#Mercato agricolo
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pier-carlo-universe · 8 days ago
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Cia Alessandria tra Orientamento e Tradizione: Eventi a Casale Monferrato e Ovada. Formazione per i giovani al salone "Fai la mossa giusta" e degustazioni di eccellenze locali a Vi.Ta. Ovada
Cia Alessandria sarà protagonista di un intenso fine settimana dedicato alla promozione dell’agricoltura e alla valorizzazione delle eccellenze locali, partecipando a due eventi di grande rilevanza: "Fai la mossa giusta", il salone di orientamento per stu
Cia Alessandria sarà protagonista di un intenso fine settimana dedicato alla promozione dell’agricoltura e alla valorizzazione delle eccellenze locali, partecipando a due eventi di grande rilevanza: “Fai la mossa giusta”, il salone di orientamento per studenti, e Vi.Ta. Ovada, l’attesissima manifestazione dedicata a vino e tartufi. Fai la mossa giusta a Casale Monferrato Sabato 16 novembre, al…
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pgfone · 1 year ago
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Una domanda per un agricoltore: il governaccio ci fa gli sconti al supermercato. All'agricolture pagano lo stesso prezzo di prima o ve lo sconto lo appioppano a voi? Grazie.
Mmmmmm... allora più che di sconto si parla di mantenere i prezzi stabili senza aumentare ulteriormente, comunque, a noi agricoltori i grossisti ci pagano sempre le stesse cifre da fame, tanto ormai la maggior parte dei prodotti sono tutti mischiati, un po' di prodotto italiano un po' da qualche paese sottosviluppato e il gioco è fatto. Per farti un esempio qualsiasi, se compri le noci vedrai che alcune sono buone, alcune meno buone, alcune fanno proprio schifo eppure te le hai comprate nella stessa confezione e così per tante altre cose. Per mantenere i prezzi stabili giocheranno sulle percentuali di mischiaggio e così non si fa male nessuno e siamo tutti contenti e cojonati come si dice qui da me.
P.S. Spero di essere stato abbastanza chiaro nello spiegarti, ovviamente questa è la mia opinione secondo le mie esperienze e non la sacra bibbia del mercato agricolo.
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ilblogdellestorie · 1 year ago
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Alle 16 e 37 del 12 dicembre del 1969, un giorno freddo e nebbioso, una bomba esplode nella Banca nazionale dell'Agricoltura in piazza Fontana a Milano, dove erano in corso le contrattazioni del mercato agricolo e del bestiame, causando 17 morti e oltre 80 feriti. Sono passati 54 anni da quella strage, che ha segnato l’inizio della “strategia della tensione” in Italia: un attentato di cui esiste – dopo anni di processi – una verità storica, ma senza che siano mai state accertate le responsabilità personali di esecutori, mandanti e depistatori. Proprio dal cratere scavato dall'esplosivo di Piazza Fontana prende il titolo il podcast e la serie di Flavio Tranquillo "Il Buco nero: storia critica delle strategie della paura", un viaggio dentro stragi, terrorismo e violenza politica del primo mezzo secolo del dopoguerra.
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arcobalengo · 1 year ago
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"Le proteste degli agricoltori stanno sfociando nella violenza e l’unico modo in cui il governo ha risposto è stato sparare contro i trattori. La situazione si fa più che mai tesa, mentre nel frattempo i grandi investitori internazionali puntano sull’Olanda per produrre carne sintetica. Eliminare i Paesi Bassi dal commercio internazionale farebbe poi comodo agli Stati Uniti. Buttare fuori dal mercato il secondo esportatore agricolo, suo principale concorrente, e renderlo la fucina per il “cibo del futuro” risolve due problemi in uno".
