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Trans-Pyrénées - part 1: Cerbere-Hendaye
Poco dopo che le prime nevi comincino a sciogliersi ed a liberare i miei amati passi alpini (e riprenda la mia attività ciclistica) arriva il momento di iniziare a pensare alle vacanze estive che, seguendo io i seguenti principi:
Andare in un posto il più possibile fresco
Andare in posti senza folle di persone (e quindi anche macchine)
Cercare un po’ di avventura (quindi viaggio itinerante)
Evitare l’aereo (per ragioni ecologiste)
è da molti anni che consistono in viaggi in bici in aree montane.
Dopo avere affrontato negli ultimi due anni in bikepacking gli Appennini (da Savona a Reggio Calabria, lungo il crinale: 2.310 km e 44.628 m d+), con il mio usuale socio di bici Mattia, e le Alpi (da Trieste a Nizza, attraversando 35 passi e 5 nazioni per un totale di 2.003 km e 42.025 m d+), queste in solitaria, in quanto a catene montuose sono in effetti un po’ a corto di idee e così traccheggio piacevolmente (altro mio principio sarebbe quello di decidere il più tardi possibile) fino a quando Mattia non mi propone la Trans-Pyrénées, sempre in bikepacking: dal Mediterraneo all’Oceano Atlantico e ritorno - idealmente dalla parte francese all’andata (da sud-est a nord-ovest) e dalla parte spagnola al ritorno. Le città di partenza e arrivo sono quelle più o meno ufficiali di chi fa una Trans-Pyrénées: Cerbere (Mediterraneo) e Hendaye (Atlantico), entrambe le ultime in Francia al confine con la Spagna (nel rispettivo lato, ça va sans dire: iniziamo a padroneggiare la lingua).
[In effetti i Pirenei li avevo già percorsi una volta, in una sola direzione, ma in modo un po’ diverso (con bici da viaggio, borse pesanti e tenda) e in ogni caso li ricordo molto belli, c’è poca gente e il caldo non è opprimente (almeno nelle parti centrali), Infine, ovviamente, non è che il nuovo percorso coincida con quello già fatto, eh, ma anche se fosse...]
Poiché Mattia è il re del tracciamento percorsi a lui spetta buttare giù le tracce gpx - che includano naturalmente i passi più rinomati o belli - mentre io mi dedico a trovare sul percorso i posti con alloggi disponibili e ipotizzare possibili tappe. Nel mio inconscio spero comunque che le tappe si incasinino subito (cosa che succederà soprattutto al ritorno) in quanto, un po’ più di Mattia, cerco di organizzare il meno possibile (il mio viaggio ideale sarebbe non sapere niente: ne’ la meta, ne’ quanto durerà il viaggio, ecc... anche se questo ovviamente non è possibile).
Ad ogni modo il viaggio è pianificato e non resta che prendere i biglietti dei treni e preparare le bici. Opteremo entrambi per la bici gravel con copertone “endurance” (da 30 mm io, da 28 mm Mattia) in modalità tubeless (spoiler: ritorneremo con 4 copertoni di marche diverse, 3 misure differenti e con un copertone ciascuno con camera d'aria). Luci, due borracce a testa, attrezzi, camere d’aria e pastiglie dei freni completano l'equipaggiamento tecnico. Per quanto riguarda l'abbigliamento, partiamo con un cambio completo da bici, i vestiti da civili (pochissimi e con il pezzo forte delle ormai collaudatissime scarpe da scoglio) e un plasticone impermeabile in caso di pioggia. Unico accessorio superfluo per me è il kindle a cui non so rinunciare. Libro teorico del viaggio sarebbe dovuto essere The passenger del mio prediletto e recentemente scomparso, ahimè, Cormac McCarthy, ma leggerò tipo una ventina di pagine in tutto.
Peso della mia bici 16,2 kg contro i 18 kg suoi (vinto 😊).
Eleggo a mio personale spirito guida del viaggio Thibaut Pinot.
PS Il mio post sarà diviso in due parti sia perchè già di per se' troppo lungo, sia per l'odioso limite di foto di Tumblr che non mi permetterebbe altrimenti di mettere tutte quelle che vorrei. A proposito di foto, il mio socio Mattia ne fa di molto migliori, basta vedere il suo profilo instagram, ma ci mette un sacco a ordinarle, sistemarle e darmele e così vi dovete accontentare.
Ora ci aspettano solo 4 treni e 12 ore di viaggio e mi piacerebbe poter dire di non avere sbagliato treno al penultimo cambio :(. Di scusanti ne avremmo - tipo che il treno prima era in ritardo, che l'altro treno era in una parte della stazione diversa e che partiva 5 minuti prima del nostro dallo stesso binario, le cavallette, ecc... - ma in ogni caso ammetto che siamo stati due fessacchiotti. Per fortuna, arrivati a Marsiglia, troviamo una facile soluzione (a 50 € cad.) per arrivare a Cerbere il giorno stesso e così arriviamo a destinazione seppure alle 22 invece che alle 17. Per punizione a letto senza cena!
Quì dimostriamo di non perdere il buonumore
Altra disavventura del viaggio sono inoltre dei piccoli "danni" alle bici dopo il trasporto: il mio cambio piegato (lo raddrizzeremo a mano e reggerà tutto il viaggio) e un dente danneggiato della corona anteriore della bici di Mattia che gli faceva spesso cadere la catena e che risolveremo del tutto grazie all'assistenza di Albera Bike (merci). Al ritorno invece, altro spoiler, lascerò la sacca per il trasporto bici a Cerbere e mi toccherà comprarne una nuova (però molto più bella e leggera e ingombrante, almeno questo).
E finalmente si parte!
Foto di rito della partenza dalla spiaggia di Cerbere
Pirenei orientali
Il nostro viaggio incomincia in Catalogna, nei Pirenei orientali, e, sorpresa ma non troppo, inizia (come finirà) nella nebbia e con un po' di pioggerella. E così, come sempre mi capita quando sono in Francia e piove, canticchio tutto il giorno dentro di me quel verso di Paolo Conte che recita "... mentre tutto intorno è pioggia, pioggia, pioggia e Francia" e subito dopo quello di Jannacci che cita Conte e che recita "che bella quella canzone che parla della pioggia, della Francia e non fa confusione in mezzo a tutta 'sta ignoranza", tutto questo in un loop infinito.
Come primo impatto, nella Catalogna francese si notano subito i doppi nomi sui cartelli all'ingresso dei paesi (in catalano e in francese)
Belli i cartelli dei paesi francesi, no?
e in generale la doppia lingua (scritta e parlata) mentre nella parte spagnola, che attraverseremo al ritorno, la rivendicazione indipendentista è molto più sentita e ci imbatteremo in moltissime bandiere esposte e in un sacco di scritte e cartelli indipendentisti.
La nostra scritta preferita risulterà essere "Desobediència el camì de la independència"
Quì tralascio tutta una serie di miei pensieri sulla questione in quanto non la conosco approfonditamente e rischio di crearmi degli haters tra il mio migliaio di follower spagnoli :).
Ad ogni modo i primi passi o, meglio cols (in francese), ci mostrano subito che quì con le pendenze non si scherza (ved. Tour Medeloc) e che i geometri comunali pirenaici (indipendenti, eh!) probabilmente non avevano a disposizione una livella o era guasta. In generale, durante tutto il giro anche i cols che mostravano pendenze medie accessibili (6-7%) poi nascondevano insidie, costituite per lo più da km di discesa nel mezzo, che ti portavano le pendenze restanti come niente fosse al 10-11% e oltre; insomma, sono stato sul chi va là tutto il viaggio e guardavo giustamente con sospetto ogni col.
Passo dopo passo, inteso come col dopo col (altrimenti avrei scritto pedalata dopo pedalata) le quote si alzano, e si lasciano i Pirenei Orientali, non prima di avere svalicato anche il Col de Mollò, oggetto di tante battute nel corso del viaggio, cosa che dimostra anche la nostra maturità.
Foto esemplificativa delle pendenze pirenaiche è quella di Mattia che affronta il 13% del Medeloc mentre io, con la scusa della foto, mi preparavo mentalmente.
Altra cosa da menzionare che varrà per tutto il viaggio è l'inizio dei nostri pranzi (e talvolta cene) ai vari supermercati, tra cui si distingue per qualità e scelta il Carrefour Montagne con i suoi prodotti Sodebo (soprattutto quelli a base di tonno e uova). L'accoppiata Carrefour/Sodebo meriterebbe quindi sicuramente il ruolo di sponsor del viaggio se solo ci avesse(ro) fornito il cibo gratis, ma invece... peggio per loro. Quella del cibo del supermercato è una delle poche categorie, tra l'altro, dove la Francia è risultata migliore della Spagna.
Ariege e Alta Garonna
Queste due parti dei Pirenei me le gioco assieme perchè fino ad ora non le avevo ben focalizzate nella mia testa (varrà anche per altre aree) e inoltre ce le giochiamo in 3 giorni totali anche se riusciamo a conquistare un bel po' di cols quali per esempio: Col de Pailhères (2001 m), il Col de Port (1249 M), Il col d'Agnes (1570 m), il Portet d'Aspet (1069 m) - dove purtroppo durante un Tour de France ha perso la vita Fabio Casartelli, campione olimpico - il Col de Mentè (1349 m), il Port de Bales (1755 m) e il Col de Peyresourde (1563 m).
Il monumento commemorativo, non troppo bello in realtà, per Fabio Casartelli sul Portet d'Aspet.
19 km di benheur (19 km di felicità), recita il cartello all'inizio della salita del Port de Bales, ed in effetti è bellissimo
Menzione d'onore al Col de Pailhères, terzo nella mia personale classifica dei passi più duri, ma soprattutto primo affrontato oltre i 2000 m (di poco, eh! Ma tanto basta).
In generale si attraversano belle cittadine e i paesaggi sono un po' più alpini rispetto ai Pirenei orientali. Oltretutto il tempo regge: fa caldo sotto il sole ma non si muore, quindi bene.
La tappa nell'Ariege risulterà inoltre essere la tappa regina dell'intero viaggio con bel 150 km affrontati e 3.860 m d+, si poteva forse far di meglio ma va bene così.
Iniziamo a trovare sulle strade un sacco di animali liberi (in questo caso mucche, ma rischieremo frontali anche con cavalli, capre e qualche volta anche tori 🫥) che ci faranno compagnia lungo (quasi) tutto il viaggio, non gli stessi però!
Cedete lo passo!
Questa invece è la cima del Col de Peyresourde da cui lasciamo l'Alta Garonna e che segna il nostro ingresso negli Alti Pirenei, là dove osano le aquile!
Alti Pirenei
Ed eccoli gli Alti Pirenei, quelli a cui è stato rivolto il mio pensiero fin dalla programmazione del viaggio! Cosa ci volete fare... a me piacciono le alte vette.
L'ingresso in questo dipartimento ci vede innanzitutto protagonisti delle salite a due laghi - Lac de Long de Cap (2160 m) e Lac d'Aubert (2148 m) - e dello sterrato del Col de Portet (2215 m) che mi vedrà squarciare un copertone (poi velocemente rimpiazzato alla cittadina sotto per fortuna). Il numero dei cols over 2000 m conquistati ha quindi un'impennata!
Negli Alti Pirenei comunque ci sono i cols più mitici e conquistiamo in ordine:
Col du Tourmalet (2115 m): affrontato con nebbia e pioggerella (e in cima 7 °C). Cmq dalla nostra parte (da Campan) abbastanza sostenibile ma poi il tempo è peggiorato e dall'altra parte c'era uno sciame di ciclisti che lo affrontava con pioggia più sostenuta e più freddo. Insomma quasi mi commuovo, che passione il ciclismo!
Col de Tentes (2210 m): a fondo cieco, bellissimo. Di seguito poi faremo anche un'altra salita nella fantastica val d'Ossau fino al Lac de Gloriettes (1668 m). Abbiamo schivato la pioggia per miracolo e appena giunti in albergo si è messo a piovere (e continuerà anche il giorno dopo, motivo per il quale pernotteremo a Luz-Saint-Sauveur 2 notti e io mi comprerò un antivento degli Haut Pyreenes e delle mutande del Tourmalet, alè)
Luz Ardiden (1729 m): fatto A/R dall'albergo sotto una pioggia scrosciante, in discesa molto freddo ma almeno per una volta senza le borse
Col de Tramassel / Hautacam (1615 m); fatto in compagnia di Luke, alias Switrchback Saturdays, e, gli ultimi km della salita, di Dauphine, una dodicenne con la maglia di campionessa del mondo che non ho dubbi che lo diventerà
Col d'Aubisque (1729 m) che dal nostro lato lo si fa dopo il Col de Soulor ed in pratica sono pochi km ma forse il più bel col pirenaico? Sì 😍
Agevolo foto varie:
Mattia all'arrivo al Tourmalet (presto si coprirà)
Il Luz-Ardinen sotto la pioggia
Io che, pavido, scappo a ripararmi dalla pioggia dopo la conquista della cima.
Dauphine che dà del filo dal torcere ai miei due compagni di salita
La salita al Col d'Aubisque (siamo a 1500 m quì ma sembrano le Alpi): non è una gran foto e non rende, lo ammetto, per cui meglio guardarle sul web, qui, o sul profilo instagram del mio socio quando si degnerà di postarle :).
Pirenei Atlantici
Con l'ingresso nei Pirenei Atlantici e nei paesi baschi stiamo ormai terminando la prima parte del viaggio e uno penserebbe che si cominci a sentire l'aria di mare ma... sorpresa! Ci aspettano paesaggi scozzesi con pratoni verdi e pecore (che non ci sono nella foto per puro miracolo).
Pratoni verdi e nessuna ma proprio nessuna macchina
Ad ogni modo i paesi baschi mi piacciono un sacco perchè non c'è nessuno (almeno all'interno), c'è un sacco di verde (come anticipato), fa fresco e infine hanno delle bellissime case bianche e rosse e bianche a verde (nessuna differenza politica o altro ma solo a piacere come ci ha spiegato un simpatico basco).
Quì attraversiamo un paesino con le case di cui sopra
Da quì fanno anche la comparsa, in ogni paese, i campi da pelota.
Foto artistica di Mattia con me che dimostro di non avere capito l'utilizzo del campo
Ne approfittiamo anche per imparare i rudimenti della lingua basca visto che è sufficiente aggiungere ad una normale parola delle X, K, U e Z tanto quanto basta per renderla irriconoscibile e quindi non capire più nulla.
I vostri 2 affezionatissimi, dopo avere affrontato l'ultimo passo, il Col de Saint-Ignace (129 m) - in basco Santinazioko Lepoa! 😁- arrivano quindi sull'Oceano e precisamente ad Hendaye che si rivela disordinata, trafficata e affollatissima e così abbandonata subito dopo la foto di rito (e ovviamente un tuffo nell'oceano) per andare a pernottare nella sorprendentemente bella Hondarribia (Spagna), dove faremo la migliore cena della prima parte del viaggio. Aggiornamento del punteggio: Francia 1 - Spagna 1.
