#educare con i libri
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pier-carlo-universe · 22 days ago
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Storia di un Fiocco: La magia della natura e il ciclo dell’acqua raccontati ai più piccoli. Recensione di Alessandria today
Un viaggio delicato e poetico nella fragilità della neve e nella meraviglia delle trasformazioni naturali, a misura di bambino
Un viaggio delicato e poetico nella fragilità della neve e nella meraviglia delle trasformazioni naturali, a misura di bambino. Storia di un Fiocco è un incantevole racconto per bambini, scritto da Eleonora Traverso e illustrato da Michele Bosco, che invita i più piccoli a esplorare la bellezza e la transitorietà della natura attraverso gli occhi curiosi di un bambino. La storia inizia quando un…
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diceriadelluntore · 11 months ago
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I Miei Libri del 2023
Leggere libri è il gioco più bello che l’umanità abbia inventato. Wisława Szymborska
1 - Benjamin Stevenson - Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno
2 - Bernardo Zannoni - I miei stupidi intenti
3 - Michela Marzano - L'amore che mi resta
4 - Martin Griffin - L'impostore
5 - Eric Fouassier - L'ufficio degli affari occulti
6 - Wendy Doniger - L'anello della verità
7 - Peter Hopkirk - Il Grande Circo
8 - Carmine Pinto - Il Brigante e il Generale
9 - Susan Cain - Il dono della malinconia
10 - Dennis Duncan - Indice, Storia dell'
11 - Maria Grazia Calandrone - Dove non mi hai portata
12 - Eshkol Nevo - Tre Piani
13 - Marcus Du Sautoy - L'enigma dei numeri primi
14 - Pietro Trifone - Brutte, sporche e cattive
15 - Giuseppe Barbera - Agrumi. Una Storia del Mondo
16 - Gianrico Carofiglio - Della gentilezza e del coraggio
17 - Audrey Magee - La colonia
18 - Edith Wharton - L'età dell'innocenza
19 - Antti Tuomainen - Il fattore coniglio
20 - Geoff Dyer - Natura morta con custodia di sax
21 - Franco Lorenzoni - Educare controvento
22 - Toshikazu Kawaguchi - Finché il caffè è caldo
23 - Florian Illies - 1913
24 - Francesco Paolo De Ceglia - Vampyr
25 - Richard Osman - Il Club dei delitti del giovedì
26 - Giulio Boccaletti - Acqua
27 - Domenico Dara - Malinverno
28 - Alessandra Necci - Al cuore dell'Impero
29 - Andrew Verghese - Il patto dell'acqua
30 - J.F. Powers - Morte d'Urban
31 - Imma Eramo - Il Mondo Antico in 20 Stratagemmi
32 - Gianni Solla - Il ladro di quaderni
33 - Alice Cappagli - Niente caffè per Spinoza
34 - A.K. Blakemore - Le streghe di Manningtree
35 - A.J. West - La meccanica degli spiriti
36 - Eric Fouassier - Il fantasma del Vicario
37 - Beatrice Salvioni - La Malnata
Nel 2023, finalmente, ho superato le 10 mila pagine lette, arrivando a quota 11336. Era un piccolo limite personale, niente di competitivo, ma il fatto di aver cambiato metodo di lettura mi ha aiutato nell'intento. Quest'anno ho letto anche libri su consigli di amici di Tumblr, uno tra questi è stato un regalo graditissimo. Per quelle vie misteriose e magiche che i libri ti fanno seguire, a volte ho comprato, senza saperlo, libri che sono complementari per tematiche e trame. Obiettivo del prossimo anno è leggere un classico a trimestre. Se ci sono curiosità sui titoli, chiedete!
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smokingago · 1 year ago
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I sentimenti si apprendono. Gli antichi imparavano i sentimenti attraverso le storie mitologiche. Se guardiamo alla storia greca ci ritroviamo tutta la gamma dei sentimenti possibili, Zeus il potere, Afrodite l’amore, Atena l’intelligenza, Apollo la bellezza, etc. C’era tutta la fenomenologia dei sentimenti umani. Noi invece li impariamo attraverso la letteratura, che è il luogo dove si apprende che cosa sono il dolore, la noia, l’amore, la disperazione, il suicidio, la passione, il romanticismo. Ma se la letteratura non viene “frequentata” e i libri non vengono letti, se la scuola disamora allora il sentimento non si forma. E se la cultura non interviene, i ragazzi rimangono a livello d’impulso o al massimo di emozione. Da qui la necessità di educare al sentimento, a partire dalle favole per bambini dove si impara cosa è bene e cosa è male, e poi, crescendo, con la scuola dove si apprende dalla letteratura tutta la gamma dei sentimenti, i loro nomi e i loro possibili percorsi. E solo grazie a questo corredo culturale si acquisisce quella sensibilità psichica capace di distinguere il bene dal male, l'amore dall'odio, la partecipazione dal l'indifferenza. Ma la famiglia e la scuola oggi educano al sentimento? Questa è la domanda da rivolgere non a Dio, ma alle nostre istituzioni educative. Umberto Galimberti, Intervista
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canesenzafissadimora · 4 months ago
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I sentimenti si apprendono. Gli antichi imparavano i sentimenti attraverso le storie mitologiche. Se guardiamo alla storia greca ci ritroviamo tutta la gamma dei sentimenti possibili, Zeus il potere, Afrodite l’amore, Atena l’intelligenza, Apollo la bellezza, etc. C’era tutta la fenomenologia dei sentimenti umani. Noi invece li impariamo attraverso la letteratura, che è il luogo dove si apprende che cosa sono il dolore, la noia, l’amore, la disperazione, il suicidio, la passione, il romanticismo. Ma se la letteratura non viene “frequentata” e i libri non vengono letti, se la scuola disamora allora il sentimento non si forma. E se la cultura non interviene, i ragazzi rimangono a livello d’impulso o al massimo di emozione.
Da qui la necessità di educare al sentimento, a partire dalle favole per bambini dove si impara cosa è bene e cosa è male, e poi, crescendo, con la scuola dove si apprende dalla letteratura tutta la gamma dei sentimenti, i loro nomi e i loro possibili percorsi. E solo grazie a questo corredo culturale si acquisisce quella sensibilità psichica capace di distinguere il bene dal male, l'amore dall'odio, la partecipazione dal l'indifferenza. Ma la famiglia e la scuola oggi educano al sentimento? Questa è la domanda da rivolgere non a Dio, ma alle nostre istituzioni educative.
