#giovani e letteratura
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Cultura e intrattenimento: l’evoluzione dei consumi culturali tra i giovani. Dalla carta agli ebook: come BookTok e i social media influenzano le abitudini di lettura delle nuove generazioni
La lettura tra i giovani: una passione che evolve ma non scompare.
La lettura tra i giovani: una passione che evolve ma non scompare. Nonostante l’avanzata della tecnologia e la crescente diffusione degli ebook, i giovani continuano ad amare i libri di carta. Questo fenomeno dimostra che la lettura non solo resiste, ma si trasforma, adattandosi ai nuovi mezzi e linguaggi digitali. Le community virtuali, come BookTok su TikTok, stanno giocando un ruolo cruciale…
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Sul passar della sera, torna ogni tanto a trovarmi un'eco di vita lontana, il ricordo della persona che ero, quando facevo il traduttore e mi sentivo al centro d'un mondo scavato nei libri, intriso di letteratura. Era il periodo in cui, alle giornate della traduzione di Roma, Ilide Carmignani mi salutava fra tanti (e io mi voltavo per capire se stesse davvero salutando me) e la mia preziosa mentore Emanuelle Caillat mi raggiungeva per sapere come stessi. Sembrerà sciocco, ma lo ricordo con affetto, mi sentivo parte di qualcosa. Poi cominciai a star male, perché tradurre m'intossicava, esaltando le mie peggiori compulsioni, e così smisi. Due anni fa Emanuelle mi scrisse per propormi la traduzione d'una nuova collana francese, delle storie che l'avevano fatta pensare subito a me. So bene con quanta fatica schiere di giovani traduttori e traduttrici lottino ogni giorno per emergere alla luce (e lungi da me sputare sul sogno che in molti vorrebbero realizzare), ma pur ringraziandola, rifiutai. "Ho chiuso" risposi, "Ormai sono fuori dal giro". Avevo appena aperto il doposcuola, un simile doppio impegno mi avrebbe devastato. Dispiaciuta (o forse delusa), mi pregò di scriverle se avessi cambiato idea. Non l'ho più sentita. Non fraintendetemi, non mi manca affatto tradurre, non a quelle condizioni, non mi mancano le scadenze assurde, le notti insonni, le insistenze per farsi pagare (mia croce da sempre, a quanto pare), ma seppur in silenzio, era bello sentirsi misera parte della dea Letteratura. Mi sentivo qualcuno. Ora invece mi guardo attorno, circondato da bambini, nel mio doposcuola, e so di non essere nessuno. Ma è la strada che mi sono scelto e va bene così.
#ogni tanto continuo a farlo a tempo perso#non so bene a cosa ho rinunciato#ma so di aver scelto di stare bene
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La nuova battaglia identitaria della PDC Meloni e' dire basta alla cultura di sinistra che imperversa in questo Paese dal giorno successivo al 25-aprile-1945. Capisco che analizzare la storia culturale di questo Paese da parte di una diplomata liceale che poi ha trascorso la sua vita tutta interna a un gruppo politico puo' essere impresa titanica ma la storia culturale di questo Paese e' sotto gli occhi di tutti. Probabilmente gli anni '60 e '70 sono stati anni dove la sinistra ha avuto un predominio culturale ma non perche' il potere politico ha agevolato quella diffusione, semplicemente perche' i giovani di allora erano antifascisti, affamati di diritti sociali, di liberta', di futuro e credevano nel valore della cultura. Teatro, Musica, letteratura, cinema..non c'era ambito dove quel tipo di cultura non predominava.. Poi sono arrivati gli anni '80 e l'avvento delle radio e tv private. Da quel momento la cultura ha svezzato un paio di generazioni di qualunquisti, edonisti e reazionari. Piu' che una cultura, una sub-cultura ridanciana, sguaiata e populista. Sparita la riflessione, il sapere, l'approfondimento, l'impegno sociale.. Per 30anni la cultura di massa l'ha divulgata Berlusconi con le sue tv, relegando a nicchia quella parte riferibile alla sx. Si e' visto in politica e in tanti ambiti di questo Paese come sia andata la storia. Credo che gli attuali 40-50enni, conoscano piu' il gabibbo o Boldi, Zalone o Pio e Amedeo che Troisi o Nanni Moretti. Piu' i fratelli Vanzina che i fratelli Taviani. Viviamo in un Paese dove meta' popolazione e' analfabeta funzionale, gente che sgomita per seguire isole dei famosi, talent o festival della canzone nazionale. La scuola non ha piu' alcun valore e si brama solo diventare influencer di facebook o tik-tok. Insomma, da 30anni siamo dentro un pantano di sola sub-cultura povera e stracciona creata dalla dx di questo Paese, altro non c'e'. Ma certi governanti sanno di cosa parlano o pensano che spremendo le teste di milioni di Fratelli' o di Bombolo vien fuori un bicchiere colmo di dotti intellettuali che potranno andare per il mondo a spargere il seme di un nuovo Rinascimento italiano? @ilpianistasultetto
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Ed eccoci di nuovo qui con la rubrica a cadenza mensile e precisamente l'ultimo giorno di ogni mese, curata dalla nostra utente e amica @valentina_lettrice_compulsiva
Questa rubrica nasce anche e soprattutto da una riflessione che ci accompagna da un po' di tempo: per una "piccola" biblioteca di un piccolo paese non è sempre facile stare al passo con le richieste, i suggerimenti, le necessità degli utenti e non. Per questo motivo, con l'aiuto di Valentina scopriremo nuovi autori e nuove letture, consigli e spunti di riflessione, insieme a curiosità e notizie sui nostri cari libri. E allora, diamo il benvenuto a questo nuovo spazio culturale dove si viaggerà alla scoperta delle case editrici indipendenti: ʟᴇᴛᴛᴜʀᴇɪɴᴅɪᴇ.
La casa editrice di questo mese è: @pelledocaeditore
Buona lettura a tutti!
GHOST STORIES – M. R. JAMES
È la notte di Halloween, quale modo migliore di trascorrerla se non leggendo le storie di fantasmi dello scrittore e medievalista britannico Montague Rhodes James?
La casa editrice Pelledoca, specializzata in narrativa per ragazzi, ha pubblicato un graphic novel che raccoglie i cinque racconti più famosi dell’autore, nell’adattamento di Leah Moore e John Reppion, in cui vengono trattati: il tema della vendetta, del ritorno dal regno dei morti, della curiosità che spinge l’uomo a superare limiti invalicabili.
I protagonisti di queste storie sono studiosi impegnati in misteriose e insidiose ricerche in archivi polverosi o in dimore infestate, che si trovano ad affrontare esperienze al di là dell’umana comprensione.
"LA MEZZATINTA", in assoluto il mio racconto preferito di James, racconta di un dipinto che, notte dopo notte, prende vita per ricordare in eterno la terribile vendetta di un nobile decaduto.
"IL FRASSINO", invece, narra la storia di un albero che nasconde un terribile segreto, legato alla morte di una donna giustiziata per stregoneria
"LA NUMERO 13" racconta di una stanza d’albergo che appare e scompare.
"IL CONTE MAGNUS" è ambientato in un mausoleo misterioso nel quale sarebbe meglio non entrare.
“FISCHIA E IO VERRÒ DA TE” narra di un fischietto capace di evocare mostri e demoni.
Le splendide illustrazioni di Fouad Mezher, Alisdair Wood, George Kambadais, Abigail Larson e Al Davison costituiscono il valore aggiunto del volume.
COSA MI È PIACIUTO
Adoro la letteratura gotica e, in particolare, le storie di fantasmi. Quelle di M. R. James mi hanno sempre affascinata per le ambientazioni cupe e le vicende oscure che le caratterizzano.
COSA NON MI È PIACIUTO
Purtroppo l’età avanza e ho avuto un po’ di difficoltà a leggere le vignette di alcune tavole.
L’AUTORE
M. R. James (1862-1936) è stato uno scrittore e studioso medievale, ricordato soprattutto per le sue storie di fantasmi che sono considerate tra le migliori del genere. I racconti di M. R. James continuano ad influenzare molti dei grandi scrittori di oggi, tra cui Stephen King (che discute di James nel libro di saggistica del Danse Macabre, 1981) e Ramsey Campbell.
