, qui in 30 secondi Alice ha provato baciarlo, le attendenti hanno detto che amavano lui e Eugeo, e Fanatio ha fatto allusioni non tanto velate, ma che è??
Comunque il consiglio di guerra inizia, e sostanzialmente si è deciso di combattere proprio davanti al cancello separatore, perchè in quel canyon le poche migliaia di soldati umani hanno una mezza chance di sopravvivere. C'è solo un problema, le arti magiche non possono essere usate perchè la gola è così profonda che l'energia del sole non arriva a terra, e la cosa sarebbe un problema per gli umani quanto per i nemici. Il piano è di usare catalizzatori per l'energia ed usare quel poco che arriva, ma Alice osserva che nel corso degli anni deve comunque essersi accumulata una enorme riserva di energia, chi mai è capace di esaurirla prima della battaglia e fare in modo da mettere in difficoltà anche le truppe oscure? Fanatio le risponde candidamente che può farlo lei, perchè lei è fortissima, altissima, levissima e tuttissima. E tutti accettano questo piano strampalato, nessuno si domanda come cavolo faccia Fanatio a sapere un accidenti della forza di Alice, nessuno si chiede perchè abbia tutta questa forza, niente di niente. Autori, ho capito che certe cose devono esserci per far quadrare la trama però così mi sento presa per imbecille. Già comunque era senza senso che due ragazzetti sterminassero tutta la Chiesa Assiomatica solo perchè uno dei due è il protagonista, non dovrei più chiedermi niente ormai.
Alice saluta quindi Kirito dicendogli che quando magari lei, stremata sul campo di battaglia, urlerà il suo nome, può anche vedere di svegliarsi eh? che sta pagliacciata del nonno ha anche un pò rotto, ho capito che la pensione di questi tempi è una leggenda, ma c'è un limite a tutto. Poi saluta anche Eldrie, che fa la solita scenata del "e nun me lassà", e io come faccio senza la sua guida, mastro! mostro! (cit.) Ma Alice lo interrompe, lo ringrazia del supporto ricevuto, gli ordina di continuare a vivere, tante care cose ed un salutone a casa!
Ed arriviamo al campo di battaglia, ci hanno risparmiato la marcia, e l'ending fa da sottofondo al portone che finalmente si squarcia del tutto ed illumina da una parte tutte le truppe oscure, compreso quel farabutto assassino di bambini di Miller, e dall'altra parte i cavalieri e le truppe umane, con Alice in groppa a quel povero drago che non ha fatto neanche in tempo a riposarsi che deve lavorare di nuovo, chiamate il sindacato. Quindi nella prossima puntata vedremo questa fatidica guerra se tutto va bene! Sono proprio curiosa, a presto! -sand-
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I
Oggi ho avuto il primo colloquio con la psichiatra.
Verso le 8 stavo uscendo di casa per provare ad andare a donare il sangue (visto che la scorsa volta le mie vene non avevano avuto intenzione di collaborare) quando vedo una chiamata in arrivo, riconosco il numero e mi allontano (per non farmi sentire da mio papà perchè obv non ho detto a nessuno che avevo intenzione di parlare con qualcuno). La segretaria, carinissima, mi dice che si è liberato un posto per le 18 e mi chiede se voglio andare.
Dico di sì.
Me ne pento trenta secondi dopo.
Ormai però ho detto di sì, quindi dopo dieci ore avrei avuto il primo incontro con questa donna, amica del mio medico di famiglia, e da quanto ho saputo oggi pomeriggio, anche lei sua paziente.
Vado al centro trasfusionale leggermente agitata, tanto che mi viene misurata ben tre volte la pressione e il valore più basso è 147 però ok, riesco a donare, vado a comprare due paia di scarpe perchè ne avevo davvero bisogno e torno a casa, super in ansia tanto che non ho mangiato quasi niente e tra un po’ alla fine della seduta schiattavo ma vabbè. Non faccio niente per tutto il giorno, sono troppo in ansia, l’unica cosa che controllo è se ho superato o meno uno scritto dopo che una ragazza dell’università mi ha scritto che lei lo aveva bocciato.
Comunque, la seduta è alle 18 e io esco di casa alle 17, arrivo mezz'ora prima e faccio un giro in una zona totalmente al buio dove solitamente spacciano ma io ovviamente sono una cogliona incosciente.
Suono cinque minuti prima dell’ora X e mi viene ad aprire la segretaria (che mi ha detto come si chiama ma ho proprio rimosso) ci mettiamo a parlare, mi fa riempire i fogli della privacy e poi, praticamente all'ora prestabilita, entro.
Lei è molto bella, alta, magra, bionda, insomma una di quelle donne che se vedi per strada ne rimani abbagliata e intimorita, però fin da subito mi mette a mio agio e mi chiede se voglio parlare io o preferisco che mi vengano fatte domande. Ovviamente vuole che ci diamo del tu.
Prediligo le domande, ovviamente, e partiamo dalle basi, famiglia, amici università e tutto quanto.
Primo piantino al momento università in quanto le dico di sentirmi indietro, di aver ricominciato troppo tardi e di sentirmi in colpa per non lavorare e per non mantenermi da sola (negli ultimi anni ho fatto la baby sitter ma in questo ultimo periodo non hanno avuto bisogno quindi sono un po’ a corto di soldi).
Le dico che non so se farò o meno la specialistica perché mi sento in colpa nei confronti dei miei genitori. Riesce a tranquillizzarmi in qualche modo.
MI chiede se ho avuto periodi in cui stavo poco bene e le ho detto che l’anno della prima terza superiore, era stato brutto ma niente come questo.
Mi chiede se dormo bene (NO) e poi mi chiede del mio rapporto con il cibo.
Le dico che è malato (e me ne sono resa conto solo recentemente), a casa non riesco a contenermi mentre mi sento a disagio a mangiare in pubblico tanto che molte volte non mangio e faccio la fame. Mi chiede perché lo faccia e le dico che è come se mi sentissi osservata per il mio aspetto. Mi dice che, sì, ho bisogno di perdere sì qualche chilo soprattutto per come mi sento io e non per come appaio realmente in quanto dice che sono tonica e non ho parti cadenti (poi parla degli uomini a cui piace la donna più formosa e lì è stato l’unico discorso che non mi è piaciuto ma vabbè).
Questo discorso ha poco senso, magari nei prossimi giorni cerco di riscriverlo in un italiano comprensibile.
Mi dice che ho bisogno di perdere qualche chilo, sì, ma che sono bella.
E lì secondo piantino (con mio sguardo super cattivo da parte mia).
Mi chiede se mi vedo bella e io le dico di no, un no secco, che non lo dico perché mi piace sentirmi dire “ma nooo, sei bellissima” ma perché proprio non mi ci vedo e anzi, se qualcuno mi guarda mi sento proprio a disagio proprio perché mi vedo brutta e penso che quello sia il primo pensiero dell’altra persona.
Non le ho detto che questo mio non accettare di non essere bella mi fa incazzare perché vorrei accettarmi per come sono e non dipendere dallo sguardo degli altri. Glielo dirò.
Comunque, abbiamo parlato di altro ma ora come ora non ricordo, ricordo che mi ha chiesto più volte se era la prima volta che mi rivolgevo a qualcuno, come se non credesse che fossi potuta arrivare fino ad oggi senza aiuto.
Alla fine della seduta usa termini che mi fanno un po’ paura, cioè depressione “mascherata” (ho evitato di fare ricerche per conto mio ma credo sia abbastanza comprensibile cosa significa), ansia (a cui ha aggiunto un aggettivo tipo “persistente” ma potrei sbagliarmi) e bulimia nervosa (già accennata la scorsa settimana dal mio medico di base).
CHE TRIO EH.
Comunque mi ha segnato degli integratori per tenere sotto controllo l’umore e l’ansia e un primo farmaco nel caso in cui mi dovessi sentire ancora poco bene. Lei mi ha consigliato di prendere gli integratori e di valutare io stessa se passare all'altro farmaco, ma ho già deciso a priori che per il momento quello non lo prenderò. Magari dopo la seconda seduta ma per ora vedrò come va con gli integratori. Mi ha dato il suo numero di telefono per scriverle ma so già che non le scriverò.
Dice cose di cui non credevo potesse rendersene conto alla prima seduta (ma che non sto a trascrivere al momento perché sono cose che anche solo scriverle mi fanno male), che la mia età mentale al momento è di una quarantenne ma emotivamente di una quattordicenne e che di lavoro da fare ce n’è, ma che starò bene.
Lo spero.
Ora devo capire come si smette di piangere perché non mi sono mai sentita così nuda e vulnerabile in vita mia.
Ah, @ross-nekochan anni fa ti leggevo e ti stimavo per come avevi preso in mano la situazione e ti ho pensata tanto mentre scrivevo questo.
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Una volta ho letto da qualche parte (qui probabilmente) che crescendo donna, col passare degli anni, si inizia a capire la propria madre. E pensavo che a me non sarebbe mai successo per via di tutti gli anni passati separate e perché sinceramente non mi sono mai sentita connessa a lei, in alcun modo. Eppure eccomi qui, 19 anni, quasi venti, vedo mia madre una volta al mese quando va bene e quelle giornate che passiamo insieme mi fanno pensare sempre di più che sì, abbiamo qualcosa in comune. Il gusto nei vestiti, nei gioielli, persino nella scelta degli uomini. Nel senso che ci prendiamo certi casi umani... Li sopportiamo fino a un certo punto però, poi ce ne andiamo e non torniamo più indietro. Il suo ultimo uomo-bimbo problematico fu mio padre. Ha avuto bisogno di un pestaggio, un naso rotto, ha avuto bisogno di vivere illegalmente in un paese dall'altra parte del mondo per capire che quel bimbo non era la cosa migliore per lei o per i suoi figli. Ci è arrivata, per questo sono fiera di lei. Per questo la rispetto come donna. Adesso ha superato i 50 anni ed è sposato col suo uomo da circa 9 anni, quando li vedo insieme mi si scalda il cuore... Ha aspettato tutto quel tempo, ha superato tutto quello schifo e ancora chiama amore un altro essere umano. Uno che se lo merita.