L'oceano!
Totale prima parte: 1.083 km x 26.400 m d+ (e 28 cols)
FINE PRIMA PARTE (continua quì)
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Week end a Nizza, cosa vedere in città e dintorni
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«Aiutare i migranti ora è un diritto»: così un contadino ha convinto la Corte Costituzionale francese
Cédric Herrou ha vinto la sua battaglia legale dopo arresti e processi durati cinque anni. Ha offerto un rifugio ai clandestini alla frontiera di Ventimiglia. E ora ha creato una comunità
di Sabrina Pisu
«La frontiera sono tutte queste montagne», dice Cédric Herrou mentre sale a piedi lungo il suo terreno ripido a Breil-sur-Roya, in Francia, nelle Alpi Marittime, a pochi chilometri dall’Italia. Vista da qui, la linea di confine tra i due paesi non esiste, spezzata dalle vette dei monti e dalle mani di questo contadino francese, di quasi 42 anni, tese ad aiutare i migranti nel viaggio verso un altro destino.
La sua solidarietà è finita sotto processo per quasi cinque anni, durante i quali è stato arrestato undici volte, subendo cinque perquisizioni. Una lunga battaglia giudiziaria che ora ha vinto: il 31 marzo scorso la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla Procura Generale di Lione dopo il suo rilascio deciso il 13 maggio 2020 dalla Corte d’Appello. Cédric Herrou era stato accusato e condannato per aver aiutato i migranti ad attraversare il confine tra l’Italia e la Francia senza essersi accertato del loro status irregolare e per averli ospitati. Questo contadino francese si è battuto fino a veder riconosciuto nel 2018 dalla Corte Costituzionale il principio di solidarietà che permette a tutti i cittadini di aiutare persone in difficoltà, per motivi umanitari.
«È una decisione frutto di una lunga battaglia legale e rappresenta un simbolo molto importante per il nostro sistema giudiziario», spiega il suo avvocato, Sabrina Goldman. «I saggi del Consiglio Costituzionale hanno ritenuto che la fraternità non è un principio astratto, ma un valore che deve avere una traduzione concreta nel nostro ordinamento giuridico». E così è stato, il Consiglio Costituzionale ha sancito, si legge nella sentenza, che «deriva dal principio di fraternità la libertà di aiutare gli altri, per scopi umanitari, senza considerare la regolarità del soggiorno sul territorio nazionale». E così Cédric Herrou è ora un uomo libero.
Coltivare la terra da queste parti è una battaglia costante con la natura. «Questa terra mi ha insegnato a combattere», dice Herrou che ha fondato qui la comunità agricola Emmaüs Roya che produce prodotti biologici con i migranti. Le montagne risuonano tra gli alberi di ulivo e le piante di timo agitate dal vento in un fischio che si mischia al profumo. Il maiale Rico e le galline scandiscono la salita, quando i cani vedono arrivare Herrou è festa. Alla fine c’è uno spiazzo dove ci sono dei bungalow in legno, un paio di camper, un biliardino, un grande tavolo con le uova fresche al centro, un lampadario giallo appeso a un filo, in aria, a illuminare il buio che scenderà, mentre banchi di nebbia coprono già in lontananza l’orizzonte. In una casetta di legno c’è la cucina.
È questo il luogo in cui Herrou accoglie i migranti: ne ha ospitati finora 2.500, in fuga da guerre, dittature, in cerca di un’altra vita. Qui vivono «les compagnons», come li chiama lui, non solo migranti o richiedenti asilo ma anche persone in difficoltà trovano la porta della sua terra sempre aperta. Ora ce ne sono sette e sono arrivati da tutto il mondo: da Fevo, che viene dalla Nigeria, a Lassad, tunisino.
Cédric Herrou, il contadino che «milita per la dignità di tutti gli esseri umani», come precisa lui, è diventato un simbolo internazionale dell’accoglienza ai migranti. Per conoscere la sua storia bisogna tornare indietro, a Nizza, nella banlieue difficile di L’Ariane, dov’è nato e cresciuto. Lì ha imparato quello che conta: «La mia famiglia era molto modesta ma accoglieva bambini abbandonati, spesso figli di immigrati, dati in affidamento dai servizi sociali. Ho imparato a condividere tutto».
Parla dei suoi genitori, «più inquadrati» di lui, e del fratello Morgan al quale lo accomuna invece uno stile di vita simile. È stato grazie a lui che è arrivato a Breil-sur-Roya: «Quando avevo sedici anni venivo a trovarlo. Nel 2002, a ventitré anni, ero perso, non sapevo cosa volevo. E così ho deciso di ripartire dal sogno che avevo da bambino, di avere un pezzetto di terra, che costasse poco. L’ho trovato qui, l’ho pagato 1500 euro, era abbandonato». Per dieci anni era stato perito meccanico, un lavoro che ha lasciato nel 2006 quando è diventato agricoltore. Ha cominciato a produrre olio, paté di olive e uova, senza sapere ancora che quel pezzetto di terra non sarebbe stato un rifugio solo suo.
Tutto è iniziato quando Parigi, nel giugno 2015, ha deciso di chiudere la frontiera con l’Italia, attuando respingimenti sistematici di migranti irregolari, anche minori. In centinaia, in gran parte del Corno d’Africa, soprattutto eritrei, erano bloccati a Ventimiglia. «Si erano messi sugli scogli per far vedere che esistevano, era come una manifestazione. Ho incontrato dopo qualche tempo persone, famiglie, bambini che camminavano sul bordo della strada. Mi sono fermato e li ho portati con me, sapevo che a Breil-sur-Roya l’associazione Roya Citoyenne forniva accoglienza».
Smettere o andare avanti? «Se non fossi andato avanti avrei rinnegato chi sono, la mia infanzia». Ha deciso di proseguire: «Il mio Paese, pensavo, è responsabile della condizione che vive l’Italia. La Francia si è messa contro queste persone a causa del colore della loro pelle. Non volevo essere complice di questo razzismo di Stato». Così Cédric Herrou ha traportato i migranti da Ventimiglia a Breil-sur-Roya: «Sono andato a prendere dei bambini nella chiesa delle Gianchette a Ventimiglia. All’epoca non c’era ancora una presa in carico dei minori non accompagnati, ad accoglieri c’era solamente un parroco, Don Rito, che ha aperto la parrocchia. Ho portato i bambini a Breil-sur-Roya dove abbiamo fatto il necessario per farli andare in altre località della Francia, in Germania e Svizzera».
In fretta, il nome e il numero di Herrou e la sua «terra dell’accoglienza» fanno il giro tra i giovani migranti che cominciano ad arrivare da soli. «Ci siamo ritrovati nella stessa situazione dell’Italia, la val Roya di fatto era diventata una Repubblica a parte rispetto alla Francia, sacrificata alla lotta all’immigrazione». È stato arrestato per la prima volta nell’agosto 2016: «Sono stato fermato con sette eritrei nel mio veicolo, erano in uno stato sanitario deplorevole. Il giudice ha archiviato il caso per immunità umanitaria».
Herrou è uscito dal tribunale più determinato di prima. I migranti aumentavano e venivano accolti anche in un deposito abbandonato della Sncf, la società ferroviaria francese, a Saint-Dalmas-de-Tende, venti chilometri a nord di Breil-sur-Roya. Nell’ottobre del 2016 la polizia ha trovato lì dentro 57 migranti, tra cui 29 minori. La procura di Nizza ha aperto allora un’inchiesta contro Herrou. Nel febbraio 2017 il contadino francese è stato condannato in primo grado dal tribunale di Nizza a tremila euro di multa con la condizionale, una pena aumentata sei mesi dopo in appello dalla Corte di Aix-en-Provence che per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, gli ha inflitto otto mesi di carcere con la sospensione condizionale.
Cédric Herrou non si è fermato neanche allora contro quello che definisce «un accanimento giudiziario e della polizia», continuando con la sua azione che è un «atto politico, perché la politica non può che essere umanitaria contro l’assurdità» della chiusura delle frontiere. La situazione, nella sostanza non è cambiata. Nel novembre scorso il presidente francese Emmanuel Macron ha raddoppiato il numero degli agenti che controllano i confini. «La chiusura delle frontiere è solo ideologica, non è pragmatica, le persone che sono a Ventimiglia passano, sono però costrette a mettersi in una condizione di clandestinità e pericolo, una specie di gioco dell’oca cinico in cui prima di arrivare alla casella finale bisogna rischiare la morte», dice. «Perché la vita di un bambino eritreo vale meno di quella di uno europeo? Se in questa valle un giorno sparisse un piccolo inglese, la sua ricerca sarebbe un affare internazionale. Qui sono spariti tantissimi bambini eritrei nell’indifferenza».
Le sistematiche violazioni da parte della Francia dei diritti dei minori non accompagnati alla frontiera sono state denunciate da molte associazioni, tra cui “La Cimade” che in un rapporto dell’ottobre 2020 ha scritto che «al confine tra Ventimiglia e Mentone, nonostante diverse sentenze del Tribunale amministrativo di Nizza che ha condannato i respingimenti nel 2018, 2019 e inizio 2020, molti bambini continuano a essere rimpatriati, alcuni dopo essere stati privati della libertà per diverse ore, in condizioni indegne, senza una protezione sanitaria specifica e senza essere separati dagli adulti». Dal 2018 al 2020 almeno 18.292 minori stranieri sono scomparsi, secondo il collettivo di giornalisti di 12 Stati europei “Lost in Europe”, una cifra a cui mancano i numeri della Francia che non ha mai risposto alle richieste di dati.
Secondo Cédric Herrou bisogna cambiare sguardo sui chi emigra: «Per farlo, dovrebbe succedere a tutti di vedere camminare sul ciglio della propria strada una madre con un neonato tra le braccia o bambini da soli, come un eritreo scalzo di dodici anni. Dovrebbe succedere a tutti i Salvini, di incontrare questo piccolo eritreo e rimetterlo con le proprie mani in una barca di fortuna per farlo tornare nel suo paese. È troppo facile farlo fare agli altri».
Chi è oggi Cédric Herrou? «Sono invecchiato, ma nel senso nobile del termine, e ho capito che la mia storia, così come quella dell’immigrazione, ha a che fare con la lotta di classe. Tutti, a partire dalla prefettura di Nizza, erano convinti che avrei perso perché non sono nessuno. È un po’ come la storia di Davide contro Golia, per una volta mi rende felice sapere che io, povero, ho vinto, e in modo onesto».