LA CASA EDITRICE
I libri di Pelledoca editore vogliono raccontare storie belle, forti e particolari. Storie da brivido, capaci di tenere il lettore con il fiato sospeso e gli occhi incollati alla pagina. La casa editrice ha fatto una scelta precisa, decidendo di occuparsi solo di thriller, noir e mistero. Chi scrive per Pelledoca accompagna i lettori, soprattutto i più giovani, in un mondo narrativo di intrighi in cui si muovono personaggi equivoci, vittime e carnefici, ma anche astuti eroi.
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LA VALLE CHE SALVA I LIBRI DAL MACERO
Salvare i libri dalla discarica, in un periodo in cui la carta rischia di essere sostituita dal digitale e la cultura sembra essere sempre più volatile.
Un’iniziativa nata nelle valli piacentine dove un gruppo di amici appassionati di libri ha deciso di costruire un’alleanza tra territorio e letteratura, creando un percorso che unisce alcuni Comuni della bassa val Trebbia in una filiera di rinascita del libro. Un sentiero dove dare la possibilità ai vecchi libri destinati al macero di tornare a vivere, di essere conosciuti, riscoperti, venduti, trasformati e valorizzati attraverso la nascita di piccole attività artigianali e artistiche di legatoria, grafica, fumetto, disegno e in generale di valorizzazione della cultura e del territorio, per riportare interesse in zone che hanno bisogno di essere ritrovate e non dimenticate, come i libri. Un modo per dare opportunità di lavoro ai giovani ma anche di salvare le collezioni di libri di privati che con le loro donazioni trovano nuovi spazi alternativi al macero.
La rete della ‘Valle dei libri’ è nata ad ottobre e comprende oggi 5 Comuni: Calendasco, Gragnano, Gazzola, Agazzano e Piozzano situati nella Val Luretta, che hanno messo a disposizione spazi e locali dove i libri donati stanno trovando posto. “L’idea è quella di caratterizzare ogni Comune con un genere; per esempio, nel castello di Rivalta confluiranno titoli di arte, architettura, design, a Gragnano, nell’ex cinema, troveranno posto libri di cinema, teatro, musica e danza” racconta Giangiacomo Schiavi, editorialista del Corriere della Sera ideatore del progetto insieme a Lanfranco Vaccari, già direttore del Secolo XIX.
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Fonte: Libertà; con il gentile contributo di Giangiacomo Schiavi; foto di Bsr Gulluk
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Quando si è giovani può succedere che all’inizio dell’amore s’incontri la gelosia; certo si può essere felici nella gelosia, e proprio per causa sua. Il dolore ci rende non meno felici della gioia. Non si riesce quasi a distinguere la felicità dal dolore. La vera capacità di distinguerli viene soltanto molto più avanti negli anni. E a quel puto siamo già troppo deboli per evitare il dolore e godere della felicità.
Joseph Roth – Confessione di un assassino
Ph Peter Lindbergh
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https://notizieoggi2023.blogspot.com/2024/02/la-poesia-deve-alzare-le-proprie.html La poesia deve alzare le proprie barricate contro l'invasione dell'antiumanesimo Soltanto chi come me, o come qualcuno dei miei lettori, ama davvero la letteratura si rende conto, senza ipocrisia, che nella società odierna e per le attuali classi dirigenti la letteratura è diventata un impiccio, un residuato, qualcosa da portare in cantina a riempirsi di polvere. Oggi è, o sembra, tutto finito. Inutile ricordare agli uomini della politica e dell'economia, qualunque sia il loro colore politico, che se l'Italia non è rimasta una espressione geografica, ed è nata in quanto entità storica e statuale è stato soprattutto perché l'hanno sognata, preconizzata, amata i poeti, da Dante a Petrarca, da Foscolo a Manzoni al giovane Leopardi, da Carducci a D'Annunzio, da Ungaretti a Pasolini. Inutile ricordare che l'Italia è prima di tutto la sua lingua meravigliosa e dorata, è il suo patrimonio inesauribile d'anima, d'arte, di poesia, di musica. Sembra che sia chiaro soltanto tra i pochissimi grandi uomini rimasti in Italia, penso a Riccardo Muti. Sono venuti in odio i modelli eccellenti, erosi da un falso egualitarismo straccione, e dal dominio dei social, dove «uno vale uno» e il primo pirla può impunemente apostrofare un premio Nobel: fenomeno che condannò anche Umberto Eco, non sospettabile certo di simpatie per gli «apocalittici» nemici della modernità. La scuola, disastrata in maniera equanime da governi di sinistra e di destra sino all'abominio grillino dei banchi a rotelle, ha ridotto lo studio della letteratura a pochi autori, spesso soltanto del Novecento, ignorando i classici e il loro splendore e, di fronte ad ancora tanti bravissimi insegnanti, c'è sempre qualcuno (a volte ministri come il non rimpianto Franceschini) che preme per dare più spazio a fumettisti, saltimbanchi, cuochi, comici, rapper, trapper, cantautori, dj, influencer: seguendo pedissequamente ogni moda. Si è inventato il binomio scuola lavoro, come se l'insegnamento invece di formare prima di tutto esseri umani nella loro interezza dovesse formare pizzaioli, con tutto il rispetto per la categoria. Il lavoro della scuola era far crescere il sapere e l'anima del ragazzo, la sua comprensione di se stesso, della società, della storia, del mondo. E niente poteva farlo meglio di quell'antico ma sempre nuovo sistema di conoscenza che è la Letteratura. Niente formava di più e più in profondità che leggere poesie e romanzi, grandi strumenti di educazione al destino. Niente formava di più che il pensiero dei grandi, da Machiavelli a Galileo, da Vico a De Sanctis. Intendiamoci, non è che oggi non ci siano più quelli che scrivono poesie e romanzi. Ormai il 90 per cento degli italiani ha pubblicato un romanzo, i social diffondono a piene mani poesia, e chiamano poesia anche ogni incolpevole vagito e belato sentimentale. Ci sono in giro migliaia di sedicenti autori che scrivono tutti allo stesso modo, carino e insignificante, quasi sempre lontani da ogni scossa metafisica, da ogni senso del mistero, da ogni empito fantastico, e riducono il romanzo a qualche bella frase, a qualche trovata, o a tanto lacrimoso patetismo autobiografico. Eppure in questo mare magnum, dove nessuno distingue più niente da niente, ci sono ancora libri appassionanti e autori veri. Fiorisce la letteratura di genere, dove almeno persistono i temi eterni del male, della giustizia, della verità, e che il mercato premia (cosa che è vano vituperare): io leggo con piacere per esempio Donato Carrisi, e quando mi è capitato di conversare con Maurizio De Giovanni ho toccato con lui temi a me cari come il mito con più vivacità che con autori snobbetti e un po' premiati, magari usciti dalla celebratissima scuola Holden. Poeti veri e grandi, penso ad esempio a Milo De Angelis, esistono ancora. E ogni giorno ricevo testi di giovani che credono nella poesia e scrivono in cerca di nuove forme del vivere e di assoluto. Scrittori di alta qualità ci sono, Sandro Veronesi, Antonio Scurati, Eraldo Affinati, per esempio. E ci sono i critici, penso a Giorgio Ficara, a Alfonso Berardinelli, a Massimo Onofri, a Silvio Perrella, per altro saggisti e scrittori in proprio: ma esiste sempre di meno lo spazio editoriale e istituzionale per esercitare l'importantissimo compito della critica, vagliare la produzione letteraria, individuare i valori più forti, non transeunti, seguire gli autori, sostenere una tendenza. Oggi tutto è effimero, volatile, virtuale. Leggero: ma non si dica con criminale menzogna che è la leggerezza di Italo Calvino: tutt'al più è quella di Luciana Littizzetto. A cui preferisco le giovani tiktoker, che quando cinguettano innamorate di un titolo possono anche riservare sorprese, magari stanno rileggendo e rinverdendo un classico... Il vuoto è prima di tutto un vuoto sociale, culturale, spirituale. Ed è da connettersi al crollo dell'umanesimo, che dalla Firenze del Rinascimento sino all'esistenzialismo di Sartre e di Camus aveva innervato la cultura europea. Per molti esponenti del mondo intellettuale l'essere umano non è più al centro della società, l'essere umano intero, in carne ed ossa, con i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue debolezze, la sua follia, la sua capacità di ribellione, di