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Umberto Galimberti
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nusta · 2 years ago
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Questa sera sono andata di nuovo a fare un'esplorazione in libreria per cercare regali. Mi segno il link all'altro post che avevo fatto tempo fa per averlo comodo per le prossime occasioni. Questa volta stavo cercando qualcosa per un ragazzo di seconda media, un target relativamente inedito per me, anche perché mi ricordo cosa leggevo io, ma non ho abbastanza confidenza con lui da sapere se è roba che potrebbe apprezzare (e non so nemmeno se ci siano ancora in circolazione i miei titoli preferiti... ecco, ora che ci penso devo controllare se le raccolte di racconti della super junior mondadori siano ancora pubblicate e in che veste grafica, c'era serie di "storie di giovani ..." che mi piaceva un sacco e tipo quella degli alieni era a cura di Asimov e un paio di storie mi fanno ancora emozionare se ci penso *_*)
Intanto stasera volevo sfogliare un libro di cui avevo sentito parlare per mio papà e con l'occasione ho fatto una prima raccolta di titoli interessanti, poi vedremo.
Ho trovato questo "Noi inarrestabili" di Yuval Noah Harari che è una strana versione della storia dell'umanità e delle sue interazioni col mondo, con un filo conduttore del tipo qual è il nostro superpotere, ha anche delle belle illustrazioni ed è fitto di testo ma mi pare molto scorrevole e vorrei leggerne qualche altra pagina per capire meglio il taglio. Quello di Michela Murgia l'avevo già visto e mi era piaciuto, mi sa che lo volevo regalare anche a una mia amica e non ricordo se poi l'ho fatto per davvero, ma prima o poi lo prenderò sicuramente. Di libri come Lost in translation invece ne ho già regalati e ne ho pure io e mi piacciono un sacco, e sarebbe forse anche particolarmente adatto, considerato che il destinatario ha già vissuto in tre paesi con tre lingue diverse.
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Questi sulla lotta alla mafia e sulla vita di Gino Strada me li segno qui, ma sono troppo impegnativi per questa occasione, così come altri sulla Resistenza, i migranti e la storia delle battaglie sociali e del femminismo che per fortuna ormai riempiono scaffali interi. Mi piacerebbe un giorno essere nella condizione di regalarli, ma ancora non ci sono le premesse.
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Questi due romanzi me li sono salvati a promemoria degli autori: La figlia della luna di Margaret Mahy l'ho letto un sacco di volte (è uno degli ex Gaia Mondadori, una delle mie collane preferite da ragazzina) e vorrei vedere se ci sono altre opere della stessa autrice, invece quello di Gaiman non l'avevo mai sentito e vorrei provare a trovarlo in inglese, magari per l'anno prossimo.
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Per il mio giovane destinatario ho pensato anche alla serie di pseudo-diari di Keri Smith, che mi guardano sempre dallo scaffale e che non ho ancora avuto l'occasione di regalare a nessuno >_< anche se ogni Natale mi cade l'occhio perché sono bellissimi secondo me. Forse il più interessante per cominciare è anche il più comodo da portare, la versione pocket del diario da distruggere, però anche quello degli sbagli mi piace molto - così come quello del museo - insomma, ho letteralmente l'imbarazzo della scelta u_u
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Per le mie nipotine invece per una delle prossime volte mi sono segnata questi, che sono dei fumetti, dato che un vero e proprio fumetto loro l'hanno sperimentato poche volte e sarebbe anche ora di cominciare seriamente, dico io *_*
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A proposito di fumetti, personalmente ho lasciato un pezzo di cuore davanti ai ricettari di ramen e dumpling a fumetti, sono bellissimi *_* il ricettario ispirato a LOTR potrebbe essere interessante pure lui, ma non ho avuto tempo di sfogliarlo (e purtroppo credo non ci sia nessun fumetto >_<)
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E per finire, la Storia dell'editoria è il libro che ho preso per mio papà, ne avevo sentito parlare in un podcast e mi pare molto scorrevole e perfetto per lui. "Educare controvento" di Lorenzoni lo vorrei leggere io, così come quello di Munroe, che è una specie di esercizio mentale di quelli che mi tengono sveglia la notte ma nel senso buono, tipo le lunghe discussioni di approfondimento qui sul tumblr su roba assurda. Gli ultimi due li ho salvati proprio pensando chi qui sul tumblr è appassionato di flora e fauna come me (anzi anche di più, direi, a giudicare da alcuni post): il librone sui vermi è tutt'altro che breve, è un bel malloppo rosa fitto di informazioni, mentre il Bestiario selvatico stava nel reparto delle robe dei musicisti e della musica per via dell'autore, Massimo Zamboni, e ha delle belle illustrazioni realizzate da Stefano Schiaparelli raccolte tutte insieme alla fine.
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E insomma, più ne vedo e più ne vorrei e la scelta è davvero difficile! Mi sa che dovrò fare almeno un altro giro u_u
(Ma a chi la racconto, starò come minimo qualche altra dozzina di ore a girare tra gli scaffali XD)
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lamemoriainfinita2023 · 1 year ago
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THE ETERNAL MEMORY
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✔️ 𝐒𝐓𝐑𝐄𝐀𝐌𝐈𝐍𝐆 𝐎𝐑𝐀 𝐐𝐔𝐈 ▶ https://t.co/mbVSpVihkt
:: Trama La Memoria infinita ::
L'attrice Paulina Urrutia e il giornalista e scrittore Augusto Góngora sono innamorati da oltre vent'anni. Paulina, nata nel 1969, nei primi anni Duemila è stata anche Ministro del Consiglio Nazionale per la Cultura e le Arti in Cile. Classe 1952, Augusto è stato un noto reporter e produttore. Con inchieste televisive e libri si è occupato a lungo del passato più nero del suo Paese, la dittatura del generale Augusto Pinochet, imposta nel 1973 e durata per tutti gli anni Ottanta. Quando nel 2014 gli viene diagnosticata la malattia di Alzheimer, Paulina assume il ruolo di sua caregiver, fino alla morte di Augusto, avvenuta il 19 maggio 2023.
Un film (in Italiano anche pellicola) è una serie di immagini che, dopo essere state registrate su uno o più supporti cinematografici e una volta proiettate su uno schermo, creano l'illusione di un'immagine in movimento.[1] Questa illusione ottica permette a colui che guarda lo schermo, nonostante siano diverse immagini che scorrono in rapida successione, di percepire un movimento continuo.
