#ferocia
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All my Spike posting ft my new obsession with the M&L art style and some attempts at some other stuff. So the snifit thing started as a joke (as it always does) and it's entirely @duskblogsthings fault. But it just WORKS and I hate that it does.
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“Gli animali possiedono
la bellezza senza la vanità,
forza senza insolenza,
coraggio senza ferocia e
tutte le virtù dell'uomo
senza i suoi vizi.”
— Arthur Schopenhauer
#bellezza#vanità#senza#forza#insolenza#coraggio#ferocia#virtù#uomo#vizi#frasi e citazioni#frasi#frasi tumblr#frasi vere#frasi animali#arthur schopenhauer
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....sono così quando mi strapazzate le ovaie...Okkio.
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PRIMA PAGINA La Stampa di Oggi domenica, 06 ottobre 2024
#PrimaPagina#lastampa quotidiano#giornale#primepagine#frontpage#nazionali#internazionali#news#inedicola#oggi rozzano#soltanto#violenza#niccolo#solidale#ancora#ricostruire#societa#online#palestra#boom#autodifesa#melissa#soco#domenica#quotidiano#fondato#spedizione#postale#comma#ferocia
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“La ferocia dell’uomo nei confronti del suo simile supera tutto ciò che possono fare gli animali, e che di fronte alla minaccia che essa scaglia sulla natura intera persino gli animali feroci recedono inorriditi”.
(Jacques Lacan, Introduzione teorica alle funzioni della psicoanalisi in criminologia, in Scritti, Einaudi, 1974, Vol. 1, p. 141).
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Nostra Signora dei Lupi di Thomas Gilbert: Una Storia di Misticismo e Terrore nel Medioevo. Recensione di Alessandria today
Il nuovo graphic novel di Thomas Gilbert, un noir storico che esplora la brutalità dell’uomo in un’Europa medievale immersa nella superstizione
Il nuovo graphic novel di Thomas Gilbert, un noir storico che esplora la brutalità dell’uomo in un’Europa medievale immersa nella superstizione. Nostra Signora dei Lupi è il più recente lavoro di Thomas Gilbert, un autore che ha già affascinato i lettori con Le figlie di Salem e Corpi alchemici. Questa graphic novel rappresenta l’ultimo capitolo di una trilogia dedicata alla violenza e…
#Atmosfere Cupe#bambini scomparsi#Brunilde#copertina evocativa#credenze pagane#crimini nei boschi#critica sociale#crudeltà religiosa#cultura pagana#Diabolo Edizioni#disegni dettagliati#Europa medievale#ferocia dell’uomo#Francia medievale#graphic novel#graphic novel di culto#graphic novel intensa#graphic novel misticismo#guida di lupi#indagine pericolosa#Ingiustizia#lotta contro il pregiudizio#Medioevo#mistero medievale#mitologia e storia#narrativa illustrata#narrativa misticismo#natura e uomo#natura selvaggia#noir storico
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Ramadan a Gaza oscurato dalla ferocia israeliana
a cura della Redazione 15/03/2024 La tragica situazione e la sofferenza inimmaginabile del popolo palestinese nella Striscia di Gaza, sono state ulteriormente evidenziate con l’inizio del mese sacro musulmano del Ramadan. Ogni anno gli abitanti di Gaza si preparano al mese di digiuno con festeggiamenti, decorazioni, luci e lanterne nelle strade, nei mercati e nelle moschee. Ma quest’anno è…
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Good Omens Ficlet /// IV
°°°
Il punto di rottura era arrivato con una tazza di tè.
O piuttosto, con la sua assenza.
Non era possibile registrare il passaggio del tempo nel biancore glaciale del Paradiso, nelle lustre prospettive vuote che si spandevano a perdita d'occhio e che pungevano Aziraphale con un disagio sottile come un ago.
Dunque non aveva precisa contezza di quanto tempo fosse trascorso, dall'ultima volta che aveva potuto bere una tazza di tè in pace.
La maggior parte del tempo lo aveva passato trincerato negli archivi.
Data la sua prolungata missione sulla Terra, aveva molto da recuperare. Millenni di rapporti arretrati, di progetti da consultare, piani da rivedere.
Pazienza se in realtà, al contrario del mondo materiale, quello etereo non era effettivamente cambiato in nulla negli ultimi seimila anni.
Gli era sembrata una buona scusa per prendere tempo e restare da solo, mentre cercava di riprendere dominio di sé. C'era anche una sorta di ironica, amara simmetria, nell'approfittare della scrivania vacante di Muriel mentre lei si trovava nel suo negozio. Ma questo era un dettaglio su cui Aziraphale non si soffermava.