autodeterminazione del proprio futuro. Ed è caduto a picco il senso della Tradizione, che è da modaioli imbecilli vedere come passato e polvere, mentre è conoscenza attiva e critica delle radici e insieme forza propulsiva per proseguire nella costruzione di una civiltà. La letteratura è stata a lungo il midollo spinale (l'espressione è di Jacques Attali) di una Nazione. E certamente di quella Europa che per primo Victor Hugo sognò come «Stati Uniti d'Europa». Senza letteratura, senza poesia, senza il primato dello spirito si configura una società non liquida, come vuole una celebre definizione sociologica, ma smidollata, un'Europa vaso di coccio tra le Potenze del nuovo ordine mondiale, prona di fronte alle insidiose idiozie nichiliste della cosiddetta cancel culture che ha soffiato dall'America in questi anni e alla fine si è rivelata una cultura della cancellazione, o del tentativo di cancellazione, guarda caso, proprio della parte gloriosa della cultura europea, oggi indifesa, incapace di reagire, di ritrovare l'orgoglio e l'amore di se stessa. Per la prima volta nella storia dell'umanità al vertice dei valori, come potere assoluto e incontestabile, è rimasta l'economia, declinata come finanza e profitto. E per la prima volta nella storia dell'umanità tutto il resto viene considerato un ingombro, qualcosa di attardato e inutile: il sacro, l'ideale, la gratuità, il valore, l'onore, la bellezza spirituale, la ribellione: il tesoro millenario della letteratura, da Omero a Borges. Il primato totalitario del profitto non ha niente a che fare col liberalismo che conosco io, quello di Benedetto Croce, Panfilo Gentile, Salvador De Madariaga. È in realtà un feticcio, un idolo, un Vitello d'Oro senza nessun Mosè in vista pronto ad abbatterlo: una irresistibile forza disumanizzante. Il pericolo, senza un nuovo umanesimo per il XXI secolo, è che si corra verso un'era di uomini-macchina, in balia di piccoli desideri indotti dalla pubblicità (e non so ancora per quanto dai miserabili imbonitori elettronici detti influencer), un'era di esseri privi di carne, di anima, di sesso, di radici, di sogni, vacui consumatori di tempo libero, prodotti deperibili e altrettanto deperibili ideologie. Uno strumento di opposizione, di resistenza e forse di contrattacco rispetto alle forze dell'antiumanesimo è la voce legislatrice (anche se mai riconosciuta come tale) della poesia, quell'antico e attualissimo sistema di conoscenza dell'anima e dell'universo che chiamiamo letteratura. Per questo nel disegno dei dominatori tecnologici ed economici del mondo poesia e letteratura non devono valere più niente, non devono avere spazio né ascolto. O, come ho appreso interrogando Chat GPT, opere poetiche e narrative potranno essere prodotte, pulite e anestetizzate, dalla IA, «assolutamente sì». Non so se un disegno così riuscirà. Dico soltanto che se riuscirà, quando saranno abbattute le statue di Virgilio, Dante, Shakespeare, Michelangelo, Goethe, Beethoven, Voltaire, Tolstoj la civiltà europea sarà finita. A me questo disegno non piace, e sono disposto, cari lettori, ad avversarlo sino all'ultimo sangue. All'ultima pagina.
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Tutti conoscete la storia di Romeo e Giulietta scritta da William Shakespeare.
Ma conoscete anche la storia di Diego Martinez Marcilla e Isabel Segura?
Vi ho riassunto i fatti in un racconto.
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L'abbraccio eterno
C'era una volta, nelle strette vie di Teruel, una storia d'amore così profonda da sfidare il tempo e le convenzioni. Diego Martinez Marcilla e Isabel Segura, due anime legate fin dall'infanzia, sperimentarono la magia dell'amore puro, nonostante le barriere sociali e le rivalità familiari che li separavano.
Le strade tortuose di Teruel sono state testimoni del loro affetto segreto, ma quando i due giovani sono cresciuti, le loro speranze di matrimonio si sono infrante a causa di fredde decisioni familiari. Il padre di Isabel, che temeva per il futuro della figlia, negò loro il diritto di sposarsi. Disperati, Diego e Isabel escogitarono un piano. Isabel si fece promettere dal padre di aspettare Diego per cinque anni, dopodiché si sarebbe sottomessa alla volontà paterna. Diego, nel frattempo, parte per cercare fortuna altrove, lontano da Teruel.
Con il cuore pieno di speranza e l'amore come bussola, Diego si mette in viaggio verso una terra sconosciuta, lasciando Isabel con la promessa di un ritorno. Nel silenzio di Teruel, tra le vecchie pietre e il sussurro del vento, Isabel mantiene viva la fiamma del suo amore e conta i giorni, le settimane e gli anni di attesa.
Ma il tempo è un padrone crudele e, con l'alternarsi delle stagioni, le speranze di Isabel si affievoliscono. Passarono cinque anni e quando Diego tornò a Teruel, l'agonia del destino si abbatté su di lei. Un giorno, un solo giorno, separava il suo ritorno dall'accordo che aveva preso con il padre di Isabel. Il passato si scontrò con il presente e le lacrime di Diego scavarono solchi di disperazione sul suo volto.
Nella penombra della sera, Diego bussò alla porta di Isabel, con il cuore gonfio di preoccupazione e di speranza. La porta si aprì scricchiolando, rivelando Isabel, che ora era la moglie di un altro uomo a cui il destino e la volontà di suo padre avevano teso una mano. Nel silenzio carico di emozioni, passato e presente si scontrarono in uno sguardo.
"Diego..." sussurrò Isabel, il suo nome un gemito sommesso tra le pareti che un tempo avevano conosciuto solo il suo amore.
Diego si inginocchiò ai piedi di Isabel e implorò un bacio d'addio, una carezza dell'ultimo amore che lo avrebbe portato via per sempre. Il cuore di Isabel era combattuto tra il suo dovere e il suo amore, tra il passato e il presente, tra Diego e i suoi voti.
Con un sospiro tremante, Isabel distolse lo sguardo da Diego e rifiutò quel bacio che sarebbe potuto durare per sempre. In preda a una profonda disperazione, Diego si accasciò davanti a Isabel, con l'anima lacerata dal crudele decreto dell'amore. In questo momento di dolore e disperazione, Diego morì tra le braccia di Isabel.
Al funerale di Diego, Isabel, tormentata dal rimorso, dal lutto e dal dolore, non riuscì a sopportare il peso del suo amore incompiuto. La sua anima si frantumò come un vaso di cristallo rovesciato, lasciando il suo corpo senza vita accasciato davanti alla tomba di Diego.
I cittadini di Teruel, che avevano assistito alla nascita e alla fine di un amore senza tempo e senza confini, sapevano che c'era un solo modo per unire per sempre questi spiriti tormentati. Così i due amanti furono sepolti insieme, le loro anime finalmente libere di amarsi oltre i confini del tempo e dello spazio, nell'eternità dell'amore.
- R. -
Link alla versione video:
https://youtu.be/S4fqh6WoQGw
Questo è l'antefatto della storia
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Amanti_di_Teruel
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Forse… di Islamjonova Mohichehra: un viaggio poetico tra sogni e realtà. Recensione di Alessandria today
La delicatezza dell'anima: la poesia di Mohichehra Islamjonova
La delicatezza dell’anima: la poesia di Mohichehra Islamjonova La poesia Forse… di Mohichehra Islamjonova è un’intensa esplorazione dell’animo umano, un intreccio di dubbi, speranze e riflessioni che catturano l’essenza delle nostre aspirazioni e paure più profonde. Con un linguaggio evocativo e un ritmo coinvolgente, la poetessa ci conduce in un viaggio emozionale, svelando le fragilità e la…
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La mia top ten dei classici della letteratura mondiale
Era un po' che ci pensavo. In questa era di TIKTOK i nostri giovani leggono gli stessi classici della letteratura che abbiamo letto noi, oppure sono ormai finiti nel dimenticatoio? Mi sono posta questa domanda e molte altre simili e ho deciso che era il caso di rimboccarsi le maniche e mettersi a parlare anche dei classici di cui di solito non parlo perchè do' per scontato che tutti già li conoscano o li abbiano addirittura letti a scuola. Ma visto che temo non sia più così e credo sia meglio rinfrescare la memoria a qualcuno o farli proprio conoscere a chi magari non li ha mai neppure sentiti nominare attraverso un aserie di video e post.