Il processo di produzione cinematografica viene considerato ad oggi sia come arte che come un settore industriale. Un film viene materialmente creato in diversi metodi: riprendendo una scena con una macchina da presa, oppure fotografando diversi disegni o modelli in miniatura utilizzando le tecniche tradizionali dell'animazione, oppure ancora utilizzando tecnologie moderne come la CGI e l'animazione al computer, o infine grazie ad una combinazione di queste tecniche.
L'immagine in movimento può eventualmente essere accompagnata dal suono. In tale caso il suono può essere registrato sul supporto cinematografico, assieme all'immagine, oppure può essere registrato, separatamente dall'immagine, su uno o più supporti fonografici.
Con la parola cinema (abbreviazione del termine inglese cinematography, "cinematografia") ci si è spesso normalmente riferiti all'attività di produzione dei film o all'arte a cui si riferisce. Ad oggi con questo termine si definisce l'arte di stimolare delle esperienze per comunicare idee, storie, percezioni, sensazioni, il bello o l'atmosfera attraverso la registrazione o il movimento programmato di immagini insieme ad altre stimolazioni sensoriali.[2]
In origine i film venivano registrati su pellicole di materiale plastico attraverso un processo fotochimico che poi, grazie ad un proiettore, si rendevano visibili su un grande schermo. Attualmente i film sono spesso concepiti in formato digitale attraverso tutto l'intero processo di produzione, distribuzione e proiezione.
Il film è un artefatto culturale creato da una specifica cultura, riflettendola e, al tempo stesso, influenzandola. È per questo motivo che il film viene considerato come un'importante forma d'arte, una fonte di intrattenimento popolare ed un potente mezzo per educare (o indottrinare) la popolazione. Il fatto che sia fruibile attraverso la vista rende questa forma d'arte una potente forma di comunicazione universale. Alcuni film sono diventati popolari in tutto il mondo grazie all'uso del doppiaggio o dei sottotitoli per tradurre i dialoghi del film stesso in lingue diverse da quella (o quelle) utilizzata nella sua produzione.
Le singole immagini che formano il film sono chiamate "fotogrammi". Durante la proiezione delle tradizionali pellicole di celluloide, un otturatore rotante muove la pellicola per posizionare ogni fotogramma nella posizione giusta per essere proiettato. Durante il processo, fra un frammento e l'altro vengono creati degli intervalli scuri, di cui però lo spettatore non nota la loro presenza per via del cosiddetto effetto della persistenza della visione: per un breve periodo di tempo l'immagine permane a livello della retina. La percezione del movimento è dovuta ad un effetto psicologico definito come "fenomeno Phi".
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cinquecolonnemagazine · 6 months ago
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Fumetti fascisti: Il Balilla
I Fumetti fascisti ebbero una grande fortuna durante il regime. Amati dai più piccoli, erano uno strumento di propaganda privilegiato. Tra questi, uno dei più famosi fu "Il Balilla" che fu pubblicato per tutto il ventennio. Fumetti fascisti come strumento di propaganda del regime Come diffusamente ci riportano i libri di storia, la propaganda fu l'anima del regime fascista. I vertici del regime sapevano che era assolutamente necessario far percepire alla popolazione che quanto stabilito e ordinato dal Duce Benito Mussolini fosse giusto. Questa necessità era espressa in ogni momento e attraverso qualunque strumento. La propaganda era diretta a tutti, uomini, donne, adulti, bambini con messaggi personalizzati. Da ex maestro elementare, Benito Mussolini sapeva quanto potesse essere utile alla causa educare i più piccoli per ritrovarsi adulti già inquadrati. Così decise di arrivare a questa tenera età, oltre che con lo sport, anche con un'altra attività molto amata: la lettura dei fumetti. Il fumetto tra i più famosi del periodo fu senza ombra di dubbio "Il Balilla" Il Balilla Nato come "Giornale dei Balilla", iniziò le sue pubblicazioni il 18 febbraio 1923 come organo ufficiale dei gruppi Balilla. Il direttore responsabile era Defendente De Amici che si avvalse della collaborazione di Filiberto Scarpelli e Filiberto Mateldi. L'editore fu la Casa Editrice Imperia di Milano. A partire dal giugno 1925, il periodico uscì come supplemento del quotidiano Il Popolo d'Italia, organo del Partito nazionale fascista. Dal 5 giugno 1931, invece, divenne organo dell'Opera Nazionale Balilla. Il periodico era dedicato ai bambini mentre per le bambine fu pubblicata la rivista "La Piccola Italiana". La rivista cambiò impostazione grafica diverse volte e poté contare sulla collaborazione di nomi quali: Antonio Rubino, Attilio Mussino, Edina Altara, Piero Bernardini, Enrico Novelli alias Yambo, Guido Moroni Celsi e Giovanni Manca. Adelmo e Trippardello furono alcuni dei personaggi che trovarono posto sulle pagine della rivista insieme a Tiradritto e Gambalesta. Immancabili i bravi Balilla sempre pronti a riportare l'ordine dopo il caos, ad allontanare da Pinocchio, a suon di bastonate, il gatto e la volpe per poi far indossare anche al burattino l'uniforme e trasformarlo in un fascista perfetto. Durante la guerra, De Seta disegnò diverse filastrocche con caricature del presidente americano Franklin Delano Roosevelt, detto "Rusveltaccio", del re Giorgio VI d'Inghilterra, ribattezzato "Giorgetto" e del suo primo ministro Winston Churchill, detto "Ciurcillone". La rivista uscì tutte le settimane dal 1923 al 1943 con oltre mille numeri. L'opera nazionale Balilla L'Opera Nazionale Balilla (ONB) era un'organizzazione giovanile istituita durante il regime fascista in Italia. Fondata nel 1926, l'ONB prendeva il nome da Balilla, un ragazzo genovese leggendario per aver scagliato una pietra contro le truppe austriache nel 1746 durante l'assedio di Genova. L'ONB era concepita come un'organizzazione paramilitare per ragazzi e ragazze di età compresa tra gli 8 e i 18 anni, con lo scopo di addestrarli fisicamente e mentalmente secondo i principi fascisti. I giovani membri dell'ONB venivano sottoposti a un rigido addestramento militare, che includeva esercizi di marcia, ginnastica, tiro al bersaglio e altre attività simili. Oltre all'addestramento militare, l'ONB promuoveva anche l'ideologia fascista tra i giovani, insegnando loro valori come disciplina, obbedienza, lealtà al regime e senso di appartenenza alla comunità nazionale italiana. La propaganda fascista veniva diffusa attraverso le attività dell'ONB, che includevano adunanze, discorsi politici, eventi culturali e attività ricreative. L'ONB era strettamente controllata dal Partito Nazionale Fascista (PNF) e svolgeva un ruolo importante nel controllo sociale e nell'indottrinamento dei giovani italiani secondo l'ideologia fascista. Dopo la caduta del regime fascista alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1945, l'Opera Nazionale Balilla fu sciolta e dichiarata fuorilegge, insieme al Partito Fascista e alle sue organizzazioni affiliate. In copertina foto di tunechick83 da Pixabay Read the full article