Clicca qui: https://sfero.me/article/-rovesceremo-governo-contadini-olandesi-contro
___
Per rimanere sempre aggiornato ed evitare censure, unisciti al mio canale Telegram: https://t.me/Franco_Fracassi
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leparoledelmondo · 2 years ago
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Energia fotovoltaica
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Questa volta vi scrivo un po di numeri. Nel 2020, secondo i dati Terna (azienda che gestisce la rete di trasmissione nazionale italiana con 74.855 km di linee elettriche) in Italia abbiamo consumato 301 TWh di energia elettrica. Per generare questa energia usando solo solare fotovoltaico avremmo bisogno di 191 GW di capacità installata. Giusto per capirci: installare 1 kW di potenza richiede tra i 7 e i 10 m2 a seconda della superficie di installazione, quindi consideriamo una media di 8,5 m2 per ogni kW installato. Quindi per installare quei 191 GW, di cui sopra, servirebbero 1.600 km2 di superficie ricoperti di pannelli solari. Vi sembrano tanti?
Secondo i dati Eurostat 2018 la superficie occupata di edifici o strutture artificiali, in Italia, è di 19.800 km2, basterebbe ricoprire meno del 10% dei tetti di queste strutture con pannelli solari per raggiungere l’obiettivo. Si tratta di una superficie vasta quanto metà della Valle d’Aosta. In aggiunta, secondo i dati ISMEA 2021 (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), in Italia abbiamo anche 34.00 km2 di terreni agricoli abbandonati, e sarebbe sufficiente occuparne il 5% per ottenere un’economia totalmente basata sul fotovoltaico.
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pneusnews · 15 days ago
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Macchine agricole: mercati in calo, in attesa di una ripresa
L’andamento poco favorevole dei settori agricolo e industriale frenano, nei primi sei mesi del 2024, le vendite di trattrici sul mercato internazionale, che registra un calo complessivo del 12% rispetto allo stesso periodo del 2023. Per il prosieguo dell’anno non sono previste inversioni di tendenza. La flessione dovuta a fattori di natura congiunturale, non ad un calo del fabbisogno di…
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scienza-magia · 15 days ago
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Miliardi in cocaina dal Sud America all'Europa
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Cocaina, produzione record dalla Colombia: così narcos e broker si coprono d’oro. La produzione complessiva nel triangolo sudamericano ha superato 2.800 tonnellate. Consumi e guadagni alle stelle. Gli arresti non fermano il business. Un momento d’oro per i narcotrafficanti di cocaina, un’agonia mortale per il resto del mondo. Nonostante gli arresti dei broker e dei signori della droga si succedano rapidamente – gli ultimi a cadere tra le fila degli italiani sono stati due personaggi legati alla camorra che vivevano nel lusso in Colombia, per non parlare di Ismael Zambada García, detto “el Mayo”, arrestato il 25 luglio 2024 in un aeroporto privato a El Paso nel Texas con Joaquin Guzman Lopez, figlio del “Chapo” – tutto prosegue come se nulla fosse. Qui Colombia Basta dare un’occhiata all’ultimo report appena dato alle stampe dall’Agenzia antidroga (Unodc) dell’Organizzazione delle nazioni unite (Onu), partendo proprio dalla Colombia, terra di narcos e broker della ‘ndrangheta e maggiore produttore di cocaina al mondo (circa il 65% del totale). Il 18 ottobre l’Agenzia scrive che la coltivazione di coca è aumentata del 10% nel 2023, raggiungendo i 253mila ettari, mentre la potenziale produzione di cocaina ha raggiunto le 2.664 tonnellate. Quest’ultimo dato equivale a un potenziale aumento del 53% della produzione di cocaina rispetto al 2022 e segna il decimo anno consecutivo (dal 2013) in cui le stime della potenziale produzione sono aumentate. Gruppi armati La maggior parte della coca è prodotta in territori ad accessibilità limitata tuttavia l’indagine ha rilevato che il numero di ettari piantati entro 12 km da un centro popolato è cresciuto da circa 189mila ettari nel 2022 a circa 209mila ettari nel 2023. «La maggiore vicinanza – scrivono gli analisti dell’Unodc – potrebbe far sì che le economie