Iniziamo a parlarne molto in generale con un classico del mio blog, la mia lista di preferiti, la mia top ten dei classici della letteraura mondiale. A cui seguiranno liste più specifiche divise geograficamente.
Naturalmente come al solito è una lista estremamente soggettiva che riguarda me, perciò siete liberissimi di aggiungere nei commenti i vostri preferiti in questa categoria:
Guerra e Pace, di Lev Tolstoj
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Trama: In questa celeberrima opera si fondono due narrazioni: da una parte, i grandi avvenimenti storici che travolsero la Russia all'inizio del XIX secolo; dall'altra, le vicende delle due famiglie dei Bolkonskij e dei Rostov, unite dalla figura del conte. In tutto il romanzo emerge chiaro il pensiero di Tolstoj, per il quale non sono gli eroi, i generali e i re a fare la storia, ma le grandi masse, con le loro paure, le loro sofferenze e le loro speranze. La storia è infatti una successione inarrestabile di eventi che il singolo non può modificare. L'autore è abilissimo nel descrivere l'identità psicologica dei personaggi: dal principe Andrej, altero e deluso dalla vita, alla bella Nataša, vivace e affascinante, al conte Pierre, fragile e tormentato, ma le loro vicende non avrebbero senso senza il racconto della storia del popolo russo, di cui essi divengono dei simboli. In "Guerra e pace" sembra che i veri protagonisti siano proprio lo scorrere del tempo e l'avvicendarsi ineluttabile degli eventi, che rendono questo capolavoro della letteratura quasi un poema epico.
La mia opinione: se stupisco qualcuno con questo primo posto mi dispiace perchè secondo me questo è un classico imprenscindibile, un romanzo storico che veramente contiene tutto e scavalca tutti i sottogeneri del romanzo storico perchè li comprende tutti. E' la storia di una guerra, di un'epoca, di due famiglie, di un popolo, di una nazione, dell'Europa, di personaggi indimenticabili. Ha tutto perciò come non mettterlo al primo posto?
2. Il Conte di Montecristo, di Alexandre Dumas
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Trama: Nel febbraio del 1815, a Marsiglia, il marinaio Edmond Dantès viene falsamente accusato di bonapartismo e arrestato nel giorno delle nozze, alle soglie di una brillante carriera navale. Durante la prigionia nel castello d'If, uno scoglio in mezzo al mare, affina un odio feroce per gli autori della sua rovina e, quando l'amicizia con un altro prigioniero gli procura l'evasione nonché un favoloso tesoro, ne farà lo strumento di una vendetta grandiosa e spietata.
La mia opinione: come non amare Dumas? Io adoro tutti i suoi romanzi, come scrive, le sue trame, erano già dei film su carta prima delle loro trasposizioni cinematografiche. Avventura, intrigo, insomma il padre di D'Artagnan, La maschera di ferro e Robin Hood non ha bisogno di presentazioni.
3. Umiliati e offesi, di Fedor Dostoevskij
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Trama: Fra le strade di Pietroburgo, nelle fredde prospettive della capitale, si incrociano le vicende di esseri umani in lenta rovina. La famiglia Ichmenev, amministratrice dei terreni del principe Valkovskij, viene allontanata dalla casa familiare a causa dell'amore sorto fra la giovane Natasha e il figlio del principe, l'ingenuo Alesa, ed è costretta a trasferirsi nella capitale; qui si muove anche Nelly, orfana poco più che bambina, che ha assistito impotente alla malattia della madre e all'indifferenza del nonno. Ivan Petrovic, studente e scrittore, ritratto di un Dostoevskij ventenne, è testimone protagonista: innamorato di Natasha sin da bambino, la aiuta nella fuga d'amore con Alesa, e decide di adottare Nelly per sottrarla agli abusi e alla mendicità. In "Umiliati e offesi", uno dei primi romanzi di Dostoevskij, emergono da una nebulosità ancora diffusa i personaggi e le situazioni che saranno propri del grande scrittore: i tormenti e l'amore, i personaggi candidi, l'indagine e la comprensione dell'animo umano.
La mia opinione: non ricordo nemmeno più perchè comprai questo romanzo, forse perchè visto che non avevo amato Delitto e Castigo, mi rifiutavo di non riuscire ad apprezzare un opera di questo scrittore così osannato da tutti e infatti Umiliati e Offesi mi piacque molto di più. E' un opera ottimista? No. E' molto triste e malinconica? Sì. Ma al contempo il fatto che al centro del romazo ci siano i rapporti famigliari, in particolar modo padre/figlia la rende per me più capibile a molti livelli. Poi il quadro storico è stupendo, i personaggi ben delineati. E' un romanzo forse poco nominato di Dostoevskij, ma che per la mia formazione è stato importante.
4. Orgoglio e pregiudizio, di Jane Austen
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Trama: I Bennet sono una famiglia rispettabile, ma non agiata, che vive nell'Hertfordshire, composta dai genitori e da cinque sorelle: Jane, Elisabeth, Mary, Catherine e Lydia. La signora Bennet è una donna frivola e dal comportamento spesso imbarazzante, il cui unico scopo nella vita è quello di trovare un buon marito alle proprie figlie. Quando il ricco Charles Bingley si trasferisce vicino alla tenuta dei Bennet con le due sorelle e l'amico Darcy, si verificano cambiamenti importanti.
La mia opinione: vi ho già parlato di questo libro in quasi ogni mia lista, un romanzo che ha segnato la storia del romanzo e del romanzo femminile in particolare, una bella storia raccontata con garbo e arguzia e che per questo è rimasta nei nostri cuori senza tempo, sempre attuale. La si può traslare in qualsiasi epoca questa trama e funziona sempre
5. Il visconte dimezzato, di Italo Calvino
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Trama: La bizzarra storia del visconte Medardo di Terralba che, colpito al petto da una cannonata turca, torna a casa diviso in due metà (una cattiva, malvagia, prepotente, ma dotata di inaspettate doti di umorismo e realismo, l'altra gentile, altruista, buona, o meglio "buonista"). "Tutti ci sentiamo in qualche modo incompleti" disse Calvino in un'intervista "tutti realizziamo una parte di noi stessi e non l'altra.
La mia opinione: altro classico della mia infanzia e lettura scolastica, divetente, piacevole e molto più profondo diq uello che sembra se lo si analizza.
6. Il signore degli anelli, di Tolkien
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Trama: La Compagnia dell'Anello si apre nella Contea, un idilliaco paese agricolo dove vivono gli Hobbit, piccoli esseri lieti, saggi e longevi. La quiete è turbata dall'arrivo dello stregone Gandalf, che convince Frodo a partire per il paese delle tenebre, Mordor, dove dovrà gettare nelle fiamme del Monte Fato il terribile Anello del Potere, giunto nelle sue mani per una serie di incredibili circostanze. Un gruppo di hobbit lo accompagna e strada facendo si aggiungono alla banda l'elfo, il nano e alcuni uomini, tutti uniti nella lotta contro il Male. La Compagnia affronta un cammino lungo e pericoloso, finché i suoi membri si disperdono, minacciati da forze oscure, mentre la meta sembra allontanarsi sempre di più.
La mia opinione: nelle mie liste dedicati ai classici della lettteartura cercherò di non citare romanzi di generi specifici come il fantasy o la fantascienza, ma per lui faccio un'eccezione.
