#discorsi interiori
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mucillo · 1 year ago
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Lou Reed - There is No Time - New York Album
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"There is no time"
Non è questo il momento per le celebrazioni
non è il momento per le strette di mano
non è il momento per le pacche sulle spalle
non è questo il momento per le bande marcianti
Non è il momento per l’ottimismo
questo non è il momento per i pensieri a vuoto
non è il momento per il mio paese giusto o sbagliato
ricordatevi a cosa ha portato tutto questo
Non c’è tempo
non c’è tempo
Questo non è il momento per le congratulazioni
non è il momento per voltare le spalle
non è il momento per le circonlocuzioni
non è il momento per i discorsi a memoria
Questo non è il momento per contare le vostre benedizioni
non è il momento per il guadagno personale
questo è il momento di alzare la testa o tacere
quest���occasione non ricapiterà
Non c’è tempo
non c’è tempo
Questo non è il momento per trattenere la rabbia
non è il momento di ignorare l’odio
non è il momento di azioni frivole
perché il tempo stringe
Questo non è il tempo per vendette private
non è il momento per non sapere chi sei
la conoscenza di sè è una cosa pericolosa
la libertà di ciò che sei
Non è il momento di ignorare gli avvertimenti
non è il momento di far piazza pulita
non dispiaciamoci di ciò che è stato
lasciando che il passato diventi il nostro destino
Non c’è tempo
non c’è tempo
Questo non è il momento di voltarsi e bere
o fumarsi qualche fiala di crack
questo è il momento di unire le forze
di darsi uno scopo preciso e attaccare
Non è tempo per le celebrazioni
non è il momento di onori alla bandiera
non è tempo di ricerche interiori
il futuro è a portata di mano
Questo non è il momento per la falsa retorica
non è tempo per i discorsi politici
questo è il momento dell’azione
perché il futuro è dietro l’angolo
Questo è il momento
questo è il momento
questo è il momento
perché il tempo stringe ....
Non c’è tempo.
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blackrosesnymph · 1 year ago
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Ho sentito il bisogno di mostrare pubblicamente lati di me che caricavo di significati negativi nonostante fossero invece potenzialmente positivi (il lato un po' sensuale, sessualizzato ed erotico che ho mostrato inizialmente). Positivamente condizionata dall'energia che concede il prendersi un po' meno sul serio in questo modo, ho sentito poi il bisogno di mostrare pubblicamente lati di me che non avevo mai avuto coraggio di condannare come negativi, ovvero la natura ossessiva e in parte passivo-aggressiva dei miei sfoghi e discorsi interiori. Tutto questo mi ha permesso piacevolmente per un lungo periodo di beneficiare dello spazio di dialogo, comprensione ed empatia che i social sanno essere come potenzialmente sa essere qualunque spazio sociale in senso classico. Questo stesso spazio social, abusato da me medesima, ha iniziato a diventare uno spazio che ora percepisco come oppressivo. Non perché non sappia accettare le critiche, altrimenti non avrei iniziato ad usare questo spazio nemmeno per i due bisogni sopra indicati, ma perché l'uso che intendevo farne ha prodotto i suoi effetti positivi fin dove poteva e ora, invece, come qualunque cosa abusata oltre la sua portata, mi sta trascinando verso le proprie derive negative. Purtroppo quindi mi trovo costretta a continuare ad usarlo negando, fino a data da destinarsi, quello spazio di dialogo che inizialmente io stessa avevo reso possibile. Ora definisco io i confini del mio spazio social personale e quindi potranno messaggiare e commentare solo i tumblr che decido di seguire a mia volta. Pace e bene, in fondo lo faccio perché vi voglio bene, è inutile che faccio diventare il mio blog uno spazio gratuito di generazione di conflitti insolubili.
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seoul-italybts · 2 years ago
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[✎ ITA] Rolling Stone, intervista : Come Suga Si È Lasciato alle Spalle il Passato e Ha Mosso i Primi Passi Verso il Futuro | 24.04.23⠸
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SUGA | Agust D 💿 D-DAY : Intervista con Rolling Stone - 24. 04. 2023
‘Ho Messo l'Anima in Quest'Album’
Come Suga Si È Lasciato alle Spalle il Passato e Ha Mosso i Primi Passi Verso il Futuro
Il poliedrico membro dei BTS ci spiega il processo emotivo che sta dietro l'ultimo album della sua serie di Agust D, ci parla di come ha trovato la sua libertà attraverso la musica e della collaborazione con il suo eroe, Ryuichi Sakamoto
__ di MICHELLE HYUN KIM |  Twitter 🗞 Articolo
Tra tutti i membri dei BTS, probabilmente Suga è quello che conosce meglio il senso di timore che si prova prima del rilascio di un progetto solista — salvo che non aveva ancora mai pubblicato qualcosa del calibro e spessore di D-DAY.
Min Yoongi, rapper, produttore e cantautore trentenne, ha già due mixtape a nome Agust D, il suo alter ego — quella di debutto, del 2016, intitolata come il suo secondo pseudonimo, e D-2, del 2020, ed entrambe lo hanno reso noto come un artista estremamente introspettivo. Grazie ai suoi rap emotivamente strazianti, ha saputo distinguersi in audacia tra le altre star del K-pop per le sue riflessioni sulla salute mentale e le lotte interiori, che non ha avuto timore di condividere.
Tuttavia, la scorsa estate, i BTS hanno annunciato che si sarebbero concentrati sui propri progetti individuali, piuttosto che su album di gruppo. Suga era già in piena preparazione per il capitolo finale della sua trilogia di Agust D e sapeva bene che il mondo intero avrebbe prestato particolare attenzione a questo suo progetto solista. Improvvisamente si è ritrovato schiacciato dal senso di responsabilità e dalla necessità di restare fedele all'esplosiva crudezza rap del suo alter ego Agust D, pur tenendo alto il nome di Suga in quanto membro dei BTS, colui che ha tenuto discorsi alle Nazioni Unite e alla Casa Bianca, oltre ad aver collaborato con giganti del pop quali PSY, Halsey ed i Coldplay.
“Visto che tanto dovevo concludere la trilogia, volevo spingere Agust D all'eccesso”, spiega a Rolling Stone via Zoom dagli uffici della HYBE a Seoul. “Eppure, di fatto, SUGA ha più impatto pubblicitario. Ho avvertito tutto il peso di dover armonizzare [gli alter ego] Agust D e Suga, e questo ha avuto un grandissimo impatto sull'album, ritardandone la produzione.”
Nei suoi lavori solisti – e nelle oltre 100 canzoni co-scritte per i BTS -, Suga ha sempre cercato di conciliare identità diverse ed i rispettivi desideri, in una lotta interiore che lo vede aspirare al successo pur rifuggendo il materialismo, ricercare l'autenticità pur temendo l'eccessiva esposizione ed essere all'altezza delle aspettative del pubblico, seppur conscio del rischio d'essere frainteso dalla critica. Ma, parlando del suo nuovo album, D-DAY – rilasciato il 21 aprile insieme ad un documentario che ne svela i retroscena, Suga: Road to D-DAY, in onda su Disney+ - ci svela d'aver imparato a superare questi conflitti interiori. Nella traccia d'apertura dichiara, infatti, l'intenzione di forgiare un nuovo futuro definito solo ed unicamente da lui. “Fare di tutto per essere al pari degli/lle altrə, complesso di inferiorità, odio per se stessə / Da oggi, mirate, tutte queste cose hanno le ore contate”, rappa.