Il pensiero della libreria riapriva uno squarcio su ciò che era accaduto negli ultimi istanti prima di lasciare Londra.
Appena era arrivato, Aziraphale aveva cercato di tenersi nei pressi della grande riproduzione del globo terrestre fatta per monitorare gli avvenimenti sulla Terra. Poter alzare gli occhi e vederla lì, a ruotare pigramente sul proprio asse, gli dava l'illusione di mantenere un punto di contatto; di non aver ancora reciso tutti i legami.
Ma vedere i giorni passare una inesorabile rotazione dopo l'altra, solo per avere un tuffo al cuore ogni volta che il sole toccava le Isole Britanniche, gli era diventato presto insopportabile.
Aziraphale aveva cercato l'unico rifugio che le sale sconfinate del Paradiso potessero offrirgli: i libri. E i libri non l'avevano tradito.
Aziraphale vi si era buttato a capofitto, divorando con la medesima avidità interminabili verbali e rapporti di cancelleria, inventari, copie di dispacci e resoconti di riunioni avvenute migliaia di anni prima.
...Sapeva che negli archivi dovevano essere contenuti in bell'ordine, opportunamente editati e confezionati ad usum Paradisi, anche tutti i suoi rapporti ufficiali. Aziraphale non li aveva cercati.
Aveva letto ininterrottamente finché tutte le parole avevano cominciato ad appiattirsi in un unico rumore bianco; e anche dopo, aveva continuato a leggere.
A un certo momento, tuttavia, aveva cominciato a desiderare una tazza di tè.
Non che Aziraphale avesse sete; nè che sentisse freddo. Non esattamente. In Paradiso non esisteva nessuna delle due cose.
Ma a un certo punto, mentre era immerso nella lettura di un rapporto relativo alle operazioni di ripristino post - diluvio, la sua concentrazione aveva iniziato a mostrare delle crepe. La prima cosa abbastanza piccola da insinuarsi in quelle crepe era stata la voglia di bere una tazza di tè.
Naturalmente, in Paradiso era impossibile trovare qualcosa del genere.
Non c'era nulla di materiale, niente che fosse cresciuto dalla terra, avesse assorbito la pioggia o fosse maturato al sole; niente che potesse consumarsi, alterarsi, o corrompersi. Crescere.
Il suo piccolo desiderio di un tè caldo, però, rifiutava di farsi ignorare. Aziraphale aveva provato a dirottare il pensiero con altre distrazioni.
Si era allontanato dalla scrivania per camminare un po'; ma la deprimente teoria di luci bianche tutte uguali glie ne aveva tolto presto la voglia.
Aziraphale conosceva a memoria migliaia di poesie. Un tempo, ripetersele a mente gli teneva compagnia. Adesso, però, ciascuna gli ricordava le pagine delle sue edizioni preferite; quelle riprodotte a stampa; quelle manoscritte; i frammenti conservati su pergamena o arrotolati in antichi fogli di papiro. Ora, ogni verso lo riportava alla libreria. E osì Aziraphale aveva lasciato da parte anche le poesie.
Aveva provato con la musica. Si era messo a canticchiare a mezza voce uno dei suoi brani preferiti di Clara Schumann. "Più sono costretto ad ascoltarti, angelo, e più mi chiedo a chi diamine sia venuto in mente che cantare come un angelo potesse essere un complimento."
Il ricordo trapassò Aziraphale come una scarica elettrica.
Per qualche istante rimase immobile, il tempo di imporre al cuore di smettere di tremare.
Una volta, davanti alla granitica sicurezza di Gabriel, aveva confessato a se stesso di essere troppo tenero. Troppo esitante; troppo molle e insicuro. Era stata un'ammissione di sconfitta, all'epoca. Non era mai potuto essere come gli altri angeli; Aziraphale non avrebbe mai avuto quella risolutezza.
Aziraphale richiuse il volume aperto davanti a sé, e con un gesto lo ripose al suo posto negli archivi. Inspirò profondamente. Il suo cuore ancora non taceva.
"Michael!" chiamò.
La sua voce non aveva il timbro chiaro di un Arcangelo. Non l'avrebbe avuto mai, pensò Aziraphale con un misto indefinibile di frustrazione e indocile orgoglio.
Quando Michael gli si presentò davanti con malcelata insofferenza, Aziraphale lo accolse rivolgendogli il proprio sorriso più soave e impenetrabile.