7. L'antologia di Spoon River, di Edgar Lee Masters
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Trama: «Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley, / il debole di volontà, il forte di braccia, il buffone, il beone, il rissoso? / Tutti, tutti dormono sulla collina». L'autore dei versi, un avvocato del Kansas, compose il documento forse più completo, realistico e lirico sulla vita nella provincia americana di fine Ottocento, testimoniata dagli abitanti defunti del paesino di Spoon River. Con distacco, con passione, con ironia, con rabbia, si presentano su un palcoscenico ideale e raccontano la propria storia. La poesia nuova di Masters, asciutta, limpida, forte, procede nel racconto come una lente d'ingrandimento che rivela anche gli inganni meglio dissimulati, le frodi, le ipocrisie. O i desideri e la bellezza di uomini e donne cui la società negò ogni riconoscimento.
La mia opinione: opera che forse non molti conoscono estremamente d'impatto che ha un posto speciale tra le mie letture. racconta la vita e la sua caducità in sintesi senza fronzoli.
8. L'Orlando furioso, di Ludovico Ariosto
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Trama: Poema cavalleresco di travolgente intensità narrativa e inimitabile equilibrio formale, l'Orlando furioso ha attraversato ogni epoca e stagione letteraria senza smettere di incantare i propri lettori. Ideale prosecuzione dell'Orlando innamorato, il Furioso porta ai massimi sviluppi la ricca sostanza umana e artistica dell'opera boiardesca: il conflitto tra le forze cristiane e quelle musulmane, l'amore non corrisposto del paladino Orlando per la principessa Angelica, la travagliata unione dinastica tra Ruggiero e Bradamante. Ma nel poema dell'Ariosto gli ideali della società cortese si separano definitivamente dalla realtà, segnata da quell'irrazionale intrico delle passioni che sarà raffigurato nella forsennata giostra dei cavalieri. Una tensione drammatica dietro cui si cela l'amara consapevolezza della crisi dei valori su cui si fondava l'utopia della civiltà umanistica.
La mia opinione: in teoria andrebbe studiato a scuola, ma in realtà già quando io andavo allae superiori veniva trattato molto in fretta per potersi dedicare maggiormente ad altri autori italiani ed è un vero peccato. In realtà è un'opera che meriterebbe la stessa analisi accurata che i programmi scolastici dedicano a Dante e Manzoni eppure non è mai così. Quindi perchè non leggerla nel tempo libero come romanzo di storie cavalleresche e cortesi? Tutte le edizioni pubblicate sono ben commentate in modo che chiunque possa leggerla e capirla senza problemi.
9. Miseria e Nobiltà, di E. Scarpetta
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Trama: La commedia ha come protagonista Felice Sciosciammocca, celebre maschera di Eduardo Scarpetta, e la trama gira attorno all'amore del giovane nobile Eugenio per Gemma, figlia di Gaetano, un cuoco arricchito. Il ragazzo è però ostacolato dal padre, il marchese Favetti, che è contro il matrimonio del figlio per via del fatto che Gemma è la figlia di un cuoco. Eugenio si rivolge quindi allo scrivano Felice per trovare una soluzione. Felice e Pasquale, un altro spiantato, assieme alle rispettive famiglie, si introdurranno a casa del cuoco fingendosi i parenti nobili di Eugenio. La situazione si ingarbuglia poiché anche il vero Marchese Favetti è innamorato della ragazza, al punto di frequentarne la casa sotto le mentite spoglie di Don Bebè. Il figlio, scopertolo e minacciatolo di rivelare la verità, lo costringerà a dare il suo consenso per le nozze.
La mia opinione: per quanto mi riguarda le opere teatrali, Shakespeare docet, sono opere letterarie valide quanto le altre e alla stessa altezza, quindi ne vedrete comparire molte nelle mie liste. Questa l'avrò rilettta cento volte e ogni volta mi fa ridere. Un classico.
10. La bisbetica domata, di Shakespeare
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Trama: Petruccio è un avventuriero che parte da Verona e va a cercare fortuna a Padova. È un maschio giovane, forte e avvenente, assai dotato, e ha quella libertà di movimento che agli uomini è pienamente concessa nell'Italia immaginata da Shakespeare – così come nella sua Inghilterra. E quale modo migliore di fare fortuna se non trovare moglie? Moglie vuol dire dote. Anche se brutta come il peccato, o scontrosa come la proverbiale Santippe, la donna assolverà comunque al suo compito, se il padre-padrone com'è suo dovere la consegnerà al futuro sposo coprendola d'oro il giorno del matrimonio. È così che il giovane Petruccio s'imbatte nella giovane Caterina, la quale non sarà brutta, ma senz'altro è la più scorbutica delle spose. Caterina è la sorella ribelle dell'angelica Bianca, che tutti vorrebbero in moglie, ma che non potrà sposarsi, se il padre non si sarà prima liberato di quella gattaccia selvatica che è Caterina.
La mia opinione: e per concludere ancora teatro, stavolta del grande Shakespeare che non ha bisogno di presentazioni.
Lista come sempre molto soggettiva e riduttiva che rispecchia la mia formazione letteraria e i miei gusti, per fortuna potrò citare molti altri miei classici preferiti nelle altre liste specifiche altrimenti mi sarei sentita troppo in colpa!
Ora sono curiosa di conoscere i vostri classici delle letteratura preferiti, lasciatemeli nei commenti.
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Di libri, cultura, turismo di massa e letture nel “Bel Paese”
Per quel che ci riguarda, siamo cresciuti con dei genitori che hanno tentato invano di spegnerci la Playstation e metterci in mano qualche libro di Calvino o di Jules Verne. Volevano che leggessimo, quei pazzi. A quei tempi eravamo ancora sani di mente e ci facevano schifo i libri, perché ci ricordavano la scuola, le istituzioni, le regole, la pazienza, e credevamo che ci arricchissero, che avessero una qualche utilità morale, che ci rendessero persone migliori: questa è l’impalcatura retorica che ha costruito l’industria culturale per venderti la sua paccottiglia letteraria. Ma in piena pubertà tutto ciò che ti fa bene ti ripugna, la scuola è una prigione e tu vorresti soltanto dilapidarti invece di arricchirti, fare del tuo corpo una macchina da scontro. Scontrarti con qualsiasi cosa, sentire che suono fa la vita quanto ti sbatte addosso e sei indifeso. E quando non si poteva uscire in strada, Call of duty era meglio dei libri come simulazione. Almeno era quello che credevamo, fortunatamente. Perché poi, più tardi, i libri li abbiamo scoperti sul serio. La pubertà era finita e ormai ci inoltravamo nell’età adulta schivando parecchie letture scolastiche. Ma è stato durante un Natale qualunque, in una di quelle giornate di pioggia dove l’ottundimento che segue alle feste ti ovatta il cervello e le ore sembrano non passare più e non hai voglia di uscire né di guardare un film. È stato allora che abbiamo preso in mano un libro in totale autonomia, disinteressatamente, per la prima volta. Che ci sarà poi di speciale in questi libri? Ci sediamo e cominciamo a sfogliare, poi a leggere, poi ci finiamo dentro, come storditi. Ma che roba è questa? Si apre una porta dentro di noi. Il nostro orizzonte interiore scala di qualche centimetro. C’è più spazio adesso, ci sono più parole, ci sono più mondi, c’è più vita della vita e non si torna più indietro. Se quella porta si apre, se una frase scritta bene è la chiave per la tua serratura, allora è finita. I confini della nostra coscienza cominciano ad espandersi. Sensazione strana, assurda, mai provata prima, quando eravamo costretti nel nostro monolocale, arredato solo da ciò che era immediatamente visibile. Tra gli slogan di Feltrinelli ce n’è uno ispirato a una frase di Umberto Eco: chi non legge vive solo la propria vita, chi legge invece ne vive mille. Quelli di Feltrinelli pensano