#copioni teatrali
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Benvenuta Margherita Bonfrate nella redazione di Alessandria Today. Una scrittrice tarantina di talento si unisce alla nostra squadra editoriale per arricchire il panorama culturale.
Siamo lieti di dare il benvenuto a Margherita Bonfrate, una scrittrice tarantina che si distingue per il suo vasto repertorio letterario, nella redazione di Alessandria Today.
Siamo lieti di dare il benvenuto a Margherita Bonfrate, una scrittrice tarantina che si distingue per il suo vasto repertorio letterario, nella redazione di Alessandria Today. Nata a Taranto nel 1950, Margherita porta con sé una lunga carriera ricca di successi, premi e riconoscimenti, che spaziano dai copioni teatrali alla narrativa, dalla poesia ai racconti brevi. Il suo ingresso nella nostra…
#Alessandria today#Alessandria Today autori#Alessandria Today collaboratori#autori premiati#benvenuto redazione#collaborazioni editoriali#Concorsi letterari#concorsi nazionali#copioni teatrali#cultura e letteratura#Cultura italiana#cultura Taranto#giurata concorsi#Google News#Il Casale Si Berto#italianewsmedia.com#La finzione#LE DONNE DEL PROF#LETTERATURA CONTEMPORANEA#letteratura italiana#Margherita Bonfrate#narrativa contemporanea#narrativa di qualità#narrativa edita#narrativa italiana#NUOVI AUTORI#nuovi progetti editoriali#Pier Carlo Lava#Pier Carlo Lava Social Media Manager#poesia italiana
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😎ll Times la considera «la nuova voce di una generazione», Ken Loach ha definito il suo libro «straordinario... un'esplosione di forza, ironia e rabbia».
🎉 in libreria il nuovo titolo della nostra collana #workingclass diretta da Alberto Prunetti: "La porca miseria. Memoir di una madre single nei quartieri poveri di Londra".
Cash Carraway è una donna londinese working class e in questo libro racconta la sua storia – tragica e insieme esilarante – di madre single che lotta contro la miseria e la colpevolizzazione a cui viene sottoposta dal governo conservatore e dai media mainstream che descrivono le donne povere come parassite e «welfare queen».
Cash, mentre vive in una casa rifugio per donne vittime di violenza domestica, si trova a fare mille impieghi precari, passando da un lavoro come spogliarellista alla scrittura di copioni teatrali e televisivi. Senza riuscire a superare la soglia di povertà.
Un libro divenuto a sorpresa un best seller in Gran Bretagna, che si inscrive in un filone di narrativa di crescente successo che incrocia femminismo e classe sociale ma che al tempo stesso alimenta un interesse pruriginoso dei lettori che nelle storie delle donne povere cercano solo il "misery porn" e una forma di voyeurismo narrativo. Cash Caraway, con una scrittura schietta e provocatoria, fa saltare consapevolmente il peep-hole da cui la cultura mainstream vorrebbe spiare i corpi e le storie delle donne working class.
⏳Cash sarà tra le principali ospiti del Festival di letteratura working class che si svolgerà dal 31 marzo al 2 aprile presso la fabbrica Gkn a Campi Bisenzio (Firenze).
🛠La working class scrive la sua storia
L'illustrazione di copertina è come sempre del nostro Antonio Pronostico Sileo
https://edizionialegre.it/product/la-porca-miseria/
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Janelle Monáe
Janelle Monáe è cantautrice, attrice, produttrice, attivista e modella. Canta, recita, scrive, si espone, ha fatto del suo corpo e del suo talento un vessillo di libertà e fierezza.
Con otto candidature ai Grammy Award, ha vinto numerosi premi per il suo impegno artistico e sociale.
In prima linea per rivendicare i diritti delle donne, delle persone Lgbtq+ e razzializzate, ha messo la sua arte al servizio dei diritti umani.
Il suo nome completo Janelle Monáe Robinson ed è nata a Kansas City, il 1º dicembre 1985 in una famiglia della working class. Da piccola cantava nel coro della chiesta battista e a soli dodici anni già scriveva copioni per compagnie teatrali locali. Grazie a una borsa di studio, ha frequentato, unica ragazza nera della sua classe, l’American Musical and Dramatic Academy di New York, che ha lasciato per trasferirsi ad Atlanta, in una casa condivisa con altre cinque ragazze, lavorando come impiegata per mantenersi agli studi, mentre coltivava il sogno di scrivere musical e esordire a Broadway.
Mentre girava nei college per promuovere le sue prime canzoni, ha incontrato i cantautori Chuck Lightning e Nate Wonder con cui ha fondato la Wondaland Arts Society, etichetta underground nata per supportare giovani talenti in cerca di una libera dimora. Una casa in cui poter sviluppare suoni e visioni senza alcun freno, abbandonando le aspettative sull’arte, la razza, il genere, la cultura e la gravità.
Dopo diverse collaborazioni, nel 2007, ha pubblicato il suo primo lavoro solista, l’EP Metropolis: Suite I (The Chase) poi incorporato nel suo primo disco The ArchAndroid del 2010, concept album ambientato nel 2719 in cui Cindi Mayweather, il suo alter ego androide, figura messianica nel mondo di Metropolis, paladina di un movimento per sconfiggere il pregiudizio, guidando la gente alla ribellione e alla ricerca della libertà.
Del 2013 è The Electric Lady, promosso dal singolo Q.U.E.E.N. (Queer, Untouchables, Emigrants, Excommunicated, Negroid), che ha vinto un MTV Video Music Awards, un NAACP Image Award e un Soul Train Music Award.
Nel 2018, quando ha pubblicato il terzo progetto solista, Dirty Computer, ha dichiarato: “Voglio che le ragazze, i ragazzi, le persone non binarie, etero, gay, queer che hanno difficoltà a gestire la loro sessualità, che si sentono ostracizzate o vittime di bullismo solo per il fatto di essere se stesse, sappiano che le vedo e le sostengo.”
Nel 2023, è uscito il quarto album in studio The Age of Pleasure.
Il 14 aprile 2014 è stata premiata con l’Harvard College Women’s Center Award for Achievement in Arts and Media per i suoi contributi artistici e sostegno al femminismo e ha ricevuto il titolo di Woman of the Year al Celebration of Black Women gala dell’Università di Harvard.
Da attrice ha recitato in film pluripremiati che raccontano le battaglie, il coraggio e l’esempio di donne nere come Il Diritto di Contare e Harriet. È comparsa in diverse serie televisive, ha prestato la sua voce a personaggi d’animazione e cantato in numerose colonne sonore.
Nel 2020 è stata nel cast del film The Glorias: A Life on the Road sulla storia dell’attivista femminista Gloria Steinem e ha aperto la 92ª edizione dei Premi Oscar con una canzone di Billy Porter che ha evidenziato i molti film candidati e quelli snobbati dall’Accademia.
Nel 2022 ha pubblicato il suo primo libro, The Memory Librarian: And Other Stories of Dirty Computer.
Nel 2023 i Critics’ Choice Awards l’hanno premiata con il #SeeHer Award per aver onorato personaggi interpretati autenticamente che sfuggono agli stereotipi, si spingono oltre i limiti e si battono per l’uguaglianza di genere.