Prima che me ne andassi da casa sua (quasi 2 anni fa) mi disse che se lo stavo facendo per un uomo era lo sbaglio più grande della mia vita. Che non ne valeva la pena, che ero stupida. In realtà stavamo litigando come matte per un altro motivo che adesso neanche ricordo... Ma quella frase mi è rimasta in testa. E anche quel giorno sono andata a letto con lui affianco ma continuavo a sentire le parole di mia madre in testa. Forse non l'ha detto nel modo migliore ma quanto aveva ragione. Non glielo dirò mai però, perché sono ancora un po' orgogliosa e non vorrei darle ragione... Ma cazzo, se è quello l'istinto materno.
L'altro ieri eravamo al mc Donald's e mi ha detto che tra poco faccio vent'anni ed è felice per me. A vent'anni si sceglie cosa fare nella vita Mabelle e poi stai andando a vivere da sola in Ecuador, dovrai studiare, prendere il diploma e poi scegli se fare l'università lì o da qualche altra parte. Ma fallo eh, studia, divertiti però. O lavora se ti fa sentire meglio, ma fallo per te stessa, per soddisfazione personale. E cerca di stare bene.
Mia madre non è il tipo che dice cose sdolcinate dal nulla (ed ecco da chi ho preso) ma quelle parole mi sono sembrate così dolci. Così confortanti. Ne avevo tanto bisogno. Mi sono sentita fiera di me per essere ancora in vita e perché sto cercando di riprendere in mano il mio futuro.
Comunque... Tutto ciò per dire che adesso capisco come mai era finita con le persone sbagliate e come mai ci ha messo un po' per capire che meritava di più, capisco perché mi urlava di non andarmene e perché non accettava che mollassi tutto per lui. Lei lo sapeva, sapeva che grande sbaglio stavo facendo.
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Da ora in poi chiamatemi Gandalf
Sento ancora addosso la sensazione di viscidume che ho provato, ripensando a quell’insistente sguardo da gigolò e a quelle parole senza mezzi termini.
Inizialmente avevo pensato che si trattasse di un vecchio annoiato del proprio lavoro, un logorroico che aveva un disperato bisogno di attaccar bottone. Quanto può essere stimolante, del resto, stare allo sportello di un ufficio statale?
Mi parla di quanto erano diversi i suoi tempi. Che conosceva un ragazzo col mio cognome, esperto nel suo campo di macchinista, purtroppo morto sul luogo di lavoro. Mi chiede dei miei genitori, mi parla dei suoi e di una serie di cose di cui non mi interessa affatto. Ma annuisco, gli do corda. Sono un ragazzo cordiale.
Poi arriva la botta.
“Sei uguale identico a mio cugino da giovane.”
“Ah sì?”
“Sì. Stesso fisico… Magari hai anche il mattarello che aveva lui.”
(What, sorry, what?)
Intuisco che forse tutte quelle chiacchiere un senso, dopotutto, ce l’hanno.
“Nessuna si è mai lamentata” mi limito a rispondere, sperando che volesse solo scherzare.
“Ah no, eh? Sai, ti ci immagino come te lo prendono in bocca. Chissà come glielo sbatti in faccia.”
“Già, chissà.”
“Sai perché te lo dico? Perché sono omosessuale. Tu sei davvero un bel ragazzo.”
(Eccallà. Vorrei sentirmelo dire da più donne e meno uomini anziani, ma comunque -
“Grazie.”
“Perché non vieni una volta a casa mia a cena?”
“No, grazie, sono un tradizionalista. Senza offesa.”
“Ma mica per fare niente. Per bere una birra, parlare un po’.”
“Non credo che avremmo molti argomenti di cui parlare.”
“Sono altri gli argomenti di cui vorrei parlare io.”
“Quelli sarebbero ancora meno.”
“Nemmeno se te lo succhiassi un pochino?”
A quel punto la situazione si fa opprimente e la mia pazienza raggiunge il limite consentito. Decido di chiudere in fretta, ma non posso negare di sentire addosso quella viscida sensazione di un attenzione non richiesta, e dell’insistenza che cerca di filtrare le mie barriere di “no, grazie”. E mi rendo conto, tutto a un tratto, di provare per la prima volta in 29 anni ciò che le donne provano in quasi ogni giorno della loro vita. E mi chiedo: ma come fanno? È questo che si prova quando ti fischiano per strada, quando ci provano, quando ti fanno quelle battute pesanti, ti chiamano “cagna” dal nulla ed insistono aspettandosi davvero che tu dica di sì? È questo che si prova a subire allusioni sessuali riprovevoli e sentirsi impotenti di reagire? A questo vecchio potrei rompere la faccia in un batter d’occhio, potrei farlo sgretolare al suolo, eppure sento addosso lo schifo della sua presenza, il disagio di quegli occhi che vorrei cavargli. È una sensazione tremenda, e me la voglio lavare via.
“Direi di no. A me piacciono le donne. Accettalo.”
“Non dire di no adesso. Se io ti do il mio numero, magari ci pensi e mi chiami?”
“Magari lo butto appena uscito da qua.”
Sembra finalmente capire.
“Va bene. Peccato. Però sei davvero un bel ragazzo, complimenti.”
Annuisco. Finisco quel che devo fare. Rimetto i miei documenti nello zaino e senza dire altro mi avvio verso l’uscita.
“Posso permettermi di farti solo un appunto?”
“Sentiamo.”
“Tagliati la barba. Staresti molto meglio senza.”
“Va bene, terrò conto del tuo suggerimento.”
Da ora in poi, chiamatemi Gandalf.
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Guarda che più partecipi più vinci meno,
Mo pedali, volevi la bici, vero?
"M fai cagare" come dici, prego?!
A lavare i vetri come ti ci vedo...
La tua tipa di dietro ne ha presi talmente
Che adesso c'ha il buco del culo che parla, analgramma...
Chiudo queste bocche tipo Saratoga,
Palle in faccia alla tua tipa, Šarapova!
Spiegami com'è che parla sempre di piccioni,
O sarà troia o sarà Povia...
Lo sai perché qui meno te?
Sei troppo stupido, QI -3...
Qui meno tre scemi
Che fanno la gara a chi ce l'ha più duro fra',
Se fossi Neri Parenti voi sareste i protagonisti
Per fare Natale a fanculo, fra'...
Sono un tipo fresh
Sì ma fresh troppo,
Tu trash, goffo!
Cash troppo, quando stappo il G sono Flash Gordon...
Voi troppo babbi, troppo scarsi,
faccio un morto sappi,
Che non vado in tele perché se ci andassi
Tirerei bestemmie frate', Gordon Ramsay...
Chi lo sa come va a finire,
Kilocal, peso queste cime...
Uomini ballerini con le ballerine,
Chi ti Kledi per capire, eh?
I tuoi cazzi li vieni a dire a me
Che nemmeno ti sto ascoltando,
Ho preso un palo, Cristiano Ronaldo!
Sei tutto fumo, ti stiamo rollando...
Boy, fatti da parte se passa il mio team,
Frate' hai i minuti contati
Come se ti scade la promo di Tim...
Fra' sei giù con la police, Sting.
Non sentirmi che ci rimani,
Lanci i sassi, nascondi mani!
Vedo un sacco di questi tali geni
Incollati ai miei genitali...
E la giro e la fumo e non gioco a PES,
Sei sbirro, sei cane, fra' come Rex!
Mi puoi presentare, sì, come guest,
Anche come Dio, sì, alla Kanye West...
'Ste merde le usiamo da anti stress,
Si sa che sono così avanti che
Se apri la rubrica dentro al mio cell
La mia nuova tipa è salvata ex...
Metticeli in tasca che fatichiamo,
Mangiare una pasta, mi è capitato,
Se un fra' dice basta, decapitiamo...
Ce l'hai in bocca fra', Pasta del Capitano!
Io sto in gara ma mica per partecipare,
Non accetto le sconfitte
Mischio le carte, fumo due jolle,
Pesco due Jolly e ti lascio il due di picche...
Rido quando fate "Bang bang" con la gang gang,
Sì, col ferro finto!
Ho una bandana in testa come De Niro ne:
“Il Cacciatore”
La faccia da Goodfellas e le scarpe da spacciatore...
Una schiera di groupie intorno e non capisco come?!
Sto senza sentimenti ma è aperta la caccia al cuore...
Neanche un bisturi in pancia mi ha tolto la voglia di vivere,
Di scrivere, di tagliare la testa a queste vipere!
Bastoni tra le ruote ma non mollo, col cazzo...
'Ste merde deepthroat senza collo, Costanzo!
E ho vinto ancora io, non pari,
Perché ho sempre suonato i tasti giusti, Bollani...
È inutile, non puoi farmi fuori se non bari!
Mi han chiesto chi mi fa le scarpe, ho detto nobody...
E la tua scopa amica non ti scopa mica,
Sembri tutto gay, è come se scopa Mika!
Il tuo flow non prende come il cell in galleria,
Metto 'sti soldi da parte per andare via...
Torno e mi fanno una statua in mezzo alla mia via!
Maria io non esco, no, io esco la maria...
Il fatto che la terra è rotonda fra' è una cazzata,
Finché ci sono infami ad ogni angolo di strada...
Io sui tuoi progetti non investirei,
Investirei te e gli scemi con cui sei...
In giro così fake che piuttosto il wrestling,
Quindi frate' riempimi di fresca quella vasca
Che chi ti vende questa ha la tua cresta nella tasca!
Non dimenticarti mai di questa bella faccia,
Ho perle nelle orecchie, tu una perla per la nasca...
È tutto uguale, droghe e puttane,
Tutto è da buttare...
Magari con me perdi ma prova a puntare!
Non puoi fare il sudoku se non fai i numeri a chiuderle
E non puoi fare Goku finché vivi tra le nuvole, boy...
Quale strage di stato? Tu fai strage di stati,
Incapace a distrarmi, alla brace 'sti infami...
Vi rispedisco a casa al volo, viziati!
A cazzo bello forte in culo, colonizzati...
Le domande che mi fate non avranno risposte,
Fra' al massimo sì con la testa più qualche colpo di tosse.
