#mercato agricolo europeo
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🚜 Coldiretti Alessandria: nuove sanzioni sui fertilizzanti russi, costi insostenibili per le aziende agricole 🌾
Le aziende agricole italiane, e in particolare quelle della provincia di Alessandria, si trovano ad affrontare un’ulteriore emergenza economica a causa delle nuove sanzioni sui fertilizzanti provenienti dalla Russia e dalla Bielorussia.
Le aziende agricole italiane, e in particolare quelle della provincia di Alessandria, si trovano ad affrontare un’ulteriore emergenza economica a causa delle nuove sanzioni sui fertilizzanti provenienti dalla Russia e dalla Bielorussia. A lanciare l’allarme è Coldiretti Alessandria, con il presidente Mauro Bianco e il direttore Roberto Bianco, che denunciano l’impatto devastante di questi…
#Agricoltura Digitale#agricoltura e clima#agricoltura e geopolitica#agricoltura e sostenibilità#agricoltura e tecnologia#agricoltura italiana#Agricoltura Sostenibile#Alessandria today#aumento dei prezzi#Coldiretti Alessandria#Coldiretti Italia#Commissione Europea#competitività UE#costi di produzione#crisi agricola#crisi economica agricoltura#dazi commerciali#dazi europei#energia e agricoltura#fertilizzanti Bielorussia#fertilizzanti russi#futuro dell’agricoltura.#Google News#Guerra in Ucraina#Imprese agricole#investimenti in agricoltura#italianewsmedia.com#Mauro Bianco#Mercato agricolo#mercato agricolo europeo
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Agricoltura, due milioni per promuovere le produzioni: pubblicato il bando
«Questa misura – afferma l’assessore regionale all’Agricoltura, Salvatore Barbagallo – rappresenta un’opportunità per dare slancio alla produzione di qualità e sostenere la crescita delle nostre imprese nel mercato interno ed europeo».
Due milioni di euro per sostenere la competitività del settore agricolo siciliano attraverso attività di promozione e informazione. È stato pubblicato il bando relativo alla sottomisura 3.2 del PSR Sicilia 2014/2022, destinato ad associazioni di consumatori e consorzi. L’obiettivo è rafforzare la presenza delle aziende agricole siciliane sui mercati, valorizzando le produzioni regionali di…
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Cosa ci riserva il 2024? BKT delinea le 10 macro-tendenze che caratterizzeranno il mondo agricolo europeo nei prossimi mesi
Il settore agricolo è storicamente influenzato da numerosi fattori, primi tra tutti l’instabilità climatica, le crisi geopolitiche che ricadono sul mercato agroalimentare e che, conseguentemente, condizionano tutto ciò che ruota attorno alla produzione e all’agromeccanica. Un insieme di elementi che ne determinano la difficile prevedibilità e un rischio elevato d’impresa. Tracciare delle…

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ARRIVA IL PRIMO TRATTORE A EMISSIONI ZERO

Il primo trattore ibrido a biometano ed elettrico al mondo per uso agricolo professionale è stato presentato al mercato ed è pronto ad essere commercializzato.
Si chiama Auga M1 ed è stato realizzato dal più grande produttore europeo di alimenti biologici, il gruppo Lituano Auga, che compie il primo passo nella transizione per un’agricoltura che elimini l'inquinamento climatico lungo tutta la filiera alimentare, dal campo alla tavola, consentendo di produrre cibo senza impatto per la natura.
“Tre anni fa, quando abbiamo calcolato per la prima volta le nostre emissioni, abbiamo visto che ben il 30% di esse proviene dall'uso di combustibili fossili nelle fattorie. Ecco perché abbiamo deciso di sviluppare tecnologie che ci consentiranno di creare un nuovo standard per l'agricoltura sostenibile e ridurre drasticamente l'inquinamento lungo tutta la catena del valore alimentare”, ha commentato Kęstutis Ju��čius amministratore del gruppo Auga. “Siamo pronti a fornire ai consumatori di tutto il mondo cibo senza alcun costo per la natura".
Secondo le rilevazioni, l'attività agricola è responsabile di quasi un quarto di tutto l'inquinamento da gas serra nel mondo. Il biometano come carburante alternativo, oltre a poter essere ottenuto dai rifiuti zootecnici, compensa più emissioni per unità di energia nel suo ciclo di produzione e utilizzo di quante ne emetta. Quando il trattore è in funzione, il motore a combustione alimentato a biometano genera energia e la trasmette direttamente ai motori elettrici. Durante il funzionamento in condizioni normali il trattore immagazzina la riserva di energia generata nelle batterie per utilizzarla quando necessario.
_______________
Fonte: Auga - 29 settembre 2021
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Mugello: mozione sulla crisi ortofrutticola

Mozione Crisi Ortofrutticola del Mugello-Alto Mugello dei consiglieri Rodolfo Ridolfi e Mauro Ridolfi Il Consiglio dell’Unione Montana dei Comuni del Mugello Premesso che: i comitati provinciali dei sindacati Cisl e CGIL il 24 dicembre 2021, comunicavano al Sindaco di Marradi che la ditta Italcanditi Spa (leader italiano ed europeo nella produzione di semilavorati per l’industria dolciaria e lattiero casearia) di Pedrengo (BG), intendeva chiudere lo stabilimento di produzione di Marradi (FI), acquisita soltanto diciotto mesi prima, nell’agosto 2020, ed appartenuta fino a quel momento alla Srl Ortofrutticola del Mugello (con socio di maggioranza Gaetano De Feo della Terminio Frutta di Serino, AV); lo stabilimento di Marradi è stato realizzato con fondi della Comunità economica europea ottenuti nel 1976 dalla Comunità Montana dell’Alto Mugello (Firenzuola, Marradi, Palazzuolo Sul Senio). I lavori di costruzione dello stabilimento iniziati nel 1981, sul terreno concesso gratuitamente dal Comune di Marradi furono conclusi nel 1984; l’Ortofrutticola del Mugello è tra le aziende leader nel segmento di mercato dei Marrons Glacés utilizzati dai grandi marchi dolciari quali Lindt, Caffarel, Baratti, Amaretti Virginia, Majani, Vergani e nella produzione di ingredienti a base di castagne per l’industria dolciaria ed esporta i propri prodotti in oltre 30 paesi: con particolare riguardo al Giappone, Canada, Messico, Francia. lo stabilimento di produzione è inserito in un contesto economico agricolo che vede il territorio di Marradi tra i più rinomati per la castanicoltura, tant’è che lo stabilimento di produzione dei Marrons Glacès acquistava una considerevole parte della produzione del prodotto fresco direttamente dal territorio; nel 2020 la produzione ha risentito lievemente delle difficoltà causate dalla pandemia e nel 2021 invece si è avuta una produzione ottima; Tenuto conto che la chiusura della lavorazione dei Marrons Glacés a Marradi comprometterebbe la già fragile condizione del tessuto economico e sociale del territorio marradese e dell’Alto Mugello poiché l’attività industriale dell’Ortofrutticola ed il relativo indotto, rappresentano la principale fonte di sostentamento della gran parte delle famiglie marradesi; al tavolo regionale di composizione della crisi aziendale non si è raggiunta nessuna soluzione condivisa Considerato che nella prima riunione tra i Sindacati e la consulente del lavoro di Italcanditi S.p.a., quest’ultima avrebbe sostenuto, come riportato pubblicamente dagli stessi sindacati, che i macchinari per la produzione di Marrons Glacès, che oggi vogliono portare a Pedrengo, sarebbero obsoleti; a quanto sempre pubblicamente affermato dai sindacati dall’agosto 2020 pur interloquendo costantemente con la proprietà mai avevano avuto sentore che l’azienda volesse chiudere lo stabilimento di di Marradi; il clamore mediatico suscitato dalla vicenda ha indotto Italcanditi S.p.a. e il fondo di investimento riconducibile ad Andrea Bonomi, che ne detiene