Nel corso delle 10 tracce che compongono questo progetto – in cui troviamo un misto di vigorosi beat drill, del R&B estremamente toccante e dell'emo rap angosciante – Suga sfodera versi altamente filosofici in cui parla dei suoi traumi personali, di amore e perdita, dell'invivibilità del capitalismo d'ultima generazione nonché, come sempre, dell'ipocrisia dei suoi hater — conditi, però, da una nuova saggezza che deriva da una più profonda consapevolezza di sé. Se, nel 2016, Agust D era espressione di un Suga che usava il suo rap come uno sfogo e modo d'esternare le sue emozioni più intense, e D-2, nel 2020, ci ha presentato una versione dell'artista ormai in grado di accettare se stesso, a dispetto delle incertezze residue, potremmo dire che quello di D-DAY è il sound di un musicista che ha finalmente capito chi è, e sa superare il caos ed i cambiamenti nella propria vita.
In D-DAY, Suga riflette sull'idea di “liberazione”, rappando della sua volontà di liberarsi dagli schemi del mondo e dalle sue preoccupazioni personali. E, di fatto, l'album sembra voler postulare come la musica – ed il processo emotivo che vi sta dietro – sia, di per sé, una forma di libertà. Nel singolo principale, “Haegeum” - termine coreano che significa “rimuovere un divieto” nonché riferimento ad uno strumento a corde tradizionale coreano – ci offre un'acuta critica culturale riguardo il sovraconsumo dei contenuti e media digitali. “Sono tuttə accecati dall'invidia e dalla gelosia / e non si accorgono neppure d'incatenarsi a vicenda /
Non lasciamoci trascinar via da questo tsunami di informazioni”, sputa. Ma quando, nel ritornello, invita ad “unirsi a lui” seguendo lo sporco beat drill del brano, la sua sembra quasi un'esortazione a vivere nel presente, lasciandosi trasportare dalla chiassosa melodia.
Inoltre, in “Amygdala”, Suga ci propone una liberazione dai rimpianti attraverso un luttuoso rap in cui parla di quella parte del cervello in cui sono conservati frammenti di ricordi e traumi del passato. Nei suoi versi, lo sentiamo fare alcune delle sue ammissioni più intime, mentre rappa di alcuni tra gli eventi più difficili della sua vita in una sequenza spasmodica di immagini e visioni: l'operazione al cuore cui sua madre si è dovuta sottoporre poco dopo la sua nascita, l'incidente in motorino di quando, adolescente, lavorava come fattorino e “la chiamata, ricevuta a lavoro, riguardo il tumore al fegato di mio padre.” Tuttavia, scrivere questa canzone e riesumare quei “ricordi spiacevoli” così da mettere ordine nella sua mente, gli è servito a facilitare il processo di guarigione, spiega in Road to D-DAY. “Fa parte della terapia, andare a ripescare brutti ricordi dal passato ed imparare a tenerli a bada”, approfondisce nel documentario.
Cresciuto a Daegu, in Corea del Sud, Suga ha imparato da solo a rappare e produrre molto prima di sognare di diventare un idol K-pop. Da adolescente, si esercitava con il sampling producendo beat dalle sorgenti strumentali dei brani di Ryuichi Sakamoto, famosissimo compositore, nonché membro della Yellow Magic Orchestra, venuto a mancare a marzo all'età di 71 anni. Con D-DAY, Suga ha chiuso questo cerchio in quanto ha potuto incontrare e collaborare con il suo eroe musicale al brano “Snooze”, cui partecipa anche Woosung dei The Rose, band indie rock coreana. In Road to D-DAY è possibile seguire il primo incontro tra Suga e Sakamoto, in cui i due artisti discutono le loro fonti di ispirazione e motivazione nel fare musica, e dove li vediamo suonare “Merry Christmas Mr. Lawrence” di Sakamoto, al pianoforte. I delicati accordi di questo classico e lo stile inconfondibile di Sakamoto sono stati la musa ispiratrice per “Snooze”, un commovente brano trip-hop dedicato a tuttə gli/le artistə esordienti che hanno deciso di far musica perché ispiratə dai BTS, spiega Suga a Sakamoto nel documentario. “Con questa canzone, volevo far loro coraggio. ‘So che è difficile, ma andrà tutto bene […] Se avete paura di cadere, io vi sosterrò’ ”, spiega. Questo è l'esempio perfetto di come Suga abbia la capacità di offrire parole di conforto al suo pubblico, come fa in “Life Goes On”, brano dei BTS che ha ottenuto anche la pos. n.1 sulle classifiche Billboard, reinterpretato in D-DAY in una versione alternative hip-hop.
Suga è entrato alla Big Hit Entertainment nel 2010, convinto che non avrebbe dovuto imparare coreografie troppo complesse. Ora, grazie a tutti gli anni insieme ai BTS, è diventato un performer a 360°, agile nel ballo, focoso nel rap nonché abile alla chitarra, che ha iniziato a studiare negli ultimi anni. Nonostante sia il primo membro dei BTS ad imbarcarsi in un sensazionale tour solista – che inizierà il 26 aprile in Nord America per poi proseguire in Asia, in estate – è modesto fino all'eccesso nel parlare dei suoi piani ed obiettivi per le sue esibizioni. “Sono solo un rapper”, dice. “Ho riflettuto molto su come sarebbe stato meglio esprimere me stesso. Ma, sì, non sono poi così malaccio alla chitarra, quindi ho pensato che magari al pubblico potrebbe piacere.”
Prima del rilascio del suo album e dell'inizio del tour, Suga ha parlato con Rolling Stone di come è stato collaborare con IU e J-Hope, della sua filosofia riguardo la produzione e dell'eventualità che il suo alter ego, Agust D, continui ad esistere.
Nel documentario Road to D-DAY, hai detto: “Mentre lavoravo a quest'album, mi sono chiesto se sarebbe stato l'ultimo progetto a nome Agust D.” Giusto per conferma, D-DAY non è il tuo ultimo album come Agust D, vero? No. Se comprate l'album e andate a leggere i ringraziamenti, capirete [e saprete la risposta]. Se mai dovessi dire che è l'ultimo, allora sarà veramente l'ultimo. Molti musicisti dicono che hanno intenzione di ritirarsi, ma poi tornano con nuova musica — Non voglio sicuramente succeda una cosa simile. È l'ultimo della trilogia, non di Agust D.
Ma le storie che racconto tramite Agust D sono più toste di quelle di Suga, vero? Non ho più abbastanza energie per continuare a parlare di quelle cose perché ho già messo tutta la mia anima in quest'album. Ma lasciate passare un paio di mesi e, forse, avrò nuove storie da raccontare come Agust D, o magari potrei fare uscire qualcosa come Yoongi o rilasciare qualcos'altro come Suga. Non possiamo sapere cosa ci riserverà il futuro. Quindi, no, non posso dire che questo sia l'ultimo album di Agust D. Un mio nuovo progetto potrebbe uscire il prossimo anno, tra un decennio o anche appena prima di morire. L'etichetta può anche aver detto che questo sarebbe stato l'ultimo [album come Agust D], ma non è mia intenzione chiuderla qui. Così come c'è la trilogia del Cavaliere Oscuro e poi sono usciti nuovi film di Batman. Più o meno è quella la situazione.