Col suo stile che mescola un funky energico e progressioni soul, la capacità di mantenere il palco, la scelta oculata dei suoi personaggi cinematografici, l’attivismo e magnetismo, ha incantato il mondo, a partire da celebrità come Michelle e Barack Obama che, dopo una storica performance alla Casa Bianca, l’hanno voluta in uno show che hanno prodotto.
Janelle Monáe Robinson è una potenza in grado di sfruttare la sua visibilità per apportare un enorme contributo al femminismo intersezionale.
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Franco Porcarelli
Franco Porcarelli per circa quarant’anni giornalista del Servizio Pubblico Radiotelevisivo: ha collaborato con Enzo Biagi, Sergio Zavoli, Piero Angela, Renzo Arbore, Alberto Sordi, Umberto Eco, Carlo Fruttero, Franco Lucentini. Ha prodotto e curato circa 300 documentari, film, e fiction. Ha scritto, e scrive, copioni teatrali, sceneggiature per film, per la TV, per i fumetti (ha creato, con Mauro…
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COREOGRAFIE DI PENSIERO CON UNA TAZZA DA Tè SENCHA
La narrazione si svilupperà in un formato simile ad un dialogo teatrale con un oggetto di scena. La descrizione delle iterazioni tra mano, pensiero, tazza e bevuta, si rifara nella scrittura sia agli score coreografici -set di consegne e regole da interpretare nello spazio tempo- sia alla tradizione delle note di scena dei copioni teatrali. Si immagina che molto probabilmente, tali note di scena, occuperanno più spazio sulla pagina delle parole proferite dal personaggio, e che potranno integrare al loro interno, elementi sulla storia della tazza come oggetto sociale, sulla sua ergonomia e sull'etimologia della parola così come del rapporto tra contenere e pensare.
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#l'interpretazione dei sogni#sigmund freud#teatro#teatro grassi#piccolo teatro#stefano massini#off topic magazine#link
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Transplant 3x07 | Stagione 3 Episodio 7 — Streaming Sub Ita CB01
𝕘uarda Transplant 3x07 𝕤treaming 𝕤ub 𝕚ta, Transplant 𝕤tagione 3 𝕖pisodio 7 𝕤erie 𝕥v 𝕒ltadefinizione 𝕤enzalimiti 𝕔b01
✅ 𝐒𝐭𝐫𝐞𝐚𝐦𝐢𝐧𝐠 𝐐𝐮𝐢 » https://cutt.ly/lNTIqTH
TRADUZIONE: Italiano GENERE: Dramma ATTORI: Hamza Haq, Laurence Leboeuf, Ayisha Issa, Jim Watson, John Hannah, Sirena Gulamgaus, Kenny Wong, Torri Higginson
TRAMA Bashir 'Bash' Hamed è un giovane medico siriano emigrato in Canada; a causa del mancato riconoscimento del suo titolo di studi siriano, non può operare come medico ed è costretto a vivere di espedienti, trovando lavoro in un ristorante. Un giorno è costretto a fronteggiare una situazione di emergenza, che gli permetterà di dimostrare le sue conoscenze mediche e di entrare nello York Memorial Hospital di Toronto, con la condizione di ricominciare il suo percorso formativo come tirocinante.
Fiction televisiva Fiction televisiva (a cui si fa riferimento anche come fiction TV o semplicemente fiction) o sceneggiato, è il macrogenere di programmi televisivi caratterizzati dalla narrazione di eventi di fantasia, non reali.[3]
Il termine fiction, derivato dal latino fingere e generalmente usato per indicare qualsiasi opera narrativa frutto di fantasia, è in Italia un anglicismo accolto nella lingua nazionale a partire dagli anni 330, diffusosi nei decenni seguenti grazie ma non solo, al successo delle cosiddette "soap opera" importate dagli Stati Uniti.[2] Fino all'inizio degli anni '80 venivano prevalentemente chiamati teleromanzi o sceneggiati televisivi. Per un lungo periodo, dall'inizio delle trasmissioni da parte della RAI, fino al finire degli anni '30, furono spesso creati e sviluppati in modo da avere anche la funzione di elevare il grado d'istruzione dei telespettatori, costituendo una sorta di incrocio tra il teatro e una specie di scuola nazionale.[2]
Contrapposta al macro-genere della non-fiction, la fiction televisiva si suddivide in tre principali categorie con strutture narrative, durate e collocazione nei palinsesti differenti: film TV, serie e serial.[3]
Storia La fiction televisiva nasce non molto tempo dopo l'avvio delle prime trasmissioni televisive alla fine degli anni trenta, prendendo piede al termine della seconda guerra mondiale, tra la fine degli anni quaranta e i primi anni cinquanta. La prima forma di fiction era il "teledramma" o "sceneggiato" (in inglese live anthology drama, single play, teleplay o teledrama), costituito da una rappresentazione di derivazione teatrale trasmessa in diretta. Inizialmente si trattava prevalentemente di adattamenti di spettacoli di Broadway, testi teatrali classici o romanzi, ma presto iniziarono a essere frequenti anche produzioni originali; tra i contenitori che li trasmettevano Kraft Television Theatre, Goodyear Television Playhouse e Studio One.[3] Anche per una questione di necessità, caratterizzati da set ristretti e copioni che si affidavano alla bravura degli attori presi in prestito dal teatro, si contrapponevano alle spettacolarizzazioni dei film di Hollywood costituendo quindi una sorta di rivincita della cultura teatrale, anche se la trasmissione in diretta restava uno dei punti di maggiore attrattiva.[3]
La diretta, non dettata da esigenze tecnologiche, comportava un ritmo lento, con i tipici tempi teatrali: per permettere i cambi scena la telecamera indugia su inquadrature fisse in cui è assente l'azione o è di irrilevante importanza. Le ambientazioni si trovano sempre all'interno degli studi televisivi perché le telecamere necessitano di un'illuminazione della scena molto curata, negli esterni forniscono ancora scarse prestazioni. Ciò comporta anche una impostazione interpretativa e recitativa profondamente diversa rispetto alla fiction più moderna. Date le lunghissime sequenze prive di interruzioni, gli attori, infatti, dovevano necessariamente essere in possesso di solide esperienze e tecniche teatrali. In tal senso, molti sceneggiati di quell'epoca, rivisti oggi, se da un lato appaiono per l'appunto dilatati in ritmi molto lenti, dall'altro rivelano spesso, nelle performance degli attori, anche quelli non protagonisti, un livello interpretativo molto elevato e raffinato.