"A proposito dell'avanzamento delle operazioni," esordì in tono amabile. "Desidero comunicarti che considero conclusa la prima fase istruttoria, qui... nelle retrovie." Fece un cenno col capo simulando soddisfazione. "Per il momento, temo proprio non ci sia nient'altro che mi sia possibile apprendere negli archivi."
Michael rimase in ascolto, ma sentir definire il Paradiso le retrovie non mancò di disegnare una piccola smorfia sul suo volto, e di dare ad Aziraphale un piccolo vendicativo piacere. Raddrizzò la schiena, studiandosi di imitare l'atteggiamento tronfio di Gabriel.
"Perciò, per completare le indagini preliminari," annunciò, "stabilirò la mia sede operativa più vicino alla prima linea."
"Che cosa vorrebbe dire la prima linea?" chiese Michael con voce acuta.
"Sarò al piano di sotto," chiarì Aziraphale, mentre già oltrepassava Michael con un cenno della mano. "Vi manderò conferma appena avrò individuato la sede adeguata!"
Michael boccheggiò, strabuzzando gli occhi. "Il Metatron ne è stato informato?!"
"Hai ragione, Michael, quasi dimenticavo!" gridò Aziraphale già da dentro l'ascensore. "Vorresti essere un tesoro e provvedere a comunicarglielo tu?"
Mentre le porte si richiudevano come un sipario sulla faccia indignata di Michael, Aziraphale aggiunse un giulivo "Grazie mille!" Per la prima volta dopo molti mesi, sentì qualcosa di simile a un genuino sollievo alleggerirgli le spalle.
Non aveva la minima idea di cosa si sarebbe inventato, una volta tornato sulla Terra; o di cosa avrebbe fatto, se avesse incontrato...
Scrollò la testa e si costrinse a non pensarci.
Inspirò profondamente mentre si sistemava la giacca, davanti alle porte dell'ascensore che si riaprivano.
"Prima di tutto: un tè," si disse; e uscì sul marciapiede affollato. °°°
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Trovo che nulla parli di noi come le nostre lacrime. Di conseguenza, ho deciso di trascrivere qui una lista di eventi e situazioni che mi fanno piangere inconsolabilmente:
le lettere scritte da mia madre e nascoste in un vecchio diario di scuola, quando andavo ancora alle medie. Le ho scoperte soltanto pochi mesi fa, riaprendolo casualmente, e sono scoppiato a piangere,
il finale di Mary Poppins, quando dopo essere stato licenziato, il signor Banks torna a casa con l’aquilone finalmente riparato e comincia a giocare coi figli, correndo fuori con loro per farlo volare nel parco (scena tuttora inguardabile per me senza cominciare a frignare),
gli abbracci alla stazione,
l’episodio di Doraemon in cui Nobita vorrebbe ringraziare la persona che, durante una gita all’asilo, lo aiutò a rialzarsi, scacciando i bruchi pelosi che lo ricoprivano. Tuttavia, Nobita non riesce a ricordare il suo volto, così Doraemon gli offre l’opportunità d’incontrare chiunque voglia nella Stanza del Rivedersi,
la perduta innocenza,
il finale dell’Uomo dei Sogni, quando Ray incontra suo padre, morto da tempo, e prima che questi svanisca gli chiede: “Ehi papà, vuoi giocare un po’ con me?” (tema a quanto pare ricorrente, dovrei forse dedurne qualcosa?),
l’inesorabile decadimento fisico e psichico dei miei genitori, ormai pressoché anziani,
la tenerezza del mio cagnolino e la consapevolezza della sua ineluttabile caducità,
questo mio talento letterario negletto e sprecato, gettato ormai ad appassire come giardino incolto,
il finale della terza stagione di Person of Interest, quando Samaritan sembra aver ormai vinto, ma il monologo di Root ci ricorda che nonostante tutto il male che ci opprime, non dobbiamo mai smettere di sperare,
Exit music for a film dei Radiohead, dal minuto 2:50, ovvero lo smanioso desiderio di rivalsa che da sempre m’avvampa e mi corrode animo e viscere dopo ogni mortificante derisione, al pensiero che sì, un giorno tutti sapranno, e allora, beh, gliela farò vedere io… (me ne rendo conto, di solito è così che nascono i serial killer). Questa parte, ad ogni modo, mi emoziona a tal punto da avermi spinto a scrivere il finale della mia storia: “Un ventoso mattino di settembre, i servi del marchese avrebbero forzato le porte dello studio, ove il misero scrittore soleva rinchiudersi di notte, e lo avrebbero trovato morto, riverso fra le sue carte in una pozza di vomito. Spalancate le finestre a lutto, i poveri disgraziati sarebbero stati travolti allora dall'empia ferocia di quegli astiosi fogli sdegnati dal tempo e, così finalmente libere, pagine e pagine d'inchiostro si sarebbero riversate in strada, pronte a prender d'assalto case e negozi, scuole e caserme, mulinando burrascose sulla città, fra le strida dei borghesi impazziti e le urla dei bambini accalcati contro i vetri, fino a seppellire il mondo, terra e cielo, sotto cumuli di scritti dissotterati dal fuoco e dagli abissi”,
la morte di Due Calzini in Balla coi lupi (e il tema ad esso collegato), quando il lupo segue fedelmente Dunbar ormai prigioniero e i soldati gli sparano addosso per dimostrare la loro tonitruante possenza di coraggiosissimi esseri umani supercazzuti, finché non l’ammazzano senza pietà.