Hai collaborato di nuovo con IU a “People Pt. 2”, dopo aver già prodotto e partecipato alla sua “Eight”, nel 2020. Che cosa apprezzi di lei in quanto collaboratrice e che tipo di sintonia c'è tra voi?
Dovevamo fare in modo che [gli alter ego] Suga e Agust D fossero sincronizzati, visto che, da un punto di vista strettamente pubblicitario, non avevo alcun motivo di rilasciare un brano simile come Agust D. Ho sempre parlato di storie personali, riguardanti me, Min Yoongi, attraverso Agust D e ora dovevo aggiungere anche Suga all'equazione. Ho riflettuto molto su quale artista sarebbe statə più adattə per compiere questa armonizzazione.
Avrei anche potuto includere i membri dei BTS. Anzi, Jungkook ha anche registrato la versione demo del brano. Ma non volevo che l'impressione poi fosse “Oh, questa è un'altra cosa made in BTS!” Quindi ho cercato un/'altrə artista con cui lavorare. Avevo già collaborato con IU per “Eight”. Ci eravamo già creatə una certa sinergia e il pubblico ama quella canzone proprio per la connessione che c'è tra noi. Inoltre noi due andiamo d'accordo, siamo amici ed abbiamo la stessa età. Ecco perché le ho chiesto di partecipare alla mia canzone. Però è una persona piena di impegni, quindi avevo paura non avrebbe accettato. Fortunatamente ha subito detto di sì. Sono piuttosto soddisfatto di “People Pt. 2”.
Per “HUH?!” featuring J-Hope, gli hai dato qualche indicazione su quale direzione seguire per la sua strofa?
Sono 17-18 anni che faccio musica, ma quando lavoro con altrə, non faccio mai pressioni. Il genere di quella canzone è drill. L'ho prodotta con Yijeong [EL CAPITXN, produttore ed autore alla HYBE]. Il beat è piuttosto complesso. J-Hope mi ha detto che era difficile scriverci qualcosa sopra, ma io gli ho detto “Tu scrivi ciò che vuoi. Poi ci penserò io a risistemarlo!”
È andata più o meno come quando ho lavorato con PSY, o quando ho partecipato a “Eight”, o anche come quando scrivo musica per le pubblicità. Quando produco canzoni per altrə, solitamente chiedo: “Che cosa stai cercando? Che tipo di canzone vorresti? Cosa vuoi che scriva?” La stessa cosa vale per quando è qualcun altrə a scrivere un brano per me, al che rispondo “Fa ciò che vuoi” o “Scrivi ciò che vuoi”. Quando poi ho sentito i versi di J-Hope, andavano benissimo. Gli ho detto, “Wow, hai davvero scritto tutto ciò che volevi dire, e funziona alla grande!” Abbiamo usato la sua versione così, senza ulteriori modifiche.
Hai fatto ascoltare l'album ai BTS? Che tipo di commenti hai ricevuto?
I ragazzi non mi danno veri e propri feedback. Cioè, sì, ma sono sempre un po'... Visto che il mio documentario è su Disney+, diciamo che i loro commenti sono in stile Disney: sempre positivi. Mi dicono cose tipo, “Wow, l'album è pazzesco!” e non posso essere sicuro al 100% sia un parere obiettivo, quindi mi affido più che altro a feedback esterni. I membri mi dicono sempre che gli piace. Se facessi ascoltare loro qualcosa di bassa qualità, non mi direbbero che non gli piace (ride). Però, ovviamente, sono loro molto grato. Mi danno tanta motivazione e coraggio.
Per “Snooze” hai collaborato con Woosung dei The Rose e Ryuichi Sakamoto, che è venuto a mancare da poco. In che modo Sakamoto ti è stato d'ispirazione sotto il punto di vista artistico e com'è stato collaborare con lui? È un po' complicato a spiegarsi, ma c'è questo metodo attraverso cui è possibile invertire i sample, il “taglio e giuntura”, che gli autori di canzoni usano spesso. Forse qualcuno penserà
“E quello sarebbe comporre?”, ma, di fatto, lo è perché i sample provengono tutti dalle loro fonti originali e vengono ri-registrati. Ad esempio, per “Eight” con IU, ho creato il tema ad inizio brano rovesciando e tagliando un pezzo di un audio. È un processo molto comune e frequente nell'hip-hop— moltə artistə hip-hop hanno usato e continuano a sfruttare questo metodo. Per potersene servire, però, c'è bisogno di brani strumentali, canzoni che non abbiano la parte vocale e che possano essere inserite in diverse strutture e composizioni. Dovevo fare pratica nella produzione attraverso il sampling e mi sono messo ad usare i brani di Sakamoto, per esercitarmi. Ancor prima che iniziassi a produrre, fin da quando ero piccolo, già ammiravo molto le sue composizioni, come “Merry Christmas Mr. Lawrence” o la colonna sonora di The Last Emperor (L'Ultimo Imperatore). Quando ero in seconda media, o su di lì, usavo quel tipo di tracce strumentali per creare i miei beat. Quindi, chiaramente, Sakamoto era una delle leggende che ho sempre sognato di incontrare, e quando ho espresso tale desiderio, lui ha subito accettato. Mi rattrista molto la sua morte. Quando ci siamo visti è stato bellissimo. Non è stato un incontro tra musicisti. Mi sono semplicemente sentito come un bambino di fronte ad un adulto. Mi manca molto. Era uno dei miei modelli di vita. Era felice di poter partecipare al mio album e la collaborazione è andata benissimo. Entrambi abbiamo lavorato insieme con gioia.
Inoltre, in quella canzone non racconto necessariamente la mia storia, non solo, almeno. Se ascolterete il testo, credo capirete. Non è dedicata soltanto agli/lle artistə che hanno debuttato dopo di me [e dei BTS], ma anche a tutte quelle persone nel mondo che trovavano e trovano conforto nelle composizioni di Sakamoto.
Il tema dell'album è la “liberazione”. Che cosa significa liberazione per te? In passato, sapevo che significato darle ed avevo le idee chiare, avendo risolto ogni dubbio durante il processo di registrazione. C'è questo drama intitolato My Liberation Notes [del 2022] che ha avuto molto successo. Io ho iniziato a lavorare a quest'album tre anni fa — e poi ho notato che il tema del mio progetto si sposava davvero bene con quello della serie. Ho realizzato - e in realtà ci speravo - che la gente è interessata a questo discorso della “liberazione”, a sentire storie del genere.
Ma, a dire il vero, non ho scritto la mia canzone [“Haegeum”] perché ero ossessionato da quel concept, niente di simile. L'haegeum è uno strumento musicale. Poi, qualche tempo fa ero piuttosto preso da questo videogioco a ritmo in cui ci sono delle tracce chiamate “canzoni haegeum” [*canzoni che puoi sbloccare solo arrivatə ad un determinato livello]. Di base, era quello il significato della canzone. Il ritornello di “Haegeum” l'ho scritto circa tre anni fa, mentre lavoravo a “Daechwita”. In quel periodo usavo spesso strumenti tradizionali nelle mie composizioni. E, tra l'altro, sì, quel beat era originariamente pensato per “Daechwita”, ma non credo il pubblico abbia colto.
