#età di lettura da 5 anni
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pier-carlo-universe · 5 days ago
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Storia di un Fiocco: La magia della natura e il ciclo dell’acqua raccontati ai più piccoli. Recensione di Alessandria today
Un viaggio delicato e poetico nella fragilità della neve e nella meraviglia delle trasformazioni naturali, a misura di bambino
Un viaggio delicato e poetico nella fragilità della neve e nella meraviglia delle trasformazioni naturali, a misura di bambino. Storia di un Fiocco è un incantevole racconto per bambini, scritto da Eleonora Traverso e illustrato da Michele Bosco, che invita i più piccoli a esplorare la bellezza e la transitorietà della natura attraverso gli occhi curiosi di un bambino. La storia inizia quando un…
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daimonclub · 3 months ago
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Amori, lettura e scrittura in estate al lago
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Estate al lago Amori, lettura e scrittura in estate al lago, un articolo che analizza il romanzo Estate al lago di Alberto Vigevani, con un estratto di alcune pagine del testo. Attorno agli anni '90 avevo trovato allegato ad una rivista, in omaggio, il libro Estate al lago di Alberto Vigevani e benché non fossi un grande amante dei romanzi, visto che non potevo andare in vacanza e poiché in gioventù avevo trascorso spesso delle giornate estive sul lago di Garda, benché in questo caso si trattasse del lago di Como, memore di qualche rifermento ai Promessi Sposi del Manzoni, decisi di leggerlo.  Il lago in ogni caso ha comunque un fascino particolare, e come dicevo anch'io ho trascorso in questi ambienti un bel po' di giornate, prima con mia mamma che mi accompagnava per andare a pescare attorno ai 12-13 anni, nelle acque di Salò, Maderno, Desenzano, poi con i miei amici negli anni turbolenti della mia adolescenza, principalmente a Toscolano Maderno, Manerba, Padenghe, e poi ancora sul Lago d'Idro, e infine ancora con mia mamma alle terme di Sirmione. Ora a distanza di più di trent'anni da quel periodo e a ben 66 anni dalla pubblicazione del libro avvenuta nel 1958, ho deciso di dedicargli questo articolo, anche perché, visto che siamo in estate e la gente in genere legge sempre meno, mi sento di affermare che leggere "Un'estate al lago" di Alberto Vigevani è come concedersi una vacanza letteraria, ricca di emozioni, riflessioni e bellezza. Direi per prima cosa che consigliare questo romanzo, snello ma succulento, significa suggerire un viaggio emozionante nella nostalgia e nella bellezza del passato. Ed ora vi elencherò diversi punti per cercare di convincere qualcuno a non perdere questa occasione letteraria. 1) Vigevani è un maestro nel creare atmosfere che trasportano il lettore direttamente nelle calde estati italiane, tra paesaggi lacustri incantevoli e la quiete della natura. 2) I protagonisti del romanzo sono descritti con una profondità psicologica che permette al lettore di immedesimarsi nelle loro vite e nei loro sentimenti. Le loro storie e interazioni sono il cuore pulsante del libro. 3) La prosa di Vigevani è elegante e poetica, rendendo la lettura un'esperienza estetica oltre che narrativa. La sua capacità di descrivere i dettagli con delicatezza e precisione arricchisce ogni pagina. 4) Il romanzo esplora temi come l'amore, la memoria, la perdita e la ricerca di sé, offrendo spunti di riflessione che risuonano profondamente con i lettori di ogni età. 5) Ambientato negli anni '30, "Un'estate al lago" offre un affascinante spaccato di un'epoca passata. Vigevani riesce a catturare l'essenza del tempo e del luogo, permettendo al lettore di vivere un pezzo di storia italiana attraverso gli occhi dei suoi personaggi. 6) Il libro è pervaso da una dolce nostalgia, che invita il lettore a riflettere sulla propria infanzia e sui ricordi estivi. Questa introspezione rende la lettura profondamente personale e toccante. 7) "Un'estate al lago" è stato accolto favorevolmente dalla critica, che ne ha lodato la qualità narrativa e la profondità emotiva. È un'opera apprezzata sia dai lettori che dagli esperti letterari. 8) La descrizione dei paesaggi, delle giornate estive, e delle piccole gioie quotidiane crea un'esperienza immersiva che consente al lettore di "vivere" l'estate al lago insieme ai personaggi.
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Alberto Vigevani Alberto Vigevani (1918-1999) è stato uno scrittore, poeta ed editore italiano. Nato a Milano, si distinse per la sua produzione letteraria caratterizzata da una prosa elegante e malinconica. Oltre a numerosi romanzi e racconti, Vigevani pubblicò poesie e si dedicò all'editoria, fondando la casa editrice Il Polifilo, specializzata in libri d'arte e di alta qualità tipografica. Le sue opere riflettono spesso la nostalgia per un mondo perduto e la complessità delle relazioni umane. Vigevani è ricordato come una figura importante nel panorama culturale italiano del XX secolo. Oltre a Estate al lago ha pubblicato Un’educazione borghese; La casa perduta; L'abbandono; La breve passeggiata. Ha ottenuto, tra altri, il Premio Bagutta. Estate al lago. L'estate era stata diversa da quelle passate: le ultime vacanze dell'infanzia. Era maturata per Giacomo una nuova età: dalla suggestione dei sensi alle delicate immagini del suo amore puerile. Tutto si poteva dire in silenzio e tutto si scioglieva in contemplazione. Come ha scritto Geno Pampaloni nell'introduzione al testo, la verità del libro è in questo attimo di sospensione vitale, in questo (doloroso e insieme corroborante) diritto al segreto di fronte alla violenza della realtà. E, la sua, una sospensione magica, illusa e labile com'è proprio dell’adolescenza. Ma non è solo sua: è anche l’illusione ansiosa del silenzio e della contemplazione, quella lieve vertigine fatta di insicurezza, di angoscia e di nostalgia che caratterizzò la cultura europea tra le due guerre al cospetto delle dittature e nell’imminenza della tragedia. Pampaloni spiega molto bene la natura del romanzo e tutti i suoi risvolti, come si evince da queste sue riflessioni. " Intendiamoci. La qualità poetica del racconto del Vigevani attinge a una cultura riflessa. Tutto è già alle sue spalle. «Tutto è accaduto», come dice un titolo di Corrado Alvaro, che sentì come pochi altri scrittori, con intelligenza amara, la transizione esistenziale propria del nostro tempo. Non per nulla Alberto Vigevani è libraio antiquario, ed è editore di testi preziosi e dimenticati della più raffinata tradizione, quasi che la sua vocazione di uomo sia dedicata al recupero, all’assaporamento di valori non mercificabili, alla fedeltà della memoria. Dietro di lui scrittore si staglia la grande ombra di Proust, il fascino della grande borghesia colta, intenta a cogliere l’ultima essenza di un mondo stremato dai suoi stessi valori... Perciò, contrariamente allo schema usuale, per cui l'adolescente passa dalla innocenza alla torbida scoperta del sesso, egli supera abbastanza rapidamente l’accensione sensuale, e sublima la sua ricchezza affettiva in un amore impossibile per la bionda e gentile madre del suo compagno di giuochi. Ma ecco che qui racconto d’amore e storia di un’educazione sentimentale si saldano.
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Lago di Como in estate Che cosa rivela a Giacomo l’incontro con la giovane donna e il suo figliolo malato e ardente? 1. La forza della passione, così profonda e coinvolgente da risultare rasserenante anche se dolorosa; 2. L’« armonia e tenerezza» che unisce madre e figlio in un legame meraviglioso, compatto, inscindibile; 3. L'ambiguità della figura materna, ove si mescolano la dolcezza sensuale e il tepore protettivo, oscuro modello e | presagio di un’ambiguità esistenziale che accompagna l’intera vita; 4. La gioia pura e malinconica della bellezza, che invita al silenzio e alla contemplazione; 5. Gli rivela infine la possibilità stessa della rivelazione dell’io profondo, vertiginosa «come se si trovasse sull’orlo della propria vita ». Tutto questo lo prepara all’intuizione finale: «com'era complesso l’amore; non solo desiderio d’armonia, di bellezza, ma anche aspirazione a non esistere più, ad annientarsi. E ancora: vi era qualcosa di crudele, d’irrimediabile, qualcosa che non si sarebbe nemmeno potuto confessare, anche se lo avesse veramente compreso ». Questo è, mi pare, il tratto originale del personaggio (e del libro): la perdita dell’innocenza, momento fatale di ogni adolescenza, si trasforma, come in dissolvenza, nella consapevolezza della complessità dell'amore, con tutto ciò che di ambiguo, di doloroso, ma anche di certo e, in qualche senso, di supremo, tale consapevolezza porta con sé. Mentre si chiudono, tra le prime piogge e i colori spenti dell'autunno, le «ultime vacanze dell’infanzia », l'educazione sentimentale di Giacomo può dirsi compiuta, ma nel senso che il velo d’ombra di un’incompiutezza infinita si proietta a occupare ogni possibile futuro. Il crepuscolo di adolescenza, la lacerazione tra innocenza e maturità, che egli ha vissuto nell’estate al lago, è destinata a durare per sempre. Ma si capisce che, avviandosi ignaro verso i tempi della violenza e della devastazione che si affacceranno alla storia, egli entrerà nella vita non sotto il segno della conquista ma sotto il segno della poesia." Ma ora lasciamo lo spazio ad alcune pagine del libro. I primi giorni di vacanza seguirono rapidi, come una febbre che accalori le guance e svanisca lasciando una stanchezza, un senso di sonnolenza, e ancora fame di nuova stanchezza e di sonno. I cugini erano arrivati: l’Elisa, gentile e non bella, dal corpo pesante, la fronte a bauletto sporgente sopra gli occhi; Aldo, che aveva l’età di Stefano e dipingeva all’acquarello; Mario, un ragazzo calmo, maggiore di Giacomo di due anni. Stavano sempre insieme: nuotavano, andavano in barca, a volte salivano sulla strada di Porlezza, dov'era una valle segnata da un fiumiciattolo incassato, il Senagra. Altre partivano per Cadenabbia o, dalla parte opposta, per Acquaseria e Gravedona, in bicicletta, con la merenda al sacco, e dopo aver fatto il bagno si riposavano sui prati. Formavano una compagnia allegra, con altri giovani che s'erano aggiunti: la bruna che Stefano aveva conosciuto al Lido, Elsa, figlia del padrone dell’albergo Victoria, e il fratello, un giovane basso, il tuffatore migliore della spiaggia, che anche fuori portava una calottina rossa sui capelli impomatati. Poi le due ragazze Lanfranchi, già da Milano amiche dei cugini: la maggiore slanciata, con occhi verdi luminosi; la minore, grassottella e addormentata, con gli stessi occhi, ma sbiaditi e gonfi, che le davano l’espressione attonita di un pesce... Giacomo aveva scoperto per conto suo che l’Elsa non era tutta muscoli, ma d’una bellezza così piena e persuasiva che se ne sentiva attirato. Tuttavia la sua inclinazione non andava oltre il piacere degli occhi e quel senso di vergogna che lo istupidiva se gli capitava di rimanere solo con lei. La presenza di Clara, d’altra parte, riusciva a rendere leggera l’aria che li avvolgeva, nulla in essa s’incideva con troppa asprezza, appena vi si accennavano le amicizie ancora incerte. L’Elisa e la minore delle Lanfranchi divennero inseparabili, Mario stava insieme con Giacomo che era il più giovane ma non stonava in mezzo agli altri, in quei primi giorni in cui tutto scaturiva con spontaneità, come se per le vacanze fossero tornati ragazzi anche i grandi. Forse non badavano alla differenza di età, o lo ammettevano perché li faceva ridere con uscite in cui, incitato dal desiderio di farsi notare, caricava il suo senso dell'umorismo di una capacità d’invenzione che si smentiva di rado. Le zitelle che aveva spaventato in bicicletta erano divenute dei personaggi, così Antonio, il custode, di cui rifaceva la voce e imitava i discorsi farciti d’interiezioni, di proverbi detti a sproposito. Ma forse erano gli altri, a completare o ad accrescere il ridicolo dei suoi accostamenti, delle trovate che gli nascevano spontanee dal troppo parlare, quando si eccitava: la verità era che avevano voglia di ridere, di sentirsi disinvolti e spensierati prima d’addentrarsi nel terreno sfuggente e sconosciuto delle nuove amicizie.