la lettera di Valerie da V per Vendetta, (credo non occorrano spiegazioni né commenti qui),
la mia sciagurata impotenza dinanzi al dolore degli amici,
la morte del commissario Ginz ne Il dottor Živago: “Soldati armati di fucili lo seguivano. ‘Cosa vorranno?’ pensò Ginz e accelerò il passo. Lo stesso fecero i suoi inseguitori. [...] Dalla stazione gli facevano segno di entrare, lo avrebbero messo in salvo. Ma di nuovo il senso dell’onore, educato attraverso generazioni, [...] gli sbarrò la via della salvezza. Con uno sforzo sovrumano cercò di calmare il tremito del cuore in tumulto. Pensò: ‘Bisognerebbe gridargli: - Fratelli, tornate in voi, come volete che sia una spia! - Qualcosa di sincero, capace di svelenirli, di fermarli.’ [...] Davanti all’ingresso della stazione si trovava un’alta botte chiusa da un coperchio. Ginz vi balzò sopra e rivolse ai soldati alcune parole sconvolgenti, fuori dell’umano. Il folle ardire del suo appello, a due passi dalle porte della stazione, dove avrebbe potuto rifugiarsi, sbigottì gli inseguitori. I soldati abbassarono i fucili. Ma Ginz si spostò sull’orlo del coperchio della botte e lo ribaltò. Una gamba gli scivolò nell’acqua, l’altra rimase penzoloni fuori della botte. [...] I soldati accolsero la sua goffa caduta con uno scroscio di risate: il primo lo colpì al collo, uccidendolo. Gli altri gli si gettarono sopra per trafiggere il morto a baionettate”. Non riesco a dire come questa fine mi commuova, ma credo abbia a che fare con goffaggine, spietatezza e umiliazione, cose che mi colpiscono tutte enormemente,
l’episodio de La casa nella prateria, in cui il signor Ingalls realizza una scarpa speciale per la piccola Olga che zoppica a causa di un’asimmetria nelle gambe. Il padre però non vuole che giochi con le altre bambine perché teme possano deriderla o che, ancor peggio, possa farsi male. Aggredisce così il signor Ingalls per essersi intromesso, ma all’improvviso vedendo la figlia giocare felice in cortile, muta espressione commuovendosi profondamente, ed io con lui. È la gioia d’un padre che comprende che sua figlia è finalmente felice.
la vittoria dell’Italia alle olimpiadi di Torino 2006 nel pattinaggio di velocità, inseguimento a squadre maschile. Avevo 17 anni, avevo finito da poco i compiti e non so perché, restai paralizzato di fronte alla tv ad ammirare l’impresa di Enrico Fabris e compagni, esplodendo poi in un inspiegabile pianto liberatorio che ancora oggi sa per me d’imponderabile (disciplina mai più seguita, che quel giorno però mi regalò un’emozione eguagliata solo dall’oro di Jacobs nel ‘21 - senza lacrime),
la canzone Ave Maria, donna dell’attesa: dal matrimonio di mia sorella ad oggi son passati sette mesi, eppure questa canzone mi fa ancora lo stesso perturbante effetto, scuotendomi ogni santa volta.
Isengard Unleashed dalla colonna sonora del Signore degli Anelli, in particolare, il momento coincidente con la marcia degli Ent (vedi sogni di furiosa rivalsa), dal minuto 2:18,
la comprensione altrui,
ogniqualvolta ho dovuto accompagnare qualcuno all’Eterna Porta e dirgli addio in Spiritfarer,
trovare ricci spiaccicati sulla strada,
gli immarcescibili sensi di colpa per la morte del gattino Figaro, quando avevo cinque anni,
le storie di grandi insegnanti, capaci di lasciare tracce di sé nei loro alunni.