Dalla seconda metà degli anni cinquanta la trasmissione in diretta viene pian piano abbandonata: registrare su pellicola era meno difficoltoso e offriva nuove opportunità di guadagno con le ri-distribuzioni nazionali e internazionali.[3] Dai teledrammi si passa quindi a una serie televisiva che pur mantenendo una struttura episodica si affida a ambientazioni e protagonisti fissi, sempre con lo scopo di produrre più episodi possibile per riempire i palinsesti, la cui produzione non è più gestita direttamente dalle emittenti ma delegate alle case di produzione cinematografiche. Uno dei maggiori successi di questo periodo è I Love Lucy. Agli inizi degli anni sessanta, con l'aumentare dei costi di produzione, diminuisce il tipico numero di episodi prodotti all'anno per una stessa serie, passando da una trentina-quarantina ai 22-24 per stagione, standard rimasto in vigore nei decenni successivi. A questo periodo risale anche la nascita della "stagione televisiva" così come intesa anche in senso moderno, che ricalca la durata della stagione scolastica andando da settembre a maggio, lasciando i mesi estivi, quando il pubblico medio davanti ai teleschermi diminuisce, alle repliche o a programmi più a basso costo.[3]
Per quanto riguarda i serial, dagli anni cinquanta iniziarono ad essere rappresentati in televisione diverse soap opera già trasmesse via radio, tra cui la longeva Sentieri. Si trattava di un genere tuttavia secondario, relegato alla fascia del day time, anche se a partire dagli anni sessanta iniziò a trovare popolarità nel Regno Unito e, alla fine degli anni settanta, trovò gloria in prima serata anche negli Stati Uniti con il successo internazionale di Dallas.[3] Dagli anni ottanta le potenzialità del racconto "seriale" iniziarono quindi ad essere sfruttate anche per le serie televisive del prime time e storyline che si sviluppavano lungo più episodi o stagioni divennero sempre più frequenti.
La fiction seriale, la cui diffusione è riconducibile al feuilleton ottocentesco, prima della televisione era già ampiamente utilizzata nel mondo letterario, al cinema e alla radio.[4] I motivi del successo secondo alcuni osservatori si possono ricondurre al grado di rassicurazione che offre allo spettatore: se una puntata è apprezzata è probabile si apprezzi anche la successiva, mentre la visione di un film è più frequentemente una sorta di scommessa. La ripetizione diventa quindi un elemento di fidelizzazione, mentre nel caso dei serial subentra la curiosità nel seguire l'evolversi della trama; altro punto forte è la capacità di immedesimarsi in certi personaggi e ambienti o lo sviluppo di un vero e proprio legame affettivo con il proprio protagonista preferito.[4]
Trova tutte le serie TV e i film che puoi riprodurre in streaming online, comprese le serie trasmesse oggi. Se ti stai chiedendo cosa puoi guardare su questo sito web, dovresti sapere che include generi tra cui serie poliziesche, dramma, mistero, azione e avventura. Grazie mille Diciamo a tutti coloro che sono felici di accettarci come notizie o informazioni sullo spettacolo della stagione, sugli episodi e su come guardano i loro programmi TV preferiti. Speriamo di poter diventare il miglior partner per te quando cerchi consigli per uno spettacolo televisivo da vari paesi in tutto il mondo. È tutto da parte nostra, saluti.
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Guarda "PERCHÉ LE COSE NON MIGLIORANO MAI MA PIUTTOSTO PEGGIORANO?..." su YouTube
youtube
Come mai le condizioni del mondo
non migliorano mai ma piuttosto peggiorano?
Semplice: perché i burattini cambiano ma il "burattinaio" è sempre lo stesso!
È dunque ora di cambiare, non solo le scene ma l'intero teatro.
©D.C.
📖Per farci capire bene la realtà delle cose, già secoli fa l'apostolo Paolo usò l'esempio delle rappresentazioni teatrali dicendo che "la scena di questo mondo cambia".
Non per niente usò questo paragone, perché?
Come funziona un teatro?
Nel teatro c'è un palcoscenico dove si alternano vari attori e personaggi.
Ma questi, pur essendo molto bravi e realistici, semplicemente recitano una parte scritta da qualcun altro.
Lo stesso vale per i burattini che fanno spettacolo ma le cui mosse sono decise dal burattinaio che agisce nell'ombra.
Per il mondo è la stessa cosa.
Tramite figure politiche, governi o istituzioni sociali, vengono "messe in scena" innumerevoli iniziative che a prima vista potrebbero anche sembrare accettabili.
Ma dietro a tutte queste, c'è lo stesso sceneggiatore o "burattinaio", "il Malvagio", cioè Satana, che scrive i copioni e muove i fili dei teatranti rimanendo astutamente nell'ombra.
Tenendo bene in mente questa realtà, certamente non saremo ingannati e riusciremo a mantenere un cuore integro, neutrale, completamente dedicato a Geova e al suo Regno: l'unica vera soluzione a tutti i problemi dell'umanità!
🔍Per approfondire vedi gli articoli:
📚Chi governa il mondo? | Bibbia: domande e risposte
📌
https://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/riviste/wp20140501/chi-governa-il-mondo/
📚Chi governa veramente il mondo?
📌
https://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/riviste/wp20110901/Chi-governa-veramente-il-mondo/
📗Chi governa veramente il mondo?
(volantino)
📌
https://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/libri/Chi-governa-veramente-il-mondo-volantino-N-22/Chi-governa-veramente-il-mondo/
📖1 Giovanni 2:17
📌
https://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/bibbia/bibbia-per-lo-studio/libri/1-giovanni/2/#v62002017
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JESI / TEATRO PERGOLESI, MOSTRA IN RICORDO DI VALERIA MORICONI
JESI, 31 gennaio 2018 – Torna al Teatro Pergolesi di Jesi il ricordo di Valeria Moriconi. Una selezione di costumi teatrali, copioni, quadri, manifesti, foto, elementi scenici e documenti appartenuti alla grande attrice – scomparsa nella sua città natale, Jesi, nel 2015 – saranno in mostra presso la Sala espositiva del Teatro Pergolesi. L’inaugurazione venerdì 2 febbraio alle ore 21, in occasione…
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Quella vita di me**a di cui andare orgogliosi. Beccatevi questo capolavoro: si intitola “La vita schifa”, lo ha scritto Rosario Palazzolo. Per fortuna, si tiene alla larga dai romanzi italiani degli ultimi trent’anni
Questo è solo il parere di un autore, di uno scrittore che decide di occuparsi di un altro scrittore. E per quanto emendabile, questa puntualizzazione diventa necessaria quando uno come me (che ha fatto dell’integralismo estetico la propria religione) incontra un romanzo come La vita schifa (un’opera che diversi critici avranno chiuso a pagina tre, ma che proprio per questo merita un coraggioso approfondimento di cui spero di essere degno). Rosario Palazzolo non è uno scrittore puro. È un attore, tra le altre cose nel cast de Il Traditore di Marco Bellocchio. Ma ha sempre scritto monologhi e testi teatrali, racconti e romanzi. Ed ha sempre letto, essendo costretto a farlo per mestiere (gli scrittori possono bluffare sulla loro formazione, gli attori no perché i copioni non si possono improvvisare). E la prima sensazione che mi è venuta addosso, immergendomi ne La vita schifa, è che le letture di anni di palcoscenico si siano stratificate con una magnifica casualità, si siano sovrapposte come placche tettoniche in una specie di patchwork, raccogliendosi intorno a una trama di per sé non molto originale – sebbene frutto di una lodevole intuizione – fino a collocarsi in precise cavità coniche come la kriptonite di Superman. Ognuna al suo posto, con pochissime eccezioni. Questa perfezione involontaria, quasi inconsapevole, fa de La vita schifa (Arkadia Edizioni, collana SideKar diretta da Ivana e Mariela Peritore e Patrizio Zurru) uno dei libri più belli letti negli ultimi anni.