il 70%, a voler salvare la faccia retrocedendo dalla ipotesi di chiusura immediata dello stabilimento, senza però rinunciare al trasferimento del core business dell’azienda con sede a Marradi ovvero la produzione dei Marrons Glacès nella presentazione del nuovo piano industriale frettolosamente predisposto assieme al vecchio-nuovo proprietario Italcandidti S.p.a. sostiene che il mercato del Marrons Glacès rappresenta un mercato flat ovvero un mercato arrivato a saturazione senza prospettive. Mentre esprime piena solidarietà a tutte le lavoratrici e i lavoratori dell’Azienda Ortofrutticola del Mugello Spa impegnati in una dura battaglia per la difesa del proprio posto di lavoro Ritiene che: la contraddittorietà di tutto quanto sopra riportato conferma contraddittorietà di tutto quanto sopra riportato confermi la volontà di Itala volontà di Italcanditi S.p.a di eliminare un concorrente scomodo, come si usa fare nelle logiche di mercato, anche e nel settore dei nel settore dei Marron Glacès; alla luce di quanto fin qui accaduto, per il bene e lo sviluppo dello stabilimento di Marradi, sia irrinunciabile, in una strategia di filiera e di qualità che valorizzi il made in Italy e la sua sostenibilità, un piano industriale decennale fondato sull’ l’incremento di produzione di confezioni di Marrons Glacès (interi e rottami) con prodotto IGP di Marradi; qualsiasi Marrons Glacès realizzato con prodotto non italiano ad un costo minore per coprire la fetta di mercato occupata fino a quest’anno dal prodotto realizzato a Marradi, utilizzerebbe impropriamente un vantaggio competitivo dato dalla consolidata qualità del prodotto realizzato a Marradi, che ha il pregio di essere un prodotto artigianale fatto industrialmente. Tale strategia danneggerebbe la stessa credibilità sul mercato del prodotto e l’immagine di qualità che il made in Italy rappresenta nel mondo. Impegna il Presidente e la Giunta: Ad invitare la proprietà di Italcanditi a mantenere la piena funzionalità dello stabilimento di Marradi lasciando i macchinari per la produzione di Marrons Glacès al fine di attivare due linee specifiche di prodotto: “Marron Glacès di Marradi IGP” e “Marron Glacès italiani di alta qualità”, per confezioni di un prodotto da destinare al mercato della produzione di alta qualità. Nel caso invece di non disponibilità di Italcanditi chiedere chiedere formalmente l’apertura di un tavolo di crisi a livello nazionale al Ministro del Lavoro e al Ministro delle attività economiche. Ad inviare senza alcuna procrastinazione questo documento al Ministro del Lavoro e al Ministro delle attività economiche, al Presidente della Regione Toscana, al Presidente della Città Metropolitana di Firenze, al Sindaco di Pedrengo, al Sindaco di Firenze, al Sindaco di Pedrengo, al Sindaco di Bergamo. Rodolfo Ridolfi e Mauro Ridolfi, Gruppo consigliare centrodestra Mugello-Alto Mugello Coordinamento regionale Forza Italia Toscana Follow @FI_Toscana


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Vini della Sicilia
Vini della Sicilia

I vini della Sicilia: vini siciliani DOC, DOCG e IGT
I vini in Sicilia godono del clima ideale per la coltivazione della vite in particolar modo nelle zone costiere ed in alcune zone interne .
I vini per la Sicilia sono una risorsa molto importante all’interno di un panorama agricolo che contempla un ruolo di primo piano anche per gli agrumi e le olive. I vini in Sicilia arrivano ogni anno ad una quantità prodotta che si aggira approssimativamente attorno ai novemila ettolitri. Questo testimonia come l’isola maggiore del Mediterraneo contenga anche una selezione di vini tra le maggiori del panorama europeo.
Le tipologie di vini in Sicilia
Fra i vini siciliani sono annoverate varie tipologie. Si passa da vini non molto alcolici, facili a bersi e leggeri come i vini coltivati nei dintorni dell’Etna a vini da pasto tipici delle zone di Trapani e Palermo. Di primo piano sono le tipologie di vino dolce o da dessert quali il Moscato di Pantelleria o il Marsala. Quest’ultimo è sicuramente un vino da dolce tra i più famosi al mondo. Sono presenti anche vini robusti e di elevata corposità come il Nero d’Avola che non ha certamente bisogno di presentazioni.
I vini in Sicilia: i vitigni
I vitigni più prestigiosi che danno luogo ai vini della Sicilia sono soprattutto le uve locali. Come già sottolineato il Nero d’Avola è riuscito a raggiungere una visibilità a livello mondiale tra i vini rossi. Alle uve autoctone si sono aggiunti nei secoli vitigni di importazione quali il Cabernet sauvignon ed il Chardonnay. Questa unione ha rinnovato il panorama dei vini siciliani aggiungendo vini estremamente particolari ed apprezzabili.
La coltivazione dei vini siciliani
La coltivazione dei vini in Sicilia hanno subito recentemente una rivoluzione delle tecniche produttive che ha portato un notevole miglioramento sia sulle rese per ettaro sia sull’apprezzamento dei vini stessi nel mercato internazionale.
I vini siciliani sono :
Marsala
Alcamo
Malvasia delle Lipari
Nero d’Avola
Cerasuolo di Vittoria
Moscato di Pantelleria
Contea di Sclafani Grillo
Contessa Entellina Grecanico
Delia Nivolelli Cabernet Sauvignon
Eloro Nero d’Avola
Erice
Etna
Faro
Mamertino di Milazzo
Menfi Syrah
Monreale
Moscato di Noto
Passito di Pantelleria
Moscato di Siracusa
Riesi Superiore
Salaparuta
Sambuca di Sicilia Chardonnay
Santa Margherita di Belice Grecanico
Sciacca Riserva Rayana
Vittoria Inzolia
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I vini della Sicilia: vini siciliani DOC, DOCG e IGT
I vini in Sicilia godono del clima ideale per la coltivazione della vite in particolar modo nelle zone costiere ed in alcune zone interne .
I vini per la Sicilia sono una risorsa molto importante all’interno di un panorama agricolo che contempla un ruolo di primo piano anche per gli agrumi e le olive. I vini in Sicilia arrivano ogni anno ad una quantità prodotta che si aggira approssimativamente attorno ai novemila ettolitri. Questo testimonia come l’isola maggiore del Mediterraneo contenga anche una selezione di vini tra le maggiori del panorama europeo.
Le tipologie di vini in Sicilia
Fra i vini siciliani sono annoverate varie tipologie. Si passa da vini non molto alcolici, facili a bersi e leggeri come i vini coltivati nei dintorni dell’Etna a vini da pasto tipici delle zone di Trapani e Palermo. Di primo piano sono le tipologie di vino dolce o da dessert quali il Moscato di Pantelleria o il Marsala. Quest’ultimo è sicuramente un vino da dolce tra i più famosi al mondo. Sono presenti anche vini robusti e di elevata corposità come il Nero d’Avola che non ha certamente bisogno di presentazioni.
I vini in Sicilia: i vitigni
I vitigni più prestigiosi che danno luogo ai vini della Sicilia sono soprattutto le uve locali. Come già sottolineato il Nero d’Avola è riuscito a raggiungere una visibilità a livello mondiale tra i vini rossi. Alle uve autoctone si sono aggiunti nei secoli vitigni di importazione quali il Cabernet sauvignon ed il Chardonnay. Questa unione ha rinnovato il panorama dei vini siciliani aggiungendo vini estremamente particolari ed apprezzabili.
La coltivazione dei vini siciliani
La coltivazione dei vini in Sicilia hanno subito recentemente una rivoluzione delle tecniche produttive che ha portato un notevole miglioramento sia sulle rese per ettaro sia sull’apprezzamento dei vini stessi nel mercato internazionale.
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La coltivazione dei vini in Sicilia hanno subito recentemente una rivoluzione delle tecniche produttive che ha portato un notevole miglioramento sia sulle rese per ettaro sia sull’apprezzamento dei vini stessi nel mercato internazionale.