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Gli animali possiedono la bellezza
senza vanità, forza senza indolenza,
coraggio senza ferocia e tutte le
virtù dell'uomo senza i suoi vizi.
Arthur Shopenhauer
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Dong posting. A bunch of art I’ve done while writing/drawing a comic about them with my pal @duskblogsthings. You got Raijin (left) and Kenjin (right), better known as Dingas and Pingas , and their sensei Master Sliver. They set out to slay a fierce monster known as Ferocia and through a silly turn of events end up becoming the best of homies with her instead. it’s coming soon, work obligations and life have been stealing my time and energy, but I’m halfway through drawing 1 of 3 small chapters.
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CRIMINI COMUNISTI DURANTE IL SECONDO CONFLITTO MONDIALE. Ecco i liberatori.
Questa pagina è dedicata alla raccolta di testimonianze, aneddoti, racconti, ed episodi inerenti al bagno di sangue che si è verificato nelle nostre zone nell’immediato dopoguerra, successivamente al 25 aprile del 1945, a guerra finita, e alla loro presentazione.
Sul finire dell’ultima guerra mondiale, nel 1945, e anche a guerra già finita, l’Italia ha assistito sul proprio territorio ad una vera e propria escalation di delitti, di stragi, e di vendette, tutti a sfondo politico, che hanno raggiunto punte di ferocia e di malvagità molto elevate.
I responsabili di questa lunga catena di omicidi e di efferatezze, furono i partigiani comunisti, che vollero così imprimere un triste e indelebile segno nella storia dell’Italia, incidendolo con il sangue delle loro vittime.
I partigiani spesso hanno prelevato le persone direttamente dalle loro case e le hanno uccise senza neanche offrire loro un processo sommario, depredandole e infierendo sui corpi con ferocia.
Molti di questi carnefici furono riconosciuti e arrestati, ma a causa dell’amnistia di Palmiro Togliatti furono rimessi in libertà, e spesso si ritrovarono faccia a faccia con i parenti delle loro stesse vittime, potendo così irriderle e dileggiarle impunemente.
Possiamo oggi affermare, nonostante i tentativi degli eredi di Togliatti di nascondere o dissimulare la realtà criminosa, che la vastità dei fatti di sangue imputabili ai partigiani comunisti induca a credere che essi siano stati realizzati seguendo un preciso disegno, uno schema pianificato e organizzato a tavolino, scientemente e criminalmente.
Non è un caso che interi gruppi familiari siano stati sterminati, spesso aggiungendo l’efferatezza della tortura e dello stupro agli omicidi, e che poi i partigiani si siano appropriati dei beni materiali delle vittime.
Non è un caso che dopo la guerra, ci si sia trovati davanti a partigiani improvvisamente diventati ricchi, che poterono così iniziare delle attività imprenditoriali usando i soldi sporchi del sangue delle loro stesse vittime.
La scure comunista si è abbattuta con violenza anche sui rappresentanti del Clero, nel tentativo di decapitare coloro che potevano guidare i cattolici verso destinazioni e percorsi diversi da quelli previsti dal comunismo.
Lo storico Roberto Beretta ci segnala nel suo studio del 2005, “Storia dei preti uccisi dai partigiani”, che il numero dei sacerdoti uccisi dall’odio comunista è stato in totale di 130 vittime !
Dopo aver condotto una vera e propria “caccia alla tonaca”, prodromica ad una lunga serie di esecuzioni, compiute appunto dai partigiani, divenne chiaro il tentativo dei comunisti di impadronirsi “politicamente” della società, mediante la forza e l’intimidazione.
Questa tesi fu sostenuta anche dal Cardinale di Bologna, sua Eccellenza Giacomo Biffi, nel 1995, in occasione del cinquantenario della Resistenza, riprendendo e amplificando ciò che già era stato affermato in precedenza da Don Lorenzo Tedeschi, un coraggioso sacerdote che citò la frase di un comandante partigiano comunista :
"Se dopo la liberazione, ogni compagno avesse ucciso il proprio parroco e ogni contadino il padrone, a quest’ora avremmo risolto il problema. "
Il Partito Comunista Italiano ha provveduto poi a mantenere una totale disinformazione sulle stragi, omettendo di parlarne e di pubblicizzare qualsiasi cosa fosse inerente a tutto ciò, stendendo un velo di minacciosa omertà sull’argomento.
