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I Modà: La band italiana più in voga del momento. Un viaggio tra successi, biografia e il brano più amato
I Modà sono attualmente una delle band italiane più in voga, con una carriera costellata di successi e un seguito di fan in continua crescita.
I Modà sono attualmente una delle band italiane più in voga, con una carriera costellata di successi e un seguito di fan in continua crescita. Biografia dei Modà Fondati a Milano nel 2002, i Modà sono composti da Francesco “Kekko” Silvestre (voce), Diego Arrigoni (chitarra), Stefano Forcella (basso), Claudio Dirani (batteria) e Enrico Zapparoli (chitarra). Il loro stile musicale è una fusione…
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Storia Di Musica #327 - U2, The Unforgettable Fire, 1984
L'ultimo edificio di questa piccola carrellata di dischi che ne hanno uno in copertina ci porta nella Contea di Westmeath, nel cuore d'Irlanda, con le rovine di un castello, quello di Moydrum, situato nei pressi della cittadina di Athlone. Lì quattro ragazzi irlandesi, insieme a quello che diventerà il loro amico e fotografo per i successivi quattro decenni, Anton Corbijn, posano per la copertina di un disco che nelle loro intenzioni doveva rappresentare una svolta concettuale e musicale. È facile d'altronde mettere a confronto le prime copertine degli U2 con questa, e rilevarne la differenza concettuale: lo sguardo dolce di Peter Rowen, il fratellino di Guggi, amico di Bono, che capeggia in Boy (1980), la band ripresa in October (1981) sullo sfondo il porto di Dublino, e lo sguardo, rabbioso e drammatico, dello stesso Peter Rowen in War (1983, una delle copertine più iconiche del decennio). Dopo il tour di War, Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen Jr. cercano una svolta. Bono, con una mossa che riprenderà anche in futuro, annunciò all'ultimo concerto di quel tour che la band necessitava di "essere sciolta".
Un rinnovamento che passa da un nuovo approccio alla composizione e da una guida in produzione musicale che sia diversa da Steve Lillywhite, che li aveva seguiti nei primi tre capitoli della loro storia. The Edge, affascinato dai suoi lavori discografici e dal suo ruolo di produttore per i Talking Heads, chiede di contattare Brian Eno. La scelta non sembrava affatto sensata: una band sanguigna, epica, con il guru della musica ambient, della sottrazione emotiva. Lo stesso Chris Blackwell, il proprietario della Island, la casa discografica che li aveva scoperti, era scettico. E lo stesso Eno all'inizio lo era. Ma l'ascolto del loro live Under The Red Blood Sky lo convinse a provare. Porta con sé un tecnico del suono geniale, anch'egli musicista, il canadese Daniel Lanois, incaricato degli aspetti materiali e tecnici delle registrazioni, e indica alla band un orizzonte che se ancorato alla passione, all'epica, alla forza della loro musica originaria, la amplia in scenari vasti, che diluiscono i colori e regalano emozioni nuove all'ascolto.
Registrato nella sala di ballo, trasformata in studio di registrazione, di un altro castello, lo Slane Castle, e presso gli studi di Windmill Lane a Dublino, The Unforgettable Fire prende il nome dal titolo di una mostra fotografica itinerante giapponese sui disastri di Hiroshima e Nagasaki, che i quattro videro al The Peace Museum di Chicago. È una sensazione diversa ascoltare il suono, ricco, cinematografico, di A Sort Of Homecoming che apre la scaletta. Un suono arioso, sostenuto, con l'abbandono della batteria "militaresca" dei lavori precedenti, la chitarra di The Edge che inizia a disegnare paesaggi luminosi, il supporto robusto del basso di Clayton e Bono che si lancia nella descrizione di paesaggi spirituali niente male: hai fame di tempo\tempo per guarire e desiderare, del tempo\e senti la terra muoversi sotto di te\il paesaggio di sogno che hai creato (...) le mura della città sono cadute\la polvere, un velo di fumo tutt'intorno\volti arati come i campi che un tempo\ non opponevano resistenza. Dello stesso tenore, con quest'aggiunta espressionista, sono Wire (addirittura pensata solo come abbozzo nel testo, e registrata con Bono che in parte improvvisa durante il canto) la spettacolare The Unforgettable Fire, e Indian Summer Sky, che è l'espressione anglofona per l'Estate di San Martino. Canzoni che tra l'altro sfuggono alla struttura classica con la ripetizione del ritornello, spesso non citano il titolo nel testo e entusiasmano, spesso ancora oggi, per il lavoro di addizione sonora e di sensazioni che lasciano. Ma è un album che contiene tanto altro: due strumentali, 4th Of July (che è il giorno della nascita della prima figlia di The Edge, e registrata quasi di nascosto da Eno mentre Clayton e il chitarrista improvvisavano) e MLK, dedicato a Martin Luther King, al quale è dedicato anche il brano simbolo del disco, e primo singolo dell'opera, Pride (In The Name Of Love), il cui video musicale fu girato nella sala da ballo allestita a studio di registrazione dello Slane Castle. C'è la poesia dolce e fluttuante di Promenade, un gioiellino che racconta il flusso di pensieri durante una passeggiata, c'è l'esperimento di Elvis Presley And America: basata sulla traccia base rallentata di A Sort of Homecoming, è una improvvisazione canora di Bono, che immagina il Re, ormai sul viale del tramonto, che ricorda il suo passato, specialmente il suo rapporto con Priscilla, e fu una single take lasciata così, grezza e con la voce che dà la sensazione di un'eco più lontana e oscura. Rimane un ultimo grande pezzo: Bad fu scritta da Bono in ricordo di un suo compagno di scuola morto di overdose da eroina il giorno del suo 21° compleanno, è drammatica nel suo crescendo emotivo e diviene una sorta di prototipo di stile U2\Eno\Lanois. Diventerà uno dei momenti clou dei concerti negli anni a seguire.
Un disco dalle tinte sfocate, dai paesaggi sonori sfumati, dalla musicalità complessa poteva sembrare un azzardo per una band considerata così sanguigna. Invece fu un successo: primo disco degli U2 al primo posto della classifica britannica, in top ten in quella americana, e soprattutto la sensazione che la piantina musicale che qui nasce crescerà subito e velocemente, per certi versi in maniera fragorosa, per cambiare il volto alla musica dei decenni a venire. Ma probabilmente questo non lo sapevano ancora.
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Perché la canzone si chiama "Bohemian Rhapsody"?
Perché dura esattamente 5 minuti e 55 secondi?