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lamilanomagazine · 8 months ago
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Vicenza: Angelo Petrosino e Daniela Palumbo vincono la terza edizione del Campiello junior
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Vicenza: Angelo Petrosino e Daniela Palumbo vincono la terza edizione del Campiello junior La terza edizione del Premio Campiello Junior, nato dalla collaborazione tra la Fondazione Il Campiello, Pirelli e la Fondazione Pirelli, ha decretato i suoi vincitori nel corso di un evento nella Sala del Ridotto del Teatro Comunale di Vicenza. Nella categoria 7-10 anni, il premio è stato assegnato a Angelo Petrosino per il libro "Un bambino, una gatta e un cane" (Einaudi EL/Einaudi Ragazzi/Emme Edizioni). Per la categoria 11-14 anni, invece, ha trionfato Daniela Palumbo con il libro "La notte più bella" (PIEMME). Il Premio investe nel futuro dei giovani con l'obiettivo di promuovere la lettura come strumento pedagogico dal forte valore educativo. Un progetto per riscoprire la bellezza della narrativa italiana dedicata ai più piccoli e un'occasione unica per valorizzare il talento e la capacità di veicolare messaggi importanti attraverso la scrittura ad un pubblico di giovanissimi. Protagonisti della mattinata sono stati gli autori finalisti delle due categorie in gara e alcuni componenti della Giuria di Selezione del Premio, composta da: Pino Boero, già professore ordinario di Letteratura per l'infanzia dell'Università di Genova e Presidente di Giuria, Chiara Lagani, attrice e drammaturga, Michela Possamai, docente presso l'Università IUSVE di Venezia, già membro del Comitato Tecnico del Campiello Giovani e David Tolin, libraio e membro del direttivo di ALIR. Sono intervenuti, inoltre, Giacomo Possamai, sindaco di Vicenza, Lara Bisin, Vicepresidente di Confindustria Vicenza, Enrico Carraro, presidente della Fondazione Il Campiello e Antonio Calabrò, direttore della Fondazione Pirelli. In sala erano presenti anche l'assessore alla cultura, al turismo e all'attrattività della città Ilaria Fantin e l'assessore all'istruzione Giovanni Selmo. «E' stato un piacere e un onore ospitare il premio Campiello Junior a Vicenza - ha commentato il sindaco Giacomo Possamai -. Mi congratulo con i vincitori che con i loro libri doneranno momenti di gioia e di riflessione ai giovani lettori. L'evento di oggi è stato particolarmente apprezzato dalle classi presenti che hanno partecipato con entusiasmo. Mi auguro che per loro sia stata un'occasione di avvicinarsi ancor di più alla lettura, magari scegliendo proprio i libri finalisti che sono stati presentati dai sei autori presenti in sala al Ridotto del Comunale. L'obiettivo con Fondazione Il Campiello, con Pirelli, con Confindustria è di rendere Vicenza la sede stabile del Campiello Junior e stiamo lavorando insieme proprio per raggiungere questo obiettivo. E' nostra intenzione continuare a promuovere la cultura e in modo particolare dare una spinta alla lettura e alla voglia di leggere nelle giovani generazioni perché riteniamo sia un aspetto fondamentale per la loro formazione». Enrico Carraro, presidente della Fondazione il Campiello ha dichiarato: «Il Campiello Junior rappresenta un altro importante tassello nella filiera di divulgazione della cultura di cui il Premio si occupa da sempre. Un progetto che rinsalda il legame tra mondo imprenditoriale e cultura, investendo nella formazione dei bambini e dei ragazzi, le future generazioni di cittadini. La città di Vicenza ha accolto con grande entusiasmo la finale di questa edizione fornendo un contesto affascinante grazie al suo patrimonio artistico e culturale. Ringrazio Pirelli e Fondazione Pirelli per la sempre preziosa collaborazione nella realizzazione di questo riconoscimento che valorizza chi, con il talento e la creatività, si occupa anche della formazione dei nostri figli». Pino Boero, presidente della Giuria di Selezione, ha aggiunto: «L'ottima qualità dei testi presentati e ammessi alla selezione dimostra l'acquisita autorevolezza del Premio e indica ancora una volta le potenzialità della letteratura per l'infanzia e l'adolescenza: divertire ed educare nello stesso tempo non è una contraddizione ma è una possibilità perché nei libri fantasia e razionalità viaggiano insieme; di questo si sono accorti i giovani giurati che hanno svolto con piacere e intelligenza l'impegnativo compito della scelta dei vincitori e hanno confermato che l'attenzione e il coinvolgimento delle giovani generazioni voluto da Fondazione Il Campiello, Pirelli e Fondazione Pirelli è la scelta giusta, capace di guardare al futuro». Antonio Calabrò, direttore della Fondazione Pirelli ha concluso: «L'impegno comune del Premio Campiello e della Fondazione Pirelli va avanti. Si rafforza e trova nuovi spazi e più solide occasioni di coinvolgimento di territori e scuola, come indica la presenza a Vicenza, grazie all'impegno del sindaco e del Comune, che ringraziamo di cuore. Stimolare la scrittura di buoni libri per bambine e bambini e favorire la lettura fin dalle prime classi della scuola elementare significa fare crescere la sensibilità per la fantasia, l'avventura, il viaggio di scoperta. Aiutare a vivere nuove storie, appassionarsi a nuovi personaggi. Porre le basi, insomma, attraverso il piacere delle parole ben scritte, per una migliore convivenza civile e un intreccio più equilibrato di relazioni culturali e sociali». I libri premiati hanno ottenuto rispettivamente 67 voti su 112 e 75 su 113 (di cui 1 bianca) espressi dalle due Giurie Popolari dedicate, ciascuna composta da 120 ragazzi provenienti da tutte le Regioni d'Italia e dall'estero grazie alla collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e delle Cooperazione Internazionale. Ad avere l'ultima parola sulla scelta dei vincitori sono stati, quindi, i ragazzi dell'ultimo anno delle scuole primarie per la categoria 7-10 anni e del triennio delle scuole secondarie di primo grado per la categoria 11-14 anni. Al secondo posto per la