Lo dimostra il fatto che ancora oggi si riferiscano a Togliatti come a : “il Migliore” !!!
i stima che gli uccisi, dopo il 21 aprile 1945 nel bolognese, ammontino a 773, di cui 334 civili (fra cui 42 donne).
Vorrei tentare di dare il giusto ricordo alle vittime, attraverso una serie di rievocazioni storiche, di racconti e di aneddoti, che permetta di collocarle in un contesto non più dimenticato.
Vorrei far riaffiorare le ignobili circostanze attraverso cui sono state messe in atto vere e proprie stragi contro persone spesso innocenti, perpetrate comunque a “sangue freddo”, e cioè a guerra finita, ad armi deposte.
La vigliaccheria è stato il motivo trainante che ha permesso al comunismo di approfittare della violenza insita nei suoi sostenitori per appropriarsi dei beni, oltre che della vita, di centinaia di vittime delle nostre zone.
Sono rimasti in pochi i superstiti, o i figli dei superstiti, o delle vittime, che potrebbero oggi dare luce alle pagine buie degli stermini effettuati dai partigiani nel 1945.
Il 25 aprile non deve essere celebrato per la liberazione dell'Italia perché nella realtà dei fatti passammo dall'occpazione tedesca a quella americana. E, nella sconfitta, ci andò bene perché a Yalta avevano deciso le sfere d'influenza dei vincitori e i comunisti furono esclusi.
(Il sangue dei vinti un bellissimo libro di Pansa)
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Il cane possiede la bellezza senza vanità.
La forza senza insolenza.
Il coraggio senza la ferocia.
E tutti le virtù dell'uomo senza i suoi vizi.
( Lord Byron)
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Il cane possiede la bellezza senza la vanità.
La forza senza l'insolenza.
Il coraggio senza la ferocia.
E tutte le virtù dell'uomo senza i suoi vizi.
(Lord Byron)
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Oggi ci troviamo in una situazione molto pericolosa. La guerra non è solo un campo di battaglia per le armi, ma anche per l’informazione. Julian è stato messo in prigione per aver pubblicato notizie vere su una guerra impopolare, come era quella in Iraq, dove le forze di occupazione americane controllavano totalmente la narrazione dei fatti”.
Con queste poche parole al Fatto Quotidiano, Stella Moris, la moglie del fondatore di WikiLeaks, centrava l’essenza del caso Assange e WikiLeaks, mentre la guerra in Ucraina era appena all’inizio. Oggi che da Gaza a Kiev, la guerra brucia migliaia di vite innocenti e per Julian Assange è l’ultima chiamata, le parole di Stella rimangono la sintesi perfetta del caso. Sì, perché l’unica ragione per cui Assange non ha più conosciuto la libertà e rischia di perderla per sempre, forse nel giro di pochi giorni o di pochi mesi, è che lui e WikiLeaks hanno esposto le atrocità e le manipolazioni della macchina della guerra su larga scala come mai nessuna organizzazione giornalistica, aprendo uno squarcio profondo in quel “Potere Segreto”, che è il complesso militare-industriale degli Stati Uniti e dei loro alleati. Ma non solo: WikiLeaks non ha rivelato soltanto i crimini del mondo occidentale. Ha esposto anche i massacri dei talebani, la ferocia di al Qaeda e le complicità di tanti Paesi non occidentali nella War on Terror. Per Assange è stata la fine.
Dal 2010 a oggi: dall’arresto all’ultima udienza Inumato da vivo dal 2010, all’età di 39 anni, quando lui e WikiLeaks iniziarono a pubblicare i 700 mila documenti segreti del governo americano. Questa mattina, il giornalista australiano comparirà davanti alla High Court di Londra, per quella che può essere l’ultima udienza sul suolo inglese. Se la High Court confermerà l’estradizione negli Stati Uniti, dove rischia 175 anni di prigione, ad Assange rimarrà solo una possibilità: appellarsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ma il rischio che possa venire estradato prima che la Corte emetta misure protettive è reale.
I file segreti sulla verità delle guerre americane Le rivelazioni di WikiLeaks, per cui il suo fondatore rischia di passare la vita in prigione, sono tra gli scoop più grandi nella storia del giornalismo. I 91.910 Afghan War Logs e i 391.832 Iraq War Logs, report segreti sulla guerra in Afghanistan e in Iraq rispettivamente, hanno permesso di bucare la nebbia della guerra proprio mentre questa era in corso e non dopo trenta o quaranta anni dopo, quando ormai quei conflitti non interessavano più a nessuno, a parte gli storici di professione, perché troppo lontani nel tempo. Grazie a quei file segreti, abbiamo potuto confrontare quello che la macchina della propaganda ci raccontava su quelle due guerre e quello che accadeva sul campo, secondo il racconto dei soldati americani che li combattevano.