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Veltroni editorialista del Corriere della Sera: sgomento fra i lettori
Ho vissuto a Milano dai 7 anni (quando mio padre divenne il prefetto della Liberazione) ai 17 e fin da quei tempi lontani sono sempre stato un lettore del Corriere della Sera. Per questo, mi sconcerta vedere elevato al rango di editorialista del principale quotidiano italiano un personaggio come Walter Veltroni, che noi romani conosciamo bene avendolo avuto, fra l’altro, come sindaco dal 2001 al 2006. Cinque anni durante i quali Veltroni ne combinò di tutti i colori. Cito alcuni esempi: - Il piano regolatore, che rese possibile un nuovo boom edilizio paragonabile a quello che negli anni Sessanta scempiò la Capitale. Quando Veltroni diventò sindaco il nuovo piano regolatore era appena imbastito e poteva modificarlo. Non lo fece e dai 55 milioni di metri cubi previsti dalla bozza Rutelli, nel 2008 si arrivò a 80 milioni! Ad una città che non cresce più da 30 anni (salvo che per un leggero aumento del numero delle famiglie), venne aggiunta un'offerta edilizia in grado di ospitare 800 mila nuovi abitanti! (eravamo nel pieno della bolla immobiliare e tutte e due le amministrazioni hanno scommesso solo sul mattone). Un grande regalo alla rendita immobiliare. La crisi del 2008 spazza via tutte le illusioni e le ambizioni. Da allora la città è bloccata e sono un centinaio i progetti privati e pubblici fermi in attesa di un nuovo avvio (immaginate cosa accadrà con la crisi che stiamo vivendo......) - Il finanziamento per il prolungamento della metropolitana B da Rebibbia a Casal Monastero (area tiburtina dopo il raccordo anulare) venne stornato per la costruzione del palazzo del nuoto di tor Vergata che doveva servire per i mondiali del 2009, ed è ancora incompiuto. Insomma, l'amico del popolo chiede al Cipe di cancellare una metropolitana di periferia in cambio di una grande opera! - La creazione del MAXXI, una autentica follia in una città che – senza avere una particolare vocazione per l’arte contemporanea - aveva realizzato da pochissimi anni un immenso e splendido museo, il MACRO, con una doppia sede: quella principale di Via Nizza - ormai praticamente inattiva per la maggior parte dell’anno – e quella, un po' più vivace, di Testaccio. Il MAXXI – splendida opera di architettura – ha una propria collezione, molto limitata, e organizza solo di tanto in tanto mostre e manifestazioni con pochissimo seguito. A dirigere il MAXXI Veltroni volle Giovanna Melandri, che malgrado la pessima prova data nel suo primo mandato è stata di recente confermata per altri cinque anni ( Totò direbbe: “E io pago”). Costo dell’opera, circa 400 miliardi di lire, più del costo dell’intero Parco della Musica. - L’invenzione della Festa del Cinema, partita nell’autunno del 2006 con un profilo da Festival Internazionale: il che naturalmente suscitò le ire di Venezia, già impegnata in una dura competizione con il ricco e smagliante Festival di Cannes. Per rimediare al pasticcio, il mostricciattolo romano cambiò più volte denominazione, chiamandosi “Festa” e perfino “Festaval”, con il suo “tappeto rosso de neoantri” - La costruzione dell’elegante ma inutilissimo Ponte della Musica, che inizia sul lato del teatro Olimpico e termina praticamente contro un muro. Il cinema è sempre stato la passione di Veltroni, tanto che – dopo aver tentato invano il liceo (al “Tasso” non si scherza) - ripiegò su un diploma di istruzione rilasciato dall'Istituto di Stato per la Cinematografia e la Televisione. E così ogni tanto il nostro ex sindaco – fra un libro e l’altro – ci regala qualche film o documentario non di grande livello. Infine, in un editoriale sulla tragedia del Coronavirus Veltroni dà un ultimatum ai governi che verranno perché passata l’epidemia tutto dovrà tornare come prima e nessuno dovrà poter dire di avere perso qualcosa. Con una licenza poetica del tipo “impiastrati di una bava di dolore”. Dovremo aspettare, per non leggere più i suoi editoriali, che Veltroni si ricordi della sua promessa di andare a vivere in Africa? (di Carlo Troilo)
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ㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤ ㅤㅤ ᴇxᴛʀᴀᴄᴛ ❚ monaco, mc new update ﹫ ophelia & aaron h. 20.32, april 30th, 2022 �� 🌑 ❫ ㅤㅤ ㅤㅤ ㅤ ᴀᴀʀᴏɴ « Indossi il bianco? Ti sta divinamente. » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « Ti ringrazio molto, sì. C’è poi una bellissima temperatura. Posso mandarti Gabriel a Nizza all’aeroporto. » ᴀᴀʀᴏɴ « Cosa stai bevendo? La luna brilla riflessa in quella collana di diamanti e smeraldi. » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « Sauvignon, corposo e denso come la mia mente in questo momento. Si sta così bene sulla terrazza. » ᴀᴀʀᴏɴ « Dovresti offrirmene almeno due bicchieri, ho la gola molto secca. » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « Sarei davvero poco ospitale, Mio Re. Almeno un paio di bottiglie. » ᴀᴀʀᴏɴ « Mi sono anche tolto la cravatta, oggi non la tollero. ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « Un accenno di normalità… Che cosa straordinaria è per te, duca mh? » ᴀᴀʀᴏɴ « Non sono ancora Duca, Principessa. Fino alla morte del mio omonimo sono semplicemente Aaron Diamond Falconer Hugh Fleming, i miei ossequi Vostra Altezza. » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « Ma sei il Mio Re. » ᴀᴀʀᴏɴ « /Mio/? Questa cantina che mi avevi promesso di vedere? » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « Non è così? Attendevo la fine della nostra cena per portarti, mantengo sempre le mie promesse. Qual è il titolo che ti spetta nel frattempo? Tutto mi sento tranne che una Principessa. » ᴀᴀʀᴏɴ « Lord. Immagino. Non saprei, ma non usiamo le onorificenze, quello lo faremo domani con la tua Signora madre. Non sei una principessa? Quindi, cosa sei? » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « E’ la mia famiglia che ci tiene, a stupide onorificenze che non ci rendono chi siamo. Sono solamente dei pesi. Sono semplicemente Aura, questo è ciò che voglio essere. » ᴀᴀʀᴏɴ « Conducimi alla cantina dei vini Aura. Questa sera sarò Aaron, e tu solo te stessa. » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « Siamo insieme da qualche ora e non stiamo litigando. E’ un evento. Vieni, da questa parte… Non esiste cosa migliore di essere noi stessi. Sai che si dice che le segrete del Castello siano abitate dagli spiriti delle donne che sono passate di qui? » ᴀᴀʀᴏɴ « Attenta, questi gradini sono ripidi e i tuoi tacchi sono molto alti. Vieni qui, in braccio. [...] Queste donne si spingevano fino alle segrete per piacere o per dovere? » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « Da questa parte, al prossimo corridoio gira a destra, ti faccio vedere un passaggio segreto. Quando ero piccola venivo così spesso qui, che ormai conosco ogni anfratto. E mi piace essere in braccio a te. [...] Erano donne che si presentavano qui per dovere, spaventate, magari in cerca di cibo per la loro famiglia, e una volta sedotte desideravano semplicemente rimanere. La storia delle donne sedotte e poi abbandonate, come se fossero sotto incantesimo e non potessero decidere altrimenti. » ᴀᴀʀᴏɴ « Come mai venivi qui da piccola? Ti facevo tutta perfettina che non voleva nemmeno sporcarsi i piedi. Quando eri piccola odiavi che i miei fratelli ti prendevano in giro quando cascavi a terra. Mi ricorderò sempre di quei lacrimoni così pieni di pathos e quelle guance gonfissime. Son sempre un galantuomo, no? Le donne vengono sedotte da migliaia di anni. Sin dal principio, ancora prima di Eva, Lilith stessa era una maliarda incantatrice. Demoni, angeli neri, spiriti del male erano il suo pane quotidiano per questo il fedele Divino Signore, l'ha spedita negli inferi e ha creato Eva che - alla fine, anche lei per una sola mela ha creato un pasticcio. E' quella porta? » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « Ero già più adolescente, e non sono mai stata perfettina. Sono stata educata come una principessa, è vero, ma crescendo mi sono fatta le mie idee. Dio, quanto odiavo i tuoi fratelli, quanto erano perfidi, tu sei sempre stato diverso rispetto a loro. E per rispondere alla tua domanda, mi nascondevo qui per recuperare quella pace che mi veniva sempre tolta. Sentivo ogni pressione da parte della mia famiglia, sfuggire a mia madre era diventato vitale, anzi lo è ancora. Poteva essere il tempo di una sigaretta, il tempo di un paio di capitoli di un libro che leggevo. Ti sorprende? Sei appassionato anche di storia, allora. Lilith ha sempre avuto un certo fascino su di me, sai? Sì, dai un colpo con la punta del piede e poi spingila, è un po' pesante. » ᴀᴀʀᴏɴ « Mi vedi diverso perché tu e Gladys avete la stessa età, più o meno. E come mi prendevo cura di lei, lo facevo anche di te. Sai benissimo che crescere senza madre o padre è stato - particolare. E lei amava stare qui, con voi. Si sentiva a casa. Forse più qui che in Scozia. No. Hai sempre avuto l'indole piuttosto sfuggente. Ci sono persone che non accettano gli obblighi di questa vita. E ci sono altri che s'immergono totalmente. Per dovere. Per responsabilità. Per lealtà. Per vivere - semplicemente. Sono un uomo forte, non mi ferma nulla se voglio qualcosa. Ad ogni modo - amo la storia, e Lilith è vista come una seduttrice nata. Quindi.. lo sei anche tu? » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « E’ come se tu fossi più tranquillo in questo momento. Crescere senza uno o l’altro è una sfida che affronti tutta la vita, ti segna così tanto da essere tu stesso, ed è un dolore che posso solamente immaginare. Non so tratta di non accettare gli obblighi, Aaron. Io sto accettando questo matrimonio perché devo. E’ un mio dovere nei confronti del Principato, ma vorrei essere anche una ragazza normale, alle prese con l’uomo che le piace, stuzzicarsi e fare tutto ciò che desidero. Lo so che per te esiste solamente questa vita, sei abituato ad avere tutto sotto il tuo controllo, nessuno fa un passo senza che tu lo sappia, ma soprattutto ti immoli per una responsabilità do una famiglia che forse è ben peggiore della mia. E per rispondere, ancora una volta, alla tua domanda non credo di essere una seduttrice. Almeno non volontariamente. » ᴀᴀʀᴏɴ « Sei una donna che ha una carica erotica profonda al limite della dannazione. Forse non ne sei consapevole - dovrei iniziare a scoprire quel lato di te. Ma ti assicuro che gli uomini cadono ai tuoi piedi. Svengono direttamente. Scelgo questo! 1922 è un annata che mi piace. Aura ognuno fa le proprie scelte. Siamo esseri consenzienti e capaci di fare un giusto giudizio a noi stessi. Il principato ora non rappresenta tutto, ma forse un domani si. E ciò che tuo nonno ti ha lasciato e forse tu, potresti essere il cambiamento in questo mondo così pieno di bugie, intrighi e tradimenti. [...] Stappiamo? C'è una terrazza che da sul mare. Ho sentito il richiamo. » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « E sentiamo che cosa faresti per farlo? Gli uomini cedono facilmente a un sorriso, ad un ammiccamento, ma non vanno mai oltre. Settembre 1922, andiamo allora. Ognuno fa le scelte che crede che siano giuste. Crescendo ho sviluppato un affetto sempre più profondo verso il Principato e mio nonno vorrebbe che facessi tutto ciò che è in mio potere per farlo tornare in auge. Ma non apprezzerebbe mai ciò che sto facendo. Dio ho bisogno di vino, sì. Prosegui lungo il corridoio, alla fine dovremmo sbucare sulla terrazza vista porto. » ᴀᴀʀᴏɴ « Ti sembro un uomo che cede con un sorriso, ammiccamento o un corpo costretto in un abito così, bianco come il tuo? Il raso ti starebbe meglio. Più sinuoso, più caldo, più vedo e non vedo. Hai la possibilità di cambiare la storia. Come una nuova Maria Antonietta senza fare la sua fine. Sii ciò che vuoi essere. Testa alta. Sempre. Ruggisci. Lo so. Tuo padre veniva qui con - niente comunque era una vita che non venivo qui sotto. Tuo cugino Pierre ci ha perso la verginità. » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « Come il vestito che avevo quando siamo andati a cena al The View. Aaron, tutto mi sembri tranne che un uomo del genere. Parlo di quelli che possono interessare a me, non quelli come te. Maria Antonietta ha fatto una fine oscena, quando lei banchettava con le brioche il regno soffriva la fame. Volevano la sua testa e l’hanno avuta. Vorrei essere ben migliore di lei. Dio mio Pierre… probabilmente il cugino che ha sempre fatto e etto ciò che ha voluto. » ᴀᴀʀᴏɴ « Ti interessa un uomo che non sia io? O sei poco intelligente ma dubito o ti accontenti. Cosa più fattibile. Maria Antonietta ha vissuto un amore profondo e vero. Ha provato a cambiare e dar spazio alla sua figura in una società profondamente maschilista dove la donna serve solo alla procreazione. Non è diverso da oggi, solo che le donne possono imporsi. Il vino, ecco. È fresco, attenta a berlo sorseggiarlo lentamente, come se fosse una carezza umida che scivola sulla pelle. Pierre e io siamo amici da sempre. Non siamo tanto diversi. » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « Se tu mi interessassi, e non dico che è così, cambierebbe qualcosa? No. Sarei sempre la giovane immatura ai tuoi occhi, probabilmente come Gladys. Dunque non ha importanza. Le donne saranno sempre svantaggiate, saranno sempre un passo indietro. Mmh scivola così bene, brindiamo? E’ una carezza leggera, come il primo bacio, che non sai cosa aspettarti. Siete sempre stati legati mh? Mi aspettavo di vederti qui con tutte le ragazze che ti correvano dietro quando eravamo più piccoli, invece seguivi lezioni, dettami e ogni possibile responsabilità. » ᴀᴀʀᴏɴ « No. Ma sarebbe più divertente vederti arrossire se ti provoco un po' di più. Alla fine ammetto di divertirmi quando ti vedo in difficoltà. Anche se ti batti per non mostrare le tue debolezze che -io, alla fine leggo come le pagine di uno dei tuoi libri. A te, alla tua bellezza, a quelle labbra che si bagneranno a breve di quel succo fresco, pungente e seducente. Salut mon pètite fleur. Quello che è ciò hai visto tu. Se questi muri potessero parlare, probabilmente non sarebbero sussurri di spirito ma gemiti di donne disinibite e bramose di /succo/ blu. » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « Mi vedresti arrossire, e l’hai fatto la sera della cena, l’hai visto quando mi hai spinto contro di te e lo hai visto nei miei occhi. Non siamo così ciechi, né tu né io. Mi metti in difficoltà costantemente, esattamente come io ti stuzzico. A noi, al tuo charme… e a questo vino così armonioso da rendere questa serata bramosa come lo siamo noi. Non voglio immaginare quante donne tu abbia sedotto abbandonato, e la lista sarà ancora lunga. » ᴀᴀʀᴏɴ « Questo vino è ottimo. Scende che è un piacere. Avevo la gola secca. Che piacevolezza. Difficoltà? Sei tu che ti sei seduta così lontana. O per farti guardare indossando quell'abito o per scappare da me e da quello che senti quando mi stai vicino. Il tuo bellissimo colore di pelle non nasconde il rossore, sai? Ti sfido. Vieni a sedere qui, propri su di me. Sono un uomo e ho certe esigenze e un appetito piuttosto incontenibile. Sei sicura di non immaginare cose che potrebbero sconvolgenti nel profondo? Non dirmi che sei così innocente come mostri. » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « Te l’avevo promesso che il vino sarebbe stato ottimo. Ma come, ora desideri avermi vicino? Non sento nulla quando sono accanto a te, o è ciò che desideri? Avere il potere di sortirmi un qualche effetto, così che possa sfidarmi anche su quel fronte.. Sedermi su di te? Così? Come lo farebbe una femme fatale, le gambe accavallate su di te, la coscia che si mostra alla luce della luna.Il colore della mia pelle non nasconde perfettamente il rossore ma aiuta… Alcuni mi vedono solamente come una macchia scura. Credi che io non sappia gestirle? Che non sappia gestire il tuo desiderio, la tua brama, il bisogno perfino che tu hai? Il tuo appetito sessuale è tangibile come la tua mano sulla mia coscia, ma forse non è il solo ad essere incontenibile. Secondo te lo sono? Sono così innocente? O semplicemente mostro qualcosa che non è? » ᴀᴀʀᴏɴ « Ho detto sfida - non desiderio. Vuoi giocare con le parole ma nemmeno sai percepirne la loro essenza? Sedersi su di me come Aura vorrebbe fare e non come una femme fatale di cui, alla fine, già conosci mille trucchetti e sfumature. Hai detto di voler essere chi sei realmente, quindi perché non