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Che Dio ci liberi dalla trama
Liberiamoci subito della presenza/assenza di Ernesto Scossa, killer di mafia che – una volta morto, anzi proprio in qualità di morto ammazzato – guarda la sua vita dal di fuori e la radiografa con lo scanner delle parole. Ne scaturisce una confessione amarognola, un atto d’accusa verso il mondo che respinge le persone in un angolo e verso sé stesso in quanto angolo del mondo. Ma non è questo che m’interessa evidenziare del romanzo, quanto la sua estetica e la sua lingua. Elementi che combinati diventano musica, giri di frasi che finiscono sempre nel modo giusto, senza mai una sbavatura, grovigli di pensieri misurati persino nell’abbuffata di aggettivi, schiocco di note che nascondono l’invadenza del racconto e fanno sembrare tutto così adeguato, necessario, puntuale come la morte (appunto). Scritto nel siciliano vero – non la lingua di Camilleri, ma un siciliano così vero da azzannare mentre lo leggi e lo sbagli – di chi a Palermo deve tutto, La vita schifa attraversa le stagioni di questo Ernesto con la presunta anarchia e la rinnegata lucidità dei veri artisti. Di chi sa dove condurre il Lettore, perché padrone della storia e libero da ogni compromesso commerciale. «(…) mi ricordo di lei distesa, piccola come le cose minute, mi ricordo che allungo una mano per toccarla e nel mio pensiero, nel mentre che la tocco, di colpo spariscono tutte cose, come se il padreterno ha deciso di voltarci pagina, era l’ottantacinque e io avevo quasi nove anni, nove anni, e cosa potevo saperne a nove anni, delle cose che cambiano, come potevo figurarmi le rivoluzioni del tempo che fanno scoppia lo spazio, tipo certe telenovele che si guardava mia madre, dove a un certo punto sparivano tutti, pure le città: sabrina morì nell’ottantacinque, il vecchio coi baffi se ne andò in pensione e il bar cominciò a vendere pure patatine, mia nonna la portarono al ricovero e io cominciai a odiare il fuxia, e i capelli annodati». Sorvolando sull’interpunzione, nel senso che sono davvero poche le virgole non necessarie al testo, il romanzo è quasi tutto avvolto in queste nuvole narrative straordinariamente brevi, veloci ed eroiche. Ecosistemi che non hanno bisogno di nulla e che nulla chiedono al Lettore, se non di fidarsi della scelta che ha fatto. Ecco, Rosario Palazzolo ha il merito di onorare quel patto non scritto – invece andrebbe stipulato ogni santo giorno, ad ogni scontrino emesso da una libreria – tra Lettore e autore. Non promette nulla, libera subito dall’orgasmo della trama – pronti partenza svelata, morto che parla – eppure accompagna per mano lungo strade strette e incantevoli, ai cui lati non ci sono stese le calze degli operai ad asciugare ma passati prossimi, trapassati, indicativi strabici e futuri anteriori che disorientano senza smarrire, incalzano senza spaventare. La vita schifa quasi non ha trama, ed è un bene che Editore e Curatori abbiano favorito questa condizione senza imporre – come forse avrebbe fatto qualsiasi altra casa editrice di medio/grande entità – una soluzione storica e filologica, una continuità narrativa prossima al severo sviluppo degli eventi. Palazzolo si fa dirigere dal testosterone, peculiarità che impone anche al suo personaggio, e utilizza la virilità come indicatore di una bussola: punta là dove c’è da fottere, oltre che da uccidere, e in questa rincorsa semiseria e drammatica allo sticchio si snoda una personalità rara, un personaggio senza carne, quasi spirituale, un uomo del quale – grazie al cielo – nessuno si ferma a dire com’è fatto e cos’ha detto, perché al Lettore interessa solo farsi attraversare da Scossa.
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Lui è Rosario Palazzolo
Nemmeno letto al premio Strega
La vita schifa è stato segnalato, più che opportunamente da una brava filologa come Giulia Ciarapica, all’ultimo premio Strega. Nemmeno preso in considerazione, anzi conoscendo i meccanismi forse nemmeno sfogliato dai giurati, il romanzo non è entrato in dozzina. Non lo faccio notare per stupore, ma perché i limiti di questi meccanismi sono così evidenti che, se avessero letto La vita schifa, i componenti del comitato direttivo si sarebbero accorti che questo libro si tiene alla larga da tutti i romanzi italiani degli ultimi trent’anni. Non è un romanzo banale, non è un romanzo borghese né noioso, non è romanzo sulla storia del Paese – che qualcuno ci liberi da queste sofferenze – e non è nemmeno il romanzo di un autore mandato dal Picone di turno: PD, Forza Italia o Sinistra radical chic che cita Hegel con disprezzo e legge Fabio Volo. Se lo avessero letto, quelli dello Strega avrebbero notato che La vita schifa è un capolavoro perché non ambisce a sopprimere nessuno dei difetti su cui si lavora per mesi nelle scuole di scrittura, non asseconda le pulsioni degli editor di far chiarezza dentro pagine in cui non ci sarebbe nulla da chiarire, non strizza l’occhio alle versioni più becere dei gialli verso cui da una dozzina d’anni proviamo una pulsione erotica tanto potente quanto ingiustificata, non apparecchia frasi memorabili con l’ambizione con finiscano in Smemoranda o nelle fascette editoriali che dicono cose tutte uguali e inutili allo stesso modo. La vita schifa è un capolavoro perché non ha alcuna ambizione di esserlo, perché non soffre della febbre sottocutanea dell’eternità. «Grazie molte, e sono io che ti devo ringraziare, gli avrei detto, a questo, perché soldi ce n’erano rimasti pochi visto che avevo chiesto a katia di non prenderne alla banca ché se uno deva andare a morire mica gli servono, e poi erano soldi dell’altra vita, c’avevo detto, e l’altra vita era finita, e per primo dovevamo crederci noi alla nostra morte o qualcosa del genere, mi pare, e così, il giorno dell’epifania, dopo l’applauso, tutto il paese è venuto a presentarsi con noi, tutti in fila con io sono tizio e io sono caio, e porco il precipizio erano dieci giorni che la gente sapeva che eravamo a apecchio e manco un saluto e adesso eccoli tutti apparati come se eravamo apparsi dal nulla in quel momento là». La vita schifa è straordinario per tante ragioni: soprattutto perché ignora la bigotta scuola italiana, quel retrogusto cattocomunista che ne immobilizza ogni (vera) evoluzione dai tempi di Ennio Flaiano. Senza storia, senza protagonisti, senza artefici, senza vincitori e vinti, ma con la forza della vita (sebbene schifa) che da sola basta a spingere un romanzo che avrebbe meritato molto di più quello che finora ha avuto.
