#competitività UE
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pier-carlo-universe · 25 days ago
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🚜 Coldiretti Alessandria: nuove sanzioni sui fertilizzanti russi, costi insostenibili per le aziende agricole 🌾
Le aziende agricole italiane, e in particolare quelle della provincia di Alessandria, si trovano ad affrontare un’ulteriore emergenza economica a causa delle nuove sanzioni sui fertilizzanti provenienti dalla Russia e dalla Bielorussia.
Le aziende agricole italiane, e in particolare quelle della provincia di Alessandria, si trovano ad affrontare un’ulteriore emergenza economica a causa delle nuove sanzioni sui fertilizzanti provenienti dalla Russia e dalla Bielorussia. A lanciare l’allarme è Coldiretti Alessandria, con il presidente Mauro Bianco e il direttore Roberto Bianco, che denunciano l’impatto devastante di questi…
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scacciavillani · 6 months ago
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C'è un filo invisibile che lega il dibattito tra i due maggiori candidati alla Presidenza degli Stati Uniti e il Rapporti sulla Competitività presentato da Draghi alla Commissione Europea lunedì scorso.
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falcemartello · 4 months ago
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alle follie ideologiche del “green deal” sperando in chissà quale rivoluzione industriale e finendo miseramente oggi col pietire incentivi per la sopravvivenza, è ridotta a un deserto tecnologico autoinflitto da cui sarà praticamente impossibile venirne fuori.
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Tuttavia, l’automotive non è l’unica eccellenza europea distrutta dalle follie finto-green; l’Ue sta perdendo competitività persino in settori impiantistici strategici in cui, fino a qualche anno fa, dettava legge in tutto il mondo.
Uno di questi è quello delle centrali termoelettriche a carbone che, contrariamente all’idea ottocentesca che la stragrande maggioranza della gente ha al riguardo, oggi sono tra le centrali più sicure e ambientalmente compatibili che vi siano al mondo.
Ciò in quanto i sistemi di ambientalizzazione a loro corredo - abbattimento delle ceneri leggere (cicloni, elettrofiltri, economizzatori, ecc.), desolforazione (DeSOx), denitrurazione (DeNOx), ecc. - garantiscono la rispondenza alle più restrittive normative Ue in materia di emissioni di PM10, NOx, SOx e ogni altra emissione nociva.
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Tuttavia, a causa della fobia ingiustificata per le parole “carbone” ed “emissioni di CO2” indotta da vent’anni di lavaggio del cervello da parte del mainstream, abbiamo finito per autoinfliggerci anche lo spegnimento delle centrali a carbone italiane che, ricordiamolo, sono invece il fiore all’occhiello della nostra impiantistica.
Centrali che peraltro furono tutte profondamente revisionate negli anni 2000-2010 proprio per rispondere alle sempre più stringenti normative Ue e per le quali furono spese decine di miliardi di € buttati letteralmente in fumo: Torre Valdaliga Nord, Fiumesanto, Sulcis, Monfalcone, Brindisi Sud, La Spezia, Fusina, solo per citare le principali.
Del resto, se si analizza il costo livellato dell’energia (LCOE) per fonte di generazione, quello da carbone è solo apparentemente il doppio delle centrali eoliche e fotovoltaiche (140 contro 70 €/MWh) in quanto per queste ultime non vengono computati i costi nascosti dovuti all’intermittenza della produzione (dev’esserci generazione da fonte fossile a completo servizio delle rinnovabili quando mancano sole e vento che,
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quindi, ha costi di gestione altissimi a causa dei bassi volumi di produzione) e allo stoccaggio. Basta infatti considerare i necessari sistemi di accumulo ed ecco che l'LCOE schizza immediatamente a 120-140 €/MWh, tanto quanto il carbone (pag. 43) --->
RER_Short-Report-2024.pdf
E l’impiantistica italiana?
Oggi le commesse che consentono alle nostre aziende del settore di prosperare provengono tutte, inutile dirlo, dall'Asia (la stragrande maggioranza), dall'Australia (che ha grossi giacimenti di carbone) e dal Sud America.
Gran bel risultato, vero?
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curiositasmundi · 24 hours ago
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Elena Basile
[...]
Cerchiamo al netto della propaganda di soffermarci sui dati. L’Ucraina è un Paese fallito che sopravvive grazie a fondi statunitensi ed europei. Non è una democrazia a meno che i vari editorialisti della stampa più letta non vogliano affermare che essa si concretizzi nell’abolizione dei partiti e della libertà di culto, nella legge marziale e nel posporre le elezioni presidenziali sine die. In tre anni di guerra ha perso territori, una generazione di ucraini e sei milioni di abitanti. I ragazzi si rompono le ossa pur di non andare al fronte. La resistenza ucraina è un mito passato sponsorizzato da una classe nazionalista e neonazista al potere di cui Zelensky è ostaggio.
Gli Stati Uniti hanno problemi economici notevoli che l’ingente piano di aiuti pubblici di Biden non ha risolto: il debito è al 136% del PIL, crescono inflazione, sacche di povertà e emarginati (come i migranti), tra crisi industriale, perdita di infrastrutture a pezzi e di competitività. Due dati per comprendere il declino americano: la mortalità infantile che ha indici non comparabili a quella europea o di Cina e Russia; il numero di ingegneri che si laureano è inferiore a quello russo.
Se vi fosse una razionalità politica Kiev dovrebbe cercare di porre fine al più presto alla guerra dalla cui continuazione ha solo da perdere: territori, uomini, risorse. La classe al potere invece ha solo da guadagnare dalla continuazione del conflitto. Nazionalisti, neonazisti e Zelensky alle prossime elezioni presidenziali saranno cacciati a pedate dal popolo sofferente ucraino.