Dopo essermi interrogato su che significato dessi io al concetto di liberazione, ho iniziato ad approfondire maggiormente quell'idea [attraverso le mie canzoni]. Credo il pubblico la troverà molto divertente ed interessante—considerate le mie precedenti attività promozionali. Sono abbastanza sicuro. Nel video mi do ad uno stile di vita un po' libertino (ride).
La “D” in Agust D sta per Daegu, la tua città natale. Dato che ormai è tanto che vivi a Seoul, e hai anche girato il mondo, che cosa rappresenta Daegu, oggi, per te? La gente mi chiede sempre perché c'è quello spazio dopo Agust e poi c'è una D. Commentano, “È un riferimento a One Piece?” [*Il protagonista di One Piece (Rubber) si chiama Monkey D. Rufy]. Daegu è molto importante per me — ovviamente, è dove sono nato. Mi ci trovo molto a mio agio. E poi, sa, i musicisti vanno sempre molto fieri dei loro luoghi d'origine. Ci torno spesso. Ci vado per il makchang [*frattaglie grigliate]. E poi, ai miei genitori piace molto, è un posto da sogno.
Che tipo di performance stai preparando per quest'album?
Per quello non vi preoccupate, ho già tutto pronto, basta che veniate a vedere i concerti. Non li registreremo. Se Min Yoongi si esibisce, dovete venire a vederlo dal vivo.
ita : © Seoul_ItalyBTS
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unamediversa · 3 months ago
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Lascia andare ciò che non si allinea più.
Lascia andare tutto ciò che non puoi cambiare.
Lascia andare il catastrofismo.
Lascia andare le convinzioni autolimitanti.
Lascia andare tutto ciò che danneggia il tuo sistema nervoso.
Lascia andare la resistenza per iniziare finalmente.
Lascia andare la resistenza alla fiducia.
Lascia andare i discorsi interiori negativi.
Lascia andare la paura.
Let go of what no longer aligns. Let go of everything you can’t change. Let go of catastrophizing. Let go of self-limiting beliefs. Let go of everything that harms your nervous system. Let go of the resistance to finally starting. Let go of resisting confidence. Let go of negative self-talk. Let go of fear.
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oltrearcobaleno · 12 days ago
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Lizzie Velásquez: Una Vita Dedicata all’Attivismo e alla Lotta contro il Bullismo
Elizabeth Anne Velásquez, meglio conosciuta come Lizzie, è un esempio vivente di resilienza e attivismo. Nata il 13 marzo 1989 a Austin, Texas, questa giovane donna ha trasformato la sua esperienza di vita unica in una missione per ispirare gli altri e combattere il bullismo. La sua storia, caratterizzata da una rara condizione genetica e da sfide personali straordinarie, è una testimonianza del potere dell’attivismo nel generare cambiamenti significativi.
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La Sfida della Malattia
Lizzie è nata con una condizione genetica estremamente rara conosciuta come sindrome dall’aspetto progeroide e marfanoide con lipodistrofia. Questa malattia le impedisce di accumulare grasso corporeo, mantenendo il suo peso corporeo al di sotto dei 29 chilogrammi per tutta la vita. Nonostante il suo aspetto unico e le difficoltà fisiche che affronta quotidianamente, Lizzie non ha mai permesso che la sua condizione definisse chi è o limitasse le sue ambizioni. Con una dieta rigorosa che prevede fino a 8.000 calorie al giorno e un atteggiamento determinato, ha affrontato la sua malattia con grazia e forza.
La Scoperta dell’Attivismo
L’attivismo di Lizzie è emerso come risposta al bullismo e al cyberbullismo che ha subito durante la sua adolescenza. Uno degli episodi più significativi è stato quando, all’età di 17 anni, un video su YouTube la definì “la donna più brutta del mondo”. Questo attacco devastante avrebbe potuto abbattere chiunque, ma Lizzie ha scelto di rispondere con forza e determinazione. Questa esperienza ha acceso in lei una passione per l’attivismo, spingendola a condividere la sua storia per sensibilizzare sul bullismo e promuovere la gentilezza.
Un’Autrice e Oratrice Ispiratrice
Lizzie è una scrittrice prolifica e un’oratrice motivazionale di fama internazionale. Tra i suoi libri più noti ci sono “Lizzie Beautiful: The Lizzie Velásquez Story”, scritto con sua madre, e “Dare to Be Kind”, una guida che esplora l’importanza della gentilezza basata sulle sue esperienze personali. Attraverso questi testi, Lizzie ha consolidato il suo ruolo di leader nell’attivismo contro il bullismo, incoraggiando le persone a vedere oltre le apparenze e a concentrarsi sulle qualità interiori.
Il suo celebre TED Talk, “How Do YOU Define Yourself”, è un manifesto di empowerment personale e un invito a sfidare gli stereotipi. Questo discorso ha avuto un impatto globale, raccogliendo milioni di visualizzazioni e ispirando persone di ogni età a ridefinire il proprio valore.
La Scienza Dietro la Sua Condizione
La malattia di Lizzie è stata oggetto di studi approfonditi, che hanno identificato una mutazione genetica nel gene FBN1 come causa della sua condizione. Questi studi hanno anche contribuito a migliorare la comprensione di altre malattie genetiche rare, sottolineando l’importanza della ricerca medica. Nonostante le sfide fisiche e mediche, Lizzie continua a promuovere l’attivismo, dimostrando che ogni ostacolo può essere trasformato in un’opportunità.
L’Influenza dei Suoi Valori
La fede ha giocato un ruolo cruciale nella vita di Lizzie. Crede fermamente nel cristianesimo e attribuisce la sua forza e resilienza alla preghiera e alla connessione con Dio. Questi valori sono centrali nel suo messaggio, rendendo il suo attivismo una missione non solo sociale, ma anche spirituale.
Dal Cyberbullismo al Successo Mediatico
Nel 2015, il documentario “A Brave Heart: The Lizzie Velásquez Story” ha fatto il suo debutto al South by Southwest Festival, narrando la vita di Lizzie e il suo viaggio verso l’attivismo. Questo film ha ulteriormente solidificato la sua posizione come figura ispiratrice e ha attirato l’attenzione su questioni cruciali come il bullismo e l’accettazione.
Lizzie ha anche condotto il talk show “Unzipped”, dimostrando ancora una volta la sua versatilità e il suo impegno nel sensibilizzare il pubblico. Attraverso i suoi libri, discorsi e apparizioni mediatiche, Lizzie continua a essere una voce potente nel mondo dell’attivismo.
Conclusione: Un Modello di Attivismo per Tutti
La vita di Lizzie Velásquez è una testimonianza di come il coraggio personale e l’attivismo possano trasformare le avversità in opportunità di cambiamento. Con la sua voce e la sua determinazione, Lizzie ha toccato milioni di cuori, dimostrando che l’aspetto esteriore non definisce il valore di una persona. Il suo impegno nell’attivismo ha non solo cambiato la sua vita, ma anche ispirato una generazione a essere più gentile, accogliente e resiliente.