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La nostra pubblica amministrazione non incassa i fondi UE e non paga i fornitori
L’inefficienza della nostra Pubblica Amministrazione (PA) ci costa caro. Come ha denunciato nei giorni scorsi la Corte dei Conti Europea (Corte dei Conti Europea, Analisi rapida di casi. Impegni non ancora liquidati nel bilancio dell’Ue – un approfondimento, aprile 2019), contiamo 22,3 miliardi di euro non ancora liquidati dall’Unione europea a causa dei ritardi che i nostri uffici ministeriali e regionali hanno accumulato in questi anni nella fase di pianificazione/progettazione dei Fondi strutturali (1) di nostra competenza. Altresì, la nostra PA ha uno stock di debito con i propri fornitori di 57 miliardi di euro, 30 dei quali ascrivibili a ritardi superiori ai tempi di pagamento stabiliti per contratto (2). “Sia quando è chiamata a incassare i soldi da Bruxelles sia quando deve saldare le fatture emesse dai propri fornitori – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo - la nostra PA accumula dei ritardi spaventosi che penalizzano, in particolar modo, il mondo delle piccole e medie imprese. In entrambi i casi, comunque, nessuno in Europa registra degli score peggiori dei nostri. Una leadership che non ci fa onore e che ci relega nelle ultimissime posizioni in Ue, anche quando viene misurata la qualità/quantità dei servizi pubblici erogati ai cittadini e alle imprese”. Per il milione di aziende private italiane che lavora per la PA, inoltre, la situazione negli ultimi anni è ulteriormente peggiorata. Dal 2015 ha fatto il suo “debutto” lo split payment. Questa misura obbliga le Amministrazioni centrali dello Stato (e dal 1° luglio 2017 anche le aziende pubbliche controllate dallo stesso) a trattenere l’Iva delle fatture ricevute e a versarla direttamente all’erario. L’obbiettivo è stato quello di contrastare l’evasione fiscale, ovvero evitare che, una volta incassato il corrispettivo dal committente pubblico, l’impresa privata non versi al fisco l’imposta sul valore aggiunto. Il meccanismo, sicuramente efficace nell’impedire che l’imprenditore disonesto non versi l’Iva all’erario, ha però provocato molti problemi finanziari a tutti coloro che con l’evasione, invece, nulla hanno a che fare. Vale a dire la stragrande maggioranza delle imprese. “La nostra PA – sostiene il segretario della CGIA Renato Mason - non solo paga con un ritardo inaudito, ma quando lo fa non versa più l’Iva al proprio fornitore. Pertanto, le imprese che lavorano per lo Stato, oltre a subire tempi di pagamento spesso irragionevoli, scontano anche il mancato incasso dell’Iva che, pur rappresentando una partita di giro, consentiva alle imprese di avere maggiore liquidità per fronteggiare i pagamenti correnti. Questa situazione, associandosi alla contrazione degli impieghi bancari nei confronti delle imprese avvenuto in questi ultimi anni, ha peggiorato la tenuta finanziaria di moltissime piccole aziende”. A ricordarci che la situazione rimane ancora molto critica è la Commissione europea che, pur avendo riconosciuto gli sforzi compiuti dal Governo italiano, ha avviato una procedura di infrazione con lettera di costituzione in mora nel giugno 2014 e il successivo invio del parere motivato nel febbraio 2017. Nonostante questi richiami, le Amministrazioni pubbliche italiane necessitavano in media 100 giorni per saldare le loro fatture. A fronte di questa situazione, la Commissione nel dicembre del 2017 ha deciso di deferire l'Italia alla Corte di Giustizia dell'UE, ribadendo il sistematico ritardo con cui le amministrazioni pubbliche italiane effettuano i pagamenti nelle transazioni commerciali, in violazione delle norme dell'UE in materia di pagamenti. Secondo gli ultimi dati relativi alla periodica indagine condotta da Intrum Justitia, nel 2018 la nostra PA ha saldato i propri fornitori mediamente dopo 104 giorni: più del doppio della media europea che, invece, paga dopo 41 giorni. #gallery-3 { margin: auto; } #gallery-3 .gallery-item { float: left; margin-top: 10px; text-align: center; width: 50%; } #gallery-3 img { border: 2px solid #cfcfcf; } #gallery-3 .gallery-caption { margin-left: 0; } /* see gallery_shortcode() in wp-includes/media.php */


La CGIA, infine, segnala che: “Sebbene la Banca d’Italia affermi che ci sia una leggera diminuzione dell’ammontare del debito stimabile in 57 miliardi di euro – prosegue Mason – anche i ricercatori di via Nazionale tornano a sottolineare che nel confronto con gli altri Paesi europei l’Italia presenta dei tempi di pagamento mediamente più lunghi e un ammontare complessivo di debiti da onorare che non ha eguali”. “Tuttavia - conclude Zabeo - la cosa inaccettabile di questa vicenda è che la nostra PA, nonostante siano trascorsi quasi 5 anni dall’introduzione della fattura elettronica nelle transazioni commerciali tra committente pubblico e aziende private, non conosca ancora lo stock di debito commerciale maturato al 31 dicembre 2018”. La questione, comunque, dovrebbe essere risolta in tempi brevissimi. Entro il prossimo 30 aprile, infatti, tutte le Amministrazioni pubbliche avranno l’obbligo di comunicare alla piattaforma elettronica (Pcc) gestita dal Mise lo stock di debito commerciale maturato al 31 dicembre 2018. Una scadenza, quella di fine aprile, che sarà riproposta ogni anno, in modo tale che ogni ente pubblico avrà l’obbligo di inviare gli impegni di spesa non liquidati riferiti all’esercizio precedente. Ogni 3 mesi, inoltre, saranno aggiornati gli importi delle fatture ricevute dall’inizio dell’anno, i pagamenti effettuati e i tempi medi ponderati di pagamento e di ritardo. Saranno, infine, divulgati tutti i mesi i valori relativi alle fatture ricevute nell’anno precedente, scadute e non ancora pagate da oltre un anno. APPROFONDIMENTI: (1) I Fondi SIE generano oltre i due terzi dell’intero arretrato che l’Italia deve incassare dall’Unione europea. Questi ultimi comprendono cinque diversi fondi, disciplinati dal regolamento (UE) n.1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, noto come «regolamento disposizioni comuni». I Fondi strutturali presentano due componenti: il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), che dal 1975 fornisce sostegno allo sviluppo e all’adattamento strutturale delle economie regionali, ai cambiamenti economici, al potenziamento della competitività e della cooperazione territoriale in tutta l’UE; e il Fondo sociale europeo (FSE), istituito nel 1958 con l’obiettivo di contribuire alla flessibilità dei lavori e delle aziende, favorire l’accesso all’occupazione, la partecipazione al mercato del lavoro e l’inclusione sociale delle persone svantaggiate, contrastare tutte le forme di discriminazione e creare partenariati per gestire le riforme per l’occupazione. Gli altri tre fondi che compongono i Fondi SIE sono: il Fondo di coesione, che sostiene esclusivamente gli Stati membri meno sviluppati, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP). Tra i 22,3 miliardi di stanziamenti assegnati dall’Ue all’Italia ma non ancora liquidati, poco più di 2 miliardi sono riferiti al settennio 2007-2013. (2) Banca d’Italia, Relaziona annuale, pag. 154-155, maggio 2018. Dal 2013, in seguito al recepimento nel nostro ordinamento della direttiva europea contro i ritardi di pagamento (direttiva UE/2011/7), i tempi di pagamento non possono superare di norma i 30 giorni (60 per alcune tipologie di forniture, in particolare quelle sanitarie). Read the full article
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SAN BENEDETTO – L’obiettivo storico non è stato solo raggiunto ma anche superato. Ben 1,1 milioni di firme per chiedere alla Commissione Ue di estendere l’obbligo di indicazione di origine nell’etichetta di tutti gli alimenti in commercio. Ora, terminata “Eat original! Unmask your food” (Mangia originale, smaschera il tuo cibo), un maxi assegno simbolo del traguardo raggiunto è stato consegnato al presidente del consiglio Giuseppe Conte al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione che si è aperto ieri a Cernobbio.
Una petizione molto sentita anche nelle Marche dove oltre 46mila cittadini hanno aderito. La Coldiretti regionale ha lavorato senza soste fin dallo scorso ottobre.
“Grazie al lavoro di Coldiretti che ha promosso e guidato l’iniziativa di informazione e di condivisione popolare, grazie ai cittadini che hanno colto la portata valoriale della petizione, grazie a tutte le persone che con i loro rispettivi ruoli all’interno della società hanno contribuito al raggiungimento di questo risultato – commenta la presidente di Coldiretti Marche, Maria Letizia Gardoni – oggi abbiamo un supporto ancora più forte e diffuso per ribadire alla Commissione Europea quanto la trasparenza della filiera e l’indicazione di origine dei prodotti agroalimentari dovrà essere lo strumento per regolamentare gli equilibri sociali e di mercato. Ora è necessario l’impegno politico del governo europeo per tradurre la richiesta emersa dall’Italia e da altri sei paesi europei in una legislazione non più procrastinabile”.