scoprirlo? Mh? Paura di conoscere mondi inesplorati? Paura del disegno che sapientemente le mi dita stanno creando a partire dalla rotondità di questo ginocchio che svetta come montagna devota alla luna fino a risalire? Macchia nera, pelle scura, Dea della notte cosa nascondi sotto le tue mentite spoglie? Io mostro apertamente ciò che sono senza filtri, dovresti saperlo o ancora hai remore sul ragazzo adolescente dal corpo adonico che ti mettevi a spiare di nascosto quando prendeva refrigerio dalla calura estiva? Rispondi ad ogni domanda che fai a me, ma per lo più sono per te stessa. Chi è Aura? Che donna è? Che bisogni ha? Che cosa prova? Che cosa nasconde nel profondo del suo intimo segreto? Innocenza o timida scelleratezza pronta a scoppiare ma trattenuta da mente ancora inesperta? » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « Mi offendi se dici non percepisco l’essenza delle parole. Ci sono sempre dei limiti, limiti invisibili che noi stessi poniamo, che io voglio abbattere. Sono quei mondi inesplorati che mi eccitano, che mi spingono a fare sempre un passo avanti, bruciandomi. E’ una sfida quella metti in atto con le tue parole, quella a cui mi poni di fronte. E io, forse, sono troppo debole per non accoglierla. Sedersi su di te, mostrare la schiena alla luna, a cavalcioni come un’amazzone, e sì osservare la lussuria che ne deriva nei tuoi occhi. Dimmi chi è Aura secondo te. E quali sono i suoi bisogni, perché potrò essere innocente, potrò essere inesperta, ma so esattamente ciò che voglio. » ᴀᴀʀᴏɴ « Ti offendo o ti spingo ad osare? Attenta petite fleur, se vuoi giocare con il fuoco devi anche saperlo alimentare a dovere, o potrebbe spegnersi senza riaccendersi mai più. Qui, così, a cavalcioni mentre ti accomodi sopra di me, spingi il tuo corpo puro e intatto a cercare un qualcosa che nasce da un desiderio che non porti a voce alta. Aura è una donna che desidera essere toccata corpo e mente da una sapiente che la faccia sciogliere come neve al sole, come burro su un tegame, come cioccolata nera mescolata a quella bianchissima e al latte. Queste cosce stringono un qualcosa che di per sé, guardando da lontano e per quanto desiderino sentirlo vicino, sotto di loro, o addirittura dentro - hanno timore di pronunciarlo da queste labbra secche e asciutte. Allora bevi Aura, bevi questo goccio di vino che ti dono succhiando direttamente dalla fonte. Da questo dito come grappolo d'uva che ti costringo a guardare. Solleva quel capo, inclina questo corpo magnifico, donami la vista di un corpo che si piega perfettamente al voler bramoso votato alla lussuria. Vibra con questi ordini che sussurro con voce roca, abbandona la ragione e segui il tuo Signore. Lì, solo allora - in quel momento tutto ti sarà chiaro, mentre ondivaga di culli e ti avvolgi dalle fiamme di questo peccato. » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « Potrebbe essere entrambe le cose, ma la risposta sarebbe sempre una sfida. Il fuoco deve essere alimentato da entrambe le parti, mai una cosa deve essere a senso unico. Spingo il mio corpo dove ho più bisogno, creando una frizione che non è altro che un semplice preludio. E perché dire a voce alta qualcosa di scontato, quando so di certo che lo stai leggendo nei miei occhi. Reggermi sulle sue spalle, allungarmi in cerca di un ristoro per l’aridità delle mie labbra, sono semplicemente le risposte che possiedi già. A volte è il corpo la risposta a tutte le domande, come si tende, come si allunga e si piega d’innanzi alla bramosia di un tocco, che sia un semplice dito, che sia un tocco più esperto. La ragione è lontana, il desiderio, il peccato, la lussuria che anima la mia mente si riversa sul corpo, nello stringere le mie cosce in cerca di un qualcosa che manca. Aura è anche una giovane donna che desidera il dolore, la fame, il bisogno, la brama, il semplice tocco di una carezza che scivola verso luoghi che solamente lei stessa è stata in grado di alimentare. Gli ordini, inginocchiarsi, non sono altro che l’espressione di un piacere recondito. » ᴀᴀʀᴏɴ « Cerchi un appiglio che cresce e si mostra, consapevole di essere granitico come una montagna e svetta in tutto il suo splendore sebbene costretto a prigionia. I tuoi fianchi da giumenta ancora sono imbarazzati da questi movimenti gentili, forse un po' troppo delicati. Ecco - così, ora stai arrivando a toccare la vetta. Le tue cosce ti costringono ad alimentare la presa sul terreno. Questo vino ti ha accecato, bramato, incentivato al proseguo di un qualcosa di irrefrenabile. Tu Dea della Luna, dalle mille facce, dai mille desideri, dai mille gemiti che regali a schiavi incatenati e privi di redenzione ora - ascoltati. Senti il corpo cosa urla, dai sfogo alla tua voce, dai vita a quella sensazione di benessere che solo con questa gentile mano puoi liberare. Sfida la sorte, agguanta quel lembo e lascialo volar via in preda a soffio di vento. Fatti accompagnare in questo viaggio proprio come Caronte che traghetta anime perduta nel profondo dell'Ade. La tua è disinibita, sconvolta, accesa, voluttuosa e desiderosa di quel tocco umido che si nasconde fra te pieghe della tua nudità. Sfiorala, appoggia quel cucchiaio su quel vasetto di miele corposo. Raccogli quel succo mentre sfiori con avidità quel bocciolo di rosa. Il cuore scalpita, urla, così come la pelle, così come questa mano che ti aiuto a muovere facendoti desiderare un anelito carnale che solo nel buio della tua stanza sfoggerai con tutta la passionalità che pompa ora nel tuo sangue. Licenzioso il tuo respiro che si trasforma in melodia in questa notte in cui fiumi di alcool ci hanno accompagnato e Bacco insieme alla languida Afrodite hanno banchettato con queste nostre anime costringendole all'oblio. Tu pura ed eterea creatura della notte, figlia inconsapevole dell'unica madre del genere femminile - Lilith, apriti a te stessa, al piacere, alla lussuria, a desiderio, alla carnalità di poderose e vigorose stoccate che lancianti apriranno in due il tuo perfetto corpo e la tua intoccabile anima. Buona notte piccolo fiore mosso dal vento che si è trasformato in un tormento, sorridi alla luna che questa notte sancirà per eternità la tua unica e vera essenzialità. » ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ « E' una corsa, un cammino che inizia lento prima di trasformarsi in qualcosa di così perverso che coglie alla sprovvista anche la mente. Le cosce si stringono, la pelle si vela dell'eccitazione tangibile che si sente alla bocca dello stomaco e scivola nell'anfratto bagnato di un donna che diventa bramosa, schiava di lussuria. Afferrar tessuto è solamente il principio, un viaggio a cui posso solamente affidarmi a qualcuno che sappia, a quando che protegge, manipola e plasma il mio piacere. Anima tormentata è quella che giace dentro di me, mi impone di andare a fondo, di cercare il sangue, il desiderio e poi ancora sfiorare le dita di cotale bramosia. Le mani fremono, le labbra si aprono, le gambe stritolano e bramano un tocco che non arriverà mai, delicato ma deciso, forte ma attento, esperto ma carnale, pronto ad aprire le porte della carnalità. E in un attimo tutto svanisce... Come un ammasso di membra trepidanti, affrante da desiderio, spezzate dal piacere mancato. »
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Uno scrittore che non teme l’iconoclastia e la strafottenza: storia dell’inafferrabile Max Aub (che scrisse la più bella delle biografie immaginarie)
Chi è stato Max Aub e che cosa ha da dire ancora ai suoi lettori di oggi? Dare un giudizio complessivo su di lui è molto difficile senza ricostruire almeno parzialmente i suoi percorsi di scrittura e di vita. La poliedricità della sua produzione e i molteplici ruoli da lui impersonati (il commediografo, il romanziere, il saggista, il diarista e l’inventore di biografie tra il serio e il faceto) rendono difficile individuare una linea interpretativa all’interno della sua opera fitta e complessa. L’opera di Max Aub risulta difficilmente etichettabile all’interno dei recinti della critica tradizionale e, soprattutto, rifugge a una definizione valida una volta per tutte.
I tempi letterari di Max Aub sono stati almeno due. Alla dimensione sperimentalistica, tutta fatta di intuizioni estemporanee e di provocazioni programmaticamente intriganti, è sempre stata collegata un’importante serie di opere maggiormente legate a forme di realismo critico, inaugurata da testi teatrali più impegnati sotto il profilo sociale. A questa fase, tuttavia, è poi sempre stata intrecciata una serie di divertissement solo apparentemente disinvolti e smagati come è il caso della finta biografia artistica Jusep Torres Campalans del 1958.
In sostanza: Max Aub ha alternato testi di critica della società con intenti di intervento sulla realtà e la sua drammatica e prepotente urgenza a opere provocatorie e “leggere”, intese a produrre effetti esilaranti o solo spiazzanti nel lettore. A questo livello appartengono i testi teatrali raccolti sotto il titolo di L’Impareggiabile malfidato (l’opera con questo stesso titolo è del 1931) come pure i brevi testi narrativi che vanno direttamente inclusi nella categoria del “delitto esemplare”. Questa raccolta di testi brevissimi e folgoranti, il primo libro di Aub a essere conosciuto in Italia, se si escludono i testi teatrali della sua prima stagione, presenta illuminazioni surreali e spesso allucinate di notevole qualità espressiva.
Delitti esemplari viene attribuito alla fase satirica (o comunque umoristica) della prosa dello scrittore spagnolo ma, in realtà, è molto di più: è un tentativo di mostrare, in maniera deliberatamente amplificata, l’altra faccia dell’esistenza. Basterà leggere uno o due dei brevissimi raccontini della raccolta per rendersene conto:
«Sono maestro. Da dieci anni insegno nella scuola elementare di Tenancingo. Sui banchi della mia classe sono passati tanti bambini. Credo di essere un buon maestro. Lo credetti finché non spuntò fuori quel Panchito Contreras. Non mi prestava alcuna attenzione e non imparava assolutamente niente: perché non voleva. Nessuna punizione, né morale né corporale, gli faceva effetto. Mi guardava insolente. Lo supplicai, lo picchiai: non ci fu verso. Gli altri bambini cominciavano a prendermi in giro. Persi ogni autorità, il sonno, l’appetito, finché un giorno non ne potei più, e, perché servisse d’esempio, lo impiccai all’albero del cortile»
Il tono, come si può vedere, è beffardo, scritto da una penna intrisa nel vetriolo, fatta di provocazioni e di intimidazioni – una scrittura che non concede niente a nessuno e si fa spazio per pura forza di intelligenza, una scrittura che non teme l’iconoclastia e una qual certa dose di strafottenza, quella stessa che nel 1960 lo spinse a pubblicare La vera storia della morte di Francisco Franco. Ma Aub non è soltanto un giocoliere della parola – le tragedie da lui vissute sono autentiche. Considerato un autentico giovane talento del nuovo teatro spagnolo, antesignano del teatro dell’assurdo ancora di là da venire, l’impatto con le vicende tragiche e sanguinose della Guerra Civile spagnola, lo costringono alla fuga in Francia. Ricercato dai franchisti per il suo impegno politico (è sua la sceneggiatura di Sierra de Teruel, il film di André Malraux ispirato al suo romanzo La speranza e girato in studio tra il 1938 e il 1939, a guerra finita), Aub riparò in Francia dove si aspettava un’accoglienza quanto meno decente. E, invece, no: segnalato alla polizia francese come “comunista e rivoluzionario d’azione ebreo” viene arrestato il 5 aprile 1940 e detenuto, in un primo tempo, nello stadio di Roland Garros, poi spedito nel campo di concentramento di Le Vernet d’Ariège, a pochi chilometri dalla frontiera pirenaica. Rilasciato, in un primo tempo, grazie alla mediazione del governo messicano, le sue traversie continuano: imprigionato a Nizza, poi di nuovo a Le Vernet, finisce su una nave destinata al trasporto bestiame e deportato al campo algerino di Djelfa da cui riuscirà ad uscire il 18 maggio 1942 sempre per mediazione messicana e, dopo un soggiorno clandestino a Casablanca, si imbarca per il Messico dove resterà per tutto il resto della sua vita (Aub morirà il 23 giugno 1972 a soli 69 anni – era nato a Parigi nel 1903). Nei trent’anni dell’esilio messicano tornerà una sola volta in Spagna nel 1969. Delle vicende sconsolate e spesso irritate del soggiorno spagnolo (dal 23 agosto al 4 novembre di quell’anno) parlerà a lungo in La gallina ciega del 1971 che sarà il libro della disillusione e della critica alla società spagnola, del ritorno alle origini e della rinuncia definitiva a rientrare nel panorama culturale spagnola dell’epoca ormai postfranchista.
Ma la dimensione realistica, di denuncia esistenziale e di polemica politica insieme, non è concentrata soltanto nella serie di sei romanzi dedicati alle vicende della Guerra Civile e intitolati definitivamente nel 1968 Il labirinto magico, ma compare anche in testi precedenti come il dramma San Juan del 1943. In esso, la vicenda di una nave mercantile (il San Juan appunto) che dovrebbe trasportare dei profughi ebrei in fuga dalla Shoah ormai imminente verso la Palestina assurge a simbolo della tragedia universale del vivere e del dover scegliere che cosa fare in una situazione apparentemente impossibile. Bloccati in acque territoriali internazionali, respinti da tutti i paesi cui hanno chiesto asilo, i personaggi vivono l’attesa di una possibile soluzione dei loro problemi di sopravvivenza senza raggiungerla.
Il suo libro più significativo degli anni Cinquanta è però la biografia immaginaria dedicata a Jusep Torres Campalans, un pittore catalano che non è mai esistito ma che ricorda le vite di Picasso e di altri pittori spagnoli attivi a Parigi negli anni Trenta: quello di Aub è un esercizio divertito e divertente, fatto di innesti da biografie autentiche e di particolari forse autobiografici o forse dedotti imprudentemente da altre vite meno illustri e significative. Ma è soprattutto una dichiarazione di poetica, imbastita com’è di riflessioni sulla pittura, sulla natura e la filosofia dell’arte e la prospettiva di una sua trasformazione e rigenerazione profonde.
Jusep Torres Campalans è stato il primo libro di Max Aub a essere tradotto in Italia (anche se la sua eco non è stata straordinaria) – proporne la lettura oggi significa riproporre, in realtà e in termini nuovi, l’opera e la figura stessa del suo autore. Dedicato ad André Malraux con il quale Aub ha condiviso la realizzazione del film Sierra de Teruel (poi distribuito anni dopo la sua realizzazione, nel 1945, con il titolo più consono di L’Espoir), questo libro si pone a metà tra la serietà e la beffa, tra il romanzo di totale invenzione e la ricostruzione di ambiente storico, vuole essere un “ritratto in piedi” di un personaggio inesistente eppure vivo e presente nella mente di chi legge.
Il pretesto per la sua stesura risulta decisamente occasionale come si deduce dall’incipit del libro: dopo aver tenuto una conferenza a Tuxla Gutiérrez, capoluogo del remoto stato di Chiapas, l’Autore viene presentato a “un uomo magro, dal viso bruno, che chiamavano ‘don Jusepe’” e che gli chiede di dove sia. Ad Aub che gli risponde di essere nato a Parigi, l’uomo risponde: “Parigi… Esiste ancora, Parigi?” e, dopo aver sorriso, si allontana, “dritto, appoggiandosi al bastone”. Allo scrittore che richiede chi sia l’uomo, gli viene risposto che è Jusep Torres Campalans cioè un perfetto sconosciuto per lui. A questo punto, una qual certa curiosità prevale e le domande si moltiplicano: Chi è l’uomo? Cosa fa? Niente. Un personaggio misterioso, dunque. Per questo motivo, incuriosisce l’Autore che decide di ficcare “il naso nella sua vita”. Il risultato sarà la sua biografia per lumi e testimonianze sparse, un esame dettagliato della sua vocazione pittorica, squarci e illuminazioni sulla sua possibile vita privata e intima:
«Per un romanziere che ha scritto anche delle commedie, una biografia è come una trappola. Il personaggio c’è già, completo, e non si ha nemmeno libertà di tempo. Perché l’opera riesca bisogna attenersi strettamente al protagonista: descriverlo, farne l’autopsia, precisare le date, tentare una diagnosi. Evitare, entro certi limiti, ogni interpretazione personale. Esattamente l’opposto di quel che si fa in un romanzo. Metter le manette alla fantasia, stare ai fatti. Far storia. Ma ecco il punto: si può riuscire a capire un nostro simile servendosi soltanto della ragione?»