sia uno slogan carino, lo mettono sui segnalibri, sulle shopper. Gli psichiatri, invece, la chiamano schizofrenia. Nonostante gli operatori del settore culturale, editori, giornalisti, direttori di fiere e festival, caporedattori, critici, editor e via discorrendo, (e i nostri genitori a fare da eco) incentivino i giovani a leggere - convinti che la lettura sia edificante - in realtà non hanno capito che questa attività può degenerare in patologia, portare a disforie mentali, indurre ad allucinazioni, come una droga. Oltre a essere una condotta anti-sociale al massimo (se la Playstation è un’attività che si può svolgere al plurale, leggere si fa sempre al singolare), la lettura è anche pericolosa, la cultura in generale è pericolosa, e oltre ad aver prodotto capolavori assoluti e grandi e lodevoli imprese, ha generato spesso conflitti e catastrofi. È in nome dei libri sacri, come la Torah, la Bibbia o il Corano, che si sono innalzate le chiese più belle ma anche indetti i peggiori massacri della storia. H1tler aveva 16.000 volumi nella sua biblioteca - chissà che l’Istat non lo consideri un lettore forte. Il Manifesto di Marx e Engels, per citare l’esempio più celebre, ha causato rivolte e rivoluzioni. La lettura è una roba da spostati, da deviati mentali. La letteratura stessa ne dà prova. Il Don Chisciotte, infatti, impazzisce per le troppe ore passate sui libri, l’amore folle nutrito dal giovane Werther è alimentato dalle letture dei Canti di Ossian, Madame Bovary viene colpita dal male dell’immaginazione dopo aver passato l’adolescenza tra romanzi dozzinali. Eppure, gli operatori editoriali mettono cuscini, gattine e tisane tra noi e la lettura, conferiscono una qualche utilità morale all’oggetto libro, disinnescando tutto il potenziale eversivo della parola e della cultura in generale. Il Ministero del Turismo con la sua nuova e raccapricciante campagna ideata dal team della Santanché, “Open to meraviglia” è la massima apologia di questa retorica quando apparecchia questa festa di vuoti cliché, riducendo l’Italia all’idea che ne ha un americano medio, banalizzando una storia millenaria. Con quale disinvoltura invitiamo milioni di persone a visitare Chiese dove venivano battezzati uomini pronti a partire per le Crociate in Terra Santa a perpetuare uno sterminio, o a fotografare anfiteatri dove migliaia di schiavi sono stati sbranati da leoni per il puro divertimento della folla? Tutta l’iconografia medievale e rinascimentale che decantiamo e di cui il MT fa il suo core business, ha come temi principali la morte del Cristo, i dolori della Madonna addolorata, la vita degli apostoli e dei santi, spesso morti atrocemente - scuoiati, messi al rogo, sgozzati - e noi scattiamo selfie sullo sfondo di affreschi che immortalano omicidi di tutti i tipi, fratricidi, matricidi, parricidi, convinti che tutto ciò sia in qualche modo educativo. Confondendo la cultura con la bellezza, limitando ogni opera a muta testimonianza del passato, facendo della lettura solo un’attività ricreativa, annientiamo tutta la potenza sovversiva di queste dimensioni. Se diventano edificanti, vuol dire che non ci parlano più, se non riusciamo a inginocchiarci e a piangere di fronte a un cristo di Mantegna, se finito di leggere Dostojevskij non vorremo anche noi uccidere una vecchia ma invece lasciamo una recensione su Amazon, uscendone migliorati, compiaciuti, come se avessimo spuntato in agenda anche questa esperienza fatta, allora la cultura è già villeggiatura, una passeggiata domenicale da fare in ciabatte, un passatempo rilassante, consigliato dal medico o dallo psicologo, puro intrattenimento, riduzione a quello spettacolo che per Debord rappresenta “il brutto sogno della società moderna incatenata, che infine non esprime altro che il suo desiderio di dormire”. Leggere, invece, è un'attività che radicalizza, leggere può far diventare pazzi, leggere porta a compiere anche azioni riprovevoli, leggere non fa bene, non ci migliora, non ci edifica ma ci annienta, può mandare all’aria un’esistenza, può farci innamorare o disamorare, con tutte le sofferenze che questo comporta, può farci partire o restare, creare mondi e distruggerne di altri, può farci vivere da santi o peccatori, e sopprimere una di queste alternative vuol dire mutilare il nostro modo di essere nel mondo, privandoci di vedere il male che c’è nel bene e il bene che c’è nel male. Tutto questo siluro per dire che il potere, così come è sempre accaduto nella storia, dovrebbe temere la cultura e aver paura di chi legge. Mentre noi abbiamo uno Stato, con tutto il suo apparato culturale, che incentiva la lettura. Se lo fa, vuol dire che la parola non ha più peso, che le ideologie sono morte, che non si può più agire sulla realtà e che tutto è già deciso altrove, da una megamacchina tecno-burocratica a cui abbiamo appaltato ogni scelta, e che ha come unico scopo quello di riprodurre se stessa. Noi vorremmo che la parola tornasse ad avere quel peso, quel potere afrodisiaco su individui e collettività, la capacità di modificare destini, di far sollevare i popoli, inaugurare rivoluzioni - senza cui il mondo diventerà uno spazio piatto e indistinto, igienizzato e bonificato dalla dimensione tragica dell’esistenza, dove leggeremo libri scritti da ChatGPT, cercando di capire perché non proviamo più niente.
GOG edizioni https://www.gogedizioni.it/
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Ed eccoci di nuovo qui con la rubrica a cadenza mensile e precisamente l'ultimo giorno di ogni mese, curata dalla nostra utente e amica Valentina Pace
Questa rubrica nasce anche e soprattutto da una riflessione che ci accompagna da un po' di tempo: per una "piccola" biblioteca di un piccolo paese non è sempre facile stare al passo con le richieste, i suggerimenti, le necessità degli utenti e non. Per questo motivo, con l'aiuto di Valentina scopriremo nuovi autori e nuove letture, consigli e spunti di riflessione, insieme a curiosità e notizie sui nostri cari libri. E allora, diamo il benvenuto a questo nuovo spazio culturale dove si viaggerà alla scoperta delle case editrici indipendenti: ʟᴇᴛᴛᴜʀᴇɪɴᴅɪᴇ.
La casa editrice di questo mese è: marcos y marcos
Buona lettura a tutti!
𝕋𝕌𝕋𝕋𝕆 ℚ𝕌𝔼𝕊𝕋𝕆 𝔽𝕌𝕆ℂ𝕆 – 𝔸𝕟𝕘𝕖𝕝𝕖𝕤 ℂ𝕒𝕤𝕠
«Pochi cuori mortali / soffrono in terra come il tuo.»
(Emily Brontë)
Quello delle sorelle Brontë è un caso forse unico nel panorama letterario mondiale. Charlotte, Emily e Anne, tre donne unite da un fortissimo legame di sangue, tutte e tre poetesse e scrittrici, vissute in simbiosi e morte giovanissime, autrici di alcuni tra i più famosi classici della letteratura ottocentesca, sono le protagoniste indiscusse di “Tutto questo fuoco”.
Si tratta di un romanzo in cui Angeles Caso, con amore, ammirazione ed estremo rispetto, racconta la vita familiare delle tre sorelle, ponendo l’accento sul fuoco divorante della creazione letteraria che le ha portate alla fama imperitura.
L’autrice inizia dalla loro infanzia sfortunata: rimaste orfane di madre in giovanissima età, sono state allevate dalla severa quanto amorevole zia Elizabeth e dal padre, il reverendo Patrick Brontë.
Charlotte, la più ambiziosa e determinata, è quella che insegue la fama: vuole che il talento suo e delle sorelle sia noto a tutti.
Emily, la grande poetessa, è timida e riservata al punto da rasentare la maleducazione, ma ha uno spirito indomito e appassionato, e una pienezza emotiva che la spingono a comporre versi di una bellezza incommensurabile. Niente al mondo potrebbe portarla lontano da Haworth e dalla sua amata brughiera. Inoltre, non condivide assolutamente il desiderio di Charlotte di pubblicare i loro scritti.
Anne, la più giovane, dolce e remissiva, desidera soltanto restare a casa con le sorelle piuttosto che lavorare come istitutrice e farsi maltrattare da ragazzini ricchi, ignoranti e viziati.
