#giuramento-terra
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@giuramento-terra replied to your post “@arealmunited replied to your post “.Whiskey. ...”:
cat friends..
.Whiskey. Yup as long as you and Enma are okay with it!
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Moved from: [x] || @giuramento-terra
Haru was very concerned by the blood, or she was going to assume it was blood. She recognized Enma, and that made her all the more concerned. She’s seen how Tsuna-san and the others would come back hurt, so she was worried for Enma as well.
“Mostly a dog… so some of this wasn’t a dog? Or a dog hybrid?”
Either this called for the expertise of the resident UMA afficionado, or it was some weird mafia thing again. They seemed to have weird animal friends.
“Hahi? Oh, yes. Haru is Tsuna-san’s friend, but also his aspiring future wife!”
How embarrassing to say that out loud, but it’s true! She aspires to be his future bride and there was no sense in pretending otherwise. She starts rummaging through her bag. With how clumsy Tsuna and Lambo could be, she had a habit of carrying a small first aid kit with her, for just in case.
“We should probably get you checked out. If that blood is yours, then you could be at risk of an infection.”
She was hoping he wasn’t at risk of bleeding out either.
#Giuramento-terra#(EnmaKozato01)#RPans#((Muse; Enma))#((Hope you're okay with me continuing this one. If not just ignore it no biggie~))#((Also hello hello! Everyone just calls me Neo 8) ))#((Priority for RP Tracker Addition))
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❝ you’re allowed to feel pissed. ❞
UKIGUMOS - »❝浮雲❞« reassurance starters.
"We never got to settle the score, did we now?"
Almost like a bitter crow, Kyouya had harboured quite the grudge. The humiliating defeat during the gathering of troublemakers had wounded his pride, and the pained memory was seared into his mind. Perhaps his desire to rip his prey into shreds was entirely one sided, but it wasn't something to take lightly.
He readied his tonfa, lips curving into a smirk. After all, this was a golden opportunity. He had done enough yielding. This time, he'll savour this fight alone.
#giuramento-terra#『»❝浮雲❞« ic / kyouya#『» i am so sorry for taking 10 million YEARS «#『» my shimon arc memories are so bad so i need to actually refresh but iirc kyouya kept having to let other people handle enma so HKSJGDFG#『» he's still bitter after getting his ass kicked at the ceremony so he's like 'ah sweet i can recover MY PRIDE' «
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Seeing the shift to wonder in Enma-kun's expression at the sight of the scattering feathers only widens Byakuran's grin. It's nice to have someone be distracted by the feathers rather than his overall presence. One more point on the 'interesting' score. Watching Enma's startled reaction once he notices he's been offered a hand adds another point to 'endearing' as well. This is already entertaining.
"An offer isn't something you ask for, Enma-kun. It's more like a gift you can accept or reject."
An explanation takes all the fun out of it, so he opts not to elaborate. Instead, he slips his fingers underneath Enma's wrist to begin to raise it upward. Seeing any damage up close will make this much easier.
"If you want to decline... now's the time." ♪
重力| | A distinct solemnity shifted to a hint of wonder as the movement caught his eye, following each feather as it neared its departure into the dirt; Flames of each colour, mirrored but differing from his own and his family's.. the sky looking down upon the earth - no, watching over? Was it the same for this man? Was he anything like others who boasted that particular fire? Either way.. the wings..they were kind of pretty, weren't they? His mind wandered askance for a little too long, leaving him gawking even after he had already been extended aid, ensuing a sharp glance down toward the offered palm with a visible startle. "I - ah - you don't have to. You've helped enough, right?"
Still, despite protest, it seemed far more awkward to just leave it there, and so he tentatively extended an arm with a strangely concentrating expression, and took a less-than-firm grasp of his savior's hand. "Maybe they were strays...? I didn't really check."
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Allora, avrai due amori nella vita, uno possibile con cui costruire, uno impossibile con cui vivere in sogno ciò che sarebbe potuto essere. Ho sempre pensato che la vita ti regali con ogni persona al massimo un paio di occasioni, la seconda, se per qualche strano motivo hai buttato via la prima. Tu le sprecherai entrambe, poi continuerai a pensarci sempre, come una condanna, un tormento, un chiodo fisso distratto dal muro solo alcuni secondi, il giusto tempo per staccarsi e far crollare in terra, in mille pezzi, le tue certezze di anni. Perché in cuor tuo sai che avrai dovuto rinunciare per cause di forza maggiore, non avresti voluto. Conoscerai cos'è la disperazione, conoscerai l'impotenza che consiste nel riporre il domani in una speranza negata. Tutto ciò che vivrai con chi avrai accanto ti risveglierà sempre un ricordo sottile, prepotente, assoluto, selvaggio e passionale com'è una storia non consumata, un'emozione proibita. Uno sguardo incancellabile, e lo sapevo, lo sapevo già, credimi, lo sapevo come un giuramento che non l'avrei dimenticato, né avrei potuto ritrovarlo mai più negli occhi di nessuno. Lei aveva uno sguardo che sapeva tutto di me e io sapevo tutto del suo, senza esserci potuti dire quasi niente che potesse giustificare quella strana sintonia. Due persone che si guardano e si spogliano di tutto, hai presente? Si percorrono, come si fa con una strada che conduce nel punto più alto che c'è ma poi devono rivestirsi, nascondere la propria intimità e cedere al potere del "non si può", divisi su un bivio beffardo. Ma io quello sguardo lo conservo dentro di me come un segreto ribelle che si è svelato al respiro e fa parte di ciò che mi tiene in vita, non me lo sfilo dal cuore. Perciò ogni mio respiro lo alimenta ancora. - e quindi si sceglie il primo tipo di amore? Credo di sì, a malincuore, ecco il perché di tanta gente infelice. Forse sprecando il momento perfetto poi ci si consola così, quasi fosse una giustificabile punizione. Io no, io non ce l'ho fatta. Ho preferito niente. Ma oggi penso che forse, più semplicemente, la natura degli uomini sia questa qui. Noi amiamo essenzialmente quello che ci manca.