Ommioddio, ommiddio, muoio, sono leggenda,
Qualcosa del tipo "Sarà mai esistito davvero?"
I miei numeri parlano, ma fa niente, che c'entra,
Per te sarò sempre un genio travestito da scemo, boy...
Ho nemici fra', un sacco di nemici fra'
E più ne stai parlando più mi chiedo "Cazzo dici?", fra'!
Amici, amici, fra' e ti fottono la bici, fra'...
'Sti qua sono comparse, manco buoni a far le attrici, fra'!
Voglio il grano come Dandi di Romanzo Criminale,
Non ho fame, oggi il mio pranzo lì rimane...
Cerco calma ma lo scazzo mi risale!
Cento passi indietro e non sono manco d'impegno,
Inginocchiati e poi slaccia 'sta lampo di genio,
Faccio girare i coglioni, tipo globetrotter,
Porto questa, quando arrivo vai sicuro...
Vuoi fare il maghetto ma c'hai la bacchetta nel culo!
Ye, Brexit, quando arrivo io è B-Rex it,
Sai come funziona, faccio flexing...
Porto questa e non ce n'è,
Fresh M-etrico, Crash Bandicoot,
Ti chiudo in due come un M-acintosh!
Ye, hai presente com'è?
C’ho le robe fra' e non si discute...
Fai Biancaneve, dai un morso alla mela del tuo computer!
Ahahah
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“Devi lottare contro raccomandati, leccaculo, arrampicatori sociali… ma il poeta è fuori controllo”: esperienza di lavoro in cooperativa
Essere qualcuno, è un discorso da mondo del lavoro. Essere nessuno, è stigma, macchia da letteratura. Cosa voglio dire? Essere introdotto in cooperativa, lavorando, facendo tutto un percorso di crescita, passo dopo passo, mese dopo mese, anno dopo anno, ha permesso di far rinascere la mia personalità. Il mio io e la mia stima ne hanno tratto profondo beneficio, e ne sono grato. Nonostante nuove o vecchie inimicizie, rancori e quant’altro, io mi realizzo. Invece: scrivere per il mondo intero ‒ ci hai mai pensato? ‒ necessita di umile stima, per se stessi e verso gli altri. Marchiati da epifanie, graffi, visioni, crudeltà, amplessi, non si dovrebbe desiderare altro che l’opera nasca sorgiva e cresca imperterrita, silenziosamente.
E se poi accadesse il contrario? Accade già. Continuamente, accade. C’è chi lavora per gli altri, senza lagne né vanti; c’è chi compare sempre, comunque e ovunque nello scenario letterario italiano. Fenomeni da baraccone. Fondere i linguaggi per un unico scopo, sembra roba da caritativa. Ma anche lì, viaggiano interessi nascosti. Caravanserragli di invidia e giochi di potere, si intrecciano a finto buonismo e perbenismo dell’ultim’ora, se non dell’ultimo secondo: maschere.
*
Tutti, in cooperativa, abbiamo un peso specifico. Almeno, quelli assunti con regolare contratto. S’intende. C’era bisogno che lo scrivessi? E io finalmente sono riuscito a raggiungere questo obiettivo. Purtroppo, il miraggio di sentirsi almeno un po’ più sicuri nel mondo delle cooperative sociali, permane ancora per molti. Avere un peso specifico equivale a dire che, chi ci supporta a livello educativo nel lavoro quotidiano, ne dovrebbe avere altrettanto in termini di competenza e professionalità. Cosa, quest’ultima, che in alcuni casi non accade, anzi vacilla in maniera scandalosa, provocando solo danni ai malcapitati tirocinanti… essere raccomandato spesso non coincide con l’essere presente agli altri, soprattutto in questo mestiere. Lo ribadisco, si fanno solo danni: si crea rabbia, malcontento, soprattutto sfiducia. E, pianti. Sto parlando di situazioni che sono sotto gli occhi di tutti, ma se non hai potere di decisione, nulla potrà mai cambiare.
*
M, come è arrivato da noi se ne è pure andato, tempo fa. M, da quel che mi racconta, poteva avere un futuro brillante; avrebbe potuto persino bagnarmi il naso nel mondo della letteratura. Se… appunto, se… la sua vita non avesse preso pieghe distorte. Ma chi lo sa come va il mondo, eh?! Nessuno lo sa veramente. M ha problemi con la valvola mitralica, e un passato da alcolista anonimo. Da quel che mi dice, prima, faceva lavori di sedici ore al giorno, e li svolgeva alla grande. ‒ G, mi chiede M.
Dimmi.
‒ Ho saputo che sei poeta e scrittore. Mi interesserebbe un giorno leggere qualche tuo libro. Io, invece, scrivo tutti i giorni da diversi anni; tengo un diario personale dove racconto a fiume tutto quello che mi succede. E mi aiuta, scrivere, sai?
Fai solo bene. Gli rispondo.
‒ Forse un giorno mi darai una mano a sistemare i miei appunti, G?
Perché no, gli faccio. E sarebbe stata una bella sfida per me, anzi, per entrambi. Ma la legge della selezione, passa anche dalle nostre parti, e M, che non possiede purtroppo quella lucidità indispensabile per lavori di concentrazione come quelli che facciamo noi, viene tagliato fuori dai giochi.
‒ Ecco, lo sapevo G, mi hanno detto che mi aiuteranno a cercare un altro lavoro, ma qui il mio tirocinio finisce. Ora subentreranno mesi difficili, e l’autostima andrà sotto zero. ‒, mi confida sconsolato M, durante la pausa caffè. Stanchezza e distrazione, insieme a qualche assenza di troppo, fanno perdere punti e fiducia verso i nuovi arrivati. Allora devi farti forza, almeno tu. Devi dotarti di corazza, per evitare di legarti troppo a quelle persone che come te credevano in un sogno, poi andato in frantumi. Devi far finta di niente, dimenticarli alla svelta, prima che i loro ricordi si impossessino di te, senza lasciarti in pace. Sono uguali a me, santo Iddio! Più sfortunati di me, perché non ce l’hanno fatta. Tutto però deve continuare… Chissà, se i miei responsabili soffrono un pochino anche loro, per dover lasciare a piedi questi uomini e donne, non consoni ai ritmi della cooperativa? Qualcuno di loro, lo rivedo per le strade della mia città. Come quel ragazzo giovanissimo, inesperto con la vita, che il sabato sera brinda insieme a un amico, seduto su una panchina, in mano una bottiglia di birra. Sembra voglia godersela tutta, è soddisfatto, ha gli occhi raggianti e un sorriso beffardo di chi ha sete di rivincita verso il mondo. Brandisce lentamente quella bottiglia, quasi fosse uno scettro. E io, rivedendolo, spiandolo di nascosto, obliquamente tifo per lui. Perché so che per fortuna non esiste solo la nostra cooperativa, ma molte altre realtà sociali, magari più affini al suo limite e destino. Ogni sconfitta fortifica, e potrebbe portare a qualcosa di migliore. Ogni sconfitta, brucia, svergina per sempre il potente motore, il cuore fragile dell’uomo.
*
Essere abbandonati, è un discorso da mondo del lavoro. Essere qualcuno, è ferocia, burla da letteratura. Cosa voglio dire? Mai come oggi, se non rendi di più di quello che già puoi dare, spesso sei fuori. Devi contare solo su te stesso. Devi lottare contro raccomandati, leccaculo e arrampicatori sociali, che faranno di tutto per primeggiare e tagliarti le gambe. Lo stesso, ahimè, accade nel mondo letterario. In realtà: accade ovunque. Quasi, ovunque. In tanti, troppi, vogliono avere il controllo su chi ne sa meno o più di loro. Vogliono avere tanto, e il prima possibile. Si creano fazioni, ci si imbosca in ambienti in apparenza estranei, per avere i propri uomini pronti a reagire, in situazioni di disavanzo. Giochi di potere, che tristezza, il mondo è questo. Se non ti va bene, è così lo stesso. Ciò nonostante, il poeta ‒ che si ripeta ‒ è fuori controllo… preferisco rimanere solo come un cane, piuttosto che sopportare la maschera di finte amicizie; e voglio avere idee mie personali, anziché ripetere a pappagallo quelle degli altri.
*
Fortunatamente, però, viene sempre qualcuno a disinnescare la mia boriosa solitudine (che aspettate! venite a stanarmi…). Arriva, proprio quando meno me lo aspetto, un nuovo amico, questa volta a trarmi fuori dall’ultima grande depressione nella quale ero caduto. A dire il vero, l’avevo cercato io, parecchio tempo prima, Antonio Zanoletti. Attore e regista, nome importante del teatro italiano, mi chiede all’improvviso se voglio scrivere per la sua compagnia teatrale (la Compagnia dell’Eremo, che poi è quello di Santa Caterina) un testo tratto da una sua idea. La cosa, oltre a farmi onore, mi aiutò davvero, e molto, ad allontanare definitivamente quella sporca compagna che è la depressione. Infida e impostora, tanto da abbracciarti nel silenzio della notte inesplorata, per violentarti il più possibile, ficcandoti in gola la sua lunga lingua sottile. Finalmente potevo scrivere un testo per il grande teatro. Antonio mi prestò dei libri, grazie ai quali potei documentarmi e mettermi al lavoro. Ma, oltre ai se, la vita riserva a volte dei ma. L’amico che mi aveva in qualche modo guarito, fu colpito lui stesso da un problema di salute, poi fortunatamente risolto. Tanto che tutt’ora, quel testo che avevo abbozzato timidamente, giace sonnecchiante in un cassetto (non mi ricordo nemmeno quale). E forse un giorno, forse no, vedrà la luce nei teatri italiani…
Giorgio Anelli
*In copertina: Mickey Rourke in una immagine da “Angel Heart”, film di Alan Parker del 1987
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Quelli che il BDSM....
rubato sul web
Quelli che “ciao cagna”
Quelli che “ciao master”
Quelli che “ciao, sono alla prima esperienza, mi insegni tutto?” ed alla terza parola iniziano a farti obiezioni sul fatto che “il termine schiava mi sembra francamente offensivo e lesivo della dignità femminile…..”