La domanda è metafisica ma Aub non l’affronta in questi termini. La verità non gli interessa, anzi lo impiccia, lo fuorvia, in parte lo disturba. Lo scrittore preferisce costruire un mondo del tutto immaginario che però spesso ha il sapore del reale.
In questa prospettiva è forse possibile oggi inquadrare la vicenda letteraria di questo scrittore vissuto tra Europa e Messico senza appartenere a nessuno di questi due universi culturali.
Giuseppe Panella
*
Di Max Aub sono leggibili in Italia, tra l’altro, “Delitti esemplari” (Sellerio, 1981), “Gennaio senza nome” (Nutrimenti, 2017) e la biografia immaginaria di “Jusep Torres Campalans” edita quest’anno da Theoria.
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Amore ed eredi (XXIX)
Le acque erano calme, e un caldo sole mediterraneo faceva brillare la sua candida pelle. Era un po' che la fissavo, senza far rumore, la guardavo e mi chiedevo cosa pensasse, saremo dovuti tornare da Elisabetta ma la brezza della bassa marea ci liberava dai cattivi pensieri, ci sfiorava i capelli, ed era tutto meraviglioso, come lei. Si stava svegliando, quando aprì gli occhi sembrò due raggi di sole decisero di illuminare solo lei. Le mie labbra quasi spinte dalla potente forza dell amore baciarono le sue, le sorrise. Poi le dissi: “Pensa se solo potessimo vedere le meraviglie del mare nel cielo, pensa ai coralli al posto delle nuvole e alle nuvole al posto delle onde, sono alla ricerca di qualcosa di diverso, che si allontani dalla monotonia e dalla normalità di sempre. Ho bisogno di un sogno che io possa considerare vita.” Lei stava commentando la mia poeticità ma proprio in quel momento quel qualcosa di diverso dalla monotonia stava accadendo. Il fumo si riuniva con le nuvole. Era casa nostra, il bar da sotto, prendemmo in mano i remi e iniziammo a muovere la barca il più velocemente possibile, ad acora 50 m dalla spiaggia Rosa si buttò in acqua e corse alla spiaggia, arrivo a casa, la seguii ma arrivati il fuoco ormai era spento, fumanti e ustionanti le macerie di quella meravigliosa casa era tutte lì, sentivo grido e già si sentiva spifferare delle teoria si la colpevolezza del fuoco. Nizza era meravigliosa ma la malattia del pettegolezzo poteva raggiungere tutto il mondo. Come potete intuire vedemmo il corpo di Wiston, povera creatura teneva Elisabetta accovacciata su lui, arrivai lì ma Elisabetta nonostante la protezione morì, furono i fumi a farlo. Sentii una voce, quella di Wiston, con l'ultimo fiato in petto disse "Scusa" io iniziai a piangere, e con la sua chiusura degli occhi mi sembró di morire anche io iniziai a gridare, Maria allo stesso tempo lo fece con me. Guardando alla mia vita vedevo solo buio. Buio e disperazione.
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All’estremità orientale della Provenza, posto tra il confine italiano e Nizza, trovi il Principato di Monaco, la seconda nazione più piccola al mondo, sinonimo di eleganza e lusso; infatti i soli due chilometri quadrati trasudano di casinò, centri commerciali, lusso, locali e discoteche ultra-esclusivi e persino una spiaggia artificiale.
Conosci sicuramente per fama il Principato di Monaco con la sua famosissima Montecarlo, nonché le varie vicissitudini della famiglia Grimaldi che dal XVI secolo regna questo piccolo Stato.
Ci sei mai stato?
Hai mai visitato questo lussuosissimo angolo di mondo?
Non pensare tuttavia che Monaco sia solo una destinazione per uomini ricchi o d’affari, perché camminando per le strade del Principato d Monaco, troverai un patrimonio culturale di notevole importanza oltre agli splendidi paesaggi che puoi ammirare solo in Costa Azzurra.
Cosa leggerai in questo articolo:
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Principato di Monaco: un po’ di storia
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7 marzo. Sono le 19:50 di sabato sera, mamma. E stiamo andando a dormire. Domani, o meglio fra qualche ora, ci si alza per andare a vedere l’alba al mirador de las Torres. È il gran finale. Andiamo a vedere le cime simbolo del parco. Non siamo i soli a fare questa follia di svegliarsi alle 2 di notte e mettersi in cammino con le torce. Anzi dalle voci che sento faremo tutti questa levataccia. Oggi poi è l’ultima notte in tenda. D’ora in poi ostelli, couchsurfing e altre forme di alloggio. Devo dire che mi mancherà dormire in campeggio. È un mondo di fornelli a gas, di cerniere che si aprono la mattina presto, di barrette energetiche, di glutammato. Il glutammato dei pasti precotti mi fa ricordare ai risotti Knorr che mi facevo da piccolo quelle poche volte che non c’eri. Non mangio la pasta, la pasta vera, da un numero indefinito di giorni. La giornata di oggi è stata così così. Non abbiamo visto niente di eccezionale. È stata una giornata di passaggio prima dell’alba di domattina. Che spero sia uno spettacolo. Forse la cosa più bella di oggi è stata la schitarrata dei due americani, gli unici americani con cui siamo riusciti ad entrare un po’ in contatto. Mi mancherà quest’atmosfera da campeggio, questa comunità che si è creata in pochi giorni. Alla fine i percorsi e le tappe sono quelle e dopo qualche giorno sembra di essere in un paese, ci si conosce tutti di vista. E hai i tuoi preferiti. E quelli che dal primo momento hai relegato fra gli insopportabili. Fra le mie preferite una francese, quella a destra nella foto. Chirurgo di Nizza. Anche lei ha mollato tutto. Mi sa solo per superare me sui sentieri più tortuosi. (presso Refugio Los Cuernos) https://www.instagram.com/p/B9gne2GAY45/?igshid=1q3tg5mfekn0g
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Trame dall’Ade: Mart
[Attenzione! Ciò che segue è la trascrizione di un mio delirante sogno ricorrente. La divulgo pensando: “Vediamo se così la smette di angosciarmi”. Titolo e testo sono palindromi, a riprova della sua oscura e solida fattura.]
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E tòrte le ottagonali figure, la mia fasetta d’arte tuona. Vortici devoti, due ore psicologiche a sopportare: “Ero l’oca riottosa, cazzo!”. Nitidi ricordi si diavolano, usai legno gelido e mi riesaminai per tacere, v’odiai. Psicologi, gnu e mo’, cosa v’è? L’essere al Mart, l’usare polemica, tirare a sorte. Vide i divi Nizza, tu sei divo, Elia? Mi rode vedere l’amo, rade osan la trota, l’oca, il gato, e la t? Sì, tra nuove muse dirigo Paca, la geriatra: o calesse (topic, non redevance) padovano (i gà resòn) o bus. “Roor!” fa la gente in attesa, “Balaustrami là!”, Elia, è agra tale ode, valida, sì, ma vile. Mi ci adiro, uffi. Anela mai, Elia? Mah… Ai, Rovereto, potere vorìa! Ha mai, lei… Ama le naif? Fuori dai cimeli, va? Mi sa di là, vedo, e la targa è “Ai leali, Mart”. Sua la basetta? “Niet”, nega l’afro. Orsù, bono! Se ragionavo: “Da Pecna veder non ci potesse?”. La coartai. Regala capogiri, desumevo un artista, Leo, taglia co’ la torta ‘l naso. Ѐ da Roma l’erede, vedo. Rimai le ovidie?! Su! Tazzini vidi, e di vetro, sa, e rari. Taci me? L’opera sul tram la eresse l’evaso! Come un gigolò ci spiai, dove reca? Tre piani ma sei rime, odile… “Gong!” Elia, suonalo! Vai di sidro? Ci ridi? Tinozza, casotto, ira, colore… Era troppo, sa? Eh, cigolo, ci spero. È udito, vedi, ci trovano. U! Tetra d’attesa, fai mal! E rugi filano gatto e le trote.
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Quando si pensa alla Costa Azzurra si pensa al jet-set, alla bella vita, a un turismo ricco e superficiale, in realtà la Côte d’Azur ha molto di più da offrire: dal quel mare turchese dalle infinite sfumature ai borghi arroccati che hanno stregato pittori come Chagall, Renoir, Matisse e Picasso molto prima che diventasse la meta prediletta dei ricconi internazionali. Per scoprire a pieno quella sua aria naïf, se posso darvi un consiglio, visitatela fuori stagione, quando la folla dei turisti si sarà dissipata, così potrete ammirare la baia di Saint-Tropez sgombra degli Yacht o i vicoli di Saint-Paul-de-Vence placidi e tranquilli come quando li frequentava Prévert, ma anche godervi appieno una romantica passeggiata sulla Croisette a Cannes o sulla Promenade a Nizza.
E quindi, eccovi alcuni bellissimi luoghi che potete visitare in Costa Azzurra in pochi giorni, essendo le distanze molto contenute.
Cominciando da Nizza dal momento che è l’aeroporto della Costa Azzurra e quindi sarà lì che atterrerete, se per qualche ragione doveste atterrare a Marsiglia vi basterà invertire il giro e quindi partire dall’ultima tappa per arrivare alla prima, se arrivate in macchina dall’Italia prima di Nizza incontrerete Monte Carlo ed Èze
1 – Nizza
Dopo Parigi è la città francese con il maggior numero di visite, capitale della Costa Azzurra è una meta ambita grazie al suo clima, a una cucina di alto livello e alle molte attrattive che offrono i suoi dintorni. Il centro cittadino ruota attorno a Place Massena posta al confine della città vecchia, che va girata a piedi per scoprire i suoi magnifici scorci. Da italiani verrà voglia di visitare la Piazza dedicata all’Eroe dei due mondi: Garibaldi, che nacque a Nizza è ha combattuto tutta la vita per farla tornare Italiana. Altro luogo da frequentare è la famosissima Promenade des Anglais, la via lunga sette chilometri costeggia il mare, lungo il tragitto le sedute blu permettono di fare sosta e di godersi il sole che bacia Nizza per almeno 300 giorni l’anno. Se, oltre al sole amate l’arte, Nizza ha due musei, uno con opere di Chagall, l’latro con opere di Matisse.
2 – Cagnes-sur-Mer (14 km da Nizza)
La cittadina ha un’atmosfera tipicamente vacanziera, adagiata sul mare, con case color pastello e molti locali. Suggerisco una visita all’imbrunire così potete fermarvi a cenare in uno dei tanti ristoranti vista mare, il mio consiglio: Bistrot de la Marine. Renoir ci passò gli ultimi anni della sua vita e ora la sua casa è diventata un museo che raccoglie oggetti personali, dipinti e sculture tra le quali la Venere vittoriosa in bronzo. Eccovi il sito ufficiale del Museo Renoir. Buona parte del paesaggio che attrasse e ispirò l’artista non esiste più, soprattutto nella parte verso il mare, sostituita da residence per vacanze alquanto discutibili (il troppo cemento è un po’ il problema di tutta la Costa Azzurra, a mio avviso). D’ogni modo l’antico borgo, Haut-de-Cagnes, è rimasto pressoché intatto, con tanto di Castello Grimaldi.
3 – Saint-Paul-de-Vence (19 km da Nizza)
A mio avviso e non solo, uno dei villaggi più romantici di Francia, tra i più belli del mondo. A renderlo così la sua conformazione: stradine acciotolate e vicoli pittoreschi, le impervie scalinate come le affascinanti piazzette con le fontane e i magici scorci. Antico villaggio costruito su una rocca per sfuggire alle invasioni dei saraceni. Per visitarlo al meglio dovete perdervi tra i suoi vicoli di pietra e fare una passeggiata panoramica lungo le mura: da qui si può ammirare la magnifica vista sulla vallata, fino al mare. L’arte, tutta, è passata di qui, personaggi del calibro di Chagall, Matisse e Mirò erano degli abituè, ma pure Picasso, Modigliani, Bonnard, o le star del cinema come Catherine Deneuve, Sophia Loren e Greta Garbo. Fate un salto al cimitero e omaggiate la tomba del pittore Marc Chagall. Molte le gallerie d’arte e le botteghe artigianali, ancora ora qui vivono artisti, pittori e artigiani. Fate una capatina alla Fondazione Maeght, un museo in cui ammirare Chagall, Matisse e Mirò in una cornice eccezionale. A fine giornata, una cenetta, magari a lume di candela, in uno dei ristorantini del borgo, ve la consiglio.
5 – Antibes (23 km da Nizza)
Antibes e Juan-les-Pins, sono le due località affacciate sulle baie naturali che hanno al centro il promontorio di Cap D’Antibes, questo grazie alla generosità della natura; poi però è intervenuta la mano dell’uomo e ha fatto sì che l’edificazione selvaggia che ha colpito un po’ tutta la Costa Azzurra, anche qui facesse i suoi danni. Il turismo di massa se da un lato fa del bene, dall’altro fa del male. Il centro storico di Antibes, racchiuso dai bastioni del XVI secolo, con i suoi vicoletti, le case dai colori pastello e i tanti locali che propongono piatti di mare, ha la tipica aria delle cittadine provenzali. Se volete fare un bagno in un luogo da sogno vi consiglio la Baia dei Miliardari nota anche come Baia del Denaro Falso – Anse de l’Argent Faux, ora (dal 2011) accessibile a tutti grazie a un sentiero, un tempo solo in barca. Per una passeggiata fra la natura l’ideale è il Sentiero dei Doganieri, come in buona parte della Francia costiera anche la Costa Azzurra ha il suo di Chemin des Douaniers. Merita una visita il Museo Picasso nel Castello Grimaldi, che ospita 23 quadri e 44 disegni dell’artista spagnolo che ha vissuto ad Antibes nel 1944.
5 – Cannes (33 km da Nizza)
Altro celeberrimo luogo della Riviera francese è Cannes che, in parte, deve la sua celebrità al Festival del Cinema. A maggio la cittadina si riempie di divi del cinema, giornalisti e ammiratori grazie alla mostra ma durante il resto dell’anno attira turisti per il lusso, il divertimento e la sua bellezza. Se Cannes da un lato è la classica località di mare con le case color pastello, le barche dei pescatori e l’approccio lento e rilassato tipico di un paese del Mediterraneo, dall’altro è la città dello shopping per ricchi nei negozi delle firme più prestigiose della moda e del lusso, disseminati lungo Boulevard de la Croisette, il viale che costeggia il lungomare. Ma coloro che vogliono raccontare di aver fatto shopping a Cannes senza spendere un occhio della testa possono recarsi in Rue d’Antibes e Rue Meynadier, dove ci sono i negozi delle marche fast fashion più conosciute. Tra gli angoli più suggestivi e pittoreschi la collina del “Suquet”, la parte più vecchia della città, contraddistinta da strette e tortuose viuzze, ci si arrampica lungo le stradine che portano al Castello da cui si gode una bellissima vista sulla baia. Gli amanti dei misteri non devono saltare la visita alla vicina isola di Santa Margherita, lì Cardinale Richielieu fece costruire una prigione dove rinchiudere il misterioso personaggio dalla Maschera di Ferro.