legali diventino sempre più dipendenti dalle risorse generate da attività illegali. Allo stesso tempo, la capacità dei gruppi criminali di accedere a più beni e servizi può generare potenti incentivi a sostenere o espandere le attività illegali in queste aree». I gruppi armati in Colombia rimangono pesantemente coinvolti nel mercato della cocaina, intensificando i conflitti violenti nelle aree colpite dal traffico di droga, dall’estrazione mineraria illegale e dalla tratta di esseri umani. «L’aumento della coltivazione – conclude il documento sulla Colombia – coincide anche con un aumento della violenza contro i leader sociali, un deterioramento delle condizioni di sicurezza e un’ulteriore pressione contro i gruppi indigeni e afro-colombiani». Qui Perù Devida – la Commissione nazionale peruviana antidroga – il 27 giugno 2024 ha presentato il rapporto per l’anno 2023 “Coca crop monitoring”, nel quale è stata enfatizzata la riduzione di 2.224 ettari rispetto all’anno precedente (complessivamente 92.784 ettari di area coltivata con cespugli di foglie di coca in produzione rispetto ai 95.008 dell’anno precedente). «Stiamo parlando di una rottura di tendenza dopo otto anni di crescita. Questo è il risultato delle azioni congiunte degli enti statali legati al modello di lotta al traffico di droga”, ha sottolineato Carlos Figueroa Henostroza, presidente esecutivo di Devida. Per lo Stato andino, dunque, è un grande risultato ma per l’Agenzia dell’Onu si tratta solo di una modesta riduzione che poco toglie al secondo produttore di cocaina al mondo (posizione che si contende con la Bolivia), causando perdite di biodiversità e colpendo le comunità. Qui Bolivia Dal 2009, la Bolivia ha smesso di conoscere i dati sul potenziale di produzione di cocaina contenuti nei rapporti dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (ma la stessa cosa, attenzione, accade anche in Perù), ma soccorre lo studio condotto dal Centro nazionale per lo sviluppo agricolo (Cedla) “L’economia della droga tratta: deistituzionalizzazione e politiche in Bolivia”. Citando rapporti dello stesso Unodc e del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, lo studio indica che il potenziale di produzione di cocaina in Bolivia è aumentato negli ultimi anni, anche se i dati finali differiscono da un rapporto all’altro. Secondo l’Agenzia Onu la capacità di produzione di cocaina della Bolivia nel 2020 era di 140 tonnellate, mentre, secondo gli Stati Uniti era di 312 tonnellate. «Se sottraiamo il volume della produzione potenziale dalla quantità di cocaina sequestrata dalle autorità antidroga, possiamo supporre che il resto sia il volume di cocaina che avrebbe potuto essere commercializzata», indica lo studio preparato dal ricercatore Carlos Arze. Questo significa che la maggior parte della cocaina prodotta viene commercializzata, poiché i sequestri sono a livelli molto più bassi. Secondo i dati ufficiali del Governo, nel 2019 sono state sequestrate 19,56 tonnellate di cocaina, 15,65 nel 2020; 19,72 nel 2021; 20,33 nel 2022 e 32,93 nel 2023. Soldi a palate Di soldi, broker e narcos ne fanno a palate, al netto degli arresti dei boss e dei sequestri. Il 15 ottobre, ad esempio, proprio la Bolivia ha distrutto 21,6 tonnellate di cocaina. Il ministro dell’Interno Eduardo Del Castillo, sulla sua pagina Facebook, ha esultato: «Si tratta del più grande sequestro nella storia della Bolivia e uno dei più grandi sequestri di droga nella regione negli ultimi anni in un’unica operazione». La droga era destinata al mercato tedesco. Sulla base dei dati del 2021, si stima che il mercato della droga nell’Unione europea abbia un valore minimo al dettaglio di almeno 30 miliardi di euro (fonte: Consiglio dell’Unione europea, dato aggiornato al 4 settembre 2024), anche se altre fonti lo stimano tra i 23,7 e i 33,6 miliardi di dollari. Gran parte dei quali proviene dalla cocaina che, a livello mondiale, vale 250 miliardi, circa la metà (calcolato ormai per difetto) del valore globale del traffico di ogni tipo di droga possibile e immaginabile. 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cinquecolonnemagazine · 3 months ago
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Agrivoltaico e PNRR: affari d’oro per le imprese agricole?