Di cosa parla realmente questa canzone?
Perché il film dei Queen è stato rilasciato il 31 ottobre?
Il film è stato rilasciato il 31 ottobre perché il singolo è stato ascoltato per la prima volta il 31 ottobre 1975. La canzone è intitolata così perché una "Rapsodia" è una composizione musicale libera, composta da diverse parti e temi apparentemente non correlati tra loro. La parola "rapsodia" deriva dal greco e significa "parti assemblate di una canzone". La parola "bohemienne" fa riferimento a una regione della Repubblica Ceca chiamata Boemia, luogo di nascita di Faust, il protagonista dell'opera di Goethe. Nell'opera di Goethe, Faust è un anziano molto intelligente che sa tutto tranne il mistero della vita. Non comprendendolo, decide di avvelenarsi.
Proprio in quel momento, suonano le campane della chiesa e lui esce. Al ritorno, incontra un cane che si trasforma in una sorta di uomo: è il diavolo Mefistofele, che gli promette una vita piena in cambio della sua anima. Faust accetta, ringiovanisce e diventa arrogante. Incontra Gretchen e hanno un figlio, ma la moglie e il figlio muoiono. Faust viaggia attraverso il tempo e lo spazio, sentendosi potente, ma invecchiando di nuovo, si sente nuovamente infelice. Non avendo rotto il patto con il diavolo, gli angeli si contendono la sua anima. Questa opera è fondamentale per comprendere "Bohemian Rhapsody".
La canzone parla dello stesso Freddie Mercury. Essendo una rapsodia, ci sono 7 parti diverse:
Primo e secondo atto A Capella
Terzo atto Ballata
Quarto atto Solo di chitarra
Quinto atto Opera
Sesto atto Rock
Settimo atto "Coda" o atto finale
La canzone parla di un ragazzo povero che si chiede se questa vita sia reale o una sua immaginazione distorta. Dice che, anche se smettesse di vivere, il vento continuerebbe a soffiare senza la sua esistenza. Così fa un patto con il diavolo e vende la sua anima. Dopo aver preso questa decisione, corre a raccontarlo a sua madre e le dice: "Mamma, ho appena ucciso un uomo, gli ho messo una pistola alla testa e ora è morto. Ho buttato via la mia vita. Se non torno domani, continua come se nulla importasse..." Quell'uomo che uccide è se stesso, Freddie Mercury.
Se non rispetta il patto con il diavolo, morirà immediatamente. Si congeda dai suoi cari e sua madre scoppia in lacrime, lacrime che si riflettono nelle note di chitarra di Brian May. Freddie, spaventato, grida "Mamma, non voglio morire" e inizia la parte operistica. Freddie si trova su un piano astrale dove vede se stesso: "Vedo una piccola silhouette di un uomo" e chiede "Scaramouche, vuoi fare una lite?" Scaramouche è una piccola disputa tra eserciti a cavallo (i 4 cavalieri dell'Apocalisse del male combattono contro le forze del bene per l'anima di Freddie) e continua dicendo "Fulmini e saette mi spaventano molto". Questa frase appare nella Bibbia, precisamente in Giobbe 37: "il tuono e il lampo mi spaventano: il mio cuore batte nel mio petto". Sua madre, vedendolo così spaventato per la sua decisione, supplica che venga salvato dal patto con Mefistofele. "È solo un povero ragazzo... Perdona la sua vita da questa mostruosità. Ciò che viene facile, facile se ne va, lo lascerai andare?" Le sue suppliche vengono ascoltate e gli angeli scendono per combattere contro le forze del male. "Bismillah" (parola araba che significa "Nel nome di Dio") è la prima parola che appare nel Corano, il libro sacro dei musulmani. Così Dio stesso appare e grida "Non ti abbandoneremo, lascialo andare".
Di fronte a tale confronto tra le forze del bene e del male, Freddie teme per la vita di sua madre e le dice "Mamma mia, mamma mia, lasciami andare". Dal cielo gridano di nuovo che non lo abbandoneranno e Freddie grida "no, no, no, no, no" e dice "Belzebù (il Signore delle Tenebre) potrebbe aver messo un diavolo con te madre". Freddie rende omaggio a Wolfgang Amadeus Mozart e Johann Sebastian Bach quando canta "Figaro, Magnifico" riferendosi a "Le Nozze di Figaro" di Mozart e al "Magnificat" di Bach. Finisce la parte operistica e inizia la parte rock. Il diavolo, collerico e tradito da Freddie per non aver rispettato il patto, dice "Pensi di poter insultarmi in questo modo? Pensi di poter venire da me per poi abbandonarmi? Pensi di potermi amare e lasciarmi morire?" È sconvolgente come il signore del male si senta impotente di fronte a un essere umano, di fronte al pentimento e all'amore. Persa la battaglia, il diavolo se ne va e si arriva all'ultimo atto o "coda" dove Freddie è libero e quella sensazione lo conforta. Suona il gong che chiude la canzone. Il gong è uno strumento utilizzato in Cina e nell'estremo oriente asiatico per curare persone sotto l'influenza di spiriti maligni.
La canzone dura 5 minuti e 55 secondi. A Freddie piaceva l'astrologia e il 555 in numerologia è associato alla morte, non fisica, ma spirituale, la fine di qualcosa dove gli angeli ti proteggeranno. Il 555 è legato a Dio e al divino, una fine che darà inizio a una nuova fase. La canzone è stata ascoltata per la prima volta la vigilia di Ognissanti. Una festività chiamata "Samhain" dai celti per celebrare la transizione e l'apertura all'altro mondo. I celti credevano che il mondo dei vivi e dei morti fossero quasi uniti e il giorno dei morti entrambi i mondi si unissero permettendo agli spiriti di transitare dall'altra parte. Nulla in "Bohemian Rhapsody" è casuale. Tutto è molto misurato, lavorato e ha un significato che va oltre l'essere una semplice canzone. È stata votata a livello mondiale come la miglior canzone di tutti i tempi. Questo tema ha rappresentato un cambiamento radicale per i Queen, come se davvero avessero fatto un patto con il diavolo, ha cambiato le loro vite per sempre e li ha resi immortali.
rubato dalla pagina Facebook
*Il Rock è la miglior musica del mondo*
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Fintanto che le persone sono giovani e la composizione musicale della loro vita è ancora alle prime battute, essi possono scriverla in comune e scambiarsi i temi (così come Tomáš e Sabina si sono scambiati il tema della bombetta), ma quando si incontrano in età più matura, la loro composizione musicale è più o meno completa, e ogni parola, ogni oggetto, significano qualcosa di diverso nella composizione di ciascuno.