Afghanistan: conflitto perso in partenza Abbiamo così scoperto, per esempio, che già nel 2010 la guerra in Afghanistan era un conflitto senza speranza: dopo dieci anni, le truppe americane e della coalizione Isaf, di cui faceva parte anche il nostro paese, avevano ottenuto così poco che nel distretto di Herat, controllato dagli italiani, le forze di polizia afghane da noi addestrate avevano problemi così seri che molti di loro si univano ai talebani, perché non venivano pagati e non si capiva dove andavano a finire i loro salari. La situazione appariva così compromessa che alcuni arrotondavano con i sequestri di persona. Mentre la propaganda ci raccontava le magnifiche sorti progressive del conflitto afghano, i 91.910 documenti fotografano un fallimento che, undici anni dopo, nell’agosto del 2021, ci avrebbe portato al ritiro. Gli Afghan War Logs ci hanno permesso di scoprire unità segrete mai emerse prima, come la Task Force 373, un’unità di élite che prendeva ordini direttamente dal Pentagono. La brutalità dei raid portati avanti nel cuore della notte da queste forze speciali, aveva prodotto stragi tra forze afghane alleate, bambini e donne, creando un forte risentimento contro gli americani e contro le truppe alleate da parte della popolazione locale. A oggi gli Afghan War Logs rimangono l’unica fonte pubblica per ricostruire attacchi, morti civili ed esecuzioni stragiudiziali tra il 2004 e il 2009, a causa della segretezza di quelle operazioni. E sono una delle pochissime fonti che permettono di ricostruire i civili uccisi prima del 2007, su cui neppure la missione delle Nazioni Unite in Afghanistan, l’Unama, che compila queste statistiche, possiede dei dati affidabili.
Iraq; i morti mai contati e il carcere di Guantanamo Quanto agli Iraq War Logs, hanno permesso di rivelare, tra le altre cose, 15 mila vittime mai conteggiate prima nella guerra in Iraq. Possono sembrare statistiche, puri numeri, in conflitti come quello in Iraq, che ha registrato circa 600 mila civili uccisi e 9,2 milioni di rifugiati e sfollati – ovvero il 37 per cento della popolazione prima dell’invasione americana dell’Iraq – ma quei 15 mila civili mai conteggiati prima erano padri, madri, fratelli. È un diritto umano sapere che fine ha fatto una persona cara. E l’unica giustizia che quegli innocenti hanno avuto, è la verità fatta emergere da WikiLeaks. I documenti segreti sul carcere di Guantanamo Bay hanno permesso di conoscere 765 su 780 detenuti del lager, facendo emergere per la prima volta le ragioni per cui gli Stati Uniti li avevano trasferiti nel campo di detenzione, tra informatori comprati e torture da Inquisizione.
I cablo tra gli Usa e altri Paesi (Italia compresa) Ma le rivelazioni più cruciali sono sicuramente quelle che emergono dai 251.287 cablo: le migliaia di corrispondenze diplomatiche inviate da 260 ambasciate e consolati americani in 180 Paesi, che hanno fatto affiorare scandali, abusi, pressioni, come quelle sulla politica italiana per garantire l’impunità agli agenti della Cia (Central Intelligence Agency) responsabili per il rapimento e la tortura di Abu Omar o i sospetti dell’Amministrazione di George W. Bush che l’Italia pagasse mazzette ai talebani per evitare attacchi ai suoi soldati in Afghanistan. È per questo lavoro giornalistico, e solo per questo, che gli Stati Uniti vogliono seppellire per sempre Julian Assange in una prigione.