(Adnkronos) - Il contributo del PNRR consente di rientrare dell’investimento in un lasso di tempo fra i 3 e i 9 anni, ma il vero incentivo è dato dalla possibilità di produrre (e vendere) energia per oltre trenta. Salvalaio (GIFT Solutions): «Il valore dell’investimento iniziale? Viene triplicato». E per l’imprenditore agricolo l’intervento “congiunto” assieme a un partner specializzato è una garanzia ulteriore. Agrivoltaico e PNRR: gli impianti fotovoltaici È noto ormai che con gli impianti fotovoltaici si guadagni. Di fatto, questi impianti e la loro tecnologia non sono più una novità, come potevano esserlo all’epoca dei primi incentivi, concessi quasi 15 anni fa. Oggi l’investimento è ritenuto sicuro, i costi di manutenzione sono molto contenuti e lo spettro della “tossicità” dei pannelli fotovoltaici è acqua passata, dato che quelli più moderni sono totalmente riciclabili. Proprio la “tranquillità” con cui è possibile investire in questi progetti “green” sta spingendo sempre più persone a installare impianti fotovoltaici sui tetti di case e capannoni, ma motiva anche gli stessi agricoltori a puntare sull’agrivoltaico. E il motivo è semplice: si guadagnano molti soldi. Anche senza incentivi. Non è tanto il contributo del PNRR, statale o regionale, che permette di guadagnare - per quanto l’incentivo certamente consenta un allettante rientro dell’investimento in un lasso di tempo che può variare dai 3 ai 9 anni - ma è la durata della produzione di energia ultratrentennale a risultare, a conti fatti, la molla decisiva. «Vuol dire infatti che per oltre trent’anni sarà possibile vendere energia con un’efficienza garantita dell’impianto fotovoltaico di oltre l’80%», chiarisce Alessandro Salvalaio, AD di GIFT Solutions, società specializzata in impiantistica e riqualificazione. Investimenti «Questo fa sì che, ad esempio, a fronte di un investimento per un impianto agrivoltaico da 1MWp che oggi costa un milione e mezzo di euro, ci sia modo di avere un rientro pari al triplo della somma in trent’anni. Il tutto, appunto, senza considerare gli incentivi. Ovviamente i rischi ci sono. Quali? Potrebbe scendere vertiginosamente il costo dell’energia. Si tratta, però, di un’ipotesi oltremodo remota. Negli ultimi decenni questo non è accaduto e anche se, per assurdo, dovesse succedere, l’energia prodotta da fonti rinnovabili rimarrà comunque un asset importante, considerando le regolamentazioni europee e i nuovi standard ESG». I dati confermano quanto affermato, come sanno bene i consumatori tutti, sulla propria pelle. È sufficiente scartabellare negli archivi informatici della Borsa Elettrica Italiana per rendersi conto dell’ascesa dei costi. Considerando il PUN (Prezzo Unico Nazionale), ovvero l’indice del prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica scambiata fra produttori e fornitori sul mercato, non si può non notare la pressoché continua escalation. Esempio a campione Prendiamo qualche esempio a campione, a partire da un arco temporale sufficientemente lungo: il valore del PUN del 25 luglio 2004 - vent’anni fa - era di 0,03702 €/kWh; dieci anni esatti dopo, il 25 luglio 2014, è salito a 0,04958 €/kWh; dieci anni più tardi, arrivando sostanzialmente a oggi, ovvero al 25 luglio 2024, è aumentato a 0,11598 €/kWh. In altre parole, in vent’anni si è registrato un aumento del prezzo del 213%! E questo al netto delle oscillazioni anomale legate alle contingenze, che pure possono registrarsi, come a cavallo dell’estate 2022. Il punto è che niente lascia ipotizzare che la tendenza, ultradecennale, possa di colpo invertirsi: il prezzo dell’energia è destinato a salire, rendendo sempre più prezioso l’apporto delle fonti rinnovabili. Quello che frena, semmai, sono i vincoli o comunque la poca chiarezza normativa che rallenta le autorizzazioni e le connessioni alla rete elettrica degli impianti. Gli investitori e il PNRR Tuttavia per investimenti che hanno una vita utile così lunga anche questi fattori diventano marginali. Soprattutto se l’investimento viene realizzato non “da” ma “con” professionisti del settore. È questa infatti una possibilità molto interessante per gli investitori che possono realizzare gli impianti fotovoltaici assieme ad aziende specializzate, investendo in parti uguali e, ovviamente, traendone alla pari i profitti. Una garanzia in più, dunque, sulla qualità dell’impianto e sulla sua gestione. Questa metodologia di investimento “congiunto” è stata lanciata proprio da GIFT Solutions ed è aperta anche al settore agrivoltaico, dove l’esigenza per l’agricoltore di avere garanzie è maggiore. «L’investimento comune porta tutti a beneficiare di maggiori tutele e guadagni. Per l’agricoltore sapere che l’impianto agrivoltaico potrà contare su un partner che tiene ad assicurarsi la sua produttività è una garanzia», conclude Salvalaio. «Ma anche per noi che investiamo con loro, sapere che le lavorazioni agricole saranno svolte con particolare attenzione e secondo normativa è altrettanto rassicurante». [email protected] (Web Info) Foto di andreas160578 da Pixabay Read the full article
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femmelynch · 5 months ago
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Da Rifugiato a Vignaiolo: Viti Toscane in Africa
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Da Rifugiato a Vignaiolo: Viti Toscane in Africa
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Francois Desirè Bazie, un imprenditore italo-africano, ha intrapreso un’impresa ambiziosa: produrre vini africani con vitigni toscani in Burkina Faso. Dopo essere stato rifugiato politico e aver vissuto in Italia, Bazie ha deciso di tornare nel suo Paese di origine per aiutare i suoi connazionali e creare un’alternativa concreta al fenomeno delle migrazioni che sta impoverendo il Burkina Faso.
Un Vigneto Toscano in Africa
Bazie, originario del Burkina Faso, ha piantato le prime barbatelle di vitigni toscani come Sangiovese, Vermentino, Massaretta, Cabernet e Merlot nella campagna di Bagre, nella provincia di Boulgou. Il suo obiettivo è produrre vini africani con vitigni toscani, offrendo un’alternativa concreta al fenomeno delle migrazioni che sta impoverendo il Paese.
Un Progetto Sostenibile
Il progetto di Bazie è sostenuto dal Governo italiano, che ha concesso l’utilizzo di queste terre. Inoltre, Coldiretti Toscana, BF, Filiera Italia e CAI (Consorzi Agrari d’Italia) hanno promosso uno dei progetti del Piano Mattei per l’Africa, che prevede la coltivazione di oltre 40.000 ettari tra Algeria, Angola, Egitto e Ghana.
Un Messaggio di Speranza
Bazie spiega:
Sono tornato nel mio Paese di origine per aiutare i miei connazionali grazie al Governo che ha concesso l’utilizzo di queste terre. Voglio insegnare quello che ho imparato in Italia sull’agricoltura e sulle viti e sull’agricoltura in generale. In Italia ho trovato ospitalità e gente per bene che mi ha insegnato molto. Se oggi sono quello che sono, un imprenditore agricolo, molto lo devo alle persone che ho incontrato. Il Burkina Faso è un Paese in via di sviluppo, con grandi potenzialità e risorse, che sta purtroppo perdendo la generazione che dovrebbe costruire i pilastri del nostro futuro. Creiamo qui le condizioni perché restino ma anche perché tornino”.
Un Futuro Radioso
Bazie aggiunge:
“Ho portato dall’Italia le barbatelle di vermentino, sangiovese, massaretta, cabernet e merlot. Sto piantando insieme a un gruppo di giovani che partecipano al progetto. Costruiremo una cantina e produrremo qui il primo vino con vitigni toscani per il mercato africano. Ora c’è un pezzo della Toscana nella mia terra di origine”.
Questo progetto è un esempio di come le imprese italiane possano sostenere l’internazionalizzazione e la crescita economica in Africa, creando opportunità di lavoro e sviluppo sostenibile.
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Sei una PMI italiana o un investitore alla ricerca di nuove opportunità? Il continente africano ti offre possibilità incredibili attraverso i tenders internazionali e le gare d’appalto delle Banche Multilaterali di Sviluppo (MDBs).