Milan Kundera, L'insostenibile leggerezza dell'essere
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Le vite umane sono costruite come una composizione musicale.
L’uomo, spinto dal senso della bellezza, trasforma un avvenimento casuale in un motivo che va poi a iscriversi nella composizione della sua vita.
Ad esso ritorna, lo ripete, lo varia, lo sviluppa, lo traspone, come fa il compositore con i temi della sua sonata.
L’uomo senza saperlo compone la propria vita secondo le leggi della bellezza persino nei momenti di più profondo smarrimento.
Non si può quindi rimproverare ad un romanzo di essere affascinato dai misteriosi incontri di coincidenze, ma si può a ragione rimproverare all’uomo di essere cieco davanti a simili coincidenze della vita di ogni giorno, e di privare così la propria vita della sua dimensione di bellezza.
Milan Kundera - "L’insostenibile leggerezza dell’essere"
Immagine: Opera di Kaoru Yamada
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Oggi è un luglio del 2021 e credo che sia la prima volta che riascolto Vespertine dopo almeno quindici anni. Questo è l’album che quando ero al liceo mi ha aperto all’elettronica, alla musica intima, a tutto quello che non era metal. È grazie a Vespertine che poi ho inziato a comprare la rivista Ritual e a scoprire il gothic rock; questo album è stata la chiave di volta che ha poi sorretto tutto il muro della mia crescita sopra le colonne del metal estremo. Senza Björk non ci sarebbero stati i Massive Attack, i Radiohead, gli Oasis, i Verve, i Sigur Rós e tutto il resto… Vespertine, per uno che ha amato tantissimo Björk, forse è l’ultimo album accessibile, orecchiabile, facile nell'assimilazione. Ricordo con dispiacere l’uscita di Medulla: ricordo tantissimo il potenziale di quell’album e il concept ma che, sfortunatamente, non era riuscito a fare colpo. La Björk di quegli anni non era più “solo” e “semplicemente” una musicista ma un’artista a 360 gradi. La tragica esperienza di Dancer in the Dark è stata solo un caso isolato; in questi anni Björk si muoveva nel mondo dell’arte contemporanea, delle performance, della body e video-art (anche coadiuvata dal compagno dell’epoca Matthew Barney). Posso certamente dire che da questo momento in poi l’aspetto visuale di Björk è aumentato in maniera esponenziale ma anche inversamente proporzionale all’impatto musicale.
Vespertine è l’ultimo album “pop”; l’ultimo disco dove puoi fischiettare le canzoni una per una. "Hidden Place" è un intro struggente e drammatico, intimo e fragile che segna quasi il passaggio dall’inverno allo sbocciare della primavera; gli archi durante il ritornello sono arcobaleni che si aprono sopra i grigi ghiacci islandesi. "Cocoon" è una ballad su un registro di toni altissimi ma delicati: come se Björk cantasse una ninnananna alla rugiada sulle ragnatele, ultimi testimoni di una notte fatata che scoppietteranno a breve fra il noise-glitch gentile di questa meravigliosa composizione. Anche "It’s not up to you" è una graziosa interrogazione ai baccelli della foresta, musicata da una specie di post-drum’n’bass col contrabbasso jazz. "Undo" e "Pagan Poetry" (uno dei picchi più alti del disco) rivelano tutta la fragilità di questo bozzolo nel quale Björk si è rinchiusa cantando della sua terra. Ci sono i ricordi drammatici di "Bachelorette" e c’è questo strano sentore di catastrofe o – ad ogni modo - dell’irreversibilità della situazione. "Frosti" è una strumentale di carillon che evoca una magia notturna che prosegue naturalmente in "Aurora" e torna ad essere drammatica in mezzo agli scratch e breakbeat di "An Echo a Stain". "Sun in My Mouth" riprende il carillon ma ricorda qualcosa di Debut. Dietro al mixer e alla produzione di questo album siede Mike ‘Spike’ Stent che aveva già collaborato in Homogenic ma anche in Bedtime Stories e Music di Madonna; poi i Matmos che si porterà sul palco in almeno un paio di tour mondiali. Riascoltandolo oggi, mi rendo conto che forse le ultime 4-5 canzoni non sono così memorabili ma contengono le stesse sonorità delle precedenti mantenendo un perfetto filo-conduttore fino alla finale "Unison", un’allegra ballata che ricorda tanto i connazionali Sigur Rós. Ma la potenza, l'unicità e l'efficacia di Vespertine (ma in generale di tutti i primi album di Björk fino ad ora) è il suo utilizzo della voce come se fosse lo strumento principale; e, infine ma non per ultima cosa, utilizzare la sua voce per creare melodie principali. L’effimera natura di questo album, il suo essere freddo ma nella sua ultima fase, quella prossima al disgelo, lo rende davvero unico e speciale; Vespertine è un disco che sicuramente chiude una fase di crescita di Björk e ne apre un’altra verso la sperimentazione; purtroppo, per quello che mi riguarda, è davvero l’ultimo album magico, capace di raccontare qualcosa che a sua volta riuscirà a piantare un seme dentro l’animo.
#Bjork#Björk#iceland#2001#Parlophone#One Little Indian#trip-hop#pop#alternative#electronic#Matmos#Madonna
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Il dito.
Oggi mi sono affettato il dito, un taglio sul dorso del medio tra la prima e la seconda falange mentre aprivo una busta con due petti di anatra, questo perché il tizio, il collega, mi ha consigliato di usare il suo coltello "Perché la lama è diversa e ti viene meglio". Non penso che sia stato il coltello oppure il fatto che andavamo di fretta, cosa che è successa anche ieri, ma semplicemente che in questo lavoro capita. Mi è successo tante altre volte, ho messo il cerotto il guanto in lattice nuovo e ho continuato come se niente era successo, ogni tanto mi dava fastidio, cambiato il cerotto la prima volta era bello zuppo di sange, la seconda neanche una goccia, idem la terza. Ora gli lascio prendere aria e domani si vedrà.