Massimo Bisotti
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𝐊𝐈𝐍𝐃 𝐖𝐎𝐑𝐃𝐒 𝐀𝐑𝐄 𝐈𝐌𝐏𝐎𝐑𝐓𝐀𝐍𝐓 𝐈𝐍 𝐓𝐇𝐈𝐒 𝐇𝐄𝐂𝐓𝐈𝐂 𝐖𝐎𝐑𝐋𝐃
I just want to say that I love the KHR roleplay community. I feel comfortable and accepted here, which is rather a rarity on the internet today. I really appreciate that I can be here and I appreciate every one of you, even if I haven't roleplayed with you or haven't roleplayed with you yet. I love this community, and I'm happy to be a part of it. BIG THANK YOU! You are great! I hope that I can be a part of other communities where I feel just as good. Sorry for my other Oscar speech. XD
And... GROUP HUG!!! XD
@whiskeysmulti @multi-cannon-rp @fightingthetides @giuramento-terra @d3vilfruit @demonwind @fukuinchou @ukigumos @wallflowerswit @seaoftales @socialpapers @butscrewmefirst @astrxthesiai @lightning-will-bovino @heartsglass @uechoes @nebbiia @lovelyextreme @nxvola @ilariocielo @vanaglorie @queenharumiura @vipermirage @drowninliquor @arealmunited @musessinabag @storiesunknown
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“ Ahmad aveva la febbre. Strofinare preparati a base di erbe sul suo corpo in fiamme non sortiva alcun effetto. A quel punto, Salima era andata a chiedere aiuto a suo zio Shaykh Sa‘id. Era invecchiato, certo, ma non abbastanza da lasciare che il suo cuore si sciogliesse davanti alle suppliche della nipote. Lo aveva implorato, gli aveva ricordato che era la figlia di suo fratello Shaykh Mas‘ud, l’aveva pregato di avere compassione, di dimostrare la sua fede, la sua signorilità, la sua generosità, magnanimità e saggezza. Si era appellata a tutto quello cui si può appellare una madre con il figlio dilaniato dalla febbre. Ma la risposta dello shaykh non era cambiata: “La Range Rover non lascerà mai ‘Awafi senza di me.” Il giorno dopo, la febbre di Ahmad era aumentata, il bambino aveva cominciato a delirare. Salima era tornata dallo zio accompagnata dal marito. ‘Azzan si era trattenuto a lungo con il vecchio, gli aveva spiegato che suo figlio peggiorava e che l’unico ad avere una macchina con cui portarlo all’ospedale al-Sa‘ada di Maskade era lui, Shaykh Sa‘id. Se ci fossero andati a dorso d’asino, ci avrebbero messo quattro o cinque giorni e non sarebbero riusciti a salvare il bambino. Gli disse che avrebbe pagato qualsiasi cifra gli avesse chiesto, compreso il salario dell’autista. “Non ho altro da dire,” aveva replicato Shaykh Sa‘id. “La Range Rover non esce da ‘Awafi. Tuo figlio guarirà anche senza dottori. Che sarà mai, tutti i bambini hanno la febbre e poi guariscono.”
‘Azzan e Salima erano usciti da casa dello shaykh cercando di non guardare il fuoristrada verde parcheggiato vicino al portone. Quando Shaykh Sa‘id l’aveva comprato, due anni prima, e l’autista l’aveva portato in paese, erano tutti usciti in strada per vederlo. Persino l’anziana madre dello shaykh si era avventurata fuori facendosi sostenere dalle sue schiave ma poi, quando aveva sentito il rombo del motore e visto le ruote nere che giravano velocissime, si era spaventata e gli aveva tirato una pietra urlando ai quattro venti che quella era opera del diavolo. La pietra aveva rotto un finestrino e Shaykh Sa‘id aveva ordinato alle schiave di riportare dentro la madre minacciando di frustarle sotto il sole se solo l’avessero fatta uscire di nuovo. Da quel giorno la Range Rover si era mossa solo quando lo shaykh sedeva al posto del passeggero. E se con lui c’era una delle sue mogli, i finestrini venivano oscurati con delle lenzuola. Salima aveva pianto per tutta la strada fino a casa e, da quel momento, ‘Azzan aveva nutrito un unico sogno: possedere una macchina. Aveva giurato che avrebbe chiesto al Sultano il permesso di comprarne una, esattamente come aveva fatto Shaykh Sa‘id, e poco importava se avesse dovuto vendere i campi ereditati dal padre. Ma Ahmad non aveva aspettato che ‘Azzan mantenesse fede al suo giuramento, la febbre era stata più veloce e lo aveva ucciso. Gli avevano tolto vestiti e amuleti e predisposto la rituale pedana di rami di palma in mezzo al cortile. I vicini avevano portato secchi d’acqua dal canale per lavarlo, l’avevano cosparso di incenso e di olio di oud, lo avevano avvolto in un sudario candido e avevano portato il feretro al cimitero a ovest del paese. Il giudice Yusuf aveva detto ad ‘Azzan: “Tuo figlio adesso è in paradiso, e quando verrà la tua ora ti porterà dell’acqua fresca per spegnere la tua sete.” ‘Azzan era stato zitto, non aveva detto che lui aveva sperato che suo figlio l’acqua gliela portasse lì, sulla terra, negli anni della sua vecchiaia. Si era mostrato fermo e paziente come si conviene e aveva stretto la mano di chi gli porgeva le condoglianze. Le aveva strette tutte, persino quella di Shaykh Sa‘id. “
Jokha Alharthi, Corpi celesti, traduzione dall'arabo di Giacomo Longhi, Bompiani (collana Narratori Stranieri), 2022¹; pp. 122-124.