Un successo strepitoso ottenuto soprattutto grazie all’l’Italia, dove è stato raccolto l’85% delle firme, e al quale – spiega Coldiretti – hanno contributo cittadini e rappresentanti delle istituzioni della politica, dello sport, della ricerca, della cultura per obbligare la Commissione ad assicurare la trasparenza dell’informazione sui cibi in tutta l’Unione Europea dove rischiano di entrare in vigore nell’aprile 2020 norme fortemente ingannevoli per i consumatori. Al fianco di Coldiretti anche da numerose organizzazioni e sindacati di rappresentanza: dalla Fnsea (il maggior sindacato agricolo francese) alla Ocu (la più grande associazione di consumatori spagnola), da Solidarnosc (storico e importante sindacato polacco) alla Upa (l’Unione dei piccoli agricoltori in Spagna), da Slow Food a Fondazione Univerde, a Gaia (associazione degli agricoltori greci) a Green protein (Ong svedese), alle quali se ne sono poi aggiunte molte altre.
Quella promossa dalla Coldiretti è appena la settima petizione sulle ben 48 presentate a raggiungere l’obiettivo di un milione di firme da quando l’Ice (iniziativa dei cittadini europei) è stata istituita, 12 anni fa. Un traguardo tutt’altro che facile poiché, oltre a raccogliere il numero di sottoscrizioni prefissato, per essere valida la petizione deve anche superare una soglia minima di adesioni in almeno sette Paesi dell’Unione.
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Le opportunità economiche e le riforme giuridiche del paese delle aquile
Le opportunità economiche e le riforme giuridiche del paese delle aquile
Domenico Letizia Geopolitica e Comunicazione

La Repubblica d’Albania è situata nel sud-est del continente europeo, e nel sud-ovest della penisola balcanica; confina a nord e a nord-est con il Montenegro, ad est con la Macedonia, con la Grecia a sud ed a sud-est, ed infine con il Mar Adriatico ed il Mar Ionio ad ovest. Il territorio Albanese si estende per circa 28.748 km2 di cui oltre i tre quarti sono montagne e colline; la zona costiera è invece pianeggiante e si estende per circa 600 km. L’Albania ha un clima tipicamente mediterraneo, con inverni freddi e umidi ed estati calde e secche. La vicinanza all’Italia rappresenta un punto di forza per lo sviluppo delle relazioni economiche e commerciali con la nostra penisola. Un’azienda italiana ha numerosi vantaggi se investe in Albania, perché può disporre di una forza lavoro qualificata, di una tassa sugli utili molto vantaggiosa (dal 0% al 15%), del costo della manodopera tra i più bassi dell’Europa Orientale, del trattato sulla doppia imposizione con l’Italia, del livello di istruzione della popolazione superiore alla media UE. Inoltre, la lingua italiana è parlata da buona parte della popolazione, ci sono forti incentivi da parte del FMI e BCE per le iniziative imprenditoriali, c’è una presenza capillare di banche internazionali (Raiffaisen, Societè Generale) e italiane (Banca Intesa, Veneto Banca) e il Paese è in pieno boom economico con ampi spazi per investimenti in vari settori. Per l’International Trade Center, l’Albania vanta la più alta crescita economica del sud-est europeo. Nonostante gli effetti della crisi globale l’export dei prodotti “Made in Albania” è cresciuto del 23%, i tassi di crescita del Pil si sono mantenuti positivi, così come gli investimenti diretti esteri. La forte attenzione del Governo albanese verso la tematica energetica e l’interconnessione elettrica tra il mercato balcanico e l’Italia spingono ad essere ottimisti sulle ulteriori prospettive di sviluppo del settore. Altra opportunità per le nostre imprese è costituita dalla realizzazione del tratto albanese del Trans Adriatic Pipeline (TAP), che prevede la costruzione di un gasdotto destinato al trasporto del gas dell’Azerbaigian, il giacimento dello Shaz Deniz, fino alle coste italiane, attraverso la Grecia e l’Albania. In aggiunta alle ottimistiche previsioni dell’International Trade Center vi è anche il recente rapporto dell’Institute for Economic Studies di Vienna. Quest’anno, il prossimo e nel 2020, l’Albania sarà l’economia in più rapida crescita nei Balcani occidentali si legge dal report dell’Istituto. Per quest’anno, l’Istituto di Vienna (come riportato dal Portale di informazione economica e geopolitica “AlbaniaInvestimenti.com”) prevede una crescita economica del paese al 4,1%, e per il prossimo anno al 4%, per poi scendere al 3,9% nel 2020. Per quanto riguarda il tasso di disoccupazione, le ultime proiezioni mostrano che l’Albania ha rappresentato il tasso più basso in questi ultimi tre anni, con rispettivamente il 13%, il 12,5% e il 12%. Per quanto riguarda il tasso di inflazione, le proiezioni rimangono invariate. Nonostante gli effetti negativi della crisi globale, l’export dei prodotti “Made in Albania” è cresciuto del 23%, i tassi di crescita del Pil si sono mantenuti positivi, secondo le proiezioni della Banca Mondiale, così come gli investimenti esteri. Il sistema giudiziario in Albania. La legislazione albanese è oggetto di numerose riforme (come riportato dal volume “Internazionalizzazione delle imprese. Le caratteristiche degli investimenti in Albania” di R. Laera, F. A. Tresca e A. Veshi) grazie al supporto dell’Unione Europea e del governo degli Stati Uniti d’America. Il parlamento albanese ha promulgato importanti riforme legislative, le quali hanno generato l’approvazione di numerose leggi in linea con la giurisprudenza occidentale. Il governo di Edi Rama ha incoraggiato una serie di provvedimenti tesi a rafforzare lo stato di diritto e la democrazia, requisito fondamentale per l’adesione dell’Albania all’Unione Europea. Nel corso del 2017, il governo ha lanciato una campagna per la legalità attraverso un programma di riqualifica del territorio, abbattendo numerosi palazzi abusivi. Il 22 luglio 2017 è stata approvata la riforma della giustizia che ha modificato per quasi il 50% la costituzione albanese. Tale riforma è stata un requisito essenziale per l’Unione Europea, per l’entrata dell’Albania in Ue, prevedendo un radicale cambiamento di tutto il sistema giudiziario. Per combattere la corruzione, tra i maggiori problemi del paese, tale riforma ha consentito di sottoporre ad una scrupolosa verifica tutti i patrimoni personali dei giudici e dei procuratori. Specifichiamo che in Albania, le fonti del diritto sono la Costituzione, le Convenzioni Internazionali ratificate, le leggi del Parlamento e le decisioni del Consiglio dei Ministri. Gli atti degli enti locali si applicano solo nel territorio in cui l’ente locale stesso esercita la sua giurisdizione. Inoltre, l’Albania è membro del Consiglio d’Europa e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, il paese ha sottoscritto la Convenzione della Corte Internazionale di Giustizia, ratificando lo statuto della Corte Penale Internazionale. Il sistema giudiziario dell’Albania è stato implementato, con particolare riferimento agli organi della giustizia, al fine di promuovere l’integrità del sistema, supportando l’indipendenza, l’efficienza, la credibilità, la trasparenza e la responsabilità. Una riforma decisiva, come affermato dall’Ambasciatore italiano nella Repubblica di Albania. In una recente intervista, l’Ambasciatore Alberto Cutillo ha dichiarato: “L’Albania ha soddisfatto buona parte delle 5 priorità fissate a suo tempo dalla Commissione. Si tratta ora di valutare i risultati concreti ottenuti negli ultimi due ambiti, ossia riforma della giustizia e contrasto alla criminalità. Parallelamente al facilitare il percorso dei WB6 nel loro cammino verso l’Unione europea, il Processo dei Balcani occidentali punta a sviluppare una maggiore integrazione regionale, specie dal punto di vista economico/commerciale e infrastrutturale. Crediamo che si stia lavorando bene in questo senso e che il Piano di azione pluriennale adottato a Trieste consentirà di ridurre una serie di ostacoli che oggi rendono questo mercato molto frammentato, impedendo una piena ottimizzazione delle opportunità per le imprese e per gli oltre 20 milioni di potenziali consumatori. Siamo molto fiduciosi rispetto al contributo che le Pmi, realtà industriali predominanti nella Regione e soprattutto in Albania, daranno per identificare le principali necessità alla base di una serie di riforme da implementare per addivenire ad un quadro normativo e regolamentare sempre più omogeno e compatibile con i moderni mercati globalizzati”. L’obiettivo generale del processo di riforma giudiziaria è la creazione di un sistema giudiziario efficiente, affidabile, indipendente, professionale, aperto e che gode della fiducia del pubblico, a sostegno dello sviluppo sostenibile supportando lo sviluppo socio economico del