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Cartina del lago di Como Finirono anche quei giorni d’attesa: Stefano ora lo respingeva, se gli andava vicino mentre aveva al braccio l’Elsa; rispondeva a monosillabi. Durante le gite Giacomo e Mario restavano indietro. Prima, avevano tutti riso delle sue immagini, si era sentito ammirato dalle ragazze, invidiato da Mario, in brevi momenti di esaltazione che lasciavano adesso il posto a un risentimento. Supponeva d’essere condannato a portare i calzoni corti in eterno, come un segno d'’inferiorità. Tra loro due e i grandi duravano lunghi silenzi, le parole di Giacomo cadevano senza che nessuno le raccogliesse, e a un tratto s'’accorgevano che i giovani camminavano avanti, sulla mulattiera lungo il monte, o rimanevano solo loro sulla spiaggia, mentre gli altri se n'erano andati in barca senza chiamarli. Li ritrovavano poi che ballavano nella sala a pianterreno della villa o all’albergo Victoria... Presto arrivò luglio. Negli alberghi si davano i primi balli: la stagione vera sarebbe venuta a settembre. Clara si metteva in abito lungo e veniva a farsi ammirare prima di uscire. Stefano vestiva lo smoking e Giacomo gli faceva compagnia mentre si preparava in bagno e annodava la cravatta davanti allo specchio. Forte e giovane, le sopracciglia folte, gli occhi vellutati e scuri uguali a quelli del padre, pareva lontano come mai, e proprio nel momento in cui gli offriva maggiore confidenza. Delle feste parlavano a tavola, il giorno dopo. Gli rimanevano nella mente episodi e nomi di persone, uditi nei discorsi dei fratelli, con il prestigio delle cose inaccessibili. Se la festa era a Menaggio, andava con le domestiche a vedere l’entrata dai cancelli. L’Emilia gli metteva una mano sulla spalla; diceva: «Ti piacerebbe vestirti da sera, ballare anche tu? »... A metà d’agosto il padre tornò per fermarsi una settimana. Giacomo quasi non s’accorgeva di lui. Gli era toccato ancora deluderlo: non aveva mai adoperato gli attrezzi e aveva fatto pochi progressi nello studio. Si sentiva in colpa, guardandolo: come provasse il sentimento che il padre fosse, senza sospettarlo, esposto a subire le conseguenze di ciò che a un tratto poteva insorgere nel suo animo. Gli appariva incapace di difendersi, nell’abito di tela un po’ ottocentesco, con la camicia di seta cruda aperta sul collo e il leggero copricapo di panama che sbiancavano ancor più la sua carnagione cittadina. Del resto non stavano mai insieme: usciva con la madre a visitare parenti o conoscenti che poi venivano a prendere il tè in giardino. A Giacomo sembrava che tra loro due qualcosa fosse già cambiato. Forse temeva per il suo segreto, quando gli occhi del padre si posavano sopra di lui, schiariti da un’ironia dolce e penetrante che avrebbe voluto sfuggire. Eppure, durante il giorno, tra Giacomo e l’Emilia tutto si svolgeva come prima, di nuovo non c'era che la carezza più ardita, le poche sere, ormai, che andavano a passeggio insieme. Spesso lei voleva uscire con l’Elvira, dicendo che si recavano al cinema, dove lui non poteva seguirla. Incontrandolo, sorrideva sempre, lo sfiorava col fianco come per scherzo, forse per vedergli in faccia il turbamento che non riusciva a nascondere. Era come fosse per abbandonarsi a piangere, e non potesse trovare comprensione se non in lei che già mostrava di evitarlo. Ma la notte, prima di addormentarsi, era diverso: come un appuntamento, ogni volta si ripeteva il lungo istante in cui, col respiro disordinato, il capo fitto nel guanciale, brancolava sopra un’immagine di lei oscura e avvincente. Se la raffigurava nuda, nella sua ricchezza segreta, lambita dal buio, le spalle e il petto candidi in luce, il ventre affondato in una macchia. Confusa e incerta ossessione, come confuse e incerte le reminiscenze, il negativo del nudo tra le rocce finte, i corpi femminili alla spiaggia, ogni nutrimento anonimo e frammentario della sua fantasia. A sfiorare quella immagine con una carezza, qualcosa entro di lui si rompeva in una breve liberazione che lo lasciava intontito e vergognoso. Infine una sera, appena partito il padre, che tutti erano usciti - l’Elvira aveva voluto andare al cinema da sola -, udì il passo dell'Emilia nella stanza che occupava all’ultimo piano, sopra la sua. Giacomo aveva già un poco dormito e quei passi gl’illuminarono d’improvviso la figura di lei, i suoi gesti mentre andava spogliandosi. Gli pulsavano le tempie; senz’accorgersene si trovò fuori della porta. Salì le scale nell’oscurità, cercando di non far rumore. Si sentiva un ladro, temeva che qualcuno potesse sorprenderlo. Una striscia di luce bagnava il pianerottolo, da sotto la porta. Non udiva nemmeno più il passo della donna. S’appoggiò alla maniglia, la porta cedette. Dalla finestra ovale entrava la luna e illuminava il letto. Il suo volto era quasi al buio: pareva ancora più pallido. Vide che i suoi occhi lo fissavano. « Giacomo », disse a bassa voce, « sei tu? ». Siccome non si muoveva, rigido contro la porta, il cuore che gli batteva di furia, lei riprese, con una voce alterata che sembrò una carezza: «Vieni qua». Andò verso il letto in punta di piedi. Si muoveva in quella luce quasi irreale come in una delle apparizioni che venivano a sorprenderlo la notte, quando non riusciva a dormire. Lei gli prese i polsi, l’attirò a sé. Piegando le ginocchia contro la sponda del letto, premette la guancia sulla spalla nuda. Il suo profumo lo confondeva. Dietro la testa di lei, sopra il candore del guanciale colpito dalla luce, i capelli sciolti addensavano un bosco oscuro e segreto da cui si staccava il suo volto smorto, senza più quel sorriso che sempre lo pungeva, sulle labbra adesso aride e schiuse. Gli occhi, scintillanti, sembravano vetri in cui la luce acquistasse profondità.
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Grand Hotel Victoria Liberò le mani per cercarle il seno: annaspavano contro la tela un po’ ruvida della camicia. Fu lei a offrirglielo, scostando la spalla, e gli sembrò che bruciasse; poi quel fuoco gli entrò nella pelle. Lo palpava intero senza sapere dove indugiare. Si riempiva le mani della ricchezza che lei gli aveva ‘nascosto, e non cedeva alla carezza ripetuta ma la chiamava ancora, rinnovandogli come uno spasimo. Era entro un sentiero buio che lo faceva trasalire, e morbido, in cui ritrovava pungente l’odore dei capelli che gli coprivano le guance, la fronte. Un alito resinoso di terra e di donna che pareva quello del suo sangue. «Giacomo », aveva detto, due, tre volte, irosamente, gli era sembrato, muovendo il petto per svincolarsi. Ma s’avvinghiava a lei come se dovesse spremere, succhiare tutto il profumo e il calore che emanava. Poi gli si abbandonò, ansimante. Gli aveva cercato la bocca, la mano, ma appena raggiunte si era scossa, l’aveva allontanato con violenza, accendendo la piccola lampada sul tavolino. Era rimasto in fondo al letto. La fissava, nella debole luce elettrica, i capelli e la camicia in disordine, il volto quasi cattivo, mutato, con le labbra tremanti e tumide. La sua bellezza pareva a un tratto non più lontana, ossessiva, ma come rozza e affranta. Il torpore lo avvolgeva, allontanando ogni cosa nel tempo: si sentiva quasi spettatore di quel suo risveglio. Vide il seno scomparire nello scollo e gli parve una macchia, un fiore raggrinzito, la punta violacea che esitò un istante sull’orlo della camicia. Contrastando con la pelle chiara del petto somigliava a un oggetto immaginato nel sogno, che alla luce reale stupisca. Anche i suoi occhi erano diversi: lo sfuggivano come fosse lei, ora, a provare vergogna e a temere il suo riso. Gli pareva anche un'illusione il sussurro, quasi un gemito, che aveva colto sulle sue labbra. Si era seduta e aveva preso il pettine. Mentre ravviava i capelli si tolse la forcina dalle labbra e disse, a bassa voce: «Ti voglio bene, però sei un bambino ». Parole così fragili gli avevano fatto l’effetto che le avesse pensate, più che dette. Non capiva perché tornava ora un bambino, quando per un lungo momento era stata lei a soffrire sotto il suo abbraccio, e le sue labbra avevano perduto ogni voglia di sorriso. Read the full article
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wdonnait · 5 months ago
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Trump condannato perchè ha corrotto una pornostar
Nuovo post pubblicato su https://wdonna.it/trump-condannato-perche-ha-corrotto-una-pornostar/117533?utm_source=TR&utm_medium=Tumblr&utm_campaign=117533
Trump condannato perchè ha corrotto una pornostar
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“Colpevole” per tutte le 34 accuse: Donald Trump è rimasto impassibile alla lettura del verdetto storico raggiunto all’unanimità dai 12 membri della giuria dopo due giorni di deliberazione nel caso della pornostar, aggrottando le sopracciglia solo quando il giudice Juan Merchan ha chiesto ufficialmente alla giuria se quella fosse la loro decisione.