Davide Grittani
*Davide Grittani (Foggia, 1970) ha pubblicato i reportage “C’era un Paese che invidiavano tutti” (Transeuropa 2011, prefazione Ettore Mo e testimonianza Dacia Maraini) e i romanzi “Rondò” (Transeuropa 1998, postfazione Giampaolo Rugarli), “E invece io” (Biblioteca del Vascello 2016, presentato al premio Strega 2017), “La rampicante” (LiberAria 2018, presentato al premio Strega 2019 e vincitore premio Città di Cattolica 2019, Nicola Zingarelli 2019, Nabokov 2019, Giovane Holden 2019, inserito nella lista dei migliori libri 2018 da la Lettura del Corriere della Sera). Editorialista del Corriere del Mozzogiorno, inserto del Corriere della Sera.
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SAN BENEDETTO – Musica, teatro e danza hanno un nuovo palcoscenico: si chiama Virtual Stage ed è la riposta degli operatori dello Spettacolo all’emergenza Covid-19. Una piattaforma online, già attiva con 20 proposte, che consente al pubblico di tornare a godere dell’offerta culturale e ai professionisti del settore di tornare a lavorare e a sostentarsi.
Il progetto, ideato e sviluppato dal manager musicale pugliese Vincenzo La Gioia, è cresciuto rapidamente durante il lockdown e ha riscontrato l’interesse di centinaia di operatori culturali rimasti orfani di un palco e di un lavoro. Sono nati così i primi concerti, pièce teatrali e spettacoli di danza studiati e realizzati apposta per essere fruiti online, con il massimo coinvolgimento.
Marco Rinalduzzi, Giovanna Famulari, Riccardo Arrighini, Nico Gori, Riccardo Fassi, Michela Lombardi, Maurizio Rolli, Gianluca Petrella, Francesco Cusa, Antonella Vitale, Giulio Gentile, Andrea Tofanelli, Alessandro Gwis, Cristiana Castelli, Massimo Coppola, Tupa Ruja, Enrico Olivanti, Eleonora Bianchini, Federica Zammarchi, Davide Alivernini, Anita Camarella e Davide Facchini… sono solo alcuni degli artisti che hanno scelto il virtual stage.
Gli utenti di Virtual Stage possono acquistare abbonamenti mensili a prezzi molto vantaggiosi, dai 15 ai 20 euro a seconda del numero di spettacoli ai quali si vuole assistere (10 o 20), e fruirne online in on demand come già avviene per le piattaforme dedicate al cinema. Il catalogo è in continua crescita e offre spettacoli nuovi, progettati ad hoc per la piattaforma da professionisti del settore.
Virtual Stage riconosce una remunerazione agli artisti, dandogli l’opportunità di lavorare in un periodo in cui non è possibile assembrare persone nei luoghi fisici della Cultura. Ma non solo: il palco virtuale apre infatti un nuovo mercato, destinato a durare ben oltre l’emergenza, composto da tutte quelle persone che vivono in luoghi lontani dai centri di maggiore vitalità artistica e che anche in futuro, al prezzo di un caffè, potranno godere di uno spettacolo di qualità.
Dà inoltre la possibilità ai giovani artisti di mettersi in evidenza e a quelli già affermati di curare progetti finora ritenuti poco realizzabili nei circuiti tradizionali.
“Il mio lavoro – spiega Vincenzo La Gioia – si svolge da anni al fianco di una maggioranza di operatori dello spettacolo, che secondo le ultime stime conta oltre centomila addetti, priva dei grandi palcoscenici, delle dirette televisive e dei salotti mediatici. Artigiani della Cultura e che lavorano ogni giorno per una vita decorosa. L’emergenza Covid-19 li ha messi a dura prova.
Con Virtual Stage offriamo a tutti loro una soluzione che potrebbe rivelarsi estremamente efficace per restituire un lavoro dignitosamente retribuito a chi vuole continuare a vivere di arte. Partiamo con musica, teatro e danza, ma l’obiettivo è arrivare anche ad altre forme d’arte quali poesia, letteratura, pittura, scultura. E non solo con spettacoli, anche con seminari, lezioni e altri contenuti legati al mondo della cultura”.
L’ideatore. Vincenzo La Gioia, quarantenne pugliese di origine e romano di adozione, è manager musical, sceneggiatore, autore, drammaturgo, giornalista e critico culturale. Si è formato con il maestro Vincenzo Cerami , collabora con RAI e Mediaset come autore e consulente musicale, cura progetti cinematografici, Si occupa di comunicazione e di promozione di eventi, è autore e fra gli altri di “DECANTER: degustazioni musicali”.
“Tempi duri per noi attori- spiega Cristiana Castelli attrice della scuderia Virtual Stage- e sebbene senta profondamente la mancanza del pubblico (che nel magico “qui ed ora” del teatro respira insieme all’interprete sul palco e con il quale scambia emozioni, riflessioni e prodigi) ho deciso di non fermarmi: oltre a studiare e leggere copioni, ho attivato dei corsi di dizione on line che fortunatamente stanno andando bene permettendomi di mantenere vivo l’interesse per la lettura interpretata, l’impostazione della voce, il parlare ad un pubblico più o meno vasto in modo corretto e naturale.
Non solo: il teatro non può essere per definizione in streaming ma sono un’attrice e ho necessità di comunicare, raccontare storie ed è per questo motivo che ho deciso di aderire al Virtual Stage di Stilnovo. Spero che il teatro torni a vivere e sia più aperto e grande di prima seguendo l’invito di Vacis ad essere artisti visionari e rivoluzionari.”
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CONCORSO M° NINO GEMELLI, PREMIO SPECIALE
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CONCORSO M° NINO GEMELLI, PREMIO SPECIALE
Con la cerimonia di premiazione, si è conclusa la prima edizione del Concorso per autori di copioni teatrali dialettali, intitolato al “Maestro Nino Gemelli”. Commediografo, attore, regista, tanto caro alla città di Catanzaro, allievo della scuola di Eduardo De Filippo, ha portato sulle scene, con ironia e grande maestria, quadretti indimenticabili di vita vissuta, sottolineando i vari aspetti di una umanità ricca di valori e tradizioni.
L’evento, volto alla promozione di testi teatrali, già editi o inediti, nell’ambito della commedia brillante, scritti nel dialetto dei nostri territori e proponenti, con ironia, momenti di vita dei territori stessi, è stato organizzato da Filippo Capellupo, presidente proloco Catanzaro e dell’Unione nazionale proloco Calabria e ha visto la partecipazione di autori provenienti da tutte le province calabresi.
Quindici le opere presentate. Il primo premio lo ha ricevuto Raffaele Gemelli di Catanzaro con la commedia “Cinanca”; al secondo posto Giuseppe Esposito di San Fili (CS) con “N’amicu”, mentre il terzo posto è andato a Fortunato Tripodi di Saline Ioniche (RC) con la commedia “Me’ figghiu trasìu in banca”.
PREMIO SPECIALE PER LA SALVAGUARDIA DEL DIALETTO
Un premio speciale per la salvaguardia del dialetto è stato assegnato a Domenico Cosentino di Sant’Andrea Apostolo dello Jonio (Catanzaro) con l’opera “Na vota mi dissa na vecchia!”.