Quelli che “sono Dom, però con la persona giusta posso anche essere switch…”
Quelli che “sono sub, però con la persona giusta posso anche essere switch….”
Quelli che “sono switch e non mi prende sul serio nessuno…”
Quelli che “buonasera Padrone, sono qui per servirVi” e quando gli rispondi “ma non sei la mia schiava, dammi pure dal tu che prima vorrei conoscerti come persona, sai com’è…” si offendono
Quelli che sono sempre collegati ma non scrivono mai.
Quelli che non sono mai collegati ma scrivono sempre.
Quelli che “ho capito che Il BDSM è la mia vita e voglio viverlo in maniera totalizzante!”, poi scopri che hanno coniuge, 2 amanti, 3 figli in età scolare, suocera inferma in casa a cui badare, yoga 3 volte alla settimana, corso di cucina cajun alla domenica mattina, triplo lavoro, possono chattare solo dalle 23,00 alle 23,10 al martedì e al giovedì ed incontrarti per una conoscenza preliminare soltanto nei giorni pari dei mesi dispari degli anni bisestili quando Mercurio è in terza casa con Giove e ti dicono “la mia vita non deve essere messa in discussione eh, questa è la base”
Quelli che “amore e BDSM sono due cose inconciliabili” e poi appena dici una parola gentile diventano così dolci che ti si cariano anche le unghie dei piedi
Quelli che “io non ho limiti” e poi alla prima cinghiata ti urlano “AHIAAAAAA! BASTA BASTA BASTA TI PREGOOOOOO!!!!”
Quelli che “io ho questi limiti che non supererò mai e poi mai” e poi alla prima cinghiata ti dicono “fammi quello che vuoi…”
Quelli che non hanno mai praticato e ti dicono “io non sono masochista”, e dopo la prima sessione della loro vita rivedono la loro posizione e con aria pensierosa ti guardano e dicono “però… non credevo….”
Quelli che “da quando c’è Internet non è più come una volta quando ci si riconosceva dalle parole in codice sulle riviste negli anni 80…ahhh, bei tempi quelli..”
Quelli che “da quando ci sono gli smartphone non è più come quando è iniziato il BDSM su Internet negli anni 90…ahhh, bei tempi quelli…”
Quelli che “sono un Maestro di Shibari” e quando gli chiedi che ne pensano del Karada ti rispondono “Non ci sono ancora stato, l’anno scorso ho fatto il Mar Rosso, sai c’era l’offerta…”
Quelli che “mi sono avvicinato alla filosofia BDSM approfondendo alcuni testi” e poi ti citano “50 sfumature …la TRILOGIA…”
Quelli che “le schiave di questo sito non mi rispondono,è pieno di fake e di maschi che si spacciano per donne, il sito fa schifo, è una truffa, mi rivolgerò all’Adiconsum, alla polizia postale, all’Onu ed anche a Putin se è il caso!!” e poi scopri che il loro messaggio di esordio è invariabilmente “ciao” + “epiteto a scelta”+ contatto skype.
Quelli che “il BDSM è una dimensione totalizzante dell’essere che si esplicita attraverso un libero incontro di corpi e spirito in uno scambio di ruoli spesso antitetico al quotidiano, eversivo nel suo svolgere una sorta di capovolgimento carnascialesco dei ruoli socialmente imposti traslati in una chiave dell’Es erotizzante che già Foucault, riprendendo De Sade, aveva individuato come via d’uscita dalla nevrosi della quotidianità”, e quando gli chiedi “è da molti anni che pratichi?” ti rispondono “In realtà non ho mai praticato XD!”
Quelli che “mi sono appena iscritta e ho 100 messaggi, alcuni mi hanno anche insultato…è uno scandalo!!!” poi nel profilo hanno un primo piano della topa senza una riga di testo
Quelli che “il BDSM è pev tutti, siamo una gvande famiglia che condivide una mevavigliosa filosofia e non facciamo distinzioni di ceto sociale, ti spieghevò meglio il concetto alla festa pvivata che ovganizzevò a fine mese nel pavco della mia villa a Covtina alla quale ti invito, sevata ponyplay..vicovda di povtave la biga..hai una biga vevo? No? Chi non ha una biga al giovno d’oggi daaaaai…se vuoi pvaticave attvezzati pevò!”
Quelli che “ciao…” “dimmi” “sono timida” “dico io?” “mmhh, no…” “e chi dice?” “mmhh, non lo so…” “facciamo testa o croce?” “ecco, mi prendi in giro perché sono timida!”
Quelli che “dai lo sappiamo che è un gioco, tra noi possiamo dircelo, siamo tutti qui per scopare e basta su, non giriamoci attorno troppo dai…” e quando gli rispondi “io non gioco e non sono qui “per scopare e basta”, per me è una ricerca vera” ti dicono “anche per me, volevo metterti alla prova….ora che so che sei serio/a possiamo procedere.”
Quelli che postano una foto presa da Internet ogni 20 minuti ignorando che esiste “Google immagini”
Quelli che “concorderete tutti con me che il BDSM è innanzitutto apertura mentale, accettazione delle diversità e tolleranza, e che i froci e le puttane che non lo capiscono devono essere espulsi dall’ambiente e bruciati vivi”
Quelli che “sono 25 anni che pratico, ho imparato a fare tutti i nodi esistenti al mondo inclusi quelli marinari ma lo ammetto: non ho mai capito come si pronuncia correttamente la parola bondage”
Quelli che “una sera ero strafatto con degli amici cioè troppo fuori volevamo andare a un rave e per sbaglio siamo finiti in un posto con tutta sta gente strana in pelle e in lattice…noo, guarda, troppo fuori, tutti pazzi, troppo ridere…cioè alla fine mi sono incuriosito e sono qui…come funziona la storia?”
Quelli che “Si, è vero, ho 20 anni ma sono straconsapevole di cos’è il BBMS eh, non giudicarmi dall’età….”
Quelli che “io sono uno che conta nella scena, ho anni e anni di feste, eventi, sessioni, pratiche, sperimentazioni, scoperte, ho brevettato tecniche di bondaggio che conosco solo io, mi costruisco le fruste da solo, ho un dungeon di 100mq attrezzatissimo in centro, conosco tutte le slave, Mistress, Master e schiavi nel raggio di 500km, giro sempre in dress code e sono fiero di quello che sono, non mi nascondo mica io, ci metto la faccia…” e poi quando gli chiedi il contatto skype ti dicono “eh, un attimo, la privacy sai…”
Quelli che “ma come funziona sto sito? Oddio non ce sto a capì nulla….” …inizi a spiegarglielo, si disconnettono di colpo e non li rivedi mai più...
Quelli che fanno un profilo, se ne vanno sbattendo la porta e facendosi bannare, rifanno un profilo, si comportano male e si rifanno bannare, rifanno un profilo e provano a comportarsi bene ma reggono per pochissimo e si rifanno bannare…
Quelli che organizzano un incontro per 3 mesi rimandando ogni volta e quando finalmente fissi un giorno certo non si presentano
Quelli che “cerco in un Master quello che mio marito non è e non potrà mai darmi, ma mi donerò solo ad un vero Master, al Padrone della mia vita” poi lo trovano, proclamano Appartenenza eterna, si fanno scoprire, incasinano un matrimonio, vanno, vengono, forse divorziano, forse abbandonano il BDSM per sempre e alla fine scoprono che il loro marito era “il loro vero Master”, poi tornano si fanno riscoprire e abbandonano il BDSM, poi il marito torna “il loro vero Master” etc.etc. (questa è autobiografica, alcuni e soprattutto alcune di voi che sanno tutta la storia la apprezzeranno particolarmente;))
Quelli che “il BDSM è anzitutto rispetto, fiducia e trasparenza” poi lei vede 3 Master e lui 4 slave ed entrambi se lo nascondono…
Quelli che “io sono un’anima nera, uno spirito inquieto, un lupo della steppa…il BDSM è il mio lato oscuro senza il quale non posso vivere”, poi con la prima persona di cui si innamorano fuori dall’ambiente ci fanno 3 bimbi e se gli parli di BDSM ti dicono “BDS cosa?”
Quelli che “ ma un sub a un Dom deve dare del tu, del lei o del Voi? E se il sub da del Voi al Dom il Dom non dovrebbe usare il plurale maiestatis? E da quando? Come si fa a capirlo? Qual è la regola?”
Quelli che “ma Gorean e BDSM che cazzo c’entrano scusate?”
Quelli che “se sei BDSM vero devi essere Gorean, oh yeah!”
Quelli che “Gorean va bene per alcune cose come le posizioni, ma la filosofia sottesa è sessista e schiavista…mi spiace, ma devono essere messi dei limiti”
Quelli che “Gorean non può essere analizzato come “una filosofia”..è un immaginario distopico dove il BDSM è la pulsione di fondo che viene sviscerata per contrapposizione, se si usano parametri etici è chiaro che il concetto è aberrante, suvvia, non c’è neanche bisogno di specificarlo…”
Quelli che “Cosa vuol dire Gorean?”
Quelli che “mio nonno non sapeva manco cos’era il BDSM ma a mia nonna gli dava certe cinghiate e la faceva stare al suo posto…quelli erano uomini, altro che quelli di oggi….”