“È stato un processo farsa, è una vergogna. Sono un uomo innocente”, ha dichiarato il tycoon fuori dall’aula, dove ha annunciato che “continuerà a combattere”. “Il vero verdetto sarà il 5 novembre”, ha aggiunto, riferendosi all’ Election Day. “C’è un solo modo per tenere Donald Trump fuori dallo Studio Ovale: andare alle urne,” ha replicato Joe Biden su X. “Il verdetto di colpevolezza dimostra che nessuno è al di sopra della legge,” ha aggiunto la sua campagna elettorale.
Trump ha pagato una pornostar
Trump è così diventato il primo ex presidente americano condannato in un processo penale e il primo candidato presidenziale a correre con una condanna, uno status che comunque non gli impedisce di essere eletto e diventare il commander in chief.
Resta da vedere l’effetto sulla campagna elettorale, in un duello serrato che potrebbe essere deciso da poche migliaia di voti negli stati in bilico. Secondo i sondaggi, una parte degli elettori moderati e indipendenti non è disposta a votare per un candidato condannato. Intanto, il suo social network Truth è crollato in borsa nelle contrattazioni after hours.
La pena sarà stabilita in un’udienza fissata per l’11 luglio, alla vigilia della convention repubblicana che probabilmente lo incoronerà candidato per la Casa Bianca, non senza qualche imbarazzo. La condanna potrebbe variare da un massimo di 4 anni di carcere alla libertà vigilata o a una multa. La prigione sembra improbabile, considerando la sua età, la mancanza di precedenti penali e le complicazioni logistiche di dover prevedere agenti del Secret Service in prigione per proteggerlo.
In ogni caso, Trump farà appello e quindi potrebbero volerci mesi, se non anni, per la conclusione della vicenda. Nel frattempo, resterà a piede libero.
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cinquecolonnemagazine · 6 months ago
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Fumetti fascisti: Il Balilla
I Fumetti fascisti ebbero una grande fortuna durante il regime. Amati dai più piccoli, erano uno strumento di propaganda privilegiato. Tra questi, uno dei più famosi fu "Il Balilla" che fu pubblicato per tutto il ventennio. Fumetti fascisti come strumento di propaganda del regime Come diffusamente ci riportano i libri di storia, la propaganda fu l'anima del regime fascista. I vertici del regime sapevano che era assolutamente necessario far percepire alla popolazione che quanto stabilito e ordinato dal Duce Benito Mussolini fosse giusto. Questa necessità era espressa in ogni momento e attraverso qualunque strumento. La propaganda era diretta a tutti, uomini, donne, adulti, bambini con messaggi personalizzati. Da ex maestro elementare, Benito Mussolini sapeva quanto potesse essere utile alla causa educare i più piccoli per ritrovarsi adulti già inquadrati. Così decise di arrivare a questa tenera età, oltre che con lo sport, anche con un'altra attività molto amata: la lettura dei fumetti. Il fumetto tra i più famosi del periodo fu senza ombra di dubbio "Il Balilla" Il Balilla Nato come "Giornale dei Balilla", iniziò le sue pubblicazioni il 18 febbraio 1923 come organo ufficiale dei gruppi Balilla. Il direttore responsabile era Defendente De Amici che si avvalse della collaborazione di Filiberto Scarpelli e Filiberto Mateldi. L'editore fu la Casa Editrice Imperia di Milano. A partire dal giugno 1925, il periodico uscì come supplemento del quotidiano Il Popolo d'Italia, organo del Partito nazionale fascista. Dal 5 giugno 1931, invece, divenne organo dell'Opera Nazionale Balilla. Il periodico era dedicato ai bambini mentre per le bambine fu pubblicata la rivista "La Piccola Italiana". La rivista cambiò impostazione grafica diverse volte e poté contare sulla collaborazione di nomi quali: Antonio Rubino, Attilio Mussino, Edina Altara, Piero Bernardini, Enrico Novelli alias Yambo, Guido Moroni Celsi e Giovanni Manca. Adelmo e Trippardello furono alcuni dei personaggi che trovarono posto sulle pagine della rivista insieme a Tiradritto e Gambalesta. Immancabili i bravi Balilla sempre pronti a riportare l'ordine dopo il caos, ad allontanare da Pinocchio, a suon di bastonate, il gatto e la volpe per poi far indossare anche al burattino l'uniforme e trasformarlo in un fascista perfetto. Durante la guerra, De Seta disegnò diverse filastrocche con caricature del presidente americano Franklin Delano Roosevelt, detto "Rusveltaccio", del re Giorgio VI d'Inghilterra, ribattezzato "Giorgetto" e del suo primo ministro Winston Churchill, detto "Ciurcillone". La rivista uscì tutte le settimane dal 1923 al 1943 con oltre mille numeri. L'opera nazionale Balilla L'Opera Nazionale Balilla (ONB) era un'organizzazione giovanile istituita durante il regime fascista in Italia. Fondata nel 1926, l'ONB prendeva il nome da Balilla, un ragazzo genovese leggendario per aver scagliato una pietra contro le truppe austriache nel 1746 durante l'assedio di Genova. L'ONB era concepita come un'organizzazione paramilitare per ragazzi e ragazze di età compresa tra gli 8 e i 18 anni, con lo scopo di addestrarli fisicamente e mentalmente secondo i principi fascisti. I giovani membri dell'ONB venivano sottoposti a un rigido addestramento militare, che includeva esercizi di marcia, ginnastica, tiro al bersaglio e altre attività simili. Oltre all'addestramento militare, l'ONB promuoveva anche l'ideologia fascista tra i giovani, insegnando loro valori come disciplina, obbedienza, lealtà al regime e senso di appartenenza alla comunità nazionale italiana. La propaganda fascista veniva diffusa attraverso le attività dell'ONB, che includevano adunanze, discorsi politici, eventi culturali e attività ricreative. L'ONB era strettamente controllata dal Partito Nazionale Fascista (PNF) e svolgeva un ruolo importante nel controllo sociale e nell'indottrinamento dei giovani italiani secondo l'ideologia fascista. Dopo la caduta del regime fascista alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1945, l'Opera Nazionale Balilla fu sciolta e dichiarata fuorilegge, insieme al Partito Fascista e alle sue organizzazioni affiliate. In copertina foto di tunechick83 da Pixabay Read the full article
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guida-ai · 10 months ago
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Buddy.ai: divertenti giochi didattici - App su Google Play
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Incontra Buddy, il primo al mondo tutor di intelligenza artificiale vocale per bambini dai 3 agli 8 anni. Impara le prime parole, l'ABC, i numeri, i colori, le forme. Buddy offre lezioni di inglese interattive con esercitazioni vocali, cartoni animati divertenti e giochi di apprendimento in età prescolare per bambini per rendere il processo educativo efficace e divertente.La tecnologia vocale all'avanguardia dell'app consente ai bambini di chattare con Buddy proprio come una persona dal vivo, offrendo opportunità di apprendimento precoce illimitate. Ciò significa che tuo figlio riceve tutta l'attenzione individuale di cui ha bisogno per avere successo nella scuola materna, all'asilo e oltre! Buddy insegna abilità comunicative essenziali e concetti chiave dell'educazione precoce attraverso un divertente mix di cartoni animati, attività educative e giochi di apprendimento dell'inglese per bambini.È già una delle app educative leader a livello mondiale con giochi per bambini: • Oltre un milione di bambini imparano con Buddy ogni mese • 470.000 recensioni di utenti a 5 stelle • App TOP 10 nelle classifiche per bambini e istruzione nei principali paesi dell'America Latina e dell'Europa • Importanti premi e nomination tra cui Global EdTech Startup Awards (GESA) Londra, EnlightEd Madrid, Startup Worldcup San Francisco
Ideale per i primi studenti
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I bambini giocano all'app Buddy come se fossero il loro gioco mobile preferito, grazie al nostro fantastico tutor AI, alla vivace grafica 3D e alla raccolta curata di cartoni animati e fantastici oggetti da collezione virtuali. I genitori hanno fiducia che i loro figli imparino competenze e concetti importanti con ogni lezione basata sul gioco. E poiché l'app Buddy è priva di pubblicità, gli adulti possono sentirsi a proprio agio lasciando che i bambini giochino (e imparino) più a lungo!
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lettieriletti · 11 months ago
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Natale nella stalla
«Si udì nel silenzio il pianto di un bambino appena nato. E, in quello stesso istante, si accesero tutte le stelle del firmamento.» La storia del Natale raccontata da una grande scrittrice. Età di lettura: da 5 anni.