[Edizione originale: سيدات القمر (Sayyidat el-Qamar; Le signore della luna), editore Dār al-Ādāb, Beirut, Libano, 2010]
#Jokha Alharthi#Corpi celesti#letture#leggere#libri#Oman#letteratura araba contemporanea#malattia#bambini#superbia#citazioni letterarie#Mascate#crudeltà#egoismo#prepotenza#società tradizionaliste#autoritarismo#genitorialità#automobili#società autoritarie#sopraffazione#avidità#narrativa#schiavi#penisola araba#paternalismo#sottomissione#diritti umani#pietà#schiavismo
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muse fears
BOLD any fears which apply to your muse. italicize what makes them uncomfortable.
the dark ⋆ fire ⋆ open water ⋆ deep water ⋆ freezing ⋆ being alone ⋆ crowded spaces ⋆ confined spaces ⋆ change ⋆ failure ⋆ war ⋆ loss of control ⋆ powerlessness ⋆ prison ⋆ blood ⋆ drowning ⋆ suffocation ⋆ public speaking ⋆ natural animals ⋆ the supernatural ⋆ heights ⋆ death ⋆ dying ⋆ intimacy ⋆ rejection ⋆ abandonment ⋆ loss ⋆ the unknown ⋆ the future ⋆ not being good enough ⋆ scary stories ⋆ speaking to new people ⋆ poverty ⋆ loud noises ⋆ being touched ⋆ forgetting ⋆ being forgotten
tagged by: @giuramento-terra tagging: also literally everyone
#>> OOC.#[ i feel like i forgot something but... ]#[ he's afraid of very little in general ]#[ psychological stuff mostly ]#[ although the ptsd angle is probably worth exploring too hmm ]
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John Everett Millais - Londra - Tate Gallery - Ophelia - 1852
Le opere di Shakespeare, in un tempo di consolidamento della dinastia Tudor iniziato dopo la guerra delle Due Rose fra i due rami, Lancaster e York, della casa dei Plantageneti con Enrico VII e proseguito con Enrico VIII ed Elisabetta, interprete dello spirito riformista rinascimentale, e di nuove incertezze per l’umanità con la rivoluzione copernicana, sono celebri per i personaggi che affrontano i drammi dell’uomo. E’ con una messinscena teatrale che Amleto disvela l’assassinio del padre: il teatro è ricerca della verità come nel teatro classico e al contempo “Tutto il mondo è un palcoscenico” (Come vi piace). Fra i personaggi principali vi sono:
- il tiranno Riccardo III di York che conquista il potere (“Ormai l'inverno del nostro scontento s'è fatto estate radiosa ai raggi di questo sole di York e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell’Oceano”) per essere poi sconfitto a Bosworth Field da Enrico VII Tudor (“Il mio regno per un cavallo”);
- l’intrigante Cassio, l’incerto Bruto che antepone la libertà alle necessità della storia, l’opportunista Antonio (“E tuttavia Bruto è un uomo d’onore”), il fantasma di Cesare (“Mi rivedrai a Filippi”) in una tragedia, il Giulio Cesare, che affrontò il problema del potere in un momento in cui la regina Elisabetta poteva morire senza eredi;
- l’ebreo Shylock;
- sobillata dalla tre streghe, l’ambiziosa coppia, nella conquista del trono di Scozia, rappresentata da Lady Macbeth (“Vieni, densa notte, e ammantati del più perso fumo d’inferno, perché il mio affilato pugnale non veda la ferita che fa, e il cielo non possa affacciarsi di sotto la coltre delle tenebre per gridare “Ferma!”) e dal marito (“La vita non è che un'ombra che cammina; un povero commediante che si pavoneggia e si agita sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla più; una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e furore, che non significa nulla");
- il dubbioso Amleto, principe di Danimarca, che non sa se credere al fantasma del padre (“Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia”) per vendicarsi dello zio che ha sposato la madre (“Fragilità, il tuo nome è donna) in un dramma poetico (“il mattino dalla sciarpa scarlatta si bagna alla rugiada dell’alta collina ad oriente”) ed esistenziale che prelude al Barocco (“Essere, o non essere, questo è il dilemma: se sia più nobile nella mente soffrire colpi di fionda e dardi d'oltraggiosa fortuna
o prender armi contro un mare d'affanni e, opponendosi, por loro fine?);
- la sfortunata Ofelia, innamorata di Amleto, figlia di Polonio e sorella di Laerte;
- il dispettoso folletto Puck che instilla l’amore (“Se l’ombre nostre offeso v’hanno pensate, per rimediare al danno, che qui vi abbia colto il sonno
durante la visione del racconto e questa vana e sciocca trama non sia nulla più di un sogno Signori, non ci rimproverate, rimedieremo, se ci perdonate. E, come è vero che son sincero, se solo avremo la fortuna di sfuggire ai vostri insulti, a fare ammenda riusciremo. O chiamatemi bugiardo se vi va! Quindi buonanotte a tutti voi regalatemi un applauso, amici miei E Puck a tutti i danni rimedierà”);
- gli innamorati Romeo (“Silenzio! Quale luce irrompe da quella finestra lassù? È l'oriente, e Giulietta è il sole. Sorgi, vivido sole, e uccidi l'invidiosa luna”) e Giulietta (“O Romeo, Romeo! Perché sei tu Romeo? Rinnega tuo padre e rifiuta il tuo nome o, se non vuoi, legati solo in giuramento all'amor mio, ed io non sarò più una Capuleti” e “ Che cos’è un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo”).