paese e consentendo la sua integrazione nello spazio europeo. Import, Export e Iva. Le importazioni e le esportazioni sono cresciute molto rapidamente nel corso degli ultimi anni. I principali prodotti esportati sono quelli tessili e le calzature, prodotti minerari, petroliferi, elettricità, materiali per costruzioni e metalli. I principali partener commerciali dell’Albania sono l’Italia, la Grecia, la Turchia, la Spagna e la Cina. Gli scambi con i paesi dell’Europa sud orientale sono in aumento dopo l’introduzione degli accordi bilaterali di libero scambio. Con il 2018, particolare attenzione è stata dedicata al consumo e alle importazioni del caffè. Sono state importate 61 tonnellate in più di caffè rispetto al 2017. Secondo i dati ufficiali della Direzione generale delle dogane, per un periodo di 10 mesi, il livello delle importazioni di caffè ammontava a 6.980 tonnellate. Questo volume di importazione risulta superiore di 61 tonnellate in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. L’Albania offre importanti opportunità nel settore agricolo. Significativo è l’incremento dell’esportazione di frutta ed ortaggi degli ultimi anni. Grazie all’uso di metodi tradizionali, la frutta, le verdure, la carne ed i prodotti lattiero – caseari albanesi sono coltivati e prodotti con pochissimi additivi artificiali e chimici. Il paese è così in grado di diventare uno dei principali produttori mondiali ed esportatori di alimenti biologici di qualità, destinati ai mercati regionali, europei e nordamericani. Il “Made in Italy” in Albania è molto apprezzato, ma il crescente sviluppo dell’economia del Paese e la gestione politica efficace ha sviluppato un interessante tentativo di promozione del “Made in Albania”, un progetto che potrebbe affascinare anche gli imprenditori italiani. L’idea si focalizza intorno alla creazione di un organismo nazionale per un unico marchio di qualità per i prodotti agricoli albanesi e il loro successivo inserimento all’interno dei principali settori turistici della nazione. Istituzioni pubbliche e private coordinano tale lavoro per implementare con successo il denominato “Progetto Brand Albania”. I partner principali, componenti del comitato direttivo del progetto, sono il ministero dell’Agricoltura e dello sviluppo rurale, il ministero del Turismo e dell’Ambiente, l’agenzia albanese-americana Development Foundation, la struttura Albanian Tourism Association, la Direzione generale della proprietà industriale e l’Università di Agraria di Tirana. In Albania, gli scambi sono regolamentati dal Codice Doganale Albanese. La Direzione generale delle Dogane è l’Istituzione preposta all’attività doganale. La legislazione è in linea con la normativa europea in base alla quale la nomenclatura della merce cambia ogni anno secondo le richieste del WTO. Il paese, inoltre, fa parte dell’Accordo di Libero Scambio dell’Europa Centrale insieme a Montenegro, Macedonia, Kosovo, Moldova, Croazia, Serbia e Bosnia Erzegovina. L’Albania ha firmato anche l’accordo con l’Associazione Europea di Libero Scambio. Il paese gode di un accesso preferenziale al mercato dell’Unione Europea, beneficiando di agevolazioni fiscali sulle esportazioni. La Repubblica di Albania partecipa a diverse convenzioni in materia doganale, accordi internazionali in materia di libero commercio ed accordi bilaterali con le amministrazioni di altri paesi. I livelli di tariffazione di base, oggetto di un processo di liberalizzazione, sono quattro: 0%, 2%, 10% e 15%. L’aliquota massima del 15% è applicata per alcuni prodotti, quali: tessuti, gioielli e prodotti alimentari. L’aliquota più bassa viene applicata per gli aiuti umanitari e per le apparecchiature per lo smaltimento ed il trattamento dei rifiuti. L’Iva sulle importazioni è pagata nel momento in cui le merci entrano nel territorio albanese, ed è applicata nella misura del 20% sul valore dei prodotti più il trasporto e i pagamenti assicurativi. Nel valore tassabile è incluso anche il pagamento di qualsiasi altra tassa legata all’import – export. Per i macchinari legati ad investimenti nei settori delle costruzioni, trasporto, telecomunicazione e le importazioni per la Corporazione albanese dell’Energia si applica il differimento del pagamento dell’Iva. Tale sistema prevede il pagamento dell’Iva solo nel momento in cui viene presentata la dichiarazione Iva presso l’Ufficio tasse dove è registrato l’imprenditore. Le esportazioni albanesi sono esenti da Iva. La dichiarazione di esportazione serve come prova dell’avvenuto procedimento. Tale dichiarazione è concepita secondo il Documento Unico Amministrativo disponibile presso gli Uffici doganali per l’esportazione. Sistema tributario albanese. Dal 1995, con il processo di liberalizzazione del mercato, il governo albanese ha adottato una serie di leggi tributarie, grazie al sostegno del Fondo Monetario Internazionale, dell’Unione Europea e degli Stati Uniti d’America. Sono soggetti passivi d’imposta: le società, i gruppi di società, i consorzi e gli enti di fatto, sia albanesi che stranieri, i quali conducono un’attività economica in Albania. Dal 1 gennaio 2014 l’aliquota d’imposta sull’utile è pari al 15%. Da tale data è stata rintrodotta l’imposta semplificata sull’utile applicabile ai piccoli imprenditori che realizzano un fatturato annuo inferiore ad 8 milioni di lek albanesi. A partire dal 1 gennaio 2016, sono state apportate modifiche legislative che prevedono una aliquota pari al 0% per i piccoli imprenditori che hanno un volume d’affari inferiore ai 5 milioni di lek albanesi e un’aliquota pari al 5% per coloro che hanno un volume d’affari da 5 a 8 milioni di lek albanesi. L’imposta semplificata sull’utile dovrà essere pagata in quattro rate. La prima alla registrazione o al rinnovo del certificato di registrazione, entro il 20 aprile di ogni anno. La seconda rata entro il 20 luglio, la terza entro il 20 ottobre e la quarta entro il 20 dicembre. Per la piccola imprenditoria vengono riconosciute come deducibili le spese effettuate per la conservazione e la garanzia dell’utile dell’impresa nella misura in cui tali spese vengano provate dal contribuente. Energia e Trans Adriatic Pipeline. Uno degli obiettivi principali del Governo albanese è lo sviluppo e l’ammodernamento del settore energetico, il quale ancora oggi si regge in parte sugli investimenti fatti dal regime comunista. Durante gli ultimi anni, il settore dell’energia è stato caratterizzato da grandi cambiamenti, in primis la ristrutturazione dell’Ente Nazionale produttore di energia attraverso il suo frazionamento in alcune società nei settori della produzione, trasmissione e distribuzione. Grazie all’apertura del mercato delle concessioni per la realizzazione di nuovi impianti e la riabilitazione di quelli esistenti nonché alla nuova politica di apertura totale nei confronti di progetti per la produzione di energia da fonti rinnovabili vi è stato un interesse crescente da parte degli investitori stranieri per l’Albania. L’Albania ha rilevanti risorse di idrocarburi ed è soprattutto dotata di un enorme potenziale. L’88,5% delle fonti energetiche complessive in Albania è costituito dall’energia elettrica, a sua volta quasi esclusivamente di origine idroelettrica. Questo settore offre grandi spazi per l’esportazione nel Paese di know-how (progettazione), di macchinari elettromeccanici per la produzione di energia e apparecchiature elettriche e di software per la gestione degli impianti, settori questi di assoluta eccellenza del “Made in Italy”. Esperto in investimenti nel settore energetico in Albania è Roberto Laera, amministratore unico della società di consulenza aziendale “Italian Network”, società ponte tra Balcani ed Europa, che ha recentemente dichiarato: “Numerose sono le aziende italiane e straniere che abbiamo supportato negli investimenti nel settore idroelettrico. Prima con l’idroelettrico e adesso con le fonti alternative, il mercato dell’energia in Albania è certamente un investimento redditizio. Inoltre, con la sentenza n. 3759/17 del Consiglio di Stato, depositata il 28 luglio, che dà il via libera all’elettrodotto di interconnessione Italia-Albania, il mercato si apre, oltre che ai Paesi dei Balcani occidentali, all’Italia e a tutta l’Europa, con notevoli vantaggi in termini di collocazione della sovra-produzione. L’Albania è un Paese in pieno sviluppo economico e sociale, dove il Pil si attesta a circa il 4 per cento, nonostante la crisi internazionale, sicuro sotto ogni punto di vista per gli investitori e dove il governo ha intrapreso una serie di riforme atte a snellire la burocrazia e ad eliminare la corruzione. Pertanto siamo pronti ad accogliere le aziende italiane che con il