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lamilanomagazine · 1 year ago
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Firenze: musica da abitare 2023, il concerto di Colleen Green inaugura la stagione al Brillante Nuovo Teatro Lippi
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Firenze: musica da abitare 2023, il concerto di Colleen Green inaugura la stagione al Brillante Nuovo Teatro Lippi. Continua la nuova edizione di Musica da Abitare, il progetto curato da Music Pool e Arci Firenze, inserito nel calendario dell'Autunno Fiorentino 2023, promosso dal Comune di Firenze. Iniziato dalla Casa del Popolo il Progresso il 5 ottobre con David Eugene Edwards e il 20 ottobre con Josephine Foster e arrivato poi al Teatro Puccini con Zenìa, il programma di concerti che si svolge fino al 30 novembre prosegue al Brillante, Nuovo Teatro Lippi che il 3 novembre inaugura con Colleen Green la sua stagione di riapertura. Artista statunitense di fama internazionale, dopo l'uscita del suo album di debutto nel 2010 è diventata nota per essersi esibita da sola sul palco con nient'altro che una drum machine e la sua iconica chitarra elettrica. Il suo album "I Want to Grow Up" del 2015 le ha procurato una fama internazionale e il plauso di Rolling Stone e della critica del settore. La sua cover dell'album Dude Ranch dei Blink 182 è diventata amatissima dai fan di entrambi gli artisti. La sua fama è cresciuta negli anni portandola ad esibirsi in 20 paesi, tra cui Brasile, Cile, Giappone, Italia, Spagna, Polonia, Repubblica Ceca e Norvegia. Domenica 5 novembre presso Exfila, un progetto originale in esclusiva per Musica da Abitare ospita lo straordinario pianista Shai Maestro, accompagnato da una formazione che comprende giovani talenti già noti a livello nazionale ed europeo: il sassofonista Manuel Caliumi, il chitarrista Francesco Zampini, il contrabbassista Michelangelo Scandroglio, il batterista Bernardo Guerra. Classe 1987, Shai Maestro è uno dei pianisti jazz più apprezzati della sua generazione. Dal debutto con il suo trio nel 2011, ha continuato sempre più a plasmare ed arricchire la sua musica, pubblicando sei album con la storica etichetta ECM. La musica di Shai Maestro rifugge dalle strutture tradizionali abbracciando un repertorio in cui con il jazz convivono la musica classica e le sonorità della sua terra. Dalle ore 16:30 si darà la possibilità a studenti di musica e uditori, di assistere alle prove aperte del gruppo in preparazione del concerto serale. Oltre all'esecuzione dei brani, verranno affrontati argomenti quali: preparazione di un concerto, arrangiamento di un repertorio, analisi stilistica; gli spettatori potranno fare domande, anche al fine di favorire l'aspetto didattico dell'incontro. Anche il programma ricco di workshop e laboratori è previsto fino alla fine di novembre con oltre 30 incontri in nove diversi luoghi di Firenze: Circolo di Porta al Prato e Garage P. Studio nel Quartiere 1, Ex Fila e Vivaio del Malcantone nel Quartiere 2, Circolo Arci Castello, Sms Rifredi, Sms Peretola, Circolo Arci Brozzi nel Quartiere 5. La conduzione è stata affidata a professionisti nell'ambito di esperienze formative affermate in città come Vivaio del Malcantone, Toscana media Arte, Street Level Gallery e si traducono in un ampio ventaglio di proposte rivolte ad un pubblico molto vasto e di ogni fascia di età. Prossimi appuntamenti con il corso di lettura espressiva di Ornella Esposito (dal 11 novembre al Garage P. Studio), il salotto della memoria dedicato agli anziani di Sara Rados (dal 2 novembre al Circolo Arci di Porta al Prato), il laboratorio teatrale di Cesare Torricelli (dal 29 ottobre, Vivaio del Malcantone), il laboratorio introduttivo al teatro poetico sensoriale di Patrizia Menichelli (dal 10 ottobre al Circolo Arci Castello) fino al laboratorio dedicato alla street art con urban artist a cura di Street Level Gallery (dall'8 novembre all'Sms di Rifredi). Musica da Abitare è un progetto multidisciplinare in cui, anche per questo nuovo anno, il pubblico è protagonista di un grande programma di concerti, un progetto originale, laboratori e workshop che fanno dell'arte un veicolo di interazione, partecipazione e integrazione in numerosi luoghi della città di Firenze. Dopo il grande successo nel 2022 del coinvolgimento del Quartiere 5, per la sua seconda edizione Musica da Abitare si estende a una parte del Quartiere 1 e il Quartiere 2.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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giancarlonicoli · 1 year ago
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9 ott 2023 16:00
AL MAGO SILVAN PIACE TOCCARE...IL MAZZO - L’ILLUSIONISTA 86ENNE, AL SECOLO ALDO SAVOLDELLO, RACCONTA DI QUANDO LA MAESTRA LO BECCÒ “TRAFFICARE” CON LE MANI SOTTO AL BANCO: "MI DISSE: ‘SI VERGOGNI, QUESTE COSE NON SI FANNO!’. PENSAVA CHE MI STESSI MASTURBANDO, INVECE MI ALLENAVO CON UN MAZZO DI CARTE'" - "L’INTERPOL MI HA VIETATO DI METTERE PIEDE NEI CASINÒ, SE LO FACCIO MI ARRESTANO. LA MIA ARTE È LA MANIPOLAZIONE, LO SANNO IN TUTTO IL MONDO E IO LI CAPISCO, MA..." -
Estratto dell’articolo di Maurizio Crosetti per “La Repubblica”
Signor Silvan, come sta? Va bene se la chiamiamo mago?
"Sono in gran forma, faccio un sacco di cose, spettacoli nei teatri, viaggi, incontri, penso sempre a nuovi effetti magici da portare in scena, qualcosa di inedito e magari di molto antico, però mai visto”.
Che energia, alla sua età!
"Il mago non ha età, è senza tempo. È un classico. Come Proust. Come Hemingway”.
Mago va bene, allora?
“Direi che è perfetto. Ma anche illusionista, anzi illuso: perché ancora credo di creare la vera magia, e che la mia voce fluisca per incantare. Mi illudo, o per meglio dire so, di essere davvero un mago e non di recitare la parte. Ho cominciato a sette anni e non smetterò mai”.
Una vocazione precocissima. Ce la racconta?
“In quinta elementare, a Venezia, il maestro Salvagno mi vide trafficare con le mani nelle tasche, mi chiamò alla cattedra, mi fece andare dietro la lavagna e mi disse: “Savoldello, (perché il mio vero nome è Aldo Savoldello), venga qui, si vergogni, queste cose non si fanno!”. Pensava che mi stessi masturbando, invece mi allenavo con un mazzo di carte”.
Si allena ancora?
“Certo! Almeno due ore ogni sera. Metto un film, prendo il mazzo da 140 carte e comincio a farle girare a ventaglio con una mano sola. A volte appendo piccoli pesi alle dita, quelli delle bilance di una volta. Ho le mani di un ventenne. Mai usato creme, solo i guanti, mai afferrato un coltello, devo stare attento. Una volta, queste mani le assicurai per mezzo miliardo, c’era ancora la lira”.
Silvan, ma cos’è la magia?
“Una cosa tutta mentale. È fascino, irrazionalità. La magia è destrezza, è psicologia, è arte, gesto, è molto più di ciò che sembra. Allude, parla d’altro. La magia esiste solo nella mente di chi guarda, e ti accredita poteri che naturalmente non possiedi.
Però tu hai il talento delle mani, degli occhi e della voce. Se io le dico “stia attento, a questo punto si compie la vera magia” (il mago lo dice proprio con la sua inconfondibile, ammaliante e vellutata voce, n.d.r), la vera magia è già cominciata. Ma è dentro di lei, non tra le mie dita”. […]
La magia è fantasia?
“Crea mondi paralleli, come la lettura. Ma sono proiezioni di quello che già siamo. Il libro è già dentro di noi mentre lo leggiamo, un bravo scrittore aiuta soltanto a tirarlo fuori, a vederlo bene”.
Perché, invece, noi non la vediamo quasi più in televisione?
Me lo domando anch’io. Non c’è spazio, ma non ho mai bussato a nessuna porta in vita mia. Eppure la mia ospitata in Rai a Capodanno ha fatto 5 milioni di ascolti, e lo stesso a Pasqua, quando sono stato il picco di spettatori a Domenica In. Il mio numero di telefono ce l’hanno, sanno che esisto e che vado ancora in scena. Se mi chiamano e mi dicono ‘Silvan, facciamo Sim Sala Bim numero ventiquattro?’, io rispondo presente. E sono sicuro che avrei successo, perché ce l’ho da quasi settant’anni”.
Da quella sera in tivù con Enzo Tortora…
“Esatto! Era il 1956, il programma si chiamava “Primo applauso”, lo presentavano Tortora e Silvana Pampanini. A quell’epoca mi chiamavo “Mago Saghibù”. La signora Pampanini mi disse ‘ragazzo, ti serve un altro nome d’arte, usa il mio, togli solo la a’. E così Silvana diventò Silvan. Funzionò, non crede?”
Eccome. E il magico “Sim Sala Bim” come nacque?
“Veramente, all’inizio la mia formula era “tactàc-serumba-yamaclèr”. La cambiai prendendo spunto dal ritornello di una canzoncina danese degli anni Quaranta, anche questa è andata bene”.
Lei saprà di essere un simbolo, una specie di creatura mitica, e non solo magica, per milioni di persone.
“Lo so, non sono un bugiardo. Me lo dimostrano in tanti, continuamente. Perché la magia è una cosa seria, mica un giochetto. Ho anche la fortuna di non essere troppo cambiato, viso e capelli sono rimasti più o meno gli stessi, scuri al naturale come quelli della mia bisnonna Luigia, che morì felice a 108 anni, mentre mio padre superò i novanta: confido nella genetica. Mai fatto diete in vita mia, sempre e solo lavorato.
Ho avuto due figli splendidi, nipoti magnifici e una moglie meravigliosa, Irene, che purtroppo non c’è più: era inglese. Suo padre, ingegnere, costruì il passaggio segreto di Buckingham Palace”.
Lei gioca a carte?
“Mai. Tra l’altro, l’Interpol mi ha vietato di mettere piede nei casinò, se lo faccio mi arrestano. La mia arte è la manipolazione, lo sanno in tutto il mondo e io li capisco, ma ovviamente non l’ho mai usata per cose men che lecite, ci mancherebbe. Poi, non posso farci nulla se le mani si muovono quasi da sole”. […]
Silvan, forse lei è destinato all’immortalità.
“Per intanto mi godo il grande affetto del pubblico. A volte, quando porto i miei nipoti al cinema oppure al circo, per potermi dedicare per bene a loro sono costretto a travestirmi. Mi metto un cappello, oppure i baffi finti, così nessuno mi riconosce”.
L’ultimo trucco del mago?
“Non ci sarà mai un ultimo trucco. Le auguro una giornata magica”.