- il condottiero moresco, veneziano e geloso Otello che si fa convincere dalle insinuazioni del suo alfiere Iago in merito all’adulterio di Desdemona con Cassio;
- Re Lear che diede il proprio regno a delle figlie ingrate;
- Prospero ne La Tempesta (“Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita”).
Le opere di Shakespeare furono rappresentate al Globe Theatre di Londra e vanno inquadrati nella ripresa del teatro dopo le rappresentazioni sacre e i buffoni di corti medioevali: fino alla chiusura dei teatri da parte dei Puritani nel 1642, si trattò in Inghilterra di un fenomeno di massa.
L’italiano Giovanni Florio, la commedia dell’arte, i drammi dell’Ariosto e del Boiardo, la conoscenza inglese di Venezia sono fra le fonti italiane che entrano nel teatro elisabettiano e, soprattutto negli Anni Perduti (1585 - 1592), in Shakespeare.
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Il romanzo che ha ispirato la popolare serie televisiva Hercai!
"Mi ha lasciato nel bel mezzo di un inverno nero.
Vedete, io sono il bucaneve, lei è la viola del pensiero!".
Tutto è iniziato a causa di una morte prematura.
Questa morte ha portato rabbia e odio in un cuore giovane.
Passarono molti, molti anni. Il cuore e l'anima di un giovane uomo furono crudelmente incatenati da emozioni devastanti.
Questi sentimenti divennero così pericolosi da spingerlo sull'orlo dell'abisso.
Il ricordo più doloroso lasciatogli da un passato ferito gli fece strappare ogni compassione dal cuore. Vi mise un lucchetto nero e lo rinchiuse nelle profondità, mentre la voce urlante della sua coscienza gridava. Ogni volta che la sua compassione si ribellava, ricordava sempre quel momento. Alla fine di una notte nera in cui non riusciva a dormire, prese una decisione impensabile!
Il giovane decise di andare nella terra a cui apparteneva. Perché tutto sarebbe iniziato lì, come era finito lì anni prima...
E Miran Karaman!
Con il suo piano perfettamente preparato, era pronto a compiere la sua vendetta giurata. Aveva una rabbia ardente nel cuore e un giuramento maledetto sulla lingua. Era il momento di mettere a tacere il suo cuore folle che desiderava vendicarsi. Avrebbe bruciato una vita innocente per raffreddare un po' la rabbia che aveva dentro...
Chi è quella vita?
Reyyan Şanoğlu!
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« qualcuno una volta scrisse "che possano ascoltarmi gli dei degl'inferi in 'sto esatto istante, giacché debba fare un importante giuramento innanzi a loro: che divorino la mia anima tutti i demoni, nel caso in cui io fugga per mera codardia da te e da questo nostro sentimento, che seppur dannato e maledetto, ci scompone in un'essenza nostra e inscindibile" e non vi è stato istante che m'imprimessi queste parole nel cuore, a sangue e fuoco, lasciando che divenissero indelebili persino alla mia anima poiché rispecchiavano quel che sentivo. le divoro anche adesso che fisso una parete e mi chiedo di te. se stai bene, se hai mangiato, se il naso ti pizzica perché vorresti piangere e se mi stai maledicendo per essere stato un emmerito coglione, un ulteriore dolore. vorrei essere lì, sai? non per ricordarti quanto t'amo perché non sfugge questo sentimento ma per accarezzarti lì, tra le scapole, dove racchiudi i tuoi malesseri, stringerti fino ad inglobarti per chiederti ancora scusa e avvolgerti in me così che possa assorbire ogni tuo dolore. non ho mai desiderato tanto assorbire un dolore tanto quanto adesso, e mi dispiace non essere stato all'altezza ieri quando avevi bisogno di me. vorrei poterti dire che sto imparando ad essere come te, ad essere più di testa e meno idiota, ma a volte mi chiedo se mi ami più per l'idiozia di cui sono composto. è da ieri che cammino a spalle dritte nella speranza di vederti appoggiare su di esse, non perché mi sento costretto a dimostrarti qualcosa per essere perdonato, ma per mantenere fede alla promessa che ho fatto a te, a me, a noi, quella di proteggerti nonostante tutto. infatti anche se mi manchi, nonostante mi duole il dito perché volevo ti arrivassero mille di quei cuori da quell'app che non capisco ancora come funziona, volevo avessi qualcosa che non fosse una canzone ma che portasse un po' di me con te, qualcosa che potessi rileggere e che ti consolasse, come uno dei nostri caldi abbracci o una delle mie stupide battute che ti hanno sempre strappato il sorriso. il mondo è spaventoso daniel e persino la persona più forte in questa terra indietreggia. e io sono sempre stato un vigliacco eppure quando torno in me tu sei sempre stato l'unica persona che mi ha teso la mano e l'unica a cui voglio tenderla, persino quando ci troviamo a lanciarci piatti di parole. li ho ordinati sai? stupidi piatti online con le frasi più assurde, come quelle coppie sposate da anni che litigano e si urlano dietro di tutto e di più. nella pubblicità mi era stato assicurato, con questi non avrete più bisogno di sfoderare la vostra fantasia. sto dilungando perché in questo modo posso starti più vicino, è pur sempre un tentativo no? la realtà è che vorrei tenerti fra le braccia per dirti che andrà tutto bene, ma sto cercando di rispettare la tua volontà. la stanza in cui alloggio non dista molto, ho chiesto esplicitamente che fosse disponibile per ogni emergenza. mi vedi correre da te nel cuore della notte? miagolare alla tua finestra come un gatto. dio, devo smetterla di essere così e di parlare troppo. adesso puoi chiudere gli occhi e pensarmi lì che ti stringo, profumato di non ti scordar di me che ti asciugo le lacrime per baciarti il cuore. purtroppo non esistono parole in questi casi e noi che siamo abituati a parlare per placare il dolore ci ritroviamo così, piccoli granelli di sabbia. quindi eccomi con te, tra queste righe che ti abbraccio.