[...]
Trump è stato eletto con fondi dei sionisti evangelici, grazie al supporto della finanza dei petroliferi e da un pezzo di mondo delle start up. Protegge il trash bianco della rust belt penalizzato dalla crisi industriale. Comprende che gli Stati Uniti hanno bisogno di un cambiamento di rotta: diminuire il debito che finanzia guerre e armamenti, pacificare il fronte europeo e concentrarsi sul contenimento della Cina, stringere accordi economici capestro con i vicini e nell’artico per modificare il declino del Paese. Si tratta di una strategia discutibile soprattutto per la parte relativa alle tariffe imposte agli alleati, ma che ha una sua comprensibile razionalità.
Abbiamo visto come la classe dirigente in Ucraina, contro gli interessi del suo popolo, abbia bisogno della continuazione del conflitto per restare al potere.
Bisognerebbe ora domandarsi quali siano gli interessi dei popoli europei. Il nuovo debito per una difesa che alimenti la continuazione del conflitto comprando armi statunitensi non è un obiettivo del ceto medio e della classe lavoratrice. La crisi economica, la Germania in recessione, l’inflazione crescente, la crisi energetica con le bollette alle stelle sono strettamente legati al conflitto ucraino. Paghiamo il gas statunitense quattro volte più di quello che ci forniva la Russia.
Dal punto di vista geopolitico la crisi dell’euro-atlantismo causata dall’opposizione UE alla linea dettata da Washington è contraria ai pilastri che hanno retto la politica europea dal dopoguerra a oggi.
Perché dunque le classi dirigenti europee hanno una postura così inusuale di contestazione del potere presidenziale statunitense, l’unico legittimato da una architettura istituzionale trasparente?
Guardiamo ai profitti della borsa e alle imprese delle armi. Vi sembra che abbiano sofferto in questi tre anni di guerra? Controllate i profitti in ascesa.
[...]
Continuando il nostro ragionamento, le lobby finanziarie e delle armi guadagnano dalla guerra a prescindere dai suoi scopi strategici. Tutti sanno che l’Ucraina sta perdendo, ma un conflitto può essere redditizio anche se si perde. Pensate a Kabul. Dopo decenni di occupazione abbiamo lasciato i Talebani al potere. Il nostro scopo non era la democrazia, ma la guerra e l’occupazione in sé. La tattica prevale sulla strategia.
Le élite europee che sono genuflesse a Washington contro gli interessi europei (ricordatevi di Scholz che accetta il sabotaggio dei propri gasdotti senza proferire parola), élite abituate a servire di improvviso sembrano alzare la testa, mostrando un coraggio inusitato fino a sfidare Washington. Una trasformazione antropologica? Un’illuminazione sulla via di Damasco? Credo che l’improvviso coraggio delle classi dominanti europee e di Zelensky sia dovuto alle direttive del mostro, al partito della guerra.
Il deep State contro cui la nuova cupola trumpiana sembra voler combattere è un potere radicato nelle burocrazie, nell’intelligence, nelle lobby delle armi e della finanza in Europa.
Sabotare la pace e tifare per il conflitto fine a se stesso, sulla pelle degli ucraini e degli europei, per mesi, per un anno ancora, per due, è l’alto obiettivo di poteri senza scrupoli, di cui politici insignificanti, quali ad esempio Calenda e Renzi, sono le grottesche e forse inconsapevoli marionette.
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viunews · 3 days ago
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Fondi UE: il Poc della Regione cresce a 2,56 miliardi per lo sviluppo
Schifani: «Forte impulso finanziario per rafforzare tessuto economico dell'isola».
Cresce di oltre 488 milioni la dotazione finanziaria del Programma operativo complementare della Regione. La giunta regionale, su proposta del presidente Renato Schifani, ha approvato ieri la richiesta di riprogrammazione del Poc 2014-2020, incrementando il budget che sale così a 2,56 miliardi di euro. Nel dettaglio, aumentano le risorse dell’asse 1 “Sostenere la competitività e la…
#E3
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agrpress-blog · 12 days ago
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Agricoltura, il documento Ue piace ai produttori italiani Si intitola “A Vision for Agriculture a... #agricoltori #agricoltura #claudiorisso #GreenDeal #RaffaeleFitto #sostenibilità #ue https://agrpress.it/agricoltura-il-documento-ue-piace-ai-produttori-italiani/?feed_id=9627&_unique_id=67b7780e92147
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enkeynetwork · 14 days ago
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scienza-magia · 3 months ago
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430 milioni per il quantum computing a servizio di imprese e ricerca
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Arriva la prima AI Factory, a Bologna il più grande investimento Ue. Delle sette AI factory deliberate ieri dalla Commissione Ue, «questa è la prima in Europa per dimensioni, per capacità di calcolo e per investimento (430 milioni di euro). L’infrastruttura di supercalcolo che sarà operativa entro il 2026 al Tecnopolo di Bologna sarà la bandiera del modello strategico che l’Europa ha scelto per la sfida del digitale e dell’intelligenza artificiale: una rete pubblica a disposizione di tutti, dalle start-up e i piccoli imprenditori ai ricercatori pubblici e privati». Così l’assessore allo Sviluppo economico della Regione Emilia-Romagna, Vincenzo Colla, commenta la notizia arrivata dalla Commissione europea, che ha selezionato anche l’Italia, tra i sette Paesi che contribuiranno a raddoppiare la potenza di calcolo della rete Euro HPC (l'impresa comune europea per il calcolo ad alte prestazioni), con le prime sette fabbriche di AI e un investimento di 1,5 miliardi di euro, tra fondi UE (programmi Digital Europe e Horizon Europe) e cofinanziamenti nazionali e regionali. I sette “cervelloni” a rete in Europa Il via alle “fabbriche di intelligenza artificiale” rappresenta una pietra miliare per l’Europa nella costruzione di un ecosistema efficiente per l'addestramento di modelli avanzati di AI a servizio del mondo imprenditoriale e accademico, una scommessa su una rete pubblica a uso collettivo, che si contrappone al paradigma della Silicon valley in mano ai grandi capitali privati e, all’estremo opposto, all’egemonia del Governo centrale in Cina.