categoria 7-10 anni, si è classificato Fabrizio Silei "Il Grande Discorso di Cocco Tartaglia" (Emme Edizioni) con 25 voti, al terzo posto Elisa Ruotolo "Il lungo inverno di Ugo SInger" (Bompiani) con 20 voti. Per la categoria 11-14 anni, invece, Alice Keller con il libro "Fuori è quasi buio" (Risma Editore) si aggiudica 22 voti, mentre Andrea Molesini con il libro "Storia del pirata col mal di denti e del drago senza fuoco " (HarperCollins Italia) ne ottiene 15. La finale, condotta da Valentina De Poli, per undici anni direttrice di Topolino, insieme all'autore e regista Davide Stefanato, è stata accompagnata dalle letture dell'attore Piergiorgio Piccoli. Alla mattinata a teatro hanno partecipato alcune scuole di Vicenza - l'Istituto comprensivo 5, con la scuola secondaria di secondo grado Giuriolo, e l'8, con la scuola secondaria di primo grado Ghirotti, la Fondazione Levis Plona, -, l'Istituto comprensivo 2 Marco Polo di Montecchio Maggiore, la scuola primaria Opla Scs di Padova. I vincitori saranno celebrati sabato 21 settembre durante la Cerimonia di Premiazione del Campiello 2024 che si terrà al Teatro La Fenice di Venezia.        ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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la-memoria-infinita-cb01 · 1 year ago
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THE ETERNAL MEMORY/La Memoria infinita
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:: Trama La Memoria infinita ::
L'attrice Paulina Urrutia e il giornalista e scrittore Augusto Góngora sono innamorati da oltre vent'anni. Paulina, nata nel 1969, nei primi anni Duemila è stata anche Ministro del Consiglio Nazionale per la Cultura e le Arti in Cile. Classe 1952, Augusto è stato un noto reporter e produttore. Con inchieste televisive e libri si è occupato a lungo del passato più nero del suo Paese, la dittatura del generale Augusto Pinochet, imposta nel 1973 e durata per tutti gli anni Ottanta. Quando nel 2014 gli viene diagnosticata la malattia di Alzheimer, Paulina assume il ruolo di sua caregiver, fino alla morte di Augusto, avvenuta il 19 maggio 2023.
Un film (in Italiano anche pellicola) è una serie di immagini che, dopo essere state registrate su uno o più supporti cinematografici e una volta proiettate su uno schermo, creano l'illusione di un'immagine in movimento.[1] Questa illusione ottica permette a colui che guarda lo schermo, nonostante siano diverse immagini che scorrono in rapida successione, di percepire un movimento continuo.
Il processo di produzione cinematografica viene considerato ad oggi sia come arte che come un settore industriale. Un film viene materialmente creato in diversi metodi: riprendendo una scena con una macchina da presa, oppure fotografando diversi disegni o modelli in miniatura utilizzando le tecniche tradizionali dell'animazione, oppure ancora utilizzando tecnologie moderne come la CGI e l'animazione al computer, o infine grazie ad una combinazione di queste tecniche.
L'immagine in movimento può eventualmente essere accompagnata dal suono. In tale caso il suono può essere registrato sul supporto cinematografico, assieme all'immagine, oppure può essere registrato, separatamente dall'immagine, su uno o più supporti fonografici.
Con la parola cinema (abbreviazione del termine inglese cinematography, "cinematografia") ci si è spesso normalmente riferiti all'attività di produzione dei film o all'arte a cui si riferisce. Ad oggi con questo termine si definisce l'arte di stimolare delle esperienze per comunicare idee, storie, percezioni, sensazioni, il bello o l'atmosfera attraverso la registrazione o il movimento programmato di immagini insieme ad altre stimolazioni sensoriali.[2]
In origine i film venivano registrati su pellicole di materiale plastico attraverso un processo fotochimico che poi, grazie ad un proiettore, si rendevano visibili su un grande schermo. Attualmente i film sono spesso concepiti in formato digitale attraverso tutto l'intero processo di produzione, distribuzione e proiezione.
Il film è un artefatto culturale creato da una specifica cultura, riflettendola e, al tempo stesso, influenzandola. È per questo motivo che il film viene considerato come un'importante forma d'arte, una fonte di intrattenimento popolare ed un potente mezzo per educare (o indottrinare) la popolazione. Il fatto che sia fruibile attraverso la vista rende questa forma d'arte una potente forma di comunicazione universale. Alcuni film sono diventati popolari in tutto il mondo grazie all'uso del doppiaggio o dei sottotitoli per tradurre i dialoghi del film stesso in lingue diverse da quella (o quelle) utilizzata nella sua produzione.
Le singole immagini che formano il film sono chiamate "fotogrammi". Durante la proiezione delle tradizionali pellicole di celluloide, un otturatore rotante muove la pellicola per posizionare ogni fotogramma nella posizione giusta per essere proiettato. Durante il processo, fra un frammento e l'altro vengono creati degli intervalli scuri, di cui però lo spettatore non nota la loro presenza per via del cosiddetto effetto della persistenza della visione: per un breve periodo di tempo l'immagine permane a livello della retina. La percezione del movimento è dovuta ad un effetto psicologico definito come "fenomeno Phi".
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thesoulofkira · 1 year ago
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I sentimenti si apprendono. Gli antichi imparavano i sentimenti attraverso le storie mitologiche. Se guardiamo alla storia greca ci ritroviamo tutta la gamma dei sentimenti possibili, Zeus il potere, Afrodite l’amore, Atena l’intelligenza, Apollo la bellezza, etc. C’era tutta la fenomenologia dei sentimenti umani. Noi invece li impariamo attraverso la letteratura, che è il luogo dove si apprende che cosa sono il dolore, la noia, l’amore, la disperazione, il suicidio, la passione, il romanticismo. Ma se la letteratura non viene “frequentata” e i libri non vengono letti, se la scuola disamora allora il sentimento non si forma. E se la cultura non interviene, i ragazzi rimangono a livello d’impulso o al massimo di emozione.
Da qui la necessità di educare al sentimento, a partire dalle favole per bambini dove si impara cosa è bene e cosa è male, e poi, crescendo, con la scuola dove si apprende dalla letteratura tutta la gamma dei sentimenti, i loro nomi e i loro possibili percorsi. E solo grazie a questo corredo culturale si acquisisce quella sensibilità psichica capace di distinguere il bene dal male, l'amore dall'odio, la partecipazione dal l'indifferenza.[...]