La Caso racconta gli amori impossibili o sfortunati delle tre giovani donne, il rapporto difficilissimo con il fratello Branwell, ma, soprattutto, permette al lettore di entrare nella canonica di Haworth quando Charlotte, Emily ed Anne, dopo aver terminato tutte le faccende domestiche, possono finalmente riunirsi in salotto, tirare fuori i loro scrittoi, affilare le penne e comporre i loro capolavori.
COSA MI È PIACIUTO
Sono una grande appassionata dei romanzi delle sorelle Brontë e mi sono sempre chiesta come tre giovani donne, cresciute in una canonica in mezzo alla brughiera, in piena età vittoriana, potessero creare dei personaggi complessi e indimenticabili come Jane Eyre, Edward Rochester, Cathy e Heathcliff: finalmente ho trovato la risposta.
COSA NON MI È PIACIUTO
Come sempre quando un libro mi piace enormemente, mi trovo in difficoltà a evidenziarne gli aspetti negativi. Sinceramente, in questo caso, non ne ho trovato nessuno.
L’AUTRICE
Angeles Caso nasce a Gijón nel 1959, figlia di un filologo che dava la buonanotte ai figli con le ballate del Cinquecento. Dopo aver studiato arte e storia moderna, per due anni è il volto di un telegiornale spagnolo, ma non si sente a casa. Torna a dedicarsi alla letteratura a tempo pieno. Alterna il romanzo storico alla fiction, e al centro della sua attenzione c’è sempre il coraggio delle donne. “Controvento”, che racconta la vera storia della sua baby-sitter di Capo Verde, le è valso il premio Planeta. “Tutto questo fuoco” è un omaggio amorevole alla passione inarrestabile delle sorelle Brontë.
LA CASA EDITRICE
Marcos y Marcos più che una casa editrice, in principio era una mansarda a Milano dove Marco Franza e Marco Zapparoli, poco più che ventenni, inventavano, assemblavano e spedivano nel mondo edizioni numerate dai caratteri splendidi e la carta fabbricata a mano. Spesso quei fascicoli esili erano accompagnati da stampe d’artista o riproduzioni di manoscritti originali. Gli autori? Da Mario Luzi a Novalis, da Leonardo da Vinci a Heinrich von Kleist. Il mestiere si imparava strada facendo. Ai tempi, si vendevano meno libri di oggi e la concorrenza era esigua. C’era più tempo per sperimentare e anche per sbagliare. I librini di trenta pagine in un decennio si sono trasformati in una collana “di culto”. Sempre con un occhio ai classici, certo, magari non più così indietro nel tempo.
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ROMEO E GIULIETTA
È tradizione ormai inveterata che tutti i registi teatrali, a cominciare dai più grandi, quando devono cimentarsi con un testo classico del teatro, cerchino nelle loro messe in scena di darne una versione “attualizzata”, cerchino insomma di ambientare l’azione nella contemporaneità. Sono pochi i registi che hanno resistito a questa tentazione. Così anche Mario Martone, uno dei più celebrati registi italiani (non solo teatrale, s’intende), ha ceduto al richiamo del “hic et nunc”, nella sua prima regia per il Piccolo Teatro di Milano, dove ha portato in scena “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare, scritta presumibilmente tra il 1594 e il 1597. L’operazione, come è facilmente immaginabile comporta dei rischi notevolissimi: opere tanto perfette, fatte di equilibri delicati, orditi e trame calibratissime e veicolatrici di messaggi profondi, di morali solenni o di dubbi amletici, se non maneggiate con cura possono trasformarsi in patetiche boiate o ridicole rappresentazioni. Credo si possa dire che Mario Martone abbia superato più che brillantemente la prova che si presentava piuttosto ardua. L’apertura del sipario con il disvelamento della scena, ha subito fatto ben sperare: un colossale intreccio di rami di un gigantesco albero (o forse l’intersecarsi di più alberi), popolato dai protagonisti del dramma shakesperiano, con una carcassa d’auto e altre tipologie di rifiuti urbani, introducono Montecchi e Capuleti, molto più simili a due gang giovanili che non alle due storiche famiglie veronesi. Il rischio era elevato, non v’è dubbio, ma fin dai primi dialoghi, la bellezza del testo (voglio solo ricordare le funamboliche parole di uno strepitoso Mercuzio, (interpretato da Alessandro Bay Rossi), sembra valorizzata da questa ambientazione che, se da un lato propone una bucolica visione naturale, dall’altro sottolinea la crudezza della cultura urbana nella durezza delle dialettiche famigliari, tematica ben presente nel testo di Shakespeare, come sottolinea lo stesso Martone. Anche l’adattamento dell’opera originale, con ampi inserti di frasi e gesti idiomatici della nostra contemporaneità utilizzati da Chiara Lagani, non solo quindi semplice traduttrice, rende il testo agibile al presente. Se sulla trama è inutile indugiare, trattandosi di un capolavoro della letteratura e del teatro, è certamente utile interrogarsi sulla sontuosa scenografia di Margherita Palli. L’imponente albero, che deve molto alle “macchine ronconiane”, quasi un bosco in sospensione, permette agli attori di muoversi ed agire sui giganteschi rami utilizzati come spazi e camminamenti, mettendo quindi la “natura” del sentimento in luogo della “cultura” della città, quella Verona che fa da sfondo alla vicenda dei due giovani innamorati. Un po’ una contraddizione se vogliamo, anche in considerazione del fatto che gli scontri tra i componenti delle due famiglie sono di natura prettamente urbana. Trenta gli attori, quasi tutti giovani o giovanissimi sulla scena, un formicaio brulicante dove su tutti, non potevano che brillare i due eccezionali protagonisti Romeo (Francesco Gheghi) e Giulietta (Anita Serafini, 15 anni). Una recitazione intensa e mai forzata, un mondo d’amore disperato, ma sempre protetto dall’ostile mondo circostante. Allo Streheler di Milano fino al 6 aprile, disponibile per chi non si voglia perdere un “quasi-capolavoro”.
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..... perché tu sappia e non dimentichi mai che una volta tutti sono stati giovani, e quindi capisca che tutti noi prima o poi dobbiamo bruciare, consumarci di passione, di felicità, di gioia, giustizia, desiderio, perché questo è il fuoco che illumina il buio, che tiene a distanza i lupi dell’oblio, che scalda la vita, e affinché tu non dimentichi di vivere, di sentire, non diventi un quadro appeso alla parete, una poltrona in soggiorno, un mobile davanti al televisore, qualcuno incollato allo schermo di un computer, inerte, stordito, indifferente, una marionetta del potere, degli interessi economici, un essere apatico e di poco conto, al massimo il lubrificante di un ingranaggio misterioso. Dobbiamo bruciare, perché il fuoco non si smorzi, non si estingua, non si raffreddi, e il mondo non diventi un luogo gelido, sul lato oscuro della luna.
Jón Kalman Stefánsson - I pesci non hanno gambe
Ph Anders Lindén
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Addio Gian Paolo e Paolino la terra vi sia lieve
Scrivere non e' una cosa semplice.Tradurre in parole, i pensieri e le emozioni e' ancora più difficile.
Lo provo con grande commozione per due grandi veri uomini che ci hanno lasciato, amici con cui ho condiviso la stessa passione per lo sport e in modo particolare il calcio e gli stessi ideali di vita improntati alla generosità e all'altruismo.
Dimenticare Gian Paolo Ormezzano mi sarà difficile, un maestro di giornalismo per avermi trasmesso il verbo scrivere sin dai miei primi articoli da semplice cronista sportivo, così come per Paolino Ghioldi a cui mi ha legato il suo amore per la Pro Patria dove militò nelle squadre giovanili con passione e non pochi sacrifici.
Scompaiono due gentleman, non chiamateli vecchi per le loro 89 e 93 primavere si offenderebbero. loro in primis hanno vissuto la rinascita italiana, ne hanno rappresentato l'immagine con l'apporto della loro prestigiosa personalità, del loro esempio luminoso di uomini, di cittadini di sportivi.
Assieme nelle ovattate atmosfere delle festività natalizie sono dipartiti in serenità accanto ai loro cari con cui hanno condiviso quanto la vita nel bene e nel male riserva.