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occhidibimbo · 2 years ago
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5 storie per bambini Scegliere le migliori storie per bambini in fascia di età 5-6 anni, non è un compito da poco. Il bambino in questa fase è sempre più consapevole di avere una sua personalità, distinta da quella del genitore. E’ particolarmente attivo, creativo, pieno di energie e fantasia. Non stupitevi se sembra incontenibile e se i suoi no, diventano sempre più coerenti e difficili da dissuadere. Un approccio costruttivo nel rapporto con vostro figlio e la lettura, è quello di scegliere le storie per bambini da leggere, lasciando spazio alle sue idee e mai imponendo i nostri gusti. Per questo motivo meglio proporre più alternative e lasciate che vostro figlio scelga tra esse. Di seguito trovate una lista di storie per bambini, adatta a chi è in età prescolare e presto dovrà fare il suo ingresso alla primaria. 5 storie per bambini di età 5-6 anni imperdibili. Non è una scatola di Antoinette Portis, Kalandraka. Protagonista del libricino è un coniglietto che trasforma la sua scatola magica in tutto ciò che desidera, e non riesce a capire come sua madre veda solo una scatola. Un inno al mondo della magia che tanto attira i bambini. Il libro fa parte della lista dei 100 libri per bambini più belli selezionati dalla biblioteca di New York. Cosa fanno i dinosauri quando è ora di.... Non uno ma bensì 3 libri. Si tratta di una collana contenente tre testi di Jane Yolen. In questi libricini si cerca di insegnare ai piccoli di casa le buone maniere a tavola, a scuola e quando è ora della nanna. I protagonisti sono dei simpatici dinosauri che si trovano ad avere a che fare con dei genitori umani. Quali saranno le loro reazioni? Proprio quelle di tutti i bambini! I 3 libricini sono capaci di tirare fuori un sorriso a qualsiasi lettore, pur avendo un importante fine educativo. Filastrocche per tutto l’anno di Gianni Rodari. Le filastrocche sono un vero e proprio strumento per imparare, e i nostri figli le amano più di quanto possiamo immaginare. E’ tramite esse che si scandiscono i momenti della giornata all’asilo, e che si comprende il senso delle ricorrenze come il Natale o la festa della mamma. Rodari resta un grande maestro per tutti i bambini e questo libro è un utile mezzo da cui attingere tutto l’anno, per trovare la filastrocca adatta ad ogni occasione. Nella notte buia di Bruno Munari. Grazie all’utilizzo di particolari tonalità di colore, di trasparenze e diversi tipi di carta, il lettore viene catturato dal testo potendo sperimentere ed immaginare. Munari in questo è un vero e proprio maestro. Che dire imperdibile! Beniamo di Lynne Richards. Protagonista del libro è un pinguino che improvvisamente diventa rosa distinguendosi dai suoi simili. Beniamino si ritrova a doversi far accettare dai suoi simili, e nonostante lui sia sempre lo stesso, il nuovo colore lo mette in situazioni molto difficili. Testo molto significativo in cui si tocca con estrema delicatezza, il tema delle diversità con ci si trova ad avere a che fare fin da piccolissimi. La lista delle migliori storie per bambini in età prescolare, non può essere esaustiva vista la vastità di alternative a disposizione. Ma è un ottimo punto di partenza. Ci sono libri per tutti i gusti. Abbiamo inserito testi divertenti, testi quasi magici, testi che fanno riflettere e qualche grande classico.
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diceriadelluntore · 2 years ago
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A, B, C
Una delle cose che più mi affascina della contemporaneità è la capacità, per certi versi mai sfiorata nelle età precedenti, di diffusione di modi di dire, espressioni, semplici parole, usate in modo indiscriminato, e per la totalità dei casi del tutto fuori luogo.
Una delle più diffuse, e che odio di più, è “analfabetismo funzionale”.
Analfabeta è chi non sa leggere nè apporre la propria firma su un documento. Può essere di ritorno quando chi sapeva leggere e scrivere, ne perde la capacità. Nel 1984 l’Unesco stabilisce che esiste anche un analfabetismo funzionale, che in inglese si dice illiteracy, che consiste “nell’incapacità di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”. 
In questi giorni, Save The Children in un convegno dal titolo Impossibile 2022. Costruire il futuro di bambine, bambini e adolescenti. Ora, ha presentato dei report su vari aspetti tra cui la povertà educativa. In essi sono elencati dati che sottolineano come la didattica da casa durante la pandemia abbia aumentato le diseguaglianze, la necessità di migliorare i servizi (tempo pieno, varietà alimentare delle mense, attività correlate alle ore scolastiche ecc.), la necessaria lotta alla dispersione scolastica, soprattutto in alcune aree dell’Italia. In essa c’è un passaggio preliminare che dice, testualmente, “Nel 2021, nonostante la ripresa economica e l’allentamento dei contagi, ancora 700 milioni di bambini ed adolescenti vivrà in povertà. Inoltre, durante la pandemia, 258 milioni di bambini non hanno potuto frequentare la scuola primaria e secondaria, con effetti devastanti sulla povertà di apprendimento. La percentuale infatti di coloro i quali, finito il ciclo della scuola primaria, non è in grado di leggere e comprendere un semplice testo è salita al 53% (90% in Africa Sub-Sahariana). La crisi sanitaria ed economica, hanno vanificato, di fatto, tutti i progressi conseguiti nei decenni precedenti nell’ambito della riduzione della povertà e l’accesso all’educazione di base e l’apprendimento" (come fonte dei dati uno studio UNICEF e uno della Banca Mondiale).
Questo ovviamente si è trasferito nella notizia, tra l’altro manco smentita da Save The Children, che il report constatasse che il 51% degli studenti italiani fino a 15 anni non sa comprendere un testo, ripresa da varie testate. In tutto il documento questo dato non è presente, e rimangono ovviamente aperte le questione su cosa davvero significhi l’analfabetismo funzionale: anni fa due ricerche condotte a livello internazionale tentarono di rispondere alla domanda su cosa significhi essere un analfabeta funzionale. Riprese anche dal professor De Mauro in numerosi suoi articoli, molti dei quali rintracciabili sul sito della rivista Internazionale, la IALS (International Adult Literacy Survey) e la ALL (Adult Literacy and Lifeskills Surve) ponevano dei questionari a volontari (persone che accettavano di sottoporsi a test per ore) riguardanti diversi ambiti di competenza (lettura in prosa, capacità numeriche, soluzione di problemi, logica, ecc.) strutturati in cinque livelli di difficoltà crescente. Già tra loro i risultati non danno mai valori quantomeno comparabili riguardo, per dire, al livello di verifica sui volontari dello stesso paese, ma, cosa importantissima, nessuna delle due stabilisce, per esempio, che chi risponde bene solo, per dire, ad un livello sui 5 di difficoltà sia un illiterato. Essendo ricerche serie si ponevano nell’ottica che è davvero impresa ardua indicizzare in valori la definizione dell’Unesco scritta prima, nell’impossibilità di fatto di tentare in maniera organica e sistematica di quantificare la capacità di orientarsi nella società contemporanea rispetto alle indicazioni di un testo di una persona, che sa leggere e scrivere. Paradossalmente, per interpretazione ortodossa della definizione, ognuno di noi lo è stato in un momento particolare: se leggessi un manuale di fisica quantistica, pur comprendendone il significato della quasi totalità di parole, non sapendo come sviluppare le mie capacità attraverso quel testo, o per intervenire attivamente nella società, sarei un analfabeta funzionale.
Un conto è definire le carenze strutturali del sistema dell’apprendimento, un conto è dimostrarlo attraverso delle congetture, capziose, e facilmente confutabili. Cosa molto più importante, è ben diverso cercare di quantificare delle abilità di comprensione del testo (che è il compito dei Test INVALSI, per dire, tra l’altro oggetto di numerosi studi contrari) dal definire un illiterato. Il problema è che è molto potente definire “analfabeta funzionale” qualsiasi persona che leggendo un testo lo interpreta in maniera differente a quella che ci si aspettava. Ma a quel punto non è più questione di comprensione testuale, ma più di quella ormonale.
È difficile leggere nel proprio analfabetismo.
Stanisław Jerzy Lec
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pangeanews · 4 years ago
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“Vorrei che si dicesse alla gente, con brutalità o con dolcezza parimenti violenta, ricordati che hai un’anima e che un’anima può tutto”. Cristina Campo, un’intervista
Tra i reperti della Radiotelevisione Svizzera c’è un documento straordinario, pubblicato nel 1977. Si tratta di un colloquio tra Cristina Campo e Olga Amman, “etnologa, viaggiatrice e documentarista” (vedi qui), realizzato a Nervi, alcuni mesi prima della sua morte, accaduta il 10 gennaio 1977, a Roma. La Campo non era solita rilasciare interviste: con la Amman fece una eccezione, “accettò forse perché anch’io come lei ero convinta che le cose del mondo visibile sono meno numerose di quelle del mondo invisibile”. Il dialogo si può ascoltare integralmente qui; ne ho estrapolato, per punti, alcune parti, in lettura, lo spartito di un’anima rara. “Io traverso uno strano periodo, un poco sonnambolico, interrotto da momenti di acutissima veglia. Le chiavi continuano ad aprire porte inattese… Io non sono così innocente da penetrare in quei territori come Alice nello specchio – mi rendo conto che si può scoprire all’improvviso di trovarsi in foreste di orsi e di serpenti”, scrive la Campo, il 21 gennaio 1975, a ‘Mita’. Vigile nella solitudine, la Campo abita un doppio romitorio: fisico – ha rari contatti con il mondo – e metafisico – s’è scavata un monastero nel cuore, dove il volto è scatto di fiamma. La sua voce, allo stesso modo, è distante, da un regno blu, scandito da un tempo misurabile in candele, e viva, piena, pronta, qui, in salotto – la Campo è allo stesso modo monda e mondana, ha l’attenzione di chi è nudo e morde. Appena dopo la morte, nel numero di gennaio-marzo 1977 di “Conoscenza religiosa”, sono pubbliche le sue traduzioni da Efrem Siro, il grande poeta e sapiente della Chiesa vissuto nel IV secolo. È poema che brucia, trapunto di luce, un inno alla luce – “Se si congiunge a una fonte di luce/ l’occhio diviene luce/ sfavilla di quella luce/ si fa glorioso di quello splendore” – che infine acceca, fino a rendere visibile solo ciò che non si vede.
***
Chi è Cristina Campo? “Ma scusi, ma a chi importa?… c’è pure quel matto che strisciava per terra un grosso zoccolo dicendo, ‘lo consumerò questo pazzo mondo’… sono un po’ perplessa di questa generosità, del loro tempo, eccetera, mi affido a lei, non so cosa dire… Spero bene di non saper mai parlare di me…”.