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Il nuovo supercomputer avanzato, ottimizzato per l’AI in arrivo nella data valley emiliana, è il cuore del progetto IT4LIA AI Factory (cofinanziato dal Mur che coinvolge diversi istituti di ricerca) e sarà gestito dal Cineca (il Consorzio interuniversitario nato nel 1967 proprio per mettere a fattor comune la capacità di calcolo degli atenei) e sfrutterà il calcolo quantistico per accelerare innovazione e competitività di tutto il Paese. Gli altri sei progetti cofinanziati sono in Spagna (“BSC AIF” presso il Centro di supercalcolo di Barcellona), in Finlandia “LUMI AIF” preso il CSCn a Kajaani, in Lussemburgo (“Meluxina-AI” presso LuxProvide a Bissen, in Svezia (“MIMER” presso l'Università di Linköping), in Germania (“HammerHAI” presso l'Università di Stoccarda) e in Grecia (“Pharos” presso GRNET ad Atene).  Investimento senza precedenti sul quantum computing tricolore La AI Factory in arrivo nella data valley - lì dove negli ultimi otto anni ha preso forma la più grande concentrazione di supercalcolo del Paese, tra il data center del Centro meteo europeo ECMWF e il supercomputer Leonardo da 250 miliardi di operazioni al secondo - consolida definitivamente il ruolo di Bologna come crocevia non solo geografico ma digitale del Paese. La nuova infrastruttura «porta a circa un miliardo di euro la cifra complessiva che il nostro Paese ha stanziato negli ultimi anni per l’acquisizione e sviluppo di risorse di calcolo all’avanguardia, investimenti che non hanno precedenti nella nostra storia recente. Ed è un riconoscimento anche del lavoro finora svolto dal Centro Nazionale ICSC, artefice della creazione di un ecosistema di supercalcolo competitivo e attrattivo, che risponderà alle esigenze della ricerca, del settore produttivo e della pubblica amministrazione», sottolinea Antonio Zoccoli, presidente INFN (Istituto nazionale fisica nucleare) e Fondazione ICSC (il Centro nazionale di ricerca in High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing, uno dei cinque Centri nazionali istituiti dal Pnrr dedicati a settori strategici per lo sviluppo del Paese). Gli fa eco Fabio Pammolli, presidente AI4I (l’Istituito italiano per l’intelligenza artificiale per l’industria, fondato in autunno dal Governo per accelerare la ricerca applicata e trasformativa nel campo dell’AI), il soggetto attuatore della AI Factory : «La sfida è mettere rapidamente a sistema i diversi attori della filiera, creando un collegamento virtuoso e veloce tra le Pmi del manifatturiero italiano, le start-up e le aziende che sviluppano soluzioni AI, le nostre unità di R&S e la nuova Infrastruttura di super calcolo». In arrivo a Bologna anche il primo supercalcolatore industriale
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Solo pochi giorni fa è arrivata un’altra notizia che premia il Tecnopolo di Bologna: il consorzio italiano Innovate si è aggiudicato il primo supercalcolatore industry-grade promosso sempre dall’impresa comune EuroHPC, frutto del gioco di squadra tra il Cineca, Almawave (Gruppo Almaviva), Autostrade per l’Italia, BI-REX, Fondazione ICSC, Fondazione IFAB, Snam, UnipolSai. Un progetto da16,9 milioni di euro, coperto per il 35% dall'EuroHPC Joint Undertaking e per il 65% dai partner del consorzio per creare un supercomputer dedicato e disegnato a misura dell’industria, combinando potenza di calcolo e cloud. Supporterà applicazioni come manutenzione predittiva, ottimizzazione dei processi industriali, simulazioni ingegneristiche, sviluppo di algoritmi. «Innovate allarga per la prima volta l’infrastruttura di supercalcolo europea al sistema industriale, grazie allo sforzo congiunto di alcune imprese ��� rimarca Francesco Ubertini, presidente di Cineca - promuovendo l'accesso a tecnologie avanzate anche per le Pmi. Il futuro dipenderà dalla capacità delle nostre imprese di adottare tecnologie digitali avanzate e Innovate è un esempio che spero apra la strada a molti altri casi in futuro». Un bel biglietto da visita per la via Emilia che si prepara a ospitare, oggi e domani, la seconda edizione della S3 Conference 2024, l'evento di punta sulle Smart Specialisation Strategies che raccoglierà a Rimini rappresentanti, politici e tecnici di tutte le regioni degli Stati membri dell’UE per riflettere di innovazione e competitività europea.  Read the full article
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telodogratis · 5 months ago
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Obiettivo competitività. Le lenti di Meta sull’innovazione tecnologica in Ue
(Adnkronos) – Regolamenti confusi e lentezza burocratica frenano lo sviluppo di settori come l’intelligenza artificiale in Europa, spiega Markus Reinisch di Meta.  ​Read More  (Adnkronos) – Regolamenti confusi e lentezza burocratica frenano lo sviluppo di settori come l’intelligenza artificiale in Europa, spiega Markus Reinisch di Meta.  Adnkronos – Tech&Games  economia 
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unita2org · 5 months ago
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AUMENTO DAZI UE SU AUTO ELETTRICHE CINESI SUSCITA OPPOSIZIONE DA PIU' PARTI
2024-10-09 11:27:07 La proposta dell’UE di imporre tariffe aggiuntive sulle auto elettriche cinesi è stata approvata il 4 ottobre, ora locale, tra un’ondata di polemiche La decisione ha scatenato una forte opposizione da parte di molti partiti in Europa. Il primo ministro ungherese, Victor Orban, ha affermato che l’UE sembra limitare la propria competitività, crescita e capacità di sviluppo; i…
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pier-carlo-universe · 3 months ago
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Nuovo piano UE: 50mila euro per le aziende agricole e 3 miliardi dalla BeiSostegni europei raddoppiati per modernizzare il settore primario e affrontare le sfide della sostenibilità
La Commissione Europea ha annunciato un significativo raddoppio della soglia dei sostegni previsti per le aziende agricole nell'ambito della Politica Agricola Comune (Pac).