Assieme ho avuto modo di dialogare dal vivo per l'ultima volta nel 2023, il 21 febbraio in occasione della presentazione del suo ultimo libro "Io c'ero d'avvero". nella conviviale del Panathlon "La Malpensa" con Ormezzano, a novembre in occasione della proiezione del documentario dell'amico D'Angelo sul "Cotonificio di Solbiate" con Ghioldi
Momenti per me' indelebili così come le loro lezioni di vita, frutto di intelligenza e di esperienza insieme non sono mai state impartite , ma discendevano con naturale semplicità dalla forza dell'esempio, per diventare stimolo, incentivo, raziocinio, praticità e, soprattutto, serenità d'animo per superare anche le maggiori delusioni che potessero insorgere.
Ormezzano scrivendo di 25 Olimpiadi e' all'unanimità riconosciuto come uno dei professionalmente più qualificati giornalisti sportivi a livello mondiale, così come per la sua letteratura calcistica legata al Torino Calcio, in modo particolare Il "GRANDE TORINO"; una fede per lui sempre evidenziata anche da Direttore di "TUTTO SPORT", inviato a "LA STAMPA" e collaboratore per oltre mezzo secolo col settimanale "FAMIGLIA CRISTIANA" .
Un giornalismo classico vero il suo, quello dell'andare-vedere-raccontare che in questi ultimi anni ha definito finito perche' soprattutto i giovani lavorano per lo più televisivamente comodi a casa, il viaggio massimo rischia di diventare quello per raggiungere la redazione se, ancora esiste e non e' un ologramma tecnologico.
Nel giornalismo di Ormezzano non c'e' solo sport, ci sono persone che hanno storie da raccontare, ci sono luoghi che parlano grazie a lui.
Come era sempre piacevole sentire Ghioldi raccontare dei suoi trascorsi giovanili in maglia Pro Patria, la vittoria al Torneo di Lugano battendo l'Inter diventando da straccioni per il loro abbigliamento calcistico a campioni con tanto di interessi, senza rimpianti per non aver potuto arrivare al professionismo....chissà senza l'infortunio al ginocchio e il lavoro prioritario per la famiglia in fonderia avrebbe potuto arrivarci con poi la soddisfazione da allenatore nella sua Solbiate formando tanti giovani e l'amicizia con Gigi Radice e l'Invernizzi battuto a Lugano.
Due maestri un unico denominatore due perle da conservare, un ricordo incancellabile per una società e un'Italia cambiata ma deve a loro tanta riconoscenza e gratitudine.
Addio Gian Paolo e Paolino la terra vi sia lieve.
Ottavio Tognola
da Il Calcio E Lo Sport Illustrato Dell'alto Milanese E Valle Olona"
by OTTO 78 foto FILIP 55
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Triptorelina non sicura nell'uso per il cambio di genere
Il parere del Comitato nazionale di bioetica sull’utilizzo dei bloccanti per la pubertà per i minorenni. Dice che servono più studi per capirne meglio gli effetti, ma una parte dei suoi membri si è detta generalmente contraria a queste terapie. Il Comitato nazionale di bioetica (CNB), un organo consultivo del governo che si occupa di questioni scientifiche particolarmente complesse dal punto di vista etico e giuridico, ha consigliato che vengano finanziati più studi clinici indipendenti per raccogliere maggiori dati riguardo agli effetti e al rapporto costi/benefici dei cosiddetti “farmaci bloccanti per la pubertà”, utilizzati nei trattamenti per la disforia di genere nei minorenni che non si identificano col genere corrispondente al proprio sesso biologico. Il Comitato, il cui parere non è vincolante, era stato interpellato dal ministero della Salute perché si esprimesse sull’opportunità o meno, dal punto di vista etico, di somministrare ai minorenni la triptorelina, il farmaco che sospende alcuni aspetti dello sviluppo puberale. I bloccanti della pubertà sono utilizzati in vari paesi, compresa l’Italia, per accompagnare il percorso di adolescenti e preadolescenti che non si sentono a proprio agio nel genere associato al loro sesso biologico. Da alcuni anni però questi farmaci sono al centro di un esteso e acceso dibattito, e di recente sono stati vietati a tempo indeterminato nel Regno Unito, dopo la pubblicazione di un atteso rapporto dal quale emergevano delle lacune nelle conoscenze scientifiche sui loro effetti. Nel parere appena pubblicato (consultabile qui) il Comitato ha detto di essere giunto a queste conclusioni dopo una serie di audizioni con esperti e dopo aver valutato la letteratura scientifica disponibile. Il parere è stato pubblicato con 29 voti favorevoli, 2 astensioni e 1 voto contrario. Quasi all’unanimità, quindi: è un dato notevole, tenendo conto che il Comitato è composto da persone con orientamenti, visioni e livelli di competenza molto diversi, e che il tema è molto divisivo e polarizzante. I dubbi del ministero della Salute riguardavano soprattutto il livello di consapevolezza che persone così giovani hanno nel momento in cui acconsentono a iniziare trattamenti così impattanti sul proprio corpo. A questo proposito, il Comitato ha allegato una dichiarazione di voto firmata da 15 membri che, pur aderendo al parere generale del Comitato sulla necessità di migliorare la nostra comprensione degli effetti dei farmaci bloccanti per la pubertà, si sono detti eticamente contrari a permettere a persone minorenni di intraprendere un percorso di transizione di genere. Secondo i membri del Comitato che hanno sottoscritto questa dichiarazione, «molti dei cambiamenti fisici previsti e intrapresi sono irreversibili, e la compromissione della fertilità risulta spesso inevitabile». Nel parere appena pubblicato, il Comitato ha detto che gli studi da svolgere devono essere «di qualità superiore a quelli già realizzati», che ritiene non adatti a poter rispondere alla domanda rivolta dal governo. Il Comitato ha definito «carenti e frammentari» anche i dati disponibili sull’utilizzo della triptorelina nelle varie Regioni italiane. A tal proposito, il Comitato ha ricordato che il modello di riferimento per gli studi clinici da svolgere è quello dello «studio controllato e randomizzato in doppio cieco». È un tipo di studio in cui i partecipanti vengono assegnati in maniera casuale a due gruppi, il gruppo sperimentale che riceve il trattamento e quello che non lo riceve, per poter confrontare i risultati, e in cui sia gli sperimentatori che i partecipanti non conoscono il tipo di trattamento assegnato. Sono tutti criteri pensati per rendere il più imparziale e obiettiva possibile una sperimentazione, evitando che aspettative consce o inconsce influenzino la sua valutazione. Il Comitato ha inoltre raccomandato che eventuali prescrizioni di questo farmaco vengano effettuate in maniera controllata, possibilmente all’interno di sperimentazioni promosse dallo stesso ministero della Salute, e comunque seguendo gli stessi criteri anche in eventuali prescrizioni esterne alle sperimentazioni cliniche. In linea generale, il Comitato ha detto che l’eventuale somministrazione della triptorelina dovrebbe avvenire solo dopo aver dimostrato l’inefficacia di altri tipi di terapie e percorsi meno impattanti dal punto di vista fisico, per esempio percorsi psicologici, psicoterapeutici o eventualmente psichiatrici, documentando tutti i passaggi del processo decisionale. Come detto il parere del CNB non è vincolante: starà ora al governo decidere se e come far partire e finanziare nuovi studi clinici sull’utilizzo della triptorelina, in maniera da guadagnare le conoscenze necessarie per rispondere alla domanda che aveva rivolto al Comitato. Il Comitato ha accompagnato il proprio parere con due note in cui chi ha votato in maniera contraria e chi si è astenuto ha argomentato le proprie posizioni, e da due dichiarazioni di voto. Nella seconda dichiarazione i 7 membri firmatari hanno enfatizzato l’importanza di acquisire conoscenze sull’utilizzo della triptorelina e di creare strumenti per poter seguire lo sviluppo dei suoi effetti e di quello che si scoprirà in futuro, per esempio attraverso l’istituzione di un registro nazionale centralizzato sul suo utilizzo. Read the full article
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