Lo pseudonimo. “Il mio è uno pseudonimo… mi ricorda una persona saggia e antica che diceva: non dir mai il tuo vero nome, non dir mai la tua data di nascita e non regalare mai una tua fotografia… Da bambini si giocava a darsi dei nomi, avevo 15 anni e giocavo con una mia dolcissima amica che morì sotto la prima bomba che cadde su Firenze. Da allora questo nome dato per gioco mi diventò più caro del mio, e questo è tutto”.
Il gioco delle maschere. “Considero Cristina Campo talmente poco importante che non mi pesa affatto… Cristina Campo è un personaggio a cui non penso mai, che bellezza, lei resta fuori…”.
“Ha scritto poco e le piacerebbe aver scritto meno”. “La parola per me è una cosa terribile, è un filo scoperto, elettrico… con il verbo non si scherza… Possiamo fare un male terribile, dire immense sciocchezze di cui ci pentiremo dieci anni dopo. Possiamo educare, formare anime ancora tenere con una sicurezza bersagliera che dopo alcuni anni rimpiangeremo. Ho sempre avuto una gran paura della parola: ho scritto molte cose che non ho pubblicato e non me ne importa nulla. Domani, se stessi per morire, ne butterei nel fuoco molte. ‘Di ogni parola inutile sarà chiesto conto’, dice la Scrittura”.
Cosa le importa? “La poesia mi importa molto. Qualcosa che mi importa più della poesia è la fonte della poesia. La poesia non ha senso se non nasce da una fonte metafisica, invisibile, come nelle fiabe. Queste sono le due cose che contano”.
Credere nell’invisibile. “Credo pochissimo al visibile, credo molto all’invisibile ed è forse la cosa che mi interessa di più”.
Fare cose proibite. “Sto facendo cose proibite, che ora sono diventate pericolose… Mi sono messa a studiare un po’ per noia del pluralismo nostrano, le liturgie non nostre, rimaste se stesse, ed è un mondo inimmaginabilmente bello e importante: mi sono accorta che non solo tutta l’arte ma anche le fiabe vengono da lì… Le due liturgie che più mi hanno impressionato sono l’etiopica e la bizantino-slava, e poi altre, una bellissima, caldaica, dove sentiamo le parole di Cristo come le ha dette”.
Il Padre Nostro è una poesia. “Il Padre nostro è una poesia. La prima parte, che si svolge tra uomo e Dio, sui desideri a lode di Dio, è rimata; la seconda parte, quando si scende a chiedere il pane quotidiano, è una prosa ritmica, cala, richiama con risonanze la prima parte, è un capolavoro straordinario… Gli strumenti poi sono bellissimi: gli armeni hanno cembali e gong, gli etiopici hanno i tamburi e i sistri, sono meravigliosi. Ciò che avevamo una volta e che abbiamo gettato via, per ragioni certamente sublimi ma che io non afferro, sono conservati lì per aprire i cinque sensi, che diventano cinque porte per far entrare l’invisibile. I profumi di una chiesa armena non possiamo immaginarceli: il profumo del miron, il crisma dove hanno bollito per tre giorni e tre notti cinquantasette aromi diversi alla lettura continua del Vangelo in un fuoco scaturito da icone e alimentato dal vescovo è qualcosa di indicibile”.
Sulle domande capitali: Chi sei? Che senso ha il mondo? “Non esco mai dalla minore età, spero sempre vanamente, perciò queste domande non le so immaginare, non posso pormi nel cervello dell’Essere, come faccio? Non mi sono mai posta il problema perché si vive? Per me un miracolo… Avere visto una lucertola che prendeva la buccia di una pera, stando sopra il mio piede, e la portava alla femmina, come un dono, mentre il sole tramontava. Ecco, che bello essere creati… o che cosa spaventosa in altri momenti. La domanda urgentissima, piuttosto, è: perché sei qui e cosa devi fare? A quella domanda quasi sempre rispondo ‘per scrivere’, con enorme presunzione. Testimoniare la bellezza, ecco, mi sembra una risposta. E poi amare alcune persone, potendo moltissime, tutto e tutti, ma è difficile”.
La civiltà occidentale. “Questa non mi sembra più una civiltà, non ha più niente dei caratteri di una civiltà. La civiltà si trasmette con amore, questa è una cosa che si distrugge con furore”.
Lavorare su se stessi, il “collettivo” non esiste. “Non credo in niente di collettivo, ognuno deve lavorare su se stesso. Ognuno irradia, collettivamente non si può far niente. Esistono uomini ‘realizzati’: questi uomini entrano e tutto va a posto. Io non ho fiducia in niente, ma ho incontrato persone mature, diciamo così, che hanno capito tutto, basta, chiuso, un 5 o 6 uomini e 7 o 8 donne, che è un numero stragrande per chi vive sola, come me, che non frequento un mondo. Vuol dire che ce n’è di questi uomini. Ho viaggiato poco, li ho conosciuti questi uomini e so che se si potesse permettere a questa gente di avere in mano la ferula, potrebbero scaturire dei miracoli”.
Ricordati che hai un’anima. “Vorrei che si dicesse costantemente alla gente, con brutalità o con dolcezza parimenti violenta, come faceva Cristo, ‘ricordati che hai un’anima e che un’anima può tutto’”.
L'articolo “Vorrei che si dicesse alla gente, con brutalità o con dolcezza parimenti violenta, ricordati che hai un’anima e che un’anima può tutto”. Cristina Campo, un’intervista proviene da Pangea.
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cinquecolonnemagazine · 2 years ago
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Hackathon SAE Institute: storia di idee al servizio della salute
La storia di oggi vede come protagonista #PlaySeriously, l’hackathon ibrido organizzato da SAE Institute Milano (https://www.sae.edu/ita/) e co-finanziato da CEI Initiative, programma di finanziamento europeo rivolto ai Paesi della regione Sud Est Europa, per lo sviluppo di un videogioco che consenta lo screening dei predittori di possibili disturbi dell’apprendimento (DSA) nei bambini, con il patrocinio di AIRIPA, l’associazione di psicologi che si occupa di dislessia. Hackathon SAE Institute e DSA Andiamo, però, con gradi: cosa sono i DSA? I DSA (Disturbi Specifici dell'Apprendimento) sono disturbi dell'apprendimento che possono influire sulla capacità di una persona di comprendere e utilizzare le informazioni in modo efficace. I DSA possono includere difficoltà nella lettura, nella scrittura, nell'ortografia, nel calcolo e nell'organizzazione del pensiero. Questi disturbi possono essere causati da diverse fattori, come problemi di sviluppo del cervello, traumi o disturbi dello sviluppo. Se una persona ha dei DSA, può avere bisogno di supporto specializzato per aiutarla a superare queste difficoltà e raggiungere il suo pieno potenziale scolastico e professionale. Intervista a Alessandra Micalizzi, docente e ricercatrice presso SAE Institute Eccoci giunti, quindi, al momento dell'intervista. Nostra ospite di oggi è Alessandra Micalizzi, docente e ricercatrice presso SAE Institute: Ogni storia ha un suo punto di partenza: cos'è SAE Institute? SAE Institute, il più grande Creative Media College, è un’Accademia di formazione nelle industrie creative fondata in Australia nel 1976 e presente in 28 Paesi dei 6 continenti, con più di 54 campus. SAE Institute Europe oggi è parte del gruppo AD Education e SAE Italia s.r.l. International Technology College ha sede a Milano, in via Domenico Trentacoste 14. Cos'è #PlaySeriously? Fin troppo spesso il gioco, e anche il videogioco, viene considerato semplice intrattenimento quando in realtà è molto di più: è una base per intessere relazioni, un contesto protetto dove fare esperienza e migliorare le proprie competenze. #PlaySeriously è stata per tutti un’occasione di confronto con un tema molto delicato, ancora sottovalutato, quello dei disturbi dell’apprendimento, che interessa tantissimi studenti e le loro famiglie e che perciò va preso in considerazione con la giusta serietà. Quali sono le vostre sensazione riguardo questo progetto? Questo progetto ci ha confermato quanto il tema sia sentito, anche dai più giovani, che in questa giornata hanno saputo mettere le proprie abilità e competenze a servizio di un'idea, di un progetto creativo, e portare dei risultati straordinari davanti alla giuria Quali sono i progetti vincitori? I progetti vincitori sono stati realizzati da tre team differenti, di età compresa tra 18 e 25 anni, con l’obiettivo di costruire uno strumento che, attraverso il videogioco, potesse supportare gli specialisti nello screening dei predittori di possibili disturbi dell’apprendimento in età prescolare: - Bombetta Misadventures è il concept che si è aggiudicato il primo premio in gara, con un gioco adatto ai bambini dai 5 ai 7 anni per sottoporli a un allenamento altamente validato per la dislessia - Fluffy, secondo classificato, è il concept di un gioco dove il protagonista è un gattino nello spazio, e permette di predire eventuali segni precoci di dislessia attraverso una serie di giochi avventurosi alla ricerca di gomitoli - Dough Space Adventure, un gioco interattivo di avventura ambientato in una galassia di argilla, in cui diversi enigmi hanno l’obiettivo di far divertire i bambini ed essere allo stesso tempo un utile strumento di educazione Read the full article
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sigisette-blog · 5 years ago
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La Top 10 (non richiesta) dei fumetti che ho letto fino ad ora
Wow, sono passati 3000 anni dall’ultimo post, ho una costanza formidabile proprio con questo blog. Abbiate pietà della mia anima.
Oggi ho deciso di trasformarmi nel Corrado Augias dei poveri e fare una top 10 dei fumetti che ho letto fino a questo momento. Non è stato semplice, lo ammetto ma era un’idea che avevo da un po’. 
Sono delle mini recensioni perchè non voglio spoilerare le storie complete, anzi voglio incuriosirvi a leggerli!
Premessa: non è che tutti gli altri che ho letto fanno schifo, semplicemente questi mi sono rimassi impressi di più e li rileggo con piacere. 
Let’s roll!
10. “DEATH” di Neil Gaiman 
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Questo fumetto è uno dei miei preferiti tra quelli di Neil Gaiman. Incoraggio sempre tutti a leggerlo perchè è un mostro della scrittura e “Sandman” (da cui è tratto questo personaggio) è un’opera pazzesca. 