La Commissione Europea ha annunciato un significativo raddoppio della soglia dei sostegni previsti per le aziende agricole nell’ambito della Politica Agricola Comune (Pac). Nel nuovo schema, ogni azienda agricola potrà ricevere fino a 50mila euro di aiuti diretti nell’arco di tre anni. Questa misura è stata pensata per contrastare le difficoltà economiche del settore primario, aggravate…
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notiziariofinanziario · 6 months ago
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Raffaele Fitto verso la vicepresidenza della Commissione UE
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A tarda sera, in un'Eurocamera ormai vuota, la nuova Commissione europea ha avuto l'atteso via libera dei gruppi della maggioranza. Volto disteso, prudenza d'ordinanza, la presidente ha lasciato gli edifici del Parlamento europeo limitandosi ad un generico "vediamo" con i cronisti che gli chiedevano dell'appuntamento di martedì mattina per la lista dei commissari. Ma secondo diverse fonti europee è quasi certo che tra qualche ora, alla Conferenza dei presidenti dei gruppi, von der Leyen presenterà la sua lista. Con una sorpresa dell'ultima ora: al posto di Thierry Breton, nella casella destinata alla Francia ci sarà Stéphane Séjourné. A dispetto di cinque anni fa sulla lista dei nuovi commissari fino all'ultimo è stata mantenuta una coltre di riserbo, dovuta anche ad una certa instabilità delle ipotesi di deleghe da assegnare. Tra i principali nodi che la presidente della Commissione ha dovuto affrontare c'è stato quello della vicepresidenza esecutiva da destinare a Raffaele Fitto. Il ministro italiano avrà - anche se manca ancora l'ufficialità - la delega alla Coesione e al Pnrr e dovrebbe mantenere il ruolo pensato per lui prima della veemente protesta di socialisti, liberali e verdi: quello cioè di una vicepresidenza forte, formalmente dello stesso peso di quelle che avranno il francese Séjourné, la spagnola Teresa Ribera, il lettone Valdis Dombrovskis, lo slovacco Maros Sefcovic e l'estone Kaja Kallas. Il tutto nonostante il voto contrario a von der Leyen sia di Giorgia Meloni in seno al Consiglio europeo sia di Fdi alla Plenaria di luglio. Sul tavolo di Fitto ci sarà subito un dossier caldissimo, quello del rinvio della deadline del Pnrr: "Non è impossibile, dipende dai numeri", ha spiegato il commissario uscente Paolo Gentiloni. I principali movimenti tellurici dell'ultimo miglio hanno invece riguardato il candidato francese. Alle prime luci del giorno Thierry Breton, potente vicepresidente esecutivo con delega al Mercato interno, ha messo in scena un clamoroso strappo. In un primo tweet ha pubblicato la cornice di un quadro vuoto, spiegando che quello sarebbe stato il suo ritratto nella nuova Commissione. Subito dopo ha reso noto la lettera con cui ha ritirato la sua candidatura e ha rassegnato le dimissioni immediate. Von der Leyen, è stato il suo j'accuse, ha lavorato per chiedere l'esclusione della sua candidatura "per ragioni personali che in nessun caso sono state discusse direttamente con me". Ciò che Breton non ha reso noto è che il presidente Emmanuel Macron era sostanzialmente d'accordo. Poco dopo, infatti, l'Eliseo ha annunciato la designazione di Sejourné mettendo in chiaro l'obiettivo di Parigi: avere, all'interno della Commissione, una delega forte "sulla sovranità industriale Ue e sulla competitività". Il cluster di Sejourné (ogni vicepresidente esecutivo è infatti supervisore di un gruppo di commissari), raccontano diverse fonti europee, potrebbe a questo punto includere anche il portafoglio all'Economia. Al di là della distribuzione dei ruoli, ciò che emerge dalle nomine di von der Leyen è che la futura Commissione sarà nettamente a sua immagine e somiglianza. Una volta esclusi profili forti e non sempre in linea con la presidente, come quelli di Breton, Frans Timmermans e in misura minore Margrethe Vestager, i poteri dell'ex ministra tedesca, di fatto, risulteranno ben più incisivi. "Sarà un esecutivo Ue accentrato su Ursula, che opererà aspettando i suoi placet", è l'opinione di un europarlamentare della maggioranza di lungo corso. I socialisti potranno consolarsi con la delega della Concorrenza affidata a Ribera, mentre sul portafoglio del Commercio è dato in vantaggio il ceco Jozef Sikela sull'olandese Woepke Hoekstra, dato tra i papabili per l'Economia. La delega alla Giustizia appare diretta alla svedese Jessika Roswall, quella dell'Agricoltura al lussemburghese Christophe Hanses, i Trasporti al greco Apostolos Tzitzikostas. Il dossier della Migrazione potrebbe finire invece nelle mani della belga Hadja Lahbib mentre il Digitale avrà i colori finlandesi di Henna Virkkunen. Resta da capire se von der Leyen presenterà la squadra - undici in totale le donne - anche alla stampa, perché il Parlamento sloveno non ha dato ancora via libera alla candidata Marta Kos. In ogni caso, von der Leyen andrà per la sua strada. Read the full article
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youviralart · 7 months ago
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Amici di Giorgia Meloni
Giorgia Meloni
La mia intervista al Corriere della Sera. Buona lettura
Presidente Giorgia Meloni, la sua scelta di schierare l’Italia contro il bis di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Ue ha scatenato polemiche infinite. Se lo aspettava? E resta convinta di aver agito per l’interesse dell’Italia?