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scienza-magia · 8 months ago
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Telepatia e neuroimaging nella Teoria della Mente
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La Lettura della Mente: Il Superpotere che abbiamo tutti noi! Non siamo in grado di ascoltare i discorsi interiori degli altri, ma interpretiamo continuamente i segnali extralinguistici per intuirne le intenzioni. La nostra capacità di comprendere pensieri ed emozioni degli altri è radicata nei sistemi cerebrali e cognitivi. La “Teoria della Mente” e i neuroni specchio giocano un ruolo cruciale in questo processo. Questo articolo esplorerà come riusciamo a leggere la mente degli altri attraverso complessi meccanismi neurali e cognitivi, un vero e proprio superpotere della lettura della mente. Come leggiamo la mente degli altri: la teoria della mente Un concetto centrale nel comprendere come leggiamo la mente degli altri è la “Teoria della Mente” (Theory of Mind, ToM). La ToM si riferisce alla consapevolezza che gli altri possono avere stati mentali anche diversi dai nostri e riconoscerli. Questa abilità, che emerge solitamente durante l’infanzia, è fondamentale per la comunicazione e l’interazione sociale. Diversi studi di neuroimaging hanno identificato le aree cerebrali coinvolte nella ToM, tra cui la corteccia prefrontale mediale, il solco temporale superiore e il giro temporale medio. Queste regioni lavorano insieme per processare le informazioni sociali e per formulare inferenze sui pensieri altrui. Ad esempio, uno studio pubblicato su Nature Neuroscience ha evidenziato come l’attivazione di queste aree sia cruciale durante compiti che richiedono la comprensione e il confronto di prospettive diverse. Comprendere se la nostra capacità di lettura delle intenzioni altrui sia basata sulla nostra capacità di ragionamento o se invece faccia affidamento su sistemi immediatamente cablati nel nostro cervello che ci facciano vivere direttamente l’esperienza dell’altro sul nostro corpo è una sfida ancora aperta nelle scienze cognitive, anche se un approccio maggiormente basato sullo studio dei processi di empatia diretta basati su un particolare tipo di neuroni (i neuroni specchio) sta oggi prendendo sempre più terreno. I neuroni specchio Questi neuroni motori, scoperti inizialmente nei primati, si attivano sia quando un individuo esegue un’azione sia quando osserva qualcun altro compiere la stessa azione. Questo sistema ci permette di simulare internamente le azioni e le emozioni degli altri, facilitando l’empatia e la comprensione sociale. È stato suggerito che questo sistema sia alla base della lettura delle intenzioni altrui, con una spiegazione che segue grosso modo questo meccanismo: ti guardo agire, alcune parti del mio cervello motorio si attivano come se stessi agendo anch’io come te e, a cascata, ne deriva che capisco quali siano le intenzioni delle tue azioni proprio perché le sto simulando e vivendo sulla mia pelle. L’empatia, la capacità di condividere e comprendere le emozioni altrui, è strettamente legata ai meccanismi di ToM e ai neuroni specchio. La ricerca ha dimostrato che le persone con un’alta capacità empatica tendono ad avere un’attivazione maggiore nelle aree del cervello associate alla ToM e ai neuroni specchio. Ad esempio, uno studio condotto da Singer e colleghi nel 2004 ha mostrato come l’osservazione del dolore altrui attivi le stesse aree cerebrali coinvolte nell’esperienza diretta del proprio dolore. Le basi cognitive della lettura della mente Oltre ai meccanismi neurali, vi sono processi cognitivi che supportano la nostra capacità di leggere la mente. L’attenzione congiunta, il linguaggio e la memoria episodica giocano ruoli cruciali nel costruire un modello mentale degli stati altrui. La prima, ad esempio, permette a due persone di concentrarsi sulla stessa cosa simultaneamente, facilitando la comunicazione e la comprensione reciproca, nonché l’azione cooperativa focalizzata ad uno scopo comune, che lo studioso Michael Tomasello sostiene essere la qualità fondamentale dell’essere umano. L’attenzione congiunta L’attenzione congiunta è un aspetto chiave della lettura della mente. Si riferisce alla capacità di due individui di condividere l’attenzione su un oggetto o evento esterno. Questo meccanismo è fondamentale per lo sviluppo del linguaggio e delle abilità sociali nei bambini. Attraverso l’attenzione congiunta, i bambini imparano a interpretare i segnali sociali e a costruire una comprensione condivisa del mondo. Il ruolo del linguaggio Il linguaggio è un altro strumento potente nella lettura della mente. Le parole e le frasi che usiamo non solo trasmettono informazioni, ma anche intenzioni, emozioni e stati mentali. Attraverso il linguaggio, siamo in grado di esprimere e comprendere concetti complessi riguardo ai pensieri e ai sentimenti degli altri. La memoria episodica La memoria episodica, la capacità di ricordare eventi specifici del passato, gioca anch’essa un ruolo nella lettura della mente. Le esperienze passate ci forniscono un contesto per interpretare i comportamenti attuali degli altri. Ad esempio, ricordare come qualcuno ha reagito in una situazione simile in passato può aiutarci a prevedere come potrebbe reagire ora. Conclusione sul superpotere della lettura della mente Quindi, è possibile leggere la mente degli altri? La risposta, supportata dalla letteratura scientifica, è un sì qualificato. Non nel senso di percepire direttamente i pensieri altrui, ma attraverso una complessa interazione di processi neurali e cognitivi che ci permettono di interpretare costantemente gli stati mentali di chi ci circonda. Questa capacità è fondamentale per la vita sociale e la comunicazione umana, evidenziando quanto la nostra comprensione della mente altrui sia integrata nel nostro funzionamento quotidiano. FAQ – Il superpotere della lettura della mente Come funziona la Teoria della Mente? La Teoria della Mente si basa sulla capacità di riconoscere che gli altri hanno pensieri, credenze e desideri diversi dai nostri e di utilizzare questa consapevolezza per interpretare e prevedere il loro comportamento. Quali sono le aree cerebrali coinvolte nella lettura della mente? Le principali aree cerebrali coinvolte sono la corteccia prefrontale mediale, il solco temporale superiore e il giro temporale medio. Cosa sono i neuroni specchio e quale ruolo giocano? I neuroni specchio sono neuroni che si attivano sia quando eseguiamo un’azione sia quando osserviamo qualcun altro compiere la stessa azione. Sono fondamentali per l’empatia e la comprensione delle intenzioni altrui. Quali processi cognitivi supportano la nostra capacità di leggere la mente? L’attenzione congiunta, il linguaggio e la memoria episodica sono processi cognitivi cruciali che ci aiutano a costruire un modello mentale degli stati mentali degli altri. Read the full article
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in-the-uncertain-hour · 6 years ago
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Tanto per continuare il mio piccolo discorso interiore sul perché la destra non è di destra, consideriamo la radice di tutti i mali: la cultura occidentale è infestata fin dai tempi di Aristotele da un feticcio che si chiama natura. Solo al singolare, però: l’animismo rivolto alle singole manifestazioni del mondo naturale, divenute a tutti gli effetti persone, pone questioni del tutto differenti, e non pone nessuna questione un approccio descrittivo dei singoli fenomeni. Il problema sorge quando si pensa la natura come un ordine prescrittivo. 
Vi siete mai chiesti perché la dottrina cattolica non ha senso? Ad esempio, perché fare figli è incoraggiato e al tempo stesso i preti non si possono sposare? Non ha senso perché c’è Aristotele di mezzo, filtrato attraverso la Scolastica. Le eresie di matrice gnostica e neoplatonica sono, in effetti, immuni da incoerenze del genere. Aristotele idolatra la natura: non si limita a registrarla, la interroga come l’unica fonte di verità. E, ovviamente, nel momento in cui si pone alla natura l’antichissima domanda come dobbiamo vivere, la risposta sarà inumana. 