Non sentire più la differenza tra bene e male, tra il giusto e l’ingiusto, tra ciò che grave e ciò che non lo è, denota una mappa emotiva non costituita.
Umberto Galimberti
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Franco Lorenzoni, il maestro racconta la scuola ideale
FRANCO LORENZONI, ‘EDUCARE CONTROVENTO’ (SELLERIO, PP. 368, EURO 16) ‘Educare controvento’ del maestro elementare Franco Lorenzoni (1953) è il terzo capitolo di una trilogia iniziata con ‘I bambini pensano grande’ (Sellerio 2014) e proseguita con ‘I bambini ci guardano’ (Sellerio 2019), libri sono indirizzati a insegnanti ed educatori che sognano una scuola migliore. In ‘Educare controvento’…
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bergamorisvegliata · 2 years ago
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L'ANGOLO DI RITA
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"Ricordare, dimenticare, perdonare": è stato uno dei libri che ho studiato nella formazione pedagogica universitaria per l'insegnamento di "Pedagogia della marginalità e della devianza".
Non vi parlerò qui di devianza. Non sono esperta.
Non giudicherò come fanno nei tribunali. Non spetta a me.
Le persone che amiamo, e che vengono a mancare, non possono essere dimenticate.
Trovano spazio dentro di noi e vivono nell'amore che a nostra volta offriamo.
Così:
DITELO ai vostri figli che li amate.
DITEGLIELO che li aspettate.
DITE LORO che siete il porto sicuro in cui tornare, quando hanno bisogno.
DITEGLIELO CHE CI SARETE, SEMPRE. Qualsiasi scelta facciano.
Amare è la Primaria Forma di Prevenzione di possibili comportamenti devianti.
Ciò che assorbiamo nei primi anni della nostra vita costituisce il filtro con il quale vediamo e interpretiamo la realtà e come ci relazioniamo ad essa.
Le persone che ci hanno amato, che sono state per noi un punto saldo di riferimento, fanno parte della nostra mente.
Prevenire le devianze significa, Educare all'amore e al rispetto di sé stessi e dell'altro.
In questo mondo che va' così veloce, che vorrebbe farci dimenticare chi siamo, nella mia umile professione desidero Incoraggiarvi ad Amare e Crescere Bene i vostri figli GIÀ quando sono nei vostri pensieri.
Ringrazio coloro che mi hanno amata, protetta, rispettata e aspettata.
Perché questo ha fatto di me, la Donna che sono oggi.
Perché Essere Amata mi ha permesso di Scegliere, sempre, liberamente, nel rispetto di tutti.
Anche del mondo.
Pedagogista Rita Scognamiglio
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artide · 3 years ago
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Mi ricordo che da piccolo passavo interi pomeriggi nel soggiorno di casa mia che era composto da due divani, un tavolno basso ed una libreria nera. In quella libreria erano perlopiù sistemati libri di biologia, zoologia, anatomia, diagnostica per immagini, libri di mia madre biologa e mio padre medico. Ho passato ore a sfogliarli quando non sapevo ne leggere ne scrivere ed ore a risfogliarli, quando acquisite le capacità di lettura, imparavo le ossa, i muscoli o il funzionamento di un apparato digerente del serpente. Mi sono chiesto oggi, un bambino moderno, senza la mediazione di un adulto, possa avere lo stesso allestimento di ambiente di apprendimento con un computer. Cioè il computer andrebbe allestito con una serie di app, come fosse una libreria che il bambino può esplorare: mappe, mappe del cielo, atlanti gallerie di immagini. Un adulto può sicuramente pensare di mettere a disposizione in tal senso un dispositivo in modo tale che il bambino possa avere accesso a qualcosa che vada oltre la sua realtà che gli permetta di spingersi oltre il suo livello di sviluppo attuale, ma avrebbe lo stesso significato di un luogo fisico, dedicato più o meno intenzionalmente a questo? L’accesso alla libreria permette intrinsecamente di sviluppare una serie di motricità dalle più grossolane, prendere un libro, alle più fine, sfogliarne le pagine, allestisce di rimando uno spazio interiore in cui il bambino co-costruisce significati, ordina e riordina questo dispositivo fisico in tanti modi. Può dirsi lo stesso con uno smartphone?
Nella progettazione al nido si pensa molto a come allestire lo spazio, dove situare i materiali, dividendo con cura non solo gli ambienti principali ma anche ogni singola parte. Un’architettura di senso che da significato. Quale è ora il significato del dispositivo? Un qualcosa di cui possiamo disporre.Ma esso da chi è stato disposto e per chi? Non sono contro la tecnologia, la uso ogni giorno. Sono del parere che però non dovremo gioire così superficialmente al fatto che un bambino sappia usare uno scroll o aprire youtube. Queste sono competenze elementari che non hanno nulla a che vedere con la vera capacità di usare un dispositivo o programmare, ma rientrano nelle specifiche di apprendimento di qualsiasi individuo a tutte le età. Lo dimostra il fatto che anche i 70 enni imparano ad usare agevolmente lo smartphone. Dovremo soffermarci su cosa questo dispositivo fornisce incidentalmente al bambino e se è in grado di fornirgli sfide educative che possano essere affrontate e superate in quella precisa fascia d’età e quali sono i significati che veicola col suo uso alla strutturazione di una mente di un tre enne.
Se la tecnologia non ragionata e non allestita diventa il punto focale dell’educazione, purtroppo lo diventa perché il bambino è attratto dal punto focale degli adulti, che usano pc e smartphone in continuazione, dovremmo assolutamente ed urgentemente ripensare gli stessi ed educare sopratutto genitori ed insegnanti al loro allestimento, come si penserebbe per qualsiasi ambiente dedicato ad un piccolo. Senza perdere di vista che qualsiasi dispositivo, come Focault insegna disciplina, soggettiva ma anche soggioga.