«Intanto voglio chiarire che io ho schierato l’Italia nel Consiglio europeo di fine giugno astenendomi sul mandato a von der Leyen, suggerendo a tutti di tenere in considerazione l’indicazione emersa dalle urne. Giovedì, invece, ho schierato il mio partito, all’interno di un voto parlamentare, sul programma politico della prossima Commissione. È una distinzione fondamentale. Dopodiché qualsiasi cosa io faccia genera polemiche infinite, e dunque ovviamente sì, me lo aspettavo. Poi le polemiche bisogna saperle leggere anche nella loro serietà».
🖋️ A chi si riferisce?
«Il M5S mi insulta perché ho votato come loro, il Pd perché non ho votato come loro dopo aver loro stessi minacciato di non sostenere von der Leyen se si fosse azzardata a dialogare con me. E tutti insieme insultano i partiti del centrodestra per aver votato in modo difforme, esattamente come hanno fatto loro. La credibilità della predica si valuta sempre anche dall’autorevolezza del pulpito».
🖋️ La sua scelta ha stupito, spiazzato e suscitato allarme.
«Penso di avere fatto una scelta di coerenza, non sulle mie posizioni, ma rispetto alle elezioni europee. Mi fa sorridere come alcuni osservatori non tengano minimamente in considerazione che cosa i cittadini hanno chiesto con il loro voto dell’8 e 9 giugno. Noi personalizziamo sempre, ma il tema non è von der Leyen sì o no, il tema è quali siano le priorità di cui l’Europa deve occuparsi».
🖋️ Come risponde all’accusa di aver isolato l’Italia, schierandola all’opposizione del nuovo governo europeo?
«Mentre von der Leyen parlava io ho ricevuto messaggi di imprenditori, industriali, non persone antisistema che vogliono l’Italia fuori dalla Ue, ma persone che hanno imparato che questa è un’Europa che non guarda il contesto nel quale si muove e pensa che la sua missione sia semplicemente iper regolare tutto».
🖋️ E com’è il contesto nel quale l’Unione si muove?
«Nel 1990 la Ue a 12 Stati valeva il 26,5% del Pil mondiale, la Cina l’1,8%. Oggi l’Europa a 27 Stati vale il 16,5% e la Cina il 18%. Vuol dire che quando nel 1990 l’Europa pensava che occupandosi di sé stessa si sarebbe anche occupata del contesto faceva una cosa sensata, ma adesso non è più così. Se non valuti il contesto rischi di creare enormi problemi di competitività. Ho incontrato qualche giorno fa alcuni rappresentanti della Round Table europea, che riunisce le grandi industrie europee, e c’erano enormi convergenze tra le loro preoccupazioni e la mia strategia, in materia di competitività, sul tema di una transizione verde e compatibile con sostenibilità economica e sociale, e sull’energia».
🖋️ Avete scelto di non dichiarare il voto in anticipo perché speravate di essere decisivi e poi passare all’incasso?
«Io non ragiono così. Semplicemente ho chiesto al mio partito di convocare la riunione mezz’ora prima del voto perché volevo che potessimo decidere avendo tutti gli elementi a disposizione. Ho aspettato di ascoltare il discorso, ho aspettato di conoscere quali gruppi l’avrebbero sostenuta. Non ho scelto in base a un principio o a uno schieramento ideologico. Ragiono per quello che è meglio per l’Italia e per l’Europa. La presidente ha detto cose che ci trovano d’accordo, in particolare sull’immigrazione, confermando il cambio di passo impresso soprattutto grazie al lavoro italiano. Ma ha anche detto cose che sia nel metodo sia nel merito non rendevano possibile il voto di Fratelli d’Italia».
🖋️ Dunque, come pensano molti, lei ha ragionato da leader di partito e non da capo del governo italiano?
«Mi sono comportata come si dovrebbe comportare un leader europeo perché mi sono chiesta se la traiettoria fosse giusta. E siccome non posso dire di considerarla giusta soprattutto su alcune delle materie sulle quali i cittadini hanno chiesto un cambio di passo, come la transizione verde, ho fatto come sempre quello che mi pareva più giusto, senza condizionamenti e senza timore. Se decidi di dire sì solo per fare quello che fanno gli altri non fai il lavoro che compete a un leader».
🖋️ Non crede che questo la ponga dalla parte degli antieuropeisti?
«Questo eterno racconto di europeisti contro antieuropeisti non regge alla prova della storia e della politica. Sono schematismi infantili. Io penso che sia mio dovere dire quando penso che le cose non funzioneranno, anziché mettere la polvere sotto il tappeto. Ci troviamo in un contesto internazionale, economico e geopolitico difficilissimo. Molte certezze che avevamo stanno venendo meno. Se qualcuno non lo dice, se ciascuno non fa la propria parte per raddrizzare il percorso, lo pagheremo tutti. Lo abbiamo già visto accadere. E quindi penso che si sia molto più credibili se si ha il coraggio di sostenere le proprie posizioni, fermo restando che devono essere posizioni ragionevoli, piuttosto che se si sceglie di tacere per quieto vivere, salvo poi lamentarsi in privato, come ho visto fare a volte».