E' strana la vita, l'altroieri non avevo chiuso occhio e nonostante ieri c'è stao più lavoro non mi è successo niente, mentre oggi, strano. Ero inquieto ieri, avevo avuto un lieve battibecco con lei ma mi aveva lasciato come in sospeso e sta cosa non mi piaceva, non vedevo l'ora di tornare a casa la sera per concludere la discussione. La sera infatti lei mi ha detto "Secondo me sei nervoso perché non hai un obiettivo, qualcosa a cui punti". In effetti non sembra avere torto, ci stavo proprio pensando mentre mi affettavo il dito, ecco infatti il perché della distrazione, dicevo, in effetti con sto studio musicale oramai infinito non sto concludendo niente, allora? Non so riflettevo sul fatto che il one-man band blues non mi va più di farlo anche se in realtà mi sono fermato proprio in quel modo durante la pandemia, poi non ho ripreso più. Ok ok, avevo il progetto col pianista, era un duo di swing lui suonava e io cantavo e battevo il tempo sul hi-hat (charleston per gli italiani) ma sapete com'è andata, in parole povere a lui non andava di farla sta cosa, non so il perché, fatto sta che dopo alcune serate l'ho mandato a fanQ. Da li ho intrapreso sto percorso musico-sonoro. Per stringere il discorso mi andrebbe di salire su un palco va, cosa che mi manca molto e che per me è quasi vitale. Domani ho un'altra giornata di lavoro pesante, il fine settimana è sempre pesante, ma la prossima settimana sono libero 5 gg e vedrò di fare una riunione con me stesso per vedere se la cosa è fattibile, è comunque da quando sono tornato qua che mi esercito anche dopo aver iniziato a lavorare. Quindi è possibile che a breve sentirete qualcosa oppure no.
Nel frattempo beccatevi sta composizione che ascoltavo mentre scrivevo.
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO TERZO - di Gianpiero Menniti
L'APPARIZIONE DEL SACRO
L'arte contemporanea possiede una facoltà: da una tabula rasa lascia emergere linguaggi inediti. Vasilij Kandinskij (1866 - 1944) si persuase della necessità di conferire all'espressione pittorica la capacità di toccare corde nascoste: colori e segni come suoni e pause. Un flusso cadenzato, come una composizione musicale. Tutto nasce da un semplice "punto", che è silenzio e parola allo stesso tempo. Così, compiendo un viaggio a ritroso, l'artista russo credette di trovare una silenziosa, primitiva traccia nella storia del pensiero: l'ordine geometrico che Platone definì il fondamento del sapere filosofico. L'idea astratta è una geometria, concepibile nel mistero del processo mentale, "kósmos", razionalità che si afferma superando l'indefinito, il "cháos". È un'esigenza di verità. "Episteme", certezza. Il realismo figurativo gli apparve insufficiente, persino banale. Trasfigurazione di un reale fin lì sconosciuto. In questa scia, affermò:
«L’impatto dell’angolo acuto di un triangolo contro un cerchio ha un effetto non meno poderoso del dito di Dio che tocca l’indice di Adamo in Michelangelo».
L'immagine della "Sistina" che trasferisce l'immediatezza del significato, che transita dalla forma al concetto, fonda l'intuizione e la offre confusa all'espressione del concetto. "Contatto" (1924, collezione privata), richiama il senso del divenire come atto creativo. Il passaggio è inverso: dal concetto alla forma. Da un inizio imperscrutabile a un oggetto visibile. Sempre Kandinskij concluse:
«La linea geometrica è un ente invisibile. Essa è la traccia lasciata dal punto in movimento, quindi un suo prodotto. Essa è sorta dal movimento ‐ e precisamente attraverso l’annientamento della quiete suprema in sé conchiusa nel punto. Qui ha luogo il salto dalla staticità al dinamismo».
Il significato rimane collocato in uno spazio intimo, un "punto" di partenza che tende a rivelare leggi sconosciute per mezzo di un linguaggio privo di ambiguità, incontrovertibile, esatto. Si tratta di qualcosa che appartiene all'universale dell'uomo. Cui ciascuno può attingere. Per la prima volta, il "sacro" è spirito che si fa immagine. Spirito razionale. Forse è questo il confine.
In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
#thegianpieromennitipolis#arte#arte moderna#arte contemporanea#michelangelo buonarroti#cappella sistina#Vasilij Kandinskij#maria casalanguida#Wassily Kandinsky
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John Cage: 4'33''
Il colore del silenzio
Due opere musicali ci chiedono di considerare ciò che il suono nasconde e il silenzio rivela.
Il 29 agosto 1952, il pianista David Tudor salì sul palco della Maverick Concert Hall di Woodstock, NY, per presentare in anteprima una nuova composizione del compositore sperimentale americano John Cage (1912-1992). Tudor si sedette al pianoforte e aprì il coperchio della chiave, dopo di che non fece nulla finché non lo chiuse più di un minuto dopo. Ha ripetuto questa sequenza due volte, a quel punto la performance, che aveva richiesto quattro minuti e trentatré secondi, è finita.
Il pubblico, sebbene abituato alle opere d'avanguardia, ha reagito con incredulità sbalordita. La maggior parte delle persone non capiva ciò a cui avevano appena assistito, e alcuni non si rendevano conto che era effettivamente successo nulla. La reazione al pezzo di Cage è stata rapida e in gran parte critica, con molte persone che lo hanno definito uno scherzo musicale o addirittura un insulto. Mezzo secolo dopo, quando la BBC ha trasmesso una performance di quello che è diventato noto come 4'33", la seguente reazione dell'ascoltatore ha parlato per molti: "Non ho mai sentito parlare di una cosa così stupida in vita mia! "Dio riposa la sua anima, ma questa ""composizione"" di Cage soffre di arroganza e auto-importanza""." Un altro ascoltatore è stato leggermente più generoso: "Suona molto meglio della maggior parte della musica venduta oggi".
Cage, che era presente alla premiere di Woodstock, ha reagito all'accoglienza negativa del pubblico come segue:
Hanno mancato il punto. Non esiste il silenzio. Quello che pensavano fosse silenzio, perché non sapevano ascoltare, era pieno di suoni accidentali. Si poteva sentire il vento che si agitava fuori durante il primo movimento. Durante il secondo, le gocce di pioggia hanno iniziato a schioccare il tetto, e durante il terzo le persone stesse hanno fatto tutti i tipi di suoni interessanti mentre parlavano o uscivano.