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Storia Di Musica #344 - The Pogues, Poguetry In Motion, 1986
Nel 1976 la rivista Sounds (che era una delle tre meravigliose riviste musicali inglesi, con il Melody Maker e il New Musical Express, e dalle cui ceneri nascerà Kerrang!) onora il cantante della band di oggi con un titolo, Face Of The Year, a quel viso grottesco, sdentato, che nascondeva un genio tanto bizzarro quanto straordinario. Shane MacGowan è un irlandese nato nel Kent, nel 1957, ed è un giovane punk scorbutico e ribelle quando fonda, a 19 anni nel 1976, la sua prima band: i Nipple Erectors, con due suoi amici, Shane Bradley e Adrian Thrills (che guarda caso farà più tardi il giornalista per il NME). Visto il nome (e questa sua verve creativa lo avrà anche per il gruppo che lo farà diventare un personaggio), lo abbreviano in Nips, il trio incide un paio di singolo e un disco, Only At The End Of The Beginning (1980) che non si ricorda nessuno. La band si scioglie, ma lui è deciso a continuare. Abbandona la ferocia del rock punk e si dedica ad una riscoperta del folk, del rockabilly, del country, a cui però non disdegna di arricchire caustici testi. Nel 1983 forma una nuova band, che all'inizio suona in piccoli pub o come buskers band nelle strade principali. Dopo un po' di fiducia, decidono di provarci professionalmente: MacGowan alla voce, Jem Finer al banjo e altri strumenti a corda, Spider Stacey al tin whistle, il flauto irlandese, Andrew Ranken alla batteria e James Fearnley, polistrumentista. Per mantenere quella verve di cui sopra, chiama il gruppo in gaelico irlandese, Pogue Ma Hone, e con questo nome pubblicano un singolo nel 1984, The Dark Streets Of London / The Band Played Waltzing Mathilda, lanciato su scala nazionale. Ma lo scandalo avviene quando si scopre che quel nome vuol dire "Baciami Il Culo", tanto che si vira meno maliziosamente su The Pogues. Si aggiunge la bassista Rocky "Cait" O'Riordan, e con questa formazione pubblicano il primo disco, Red Roses For Me (1984), che è una versione graffiante e velenosa della musica popolare irlandese e scozzese. La critica più ortodossa ne è sconvolta (famoso il commento di un critico "sembrano un branco di ubriachi di un pub irlandese lasciati liberi in studio") ma quel suono grezzo, ma che ha radici antichi, la voce impastata e le immagini sognanti di MacGowan iniziano ad avere successo. Se ne accorge Elvis Costello, che chiamato prima come produttore per un singolo, si accorge che la band da il meglio di sè senza nessuna "sovraproduzione" e si convince a produrre il primo, storico album dei Pogues: il titolo Rum Sodomy & The Lesh (del 1985, frase che è attribuita a Winston Churchill in ricordo della sua esperienza nella Marina) fu scelto da Andrew Ranken "come il riassunto della nostra vita come band". In copertina La Zattera della Medusa di Theodore Géricault, con il fotomontaggio dei volti dei nostri sulla zattera. Il disco è un successo, il gruppo diventa un caso mediatico e la loro fama di personaggi bizzarri ai cui concerti può succedere di tutto inizia a spandersi ovunque. Costello è ancora con loro in Studio per un nuovo disco, e iniziano a scrivere molte cose. In queste sessioni nasce l'Ep di oggi, che doveva essere l'embrione del disco futuro ma successivi disguidi e screzi tra band e produttore lasciarono questi brani (e un altro, in seguito leggendario) pubblicati come EP.
Poguetry In Motion è un Ep di 4 brani, quattro gioielli Pogues che racchiudono la loro anima gioiosa e decadente, tra melanconia e sprazzi di euforia. London Girl è un rockabilly frizzante, ma sono gli altri tre brani davvero notevoli: Body Of An American è diventata famosa ultimamente per la presenza, quasi fissa, nella serie Tv The Wire della canzone durante i funerali dei poliziotti. Tra l'altro è storica una interpretazione di questo brano durante un Saturday Night Live del 1990, giorno di San Patrizio: MacGowan, visibilmente alticcio, con una sigaretta tra le labbra ne canta una versione strascicata e assurda. Planxty Noel Hill è "dedicata" al cantante di folk irlandese Noel Hill, che fu uno dei più critici contro il loro "celtic folk rock", definendolo una sorta di aborto della musica tradizionale. Ma la canzone più famosa, e in seguito loro classico, è Rainy Night In Soho: deliziosa, dolente e ideal-tipo delle loro future ballate dolorose, fu pubblicata in due versioni, una con un intermezzo di oboe e l'altra di tromba, più famosa.
In quelle sessioni con Costello, si registrò anche un altro brano, il più famoso dei Pogues: Fairytale Of New York fu registrata con O'Riodan come seconda voce, ma fu riscritta e re-registrata molte volte fino alla versione definitiva con Kirsty MacColl che appare nel loro disco successivo, If I Should Fall From Grace With God, che li consacra al successo internazionale. Un personaggio e una band che hanno lasciato un piccolo ma profondo segno, come dimostra il collettivo affetto che la morte precoce di MacGowan, nel Novembre del 2023, ha suscitato in tutto il mondo della musica.
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