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canesenzafissadimora · 1 year ago
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L’insegnante deve insegnare. Per farlo serve una capacità empatica e comunicativa, la fascinazione. Se non apri il cuore, non apri nemmeno la testa delle persone. Educare vuol dire condurre qualcuno all’evoluzione, dall’impulso all’emozione, dall’emozione al sentimento. Un ragazzo che ha sentimento non brucia un migrante che dorme su una panchina, non picchia un disabile. Se queste cose accadono è perché la scuola non ha educato. Per educare bisogna avere a che fare con la soggettività degli studenti, che oggi è messa fuori gioco. Se è vero che al posto dei temi si fa la comprensione del testo scritto, si è spostata la valutazione dalla soggettività alla prestazione. I ragazzi non contano più come soggetti ma solo nelle loro prestazioni [...] La realtà è che siamo passati da una scuola umanistica a un’educazione anglosassone. Gli antichi imparavano i sentimenti attraverso i miti dove ritroviamo tutta la gamma dei sentimenti possibili, Zeus il potere, Afrodite l’amore, Atena l’intelligenza, Apollo la bellezza, etc. Noi invece li impariamo attraverso la letteratura, che è il luogo dove si apprende che cosa sono il dolore, la noia, l’amore, la disperazione, la passione. Ma se la letteratura non viene “frequentata” e i libri non vengono letti, se la scuola disamora allora il sentimento non si forma. Lo ripeto, se uno non sa affascinare, non può fare il professore. Lo dice Platone: si impara per imitazione. Io aggiungerei anche per plagio. Preferisco un docente che plagia i ragazzi che uno che li demotiva.
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levysoft · 4 years ago
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«Paola Lombroso è stata la donna che ha ideato e battezzato il Corriere dei Piccoli, sottrattole mentre veniva alla luce.» La definisce così il critico Giulio C. Cuccolini, in un testo a lei dedicato nella raccolta di saggi Qua la penna! Autrici e art director nel fumetto italiano (1908-2018).
Nata a Pavia 150 anni fa, il 14 marzo 1871, Paola Lombroso avrebbe inconsapevolmente influenzato il fumetto italiano con le sue idee e il suo desiderio di avvicinare i bambini alla lettura, grazie all’ideazione del Corriere dei Piccoli (soprannominato anche Corrierino). Il suo nome non comparve mai sulla pubblicazione perché fu estromessa dalla direzione del giornale e, nello spazio che le fu affidato, dovette firmarsi con uno pseudonimo.
Primogenita dell’antropologo Cesare, Paola Lombroso (in Carrara, cognome che assunse dopo aver sposato il medico Mario, allievo del padre) crebbe a Torino. Abbandonò gli studi dopo il diploma, iniziando a scrivere per l’Archivio di psichiatria, la rivista scientifica fondata dal padre nel 1880, la Fanfulla della domenica, Gazzetta letteraria e Vita moderna. [...]
Come afferma Matteo Maculotti, Paola Lombroso sentiva «l’esigenza di diffondere la cultura agli strati della popolazione che ne erano stati esclusi: un pubblico di bambini, secondo la sua lungimirante intuizione, sarebbe stato il protagonista di questo mutamento, a patto però di riconsiderare la letteratura dell’infanzia a partire dai gusti dei piccoli lettori e adeguandosi al principio dell'”insegnare divertendo”».
Fino ad allora, l’editoria italiana aveva dedicato ai bambini prodotti troppo inamidati (Il Novellino, Il Giovedì, Il Follettino, La Domenica dei fanciulli, Il Giornale dei Fanciulli). Anche il pur pregevole Giornalino della Domenica, con cui Lombroso collaborava, era troppo snob e per lettori più che adolescenti. Paola Lombroso pensò quindi di creare un progetto che fosse emanazione diretta di un quotidiano nazionale, di modo da assicurare buona distribuzione e un costo contenuto.
Propose l’idea al quotidiano più venduto dell’epoca, nonché quello più vicino alle sue idee social-progressiste, Il Secolo, che rifiutò, e poi al quotidiano liberal-conservatore (meno aderente ai valori di Lombroso) Corriere della Sera, il cui direttore Luigi Albertini rispose positivamente, interessato dalle finalità educative del progetto. Ottenuto il via libera, Lombroso studiò i periodici europei, in particolare anglosassoni e francesi, intuendo il ruolo centrale che avrebbero dovuto avere le immagini e il fumetto. Immaginò uno spazio per i concorsi (diffusi all’esterno ma una novità assoluta per l’Italia), giochi per educare i lettori alla manualità, rubriche curate da scrittori – e non da specialisti – che sapessero raccontare il mondo con stile accattivante. Individuò una rosa di potenziali collaboratori e strutturò la rivista nella forma che rimarrà pressoché inalterata quando raggiungerà il pubblico, nel 1908.
Anche di fronte all’esitazione di Albertini, che non credeva ci fossero abbastanza disegnatori per soddisfare le richieste del giornale, Lombroso non si limitò a rassicurarlo ma contattò alcuni disegnatori torinesi commissionando loro immagini che fugassero i dubbi del direttore. Temendo la fuga di notizie, Albertini incaricò Lombroso di «organizzare i primi numeri», senza però precisare il ruolo ufficiale della donna all’interno del periodico.
Tuttavia, quando si decise di iniziare i lavori veri e proprio sulla pubblicazione, Albertini, con il quale Lombroso aveva discusso perché lui avrebbe voluto ampliare la componente d’intrattenimento, pensò di nominare come direttore del Corriere dei Piccoli un uomo – che si sarebbe poi rivelato Silvio Spaventa Filippi, coadiuvato nella gestione amministrativa da Alberto Albertini, fratello di Luigi.
Gli Albertini affermarono che avrebbero preferito nominare un collaboratore interno che risiedesse a Milano ma che soprattutto fosse un maschio: «Con una donna non potremmo avere quella libertà di rapporti necessaria con tutti colori ai quali si affida una simile responsabilità e che invece si può avere con un uomo». Inoltre, Luigi non se la sentì di delegare l’impresa a una direttrice perché «mai è stata finora affidata a una donna la responsabilità di un giornale sia pure per ragazzi» e «le famiglie non capirebbero e non gradirebbero». In realtà, già a partire dalla fine dell’Ottocento, giornaliste come Matilde Serao, Ida Baccini e Emma Perodi avevano diretto quotidiani e periodici. La motivazione di Albertini era forse più politica – in quanto le idee socialiste della scrittrice non si allineavano con quelle del Corriere – ma l’uomo fece comunque leva sul genere di Lombroso per screditarne la candidatura.
Albertini si offrì di pagarla per il lavoro svolto fino ad allora, o restituirle tutto il materiale, impegnandosi a non utilizzarlo nella pubblicazione, oppure ingaggiarla come collaboratrice, anonima, per un periodo di prova. Lombroso rifiutò ogni trattativa. Si aprì un arbitrato che vide coinvolto, dalla parte di Lombroso, Filippo Turati, leader dei socialisti. Gli Albertini furono perentori: «Lei si è incaricata “a suo rischio e pericolo” degli studi preliminari» le scrissero. «È vero che le era stata affidata l���organizzazione dei primi numeri ma nel senso che le era affidata la linea di proposte», per poi aggiungere che «noi non abbiamo impegni formali sul suo avvenire».