La accusano di aver commesso un azzardo che danneggia l’Italia. Vuole spiegare meglio la strategia?
«La strategia l’ho già spiegata, è essere consapevoli del proprio ruolo. L’Italia è un Paese fondatore dell’Unione, uno dei più grandi e influenti Paesi europei. Il nostro compito è contribuire a tracciare una rotta, non assistere in silenzio a cosa accade. Questa è stata la scelta di altri, ma non la condivido. All’Europa è mancata spesso, soprattutto, la politica, che è visione e decisione. La ragione per la quale le cose rischiano di non funzionare nei prossimi anni è che il metodo scelto per indicare gli incarichi di vertice della Ue può compromettere entrambe le cose».
Perché il metodo comprometterebbe la visione?
«Se cerchi di mettere insieme tutto e il contrario di tutto, alleando forze politiche che non la pensano allo stesso modo su nulla, rischi di non avere una visione chiara. In Italia lo abbiamo visto accadere spesso, negli scorsi anni, e lo abbiamo pagato. Il problema è che questo tempo, più del passato, richiede scelte chiare».
Teme che Ursula von der Leyen finirà per guidare un governo paralizzato da una maggioranza non omogenea?
«Se porti la logica maggioranza-opposizione, che dovrebbe riguardare solo il Parlamento, al livello degli incarichi apicali, pensati dai padri fondatori come ruoli neutri che garantissero tutti gli Stati membri, produci il rischio di ulteriori divisioni e dunque una maggiore difficoltà nel decidere».
Ma come pensa di cambiare l’Europa mettendosi fuori dalla cabina di regia?
«Cosa si intende per cabina di regia? Se faccio quello che gli altri hanno scelto per me, anche se penso che non risolverà i problemi, secondo voi posso dire di stare in una cabina di regia? Siamo seri. Se invece mi chiedete cosa spero faccia l’Europa la questione è semplice, deve fare meno e deve farlo meglio, deve regolare meno e occuparsi di sostenere la competitività. E quando definisce delle strategie, deve anche accompagnarle con gli strumenti necessari».
Quali sarebbero per lei gli strumenti necessari?
«Se decidi che serve un’industria della difesa competitiva devi anche scomputare gli investimenti nel settore dal calcolo del rapporto deficit/Pil. Se vuoi fare una transizione verde devi accompagnarla con un tempo e dei modi che non si traducano in desertificazione industriale. Se vuoi fare la transizione digitale, devi prevedere stanziamenti adeguati».
Però, pur di non stare con verdi e socialisti lei ha schierato l’Italia all’opposizione di quella che von der Leyen, commentando il no di FdI, ha definito «maggioranza democratica».
«Io ho detto che il mio partito non avrebbe fatto una maggioranza con la sinistra di ogni colore e non l’ho fatta. Ma questo non ha nulla a che fare con il ruolo dell’Italia, che non è dato dalle scelte dei partiti della maggioranza in Parlamento, ma dal suo peso all’interno dell’Unione europea e dalla credibilità del suo governo. Dopodiché mi pare che in pochi conoscano le dinamiche europee, dove le maggioranze alla prova dei fatti cambiano da dossier a dossier e i partiti della maggioranza italiana, dato il loro peso, possono ampiamente fare la differenza».
Vuol dire che potrebbe votare anche con il Pd?
«Nella passata legislatura è successo. Se le opposizioni vorranno collaborare sui vari provvedimenti, in base all’interesse italiano, ne saremo ben felici».
Alcuni parlamentari di FdI hanno votato per von der Leyen per aiutarla a neutralizzare i franchi tiratori?
«Lo escludono i numeri. Rispetto alla maggioranza che von der Leyen aveva sulla carta ci sono oltre 50 voti in meno. Se l’avessimo votata noi, mancherebbero circa 80 voti. Significa che la von der Leyen in realtà non ha una maggioranza? Interessante…».
Ora però è più difficile ottenere deleghe importanti per il commissario italiano e una vicepresidenza esecutiva.
«Io penso che questa lettura sia surreale. Cioè, si sostiene che Ursula von der Leyen non riconosca ai Paesi membri il ruolo che il loro peso determina, ma decida in base al fatto che i partiti di governo l’abbiano votata o meno? Fossi in voi, considererei questa lettura un insulto».
Non teme vendette? Non crede che Scholz e Macron potrebbero lavorare per ridimensionare l’Italia?
«Penso che la decisione ora spetti alla presidente della Commissione, con la quale abbiamo già dimostrato di saper collaborare lealmente. Anche nei passati due anni noi non facevamo parte della sua maggioranza, ma questo non le ha impedito di ascoltarci quando le nostre tesi erano sensate e utili. E non ha impedito a noi di aiutare la Commissione quando ritenevamo che fosse nell’interesse italiano ed europeo. Non ho ragione di credere che non sarà così anche nel futuro».
Lei ha detto a von der Leyen che non l’avrebbe votata?
«Io parlo sempre con la presidente della Commissione, è mio dovere farlo e abbiamo imparato a rispettarci a vicenda».
Quindi il vostro rapporto, anche personale, non è compromesso?