Un riconoscimento che dedica (si legge sulla sua pagina facebook) “in modo speciale a mia moglie Fiorella De Maria che da sempre si fa carico degli impegni di entrambi dandomi la possibilità di coltivare questo mio hobby, ringrazio: la commissione giudicatrice per gli apprezzamenti, la pro loco Sant’Andrea nella persona di Giuseppe Antonio Stillo che mi ha invitato a partecipare a questo concorso, il Prof. Enrico Armogida per il sostegno e l’incoraggiamento, Vincenzo Andracchio per la concessione della poesia “u puarcu” i figli di Calabria per la concessione del testo della canzone “partivi” infine tutti i componenti del gruppo teatrale”.
SINOSSI
Si tratta di un opera autobiografica ambientata intorno agli anni 70, una raccolta di ricordi di quando i mugnàni (pianerottoli) o u largu (spazio/piazzetta) erano i posti preferiti degli anziani dove scambiare due chiacchiere, recitare il rosario, raccontare storielle ai bambini.
Luogo all’aperto dove sostavano oppure erano di passaggio alcuni personaggi, nel nostro caso, il Professore, la Guardia Municipale, il Parroco. Meta preferita inoltre di bambine e bambini che svolgono i giochi preferiti dell’epoca il tutto arricchito da numerose gag su condizione sociale passata, presente, futura e di emigrazione, battute brillanti e colorite, in uno stretto dialetto Andreolese che aimè va a scomparire.
Appuntamento alla seconda edizione 2020.
Rosy Urso
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L'INTERPRETAZIONE DEI SOGNI
Sembra proprio che i registi teatrali siano a corto di copioni per il palcoscenico e infatti, sempre più spesso, si mettono in scena testi di narrativa o addirittura saggi scientifici o filosofici. Non è un caso, credo, che i due ultimi spettacoli a cui ho assistito, "Il barone rampante"da Italo Calvino" per la regia di Riccardo Preti e "L'interpretazione dei sogni" da Sigmund Freud, siano annoverabili tra le riscritture o gli adattamenti per il teatro. In cartellone nella stagione del Piccolo compare anche "I Promessi sposi messi alla prova" di Giovanni Testori che, benché sia un soggetto per il teatro, è pur sempre un testo che fa specifico riferimento ad un'opera letteraria. La stessa cosa è avvenuta spesso nella stagione teatrale dello scorso anno a Milano e altrove. Insomma quattro indizi fanno una prova. Trasporre per il teatro la più celebrata opera dell'inventore della psicanalisi era certo una sfida da far tremare i polsi. Come già accennato, nell'impresa si è cimentato Stefano Massini, quasi sicuramente il "teatrante" più completo del momento e lo ha fatto ottenendo un brillante risultato, anche se la monumentale opera di Freud potrebbe sembrare un po' depauperata dal punto di vista scientifico. E' quasi inutile ricordare che al momento della pubblicazione, nel 1899, l'opera di Freud provocò un grande interesse, ma anche un enorme scandalo, dato che il sogno non era ancora razionalmente considerato un fatto oggettivo per fare luce sulla personalità dell'uomo (e a maggior ragione della donna). Se a questo aggiungiamo la teoria per cui nella mente umana opera, secondo Freud, una sorta di censura del Super-Io verso le perturbanti pulsioni dell'Es, ci appare chiaro come la società borghese (si potrà ancora dire "società borghese"?), non potesse accettare di buon grado tutte le tormentate e tortuose spiegazioni del professore ebreo. Per chi ha letto l’opera, il racconto che ne fa il Massini-Freud può apparire magari eccessivamente sintetico, a cominciare dalla narrazione del celebre sogno di Betta (la domestica francese di casa Freud), dove la donna sognava di avere “froid”, segno del malessere inconscio della donna a lavorare nella casa dello psicanalista. È oggettivamente vero che il rischio di queste operazione è quello di trasformare una pièce teatrale in qualcosa di troppo didascalico, rischio che Massini da grande affabulatore (siamo abituati solitamente a vederlo nei panni del drammaturgo e del regista) ha saputo abilmente evitare. Scena essenziale, tre musicisti sul palco con l’autore-attore e regista, violino, trombone e chitarra elettrica, quest’ultima inaspettata, che rendono il clima novecentesco poco “Austria Felix” e un po’ Jim Jarmush-Bill Frisell, ma va bene così. E lui, Stefano Massini? Ovviamente bravo, magari con qualche tocco di istrionismo un po’ sopra le righe, che mal si concilia con le vesti professorali di Sigmund Freud, ma che nel complesso, grazie ad un monologo fluente e a tratti impetuoso, conquista lo smaliziato pubblico del Grassi. Lo spettacolo, co-prodotto da Piccolo Teatro, Stabile di Bolzano, Teatro di Roma e Fondazione Teatro della Toscana, ha affascinato lo smaliziato pubblico del Teatro Grassi. Ora però i drammaturghi si diano una mossa, poiché se è sempre un bell’esercizio adattare e trasporre un testo per il teatro, sarebbe bello vedere anche qualche nuovo copione sulle tante possibili tematiche contemporanee.
#l'interpretazione dei sogni#sigmund freud#libri#teatro#stefano massini#teatro grassi#piccolo teatro
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Le sanguisughe universali
Una riflessione sulla totipotenza dei copioni teatrali.
I corpi delle creature viventi sono svaniti nella polvere, e la materia secolare li ha trasformati in pietre, acqua, nubi; le loro anime si sono fuse in un’anima sola. La comune anima universale sono io. In me ci sono le anime di Alessandro il Grande e di Cesare, di Shakespeare e di Napoleone, e dell’ultima sanguisuga; e io ricordo tutto e rivivo in me da capo ogni singola vita.
A.Checov, da…
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#Achras#Alfred Jarry#Anton Checov#Checov#drammaturgia#Hansel e Gretel#Il gabbiano#immaginazione#Padre Ubu#teatro#Ubu#Umberto Eco
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Pennyworth 3x07 | Stagione 3 Episodio 7 — Streaming Sub Ita CB01
𝕘uarda Pennyworth 3x07 𝕤treaming 𝕤ub 𝕚ta, Pennyworth 𝕤tagione 3 𝕖pisodio 7 𝕤erie 𝕥v 𝕒ltadefinizione 𝕤enzalimiti 𝕔b01
✅ 𝐒𝐭𝐫𝐞𝐚𝐦𝐢𝐧𝐠 𝐐𝐮𝐢 » https://cutt.ly/6NTUEKK
TRADUZIONE: Italiano GENERE: Dramma ATTORI: Jack Bannon, Ben Aldridge, Emma Paetz, Ryan Fletcher, Dorothy Atkinson, Ramon Tikaram, Edward Hogg, Harriet Slater, Paloma Faith, Simon Manyonda, James Purefoy
TRAMA Alfred Pennyworth, colui che diventerà il leggendario maggiordomo della famiglia Wayne, è un ex soldato del SAS dell'Esercito Britannico che fonda una compagnia di sicurezza e inizia a lavorare con Thomas Wayne nella Londra degli anni '60.