La protagonista qui è Morte, e intendo proprio la morte con la M maiuscola. E’ rappresentata come una giovane ragazza goth che nessuno assocerebbe al Tristo Mietitore (siamo abituati allo scheletro con la falce e il mantello nero) e forse è giusto così. 
Questo volume è una raccolta delle storie in cui lei è il personaggio principale (di solito lo è suo fratello Sogno) e c’è una profonda riflessione sul concetto di Morte e su cosa comporta la sua presenza. 
Consiglio assolutamente di leggere e rileggere la prima storia, “Il Battito delle Sue Ali” perchè è una mazzata al cuore ma anche la realtà della morte stessa.
9. “LA GENERAZIONE” di Flavia Biondi
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Io ADORO Flavia Biondi. Adoro la sua scrittura e il suo tratto e ho letto quasi tutto quello che ha prodotto. 
Questo fumetto è quello che più mi è piaciuto e che riprendo spesso in mano.
La storia ruota attorno a Matteo, un ragazzo gay che si trova in crisi e decide di tornare nel suo paese natale dove abitano le sue zie e sua nonna. Matteo teme di trovare un ambiente che lo tratti male per via di chi è, invece trova un percorso che lo aiuta a crescere. 
Una delle mie scene preferite è sicuramente l’elaborazione della sessualità di Matteo da parte delle zie. E’ una scena semplice di per sè ma ha tantissimo significato.
I rapporti umani sono le fondamenta di questa storia e sono quei rapporti che ci troviamo anche noi nella realtà. Ci si allontana ma in qualche modo ci si riavvicina per sostenersi a vicenda nei momenti difficili. 
8. “MAUS” di Art Spiegelman
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(Spero che Tumblr non mi censuri sto post perchè c’è quel simbolo sulla copertina... se lo fa, smatto)
Beh, che dire? Un classico dei fumetti. Una storia che prende un’epoca che uno vorrebbe dimenticare per gli orrori che ci sono stati ma che invece dobbiamo ricordare, soprattutto alla luce degli ultimi tempi. 
E’ la biografia del padre di Art Spiegelman, Vladek Spiegelman, un ebreo polacco che ha subito le torture dell’Olocausto. Ovviamente il povero uomo si ritroverà in un campo di concentramento e cercherà di sopravvivere. 
Ora... Come si può trattare questo argomento con un fumetto senza essere banali? Spiegelman ci è riuscito utilizzando animali antropomorfi. Gli ebrei sono rappresentati come topi, i tedeschi come gatti, i polacchi come maiali (sottile critica per il loro aiuto ai nazisti) e così via... Sembra quasi un libro per bambini ma non lo è. Ci sono scene forti e d’impatto che fanno venire il magone.
La tematica può sembrare “banale” (e non dovrebbe esserlo MAI) ma il tutto è reso in una maniera che prende la lettura. Non sono riuscita a metterlo giù fino alla fine.
7. “RUGHE” di Paco Roca 
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Penso di aver perso tutte le mie lacrime su questo fumetto. Non sto esagerando.
La storia è ispirata alla vita dell’amico di Roca, Diego, e di suo padre Emilio che ha l’Alzheimer.
Il protagonista, Emilio, è un ex-impiegato di banca che in tarda età viene mandato dal figlio in casa di riposo perchè gli viene diagnosticato l’Alzheimer. La storia parte da questo momento e vediamo come Emilio si approccia all’ospizio e a chi vi abita ma vediamo anche il triste declino della sua salute.
In qualche modo speri che non finisca male ma è inevitabile che succeda perchè non c’è cura per questo morbo. E’ davvero straziante.
E’ una storia che tocca tante persone, chi ha avuto o ha una persona cara malata, ha visto un suo nonno sparire davanti a sé e sa che non può fare nulla se non starci vicino. 
E’ davvero una storia che mi ha colpito da vicino, con un disegno “semplice” ma funzionale alla storia. 
Preparate i fazzoletti. 
6. “IL PORTO PROIBITO” di Teresa Radice e Stefano Turconi
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La bellezza di questo fumetto non è quantificabile, amo qualsiasi vignetta.
Questo volume è il prodotto della premiata ditta Radice-Turconi e la prima cosa che si vede è che è fatto tutto, interamente a matita! Già solo per questo va nella mia top 10, la matita è lo strumento che ha il tratto più bello per me. Rende tutto più sinuoso ed elegante.
La storia si concentra su Abel, un giovane naufrago che non ricorda nulla della sua vita; sale su una nave che lo porta a Plymouth dove incontrerà la prostituta Rebecca e i due hanno molto in comune.
Ci sono colpi di scena continui e non assolutamente la storia che ti aspetti. Ci sono tantissimi riferimenti alla letteratura inglese (Coleridge, Wordsworth, Blake...) e la cura nei dettagli è incredibile.
Fun fact: alla fine del libro gli autori ci hanno lasciato una playlist con le canzoni che hanno utilizzato nella realizzazione del fumetto e l’ho trovata una cosa geniale!
5. “PRESIDENTI MORTI” di Posehn, Duggan e Moore
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Dopo una carrellata di fumetti con storie tristi, è il momento della storia senza senso che ti fa ridere come un’idiota.
E’ l’unico fumetto Marvel che troverete in lista ed è qui perchè c’è uno dei miei personaggi preferiti, Deadpool. 
Il Mercenario Chiacchierone già normalmente fa ridere con le sue battute e il suo rivolgersi al lettore (unico personaggio che lo fa nell’universo Marvel e tutti lo prendono per pazzo) ma qui si supera.
Uno stregone, pensando di aiutare gli USA, decide di far tornare in vita (come zombie) tutti i vecchi presidenti americani ma la cosa gli sfugge di mano e questi cercano di distruggere il paese.
Ovviamente è compito di Deadpool, essendo lui immortale, quello di rispedirli indietro e si vengono a creare delle scene comiche che ti lasciano a ridere per ore. 
Se volete qualcosa di leggero e divertente, è il fumetto perfetto per voi!
4. “DIMENTICA IL MIO NOME” di Zerocalcare
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Vabbè dai tanto era ovvio che prima o poi Zerocalcare saltasse fuori. 
Ho letto tutto quello che c’è di Zerocalcare e adoro il fatto che sia capace di mischiare il comico con tragico, che ti coinvolga tantissimo nella sua storia.
Ero tentata di inserire “Kobane Calling” (che consiglio comunque) ma questo è quello che più ho sentito vicino a me.
Zerocalcare qui affronta la perdita della nonna a cui voleva molto bene. La storia tratta dell’elaborare il lutto ma soprattutto del vedere le persone, che di solito sono la tua roccia, cadere giù per la tristezza, per la perdita. 
C’è una componente comica e anche una “fantastica” nel racconto della vita della nonna, che fa sorridere ma anche piangere.
E’ una storia in cui un po’ tutti ci possiamo ritrovare: quando perdi qualcuno cerchi di farti forza ma anche di far forza a quelli attorno a te, a quelle persone che di solito sono sempre quelle che ti aiutano nei momenti difficili.
Grazie, Zero.
3. “RESIDENZA ARCADIA” di Daniel Cuello
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E siamo nella top 3! 
Questo libro l’ho preso a caso, lo ammetto. Non avevo assolutamente idea di chi fosse Daniel, quale fosse la storia... Ho guardato la copertina e ho pensato “Sembra carino”.
E’ BELLISSIMO!
L’avrò letto in 2 ore, penso. Divorato.
La storia sembra semplice a primo impatto: la vita in un condominio. Ma non è così. Già le prime pagine ti fanno dire “No... Aspetta... Cosa è successo???” e da lì in avanti è tutto un crescendo. 
Il punto di forza sono i personaggi. Sono tutti anziani (tranne due) che vivono da tempo in questo condominio e ognuno ha la propria caratteristica: chi è acido, chi è curioso, chi è ligio al dovere, chi è diffidente... Sono vecchi che vediamo tutti i giorni.
Ma alcuni nascondono delle storie, anche molti tristi, che fanno comprendere il perchè siano così. 
Vivono in un microcosmo tutto loro che però li aiuta a sopravvivere al macrocosmo pericoloso fuori dal condominio. 
Il finale non è scontato, anzi, tutto l’opposto!
2. “BLACKSAD” di Diaz Canales e Guarnido
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Mi strappo i capelli per la bellezza di questo libro.
Avete presente quando vedete un bel quadro e dite “cavolo, lo vorrei nel mio salotto”? Ecco, io vorrei nel mio salotto ogni tavola prodotta da Guarnido.
“Blacksad” è un Zootropolis noir per adulti, diciamo. I personaggi sono tutti animali antropomorfi che abitano il nostro mondo. Il protagonista è John Blacksad, un gatto nero (tranne il muso) che fa l’investigatore privato. 
Le avventure di John non sono semplici gialli, trattano anche di tematiche importanti come il razzismo, la droga, il pericolo dell’atomica e così via. 
A livello visivo è una BOMBA. Ogni pagina è un’opera d’arte che guardi per 15 minuti, trovando ogni volta un dettaglio nuovo. Guarnido fa quello che vuole con il pennello e tu non puoi che inginocchiarti al suo cospetto.
Le storie di Canales poi non sono banali, ti lasciano con il fiato sospeso e c’è sempre un colpo di scena che ti fa saltare sulla sedia.
Se non lo leggete, siete brutte persone.
1. “LA SAGA DI PAPERON DE’ PAPERONI” di Don Rosa
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“Che noiosa, hai messo un roba della Disney al primo posto”
Ebbene sì e non me ne pento. 
Paperone è un personaggio che in qualche modo ho sempre amato. E’ vero che è uno scorbutico taccagno e un avido uomo d’affari... Ma lo è sempre stato?
Questa saga racconta l’immensa storia di Paperone, da quando era piccolo e viveva in povertà in Scozia fino a quando non è diventato il papero più ricco del mondo. E’ l’esempio dell’immigrato che lascia la sua famiglia per andare a guadagnare altrove e aiutare così i suoi parenti (se ci pensiamo è una storia estremamente attuale). 
Così vediamo come Paperone arriva negli USA durante la febbre dell’oro e qui incontra una marea di personaggi famosi realmente esistiti che lo aiutano nelle sue avventure.
Ma non è tutta rose e fiori. Ci sono anche momenti di grande tristezza per Paperone, lutti nella famiglia che non può affrontare perchè deve lavorare ma quando riesce a tornare a casa, l’immagine è davvero straziante (è una cosa molto anomala nel fumetti Disney vedere la morte).