«Abbiamo collaborato fino ad ora e continueremo a farlo anche in futuro. Siamo persone che hanno delle responsabilità e ne comprendono il peso. L’Italia dipende da scelte europee, ma anche l’Europa dipende dall’Italia perché noi non siamo una provincia dell’impero. Siamo uno dei Paesi fondatori, la seconda industria manufatturiera, la terza economia e abbiamo anche il governo più stabile tra le grandi nazioni d’Europa. Tutti riconoscono il peso e il ruolo dell’Italia e sono certa che queste saranno le valutazioni che si faranno quando si definiranno le deleghe».
Conferma che sarà Raffaele Fitto il commissario italiano?
«Io non parto dal nome, ma dalla delega. Quando capiremo, come spero, quale sia il tipo di materia che potrebbe essere affidata all’Italia individueremo, insieme alla maggioranza, anche la persona a nostro avviso migliore. La nostra priorità sono le deleghe di carattere economico, industria, competitività, coesione, che ci consentano di aiutare l’Italia e l’Europa».
FdI ha votato come i Patrioti di Salvini, Le Pen e Orbán che dialogano con Putin. Riuscirà a tenere la linea di sostegno all’Ucraina?
«La linea del governo è definita dal programma che abbiamo scritto insieme e che abbiamo sempre rispettato».
Tajani ha votato «Ursula», lei e Salvini no. È credibile e può durare un governo così diviso in politica estera?
«State scherzando? Questo è il governo italiano percepito come più solido a livello internazionale, da molti anni a questa parte. Questa domanda dovreste farla alla nostra attuale opposizione, che era divisa anche quando governava. Dopodiché io penso che tutte le posizioni espresse in Europa dai partiti della maggioranza siano utili. Le rispetto tutte, e rafforzano il nostro governo».
Dica la verità, ha scommesso su Trump?
«Io sono leader di un partito europeo che ha tra gli alleati anche il partito Repubblicano. Quali siano le mie affinità politiche nel sistema americano è evidente e lo sanno tutti. Questo non mi ha impedito di lavorare molto bene con l’amministrazione Biden. Continuerei a farlo se Biden fosse confermato, così come lavorerei bene con una nuova amministrazione Trump. Per me conta la solidità dell’alleanza con gli Stati Uniti. Pensare che l’alleanza tra due nazioni del G7 muti in base al mutare dei governi è stupido e infantile. Del resto, quando Conte era al governo e negli Stati Uniti c’era Trump non mi pare ci siano stati problemi. Anzi. Noi siamo considerati affidabili, stabili, preziosi. È questa l’unica cosa importante».
Sarà così anche con il nuovo premier britannico?
«Ho già visto Starmer e posso dire che certamente lavoreremo bene insieme. Con Sunak avevo un rapporto di sintonia particolare, di amicizia anche personale, ma adesso si apre questa fase nuova e la dimensione ideologica non ci impedirà di stringere accordi su quelli che sono i reciproci temi di interesse nazionale».
Ci saranno conseguenze sulla tenuta dei conti italiani visto il nuovo Patto di Stabilità e la previsione di una manovra lacrime e sangue?
«La Finanziaria è la priorità del governo da settembre. Faremo tutto il possibile per il sostegno al reddito, ai salari e alle fasce più basse sulla base dei conti e sfruttando tutti gli spazi di flessibilità, come abbiamo già dimostrato di saper fare».
Matteo Renzi si è appellato a tutte le forze progressiste per far cadere il suo governo. Lo teme?
«Non ritengo di avere l’autorevolezza per poter dare consigli agli avversari, esattamente come io tendo a non considerare i consigli dei miei avversari. Devono fare quello che loro ritengono più giusto. Posso solo dire che ho sempre pensato che avere un nemico comune non sia la stessa cosa che avere idee comuni. Se lo fai puoi vincere ma, come si è visto, poi non riesci a governare
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cinquecolonnemagazine · 7 months ago
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Nuovi occupati: luci e ombre di un mercato del lavoro in evoluzione
Tasso di occupazione in aumento, ma ancora indietro rispetto alla media UE: l'Italia si posiziona al secondo posto in Europa per crescita di nuovi occupati, con un incremento del 1,5% nel 2023 rispetto all'anno precedente. Un dato positivo che, seppur incoraggiante, non deve far storcere il naso di fronte ad alcune criticità strutturali che persistono nel mercato del lavoro italiano. Nuovi occupati: numeri in crescita ma divario con l'Europa ancora ampio Nonostante la crescita registrata, il tasso di occupazione in Italia rimane ancora lontano dalla media europea: solo il 66,3% della popolazione tra i 20 e i 64 anni risulta infatti occupata, contro una media UE del 75,3%. Un divario di quasi 9 punti percentuali che evidenzia la necessità di ulteriori sforzi per colmare il gap con i principali paesi europei. Malta al primo posto, Italia seconda: A precedere l'Italia nella classifica per crescita di nuovi occupati troviamo Malta, con un incremento del 1,6%. Seguono poi Germania, Portogallo e Cipro, con tassi di crescita rispettivamente dell'1,4%, 1,3% e 1,2%. Donne e giovani: le categorie più avvantaggiate Tra i dati più interessanti emerge la crescita dell'occupazione femminile, con un aumento di 0,9 punti percentuali contro lo 0,6% degli uomini. Bene anche la performance dei giovani tra i 15 e i 24 anni, che registrano un incremento del 2,4%. Economia circolare: un settore trainante per l'occupazione: L'Italia si distingue come seconda in Europa per numero di occupati nel settore dell'economia circolare, con ben 517.000 addetti. Un dato che conferma il ruolo strategico di questo settore per la ripresa economica e la sostenibilità ambientale del Paese. Lavoro precario e divario salariale: le sfide da affrontare: Nonostante i dati positivi in termini di crescita occupazionale, permangono criticità