Cage ha detto che 4'33" è stato il lavoro più importante della sua carriera, e vedendolo eseguito di nuovo oggi, sento che voleva che il pubblico ascoltasse se stesso e l'ambiente circostante per raggiungere due obiettivi. In primo luogo, per rivelare i suoni che sono nascosti durante una performance tipica. In secondo luogo, per evidenziare il contributo sonoro del pubblico, un fenomeno che non passa inosservato a meno che non diventi invadente. Perché costringere un pubblico a concentrarsi su questi suoni nascosti per oltre quattro minuti? Mi piace la risposta del critico Kyle Gahnn a questa domanda:
Che ne dici di un "esperimento di pensiero", una sorta di "metamusica" che fa una dichiarazione sulla musica stessa? Per molte persone, me compreso, 4′33′′ è certamente questo, se non solo quello. Una storia su Cage racconta la sua seduta in un ristorante con il pittore Willem de Kooning, che, per motivi di discussione, ha messo le dita in modo tale da incorniciare alcune briciole di pane sul tavolo e ha detto: "Se metto una cornice intorno a queste briciole di pane, non è arte". Cage ha sostenuto che in effetti era arte, il che ci dice qualcosa su 4′33′′. Certamente, attraverso gli atti convenzionali e ben intesi di mettere il titolo di una composizione su un programma e organizzare il pubblico su sedie di fronte a un pianista, Cage stava inquadrando i suoni che il pubblico ha sentito in un tentativo sperimentale di far percepire alle persone come suoni d'arte che di solito non erano così percepiti.
4'33” è diventato uno dei pezzi più (in)famosi della musica d'arte occidentale (quello che una volta si chiamava “musica classica”). Viene ancora eseguito regolarmente, avendo vinto la sua parte di fan nel corso degli anni. Il pianista da concerto Stephen Hough, ad esempio, ritiene che 4'33" sia particolarmente rilevante nel 21° secolo:
C'è musica ovunque e sta diventando sempre più invadente: è nei bar, nei caffè, nei ristoranti, nei negozi, che perde dalle cuffie di altre persone, persino dalla mia banca, spesso a un volume che preclude una parola o un udito confortevole e che invade la nostra coscienza, creando "vermi dell'orecchio" indesiderati o aggravando il mio acufene. Sembra che ci sia una forza invista che ci richiede di avere una colonna sonora per ogni momento della nostra giornata. Al contrario, 4'33" ci spinge a prenderci del tempo per ascoltare e ascoltare davvero.
Hough vede un forte legame tra 4'33" e i "Dipinti bianchi" dell'artista visivo Robert Rauschenberg, che erano anche divisivi quando resi pubblici per la prima volta.
Cage ha definito i pannelli bianchi "aeroporti per luci, ombre e particelle, stabilendo una comprensione duratura della serie come superfici ricettive che rispondono al mondo che li circonda". Rauschenberg una volta si riferiva alle opere come orologi, dicendo che se "uno fosse abbastanza sensibile ai sottili cambiamenti sulle loro superfici, si poteva dire che ora era e com'era il tempo fuori".
Mi piace 4'33”, e raccomando l'idea di un compositore che chiede al pubblico di ascoltare se stesso (e solo se stesso) e, così facendo, contemplare uno spazio con e senza musica. Per quanto interessante sia la famosa composizione di Cage, c'è un lavoro molto più oscuro che trovo più provocatorio ed eccitante da considerare. È stato creato dall'artista concettuale francese Yves Klein (1928-1962), che è più ricordato nell'arte e nella moda per il suo notevole colore caratteristico, International Klein Blue ("IKB").
Klein ha deciso di creare la sua tonalità unica di blu a causa dei fallimenti di due mostre di dipinti monocromatici che ha messo in scena nel 1955 e nel 1956. Il pubblico non ha capito i suoi dipinti, osserva lo scrittore d'arte Phillip Barcio, vedendoli come "decorazione piuttosto che come espressioni astratte di pura emozione". Per il suo prossimo spettacolo, Klein ha deciso di lavorare con un solo colore che sarebbe stato inventato per l'occasione. Ha collaborato con il proprietario del negozio di vernici parigino Edouard Adam, e dal loro sforzo innovativo è venuto quello che ora è considerato "il blu più vibrante e puro possibile".
La composizione musicale di Klein, in due movimenti, si chiama Monotone Silence Symphony. Nel primo movimento, un'orchestra e un coro creano "un "suono" continuo unico, tirato fuori e privato del suo inizio e della sua fine". Quel suono, un accordo di Do maggiore, viene tenuto continuamente senza ornamenti o variazioni per venti minuti. Il secondo movimento è di uguale durata ma consiste solo nell'orchestra seduta in silenzio, istruita a rimanere ferma e non fare movimenti. Poiché nessun cantante o strumento orchestrale standard può tenere una nota per venti minuti, per eseguire il pezzo, il re maggiore viene trasferito avanti e indietro da un gruppo di strumenti accoppiato all'altro, facendo attenzione a rendere la transizione il più senza soluzione di continuità possibile.2Il direttore è l'unico esecutore autorizzato a muoversi nel secondo movimento.3
La Monotone Silence Symphony è un pezzo esigente da eseguire, forse spiegando perché è stato ascoltato dal vivo solo meno di una dozzina di volte dal suo debutto nel 1960. "Non puoi davvero fare una prova completa di qualcosa del genere", ha detto Roland Dahinden, che ha diretto il pezzo un paio di volte: "È troppo difficile. Tutti morirebbero e basta.”
Per i critici e il pubblico che lo sperimentano, la performance può creare uno stato mistico o meditativo, come ha notato un critico del New York Times nel 2013:
...una dozzina di minuti dopo, ha iniziato a suonare stranamente elettronico (da qui Philip Glass), come qualcosa che gli esseri umani non potevano produrre. Il signor Dahinden muoveva il corpo e le mani sinuosamente, sforzandosi di mantenere l'accordo ininterrotto e coerente, ascoltando attentamente per segnalare energia e attenzione fino a quando, alle 8:31 a punti, ha sollevato le mani e riunito e ha terminato il suono bruscamente come era iniziato.
Nel pubblico alcune persone chiusero gli occhi, come se meditassero o pregassero. Altri leggono i loro programmi o tenevano telefoni e iPad in alto per registrare il momento. Cinque minuti dopo l'accordo l'uomo alla mia immediata destra, che assomigliava un po' all'attore John Slattery, tranne che con la barba, si addormentò e russava dolcemente fino a quando non iniziò il silenzio e si svegliò.
Il re maggiore è spesso chiamato "Accordo d'oro" perché era tradizionalmente associato alla gloria o alla maestà. Alcuni sinesteti affermano di vedere un bagliore giallastro quando lo sentono. È la chiave di molte composizioni famose, tra cui “Canone in re” di Pachelbel e la Sinfonia “Prague” di Mozart.