La chiesa cattolica è un esempio chiarissimo di istituzione spirituale (e quindi di destra) precipitata in questo materialismo etico. Leggendo teologia, dai Padri alle moderne encicliche, sorprende quante volte la natura, persino nel costrutto delirante della ragione naturale, sia citata come autorità. Lungi dall’essere una polverosa questione di storia della filosofia, le conseguenze di questo delirio sono state devastanti, e continuano ad esserlo, specie adesso che la destra-non-destra è in piena ascesa politica. In almeno quattro modi:
1) L’idea che la differenza genitale fra uomo e donna debba significare una differenza essenziale. Questa è la matrice di tutte le discriminazioni sessuali. Affrontato dal femminismo dell’uguaglianza, per quanto in maniera fondamentalmente difettosa, questo male intellettuale è tornato a emergere nel femminismo della differenza e si è ovviamente risolto, nonostante gli intenti meno difettosi, in utile idiozia al servizio del patriarcato, con cui condivide sul fondo l’immagine di una relazione fra i sessi stabilita attraverso il corpo, piuttosto che lontano dal corpo.
2) Il culto della maternità/paternità/famiglia e la conseguente condanna della sessualità non procreativa e omosessuale. Il cortocircuito qui è quasi comico: la procreazione è uno dei due cardini - l’altro è la morte - di una fisicità irredimibile, gravata dal dolore, dal limite e dal dolore del limite, della quale la sessualità è solo una delle molteplici, inessenziali manifestazioni. Non è pensabile un’etica antimaterialista senza una negazione radicale della procreazione. E un’etica antimaterialista è l’unica in cui la censura del corporeo nelle sue manifestazioni, fra le quali la sessualità, abbia senso. La generazione del corporeo è il ruolo naturale della madre: finché non liberiamo la donna dalla madre qualsiasi prescrizione sull’uso del corpo è futile esercizio legalistico.
3) Il biologismo e l’esaltazione della discendenza di sangue. L’idea si ritrova, chiarissima, in tutte le forme di razzismo biologico degli ultimi due secoli. Anche qui, l’errore sta nel considerare la dimensione genetica come essenziale all’umano. Del resto, credo che concetti come popolo e patria, mantenuti unicamente come archeologia culturale, siano debolissimi e possano essere tranquillamente abbandonati. Anche declinarli, come fa Evola, nelle forme del razzismo spirituale è inutilmente fumoso e incline a equivoci infiniti. Popolo, patria, razza, persino specie - categoria, quest’ultima, responsabile dell’orrore che infliggiamo da sempre agli animali - sono categorie materialiste che non hanno alcun posto nel pensiero di destra. Peccato che siano state, e continuino ad essere, spacciate come pensiero di destra.
4) L’idea che le differenze fra gli esseri umani siano determinanti nella costruzione del loro ruolo sociale. Le forme più odiose assunte da questo principio sono quelle del darwinismo sociale e dell’oggettivismo, ma si ritrova in praticamente tutte le difese del capitalismo e della tecnocrazia. Sul fondo, si tratta comunque di accettare l’esistenza di una gerarchia, che sia prescritta dalle differenze o emergente da quelle stesse differenze. Ma tutte le gerarchie si fondano sulla forza: fisica, intellettuale, sociale. La povertà e la ricchezza, l’autorità e l’obbedienza sono inevitabilmente generate dalla forza, e come tali espressioni della materia, che è il regno della forza. Di conseguenza, scegliere lo spirito significa rifiutare qualsiasi manifestazione esteriore delle differenze materiali. E anche tutti gli ambiti in cui possono manifestarsi: il mercato, la famiglia, lo stato. Rimane emblematica, qui, la figura di Cristo uomo dello spirito, che scaccia i mercanti dal tempio, pretende l’abbandono della famiglia e dei beni, svilisce il lavoro produttivo, svuota di significato le leggi - ancor più che violarle - in nome di una verità oltre la ragione giuridica.  
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unamediversa · 1 year ago
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Invece di dire “Sono danneggiato, sono distrutto, ho problemi di fiducia”, dì “Sto riscoprendo me stesso, sto ricominciando da capo”. Discorsi interiori positivi
“Instead of saying ‘I’m damaged, I’m broken, I have trust issues’ say ‘I’m rediscovering myself, I’m starting over.’ Positive self talk.”
— Horactio Jones
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themanhattansrose · 3 years ago
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certe volte penso che sia cosa giusta raccontare, raccontarsi, raccontarmi
poi mi guardo attorno e forse un po’ mi inibisco - a 25 anni sono diventata una tenerona (wtfffff) - penso solo che in realtà buttare così nel mondo certe cose così delicate sarebbe come dare in pasto ai cani affamati un pezzo di carne,
allora sai che faccio? mi dico lascia sta, creati i tuoi discorsi interiori, raccontali pure, dagli forma, e poi magari regalali a qualcuno o magari regalali solo a te stessa
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scaccomattoefolle · 3 years ago
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Quanto odio i discorsi motivazionali che non tengono conto del fatto che siamo tutti diversi e ognuno combatte le proprie battaglie interiori ed esteriori e che a volte si fa del proprio meglio anche soltanto per sopravvivere
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gbsad · 3 years ago
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lo sguardo fisso nel vuoto, segno di stanchezza dice lui. Pochi sanno davvero cosa c’è dietro esso. Pensieri inquieti, atti atroci, paura, ansia, angoscia, tristezza. Parole di conforto escono solo dalla nostra bocca, un gruppo di ragazzi apparentemente felici e tranquilli, con le loro cotte, le loro debolezze. Dietro esse ci sono ore di pianti, notti insonni, insicurezze, vuoti interiori. Riempiamo questi vuoti con discorsi inutili, partite a carte, ci nascondiamo dietro test fingendoci di conoscerci. Noi non ci conosciamo, noi siamo deboli, noi abbiamo paura, noi ci sentiamo soli, noi piangiamo di fronte allo specchio, noi abbiamo paura del mondo, noi vogliamo solo essere amati e sentirci al sicuro. Vorremmo una risposta ai nostri problemi dai nostri genitori, dali adulti, ma i loro sguardi persi dietro un telefono ci feriscono solamente. Allora mettiamo i nostri problemi nei cuori degli altri, i nostri amici, i nostri amici forse anche solo per 3 mesi all’anno, ma loro ci sono sempre per noi. Dietro un gruppo di ragazzi ci sono tanti ragazzi e ragazze deboli e con problemi. Ma gli altri vedono solo ragazzini immaturi che non vogliono fare niente dalla mattina alla sera, che vogliono solo uscire, noi da soli ci riempiamo i vuoti a vicenda, ci mettiamo nei vestiti di psicologi, dottori, avvocati per loro, e a noi questo va bene. Siamo gli unici che possono capirci, finché ci saremo gli uni per gli altri stiamo bene,stiamo bene, o magari ci nascondiamo solo dietro questa affermazione.
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strawberry8fields · 5 years ago
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[Di spostamenti in avanti e di non luoghi che segnano un viaggio.]
La cartina geografica della felicità
Mi avevi invitato a bere qualcosa. I cuscini e le coperte sotto i fili del bucato. L’ampio manto della notte sopra di noi, rischiarato da ombre luminose e calde. Le inflessioni delle nostre voci nel silenzio, la mia placida disinvoltura, la tua profonda sicurezza. Il flusso ininterrotto dei discorsi, la complicità, l’entusiasmo e quel delicato equilibrio di appartenenza.