Quelli che “mia nonna manco sapeva cosa era il BDSM ma mio nonno le dava certe cinghiate che la facevano stare al suo posto..finché un giorno lei si è stancata e gli ha fracassato un ferro da stiro in testa…quelle erano donne, altro che quelle di oggi…”
Quelli che “scusami ma cagna lo reputo comunque offensivo, siamo esseri umani e non bestie dai….” e poi chiamano la loro slave “troia”…
Quelli che hanno 2 profili e si rispondono da soli
Quelli che hanno 3 profili e si rispondono da soli a turno
Quelli che hanno 4 profili e creano una comunità nella comunità
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Fabrizio prende in prestito una macchina parte 4
NELLE PUNTATE PRECEDENTI: parte 1 || parte 2 || parte 3
Costantino vorrebbe sfruttare i loro sheanigans ma in generale stanno facendo tutti i bravi
Quindi decide di dare un po’ più di pepe alla cosa
E la mattina del terzultimo giorno gli comunica che il giorno successivo le coppie si separeranno e si scambieranno
Quindi estraggono a sorte i loro nuovi compagni di viaggio
Elettra e Fabio finiscono insieme e la prima primissima cosa che fanno è prendersi sottobraccio che softies
Fiorella mette un braccio molto protettivo attorno alle spalle di Niccolò perché non potete dirmi che non lo vuole adottare pure lei (come tutt* noi del resto)
Gianna e Mariasole fanno paura a tutti, e a ragion veduta
Ermal va a finire con Tiziano Ferro, non ci ha mai manco parlato, forse forse sarebbe stato meglio Shade quindi (sì, avete capito) Bene Ma Non Benissimo
Elodie e Shade si squadrano un attimo prima di alzare le spalle e stringersi la mano
Vi ricordate chi c'è ora che manca? La D'Ospina. Con chi finisce Fabrizio? The ballots were rigged
Ermal non è geloso proprio per niente no no
Ma siccome i Compari sono sgamati o anche no a seconda dei punti di vista decidono di stare appiccicati ai loro nuovi compagni così da partire bene la mattina seguente
Ermal si deve quindi sorbire Fabrizio che oltre a flirtare con Elisa tanto altro non fa
“Ma mi vuoi ascoltare?” “Scusa, che hai detto?” “Alla prossima dobbiamo girare a sini-” ma Fabrizio già non lo sta più ascoltando, troppo impegnato a mostrare muscoli e tatuaggi alla sua bella
Ermal si scazza non poco. Non vuole il suo aiuto? Bene, non lo avrà. Elisa sarà anche capace di parlare inglese ma le mappe non le sa leggere.
Così i Compari si separano ulteriormente
Costantino, che gli aveva lasciato tutta la giornata di preavviso per limonare duro salutarsi, è: Disappointed
Quando è ora di andare a cercare ospitalità per la notte, Fabrizio prova a fare come se non fosse successo niente e va per dare il bacetto della buona notte ad Ermal
Che si scansa
Fabrizio è F4 basito ma Ermal è ormai lontano e anche se ha paura di aver fatto veramente incazzare l'uomo che ama non vuole fare una scenata perché lui ed Ermal comunque sono persone riservate quindi anche se ha la luna ne parleranno in privato, ergo lascia perdere
Trovano alloggio vicini vicini ma comunque lontano abbastanza da non starsi tra i piedi
La notte Ermal si sveglia
Così come tutti gli altri concorrenti
Perché sente un rumore, che capisce essere dei sospiri, venire dalla radio
Quel tipo di sospiri, capito? E poi la voce trasognata di Elisa che dice “sì, Fabrizio, così”
E Fabrizio che le risponde “te piace, eh?” e cazzo, Ermal lo può sentire lo smirk soddisfatto che sicuramente sta facendo Fabrizio
Il cavallo dei suoi pantaloni diventa immediatamente un po’ più stretto
E poi si da del coglione, perché sicuramente questi stanno scopando
Quindi Fabrizio è etero e lui non ha speranze
Cioè capiamoci, Fabrizio “AMO GLI UOMINI AMO LE DONNE” Moro. Etero. Certo. E Salvini è un femminista sfegatato
La mattina dopo è awkward per tutti tranne che per Elisa e Fabrizio
Perché loro non lo sanno che gli era rimasta accesa la radio lmao
E quindi tranquillissimi
Spoiler: Fabrizio le stava solo massaggiando le spalle
Ma che ne sanno gli altri? Che ne sa Ermal soprattutto
“Allora” dice Costantino “Stanotte avete dormito bene” e guarda fisso Elisa & Fabrizio che a loro volta si guardano nelle palle degli occhi e non ce stanno a capì proprio un cazzo
“…sì?” azzarda Fabrizio bless his pure soul
“Molto bene” va avanti Costantino, imperterrito sempre fissandoli come un avvoltoio è scazzato perché pure lui pensa che stiano blowing holes in his ship capitelo
Ora: non sono così poco professionali da fare sesso quando sanno che li guarda potenzialmente tutta Italia
Ma la carne è debole e so’ bellini tutti e due
Quindi,,,,,,
Incomprensioni. Incomprensioni grosse come una casa che durano tutta la giornata. A sera, dopo che l'accoppiata vincente più out of spite che altro Ermal & Tiziano ha fatto il culo a strisce a TUTTI, nessuno escluso, le coppie si ricompongono per trovare un posto per la notte ed Ermal, ancora scazzato abbestia, si rifiuta di fare alcunché porca troia Ermal non glielo fai vedere proprio che sei geloso perché c'hai ‘na cotta per lui così eh ancora un po’ più ovvio e te lo tatui in fronte
La maturità emotiva di sti due oh
Ma non starei manco a scrivere se riuscissero a risolvere i loro problemi parlando
Quindi Fabrizio è perserrimo. Alla fine stanno per dormire all'addiaccio ma dopo che Fabrizio si è barcamenato per due ore con l'inglese questo sconosciuto e sorrisoni che non fanno mai male e comunque non ha trovato niente Ermal decide di intervenire ed in cinque minuti trovano alloggio
Ma figurati se dormono oh
Fabrizio da fastidio ad Ermal perché vuole capire perché è scazzato
E fa così tanto casino che pure la figlia della coppia che li ospita si prende pietà e va lì “please don’t disturb your boyfriend anymore, he clearly doesn’t want to talk to you”
Fabrizio ovviamente non ha capito un cazzo tranne “boyfriend” e si affretta a replicare “he is not my boyfriend”
(Mmmmh whatcha say risuona altissima sulle loro teste)
Non ci crede manco la bambina ma purtroppo è così per ora
Ermal dentro di sé: “Porco cane statte citt per una volta Fabbrì” e conseguentemente �� ancora più scazzato di prima, sbuffa e si gira dall'altra parte e non lo caga più manco di striscio
La mattina, tra Fabrizio che non ha dormito mancopenniente e Ermal che è deliberatamente lento come una tartaruga perché è l'ultima tappa e col cavolo che fa vincere Fabrizio dopo il casino della notte prima ci mettono vent'anni a partire
Due ore dopo stanno cercando un passaggio per la loro destinazione
Costantino preoccupato per i suoi beniamini gli comunica che sono ultimi
Intanto loro corrono perché appunto non trovano un passaggio e sono ultimi
E riescono pure a litigare mentre vanno
“Mi vuoi dire perché sei scazzato?”
Dopo ore di silenzio stampa, Ermal ne ha avuto abbastanza, si ferma e sbotta “Ti sei divertito con la D'Ospina, eh? Dimmi un po’, com'è a letto?”
“Ma te stai fuori” ride Fabrizio sempre delicatissimo
“Scusa?” fa Ermal, inviperito
(Perché il punto è che Fabrizio e la D'Ospina ce l'hanno già dall'Eurovision la chimica, e pure tanta, quindi vedi te come sta messo Ermal ogni volta che agli arrivi si mettono a parlare. Se almeno parlassero solo, poi! No, loro flirtano che è un piacere - o almeno così pare ad Ermal. Invece lui il massimo del flirt è "ti arresterei per eccesso di bellezza", che per carità è un ottimo gioco di parole ma,,, non attacca,,, quindi,,,)
Fabrizio allora si scazza pure lui e inizia a urlare mentre gesticola come un pazzo facendo spaventare chiunque passi “Co’ la tipa che c’ha dato un passaggio non hai mica fatto così, che cazzo te prende? Le ho fatto un massaggio alle spalle perché le facevano male, non abbiamo fatto un cazzo di niente! Mo’ mi spieghi perché te ne frega qualcosa di chi mi scopo?”
Ermal è incazzato pure lui e non ci vede più dal nervoso e quindi urla “Perché sono innamorato di te, cretino!” vai Ermal go big or go home
Quando si accorge a pieno di quello che ha appena ammesso e soprattutto di averlo ammesso davanti a mezza Italia, Ermal ci vorrebbe andare veramente, a casa. Anche sotterrarsi è una buona opzione.
Da casa invece stanno u r l a n d o e sono tutt* col fiato sospeso e aspettano la prossima mossa dei due
Fabrizio Ci Rimane
Perché lui pensava di essere l'unico ad avere dei sentimenti per il compare che non si potevano proprio definire solo amichevoli
E invece
Ma ha bisogno di tempo per elaborare la cosa e soprattutto ha bisogno di elaborarla lontano da riflettori e telecamere
Quindi, in silenzio, cerca un passaggio
E quando non lo trova, se lo crea
Ossia, individua la macchina più costosa e veloce che vede nel parcheggio di un hotel di lusso, fa segno ad Ermal di stare in silenzio e sgusciano vicino al sedile del guidatore
Ermal, che è troppo occupato a farsi le pare e a voler scomparire, non capisce cosa vuole fare Fabrizio
Quando si accorge di stare facendo il palo è ormai troppo tardi
“Fabbrì ma che cazzo fai” sibila preoccupatissimo
“Ti fidi di me?” gli chiede l'altro e Ermal alza un sopracciglio mentre nella sua testa le allusioni a Titanic si sprecano
“Vuoi vincere o no?” riprova Fabrizio più convinto, sorridendo
Che cosa non farebbe Ermal per quel sorriso
“Ah ha!” fa Fabrizio soddisfatto, che è riuscito a forzare la portiera
Le riprese vengono tutte sballate perché la camerawoman sta cercando inutilmente di trattenersi dal ridere
Non chiedetemi come fa a farla partire ma lo fa
Costantino sta avendo un attacco di cuore
“Fabrizio, cosa vuoi fare?” chiede alla radio leggermente divertito perché in fondo in fondo lui fa il tifo per loro anche se non fa favoritismi
“Tranquillo Costanti’, la prendo solo in prestito”
E così partono joyriding into the sunset
Ermal rides shotgun perché ovviamente e la camerawoman si accomoda sul sedile posteriore
Ignorando tutte le regole della strada e del buon senso, Fabrizio supera tutti gli altri concorrenti e lui ed Ermal sono i primi ad arrivare sul luogo della sfida
E se durante il viaggio Fabrizio ha spostato la mano dal cambio che tanto è automatico grazie al lusso andando a coprire la mano di Ermal e Ermal per una volta si è fidato e ha girato la mano a palmo in su e ha fatto scivolare le sue dita tra quelle di Fabrizio beh, lo sa solo la camerawoman che si limita a sorridere e tenere ostinatamente la telecamera a livello della strada tagliando fuori il resto
Ermal è: rassicurato. Certo avrebbe preferito chiarire bene tutto ma come ha già detto lui stesso “Fabrizio ha i figli” e quindi ci sta che voglia parlarne lontano dal pubblico
L'ultima sfida è la più difficile ma la affrontano ancora più uniti di prima
La competizione però è spietata e magicamente vincono al fotofinish quando ormai non ci speravano più nemmeno loro
Fabrizio è consapevole che tanto ormai si sono sputtanati tutta la storia e comunque durante il viaggio in auto ha avuto abbastanza tempo per riflettere e prendere una decisione definitiva e quindi quando Costantino annuncia la loro vittoria abbraccia Ermal come fa di solito ma stavolta il bacio non atterra sulla guancia ma sulle labbra del compare
Ermal.exe crasha definitivamente
Costantino lancia un urlo mentre Elisa scoppia a ridere sullo sfondo e mezza Italia dice “lo sapevo che non potevano essere solo amici” a parenti, partner, animali domestici, chiunque ascolti
Mira lo dice ai figli che guardavano solo per poter sputtanare Ermal e invece si trovano un cognato ma guarda te la sfiga
Loro però non sentono niente di tutto questo perché 1. sono persi nel loro mondo e l'uno nell'altro e 2. è un po’ difficile sentire la gente da casa a kilometri di distanza
Quando si separano, non riescono a smettere di guardarsi negli ochhi
“Oh, ce semo rifatti dell’Eurovision” dice Fabrizio
“Ma quanto sei scemo” risponde Ermal. Ma sta sorridendo.