Il breve video qui sotto fornisce uno sguardo al pezzo di Klein.
https://www.youtube.com/watch?v=JfiBFqcHaQE
Ho sentito l'intero lavoro e sono d'accordo con un esecutore che ha detto: "non stavamo ricevendo tanto la musica quanto eravamo legati in essa (e nel silenzio, che era anche la musica)". Era, ha aggiunto, “come un oceano... mareale. Dentro e fuori. Andare e venire.” Per me, il momento in cui il suono in re maggiore si ferma è un'esperienza sonora unica. È come se le acque di un profondo mare blu su cui galleggiavo da venti minuti scomparissero improvvisamente, e fossi caduto sul fondo. In piedi nell'abisso, capisco finalmente la vastità e la profondità del mare.
Il blu non ha dimensioni, è oltre le dimensioni, mentre gli altri colori non sono....il blu suggerisce al massimo il mare e il cielo, e, dopo tutto, sono in natura reale e visibile ciò che è più astratto.—Yves Klein
La cantante Laura Glen Louis, che ha scritto in modo eloquente sull'esecuzione del lavoro di Klein, ha avuto una reazione simile:
Quando il carro armato maggiore D si è schiantato contro il muro di mattoni del silenzio, nessuna delle parole morbide è servito: dissolvenza, dissolvenza, decrescendo. Sbatta dentro/sbattuta. Come la superficie dell'oceano dove l'acqua incontra l'aria (dove si verificano la maggior parte degli annegamenti). Come quel nanosecondo quando lasciamo l'utero e facciamo il nostro primo respiro. Come un colpo di NOS. Come esplodere nell'iperspazio.
"Senza inizio e senza fine", è così che Klein ha descritto la sua sinfonia, e ha affermato che era tutto "Vorrei che la mia vita fosse". Ahimè, doveva essere una vita breve, perchè morto per una serie di attacchi di cuore, l'ultimo dei quali lo ha ucciso il 6 giugno 1962, all'età di 34 anni. Di tutte le sue opere d'arte, è la sua unica creazione musicale che ammiro di più. Cage può essere famosa per mostrarci il suono del silenzio, ma è Klein che lo avvolge nella più profonda delle tonalità.
(via John Cage: 4'33'' / Petrenko · Berliner Philharmoniker - YouTube e https://carlosalvarenga.substack.com/p/the-color-of-silence)
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Linda Perry
Linda Perry è la cantautrice e produttrice discografica che, negli anni novanta, è stata leader del gruppo 4 Non Blondes.
Ha scritto e prodotto canzoni per star come Pink, Christina Aguilera, Alicia Keys, Gwen Stefani, Enrique Iglesias, Courtney Love, Céline Dion, Robbie Williams, Lisa Marie Presley, Dolly Parton e molte altre ancora.
Sua è l’etichetta discografica Custard Records diventata famosa per aver lanciato la carriera del cantante britannico James Blunt.
Dal 2015 è inserita nella prestigiosa Songwriters Hall of Fame.
Linda Perry è nata a Springfield, in Massachusetts, il 15 aprile 1965. La passione per la musica la accompagna sin da quando era una bambina.
È stato a San Francisco, dove si è trasferita nel 1986, che ha iniziato a farsi notare suonando le sue canzoni per strada.
Dopo tre anni di gavetta in club e caffetterie, si è unita alla band 4 Non Blondes con cui, nel 1992, ha pubblicato l’album Bigger, Better, Faster, More! che, col singolo What’s Up?, ha raggiunto i vertici delle classifiche mondiali.
Nel 1996 ha iniziato la carriera solista pubblicando due album In Flight e After Hours.
Ma è stato come producer che ha avuto le maggiori soddisfazioni lavorando ai dischi di numerose star del mondo musicale e contribuendo al lancio di altre.
Considerata tra le più grandi produttrici statunitensi, nel 2003 ha vinto due premi ASCAP per la composizione. La canzone Beautiful, che ha scritto per Christina Aguilera, ha ricevuto la nomination ai Grammy Award come canzone dell’anno e, l’anno seguente, ha vinto come miglior performance vocale femminile.
Dal 2010 ha ripreso a cantare e fondato il gruppo Deep Dark Robot.
È stata nominata come produttrice dell’anno ai Grammy Awards del 2019 per il suo lavoro sulla colonna sonora del documentario Served Like a Girl, l’album 28 Days in the Valley della band Dorothy e la cover di Harder, Better, Faster, Stronger cantata e suonata da Willa Amai.
Girl in the Movies scritta insieme a Dolly Parton per il film Dumplin, è stata nominata ai Golden Globe 2019 come miglior canzone originale.
Nel 2021 ha composto la colonna sonora del film documentario Kid 90 e scritto e interpretato con Bono Vox Eden (To find love) contenuta nella colonna sonora di Citizen Penn, film documentario dedicato all’attività di volontariato dell’attore Sean Penn.
Ha vissuto una vita di eccessi, iniziata con privazioni economiche e diversi ostacoli da affrontare, ma Linda Perry continua a trasformare in oro ogni nota che tocca e ogni verso che utilizza per le sue canzoni.
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Marco Armani: Dalle Origini a Oggi, la Straordinaria Carriera di un Cantautore Italiano
Un viaggio nella musica e nell’arte di Marco Armani, dalla scena di Sanremo alla collaborazione con grandi artisti del jazz.