loro know-how possono dare un importante supporto tecnologico al Paese. Una opportunità importante per incontrare partner balcanici, turchi e arabi è stato il Tirana Business Matching, organizzato dalla Camera di Commercio di Tirana il 28 e 29 settembre 2017, dove Italian Network è stata partner e promoter per l’Italia, che ha visto anche l’intervento del primo ministro Edi Rama, del ministro dell’Economia e dell’Energia, oltre al presidente della stessa Camera di Commercio e di numerosi rappresentanti istituzionali e di multinazionali”. Di concrete opportunità descrive anche Lorenc Gordani, direttore esecutivo dell’Albanian Centre for Energy Regulation and Conservation (ACERC) che sottolinea: “Il panorama del settore solare in Albania ha recentemente visto l’introduzione di importanti sviluppi, in un momento cruciale nelle scelte della sua strategia ottimale per raggiungere un futuro con minori emissioni di carbonio e con fonti energetiche sostenibili. Una situazione che rende l’efficienza energetica da considerare come la più grande risorsa energetica, dal momento che è economica e ampiamente disponibile. In più, l’efficienza energetica può anche aiutare a migliorare la sicurezza energetica riducendo allo stesso tempo le emissioni inquinanti”. Anche in tale campo la cooperazione tra Italia e Albania va crescendo e intensificandosi. Recentemente è stato presentato il progetto Eagle LNG: “Un gasdotto sottomarino di 110 km dall’Albania alla Puglia, che parte da una nave-rigassificatore ormeggiata a cinque km dalla costa albanese, arriva nel comune di Torchiarolo in provincia di Brindisi e si connette alla rete Snam con altri 18 km di tubazione interrata. Un investimento da 660 milioni di euro, tutti a carico di privati italiani, che dal 2020 potrebbe portare nel nostro paese dai 4 agli 8 miliardi di metri cubi di metano all’anno”. Al gasdotto lavora dal 2005 la società Burns di Campobasso, ramo energetico del gruppo molisano Falcione, specializzato in opere pubbliche e gas. Il progetto Eagle LNG nasce per soddisfare la richiesta di metano dell’Albania, e in seguito si è allargato all’Italia e ai Balcani. Altro aspetto importante per le imprese e la geopolitica dei Balcani sono i lavori del gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP) che si configura all’interno dell’obiettivo strategico dell’Unione Europea di garantire il futuro approvvigionamento energetico. Il corridoio meridionale del gas collegherà i clienti europei, in particolare quelli italiani, ai produttori dell’Azerbaijan e potenzialmente ad altri produttori dell’Asia centrale, di Israele, dell’Iraq e di qualsiasi altro Paese interessato a far passare il gas per questi condotti. I vantaggi sono previsti soprattutto per il mercato italiano e quello albanese. Nel 2017 gli investimenti per il gasdotto Transadriatico in Albania si sono attestati ad un valore di circa 400 milioni di euro, secondo quanto dichiarato dal direttore generale di Tap Albania, Shkelqim Bozgo. Il direttore generale di Tap ha sottolineato che si tratta del più grande progetto realizzato nell’economia albanese e dovrebbe mantenere il trend di sviluppo anche nei prossimi anni raggiungendo un valore totale di 1,5 miliardi di euro di investimenti. Secondo quanto evidenziato da Bozgo, nel 2020 il Tap sarà pronto per il trasporto in Europa del gas proveniente dai ricchi e sicuri giacimenti della Repubblica dell’Azerbaigian. La stampa locale riferisce che sono 1.800 le persone impiegate in Albania per la realizzazione del progetto energetico, grazie al quale si attende un aumento del Pil albanese di 150 milioni di euro. Albania e Italia possono concretamente promuovere politiche energetiche strategiche per tutta l’area del Mediterraneo. Il futuro dell’Albania è la diversificazione energetica, per arrivare ad una riduzione netta dalla dipendenza dal settore idro-elettrico. Si stima che l’energia solare possa rappresentare una garanzia per il paese se sfruttata adeguatamente, e le prime procedure agevolate per l’installazione di impianti solari sono state avviate. Per gli investimenti più grandi, ci saranno finanziamenti aggiuntivi offerti dalla Banca europea di ricostruzione e sviluppo (Bers). Per questi progetti l’elettricità prodotta sarà pagata dal governo in base a una tariffa stabilita dell’Ente di regolazione dell’energia albanese, progetto sostenuto anche dal Ministro dell’Energia Damian Gjiknuri. Il ministro e il direttore della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) in Albania, Matteo Colangeli, hanno siglato un accordo teso a promuovere gli investimenti per la produzione di energia solare nel paese balcanico. “Si tratta dell’assistenza che verrà offerta al nostro ministero per organizzare le aste per gli impianti di produzione fotovoltaica e della possibilità di un sostegno finanziario da parte della Bers di qualche investimento che verrà scelto tramite un processo trasparente e competitivo”, ha spiegato il ministro Gjiknuri, aggiungendo che “l’obiettivo è di poter garantire finanziamenti, tramite la Bers, per la produzione di energia solare”. Molto si sta già muovendo intorno al rafforzarsi del fotovoltaico nel paese balcanico. Ci sono già investimenti sostanziosi: sono già stati presentati due progetti da 50 MW ciascuno, uno a Malik, in Albania orientale, da un consorzio di società albanesi del settore energetico, e un secondo a Valona dalla Novoselë Photovoltaic PowerPlant Sh.P.K. Tutte opportunità che vanno approfondite e studiate dagli imprenditori italiani. Il mercato immobiliare albanese e le prospettive per l’edilizia turistica Secondo la legislazione albanese, per quanto riguarda la proprietà di beni immobili da parte di individui stranieri ed entità: Non sono previste restrizioni per l’acquisizione, da parte degli stessi, di unità degli edifici (cioè appartamenti, uffici, etc.); Non hanno diritto a possedere alcun terreno agricolo, boschi, prati e pascoli, ma invece hanno diritto ad affittare questo tipo di beni immobili per un periodo fino a 99 anni; Hanno diritto ad acquistare un terreno privato o terreni demaniali costruibili (cioè terreni che non sono terreni agricoli, boschi, pascoli o prati), a condizione che l’investimento che si propone di effettuare sullo stesso terreno superi di almeno tre volte il valore di tale terreno. I trasferimenti di beni immobili sono soggetti ad una tassa di trasferimento a carico del venditore. L’importo della tassa dipende dal tipo d’immobile e dalla sua ubicazione. La tassa di trasferimento degli edifici viene calcolata in base alla superficie dell’immobile che viene trasferito. La tassa di trasferimento di terreni o di altri beni immobili, non edifici, è pari al 2% del prezzo di vendita. L’imposta sul reddito dalla cessione degli immobili, dovuta da un venditore persona giuridica è calcolata in base al reddito complessivo generato da tale persona giuridica nel rispettivo esercizio fiscale. Dal pagamento di tale imposta sono esenti le persone fisiche che sono soggette al pagamento della tassa sul reddito personale. L’imposta dovuta da un venditore persona fisica è pari al 15% dell’utile realizzato (differenza tra il prezzo di vendita e quello di precedente acquisto). La metodologia del calcolo viene stabilita con Ordinanza del Ministero delle Finanze e del Ministero della Giustizia. La tassa di trasferimento deve essere versata prima della registrazione dei beni immobili presso l’Ufficio di Registrazione delle Proprietà Immobiliari. Come regola generale, il trasferimento di beni immobili è esente da IVA. Tuttavia, la legge ha previsto per i contribuenti, in determinate circostanze e condizioni, il diritto di scegliere se applicare o meno l’IVA per la fornitura di beni immobili o parti di un bene immobile. L’aliquota IVA nel caso in cui il contribuente sceglie di applicare e pagare sarà pari al 20%. Questo diritto è limitato e non può essere esercitato dai contribuenti, che forniscono appartamenti o edifici residenziali o nel caso in cui l’acquirente sia una persona fisica. Il diritto di scegliere se applicare o meno l’IVA può essere esercitato per immobili o parti di immobili che sono venduti per uso aziendale da parte dell’acquirente, che deve registralo presso il CNI, o per scopi di rivendita, ma non per l’edilizia abitativa. Una recente notizia che ha generato attenzione è stata quella di esentare dal pagamento delle tasse gli hotel a 5 stelle del Paese per la durata di 10 anni. L’intervento, annunciato dal premier Edi Rama, ha previsto il rilascio di un pacchetto di incentivi per sostenere gli investimenti nel comparto turistico: il trattamento fiscale di favore è stato esteso anche agli alberghi a 4 stelle. Il trattamento consiste nell’esenzione dall’imposta sugli utili per 10 anni, l’esenzione dal pagamento della tassa sulle infrastrutture, valida solo per gli hotel a 5 stelle, così come l’esenzione dalla tassa di proprietà, mentre l’Iva è stabilita al 6% per tutti i servizi. Approfondimento di Domenico Letizia, pubblicato per la Rivista di geopolitica “Atlantis“. Most Read Publications Most Visit Section Read the full article