L’intransigenza degli Albertini fecero capitolare perfino Turati, che consigliò all’amica di accettare la modesta proposta di collaborazione, pur di tenere un piede dentro il giornale che aveva creato. Con lo pseudonimo di Zia Mariù, Paola Lombroso curò la rubrica Corrispondenze, e scrisse alcuni racconti. Nel piccolo spazio che si era ritagliata, riuscì comunque a lasciare il segno. Varò l’idea delle “Bibliotechine rurali” per promuovere la lettura e raccogliere fondi per famiglie e scuole disagiate. L’iniziativa era nata in seguito alla richiesta di una maestra che aveva chiesto se qualche lettore avrebbe potuto inviare alla loro scuola di campagna dei libri per gli alunni.
La redazione malsopportava lo spirito intraprendente di Lombroso, che aveva fatto diventare la rubrica un angolo quasi indipendente del giornale. La scrittrice era a sua volta scocciata dalle censure preventive che la direzione operava sulla posta. A una lettrice che non aveva ricevuto risposta, scrisse: «Io non salto mai la Corrispondenza, ma ci sono i Minosse, i censori russi al Corriere dei Piccoli che cestinano la Zia Mariù. […] Arrivederci se il signor Minosse lo permetterà la settimana prossima». La direzione impedì la pubblicazione di queste righe e minacciò di concludere la collaborazione con Lombroso, la quale, piccata, si dimise per prima: «La mia Corrispondenza era rigorosamente intonata alla verità ed alle lettere rimandatemi da loro stessi» scrisse ad Albertini, concludendo il messaggio con un serafico «tolgo il disturbo». [...]
si impegnò in attività culturali, come il prosieguo delle “Bibliotechine rurali”, e letterarie (pubblicò alcuni libri di storie per bambini con lo pseudonimo che l’aveva resa famosa, Zia Mariù) che vennero interrotte dall’arrivo del Fascismo e poi della Seconda guerra mondiali. In quanto ebrea, Lombroso fuggì in Svizzera. Rientrò dopo la Liberazione e continuò i suoi studi sull’infanzia fino alla morte, nel 1954.
Il suo contributo, noto agli addetti ai lavori, rimase sconosciuto al pubblico fino agli anni Settanta, quando Giorgio Licata ne fece accennò nel libro Storia del Corriere della Sera (1976).
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arreton · 4 years ago
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Volevamo scrivere un post-lamentela su una cosa che abbiamo visto qua su tumblr, ma ci siamo detti che è meglio non buttarci tempo dietro alle minchiate. In realtà noi buttiamo tempo dietro a moltissime minchiate, però ecco alcune minchiate sono meno minchiate di altre e questa era proprio una minchiata di quella grossa quindi abbiamo deciso di lasciar stare e pensare a quelle un poco più decenti.
Il nostro laboratorio delle idee, comunque, si è trasformato in fabbrica di regali o laboratorio artistico — stavamo per scrivere "ma l'idea stessa non è già una forma di arte" ma poi ci siamo resi conto che sembrava una di quelle frasi da pubblicità, vuote ma d'effetto, ed infatti la è — ché Babbo Natale è in crisi economica, quest'anno, e piuttosto che pagare gli elfi si è messo a farli lui, i regali. Abbiamo rimesso mano, quindi, a pennelli e acrilici e questa piacevole riscoperta di una nostra vecchia passione ci sta entusiasmando. Stiamo con la speranza che successivamente torneremo a dipingere e disegnare e cercare di educare la nostra mano a riportare su carta o tela quello che il nostro occhio vede e la nostra testa immagina. Facendo ciò avremo anche la possibilità di poter ascoltare e scoprire nuova musica, ché male non ci fa visto che non conosciamo niente — di niente. Però dobbiamo metterci a leggere pure dei bei testi perché abbiamo bisogno di rinnovare il nostro registro linguistico e dare una scossa ai neuroni che pare che si stiano atrofizzando (ed i nostri ultimi post lo confermano). In realtà c'è il bel testo di Baudrillard, al momento, più il romanzo di Bellow ma quest'ultimo ci sta dando un poco fastidio perché... pare non finire mai (che frase brutta da dire in riferimento ai libri). L'abbiamo iniziato sul treno quando siamo tornati nella nostra stanza della noia, ma abbiamo perso la nostra già fragile e precaria attenzione, in questi ultimi mesi, quindi dopo qualche pagina o la mente vaga nel nulla cosmico della nostra anima, o ci addormentiamo come vittime di un violento sonnifero.
Ad ogni modo, riguardo la scrittura, abbiamo notato che ci sono due tipi di scrittura: lo scrivere per abilità e lo scrivere per necessità. Per abilità è semplicemente una capacità di accostare parole, frasi, periodi che stanno bene tra loro e creare un qualcosa di scorrevole lettura ma fondamentalmente vuoto, privo di contenuto. È puro estetismo, non ha nulla di realmente pensato sotto; è come una macchina che produce in serie gli oggetti: belli e precisi ma tutti uguali e vuoti, senza un elemento che li contraddistingua. La maggior parte dei romanzi in commercio sono così. Lo scrivere per necessità, invece, è un pensare con e attraverso la scrittura e si nota il pensiero sotto. Eccome se si nota! Non c'entra solo la raffinatezza e la cura nella scelta delle parole, lì è già uno stadio avanzato. Nello stadio primario il linguaggio può essere pure semplice, scorrevole, ma pregno di pensiero: tu leggi e lo senti, lo vedi, lo percepisci che quello che è scritto è stato pensato, che c'è un ragionamento, non importa se giusto o sbagliato. Il nostro errore è stato credere che sia tutto uno scrivere per necessità, invece è esattamente il contrario. Scrivere non viene utilizzato per pensare, così come il parlare non viene utilizzato per pensare. Chissà com'è che la gente pensa. Forse, evidentemente, non pensa affatto. D'altronde tutti i like sotto i post stupidi che vediamo su tumblr — al di là dell'essere sgrammaticati, senza punteggiatura, sono pure di una banalità insultante, ipocriti — lo dimostrano. Diciamo tumblr solo perché lo frequentiamo un poco di più, ma ci sono pure Facebook, twitter e compagnia bella.
L'avere la possibilità di avere tempo libero, ci ha dato anche la capacità di buttare tempo e sprecarlo dietro l'inutile e la banalità.
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