Scopriamo anche che Paperone ha avuto un grande amore (pure lui rimorchiava) che però ha messo da parte per continuare la sua scalata al successo... Tuttavia non ha mai dimenticato la papera che lo ha stregato. 
Questa saga fa rivalutare tantissimo l’immagine burbera di Paperone perchè bisogna sempre chiedersi del perchè qualcuno è quello che è, c’è sempre una storia dietro.
La mia top 10 finisce qui, spero vi sia stata utile e vi invogli a leggere alcuni di questi fumetti bellissimi!
Peace out
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lettieriletti · 11 months ago
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Il pacchetto rosso
In un paese di montagna, un misterioso pacchetto rosso, di cui nessuno conosce il contenuto, gira come dono di Natale di mano in mano, e a poco a poco cambia la vita dei suoi abitanti. Con questo racconto, Linda Wolfsgruber e Gino Alberti ci fanno anche vivere l’atmosfera incantata della montagna sotto la neve. Età di lettura: da 5 anni.
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lamilanomagazine · 1 year ago
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Un ricco novembre ad Ognibene con teatro ragazzi e presentazioni di libri
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Un ricco novembre ad Ognibene con teatro ragazzi e presentazioni di libri. Lecce. Alla Biblioteca OgniBene è in programma sabato 25 novembre, dalle 10 alle 12.30, la seconda edizione dell’iniziativa “Un libro per ogni nuova nascita”, inserita all'interno di Nati per leggere, il programma nazionale di promozione della lettura rivolto alle famiglie con bambini in età prescolare, promosso dall’Associazione Culturale Pediatri, dall’Associazione Italiana Biblioteche e dal Centro per la Salute del Bambino Onlus. Una giornata di festa per accogliere con un dono i piccoli cittadini e le piccole cittadine leccesi nati durante l’anno. Dalle 10 alle 11, è prevista la presentazione del corso gratuito di massaggio infantile che si terrà in biblioteca da dicembre fino al prossimo gennaio con un’istruttrice professionista per fornire informazioni e offrire le prime indicazioni a tutti gli interessati, e le “Storie del buongiorno e della buonanotte”. uno spazio di letture ad alta voce per promuovere l’importanza della pre-lettura nei bambini in fascia 0-3 anni. Le altre novità nella programmazione di OgniBene per il mese di novembre sono tre spettacoli di teatro ragazzi gratuiti inseriti nella rassegna “Ci vuole un fiore”, a cura di Factory Compagnia transadriatica, e tre presentazioni di altrettanti libri. Nello specifico, gli spettacoli teatrali che si terranno nella chiesa di OgniBene sono, domenica 5 novembre, alle ore 17.45, “Atlante delle città”, liberamente ispirato a “Le città invisibili” di Italo Calvino, preceduto alle 16.30 da un laboratorio organizzato da Bla bla bla, e sabato 18 e domenica 19 novembre, sempre con inizio alle 17.45, due spettacoli di e con Abderrahim El Hadiri, “Heina e il Ghul” e “Sotto la tenda. Un viaggio fantastico”, entrambi seguiti da un'animazione con il pubblico presente. Venerdì 3 novembre, alle 17.30 sarà presentato il volume di Giuseppe Luigi Vincenti, “Nc’era nna fiata (C’era una volta)”, che raccoglie canzoni, stornelli, racconti, proverbi e detti popolari di Cursi. Introducono Mario Spedicato, Università del Salento e presidente SSPPLecce, e Mariangela Vincenti, curatrice del volume. Dialogano con l'autore Alessandro Capone, Università del Salento, e Domenico Lassandro, Università Aldo Moro di Bari. Mercoledì 15 novembre, alle 17.30, sarà la volta del saggio “Welfare Meridiano” di Angelo Moretti (Rubbettino). Nel saggio, la ripresa dalla grande crisi economica post Covid che dovrebbe avvenire con il PNRR, il più grande piano di spesa pubblica dopo il piano Marshall, continua ad essere concepita alla luce dell’idea di “esportare” le strutture dello Stato Sociale del Nord al Sud, ignorando le strutture sociali formali e informali esistenti: con il Recovery Fund, il Sud viene finanziato solo se si “comporta come il Nord” nella logica di un “welfare separatista” che divide il disagio dall’agio. Se, invece, il welfare del futuro avesse la visione del “pensiero meridiano”, il nostro stato sociale potrebbe finalmente vivere un cambiamento inedito, da Sud. Dialoga con l'autore il sindaco di Lecce Carlo Salvemini, modera la giornalista Valentina Murrieri. Infine, mercoledì 22 novembre, alle ore 17, sarà presentato il romanzo storico-biografico di Vincenzo Dimilta, “In una vita” (Edizioni Transumanti di Accettura). Un avvincente spaccato del secolo scorso che tratteggia, insieme alla figura del protagonista, Giuliano, in lotta per una riscossa personale e collettiva, le storie dei sopraffatti, degli oppressi e delle loro sofferenze. Dialogheranno con l'autore Cosimino Rolli delle Fattizze d’Arneo e Franco Tommasi. Proseguono, poi, le iniziative della programmazione consueta di OgniBene: tutti i martedì di ottobre il laboratorio di stampa 3D proporrà la realizzazione di giocattoli dei primi del Novecento; tutti i mercoledì “Gocce di voce”, gli incontri di lettura condivisa per mamme in attesa e bambini e bambine da 0 a 24 mesi e un mercoledì al mese (questo mese il 29 novembre) il laboratorio montessoriano “Immagina, gioca, crea”; tutti i giovedì “L'ora del racconto”; tutti i venerdì prosegue “Scaldiamo il Cuore”, il progetto per ecuperare l’arte del lavoro a maglia dando vita a reti di solidarietà, mentre il 5 e il 19 novembre sono le due domeniche con l'appuntamento pomeridiano di “Orti di Pace”, il gruppo di lettura della biblioteca. L'ultimo venerdì del mese a chiudere la programmazione è “Viva Calvino”, con Mauro Marino che legge e racconta “Il barone rampante”. Riprende a riunirsi un venerdì al mese il club degli Otaku!, il gruppo di ragazze e ragazzi – dagli 11 anni in su – appassionati di manga e anime, torna il sabato con gli ultimi appuntamenti il progetto “Brick Genius STEAM school for kids” e il Coderdojo, corso di programmazione base con Arduino e avanzato con Scratch. Domenica 26 novembre, si rinnova l'appuntamento le lettura animate con lo strumento del kamishibai. I dettagli della programmazione sono disponibili sul sito www.bibliotecaognibene.it.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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levysoft · 5 years ago
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L’analfabetismo funzionale è un grave problema dei giorni nostri. Tutti ovviamente sanno ormai leggere, sa scrivere e far di conto, come si diceva una volta, ma in quanto a strumenti critici e capacità di analizzare e comprendere un testo, in Italia non stiamo messi benissimo. E con la sempre più pervasiva diffusione del Web, la situazione non è affatto migliorata, anzi forse è peggiorata. Tutti leggiamo e commentiamo, ma forse spesso a sproposito. A confermarlo sono i dati dell’ultimo studio PISA prodotto dall’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, che fa riferimento al 2015.
Osservando i dati che misurano la competenza di lettura al fine di raggiungere i propri obiettivi, sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità e svolgere un ruolo attivo nella società, emerge infatti chiaramente che la percentuale di studenti quindicenni (divenuti quindi maggiorenni lo scorso anno) non si discosta di molto dalla media OCSE per quanto riguarda il livello più basso di comprensione del testo, ma crolla man mano che si guardano si sale di livello, giungendo ad appena lo 0,6% di quindicenni italiani in grado di raggiungere il livello più elevato, contro l’1,1% della media OCSE.
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Ma quali sono anzitutto i livelli a cui fa riferimento lo studio? Il livello 1 è quello che richiede meno capacità: per raggiungerlo basta infatti comprendere il tema principale di un testo relativo ad argomenti conosciuti o saper fare connessioni semplici tra le informazioni presenti nel testo e le conoscenze comuni. A questo livello, fortunatamente si ferma soltanto un quindicenne su sei.
Il livello base, quello che assicura cioè una comprensione un minimo approfondita, è invece il 2, e il suo raggiungimento implica la capacità di riconoscere il concetto portante di un testo, comprenderne le relazioni, e costruire il significato all’interno di una parte limitata del testo, effettuando semplici deduzioni quando l’informazione non è evidente. In Italia questo livello è raggiunto da un quarto dei quindicenni.
Le cose si complicano quando ci si sposta verso i due massimi livelli, il 5 e il 6. Il 5 infatti è raggiunto appena dal 5,1% degli studenti italiani, contro una media del 7,2%. Questo livello implica compiti riflessivi e interpretativi che richiedono una comprensione profonda del testo, il cui contenuto non sia familiare. L’ultimo livello invece consiste nella capacità di effettuare confronti, integrando le informazioni da più di un testo, confrontandosi con idee non familiari e applicando conoscenze sofisticate, esterne ai testi di riferimento. Questo livello come detto è raggiunto appena dallo 0,6% dei nostri studenti quindicenni, contro una media dell’1,1%.
Dunque, fino al livello 2 tutto bene, ma è sufficiente nella società attuale ad orientarsi efficacemente nell’infosfera, valutando fonti e informazioni presenti e reperibili online dopo averle confrontate con le proprie conoscenze, elaborando infine un proprio pensiero originale? La risposta, ovviamente, è no.
Certo, si potrebbe obiettare che la ricerca risalga ormai a 4 anni fa e che nel frattempo le cose potrebbero essere migliorate. Un’ipotesi non priva di fondamento dato che i quindicenni di allora oggi hanno 19 anni, hanno completato gli studi superiori e, forse, intrapreso quelli universitari. In Italia però ad oggi ci sono ancora quattro cittadini su dieci, di età compresa tra i 25 e i 64 anni, che non hanno mai conseguito un diploma, né ha concluso corsi di formazione professionale superiori ai 2 anni e riconosciuti dalla Regione, non ha frequentato altri corsi scolastici e non ha svolto attività formative ulteriori di alcun tipo. Si tratta di una parte consistente del Paese, che costituisce una fragilità per sè stessa, ma anche per il Paese, e della quale dovrebbero preoccuparsi politici e riformatori scolastici.
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