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xfiles il nuovo mondo che verrâ
Fonte di una parte dell'articolo di maurizio garbati affariitaliani. Isaac asimov il padre delle tre leggi della robotica e dei robot positronici ,fu il primo a parlare della robotica nei suoi racconti di fantascienza degli anni 40.Dalla fantascienza alla realtà il passo è breve in questo caso, infatti oggi i robot fanno parte a tutti gli effetti della nostra vita quotidiana. le macchine non hanno fattezze umane, c’è un’intera branca della scienza che sviluppa umanoidi di vario tipo. Ci sono poi i robot di servizio, educativi, d’intrattenimento ma anche militari e relativi alla domotica della casa.Utilizzo dei robot umanoidi nella quotidianità Ma secondo le stime gli umanoidi verranno utilizzati sempre di più anche nella medicina, nel commercio, nella logistica, nell’istruzione ed anche in altri settori. Quindi è facile capire perché si parla di un mercato miliardario. Attualmente le aziende che operano nel settore sono ancora concentrate soprattutto sulla ricerca. Tra le sfide più importanti c’è quella incentrata sulle abilità motorie dei robot umanoidi. Si cerca infatti di migliorare le capacità di questi androidi di camminare su qualsiasi tipo di terreno e la loro postura. Non solo, i ricercatori lavorano costantemente anche per rendere i robot sempre più intelligenti ed in grado di agire con buon senso ed in maniera immediata alle necessità che possono presentarsi. Mentre la ricerca continua, ci sono alcuni modelli che sono stati già lanciati e che hanno ottenuto un grande successo. Per esempio, Pepper, il robot realizzato dal gruppo Softbank che in Giappone lavora come receptionist, cameriere oppure commesso. A Dubai invece ha preso servizio il primo poliziotto robot, mentre al festival di Quingdao i clienti sono stati serviti da un umanoide. Mentre l’umanoide più famoso è sicuramente Sophia, il robot “donna” dalle incredibili sembianze umane che oltre ad avere una postura eretta riesce anche a conversare in maniera naturale. Sophia ormai è una star televisiva, invitata da numerose emittenti. Ed è anche il primo robot umanoide ad aver ricevuto una cittadinanza, quello dell’Arabia saudita per la precisione. Questi sono solo alcuni dei robot umanoidi diventati famosi in breve tempo, ma bastano per rendere l’idea del cambiamento che sta avvenendo nella società.Secondo uno studio effettuato da ReportsnReports, nel 2017 il mercato dei robot umanoidi valeva 320,2 milioni di USD, mentre per il 2023 si prevede una crescita che toccherà la cifra di 3,9 miliardi di dollari. In pratica significa che questo mercato è destinato a crescere del 52% circa ogni anno. Attualmente a guidare il settore della robotica sono gli USA, ma secondo le previsioni nei prossimi anni saranno la Cina ed il Giappone a segnare il livello di crescita più elevato. Importante è l’impegno che si farà di questa tipologia di robot nell’assistenza degli anziani.Siamo agli inizi del 1800 quando l’uomo ha cominciato a temere di vedersi sottratto il lavoro dal progresso tecnologico e il movimento dei luddisti iniziò a distruggere i nuovi macchinari nelle fabbriche, come i telai meccanici introdotti dalla rivoluzione industriale, nel tentativo di fermare l’esclusione di manodopera dal settore tessile.e ancora il marketing con la rivoluzione industriale. .come gli algoritmi e l’intelligenza artificiale, un’automazione delle attività con software che sono in grado di eseguire operazioni con le caratteristiche dell’intelligenza umana.se come profetico prendiamo articoli o affermazioni che gia si domandavano o affermavano come la rivista life 1963:"l'automazione e i posti di lavoro a rischio"oppure il padre della cibernetica norbert wiener "dominio delle macchine avrebbe potuto condurre a una «rivoluzione industriale di assoluta crudeltà»."Una nuova rivoluzione industriale che porterà ad una produzione automatizzata e interconnessa con macchine sempre più “intelligenti” in grado di scambiarsi informazioni in totale autonomia facendo in modo che la produzione possa auto-controllarsi e favorendo in tal modo l’ ottimizzazione dei processi e l’incremento dell’efficienza..Per Dieter Spath ex-direttore del Fraunhofer Institute for industrial engineering “sarà possibile supervisionare, controllare e programmare a distanza migliaia di macchine in tutto il mondo da un unico luogo.”Secondo i dati presentati dalla IFR dell'International Federation of Robotics (IFR) nel 2025 il valore di mercato della robotica mondiale sarà di 70 miliardi di euro ed è prevista una crescitamedia annua di robot venduti nel mondo del 15%. A livello globale l’Asia rappresenta il motore della crescita con il 61% delle vendite e la Cina, con il 25% delle vendite e una crescita del 56%, è diventata il paese protagonista superando la Corea (11%) e il Giappone (13%). Più nel dettaglio nel 2015 i robot installati nel mondo: Giappone 286.554 ( unità), America nord 260.642 ,Cina 256.463, Corea del sud 210.458, Germania 182.792, Italia 61.282 Con 6.700 robot industriali prodotti in Italia nel 2015 la posizione del nostro Paese nella robotica mondiale ha avuto un incremento del 7% rispetto al 2014, anno che aveva già avuto una crescita del 32% (39,4% secondo SIRI), confermando ancora l’Italia secondo mercato europeo dopo la Germania e settimo nel mondo ed è una chiara conferma del segnale che esiste anche in Italia una ripresa del settore.E veniamo alle stime del World Economic Forum di Davos che per le 15 economie più importanti del mondo, tra le quali è incluso il nostro Paese, prevede una perdita netta di 5 milioni di posti di lavoro nei prossimi 5 anni per colpa dei robot. Si tratta di una recente indagine che ha interpellato i dirigenti di 371 aziende che impiegano oltre 13 milioni di lavoratori in 15 diversi Paesi.Terry Gregory, Anna Salamons e Ulirch Zierahn dello ZEW, il Centro europeo per la Ricerca Economica con sede a Mannheim in Germania hanno pubblicato un libro Il suo titolo è “Racing With or Against the Machine? Evidence from Europe.Secondo gli analisti del Manheim Centre for European Economic Research l’automazione ha un effetto positivo nella domanda di lavoro in Europa riduce i costi di produzione in quanto La riduzione dei costi del prodotto riduce il prezzo dei prodotti, La riduzione del prezzo del prodotto aumenta la domanda di prodotti L’aumento della domanda di prodotti aumenta l’occupazione.I robot consentono alle aziende di diventare o rimanere competitive e questo è particolarmente importante per le piccole e medie imprese (PMI) che costituiscono la spina dorsale delle economi dei paesi sviluppati. Gli investimenti in robot hanno contribuito al 10% della crescita del PIL pro capite nei paesi OCSE dal 1993 al 2016. Centre for Economics and Business Research. The Impact of Automation 2017.Secondo la Commissione Europea circa 70 milioni di europei non possiedono ancora adeguate competenze di lettura, scrittura e matematica, mentre il 40% della popolazione non dispone delle competenze digitali benché minime. Sappiamo come le nuove tecnologie digitali richiedono livelli formativi e culturali qualificati, dove il capitale umano, comunque al centro delle dinamiche del progresso, sia in grado di integrarsi in un insieme organizzato di persone capaci sia in relazione all’adozione delle tecnologie che al loro conseguente utilizzo. Per fare innovazione a livello formativo serve tener presente che le nuove tecnologie sono supporti indispensabili da integrare allo strumento principale del docente: le conoscenze e i saperi disciplinari. Ma per far questo occorre, ai diversi livelli del sistema educativo, un’attenta analisi della struttura della disciplina (di Schwab,1971).in conclusione le macchine,il robot,l'androide,l'intelligenza artificiale sostituirà il genere umano in tutti i campi della nostra vita quotidiana,nell'industria,nel campo agricolo,servizi alla persona,disabilitâ,nelle fabbriche,nel campo amministrativo.le risorse umane saranno impiegate nel controllo di questi AVATAR,a casa con il telecontrollo a distanza,con apparecchiature tecnologichele macchine senza conducente sono realtà,i droni saranno al servizio della terza etá l'immigrazione non servirá piú. Il mondo sta cambiando ma noi non ce né accorgiamo.