Un viaggio nella musica e nell’arte di Marco Armani, dalla scena di Sanremo alla collaborazione con grandi artisti del jazz. Marco Armani, cantautore e arrangiatore italiano, è una delle voci più riconoscibili della musica italiana, apprezzato per la sua sensibilità artistica e il suo talento compositivo. La sua carriera inizia nel 1982 a Domenica In con il brano Domani, che lo introduce al…
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Tango: Tecniche Essenziali per la Creazione
Il tango argentino è più di un ballo; è un’arte che unisce musica, danza e emozione. Per entrare nel mondo del tango, è fondamentale conoscere tecniche specifiche. Queste ti aiuteranno a creare melodie coinvolgenti e arrangiamenti autentici, pieni di passione. In questo articolo, scoprirai le basi per creare musica tango. Imparerai a capire gli elementi strutturali e a usare la tua ispirazione…
#Balli argentini tradizionali#Composizione musicale tango#Movimenti coreografici tango#Storia della danza tango
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Storia Di Musica #288 - Frank Zappa, Hot Rats, 1969
Nella classifica di chi, facendo musica rock, ha sempre cercato una dimensione tecnica e strumentale da musicista “classico” (mi si perdonino le virgolette) al primo posto non può esserci che lui. Frank Zappa è stato uno dei personaggi più bizzarri e creativi della musica rock. Figlio di Francis, perito industriale originario di Partinico (Palermo), nasce a Baltimore. Per problemi respiratori suoi, la famiglia si trasferisce prima in Florida e poi a Los Angeles. Agli inizi degli anni 60′, bazzica studi di registrazione, con l’idea di fare musica orchestrale. Quello che però riesce ad ottenere sono solo jingle pubblicitari (determinanti comunque nello sviluppo della sua musica), qualche canzoncina da poche copie e due composizioni per gli Animals (il disco di riferimento è Animalism). Non si sa come, verso la fine del 1965 viene ingaggiato dalla Verve, la leggendaria etichetta del Jazz, e Zappa, che aveva fondato nel giorno della festa della mamma il suo gruppo, The Mothers Of Invention (chiamati in un primo momento provocatoriamente The Mothers, un gruppo di strampalati personaggi ma musicisti con i controfiocchi), sperimenta in pochi anni una quantità enorme di stili, musica, provocazioni che sarebbero bastate per intere carriere ad altri. Si inizia subito con il botto. Freak Out! (1966) e Absolutely Free (1967) esprimono al meglio l’ideale musicale zappiano: un miscuglio post apocalittico di generi, con canzoni doo-woop, canzoni politiche, collage musicali, cabaret. Alcuni pezzi sono già inni, come The Duke Of Prunes (1967) e i primi esperimenti orchestrali. Già da subito emerge la sua maestria impareggiabile nella chitarra (Invocation And Ritual Dance Of The Young Pumpkin, da Absolutely Free). Zappa ha il tempo di prendere in giro il sogno della stagione dell’amore facendo il verso ai Beatles con We’re Only In It For The Money (album grandioso, la copia pessimistica e sarcastica di Stg.Pepper’s sin dalla copertina 1968) e di scatenare la sua fantasia in Lumpy Gravy (1968, uno dei suoi dischi preferiti) dove, tra le altre bizzarrie, assembla assurdi discorsi di gente che parla nella coda di un pianoforte. La Verve, che non sa come ha a libro paga un tipo così, gli dà un’ultima possibilità, stanca di zero risultati commerciali. Nell’estremo tentativo di farsi trasmettere dalle radio (parole di Zappa) esce Cruising With Ruben And The Jets (1968), che fa un nostalgico pop anni ‘50, con annessa brillantina a go-go e abiti sgargianti, ma è l’ennesimo fiasco. Con il manager Herb Cohen fonda la sua etichetta, Bizzarre (nomen omen), e finalmente ha la libertà che cerca: Uncle Meat (1969) è il primo grande capolavoro zappiano, un doppio album dalla ricchezza stilistica e compositiva pazzesca, dominato dalla suite in 6 parti King Kong. In pieno furore creativo, scioglie i Mothers e pubblica sempre nel 1969 un album solo a suo nome, il primo della sua carriera solista. Hot Rats è una gemma assoluta.
6 brani manifesto tutti strumentali, eccetto uno, fu registrato con per l’epoca le più avanzate tecniche di registrazione, con i primi banchi mixer a 16 piste, per un suono pienissimo e coinvolgente per la gioia della perfezione zappiana. Peaches En Regalia è il brano più famoso, gioiosa composizione dove l’assolo di chitarra si snoda tra meraviglia tecniche, momenti blues e le solite chicche meravigliose (mi riferisco in particolare all’omaggio ai jingle dei cartoni animati della Looney Tunes), Son of Mr. Green Genes è un arrangiamento nuovo di Mr Green Genes presente in Uncle Meat, e ha una storia curiosa: non si sa perché, ma dopo che Zappa pubblicò la prima edizione della canzone, omaggio dei suoi a Green Jeans, star di una famosa trasmissione televisiva americana famosissima negli anni ’50, su Uncle Meat, si diffuse la notizia che Zappa fosse un figlio segreto di Hugh Brannum, l’attore che lo impersonava nella trasmissione (ovviamente una bufala ma Zappa amava queste cose e ci giocò su con la solita ironia); Little Umbrellas è dominato dai fiati di Ian Underwood, uno dei pochi Mothers che Zappa porta con sè. The Gumbo Variations (il gumbo è una zuppa di riso, pesce verdure e pollo del Sud degli Stati Uniti, soprattutto della Louisiana, fatta con l'ocra, un ortaggio di origini africane portato dalla colonizzazione forzata degli schiavi africani in quelle zone) è il lungo pezzo strumentale, di chiaro stampo jazz rock, dove la chitarra iperbolica di Zappa dialoga con i fiati di Underwood e il violino di Don “Sugarcane” Harris, il quale diventerà in seguito uno dei suoi musicisti più fidati. Due brani leggenda: l’unico cantato (forse meglio dire sbraitato) è Willie The Pimp (Willie il pappone) con la voce di Don Van Vliet, in arte Captain Beefheart, che sempre nel 1969 pubblica con Zappa il leggendario Trout Mask Replica; l’altro, It Must Be A Camel, che deve il nome alle particolari “gobbe” che l’andamento musicale faceva sullo spartito, vede la partecipazione del violinista francese Jean Luc Ponty, che diverrà grande amico di Zappa, tanto da dedicargli nel 1970 un meraviglioso disco, King Kong, dove riprende parti di precedenti pagine di Zappa e con il maestro compone una Music For Electric Violin And Low Budget Orchestra da mozzafiato. La copertina fu ideata da Cal Schenkel ritrae la groupie Christine Frka mentre fuoriesce da una piscina vuota di una villa a Beverly Hills, e fu scattata all’infrarosso. Da questo disco la parabola zappiana procederà sempre all’insegna della qualità musicale, spessissimo con relativa bassissima fama commerciale della sua musica, e qualche volta persino con qualche caduta di stile, ma rimarrà un percorso unico (e gigantesco, per la quantità di dischi, raccolte, compilation, i leggendari live) che ha avuto uno zoccolo duro di spericolati appassionati. Zappa continuerà per tutta la vita a lavorare al suo concetto di musica, spesso orientata alla massima cura dei dettagli e alla precisione delle esecuzioni strumentali, fin quando un tumore alla prostata non se lo porta via nel 1993, a 53 anni. Vale la pena scoprirlo o riscoprirlo perchè è uno di quegli artisti mito di cui tutti parlano ma pochi davvero hanno mai ascoltato.