E stavolta lo smirk soddisfatto Bizio lo fa davvero, mentre guarda Ermal e insieme si avviano verso gli altri viaggiatori per abbracciarli
E finalmente è finita! Non so scrivere i finali, scusatemi. Also “Fabrizio “amo gli uomini amo le donne” Moro. Etero.” mi serve solo per la fanfiction, non intendo speculare sulla sessualità delle persone coinvolte.
#metamoro#fabrizio prende in prestito una macchina!au#parte 4#ermal a zia ti capisco non so flirtare nemmeno io#L cerca di scrivere roba senza riuscirci#shut up L
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Ti svelo un segreto. Loro invece hanno capito, hanno capito tutto. Hanno capito che non c'è nessuno che gli fa il culo, quindi ogni nodo della catena si rifà su quello che viene dopo, e lo scaffalista lo piglia a quel posto, essendo l'ultimo anello.
E te ne svelo un altro. Non è solo il settore dove lavori. La mia ex-azienda, uguale, settore bancario. Eravamo in numero inferiore al minimo necessario per lavorare in maniera decente, non ottimale, decente, straordinari non pagati, weekend e pure festivi al lavoro, e se ti lamenti te ne puoi andare, quella è la porta, devi ringraziare che ti ho offerto un posto di lavoro.
E io sono stato fortunato ad andarmene in tempo, eh, avendo le possibilità di farlo. Chi è rimasto mi ha raccontato che, in periodo di Covid, il padrone gli ha fatto consumare tutte le ferie e la CIG, facendoli lavorare da casa: quindi erano in vacanza e lavoravano. Non è un supermercato, non è un call center, ma la classica fabbrichetta milanese (ho sottolineato la regionalità solo per stressare il punto che questo è un fenomeno che colpisce ogni latitudine, non fatevi mandare a fare in culo tirando in mezzo il discorso Nord vs. Sud).
Tutti sanno. I datori di lavoro sanno che li stanno sfruttando, i dipendenti sanno che vengono sfruttati. I primi sanno che la spunteranno perché i secondi non diranno nulla, i secondi sanno che i primi la spunteranno perché loro non posso denunciare, altrimenti la disoccupazione è il prossimo passo e, vuoi per l'età magari, o per la mancata professionalizzazione, o per la scarsità di offerte di lavoro, o per una combinazione lineare di questi fattori, meglio stare zitti. Lo Stato se ne fotte (volutamente, non è una questione di mancanza di mezzi o di uomini), e i giochi sono fatti. Senza le istituzioni, esiste solo lo sfruttamento.
Altro elemento chiave vincente da parte dei padroni del nuovo millennio è promuovere i coglioni nella gerarchia. Questo crea dei veri e propri mercenari, perché li mette in condizione di non poter mai andare via, visto che nessun altro pazzo gli darebbe un posto simile, e quindi da un lato diventano ancora più leccaculi e proni verso i padroni, dall'altro diventano ancora più cattivi ed esigenti verso i propri sottoposti, per la sola paura di perdere tutto quello che hanno indebitamente conquistato.
Purtroppo della coscienza te ne fai poco, perché anche se tutti ce l'avessero, in settori come il tuo o similari, per i padroni sono tutti sostituibili a basso costo, quindi la partita si chiuderebbe con la sostituzione completa del personale, e il problema resterebbe così come è. Quando le regole non sono applicate e verificate, il padrone aumenta il proprio margine rifacendosi sui dipendenti, e diventa solo una guerra tra poveri, perché in una situazione di completa anarchia l'unico istinto che rimane è la sopravvivenza personale, non ci può essere solidarietà, e non è una colpa, è una conseguenza naturale, e i padroni vogliono tutto ciò, crea dipendenti fedeli, al punto tale che alcuni fanno quello scatto psicologico tale per cui iniziano da un lato a giustificarli, dall'altro a difenderli, una sorta di Sindrome di Stoccolma del lavoro.
Quando i figli dei proprietari vorranno più margine, faranno un altro giro di vite, che ricadrà sul direttore, che ricadrà su di voi, perché se ne lavorate 10, ne potete fare pure 11. E dovrete continuare a ringraziare.
Mi rendo conto di essere circondata da gente che non ha capito quale sia il vero problema.
Il direttore fa tutto l'amicone con i figli dei proprietari che vengono con i loro macchinoni, dalle loro vacanze e gli raccontano del loro ultimo viaggio a Barcellona o che hanno acquistato l'ennesimo supermercato e ora tutti quelli della provincia sono i loro. Piuttosto che schifarli e odiarli dato che lo trattano come pompa per il loro ego dato che lo usano solo per sentirsi superiori e farsi invidiare, dato che è pure sottopagato e sfruttato fa invece l'amicone con loro sperando di ottenere non so che cosa, forse qualche riconoscimento o semplicemente cerca solo di capire come si fa ad essere il proprietariodistocazzo.
Siamo in sofferenza di personale, manca principalmente un'altra cassiera e il mio collega che svolge tre mansioni (cassiere, scaffalista, vicedirettore) esaurito perché fa tutte quelle cose e viene cazziato ingiustamente e continuamente e ha dovuto fare parecchi straordinari non pagati oggi se ne esce dicendo: "Ma perché non mettiamo quell'altro scaffalista alla cassa e vediamo come va?" aderendo alla mentalità del "mica devo fare il cane solo io" piuttosto che insistere sul cercare altro personale e non solo una cassiera ma anche un altro scaffalista.
Quando in preda al nervosismo ho detto che i Signori padroni se vogliono tenere aperto il supermercato tutto il giorno si devono prendere un'altra persona, il direttore (quando stava ancora con la convinzione che con noi c'era l'altra ragazza, prima che ci abbandonasse) mi ha risposto che siamo a posto così. Ma io vorrei capire com'è che siamo a posto così se: facciamo turni di 10h, spesso e volentieri dei continuati senza quindi uno spacco in mezzo per riposare; il supermercato è un caos dato che o mancano i prezzi o i prezzi che ci sono scritti sui tagliandini non coincidono con i prezzi reali del prodotto e quindi in cassa mi passa di più; a terra è sempre sporco; oggi il direttore ha addirittura fatto l'intera giornata. E meno male che bastiamo come personale. Sia mai assumere gente, fare dei turni cristiani, senza che lo stipendio sia abbassato e tenere il supermercato ordinato.
Questi hanno il cervello offuscato, non hanno proprio capito un cazzo. Non c'è alcuna solidarietà ma perché non c'è alcuna coscienza del posto reale che occupano.
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Ricapitolando
Dopo la sparatoria di Macerata a opera di un militante della Lega viene organizzata una manifestazione antifascista a cui però non partecipano né il PD né altre forze sedicenti "di sinistra".
Durante questa manifestazione non ci sono feriti, né fermati e neppure atti di violenza. Violenza e fermi ce ne sono stati nella precedente manifestazione svoltasi sempre a Macerata organizzata da gruppi neofascisti.
La manifestazione antifascista invece, oltre ad avere un numero più alto di aderenti, non registra episodi simili. Qualcuno prova a diffondere la notizia del ritrovamento di spranghe e bastoni da parte delle forze dell'ordine prima dell'evento ma viene smentito che quel ritrovamento sia collegato alla suddetta manifestazione. Si diffonde la notizia di alcuni manifestanti che inneggiano alle Foibe. Alcuni iniziano a scrivere messaggi di sdegno, altri mettono foto di 7 anni prima come il Ministro Calenda e a chi gli fa notare l'errore risponde che è "irrilevante".
Tuttavia è curioso come tutti i partecipanti neghino quel coro così come è curioso che il primo giornalista che riporti la notizia, un inviato de "il Giornale", si sia fatto sfuggire l'occasione di immortalare l'episodio con un telefonino. Ma non vogliamo pensare male dato l'alto profilo morale della testata, sicuramente l'inviato non avrà fatto in tempo perché il coro è durato troppo poco o forse erano troppo pochi, chi può dirlo.
Di sicuro molti mettono sullo stesso piano quattro tizi che inneggiano alle Foibe con un terrorista che spara all'impazzata su gente di colore.
Perché funziona così: se sei fascista, razzista e xenofobo puoi sparare, menare e accoltellare; se sei antifascista non puoi reagire, devi subire in silenzio e buscarle.