La vista era magnifica. Fin dal primo momento in cui avevo posato gli occhi sul panorama ero rimasta incantata dalla grazia immobile dell’architettura di quei palazzi. La luna rifletteva la bellezza dei tetti di Roma e il tempo continuava a sfuggire alla sua decrittazione.
A dispetto della crescente complessità dei giorni precedenti, quella notte tutto appariva sotto una luce diversa. Si vedeva che stavo bene. Respiravo serenità per la prima volta dopo mesi. I miei occhi lampeggiavano. Ti fissavo. Non riuscivo a indagare le sfumature emotive che delimitavano i nostri contorni: cambiavano prima. Cercavo di definire la realtà che percepivo in discorsi organizzati provvisti di senso ma non ci riuscivo. Non serviva interrogarmi sul perché. Non ci riuscivo perché non ce n’era bisogno.
Tu cercavi abilmente di adeguare la velocità della storia alla mia velocità di narrazione. Io conservavo la mia solida e riconoscibile identità di voce narrante. Cucivamo insieme i frammenti dei nostri discorsi interiori. Sperimentavamo tentativi di riconoscimento, isolati su quella terrazza solo nostra.
La felicità era fruibile. Trasparente. Più vicina a una forma di autenticità. Non c’era bisogno di scrutarmi dentro. Non si trattava di una suggestione. Ne eravamo posseduti, totalmente immersi. Non potevamo uscirne perché si formava, si trasformava  e si riformava continuamente. La transitorietà del momento e la sua fruizione immediata non toglievano nulla alla sua effettività.
Per trovarla non bisognava andare lontano. Non c’era bisogno di fantasticare o progettare pensando al futuro. Bastava osservarti. Tanto bastava a sublimare l’incanto e a a insinuare un senso di pienezza nel dissolversi del tempo.
La geografia di quella felicità era completamente slegata dal luogo. Si disegnava a vista.
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ladrodiorchidee · 4 years ago
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Rubare la vita alle anime di chi ha calpestato la tua (per modo di dire) terra. Leggere i dirupi interiori di chi ti ha forgiato la mente ed ascoltare i lamenti di chi ti ha donato le orecchia. E poi, in un angolo del tuo cervello, capire che gli strumenti per capire sono dati dal cervello stesso e dagli stessi maestri che mai hai conosciuto. Non più vuoto nei discorsi, ma mormorii incessanti e incerti e poi voci sempre incessanti ma ormai forti e consapevoli nella tua mente. Ecco il segreto per preservare la pace e la socialità: fare della logica interiore il proprio pane quotidiano; sviscerare le radici dei propri tormenti e snodarle. Il cruccio della questione è l'atto pratico: come disabituarsi al sentimentalismo e procedere nelle braccia calde del rigore? Pascal avrebbe detto esercizio e sperimentazione, io vi dico, per grazia di dio, non lo sapremo mai.
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oramicurcu · 6 years ago
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Lettera aperta
Spero tu possa trovare qualcuna che ti ami e che ami anche tu. Spero tu possa trovare qualcuna che si faccia venire a prendere a casa, sempre, che voglia andare in capo al mondo ed ogni domenica fuori porta, senza mai contribuire o mettere a disposizione la propria macchina. Spero fumi più o meno quanto te, così da non poterti dire che l'hai appena spenta e di aspettare un po'; che non faccia polemiche se butti le cicche a terra o nei vasi delle piante o se butti il pacchetto vuoto fuori dal finestrino. Spero diventi amica di tua mamma, facendosi entrambe le faccette, per poi punzecchiarsi a vicenda quando sono sole con te. Spero sia gelosa e ti faccia le scenate. Spero ti chieda regali e ti parli delle sue nuove unghia. Spero voglia uscire e stare al bar con i tuoi amici tutte le sere ma non ti faccia andare se non può esserci anche lei. Spero non ti dia problemi e pensieri, spero non scenda in discorsi complicati, complessi interiori e filosofeggianti. Spero non legga, non si interessi a nulla ma che abbia una laurea e foto in bella vista con la corona. Spero si faccia le foto allo specchio. Spero non si alzi alle 5 del mattino in estate solo per venire con te a pescare, spero non stia 6 ore in sala biliardo, da sola, solo per vederti giocare. Spero voglia anzi che tutto il tuo tempo sia dedicato a lei, a voi, quindi niente pesca né biliardo, niente che non includa anche lei. Spero ti controlli il telefono tra messaggi, chiamate e social vari. Spero non ti regali mai un albero né un biglietto scritto di proprio pugno ma che riempia la tua bacheca di cuori, conto dei giorni passati e frasi d'amore scritte da chissà chi e Ti Amo plateali detti così, in leggerezza.
Spero ti faccia stare tranquillo, ma di quella tranquillità che ti incastra davvero e ti svuota.
Spero però che tu la ami e che lei ami te. Se è questa la relazione che a quest'età può renderti felice.
Spero che anche tra 10 anni tu possa però fare il paragone tra me e lei. E roderti i gomiti.
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valoriontinuit · 5 years ago
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CASTELLO RISOLO SPECCHIA, PIAZZA DEL POPOLO. Mostra di Luigi De Giovanni
Titolo: Ossimori pittorici
“Ossimori pittorici” è il titolo della mostra di Luigi De Giovanni, che si potrà visitare fino al 30 luglio ’19 al castello Risolo di Specchia. Le opere in esposizione prendono in considerazione le contraddizioni interiori dell’artista che, addentrandosi nel paesaggio, nelle nature morte o nelle angosce, trova il suo discorso: la sua pittura. È così che si perde nei colori, nell’humus dei suoi luoghi amati, dove anche un fiore ha i suoi significati, per procedere con più furia nei suoi tormenti fatti di conflitti sociali, di lotte per il potere o contro il potere troppo spesso oppressivo e ingiusto. L’artista in questa esposizione, sintesi del suo lavoro e del suo pensiero di sempre, indaga la società, con le incoerenze che la caratterizzano, trovando pace nella bellezza malinconica del breve tempo dei fiori recisi e nella poesia del paesaggio che sa suscitare poetiche emozioni in tutte le stagioni. Le sue angosce cominciano a manifestarsi nel tuffo quasi religioso nei campi di papaveri dove il rosso si accende e si adombra suggerendo pennellate intense che fanno sentire l’urlo dei caduti nei campi di battaglia dove nello spirituale oriente i comandanti lanciavano i semi di questo fragile fiore per farli rifiorire in una speranza dolorosa ma di vita: vita spezzata dall’egoismo dell’uomo che ambisce al potere. I climi lividi di segni sempre più aggressivi penetrano il supporto pittorico, tele o jeans, sino a caricarsi del pensiero dell’artista in una denuncia del suo dolore interiore che guarda alla natura anche lei tradita, sfruttata dalla forza bruta e selvaggia dell’uomo che nel suo voler essere perfetto si manifesta nella sua malvagità.   