come la diffusione del lavoro precario e la persistenza di un divario salariale tra uomini e donne. Secondo l'INPS, nel 2023 il 20,2% dei lavoratori in Italia era impiegato con contratti atipici. Il divario salariale di genere, invece, si attesta al 2%, con le donne che guadagnano in media il 2% in meno degli uomini a parità di mansioni. Investire in formazione e istruzione? Per consolidare la crescita occupazionale e centrare gli obiettivi europei in termini di tasso di occupazione, è necessario investire in formazione e istruzione. Bisogna creare un sistema che permetta di sviluppare le competenze necessarie per i nuovi lavori emergenti e per facilitare l'inserimento nel mondo del lavoro, soprattutto per le categorie più fragili. La crescita di nuovi occupati in Italia rappresenta un segnale positivo, ma non basta per parlare di una vera e propria ripresa del mercato del lavoro. Perseguire gli obiettivi di inclusione sociale e di competitività economica richiederà un impegno costante da parte di tutti gli attori coinvolti, a partire da politiche mirate al sostegno delle categorie più fragili e all'ammodernamento del sistema formativo. Solo con un'azione sinergica e lungimirante sarà possibile costruire un futuro lavorativo più solido e inclusivo per tutti. Foto di Karolina Grabowska da Pixabay Read the full article
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m2024a · 8 months ago
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Scintille Lega-Fi sul sì a Ursula. "Imbarazzante", "Voi puerili" A distanza di quattro giorni dalla rielezione di Ursula Von der Leyen a presidente della Commissione europea non si placano le polemiche che ora investono il centrodestra in un accesso confronto Lega-Forza Italia. Ieri il vicepremier Antonio Tajani ha dichiarato che un'altra maggioranza in Ue «ha eletto i vicepresidenti di Metsola. Sono stati eletti i vicepresidenti dei conservatori e, senza polemica, non sono stati eletti i vicepresidenti dei Patrioti che ancora una volta si dimostrano ininfluenti, il problema è che anche i Patrioti italiani rischiano di essere ininfluenti all'interno dei patrioti europei». A stretto giro è arrivata la replica della Lega: «votare con la Schlein per una poltrona è imbarazzante» aggiungendo «meglio senza vicepresidenti che con Verdi e sinistre». Tajani ha poi controreplicato: «Abbiamo sempre detto che avremmo votato per Von der Leyen, la nostra è stata una scelta coerente» precisando «c'è chi dice che abbiamo votato come Schlein e i Verdi, potrei rispondere che chi ha votato no ha votato come Salis e Conte, ma sarebbe puerile». Fonti di Forza Italia fanno notare che il programma della von der Leyen ha l'impronta del Ppe e su molti punti è perciò molto vicino al programma del governo italiano. Intanto la descrizione di un'Italia isolata a causa del voto contrario a Ursula Von der Leyen da parte di Fratelli d'Italia si scontra con la realtà dei fatti. Domani infatti Giorgia Meloni incontrerà a Roma il neo eletto presidente del Consiglio europeo, il portoghese António Costa. Nonostante l'Italia in Consiglio europeo avesse votato contro la sua nomina Costa aveva dichiarato: «Lavorerò a stretto contatto con Giorgia Meloni, così come con gli altri 26 leader dell'Ue». Sta avvenendo proprio così come testimonia l'incontro di domani che è importante per varie motivazioni. Anzitutto la tempistica a pochi giorni dal voto all'Europarlamento che ha rieletto Ursula Von der Leyen presidente della Commissione Ue e che concretizza la volontà delle istituzioni europee di lanciare un preciso messaggio politico: non si può escludere l'Italia. In secondo luogo perché Costa presiede il vero centro di potete dell'Ue: il Consiglio europeo. Al centro dell'incontro con Costa ci saranno i principali dossier affrontati dal Consiglio Ue nei prossimi mesi a partire dalle questioni economiche che interessano l'Italia. È inevitabile però che le nomine dei commissari europei con il portafoglio che spetterà all'Italia saranno il tema più discusso. Giorgia Meloni rivendica il no di Fdi a Ursula: «Penso di avere fatto una scelta di coerenza, non sulle mie posizioni, ma rispetto alle Europee. Ritorsioni? É una lettura surreale» dice al Corriere della sera. Sulla possibile scelta di Raffaele Fitto, dice: «Io non parlo del nome, ma della delega. La nostra priorità sono le deleghe di carattere economico, industria, competitività, coesione che ci consentono di aiutare l'Italia e l'Europa». Nel mentre gli equilibri nella maggioranza europea sono in movimento come spiega il capogruppo di Forza Italia al Parlamento Ue Fulvio Martusciello «sta montando la rabbia dei parlamentari del Ppe dopo il mancato voto dei Verdi a Ursula Von der Leyen». «Gli ambientalisti, infatti - aggiunge Martusciello - avevano promesso di votarla in cambio di molte poltrone nelle commissioni parlamentari e invece non lo hanno fatto ed ora pretendono ugualmente che martedì i loro europarlamentari vengano eletti». Non rimane che prendere atto che in futuro, come spiega il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli: «il dialogo Ppe-Ecr è in prospettiva irreversibile».
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delectablywaywardbeard-blog · 11 months ago
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Giuseppe Sabella: perché l’Ue ha bisogno dell’agenda Draghi
Questa settimana Mario Draghi è intervenuto a La Hulpe a una conferenza sul pilastro sociale europeo organizzata dalla presidenza belga del Consiglio UE, anticipando alcuni contenuti del suo “rapporto sul futuro della competitività europea” richiestogli lo scorso settembre da Ursula von der Leyen in occasione del suo discorso sullo stato dell’Unione. Ne abbiamo parlato con Giuseppe Sabella,…
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