6 – Saint-Tropez (110 km da Nizza)
Quello che è stato per molto tempo un paesino con un porticciolo di pescatori, con l’arrivò di Brigitte Bardot e di altri vip è diventata una località molto alla moda che attira turisti da tutto il mondo. Diventa famosa negli anni ’60 anche grazie alle spiagge di Ramatuelle e Pampelonne, di sabbia chiara e finissima, ambite dai turisti. Durante tutta l’estate si trasforma in una stazione balneare di grido con un porto gremito di yacht di lusso, un’atmosfera vivace e turistica con cafè con i tavolini all’aperto, locali notturni e i negozi bellissimi delle più prestigiose firme della moda. Torna ad essere quell’autentico e tranquillo paesino di pescatori dall’autunno alla primavera, quindi se siete interessati alla Saint Tropez autentica questo è il periodo per voi. Le abitazioni dalle facciate dai colori pastello circondano il pittoresco porto sono l’emblema della Saint Tropez che ci piace. Da vedere il Museo dell’Annonciade, all’interno della cappella di Notre-Dame-de-l’Annonciade, espone una collezione di dipinti di fine XIX secolo e inizio XX secolo. In ottobre, in occasione della manifestazione Les Voiles de Saint-Tropez, il golfo ospita magnifici velieri, classici e moderni.
7 – Grasse (42 km da Nizza)
Un luogo che ha avuto un passato illustrissimo, ora un po’ troppo trascurato, forse… Comunque, se vi trovate da quelle parti, merita una visita senza fermarsi per la notte, la sera la cittadina si svuota e ha poco da offrire. A passeggio per le vie della cittadina potreste essere colti all’improvviso da una nube di acqua profumata che svolazza in cielo, in questo modo Grasse vuole far capire a tutti che è la capitale mondiale del profumo, d’ogni modo ve ne accorgerete subito grazie all’imponente struttura della fabbrica con annesso negozio della profumeria Fragonard, del 1872. A parte Fragonard dove io ho fatto incetta di bellissime shopper, una borsa da spiaggia e qualche altro accessorio, le altre profumerie storiche sono Galimard e Molinard che hanno in città negozi e offrono la possibilità di visitare i loro musei e vedere come nasce un profumo. Entrateci! Sono tutti molto disponibili per farvi provare la loro impressionante quantità di profumi, oltre alle profumerie, il centro storico, è pieno di botteghe artigianali, gallerie e negozi. Per gli appassionati d’arte la Cattedrale di Notre-Dame-du-Puy ha tre grandi di Rubens.
8 – Gourdon (39 km da Nizza)
Si trova a 12 chilometri da Grasse ed è considerato uno dei più bei villaggi di Francia. Da visitare di giorno se volete trovare negozi e locali aperti, la sera si riesce a visitare in assoluta tranquillità, come è capitato a me, di contro non è possibile bere nemmeno una birra, i locali chiudono tutti dato che è abbastanza isolato, è comunque uno dei borghi più visitati della Costa Azzurra. Arroccato sulle Gorges du Loup, a 760 metri di altitudine, è abitato da nemmeno 500 persone. Questo borgo ha un sacco di storia: occupato dai Romani, subì poi le invasioni musulmane dall’VII al X secolo. Nel corso del IX secolo, venne costruita la prima fortezza, data la sua posizione era facile vedere tutta l’aerea circostante, fino al mare. Andate a curiosare nelle vie interne, con la dovuta educazione però, dato che ci sono bellissime abitazioni tipiche. Una delle cose da fare a Gourdon, forse la prima, è godere della vista mozzafiato, si riesce a vedere persino il Mediterraneo, che si trova a 10 chilometri da Gourdon in linea d’aria.
9 – Valbonne (31 km da Nizza)
Sulla strada del ritorno da Grasse verso Nizza, vale la pena di fare una piccola deviazione verso Valbonne. Un borgo incantevole dove si respira la tipica aria provenzale grazie alle sue case in pietra con i portoni colorati e i balconi fioriti, agli atelier di artisti e ai tanti locali disposti attorno alla piazzetta centrale. Se avete occasione di essere in zona di venerdì fate un salto al mercato che si estende sulla piazza e sulle sue laterali dove è possibile acquistare frutta e verdura, olio provenzale, l’immancabile sapone di Marsiglia, ma anche prodotti artigianati e abbigliamento.
10 – Èze (9 km da Nizza)
Andando da Nizza verso Monte Carlo la trovate a metà strada. La sua posizione, a strapiombo sul mare, offre vedute mozzafiato della Costa Azzurra. Un villaggio con una storia antichissima, che si respira in ogni angolo. A spasso per i suoi vicoli, illuminati dal sole, vi giungerà alle narici il profumo dei gelsomini disseminati ovunque in questo borgo magnifico. Da vedere la chiesetta medievale; il castello dei Riquier col suo bellissimo e rigoglioso giardino. Vi consiglio di percorrete il cammino di Nietzsche, che collega Èze Village a Èze sur Mer, leggenda narra che questa strada abbia ispirato il filosofo nella stesura di una delle sue opere maggiori.
11 – Monte Carlo (21 km da Nizza)
Ero indecisa se inserire o meno Monte Carlo in questa guida, non è in Francia, è il quartiere centrale della città-stato del Principato di Monaco, non la volevo inserire perché io sono tra quelle persone che non trova Monte Carlo per nulla attraente, una località mitizzata ma assolutamente vuota per quanto riguarda il carattere ma piena di cemento, un covo per ricconi. Se non si chiamasse. Ma fate una visita, se avete la curiosità di vedere come i Grimaldi, in uno Stato di soli due chilometri quadrati, siano riusciti a trasformare ogni centimetro di suolo in uno spazio edificabile, enormi palazzi solo per appartamenti di lusso, non la mia idea di architettura.
Se ci andate le attrattive che mi sento di suggerirvi sono perlopiù i suoi locali: Cova (celebre pasticceria milanese) un locale molto chic di fronte alla Place du Casino, dove fare colazione; Novotel Café, la prima domenica del mese lo chef Frédéric Ramos organiza un ricco brunch da consumare a bordo piscina; Moshi Moshi dove mangiare uno straordinario sushi, si trova nella zona del Porto di Fontvieille;
Bagatelle, locale di gran moda dove prendere un tè, affacciati sui giardini del Cafè de Paris;
Odyssey, curato nientemeno che da Karl Lagerfeld, si trova sul tetto dell’Hotel Métropole. Un aperitivo qui è un’esperienza sensoriale da fare almeno una volta nella vita. I cocktail firmati Givenchy, per citarne uno, sono a base di ingredienti impiegati solitamente nei profumi, come il Dahlia Divin con gelsomino e albicocca e naturalmente Champagne. I drink sono accompagnati da finger food sono ideati da Joël Robuchon, 3 stelle Michelin.
Dieci buoni motivi per andare in Costa Azzurra ora li avete. Che aspettate?
Quattro giorni in Costa Azzurra e almeno undici fantastici luoghi da vedere Quando si pensa alla Costa Azzurra si pensa al jet-set, alla bella vita, a un turismo ricco e superficiale, …
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È periodo di vacanze, anche per la famiglia reale inglese. E, quest’anno, al centro dell’attenzione ci sono finiti i loro viaggi: quelli extra lusso di Harry e Meghan (che hanno suscitato molto scalpore) e quelli di William e Kate che – invece -hanno deciso di mantenere un basso profilo. Fino a pochi mesi fa, i due fratelli erano molto uniti, nonostante William fosse già da tempo sposato con Kate Middleton. Ma, con l’arrivo di Meghan Markle, qualcosa sembra essersi rotto. Questo improvviso cambiamento nei delicati equilibri familiari si rispecchia anche nelle decisioni che le due coppie prendono per quella che è la loro vita quotidiana. In particolare, nelle ultime settimane sono finite sotto le luci dei riflettori le loro vacanze estive. La villa di Harry e Meghan a Ibiza Harry e Meghan, per il loro primo viaggio da neogenitori del piccolo Archie, non hanno badato a spese. Si sono prima goduti qualche giorno a Ibiza, affittando per l’occasione una villa extra lusso a pochi passi dal mare. Poi si sono diretti in Francia, e più precisamente a Nizza. Qui sono stati ospiti presso la splendida dimora di Elton John, un’abitazione immersa nel verde e naturalmente dotata di tutti i comfort. Per entrambi i viaggi, la coppia reale ha approfittato di jet privati. Cosa, questa, che ha suscitato molto scalpore tra il pubblico: non solo per il costo ingente di questa scelta, ma anche perché Harry e Meghan si sono schierati a tutela dell’ambiente, auspicando una riduzione delle emissioni di carbonio (le loro parole sono risuonate in contrasto ai loro spostamenti privati). La villa di Elton John che, a Nizza, ha ospitato Harry e Meghan Anche William e Kate hanno optato per vacanze lussuose, soprattutto per la prima parte dell’estate. La famigliola al gran completo si è recata a Mustique, dove da anni trascorre il periodo più caldo. Quello che ha sorpreso è stata la loro recente decisione di salire su un volo low cost della compagnia aerea Flybe, per dirigersi a Balmoral, dove trascorreranno qualche settimana presso la residenza estiva della Regina Elisabetta II. Il piccolo aereo che da Norwich ha fatto rotta verso Aberdeen ha avuto così degli ospiti davvero speciali, che hanno lasciato di stucco tutti gli altri passeggeri. Alcuni hanno voluto vedere in questo gesto dei duchi di Cambridge una risposta al lusso sfrenato di Harry e Meghan. Che si tratti di un modo per allontanarsi dalle scelte per molti sconsiderate dei duchi di Sussex? Mustique, la destinazione caraibica di William e Kate https://ift.tt/2NKd9xV Le vacanze di lusso di Harry e Meghan, le scelte low cost di William e Kate È periodo di vacanze, anche per la famiglia reale inglese. E, quest’anno, al centro dell’attenzione ci sono finiti i loro viaggi: quelli extra lusso di Harry e Meghan (che hanno suscitato molto scalpore) e quelli di William e Kate che – invece -hanno deciso di mantenere un basso profilo. Fino a pochi mesi fa, i due fratelli erano molto uniti, nonostante William fosse già da tempo sposato con Kate Middleton. Ma, con l’arrivo di Meghan Markle, qualcosa sembra essersi rotto. Questo improvviso cambiamento nei delicati equilibri familiari si rispecchia anche nelle decisioni che le due coppie prendono per quella che è la loro vita quotidiana. In particolare, nelle ultime settimane sono finite sotto le luci dei riflettori le loro vacanze estive. La villa di Harry e Meghan a Ibiza Harry e Meghan, per il loro primo viaggio da neogenitori del piccolo Archie, non hanno badato a spese. Si sono prima goduti qualche giorno a Ibiza, affittando per l’occasione una villa extra lusso a pochi passi dal mare. Poi si sono diretti in Francia, e più precisamente a Nizza. Qui sono stati ospiti presso la splendida dimora di Elton John, un’abitazione immersa nel verde e naturalmente dotata di tutti i comfort. Per entrambi i viaggi, la coppia reale ha approfittato di jet privati. Cosa, questa, che ha suscitato molto scalpore tra il pubblico: non solo per il costo ingente di questa scelta, ma anche perché Harry e Meghan si sono schierati a tutela dell’ambiente, auspicando una riduzione delle emissioni di carbonio (le loro parole sono risuonate in contrasto ai loro spostamenti privati). La villa di Elton John che, a Nizza, ha ospitato Harry e Meghan Anche William e Kate hanno optato per vacanze lussuose, soprattutto per la prima parte dell’estate. La famigliola al gran completo si è recata a Mustique, dove da anni trascorre il periodo più caldo. Quello che ha sorpreso è stata la loro recente decisione di salire su un volo low cost della compagnia aerea Flybe, per dirigersi a Balmoral, dove trascorreranno qualche settimana presso la residenza estiva della Regina Elisabetta II. Il piccolo aereo che da Norwich ha fatto rotta verso Aberdeen ha avuto così degli ospiti davvero speciali, che hanno lasciato di stucco tutti gli altri passeggeri. Alcuni hanno voluto vedere in questo gesto dei duchi di Cambridge una risposta al lusso sfrenato di Harry e Meghan. Che si tratti di un modo per allontanarsi dalle scelte per molti sconsiderate dei duchi di Sussex? Mustique, la destinazione caraibica di William e Kate Harry e Meghan scelgono jet privati e voli extralusso per le loro vacanze europee, Kate e William vanno ai Caraibi (ma volano low cost).
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Cosa fare e cosa vedere in Costa Azzurra
La Costa Azzurra, con le sue sfumature, è stata per secoli fonte d’ispirazione di pittori del calibro di Picasso, Matisse e Renoir, che hanno cercato di riprodurre su tela il magnifico colore del mare di questo piccolo angolo di Mediterraneo. Attualmente, è diventata una delle mete internazionali maggiormente in voga, anche semplicemente per concedersi una passeggiata sulla famosa promenade di Nizza o fermarsi ad ammirare il tramonto nella Baia di St. Tropez. È un luogo ideale da visitare in ogni momento, anche se il meglio di sé lo offre proprio fuori stagione, quando gli enormi flussi di viaggiatori sono tornati alla vita di tutti i giorni. Dai gran tour in treno alle gite in barca a vela coast-to-coast, le possibilità di visitare in lungo e in largo questi luoghi sono infiniti.
Nizza, la capitale della Costa Azzurra tra gastronomia e tradizione.
Facilmente riconoscibile nelle foto più social, grazie alle caratteristiche panchine blu, che costeggiano il lungomare della Baia degli Angeli, è una città che non offre solo turismo, notti brave ed abbronzatura. I suoi musei, che raccolgono le opere di Marc Chagall e di Matisse, insieme alle sculture umane illuminate del centro cittadino, sono la chiara testimonianza della sua importanza culturale. Nizza si è sempre distinta per essere una città multiculturale e gioiosa, che vive principalmente di turismo internazionale, nonostante non sia solo una città mondana e balneare. Basti solo pensare alle bellezze della città vecchia, del porto in cui si respira la storia di questa città millenaria, unica nel panorama europeo. Il centro storico di Nizza ricorda, vagamente, quello di Genova, con vicoli e viottoli stretti, case colorate e una miriade di persone che sosta e passeggia tra negozi e gastronomie tipiche. I visitatori che sceglieranno un tour in barca in Costa Azzurra, invece, potranno sostare tra il martedì e la domenica nella città, approfittandone per ammirare l’arte barocca del centro e visitare il celeberrimo Mercato dei Fiori, che si svolge sul Corso Saleya.
Cannes e Grasse, per un profumato tour da VIP.