ps: sarò tra la folla, sarò con te.»
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@giuramento-terra replied to your post “"Enma might be a sad puppy, but he's still our...”:
...you.. didn't have to agree with the description..
"Enma-kun, it's okay. Puppy or not, you're still the greatest leader we could have asked for."
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All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro? Ove piú il Sole
per me alla terra non fecondi questa
bella d’erbe famiglia e d’animali,
e quando vaghe di lusinghe innanzi
a me non danzeran l’ore future,
né da te, dolce amico, udrò piú il verso
e la mesta armonia che lo governa,
né piú nel cor mi parlerà lo spirto
delle vergini Muse e dell’amore,
unico spirto a mia vita raminga,
qual fia ristoro a’ dí perduti un sasso
che distingua le mie dalle infinite
ossa che in terra e in mar semina morte?
Vero è ben, Pindemonte! Anche la Speme,
ultima Dea, fugge i sepolcri: e involve
tutte cose l’obblío nella sua notte;
e una forza operosa le affatica
di moto in moto; e l’uomo e le sue tombe
e l’estreme sembianze e le reliquie
della terra e del ciel traveste il tempo.
Ma perché pria del tempo a sé il mortale
invidierà l’illusïon che spento
pur lo sofferma al limitar di Dite?
Non vive ei forse anche sotterra, quando
gli sarà muta l’armonia del giorno,
se può destarla con soavi cure
nella mente de’ suoi? Celeste è questa
corrispondenza d’amorosi sensi,
celeste dote è negli umani; e spesso
per lei si vive con l’amico estinto
e l’estinto con noi, se pia la terra
che lo raccolse infante e lo nutriva,
nel suo grembo materno ultimo asilo
porgendo, sacre le reliquie renda
dall’insultar de’ nembi e dal profano
piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,
e di fiori odorata arbore amica
le ceneri di molli ombre consoli.
Sol chi non lascia eredità d’affetti
poca gioia ha dell’urna; e se pur mira
dopo l’esequie, errar vede il suo spirto
fra ‘l compianto de’ templi acherontei,
o ricovrarsi sotto le grandi ale
del perdono d’lddio: ma la sua polve
lascia alle ortiche di deserta gleba
ove né donna innamorata preghi,
né passeggier solingo oda il sospiro
che dal tumulo a noi manda Natura.
Pur nuova legge impone oggi i sepolcri
fuor de’ guardi pietosi, e il nome a’ morti
contende. E senza tomba giace il tuo
sacerdote, o Talia, che a te cantando
nel suo povero tetto educò un lauro
con lungo amore, e t’appendea corone;
e tu gli ornavi del tuo riso i canti
che il lombardo pungean Sardanapalo,
cui solo è dolce il muggito de’ buoi
che dagli antri abdüani e dal Ticino
lo fan d’ozi beato e di vivande.
O bella Musa, ove sei tu? Non sento
spirar l’ambrosia, indizio del tuo nume,
fra queste piante ov’io siedo e sospiro
il mio tetto materno. E tu venivi
e sorridevi a lui sotto quel tiglio
ch’or con dimesse frondi va fremendo
perché non copre, o Dea, l’urna del vecchio
cui già di calma era cortese e d’ombre.
Forse tu fra plebei tumuli guardi
vagolando, ove dorma il sacro capo
del tuo Parini? A lui non ombre pose
tra le sue mura la città, lasciva
d’evirati cantori allettatrice,
non pietra, non parola; e forse l’ossa
col mozzo capo gl’insanguina il ladro
che lasciò sul patibolo i delitti.
Senti raspar fra le macerie e i bronchi
la derelitta cagna ramingando
su le fosse e famelica ululando;
e uscir del teschio, ove fuggia la luna,
l’úpupa, e svolazzar su per le croci
sparse per la funerëa campagna
e l’immonda accusar col luttüoso
singulto i rai di che son pie le stelle
alle obblïate sepolture. Indarno
sul tuo poeta, o Dea, preghi rugiade
dalla squallida notte. Ahi! su gli estinti
non sorge fiore, ove non sia d’umane
lodi onorato e d’amoroso pianto.