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Gli effetti della decennale stagnazione economica non hanno ostacolato il processo di integrazione transnazionale dell’industria agroalimentare. Il rafforzamento della filiera produttiva e distributiva nell’Unione europea, tuttavia, ha risentito delle frizioni intergovernative e dell’incerto quadro geopolitico mondiale, in una fase storica segnata da interdipendenze commerciali e finanziarie. Il negoziato su Brexit e la posizione anti-ambientalista del presidente statunitense Donald Trump, rischiano di impattare sulle dinamiche produttive e commerciali del Mercato Unico agricolo, istituito nel 1992 per incoraggiare investimenti e strategie d’intervento condivise. Finora, l’efficacia delle politiche agroalimentari, resa possibile dall’adozione di norme comuni in materia di etichettatura dei prodotti, prevenzione e igiene alimentare, standard qualitativi, ha testimoniato l’importanza di un’intesa sovranazionale.
Livia Pomodoro, giurista italiana
<<Il princìpio di sostenibilità deve costituire il principale impegno da assumere nelle politiche nazionali e certamente l’Europa dovrà nel suo complesso fare attenzione alla sostenibilità del sistema>>, chiarisce Livia Pomodoro, presidente di Milan Center For Food Law And Policy , sottolineando l’importanza della mission che investe l’Unione europea in tema di sicurezza alimentare e politiche agricole.
Food Drink Europe stima per il 2017 un’espansione del fatturato complessivo intorno ai 1000 miliardi di euro, mostrando il mercato agroalimentare come primo settore economico in Europa: il report dell’Ong considera un progressivo aumento nel numero di aziende (289.000 le imprese attualmente attive nei 28 Paesi membri, incluso il Regno Unito), addetti (più di 4 milioni di persone) e una crescita nel volume delle esportazioni di prodotti alimentari (circa 102 miliardi di euro). L’interscambio commerciale tra Paesi dell’Ue e Regno Unito si attesta intorno ai 18 miliardi di euro e, tra i capitoli negoziali di Brexit, l’attenzione sarà rivolta alla tutela dei lavoratori europei nelle companies dell’industria agroalimentare britannica e alla ridefinizione dei futuri piani strategici (Horizon 2020) e di copertura finanziaria delle iniziative europee sulla sicurezza agroalimentare.
Fonte: FiBL
Londra è un importante player nel mercato unico europeo, producendo valore aggiunto per circa 40 miliardi di euro, superata solo dalla Francia. Il rinnovo quinquennale all’autorizzazione per l’impiego in agricoltura del glifosato, deliberato dal Parlamento europeo nelle scorse settimane, ha agitato tensioni tra gli esecutivi nazionali. All’inizio di novembre, l’assemblea aveva bocciato la proposta di rinnovo decennale avanzata dalla Commissione europea a seguito del veto posto da quattordici Paesi membri, tra cui Francia, Italia, Austria e Belgio. Il diserbante prodotto da Monsanto, azienda multinazionale di biotecnologie agrarie, è stato riconosciuto come “probabilmente cancerogeno” dallo Iarc, l’agenzia per la ricerca sul cancro dell’Oms, ma viene valutato conforme alle norme sulla sicurezza dei prodotti dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA). “I documenti interni della Monsanto – hanno chiarito alcuni euro-parlamentari contrari al provvedimento -, che sono stati resi pubblici, hanno fatto sorgere dubbi in merito alla credibilità di alcuni studi utilizzati dall’Ue ai fini della valutazione della sicurezza del glifosato.” La proroga all’uso dell’erbicida in agricoltura è stata votata lo scorso 27 Novembre con il parere favorevole di 18 stati, inclusa la Germania, astenutasi nelle precedenti votazioni.
<<Per garantire la sostenibilità dell’intero sistema è necessario applicare regole certe>>, sostiene Pomodoro. <<Milan Center For Food Law And Policy dedica un’intensa attività ai temi della sostenibilità ambientale e alla corretta gestione delle risorse naturali in relazione alla salvaguardia dei diritti fondamentali della persona>>.
Lo stallo negli accordi sul trattato commerciale con gli Stati Uniti (TTIP, partenariato trans-atlantico per il commercio e gli investimenti) e le carenze riscontrate nei controlli sui prodotti alimentari, come dimostrato dal recente caso di uova contaminate dall’insetticida Fibronil, sollevano interrogativi sulla possibilità di coniugare tutela della qualità e sostenibilità alimentare, presupposti delle policies promosse dall’Unione europea.
Fonte: The Greens/EFA
<<Come garantire il rispetto delle regole nel settore agroalimentare?>>, prosegue Livia Pomodoro.<<E’ possibile solo attraverso un intervento normativo, si auspica nato da una condivisione di princìpi, attuato da tutti coloro che hanno il dovere di occuparsi di tali problematiche, a tutti i livelli, dai parlamenti nazionali fino alle istituzioni europee, attraverso la promozione condivisa dei processi decisionali>>.
Negli Stati Uniti, la pressione esercitata dalle corporations dell’agri-business sugli enti amministrativi, ha consentito di sfruttare oltremodo le risorse idriche disponibili e di impiegare in modo massivo pesticidi nelle colture: tra questi il glifosato, l’alternativa più economica sul mercato, aumentato del 500% nelle colture di soia e frumento rispetto ai livelli del 1993, secondo uno studio della University of California San Diego School of Medicine. Inoltre, la filiera produttiva agroalimentare statunitense e canadese è sottoposta a norme sanitarie e controlli qualitativi meno rigorosi rispetto ai parametri europei. La legislazione generale dell’Ue in materia di politiche alimentari restringe l’impiego di ormoni additivi per la crescita dei bovini, prevedendo severi controlli per l’immissione nel mercato di mangimi Ogm e fitosanitari.
Nel piano di bilancio 2014-2020, l’Unione europea ha destinato circa 3 miliardi di euro per rafforzare le politiche di sicurezza alimentare ed incentivare l’agricoltura biologica: l’obiettivo è monitorare “dai campi alla tavola” il processo di trasformazione dei prodotti, avendo come obiettivi la tutela del cittadino-consumatore, il benessere degli animali negli allevamenti e la riduzione dello spreco alimentare. Necessario dunque innestare una cooperazione “ecologica” tra gli organismi internazionali e le imprese multinazionali, che raggiungono una quota di mercato pari al 52% nel settore agroalimentare mondiale.
<<Occorre rivolgere attenzione all’Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030 promossa dalle Nazioni Unite che, oltre alle tematiche legate all’alimentazione – evidenzia Pomodoro -, guarda all’intero ecosistema, affrontando sfide legate all’ambiente, promuovendo l’economia circolare e l’uso responsabile di acqua>>.
L’urgenza di ridurre lo spreco di risorse terrestri e lo sfruttamento intensivo del suolo, stimolando processi di rigenerazione produttiva, è parte di una sfida globale. Il valore complessivo del settore agroalimentare biologico negli Usa e nell’Unione europea si attesta intorno ai 40 miliardi di euro ed è destinato a crescere grazie all’apporto che le piccole imprese locali danno ai mercati di qualità dei prodotti alimentari. Tuttavia, per favorire la transizione alla “bio-economia”, governi nazionali, amministrazioni locali, aziende private devono parlare la stessa “lingua” per rispondere alle complesse sfide del nuovo mercato agroalimentare globale.
Conclude Livia Pomodoro: <<Non esiste possibilità di sopravvivenza del sistema se non attraverso l’applicazione di regole che siano condivise: il diritto al cibo, il diritto alla salute e all’acqua, sono diritti fondamentali per il nostro stesso sostentamento umano, motivo per cui è imprescindibile garantirne la tutela>>.
Articolo pubblicato su affarinternazionali.it
http://www.affarinternazionali.it/2017/11/sicurezzza-alimentare-pomodoro/
Sicurezza alimentare. Verso un mercato globale Gli effetti della decennale stagnazione economica non hanno ostacolato il processo di integrazione transnazionale dell’industria agroalimentare. Il rafforzamento della filiera produttiva e distributiva nell’
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