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🎄 Natale a Tribschen [1870]
Le vacanze di Natale 1870 erano trascorse, come quelle dell’anno precedente dal 24 dicembre al 2 gennaio, a Tribschen, ospite di Richard e Cosima Wagner. La mattina del 25 Wagner ha fatto eseguire una sua composizione musicale, l’Idillio di Tribschen in seguito rinominato Idillio di Sigfrido, per il compleanno di Cosima. Nietzsche regala a Wagner Il cavaliere, la morte e il diavolo, un’incisione di Albrecht Dürer, e a Cosima una nuova stesura de La visione dionisiaca del mondo. Riceve in dono da lui un’edizione completa dei Saggi di Montaigne e il primo esemplare di un adattamento per pianoforte del primo atto del Sigfrido, da lei Le passeggiate di Roma di Stendhal.
P. Pagani, Nietzsche on the road, Vicenza, Neri Pozza, 2021
e anche:
Non è dato sapere se [Friedrich Nietzsche (1844-1900)] avesse già letto i Saggi prima del Natale del 1870, quando Cosima Wagner gli dona un esemplare. In Ecce homo dichiara di ritornare con assiduità a pochi «vecchi francesi» e in particolare al «libero pensiero» di Montaigne che è sempre stato il suo ristoro. In Schopenhauer educatore non manca di sottolineare quanto la lettura dei Saggi gli abbia aumentato il piacere di vivere e procurato una salda intesa con il loro autore su dove andare a cercare la vera patria di una nuova umanità.
N. Panichi (a cura di), Montaigne, Milano, RCS Media Group, 2014
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Toxicity cover di una canzone dei System of a Down. Esplora il mio approfondito articolo sulla "Toxicity", dove gettiamo luce sui diversi aspetti di questo tema rilevante. Dai consigli pratici per gestire la tossicità nelle relazioni personali alle strategie per affrontare l'ambiente tossico online, il nostro contenuto offre un'analisi approfondita. Scopri come riconoscere segnali di tossicità e apprendi metodi efficaci per preservare il benessere emotivo. Affronta la "Toxicity" con saggezza, navigando attraverso il nostro articolo informativo e ricevendo strumenti utili per coltivare relazioni sane e uno stile di vita equilibrato.
Quindi, conosci l'incisivo e potente mondo musicale dei System of a Down con la nostra analisi approfondita della canzone "Toxicity". Scopri le sfumature testuali e musicali che rendono questo brano un'icona del genere metal. Approfondiamo il significato delle parole, la struttura sonora e l'impatto che "Toxicity" ha avuto sulla scena musicale. Immergiti nell'analisi dettagliata di questa traccia epica, un viaggio sonoro che ha lasciato un'impronta indelebile nella storia della musica. Esploriamo insieme la "Toxicity" dei System of a Down e scopriamo cosa la rende una pietra miliare nel panorama musicale moderno.
Poiché, esso è un universo sonoro unico dei System of a Down con la loro intensa canzone "Toxicity". Immergiti in un viaggio musicale che cattura l'essenza della complessità emotiva, con riff potenti e testi incisivi. La "Toxicity" dei System of a Down è un'esperienza sonora avvincente che sfida i confini musicali e offre un'immersione profonda nell'energia cruda e nella creatività della band. Scopri di più su questa traccia iconica e lasciati trasportare dall'intensità delle emozioni evocate dalla "Toxicity" dei System of a Down. Entra nel mondo avvincente della musica che ha reso questa band una delle più riconosciute nel panorama rock alternativo.
Inoltre, scopri il significato profondo di "Toxicity" dei System of a Down con la nostra esclusiva analisi. Immersi nella potenza espressiva delle parole e delle note, esploriamo il contesto dietro questo brano iconico. Approfondisci il messaggio di protesta e riflessione sociale, mentre sveliamo strati nascosti di significato. Attraverso il nostro articolo informativo, sarai guidato nel comprendere la "Toxicity" dei System of a Down in modo completo e coinvolgente. Entra nel cuore di questa potente composizione e scopri il suo impatto duraturo sulla cultura musicale.
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Ci sono tantissime congetture sul perché Glenn Danzig abbia lasciato i seminali Misfits. Per problemi di soldi, perché Glenn si stava più buttando sul blues-metal, per problemi di songwriting e perché (sempre a detta di Glenn) i ragazzi della band punk passavano poco tempo in sala prove. Al di là di ogni altro pensiero possiamo ben sentire cosa è successo nel passaggio di testimone fra Mistifs, Samhain e Danzig: un processo che dall’immaginario horror anni ’50 è approdato a quello degli anni ’80; una progressione musicale che, in nome della velocità e dell’imbastardimento ha di fatto solo indossato la maschera metallara quando in realtà a livello stilistico è successo ben altro. Danzig, col suo progetto solista, oltre che ad esser diventato il deus ex-machina di ogni scrittura e composizione fa un bel back-to-the-roots per quello che riguarda gli stilemi musicali da prendere ed elevare.
Dietro alla produzione bombastic di Rick Rubin (che all’epoca stava davvero macinando successi come Reign in Blood e South of Heaven degli Slayer o Blood, Sugar, Sex & Magic dei Red Hot o i RunDMC) e c’è la volontà di dipingere il lato più notturno di Los Angeles. Dopo aver lanciato un roster di artisti che ti parla di strade, di rapine, di malavita e di disagio sociale Danzig è il profeta della notte. Musicalmente non c’è più niente di punk mentre il lato horror è coadiuvato dalla reinterpretazione dei Black Sabbath, dei AC/DC e dei Led Zeppelin: un blues-rock mascherato da diavolo. Glenn abbandona qualsiasi pilastro punk-rock (neanche i Ramones né i Clash fanno parte più del suo background) per andare più indietro nel tempo ed attingere da Jim Morrison o addirittura da Elvis. L’unione di questo blues-metal lento e asciutto è il debut di Glenn Danzig, che vede la partecipazione di Chuck Bisquits (D.O.A., Black Flag) alle pelli e John Christ al suo tipico tocco blues. Tutti i brani sono puro rock’n’roll vecchio stile ma con la possente voce evocativa e magnetica di Glenn: ascoltate "She Rides" se non vi sembra la sorella malvagia di un brano dei Doors… "Am I Demon", "The Hunter" e "Evil Thing" riprendono tanti stilemi di Jimmy Page e soci imbastardendoli con quel quid in più. Il tutto, stando ben fuori da qualsiasi mondo o panorama heavy metal, anche se siamo in un momento storico in cui l’hard rock spinge molto di più sulla velocità e sulla batteria. Ma non è questo lo scopo di Glenn; il suo è un viaggio musical-spirituale intorno al rock, alle sue chimere e ai suoi diavoli.
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