Dal dí che nozze e tribunali ed are
diero alle umane belve esser pietose
di se stesse e d’altrui, toglieano i vivi
all’etere maligno ed alle fere
i miserandi avanzi che Natura
con veci eterne a sensi altri destina.
Testimonianza a’ fasti eran le tombe,
ed are a’ figli; e uscían quindi i responsi
de’ domestici Lari, e fu temuto
su la polve degli avi il giuramento:
religïon che con diversi riti
le virtú patrie e la pietà congiunta
tradussero per lungo ordine d’anni.
Non sempre i sassi sepolcrali a’ templi
fean pavimento; né agl’incensi avvolto
de’ cadaveri il lezzo i supplicanti
contaminò; né le città fur meste
d’effigïati scheletri: le madri
balzan ne’ sonni esterrefatte, e tendono
nude le braccia su l’amato capo
del lor caro lattante onde nol desti
il gemer lungo di persona morta
chiedente la venal prece agli eredi
dal santuario. Ma cipressi e cedri
di puri effluvi i zefiri impregnando
perenne verde protendean su l’urne
per memoria perenne, e prezïosi
vasi accogliean le lagrime votive.
Rapían gli amici una favilla al Sole
a illuminar la sotterranea notte,
perché gli occhi dell’uom cercan morendo
il Sole; e tutti l’ultimo sospiro
mandano i petti alla fuggente luce.
Le fontane versando acque lustrali
amaranti educavano e vïole
su la funebre zolla; e chi sedea
a libar latte o a raccontar sue pene
ai cari estinti, una fragranza intorno
sentía qual d’aura de’ beati Elisi.
Pietosa insania che fa cari gli orti
de’ suburbani avelli alle britanne
vergini, dove le conduce amore
della perduta madre, ove clementi
pregaro i Geni del ritorno al prode
cne tronca fe’ la trïonfata nave
del maggior pino, e si scavò la bara.
Ma ove dorme il furor d’inclite gesta
e sien ministri al vivere civile
l’opulenza e il tremore, inutil pompa
e inaugurate immagini dell’Orco
sorgon cippi e marmorei monumenti.
Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo,
decoro e mente al bello italo regno,
nelle adulate reggie ha sepoltura
già vivo, e i stemmi unica laude. A noi
morte apparecchi riposato albergo,
ove una volta la fortuna cessi
dalle vendette, e l’amistà raccolga
non di tesori eredità, ma caldi
sensi e di liberal carme l’esempio.
A egregie cose il forte animo accendono
l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta. Io quando il monumento
vidi ove posa il corpo di quel grande
che temprando lo scettro a’ regnatori
gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela
di che lagrime grondi e di che sangue;
e l’arca di colui che nuovo Olimpo
alzò in Roma a’ Celesti; e di chi vide
sotto l’etereo padiglion rotarsi
piú mondi, e il Sole irradïarli immoto,
onde all’Anglo che tanta ala vi stese
sgombrò primo le vie del firmamento:
- Te beata, gridai, per le felici
aure pregne di vita, e pe’ lavacri
che da’ suoi gioghi a te versa Apennino!
Lieta dell’aer tuo veste la Luna
di luce limpidissima i tuoi colli
per vendemmia festanti, e le convalli
popolate di case e d’oliveti
mille di fiori al ciel mandano incensi:
e tu prima, Firenze, udivi il carme
che allegrò l’ira al Ghibellin fuggiasco,
e tu i cari parenti e l’idïoma
désti a quel dolce di Calliope labbro
che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
d’un velo candidissimo adornando,
rendea nel grembo a Venere Celeste;
ma piú beata che in un tempio accolte
serbi l’itale glorie, uniche forse
da che le mal vietate Alpi e l’alterna
onnipotenza delle umane sorti
armi e sostanze t’ invadeano ed are
e patria e, tranne la memoria, tutto.
Che ove speme di gloria agli animosi
intelletti rifulga ed all’Italia,
quindi trarrem gli auspici. E a questi marmi
venne spesso Vittorio ad ispirarsi.
Irato a’ patrii Numi, errava muto
ove Arno è piú deserto, i campi e il cielo
desïoso mirando; e poi che nullo
vivente aspetto gli molcea la cura,
qui posava l’austero; e avea sul volto
il pallor della morte e la speranza.
Con questi grandi abita eterno: e l’ossa
fremono amor di patria. Ah sí! da quella
religïosa pace un Nume parla:
e nutria contro a’ Persi in Maratona
ove Atene sacrò tombe a’ suoi prodi,
la virtú greca e l’ira. Il navigante
che veleggiò quel mar sotto l’Eubea,
vedea per l’ampia oscurità scintille
balenar d’elmi e di cozzanti brandi,
fumar le pire igneo vapor, corrusche
d’armi ferree vedea larve guerriere
cercar la pugna; e all’orror de’ notturni
silenzi si spandea lungo ne’ campi
di falangi un tumulto e un suon di tube
e un incalzar di cavalli accorrenti
scalpitanti su gli elmi a’ moribondi,
e pianto, ed inni, e delle Parche il canto.
Felice te che il regno ampio de’ venti,
Ippolito, a’ tuoi verdi anni correvi!