La splendente città di mare dalle case color pastello e il suo Suquet, cuore pulsante di Cannes, si dirama in meravigliose piccole strade che portano al castello, famoso per la sua vista privilegiata sulla Baia. La Croisette, il suo lungomare di due chilometri, è la zona perfetta per gli amanti dello shopping e della buona cucina. La capitale mondiale del profumo, invece, è Grasse, che si caratterizza per il sistema di nebulizzazione a tempo che viene spruzzato su tutti i visitatori, proprio per ricordare la sua particolarità. Il centro storico, anche qui ricchissimo di botteghe artigianali ed atelier di artisti, sono ricche di profumi di ogni tipo. La più famosa è Fragonard, una profumeria del 1872 proprio nei pressi dell’antica fabbrica, ancora visibile.
Mille ed uno modi per viaggiare in Costa Azzurra.
Questo piccolo lembo di terra che si adagia coccolato tra le spumose onde del Mar Mediterraneo è una delle mete è una delle mete più in voga dell’Europa. Sono milioni i visitatori che, ogni anno, si recano qui, ma ognuno sceglie il proprio metodo. Alcuni preferiscono farsi cullare dal rumore delle rotaie in acciaio, mentre altri prediligono un mezzo proprio, come la macchina. Nulla, però, ha lo stesso fascino di una crociera in barca a vela, costruito ed elaborato a misura di viaggiatore. Un viaggio estemporaneo, fuori dal tempo e dallo spazio, al ritmo incalzante delle onde. Anche, e soprattutto, questo è Costa Azzurra. Read the full article
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Cara redazione,
Permesso che di ciclismo ne capisco niente, mi potete spiegare in parole semplici cosa si intende per “tattiche di gara” nel ciclismo? Nella mia ignoranza penso che il tempo al traguardo di un ciclista è indipendente da quello che fanno gli altri concorrenti (al contrario per esempio della Formula Uno, dove dipende da sorpassi e traffico ai box etc). Quindi perché c’è la necessità di organizzare fughe a sorpresa, fare accordi con il gruppo, etc?
Ciao,
Carlo Risponde Umberto Preite Martinez Caro Carlo,
il ciclismo, come ogni sport, è apparentemente molto semplice: si parte tutti insieme e vince il primo che arriva al traguardo. Il problema è che in ogni gara ci sono circa 180-200 atleti che partono contemporaneamente e devono percorrere distanze molto lunghe (un tempo le tappe del Giro d’Italia erano intorno ai 300 chilometri, oggi siamo intorno ai 200 scarsi ma sono comunque un bel po’) in tempi che oscillano fra le 3 e le 6 ore abbondanti di corsa a circa 40 km/h di media. Per darti un’idea: Vincenzo Nibali ha vinto la Milano-Sanremo 2018 dopo una gara di 7 ore e 18 minuti alla media di 40,208 km/h.
Questo ci avvicina al motivo per il quale il risultato del singolo è forzatamente condizionato dal comportamento degli altri e, di conseguenza, dalle strategie delle varie squadre visto che non si possono correre 6 ore di gara “a tutta” ma bisogna scegliere con cura il momento giusto per sferrare l’attacco vincente; ma ancora non possiamo essere soddisfatti.
Un altro fattore da tenere in considerazione è l’aerodinamica o, per dirla in termini gergali, il prendere il vento in faccia. Come nella Formula Uno, anche nel ciclismo le scie hanno un’importanza fondamentale, soprattutto in quei frangenti di gara in cui le velocità sono molto sostenute. Di solito la prima ora di una corsa va via a una media molto vicina ai 50 km/h, una velocità che fa sì che l’effetto della scia si senta parecchio. Nei tratti in pianura, dove quindi la velocità è costantemente più alta, è importantissimo stare a ruota per risparmiare energie sfruttando il lavoro di altri ciclisti detti “gregari”, ovvero quei ciclisti che non hanno ambizioni di vittoria ma sono lì solamente per aiutare il “capitano” a vincere. E come lo fanno? Lo spingono fino all’arrivo? No, questo non si può fare (è espressamente vietato dal regolamento) ma possono fare altre cose fondamentali: andare all’ammiraglia a prendere acqua o cibo vario per i compagni (in sei ore di corsa bisogna anche alimentarsi bene); “tirare” il gruppo mettendosi in testa a fare l’andatura proteggendo il capitano dal vento; stare sempre vicino al capitano per tenerlo fuori dai guai (che nel gruppo sono tanti e di varia natura: si va dal pericolo del viaggiare in bicicletta in mezzo a un centinaio di altre persone fino ai pericoli dati dalla strada stessa come spartitraffico, marciapiedi, tombini, buche e quant’altro) o per prestargli la ruota in caso di foratura in modo da non farlo attendere a bordo strada fino all’arrivo dell’ammiraglia.
Mi rendo conto di non aver ancora spiegato che cos’è l’ammiraglia: molto semplicemente è la macchina della squadra che segue il gruppo con a bordo il direttore sportivo (che è in contatto diretto con i ciclisti in gara tramite le radioline e riveste un ruolo simile a quello del team principal nelle scuderie di Formula Uno) e, soprattutto, un meccanico sempre pronto a intervenire in caso di problemi. Il problema dell’aerodinamica spiega anche perché le divise dei ciclisti sono così attillate e perché nelle prove a cronometro indossano quei buffi caschi a punta. Secondo gli studi fatti nelle gallerie del vento, il 94% dell’energia spesa da un ciclista lanciato a 50 km/h è utilizzata per vincere la resistenza dell’aria. Questo ci spiega perché per la maggior parte del tempo i ciclisti procedono in gruppo. In una fila di ciclisti, il beneficio del secondo atleta in termini di resistenza aerodinamica è di circa il 45%, valore che aumenta se aumenta il numero di ciclisti in fila.
Nell’immagine si vede bene come i primi ciclisti del gruppo subiscano molto di più la resistenza dell’aria rispetto a chi sta nella pancia del gruppo. In una situazione-tipo, le prime posizioni sono occupate quindi dai gregari mentre i capitani rimangono coperti nel gruppo e possono risparmiare energie per il momento clou della gara.
A questo punto possiamo parlare delle “tattiche di gara” ma per farlo dobbiamo inquadrare le varie tipologie di corsa. Possiamo innanzitutto individuare due macrocategorie: le corse a tappe e le corse di un giorno. Le prime sono gare che si svolgono su più giorni: le tre corse a tappe più importanti, Giro d’Italia, Tour de France e Vuelta di Spagna, durano 21 giorni (più due o tre giorni di riposo sparsi nel mezzo); poi ci sono le corse a tappe di una settimana, come il Giro di Svizzera, il Criterium del Delfinato, la Tirreno-Adriatico e la Parigi-Nizza, e altre corse più o meno importanti; infine ci sono le brevi corse a tappe di durata minore e, spesso, anche di minore importanza.
Le corse di un giorno sono, invece, tutte quelle corse che si compongono di una sola tappa e le più importanti fra queste vengono definite Classiche. Abbiamo già citato la Milano-Sanremo, una delle Classiche più importanti del mondo, ma probabilmente avrai sentito parlare della Liegi-Bastogne-Liegi (resa celebre al di fuori del mondo ciclistico dal noto regista Bruno Liegibastonliegi, autore di capolavori del calibro di “Mobbasta”, “Ahia – Una toccante introspezione sul dolore” e “Momenevado”), del Giro delle Fiandre, della Milano-Torino, del Giro di Lombardia o della Parigi-Roubaix.
Nelle corse di un giorno il sistema è molto semplice: si parte tutti insieme e il primo che arriva ha vinto. Non importa il tempo, il distacco o altro, conta solo tagliare il traguardo prima degli altri. Non tutte le Classiche sono uguali, però: ci sono quelle più o meno piatte, dove la strategia migliore è tenere il gruppo compatto con i gregari mentre il velocista della squadra risparmia energie nella pancia del gruppo in vista della volata. Ci sono le Classiche vallonate (chiamate così dalla regione simbolo di questa tipologia di corsa, la Vallonia, in Belgio) caratterizzate da continui saliscendi su brevi ma dure collinette (dette anche “côte” se ci si trova in vallonia, salite che solitamente non superano i due chilometri di lunghezza). Questo tipo di gara presenta un andamento molto più nervoso ed è più difficile per il gruppo tenere la corsa chiusa, ovvero far sì che nessuno vada in fuga anticipando la volata di gruppo. Un po’ perché è più difficile per i velocisti tenere il passo su queste brevi salite, visto che sono specializzati nella potenza e nell’esplosività, non nella resistenza in salita; un po’ perché essendoci pochi tratti in pianura è meno importante, soprattutto negli ultimi 20-30 km di gara, stare a ruota ed è anche più complicato organizzare un trenino di squadra per guidare il gruppo. La Liegi-Bastogne-Liegi, ad esempio, è una Classica vallonata che si svolge ogni anno nella quarta domenica di Aprile su un percorso di circa 250 chilometri (che Bob Jungels, vincitore dell’ultima edizione, ha percorso in 6 ore e 24 minuti). Il profilo altimetrico della Liegi è un continuo su e giù per le colline della Vallonia dove però le salite più dure sono concentrate negli ultimi 30 chilometri e sono la Redoute (2 km, 8.9% di pendenza media), la Roche-aux-Faucons (1.3 km, 11.0% di pendenza media) e la Côte de Saint-Nicholas (1.2 km, 8.6% di pendenza media). Bob Jungels ha vinto la Liegi 2018 scattando nel tratto in falsopiano subito dopo la Roche-aux-Faucons mentre gli altri stavano tirando il fiato dopo lo sforzo molto intenso. Da dietro, le squadre avversarie ci hanno messo un po’ a organizzare un inseguimento, anche a causa della tortuosità della strada. E quando finalmente sono riusciti a organizzarsi, Bob Jungels era già lontano e i suoi compagni di squadra si sono impegnati a “rompere i cambi” dietro. Rompere i cambi significa inserirsi nelle rotazioni delle squadre avversarie e rallentare il ritmo del gruppo. È una strategia lecita e molto produttiva se fatta bene, ma che, ovviamente, provoca l’ira di tutti gli avversari che si sentono sabotati nel loro inseguimento.
Cosa succede però nei primi 220 chilometri? Semplicemente i capitani rimangono il più possibile a ruota mentre i gregari tengono a portata di mano la fuga del mattino (c’è sempre una fuga del mattino, composta da ciclisti che di vincere proprio neanche gli passa per la testa e vanno avanti all’inizio della gara solo per farsi vedere e per far contenti gli sponsor che così vengono inquadrati dalle telecamere. Il resto del gruppo li lascia fare per un centinaio di chilometri e poi li va a riprendere, spesso senza troppi patemi). Poi, sulla Redoute, le squadre dei favoriti iniziano ad aumentare bruscamente il ritmo creando la cosiddetta selezione da dietro, che è quando i ciclisti più deboli non riescono a seguire il ritmo e si staccano. Davanti quindi rimangono solo quelli che riescono a tenere il passo. Sulla Roche-aux-Faucons, poi, si continua col forcing per allungare il gruppo e far fuori qualche altro elemento prima di provare l’attacco col capitano. Nel caso della Quick-Step, la squadra di Jungels, il capitano era il belga Philippe Gilbert che ha provato l’attacco sulla Roche-aux-Faucons senza però riuscire a fare il vuoto. In cima si sono ritrovati una ventina di corridori e mentre tutti si guardavano per “fare la conta” e capire quanti dei grandi nomi erano rimasti in testa, Jungels è partito in contropiede e li ha lasciati tutti lì. A quel punto i capitani delle altre squadre si sono guardati per capire come muoversi: continuare a marcare Gilbert, il capitano designato della Quick-Step, o lanciarsi subito all’inseguimento di Jungels? Il più esperto del gruppo, Alejandro Valverde, ha capito la strategia della Quick-Step e ha provato a riacciuffare subito Jungels ma a quel punto Gilbert gli si è piazzato a ruota facendo da stopper. Il ruolo dello stopper, in questi casi, è quello di seguire l’attacco di chiunque provi ad andare a riprendere il compagno in fuga cercando di farlo desistere. E perché dovrebbe desistere? Banalmente, perché se tutto dovesse andar bene e l’inseguitore riuscisse a riprendere il fuggitivo, si ritroverebbe da solo contro due compagni di squadra e in quel caso, a meno che non stia correndo contro la nazionale spagnola (vedi il Mondiale di Rui Costa nel 2013), è destinato alla sconfitta. Nel 2vs1 solitamente i due compagni di squadra scattano a turno a ripetizione fiaccando la resistenza dello sventurato solitario che a un certo punto è destinato a cedere lasciandone andare uno da solo verso la vittoria.
Poi ci sarebbero le classiche del pavé ma quelle seguono logiche troppo complicate e troppo particolari per spiegarle ora, quindi possiamo passare direttamente alle corse a tappe. In questo particolare tipo di corsa non importa arrivare per primi al traguardo perché non vengono presi in considerazione i piazzamenti ma soltanto il tempo totale. Può succedere, cioè, che il vincitore di una corsa a tappe non vinca neanche una tappa (come è successo ad Alberto Contador al Giro d’Italia del 2008). È chiaro però che se un ciclista dovesse vincere tutte le tappe, allora matematicamente vincerebbe anche la corsa, ma è un caso limite che come tale non ci interessa perché la varietà della tipologia delle tappe di un grande giro è tale da rendere impossibile a un solo ciclista di vincerle tutte.
In una grande corsa a tappe (ma anche nelle corse a tappe di una settimana) ci sono tappe piatte per i velocisti (che puntano alla classifica a punti), tappe vallonate, tappe di montagna e tappe a cronometro. Delle tappe per velocisti abbiamo parlato qui, le tappe vallonate seguono un andamento simile alle classiche anche se si inserisce prepotentemente il fattore degli uomini di classifica che devono evitare di rimanere imbottigliati nel traffico e di perdere tempo prezioso per la classifica generale. I grandi distacchi nella classifica generale si fanno nelle tappe di montagna e nelle prove a cronometro, ed è qui che i capitani si mettono finalmente in mostra dopo essersi nascosti e aver risparmiato preziose energie negli altri giorni.
Le prove a cronometro sono semplici: si parte uno alla volta, a distanza di qualche minuto, e si valutano i tempi di percorrenza totali. In queste prove, solitamente su percorsi pianeggianti di 30-40 chilometri, è favorito chi riesce a sprigionare una grande potenza sui pedali. Quindi i grandi passisti, come Fabian Cancellara, o i cosiddetti passisti-scalatori; sarebbe a dire quegli uomini di classifica che vanno forte in salita ma riescono a difendersi molto bene a cronometro. Chris Froome è l’esempio più calzante di questa tipologia di corridore, ma anche Vincenzo Nibali o, più recentemente e seguendo il percorso inverso (ovvero da cronoman puro a uomo da corse a tappe), Tom Dumoulin. I più sfavoriti nelle cronometro sono proprio gli scalatori puri, quei piccoli ed esili ciclisti che riescono a mangiarsi le salite andando su con agilità ma che perdono nettamente il confronto quando si tratta di sprigionare pura potenza in pianura. Nairo Quintana, Domenico Pozzovivo, Romain Bardet, sono solo i primi tre esempi che mi vengono in mente quando si parla di scalatori puri. Andando nel passato e facendo un nome che tutti conoscono, Marco Pantani era uno scalatore puro, e infatti per vincere il Tour de France del 1998 contro Jan Ullrich (tipico passista-scalatore fortissimo a cronometro) si è dovuto inventare un numero pazzesco in una tappa di montagna passata alla storia.