Luigi De Giovanni, in questo modo, con la sua pittura istintiva e traboccante di tracce dei percorsi delle idee, si apre all’esterno seguendo sensazioni che si palesano nel suo addentrarsi nel colore, canale delle sue elucubrazioni che trovano origine lontano quando lui riusciva a vedere l’immaginazione al potere: un sessantotto tradito e distorto nei tanti sogni. Tradito negli ideali ormai lontani ma ben descritti nelle opere intitolate “Carte” dove le ferite, ancora sanguinanti d’un rosso marcescente e raggrumato, suturate con garze e fili colorati perché il colore è conforto, brucianti ancora di delusione, sono tracciate da pennellate che lasciano segni espliciti di angoscia e di rassegnazione. De Giovanni si rasserena nella natura, che non lo tradisce mai e che gli consente di riprendere i fili del suo animo che si inoltra, oltre il reale, nella spiritualità suggerita dai luoghi amati. I suoi paesaggi, in quest’occasione, recenti e del Salento, dipinti nei mutamenti stagionali, raccontano una terra con i fusti contorti degli ulivi feriti e spogli, i muretti a secco che si vestono di bianco, la terra rossa che accende gli scorci, il mare che invita ad un bagno estivo, le fioriture primaverili che inebriano sino a far trovare l’armonia del creato. Il paesaggio prosegue il suo discorso nello studio con i fiori recisi che dalla rigogliosità piena di speranza dei boccioli di vita lasciano cadere i petali nel tramonto dei loro giorni per donare atmosfere coloristiche che sanno di poesie e malinconie: paesaggi e fiori che nel tempo si ripetono nei loro discorsi e parlano di bellezza e speranza.  Le carte con le garze che suturano ferite troppo profonde e troppo spesso nascoste nei cuori delle persone svelano fragilità e sofferenza di chi, smarrito, cerca la strada della salvezza. I jeans, nel loro racconto di lavoro e rivoluzione delle idee purtroppo deluse, ormai diventati apparenza, strappati e lisi prima d’essere usati in una finzione vuota hanno perso la loro forza evocativa per diventare oggetto consumistico e vuoto. Nei Jeans l’essere pare non avere più valore al suo posto c’è l’uomo smarrito che, ingannando sé stesso, ritiene di vivere una vita piena e giusta. La mostra è tutto questo: un’indagine profonda della società dove l’essere conta meno dell’apparire, dove la finzione è più vera del reale, dove l’artista denuncia una maggiore coerenza con il vero senso del vivere in armonia. La mostra è stata presentata da Raffaele Polo che curato il testo critico in catalogo, allestita dell’Arch. Stefania Branca e organizzata da Il Raggio Verde Edizioni, Arteluoghi e e20cult con il patrocinio del Comune di Specchia in collaborazione con la Pro Loco di Specchia.                                                                                          Federica Murgia Info: [email protected] Cell. 3292370646 www.degiovanniluigi.com
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degiovanniluigi · 5 years ago
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CASTELLO RISOLO SPECCHIA, PIAZZA DEL POPOLO. Mostra di Luigi De Giovanni
Titolo: Ossimori pittorici
“Ossimori pittorici” è il titolo della mostra di Luigi De Giovanni, che si potrà visitare fino al 30 luglio ’19 al castello Risolo di Specchia. Le opere in esposizione prendono in considerazione le contraddizioni interiori dell’artista che, addentrandosi nel paesaggio, nelle nature morte o nelle angosce, trova il suo discorso: la sua pittura. È così che si perde nei colori, nell’humus dei suoi luoghi amati, dove anche un fiore ha i suoi significati, per procedere con più furia nei suoi tormenti fatti di conflitti sociali, di lotte per il potere o contro il potere troppo spesso oppressivo e ingiusto. L’artista in questa esposizione, sintesi del suo lavoro e del suo pensiero di sempre, indaga la società, con le incoerenze che la caratterizzano, trovando pace nella bellezza malinconica del breve tempo dei fiori recisi e nella poesia del paesaggio che sa suscitare poetiche emozioni in tutte le stagioni. Le sue angosce cominciano a manifestarsi nel tuffo quasi religioso nei campi di papaveri dove il rosso si accende e si adombra suggerendo pennellate intense che fanno sentire l’urlo dei caduti nei campi di battaglia dove nello spirituale oriente i comandanti lanciavano i semi di questo fragile fiore per farli rifiorire in una speranza dolorosa ma di vita: vita spezzata dall’egoismo dell’uomo che ambisce al potere. I climi lividi di segni sempre più aggressivi penetrano il supporto pittorico, tele o jeans, sino a caricarsi del pensiero dell’artista in una denuncia del suo dolore interiore che guarda alla natura anche lei tradita, sfruttata dalla forza bruta e selvaggia dell’uomo che nel suo voler essere perfetto si manifesta nella sua malvagità.   Luigi De Giovanni, in questo modo, con la sua pittura istintiva e traboccante di tracce dei percorsi delle idee, si apre all’esterno seguendo sensazioni che si palesano nel suo addentrarsi nel colore, canale delle sue elucubrazioni che trovano origine lontano quando lui riusciva a vedere l’immaginazione al potere: un sessantotto tradito e distorto nei tanti sogni. Tradito negli ideali ormai lontani ma ben descritti nelle opere intitolate “Carte” dove le ferite, ancora sanguinanti d’un rosso marcescente e raggrumato, suturate con garze e fili colorati perché il colore è conforto, brucianti ancora di delusione, sono tracciate da pennellate che lasciano segni espliciti di angoscia e di rassegnazione. De Giovanni si rasserena nella natura, che non lo tradisce mai e che gli consente di riprendere i fili del suo animo che si inoltra, oltre il reale, nella spiritualità suggerita dai luoghi amati. I suoi paesaggi, in quest’occasione, recenti e del Salento, dipinti nei mutamenti stagionali, raccontano una terra con i fusti contorti degli ulivi feriti e spogli, i muretti a secco che si vestono di bianco, la terra rossa che accende gli scorci, il mare che invita ad un bagno estivo, le fioriture primaverili che inebriano sino a far trovare l’armonia del creato. Il paesaggio prosegue il suo discorso nello studio con i fiori recisi che dalla rigogliosità piena di speranza dei boccioli di vita lasciano cadere i petali nel tramonto dei loro giorni per donare atmosfere coloristiche che sanno di poesie e malinconie: paesaggi e fiori che nel tempo si ripetono nei loro discorsi e parlano di bellezza e speranza.  Le carte con le garze che suturano ferite troppo profonde e troppo spesso nascoste nei cuori delle persone svelano fragilità e sofferenza di chi, smarrito, cerca la strada della salvezza. I jeans, nel loro racconto di lavoro e rivoluzione delle idee purtroppo deluse, ormai diventati apparenza, strappati e lisi prima d’essere usati in una finzione vuota hanno perso la loro forza evocativa per diventare oggetto consumistico e vuoto. Nei Jeans l’essere pare non avere più valore al suo posto c’è l’uomo smarrito che, ingannando sé stesso, ritiene di vivere una vita piena e giusta. La mostra è tutto questo: un’indagine profonda della società dove l’essere conta meno dell’apparire, dove la finzione è più vera del reale, dove l’artista denuncia una maggiore coerenza con il vero senso del vivere in armonia. La mostra è stata presentata da Raffaele Polo che curato il testo critico in catalogo, allestita dell’Arch. Stefania Branca e organizzata da Il Raggio Verde Edizioni, Arteluoghi e e20cult con il patrocinio del Comune di Specchia in collaborazione con la Pro Loco di Specchia.                                                                                          Federica Murgia Info: [email protected] Cell. 3292370646 www.degiovanniluigi.com
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