E se il piloto ti drizzò l’antenna
oltre l’isole egèe, d’antichi fatti
certo udisti suonar dell’Ellesponto
i liti, e la marea mugghiar portando
alle prode retèe l’armi d’Achille
sovra l’ossa d’Ajace: a’ generosi
giusta di glorie dispensiera è morte;
né senno astuto né favor di regi
all’Itaco le spoglie ardue serbava,
ché alla poppa raminga le ritolse
l’onda incitata dagl’inferni Dei.
E me che i tempi ed il desio d’onore
fan per diversa gente ir fuggitivo,
me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
del mortale pensiero animatrici.
Siedon custodi de’ sepolcri, e quando
il tempo con sue fredde ale vi spazza
fin le rovine, le Pimplèe fan lieti
di lor canto i deserti, e l’armonia
vince di mille secoli il silenzio.
Ed oggi nella Troade inseminata
eterno splende a’ peregrini un loco,
eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio,
onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta
talami e il regno della giulia gente.
Però che quando Elettra udí la Parca
che lei dalle vitali aure del giorno
chiamava a’ cori dell’Eliso, a Giove
mandò il voto supremo: - E se, diceva,
a te fur care le mie chiome e il viso
e le dolci vigilie, e non mi assente
premio miglior la volontà de’ fati,
la morta amica almen guarda dal cielo
onde d’Elettra tua resti la fama. -
Cosí orando moriva. E ne gemea
l’Olimpio: e l’immortal capo accennando
piovea dai crini ambrosia su la Ninfa,
e fe’ sacro quel corpo e la sua tomba.
Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto
cenere d’Ilo; ivi l’iliache donne
sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando
da’ lor mariti l’imminente fato;
ivi Cassandra, allor che il Nume in petto
le fea parlar di Troia il dí mortale,
venne; e all’ombre cantò carme amoroso,
e guidava i nepoti, e l’amoroso
apprendeva lamento a’ giovinetti.
E dicea sospirando: - Oh se mai d’Argo,
ove al Tidíde e di Läerte al figlio
pascerete i cavalli, a voi permetta
ritorno il cielo, invan la patria vostra
cercherete! Le mura, opra di Febo,
sotto le lor reliquie fumeranno.
Ma i Penati di Troia avranno stanza
in queste tombe; ché de’ Numi è dono
servar nelle miserie altero nome.
E voi, palme e cipressi che le nuore
piantan di Priamo, e crescerete ahi presto
di vedovili lagrime innaffiati,
proteggete i miei padri: e chi la scure
asterrà pio dalle devote frondi
men si dorrà di consanguinei lutti,
e santamente toccherà l’altare.
Proteggete i miei padri. Un dí vedrete
mendico un cieco errar sotto le vostre
antichissime ombre, e brancolando
penetrar negli avelli, e abbracciar l’urne,
e interrogarle. Gemeranno gli antri
secreti, e tutta narrerà la tomba
Ilio raso due volte e due risorto
splendidamente su le mute vie
per far piú bello l’ultimo trofeo
ai fatati Pelídi. Il sacro vate,
placando quelle afflitte alme col canto,
i prenci argivi eternerà per quante
abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu onore di pianti, Ettore, avrai,
ove fia santo e lagrimato il sangue
per la patria versato, e finché il Sole
risplenderà su le sciagure umane.
I Sepolcri-Ugo Foscolo.
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She knew better than to question Enma. He might have been a loser, but he was still a sufficient boss to them and a leader she would always trust. The way he flinched and paused, she had suspicion he was hiding the extent of the injuries again. Boys were idiots like that and thought they could be tough and suck it up. Though suspiciously his injuries didn't quite match up with a fall down the riverbank. Enma had fallen plenty of times before, but she didn't see him come back in this shape. Adelheid would let him slide this time. But God help whoever did this if she found out he was attacked.
"Dinner will be ready soon, Enma. I need you to tell the others." She wasn't about to go near Julie when he was in one of his flirting moods.
@whiskeysmulti TEXTED: “ i’m gonna fucking kill them. ” (from Adelheid) [X] (Accepting)
重力| | A comforting presence could also prove frustrating; Knowing she was nearby would always ease his dispirited heart, while at the same time knowing his lack of impetus would once again burden her always made him pause. This time, as usual, misfortune had followed him, here in the form of those who saw his withheld demeanor as weakness, and for some reason unbeknownst to him, human nature tended to want to tear weakness apart. He could fight, of course, but why stoop to their level? It would benefit no one to know they had power, it would just bring others hoping to prove something. It wasn't that bad, it wasn't even rival mafioso, just a few roaming bullies who thought he was too small and fragile looking to be left alone. A few scratches here, a bruise there, a bit damp for some odd reason, but overall, nowhere near the worst he's ever endured. "Ah.. wait - half of this? It's just from me falling down the river bank.. I tried to run. I'm fine, they were just some punks." Hoping to appear cool and confident, he would slowly fumble to a standing position, only tripping once in his attempt.