In ogni caso, gli uomini di classifica, siano essi scalatori puri o passisti-scalatori, hanno bisogno di compagni di squadra che li aiutino a risparmiare energie nelle fasi pianeggianti della corsa, che tengano il gruppo sotto controllo e che facciano il forcing in salita per sfiancare gli avversari. Il Team Sky di Chris Froome è una macchina studiata perfettamente per questo. Al Tour 2017, l’ultimo vinto dal ciclista britannico, la squadra era composta da nove corridori perfettamente assortiti: Rowe e Knees erano i due passistoni che tiravano il gruppo in pianura, insieme a Vasil Kiryenka (campione del mondo a cronometro nel 2015), Henao e Nieve subentravano nelle tappe più mosse dove i passisti faticano troppo per poter fare l’andatura in testa; per le montagne, invece, Kwiatkowski, Landa e Thomas erano gli uomini destinati ad aumentare l’andatura per scremare il gruppo prima dell’attacco decisivo del capitano unico, Chris Froome. Lo schema poteva variare a seconda dello stato di forma dei vari gregari (alla fine Henao si rivelò pressoché inutile e Thomas fu costretto al ritiro alla 9ª tappa) ma quel che è importante è notare come ogni singolo aspetto della corsa fosse studiato e controllato grazie al fondamentale lavoro di squadra.
Poi, certo, per fare imprese come quella di Chris Froome al Giro 2018 serve la classe sopraffina del campione, ma anche in quell’occasione niente è stato lasciato al caso. La Sky ha tirato fortissimo fin da subito, ha sgretolato il gruppo all’inizio del Colle delle Finestre e quando nel gruppo di testa sono rimasti solo i capitani delle varie squadre, Froome ha piazzato l’attacco decisivo. A quel punto, il peso dell’inseguimento era tutto sulle spalle dei suoi avversari, lasciati da soli senza compagni di squadra, in un lunghissimo tutti contro tutti dove la superiorità di Froome ha avuto la meglio.
Insomma, se il ciclismo è uno sport tendenzialmente molto semplice, in realtà nasconde dei meccanismi molto complessi che sono difficili da spiegare in poche righe. Il consiglio che do sempre è quello di iniziare guardando qualche classica del nord o qualche tappa di montagna del Giro d’Italia insieme a un amico che ne capisce e che possa chiarire qualsiasi dubbio. Poi, da lì, si può pensare di cominciare con le altre classiche e gradualmente inserire anche le volate dei grandi giri e il Tour de France. Una volta superato anche questo scalino ci si può finalmente cimentare con le cronometro, ma è un passo molto importante, da compiere con le giuste precauzioni e solo dopo aver consultato uno specialista. Effetti collaterali: può provocare sonnolenza, formicolio agli arti inferiori, aumento dell’appetito, dipendenza cronica.
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Birilli. Così siamo diventati dei birilli da far fuori come a una partita di bowling. E forse urlare “strike” sorridendo quando avremo tolto dalle vita di una madre sua figlia, che era solo un anima che aveva tutto il diritto di crescere, scoprire il mondo, imparare e amare. Per un attimo la mia testa pensa: almeno questa bambina non dovrà più vedere le cose brutte che accadranno in questo mondo perché ormai ho capito che sarà sempre peggio, ma poi pensò alla madre e al suo dolore. “Mia figlia è morta per uno che su un camion si divertiva a giocare a bowling con le persone.” Non posso nemmeno immaginare il suo dolore, per lei, sua figlia non era un birillo, per una madre un figlio è tutto. Come per tutte le altre vittime. Le vittime non sono solo i morti ma tutti quelli che hanno perso un nonno, un amico, un parente. In questo mondo siamo tutti legati l'un con l'altro, sembriamo tutti lontani, ma non è così. Eppure ora come ora riesco solo a sentirmi vicina a Nizza e alle sue vittime, ma tutto il resto del mondo mi fa paura, non so più di chi fidarmi, a chi chiedere amicizia, con chi andare a prendere un cafe o paura di andare a lavorare, di scoprire e crescere. Non è giusto crescere nella paura quando siamo stati creati per amare e amarci. Io un giorno vorrei diventare madre, ma tutto ciò che sta succedendo, non solo mi fa paura, mi fa passare la voglia al mondo mettere un figlio e non potergli mostrare il mondo, viaggiare con lui, o lasciarlo semplicemente crescere permettendogli di uscire a scoprire il mondo da solo. Perché ora come ora come ora io vorrei stare solo chiusa in casa, ho paura di uscire, sarà esagerato, lo so, e infondo non possiamo prevedere nulla, non sappiamo quando arriverà il nostro momento di lasciare il mondo per passare al aldilà, ma una cosa è morire perché il signore ha deciso che avevi compiuto il tuo viaggio su questo mondo, una altra cosa è morire perché sei diventato un birillo di una partita a bowling quando in realtà eri solo una persona che era uscita a festeggiare una festa.
Anna Baute
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Come riconoscere una Fake News? Parte 6
Un nuovo post è stato pubblicato su https://www.staipa.it/blog/come-riconoscere-una-fake-news-parte-6/
Come riconoscere una Fake News? Parte 6
Dopo aver approfondito e capito come funzionano le Fake News e come riconoscerle e come comportarsi a fronte dell’esserci incappati abbiamo iniziato a vedere gli strumenti tecnici che possiamo usare per indagare sulle Fake News. Molto spesso, per convincere della veridicità di una notizia vengono usate come prova delle foto. Sicuramente è il metodo più sicuro per convincere, ma spesso è anche il metodo più veloce per farsi scoprire. Nella gran parte dei casi sono i piccoli dettagli a farci scoprire l’inganno e non è assolutamente facile dare un metodo utile a scoprire tutti i casi di foto false. Proverò a proporre alcuni strumenti ed alcune metodologie, spesso una o l’altra funzionano, molto più spesso però sono l’esperienza e l’inventiva di chi indaga a fare la differenza.
Google Immagini
Avete una foto e volete sapere cosa sia e dove sia stata scattata. Non funziona sempre ma un buon tentativo è sempre quello di usare google immagini all’indirizzo https://images.google.it/
A volte, anche una foto di qualità non particolarmente alta con un scorcio non immediato da riconoscere, viene riconosciuto con facilità dai servizi di Google.
E può essere un buon punto di partenza per un’indagine. Spesso è in grado di riconoscere il volto di persone note, scorci di ambienti, oggetti e molto altro. Tra l’altro cercando in questo modo un’immagine ci viene indicato se la stessa è stata pubblicata altrove in altri momenti. Spessissimo ci permette ad esempio di scoprire che la foto usata in un articolo e spacciata come scoop possa essere in realtà una foto di repertorio o peggio una foto decontestualizzata e riutilizzata altrove. Allo stesso modo se la foto è già nuova è possibile cercare a ritroso nel tempo per trovare quale sia la fonte che l’ha pubblicata per prima. Per le ricerche per data invito a leggere il mio precedente articolo https://wp.me/pQMJM-1TD
Altre volte, più semplicemente ci permette di trovare la foto originale da cui è stata creata quella contraffatta.
In tutti i browser moderni, facendo click con il tasto destro del mouse è in genere possibile fare una ricerca per immagini.
Visualizzazione dei Metadata della foto
Se un autore di Fake News è un bravo mentiore sa sicuramente che nei file di immagine possono esserci delle informazioni che si chiamano metadata e che possono dirci molto della foto, ma se la foto arriva da una fonte meno raffinata è possibile fare un tentativo. Aprendo un file da computer, con qualunque sistema moderno, c’è la possibilità di visualizzare le informazioni di una foto
A volte possiamo sapere perfino dove sia stata scattata, in che data, che tipo di obbiettivo e di dispositivo sia stato usato. Raramente questo accade sulle foto pubblicate sulle testate giornalistiche ma quasi sempre sulle foto inviate da amici.
Google Street View
Google Street view? Cosa c’entra con le foto? C’entra moltissimo. Il servizio Google Maps https://www.google.it/maps, permette di visualizzare una versione “passeggiabile” delle mappe, in una versione fotografica.
Molto spesso in caso di attentati, incidenti o fatti di cronaca viene indicato il luogo dove è avvenuto. Con Google Street View è possibile visitare virtualmente il luogo. Ovviamente le immagini sono prese in un momento nel passato che potrebbe non esserci utile, ma ad esempio nel caso delle notizie sui danni precedenti al crollo del ponte di Genova anche Google Street View è stato utile per ricostruire parecchie informazioni
Qualcuno sostiene che sia una foto scattata molti anni fa, addirittura nel 2006. C'è un elemento che è presente nella foto (evidenziato) che non è presente nelle foto scattate per Google Street View nel 2011 (https://t.co/aR535oXnGJ) e 2015 (https://t.co/Xw0kGT4PYu). pic.twitter.com/649IJP2hym
— David Puente (@DavidPuente) August 15, 2018
Lo stesso in altre situazioni come nella “Strage di Nizza” (https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Nizza) dove alcuni complottisti hanno urlato al “False Flag” (https://it.wikipedia.org/wiki/False_flag) portando a prova alcune foto.
jpeg-snoop
Jpeg-snoop è una piccola applicazione scaricabile gratuitamente a questo indirizzo: tinyurl.com/y8u8rkw3. Fornisce moltissime informazioni su una foto, compresi numerosi dati tecnici. Alla fine dell’analisi fornisce anche la probabilità che la foto sia contraffatta ma per i test che ho fatto quest’ultima funzione non è molto affidabile perché probabilmente si basa sui livelli di compressione delle varie zone dell’immagine e i software delle fotocamere degli smartphone di oggi tendono a migliorare le immagini di fatto modificandole a monte e quindi vanificando questo genere di software.
Metodi empirici
Molto più spesso si riesce a scoprire il falso in una foto da metodi empirici, ossia osservando i dettagli. I dettagli più difficili da contraffare sono ad esempio le ombre ed i riflessi. Non è affatto facile realizzare con un editor di immagini un ombra che sia esattamente coerente con la posizione della luce o con la forma del terreno, per questo spesso ci si accorge della contraffazione analizzando le differenze tra la parte di foto aggiunta e il resto. Lo stesso vale con i riflessi. Per esempio se qualcuno ha creduto che ci si possa fare un selfie guidando un aereo, basta guardar il riflesso negli occhiali del pilota per scorgere la pista di atterraggio e il selfie stick.
Altre volte invece ci vuole un certo spirito di osservazione. Tempo fa questa foto è stata considerata come la foto di un terrorista che si è fatto esplodere in un attentato suicida a Parigi.
Non sarebbe stato difficile capire di aver preso un granchio osservando bene la foto. Sarebbe bastato farsi alcune domande: perché il ragazzo dovrebbe essere così sorridente? Perché dovrebbe avere un copricapo Sikh se era un terrorista islamico? Perché le spine di corrente che si vedono sono quelle usate in Usa e in Canada e non quelle francesi? Perché la zona attorno alle dita, delle braccia e al presunto Corano sembra di colore così strano? Vorrei aggiungere anche che nell’angolo a destra della vasca da bagno sembra esserci un oggetto con una forma che… potrebbe far pensare ad uno scherzo.
Ovviamente si è rivelata essere una foto falsa, nonostante fosse già stata ampiamente pubblicata da tutti i giornali del mondo.
Si tratta della foto del giornalista canadese Veerender Jubbal, i religione Sikh, senza un Corano in mano. E senza quello strano oggetto nell’angolo della vasca.
Clio Makeup ha fatto una carrellata di errori tipici in fase di rielaborazione delle immagini per quanto riguarda le star. Spesso per migliorare una parte del fisico si deforma quella e di conseguenza lo sfondo, o un’altra parte su cui si focalizza meno l’attenzione. (https://blog.cliomakeup.com/2019/08/foto-ritoccate-male-photoshop-errori-star/)
Un’altra regola di oggi è “se è in bassa definizione è quasi certamente falsa”, oggi possediamo tutti uno smartphone che fa foto incredibilmente belle, ormai è quasi matematico che perfino nel rarissimo caso di un aereo che precipita qualcuno fa in tempo a farne una foto o un filmato di definizione discreta. Possibile che tutte le foto e i filmati di avvistamenti ufologici siano in bassa definizione? Probabilmente molti di questi sono artefatti grafici, o foto e filmati modificati. Perdendo molta definizione si tende a perdere anche le prove della contraffazione.
Riassumendo il metodo migliore è purtroppo l’esperienza. Controllare i riflessi, le ombre, le zone che possono presentare dei pixel di colore strano o sbagliato e guardare gli oggetti che compaiono nella foto per vedere se si nota qualcosa di fuori posto.
E per i video?
I video hanno lo stesso genere di problematica delle foto, ma spesso sono più difficili da riconoscere in quanto la Computer Grafica sotto alcuni aspetti è molto avanzata. Vanno osservati su schermi ad alta definizione e fermati di tanto in tanto per visualizzare singoli frame. Soprattutto nei momenti di “entrata in scena” e di “uscita di scena” dell’oggetto o persona o situazione che vogliamo verificare. Abbiamo l’esperienza che nei film si riescono a fare cose incredibili ma spesso le esplosioni o le scene mirabolanti ci danno la sensazione di “sbagliato” e di poco credibile. Negli ultimi anni si parla di Deepfake (https://it.wikipedia.org/wiki/Deepfake) che rappresenta la capacità di software complessi di imitare il volto di una persona e i movimenti facciali per creare un falso filmato
youtube
I risultati non sono ancora perfetti, osservando in particolare la bocca e gli occhi si vede che qualcosa non va, ma le cose stanno procedendo abbastanza in fretta. Al momento non ci sono grandi strumenti pubblici per verificare che un video non sia un Deepfake tuttavia si stanno sviluppando parallelamente ai software in grado di realizzare questo genere di video anche quelli per scoprirli. In futuro probabilmente questa inizierà ad essere una sfida importante.
Invid project
Per quanto riguarda i video esiste un interessante progetto, Invid project (https://www.invid-project.eu/) che propone un’estensione per Google Chrome, Microsoft Edge (tutti le estensioni Chrome sono compatibili con Edge) e Firefox. Permette di fare del debunking di video, in particolare video pubblicati sui social network.
youtube
Il servizio è in continua evoluzione e permette dei discreti risultati in poco tempo.
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