Nel frattempo il questore di Macerata è stato rimosso ma dal Ministero di cui è titolare Minniti fanno sapere che è un avvicendamento naturale ed è solo coincidenza temporale. Sarà che siamo un popolo di malfidati e paranoici. Oh dopotutto è una mancanza di rispetto manifestare contro il fascismo il giorno del ricordo delle Foibe e che diamine! Vuoi mettere i nostri fratelli italiani con quattro negri? E su, non si fa.
Nel frattempo a Torino la leader di Fratelli d'Italia rimedia una figuraccia non paga, evidentemente, dell'altra figuraccia di pochi giorni prima quando mette la solita foto di soldati fascisti che fucilano alle spalle un gruppo di uomini slavi per commemorare le vittime delle foibe. Succede che la fotoshoppata leader di FdI vuole denunciare la discriminazione operata dal Museo Egizio che fa entrare gratis quanti parlano arabo. E gli italiani?!!??? Eh???
Il direttore del museo scende in strada, con pazienza e garbo spiega il perché di suddetta iniziativa e la invita a visitare il museo per conoscere la storia dell'antico Egitto (sia mai impari qualcosa) e per spiegarle che la cultura è universale e inclusiva. La Giorgia se ne va con la coda fra le gambe, ma pochi giorni dopo esce un comunicato del suo partito nel quale si afferma che una volta al governo FdI licenzierà il direttore. È la terza figuraccia in pochi giorni perché il Museo dipende da una fondazione e non dal Governo quindi il direttore Christian Greco non può essere esautorato da FdI o dalla Meloni.
Accortasi della figuraccia la Nostra dice che il voler licenziare Greco non è una cosa che il suo partito vuole fare, anzi è tutta un'invenzione della sinistra. Quarta figuraccia: il comunicato c'è e lo ha scritto uno dei suoi.
Si è chiuso il Festival di Sanremo dove, in mezzo a tanta banalità e retorica, Pierfrancesco Favino giganteggia con un monologo sull'immigrazione. È un pezzo di teatro, teatro vero, interpretato magistralmente. Vi si può leggere il dolore non solo degli immigrati di oggi ma anche dei nostri avi, costretti spesso ad andare all'estero per trovare un lavoro e un posto da poter chiamare "casa", ma "il lavoro è sempre da qualche altra parte".
Evidentemente però a qualcuno dà fastidio e c'è chi come Gasparri lo definisce "penoso" (il che equivale a una critica positiva) mentre altri tirano fuori la retorica dei soldi presi dall'attore, dal fatto che non abbia donato il suo cachet ai migranti e che per questo sia un ipocrita.
No, Favino è un attore, è diverso e con i suoi soldi può fare quello che vuole perché ha fatto ciò per cui è stato pagato: l'attore e lo ha fatto bene.
Capisco che possa dare fastidio, ma sapete che c'è?
Statece!
#fascismo#sono intollerante verso il fascismo#razzismo#figuracce#giorgia meloni#direttore museo egizio#museo egizio di torino#pierfrancesco favino#monologhi#teatro#manifestazione antifascista#macerata
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Roam - Smile Wide
Posso dirvi che il mondo non funziona esattamente come ce l’eravamo immaginato
Posso trovarvi cento modi diversi per raggiungere la felicità, ma nessuno è gratis
(da: Loud)
1. Better In Than Out
Meglio dentro che fuori
Ti confido un segreto se prometti di non mantenerlo
Beh, ce ne vuole per non impazzire completamente
E a volte mi sembra quasi di non essere me stesso
Eh, se passassi un po’ di tempo dentro la mia testa, chissà che cose ci troverei
Eh, ci troverei, ci troverei, ci troverei
È meglio dentro che fuori
È meglio dentro che fuori
È meglio che me lo tengo per me
È meglio dentro che fuori
Secondo me è ora di dire quello che pensiamo
Ah, son sicuro che scopri che sono le stesse, le stesse cose
Eppure te le tieni comunque tutte dentro e le spacci per qualcos’altro
Sì, a prima vista sembra uguale, ma il sapore non è proprio lo stesso
Eh, se passassi un po’ di tempo dentro la tua testa, chissà che cose ci troverei
Eh, ci troverei, ci troverei, ci troverei
È meglio dentro che fuori
È meglio dentro che fuori
È meglio che me lo tengo per me
È meglio dentro che fuori
Meglio che mi tappo la bocca prima che mi scappa, mi tappo la bocca
Meglio che mi tappo la bocca prima che mi scappa, mi tappo la bocca
È meglio dentro che fuori
È meglio dentro che fuori
È meglio che me lo tengo per me
È meglio dentro che fuori
È meglio dentro che fuori
È meglio dentro che fuori
È meglio dentro che fuori
È meglio dentro che fuori
2. I Don’t Think I Live There Anymore
Mi sa che non vivo più lì
Fluttuo, senza preoccupazioni, sopra il mio corpo che sta in basso
Sogno, senza fretta, o succede o non succede
E allora son salito in macchina
Giro le chiavi, vado lontanissimo
Alla lunga ho finito le strade
Giro a sinistra, giro a destra
A fine nottata sono arrivato dove mi han detto di andare
Probabilmente sto bussando alla mia porta
Ma mi sa che non vivo più lì
Le fiamme hanno portato via il soffitto e il pavimento
Per cui mi sa che non vivo più lì, no, no, no, no
Mi sa che non vivo più lì
Fanno le cose allo scoperto
Per adesso mi metto comodo
Ecco cosa succede a leggere tra le righe
Cominci a scoprire che nella vita c’è ben più di quello che hai scoperto finora
Ho aperto gli occhi, cercato di accorgermi degli inganni
Alla lunga ho preso per buono quello che mi dicevano
Giro a sinistra, giro a destra
A fine nottata sono arrivato dove mi han detto di andare
Probabilmente sto bussando alla mia porta
Ma mi sa che non vivo più lì
Le fiamme hanno portato via il soffitto e il pavimento
Per cui mi sa che non vivo più lì
Io dico che è ora che mi lascino andare
Il mio corpo è un buco del cazzo tutto vuoto
Vedo che si muove ma non lo controllo io
No, mi sa che non mi lasceranno mai andare, no, no, no, no
E allora son salito in macchina
Giro le chiavi, vado lontanissimo
Alla lunga ho finito le strade
Giro a sinistra, giro a destra
A fine nottata sono arrivato dove mi han detto di andare
Probabilmente sto bussando alla mia porta
Ma mi sa che non vivo più lì
Le fiamme hanno portato via il soffitto e il pavimento
Per cui mi sa che non vivo più lì, no, no, no, no
Mi sa che non vivo più lì
3. Loud
Casino
C-A-S-I-N-O, casino, voglio fare casino
C-A-S-I-N-O, casino, voglio fare casino
Posso dirvi che il mondo non funziona esattamente come ce l’eravamo immaginato
Posso trovarvi cento modi diversi per raggiungere la felicità, ma nessuno è gratis
Posso trovarvi una parte di me che non è morta dentro, ma ci vorrebbe un po’
Per cui venite qua vicino, mettetevi comodi
È il rumore di un fuoco che si accende dentro di me
C-A-S-I-N-O, casino, voglio fare casino
C-A-S-I-N-O, casino, voglio fare casino
Casino, casino, casino voglio fare
Potrei diventare la persona che vedete quando accendete la TV, non è difficile
Potrei mentire, potrei cercare di spiegare il motivo, ma io non sono fatto così
Potrei trovarvi una parte di me che non è morta dentro, ma ci vorrebbe un po’
Per cui venite qua vicino, mettetevi comodi
È il rumore di un fuoco che si accende dentro di me
C-A-S-I-N-O, casino, voglio fare casino
C-A-S-I-N-O, casino, voglio fare casino
Casino, casino, casino voglio fare
Lo so che sono stanco e che ho acceso tutti questi fuochi per niente
Lo so che sono stanco e che ho acceso tutti questi fuochi per niente
Lo so che sono stanco e che ho acceso tutti questi fuochi per niente
Lo so che sono stanco e che ho acceso tutti questi fuochi per niente, niente, niente
C-A-S-I-N-O, casino, voglio fare casino
C-A-S-I-N-O, casino, voglio fare casino
Casino, casino, casino voglio fare
Casino, casino, casino voglio fare
4. Play Dumb
Finto tonto
Non si va da nessuna parte
Lo so che l’ignoranza è la chiave della felicità
Per cui prenditi un attimo di tempo
Secondo me scopri che se non ci provi, non puoi sbagliare
Non si va da nessuna parte
Lo so che l’ignoranza è la chiave della felicità
Per cui prenditi un attimo di tempo
Secondo me scopri che se non ci provi, non puoi sbagliare
Sono l’unico qua che vuole di più e riceve di meno?
Eh, la vista fuori è assordante, e io sono diventato sordo
Beh, fai pure, annacquami
Fai pure, annacquami
Andrebbe meglio se facessimo tutti i finti tonti?
Io dico che una cosa è sicura
Se sei tu l’ombra da cui stai scappando, non sei al sicuro da nessuna parte
Tutto questo tempo che perdiamo a cercare di trovare il modo di uscire
Andrebbe meglio se facessimo tutti i finti tonti?
Cammineresti sulle ginocchia per capire cosa vuol dire sentirsi incompleti ogni giorno?
Sa più di roba oscena credere in un sogno che galleggiare a metà strada?
Beh, fai pure, annacquami
Fai pure, annacquami
Andrebbe meglio se facessimo tutti i finti tonti?
Io dico che una cosa è sicura
Se sei tu l’ombra da cui stai scappando, non sei al sicuro da nessuna parte
Tutto questo tempo che perdiamo a cercare di trovare il modo di uscire
Andrebbe meglio se facessimo tutti i finti tonti?
Vai alla deriva, vai alla deriva
Vai alla deriva, vai alla deriva
Vai alla deriva, vai alla deriva
Vai alla deriva, vai alla deriva
Andrebbe meglio se facessimo tutti i finti tonti?