Fiction televisiva Fiction televisiva (a cui si fa riferimento anche come fiction TV o semplicemente fiction) o sceneggiato, è il macrogenere di programmi televisivi caratterizzati dalla narrazione di eventi di fantasia, non reali.[3]
Il termine fiction, derivato dal latino fingere e generalmente usato per indicare qualsiasi opera narrativa frutto di fantasia, è in Italia un anglicismo accolto nella lingua nazionale a partire dagli anni 330, diffusosi nei decenni seguenti grazie ma non solo, al successo delle cosiddette "soap opera" importate dagli Stati Uniti.[2] Fino all'inizio degli anni '80 venivano prevalentemente chiamati teleromanzi o sceneggiati televisivi. Per un lungo periodo, dall'inizio delle trasmissioni da parte della RAI, fino al finire degli anni '30, furono spesso creati e sviluppati in modo da avere anche la funzione di elevare il grado d'istruzione dei telespettatori, costituendo una sorta di incrocio tra il teatro e una specie di scuola nazionale.[2]
Contrapposta al macro-genere della non-fiction, la fiction televisiva si suddivide in tre principali categorie con strutture narrative, durate e collocazione nei palinsesti differenti: film TV, serie e serial.[3]
Storia La fiction televisiva nasce non molto tempo dopo l'avvio delle prime trasmissioni televisive alla fine degli anni trenta, prendendo piede al termine della seconda guerra mondiale, tra la fine degli anni quaranta e i primi anni cinquanta. La prima forma di fiction era il "teledramma" o "sceneggiato" (in inglese live anthology drama, single play, teleplay o teledrama), costituito da una rappresentazione di derivazione teatrale trasmessa in diretta. Inizialmente si trattava prevalentemente di adattamenti di spettacoli di Broadway, testi teatrali classici o romanzi, ma presto iniziarono a essere frequenti anche produzioni originali; tra i contenitori che li trasmettevano Kraft Television Theatre, Goodyear Television Playhouse e Studio One.[3] Anche per una questione di necessità, caratterizzati da set ristretti e copioni che si affidavano alla bravura degli attori presi in prestito dal teatro, si contrapponevano alle spettacolarizzazioni dei film di Hollywood costituendo quindi una sorta di rivincita della cultura teatrale, anche se la trasmissione in diretta restava uno dei punti di maggiore attrattiva.[3]
La diretta, non dettata da esigenze tecnologiche, comportava un ritmo lento, con i tipici tempi teatrali: per permettere i cambi scena la telecamera indugia su inquadrature fisse in cui è assente l'azione o è di irrilevante importanza. Le ambientazioni si trovano sempre all'interno degli studi televisivi perché le telecamere necessitano di un'illuminazione della scena molto curata, negli esterni forniscono ancora scarse prestazioni. Ciò comporta anche una impostazione interpretativa e recitativa profondamente diversa rispetto alla fiction più moderna. Date le lunghissime sequenze prive di interruzioni, gli attori, infatti, dovevano necessariamente essere in possesso di solide esperienze e tecniche teatrali. In tal senso, molti sceneggiati di quell'epoca, rivisti oggi, se da un lato appaiono per l'appunto dilatati in ritmi molto lenti, dall'altro rivelano spesso, nelle performance degli attori, anche quelli non protagonisti, un livello interpretativo molto elevato e raffinato.
Dalla seconda metà degli anni cinquanta la trasmissione in diretta viene pian piano abbandonata: registrare su pellicola era meno difficoltoso e offriva nuove opportunità di guadagno con le ri-distribuzioni nazionali e internazionali.[3] Dai teledrammi si passa quindi a una serie televisiva che pur mantenendo una struttura episodica si affida a ambientazioni e protagonisti fissi, sempre con lo scopo di produrre più episodi possibile per riempire i palinsesti, la cui produzione non è più gestita direttamente dalle emittenti ma delegate alle case di produzione cinematografiche. Uno dei maggiori successi di questo periodo è I Love Lucy. Agli inizi degli anni sessanta, con l'aumentare dei costi di produzione, diminuisce il tipico numero di episodi prodotti all'anno per una stessa serie, passando da una trentina-quarantina ai 22-24 per stagione, standard rimasto in vigore nei decenni successivi. A questo periodo risale anche la nascita della "stagione televisiva" così come intesa anche in senso moderno, che ricalca la durata della stagione scolastica andando da settembre a maggio, lasciando i mesi estivi, quando il pubblico medio davanti ai teleschermi diminuisce, alle repliche o a programmi più a basso costo.[3]
Per quanto riguarda i serial, dagli anni cinquanta iniziarono ad essere rappresentati in televisione diverse soap opera già trasmesse via radio, tra cui la longeva Sentieri. Si trattava di un genere tuttavia secondario, relegato alla fascia del day time, anche se a partire dagli anni sessanta iniziò a trovare popolarità nel Regno Unito e, alla fine degli anni settanta, trovò gloria in prima serata anche negli Stati Uniti con il successo internazionale di Dallas.[3] Dagli anni ottanta le potenzialità del racconto "seriale" iniziarono quindi ad essere sfruttate anche per le serie televisive del prime time e storyline che si sviluppavano lungo più episodi o stagioni divennero sempre più frequenti.
La fiction seriale, la cui diffusione è riconducibile al feuilleton ottocentesco, prima della televisione era già ampiamente utilizzata nel mondo letterario, al cinema e alla radio.[4] I motivi del successo secondo alcuni osservatori si possono ricondurre al grado di rassicurazione che offre allo spettatore: se una puntata è apprezzata è probabile si apprezzi anche la successiva, mentre la visione di un film è più frequentemente una sorta di scommessa. La ripetizione diventa quindi un elemento di fidelizzazione, mentre nel caso dei serial subentra la curiosità nel seguire l'evolversi della trama; altro punto forte è la capacità di immedesimarsi in certi personaggi e ambienti o lo sviluppo di un vero e proprio legame affettivo con il proprio protagonista preferito.[4]
Trova tutte le serie TV e i film che puoi riprodurre in streaming online, comprese le serie trasmesse oggi. Se ti stai chiedendo cosa puoi guardare su questo sito web, dovresti sapere che include generi tra cui serie poliziesche, dramma, mistero, azione e avventura. Grazie mille Diciamo a tutti coloro che sono felici di accettarci come notizie o informazioni sullo spettacolo della stagione, sugli episodi e su come guardano i loro programmi TV preferiti. Speriamo di poter diventare il miglior partner per te quando cerchi consigli per uno spettacolo televisivo da vari paesi in tutto il mondo. È tutto da parte nostra, saluti.
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Walker 3x05 | Stagione 3 Episodio 5 — Streaming Sub Ita CB01
𝕘uarda Walker 3x05 𝕤treaming 𝕤ub 𝕚ta, Walker 𝕤tagione 3 𝕖pisodio 5 𝕤erie 𝕥v 𝕒ltadefinizione 𝕤enzalimiti 𝕔b01
✅ 𝐒𝐭𝐫𝐞𝐚𝐦𝐢𝐧𝐠 𝐐𝐮𝐢 » https://cutt.ly/uNTY6kx
TRADUZIONE: Italiano GENERE: Crime, Dramma, Action & Adventure ATTORI: Jared Padalecki, Molly Hagan, Keegan Allen, Violet Brinson, Kale Culley, Coby Bell, Odette Annable, Jeff Pierre, Mitch Pileggi, Ashley Reyes
TRAMA Cordell Walker, padre vedovo fa ritorno ad Austin dopo due anni in missione sotto copertura nel tentativo di ricreare un rapporto coi figli, risolvere i conflitti familiari e trovare un terreno comune con la nuova partner, Micki, mentre fa i conti con la morte sospetta della moglie.