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Allora, avrai due amori nella vita, uno possibile con cui costruire, uno impossibile con cui vivere in sogno ciò che sarebbe potuto essere. Ho sempre pensato che la vita ti regali con ogni persona al massimo un paio di occasioni, la seconda, se per qualche strano motivo hai buttato via la prima. Tu le sprecherai entrambe, poi continuerai a pensarci sempre, come una condanna, un tormento, un chiodo fisso distratto dal muro solo alcuni secondi, il giusto tempo per staccarsi e far crollare in terra, in mille pezzi, le tue certezze di anni. Perché in cuor tuo sai che avrai dovuto rinunciare per cause di forza maggiore, non avresti voluto. Conoscerai cos'è la disperazione, conoscerai l'impotenza che consiste nel riporre il domani in una speranza negata. Tutto ciò che vivrai con chi avrai accanto ti risveglierà sempre un ricordo sottile, prepotente, assoluto, selvaggio e passionale com'è una storia non consumata, un'emozione proibita. Uno sguardo incancellabile, e lo sapevo, lo sapevo già, credimi, lo sapevo come un giuramento che non l'avrei dimenticato, né avrei potuto ritrovarlo mai più negli occhi di nessuno. Lei aveva uno sguardo che sapeva tutto di me e io sapevo tutto del suo, senza esserci potuti dire quasi niente che potesse giustificare quella strana sintonia. Due persone che si guardano e si spogliano di tutto, hai presente? Si percorrono, come si fa con una strada che conduce nel punto più alto che c'è ma poi devono rivestirsi, nascondere la propria intimità e cedere al potere del "non si può", divisi su un bivio beffardo. Ma io quello sguardo lo conservo dentro di me come un segreto ribelle che si è svelato al respiro e fa parte di ciò che mi tiene in vita, non me lo sfilo dal cuore. Perciò ogni mio respiro lo alimenta ancora. - e quindi si sceglie il primo tipo di amore? Credo di sì, a malincuore, ecco il perché di tanta gente infelice. Forse sprecando il momento perfetto poi ci si consola così, quasi fosse una giustificabile punizione. Io no, io non ce l'ho fatta. Ho preferito niente. Ma oggi penso che forse, più semplicemente, la natura degli uomini sia questa qui. Noi amiamo essenzialmente quello che ci manca.
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Storia della notte
Verdi sono gli alberi negli occhi suoi non esiste che primavera dischiusa nel suo viso, accanto a lei, ninfa dei boschi, pare ci sia un angelo, caduto dal cielo. Grigio come la pioggia di ghiaccio il suo sguardo, cascate d’oro contornano la pelle diafana bianca come latte, rosee le gote e labbra dischiuse in un sorriso. poco più avanti aspettano grandi occhi marroni come le nocciole al sole, hanno ciglia lunghe da cerbiatto e capelli lisci, cascate cascane, che le donano al viso. Accanto a lei c’è la sorella che le somiglia ma è diversa, i colori sono medesimi ma i lineamenti differiscono, pur rimanendo simili e dolci.
Il treno corre, corre e corre poi si ferma a riprendere fiato. Con il vento che gli soffia accanto ricordandogli il tempo che fu. Così, sbirciando tra ricordi, inizia a raccontare una storia che come ogni fiaba, inizia con un c’era una volta. Quattro principesse sono le protagoniste di questo racconto, Primavera, Angelo e le Sorelle che chiameremo Autunno e Estate, come le stagioni del passato.
Questa lacrima di speranza inizia con Estate che come ogni giorno chiedeva alla sorella di ballare e ballarono in riva al mare, sussurrando risate. “Sorella, ma tu sai che fine fanno le stelle?” Chiese Autunno curiosa, celando dell’amaro nella sua voce solitamente leggiadra. Estate guardò il cielo azzurro, prese le mani della sorella e l’abbracciò. Così Autunno rimase stupita, cosa avesse mosso quel gesto nella sorella rimaneva un mistero, come quando soffia il freddo dell’Inverno. Ricambiò l’abbraccio. Angelo, che passava di lì, sorrise alle fanciulle e le chiamò per nome, poi le prese con le mani pallide e le condusse verso la luna. Là dove Primavera aspettava. Ballando sotto quelle stelle che fine non avevano fecero un giuramento solenne. “rimarrò con le mie sorelle” però qualcosa si spezzò nei cuori, e tre sorelle furono costrette ad andare sulla terra e a rincorrersi l’un l’altra. Così si formarono tre stagioni, Angelo che rimase bloccata sulla luna, pianse così tanto che le sue lacrime si fecero pesanti. Cadde il primo fiocco di neve, e quello fu l’inizio dell’inverno. Dove la tristezza regna e tutto è spoglio, c’è un angelo che piange le sue sorelle, credendole morte. Poi una notte buia, di quelle che tolgono il fiato, arrivò una ragazza dagli occhi scuri, lo sguardo acceso ma cupo. I capelli corvini e la carnagione come neve, tagliente il suo viso e bello come pochi. Disse all’angelo di seguirla, e lei affascinata da quello sguardo affilato la seguì senza fiatare. Camminarono tra galassie di stelle per anni, forse secoli, senza dirsi una parola. Era un’intesa di sguardi la loro. Una conversazione silenziosa tra animi di fuoco. Giunsero in una terra lontana, che forse era solamente quella terra che vedeva Angelo dalla luna. Giunsero stanche e prive di forze. Ma quando arrivarono Angelo lo sentì, Estate, Autunno e Primavera erano lì. La ragazza che ancora non si era presentata disse semplicemente che la notte è una donna di cui ci siamo dimenticati il nome, così dicendo si presentò. Fu così che le 4 sorelle divennero 5 e la notte divenne ciò che le stelle cantavano, componendo la stessa. La neve continuò a cadere, fiocchi di gioia che cadevano per portare calore nel periodo più freddo dell’anno. Forse, se cercate bene tra queste parole troverete una sesta sorella, che tra l’inchiostro si nasconde, che tra le ombre muore.
l.l.d.s.
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