Io dico che una cosa è sicura
Se sei tu l’ombra da cui stai scappando, non sei al sicuro da nessuna parte
Tutto questo tempo che perdiamo a cercare di trovare il modo di uscire
Andrebbe meglio se facessimo tutti i finti tonti?
5. The Fire on the Ceiling
Il fuoco sul soffitto
Mi dà una strana sensazione il fuoco sul soffitto
È meno che sgradevole
E sono triste, tristissimo
Eh, già, comincio a pensare che era una bugia quando dicevano che non avrei sentito niente
Chiedo aiuto
Ho provato a risolvermela da solo
E mi sono accorto che perdo tutti gli incontri
Portatemi via questa nicotina
Perché anche se ci provo, non ci riesco a smettere
E mi fa stare male
Beh, mi sa che non è una sorpresa che il livello dell’acqua si stia alzando
Sei uno sfigato se non sai nuotare
Perché tra un po’ anneghi, eh, sì, anneghi
Vi dico io quando penso di averne abbastanza
Cioè mai, immagino, perché corro e non resto indietro
Ho la mente aperta, ma gli occhi chiusi
È così quando non c’è in giro nessuno
Portatemi via questa nicotina
Perché anche se ci provo, non ci riesco a smettere
E mi fa stare male
Mi distrugge un po’ questa cosa
Mi distrugge un po’ questa cosa
Mi distrugge un po’ questa cosa
Mi distrugge un po’ questa cosa
Portatemi via questa nicotina
Perché anche se ci provo, non ci riesco a
Portatemi via questa nicotina
Perché anche se ci provo, non ci riesco a smettere
E mi fa stare male
Portatemi via questa nicotina
Perché anche se ci provo, non ci riesco a smettere
E mi fa stare male
Mi dà una strana sensazione il fuoco sul soffitto
6. Piranha
Piranha
Ho fatto di nuovo quel sogno in cui nuoto in mezzo ai piranha
Non so che significato è che abbia
Ma so che è una cosa che devo affrontare prima o poi
Perché sto impazzendo
E mi annoia tutto quanto
Suicidio subconscio
La mente non mi fa dormire
Portatemi degli amici migliori
Ho sentito che non costano granché
Lo so che ci sono delle cose che potrei fare
Ma i soldi li spendo tutti per il cibo
E mi va bene così
Quando crolla tutto quanto
Puoi dire quello che vuoi, tanto non ne esci
Quando crolliamo tutti quanti
Le tue tasche piene di portafogli non hanno alcuna importanza ora, importanza ora
Sono sul sedile del conducente ma faccio fatica a sterzare
Finisco giù dal burrone, almeno finisce qua
Prima di schiantarmi al suolo so che mi sveglierò
E questo dimostra che ogni cosa non è mai stata vicina
Quando crolla tutto quanto
Puoi dire quello che vuoi, tanto non ne esci
Quando crolliamo tutti quanti
Le tue tasche piene di portafogli non hanno alcuna importanza ora, importanza ora
Ho i piranha che mi nuotano in testa
Tutti ‘sti melodrammi sono il loro pane
Mi sa che mi vogliono morto
Ho i piranha che mi nuotano in testa
Tutti ‘sti melodrammi sono il loro pane
Mi sa che mi vogliono morto
7. Red & Blue
Rosso e blu
Non alzare la voce, fai un sorrisone
L’unico modo per metterti in fila
Prendi il numero, così ti vedono
Tu segui loro e sarai libero
Mi sono tagliato i capelli, per cui ascoltatemi bene
Spero che i piedi non mi tradiscano ora
Ho scritto il mio nome sul cemento fresco
Ormai non si può cambiare, è permanente, è permanente
Cosa siamo?, tutto qua?
Permanente, permanente
Abbiamo fatto tutta ‘sta strada giorno dopo giorno solo per pagare l’affitto?
Perché è tutto quello che ho presente, tutto quello che ho mai avuto presente
Cosa siamo?, tutto qua?
Prendi la pillola blu, portami a casa
Diciamo che è un sogno a occhi aperti
Prendi la rossa, capisci tutto
Senti quella tranquillità che se ne va
Se tutto questo ha un qualche senso
Una promessa fatta a uomini stanchi
Insoddisfatti o rimborsati
Mettetevi voi in fila, non fa per me
Cosa siamo?, tutto qua?
Permanente, permanente
Abbiamo fatto tutta ‘sta strada giorno dopo giorno solo per pagare l’affitto?
Perché è tutto quello che ho presente, tutto quello che ho mai avuto presente
Cosa siamo?, tutto qua?
Siamo circondati da decerebrati?
Chi è l’uccello e chi il verme?
Conto su una certezza
Nella tana del lupo, non imparerò mai
Cosa siamo?, tutto qua?
Permanente, permanente
Abbiamo fatto tutta ‘sta strada giorno dopo giorno solo per pagare l’affitto?
Perché è tutto quello che ho presente, tutto quello che ho mai avuto presente
Cosa siamo?, tutto qua?
Cosa siamo?, tutto, tutto, tutto qua?
Cosa siamo?, tutto, tutto, tutto qua?
Cosa siamo?, tutto, tutto, tutto qua?
Cosa siamo?, tutto, tutto, tutto qua?
8. Hand Grenade
Bomba a mano
Io sono una bomba a mano
Tu hai tolto la sicura e te la sei data a gambe
Sincero, ma assente
Lo vuoi? Ti farà schifo
Ma ho come la sensazione che mi sto ammazzando di botte da solo
Sono ferito
Eh, sarei una versione di me migliore senza il mio senso delle cose
Io sono una bomba a mano
Tu hai tolto la sicura e te la sei data a gambe
Sto preparando, sto preparando la limonata
Ha un sapore che non mi piace, ha un sapore che non mi piace, ha un sapore che non mi piace
Ora sono una bomba a mano
Sempre offeso, e perdente
Ottimo consiglio, grazie, mi fa schifo
Prendila come una beata illusione
Sogna troppo in grande e muori da vittima
Eh, un lavoro da ufficio e porte che si chiudono… son sicuro che non c’è altro
Io sono una bomba a mano
Tu hai tolto la sicura e te la sei data a gambe
Sto preparando, sto preparando la limonata
Ha un sapore che non mi piace, ha un sapore che non mi piace, ha un sapore che non mi piace
Ora sono una bomba a mano, una bomba a mano
Io sono una bomba a mano
Tu hai tolto la sicura e te la sei data a gambe
Io sono una bomba a mano
Tu hai tolto la sicura e te la sei data a gambe
Sto preparando, sto preparando la limonata
Ha un sapore che non mi piace, ha un sapore che non mi piace, ha un sapore che non mi piace
Ha un sapore che non mi piace, ha un sapore che non mi piace, ha un sapore che non mi piace
È un sapore amaro
Sono una bomba a mano
9. Toy Box
Scatolone dei giocattoli
Ho impostato il laser dalla modalità “stordisci” a “uccidi”
Piacere di conoscerti, a loro non capiterà mai
Fammi incazzare se vuoi divertirti con poco
Non farmi fuori, non farmi fuori
Non sto volando, sto cadendo con stile
Tra un attimino mi schianto per terra
Il mio unico scopo è di farti sorridere
Tu mi fai accigliare, mi fai accigliare
Non voglio essere
No, non voglio essere
Non voglio essere rinchiuso dentro il tuo scatolone dei giocattoli
Non voglio essere
Non voglio essere rinchiuso dentro il tuo scatolone dei giocattoli
Tirami il cordino, non ho niente da dire
Non che tu stia ascoltando in ogni caso
Sono sulla mensola, c’è carenza di pile
Vado verso la scadenza, verso la scadenza
Non voglio essere
No, non voglio essere
Non voglio essere rinchiuso dentro il tuo scatolone dei giocattoli
Non voglio essere
Non voglio essere rinchiuso dentro il tuo scatolone dei giocattoli
Rinchiuso dentro il tuo scatolone dei giocattoli
Lasciato su una mensola
Non ho proiettili nella cintura
Sento il sapore della polvere che ho in bocca
Io faccio finta di niente, ma sono fatto di plastica, sai?
Non posso concedere il beneficio del dubbio
Eccomi qua seduto su una mensola, senza proiettili nella cintura
Ora ho la polvere in bocca, non mi senti che grido
Io faccio finta di niente, ma sono fatto di plastica, sai?
Non posso concedere il beneficio del dubbio, dubbio, dubbio
Non voglio essere
No, non voglio essere
Non voglio essere rinchiuso dentro il tuo scatolone dei giocattoli
Non voglio essere
Non voglio essere rinchiuso dentro il tuo scatolone dei giocattoli
Rinchiuso dentro il tuo scatolone dei giocattoli
Rinchiuso dentro il tuo scatolone dei giocattoli
10. Turn
Girare
Ieri era un giorno sottosopra
Mi sa che la testa ce l’avevo tra le nuvole
Sai dove trovarmi
Mi fa volare, mi fa star male
Mi sento in cima al mondo e poi sotto quando mi prende
Oggi con la pistola ho fatto cilecca
Mille cose lasciate ancora a metà
Nei sedili di dietro c’è un casino
E adesso mi si sta raffreddando il caffè
Scaldato al microonde sa di muffa
Mi sa che è tutto collegato
Non puoi cambiare quello che hai passato
Quello che puoi fare è ribaltare la situazione, ribaltare la situazione
Puoi non riuscire a raggiungere il tuo obiettivo, e fa male
Ma puoi ribaltare la situazione, ribaltare la situazione
Domani è sempre a un giorno di distanza
Non arriva mai, non rimane mai
È sempre in movimento
Mi metto all’opera e mi sento sfinito
Imposto un passo che non riesco a tenere
E perdo sempre, già
Non puoi cambiare quello che hai passato
Quello che puoi fare è ribaltare la situazione, ribaltare la situazione
Puoi non riuscire a raggiungere il tuo obiettivo, e fa male
Ma puoi ribaltare la situazione, ribaltare la situazione
Ribaltare la situazione, ribaltare la situazione
Ribaltare la situazione, ribaltare la situazione
Non puoi cambiare quello che hai passato
Quello che puoi fare è ribaltare la situazione, ribaltare la situazione
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