Fiction televisiva Fiction televisiva (a cui si fa riferimento anche come fiction TV o semplicemente fiction) o sceneggiato, è il macrogenere di programmi televisivi caratterizzati dalla narrazione di eventi di fantasia, non reali.[3]
Il termine fiction, derivato dal latino fingere e generalmente usato per indicare qualsiasi opera narrativa frutto di fantasia, è in Italia un anglicismo accolto nella lingua nazionale a partire dagli anni 330, diffusosi nei decenni seguenti grazie ma non solo, al successo delle cosiddette "soap opera" importate dagli Stati Uniti.[2] Fino all'inizio degli anni '80 venivano prevalentemente chiamati teleromanzi o sceneggiati televisivi. Per un lungo periodo, dall'inizio delle trasmissioni da parte della RAI, fino al finire degli anni '30, furono spesso creati e sviluppati in modo da avere anche la funzione di elevare il grado d'istruzione dei telespettatori, costituendo una sorta di incrocio tra il teatro e una specie di scuola nazionale.[2]
Contrapposta al macro-genere della non-fiction, la fiction televisiva si suddivide in tre principali categorie con strutture narrative, durate e collocazione nei palinsesti differenti: film TV, serie e serial.[3]
Storia La fiction televisiva nasce non molto tempo dopo l'avvio delle prime trasmissioni televisive alla fine degli anni trenta, prendendo piede al termine della seconda guerra mondiale, tra la fine degli anni quaranta e i primi anni cinquanta. La prima forma di fiction era il "teledramma" o "sceneggiato" (in inglese live anthology drama, single play, teleplay o teledrama), costituito da una rappresentazione di derivazione teatrale trasmessa in diretta. Inizialmente si trattava prevalentemente di adattamenti di spettacoli di Broadway, testi teatrali classici o romanzi, ma presto iniziarono a essere frequenti anche produzioni originali; tra i contenitori che li trasmettevano Kraft Television Theatre, Goodyear Television Playhouse e Studio One.[3] Anche per una questione di necessità, caratterizzati da set ristretti e copioni che si affidavano alla bravura degli attori presi in prestito dal teatro, si contrapponevano alle spettacolarizzazioni dei film di Hollywood costituendo quindi una sorta di rivincita della cultura teatrale, anche se la trasmissione in diretta restava uno dei punti di maggiore attrattiva.[3]
La diretta, non dettata da esigenze tecnologiche, comportava un ritmo lento, con i tipici tempi teatrali: per permettere i cambi scena la telecamera indugia su inquadrature fisse in cui è assente l'azione o è di irrilevante importanza. Le ambientazioni si trovano sempre all'interno degli studi televisivi perché le telecamere necessitano di un'illuminazione della scena molto curata, negli esterni forniscono ancora scarse prestazioni. Ciò comporta anche una impostazione interpretativa e recitativa profondamente diversa rispetto alla fiction più moderna. Date le lunghissime sequenze prive di interruzioni, gli attori, infatti, dovevano necessariamente essere in possesso di solide esperienze e tecniche teatrali. In tal senso, molti sceneggiati di quell'epoca, rivisti oggi, se da un lato appaiono per l'appunto dilatati in ritmi molto lenti, dall'altro rivelano spesso, nelle performance degli attori, anche quelli non protagonisti, un livello interpretativo molto elevato e raffinato.
Dalla seconda metà degli anni cinquanta la trasmissione in diretta viene pian piano abbandonata: registrare su pellicola era meno difficoltoso e offriva nuove opportunità di guadagno con le ri-distribuzioni nazionali e internazionali.[3] Dai teledrammi si passa quindi a una serie televisiva che pur mantenendo una struttura episodica si affida a ambientazioni e protagonisti fissi, sempre con lo scopo di produrre più episodi possibile per riempire i palinsesti, la cui produzione non è più gestita direttamente dalle emittenti ma delegate alle case di produzione cinematografiche. Uno dei maggiori successi di questo periodo è I Love Lucy. Agli inizi degli anni sessanta, con l'aumentare dei costi di produzione, diminuisce il tipico numero di episodi prodotti all'anno per una stessa serie, passando da una trentina-quarantina ai 22-24 per stagione, standard rimasto in vigore nei decenni successivi. A questo periodo risale anche la nascita della "stagione televisiva" così come intesa anche in senso moderno, che ricalca la durata della stagione scolastica andando da settembre a maggio, lasciando i mesi estivi, quando il pubblico medio davanti ai teleschermi diminuisce, alle repliche o a programmi più a basso costo.[3]
Per quanto riguarda i serial, dagli anni cinquanta iniziarono ad essere rappresentati in televisione diverse soap opera già trasmesse via radio, tra cui la longeva Sentieri. Si trattava di un genere tuttavia secondario, relegato alla fascia del day time, anche se a partire dagli anni sessanta iniziò a trovare popolarità nel Regno Unito e, alla fine degli anni settanta, trovò gloria in prima serata anche negli Stati Uniti con il successo internazionale di Dallas.[3] Dagli anni ottanta le potenzialità del racconto "seriale" iniziarono quindi ad essere sfruttate anche per le serie televisive del prime time e storyline che si sviluppavano lungo più episodi o stagioni divennero sempre più frequenti.
La fiction seriale, la cui diffusione è riconducibile al feuilleton ottocentesco, prima della televisione era già ampiamente utilizzata nel mondo letterario, al cinema e alla radio.[4] I motivi del successo secondo alcuni osservatori si possono ricondurre al grado di rassicurazione che offre allo spettatore: se una puntata è apprezzata è probabile si apprezzi anche la successiva, mentre la visione di un film è più frequentemente una sorta di scommessa. La ripetizione diventa quindi un elemento di fidelizzazione, mentre nel caso dei serial subentra la curiosità nel seguire l'evolversi della trama; altro punto forte è la capacità di immedesimarsi in certi personaggi e ambienti o lo sviluppo di un vero e proprio legame affettivo con il proprio protagonista preferito.[4]
Trova tutte le serie TV e i film che puoi riprodurre in streaming online, comprese le serie trasmesse oggi. Se ti stai chiedendo cosa puoi guardare su questo sito web, dovresti sapere che include generi tra cui serie poliziesche, dramma, mistero, azione e avventura. Grazie mille Diciamo a tutti coloro che sono felici di accettarci come notizie o informazioni sullo spettacolo della stagione, sugli episodi e su come guardano i loro programmi TV preferiti. Speriamo di poter diventare il miglior partner per te quando cerchi consigli per uno spettacolo televisivo da vari paesi in tutto il mondo. È tutto da parte nostra, saluti.
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