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Opportunità di Sviluppo Sostenibile
🔍 Vantaggi di Partecipare ai Tenders Internazionali:
Accesso a Progetti di Grande Impatto
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Storie di Successo
1. Marco R., CEO di Tech Innovators S.r.l. “Grazie al loro supporto, abbiamo vinto un tender internazionale in Kenya. Il nostro fatturato è cresciuto del 30% in un anno!”
2. Laura S., Fondatrice di EcoEnergy Solutions ��La consulenza ricevuta ci ha permesso di aggiudicarci un progetto di energia rinnovabile in Nigeria. Un vero successo!”
3. Giovanni L., Direttore Operativo di AlbaFoods “Con il loro aiuto, abbiamo vinto una gara d’appalto in Ghana, espandendo la nostra presenza in Africa.”
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italiacamerun · 5 months ago
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Da Rifugiato a Vignaiolo: Viti Toscane in Africa
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Da Rifugiato a Vignaiolo: Viti Toscane in Africa
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Francois Desirè Bazie, un imprenditore italo-africano, ha intrapreso un’impresa ambiziosa: produrre vini africani con vitigni toscani in Burkina Faso. Dopo essere stato rifugiato politico e aver vissuto in Italia, Bazie ha deciso di tornare nel suo Paese di origine per aiutare i suoi connazionali e creare un’alternativa concreta al fenomeno delle migrazioni che sta impoverendo il Burkina Faso.
Un Vigneto Toscano in Africa
Bazie, originario del Burkina Faso, ha piantato le prime barbatelle di vitigni toscani come Sangiovese, Vermentino, Massaretta, Cabernet e Merlot nella campagna di Bagre, nella provincia di Boulgou. Il suo obiettivo è produrre vini africani con vitigni toscani, offrendo un’alternativa concreta al fenomeno delle migrazioni che sta impoverendo il Paese.
Un Progetto Sostenibile
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pier-carlo-universe · 10 days ago
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"Mercatino in Pista" ad Alessandria: Prodotti Agricoli ed Eno-Gastronomici in Piazza Borgo Città Nuova. Un'Iniziativa per Animare il Quartiere Europista e Sostenere i Commercianti Locali
Venerdì 15 novembre, dalle 9 alle 18, Piazza Borgo Città Nuova ad Alessandria ospiterà il "Mercatino in Pista", un evento organizzato dall'Associazione Europista con il patrocinio della Provincia di Alessandria e dell’Amministrazione Comunale, e con il su
Venerdì 15 novembre, dalle 9 alle 18, Piazza Borgo Città Nuova ad Alessandria ospiterà il “Mercatino in Pista”, un evento organizzato dall’Associazione Europista con il patrocinio della Provincia di Alessandria e dell’Amministrazione Comunale, e con il supporto tecnico del consorzio Procom. L’iniziativa è pensata per promuovere i prodotti agricoli e dell’enogastronomia, offrendo ai cittadini e…
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delectablywaywardbeard-blog · 7 months ago
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ISMEA, "il comparto vinicolo vale un terzo del mercato agricolo assicurato"
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notiziariofinanziario · 8 months ago
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ISTAT: Nel 2023 il tasso di occupazione in Italia ha raggiunto il valore più alto mai registrato
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Grandi divari nel mondo dell'occupazione non solo tra le singole regioni, ma anche tra le singole province.  Di recente Istat ha pubblicato i dati sull’occupazione nel 2023 a livello regionale e provinciale che permettono di analizzare com’è strutturato territorialmente il mercato del lavoro nel nostro Paese. Dove c’è maggiore occupazione Nelle province e nelle regioni settentrionali si registra un’occupazione più alta di quelle meridionali. Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta, Emilia-Romagna e Veneto sono le quattro regioni con un tasso di occupazione superiore al 70 per cento nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni, mentre Sicilia, Calabria e Campania sono le uniche sotto il 50 per cento, con un’occupazione tra il 44 e il 45 per cento. In parole semplici, qui lavora meno di una persona su due. Bolzano, Bologna e Verona sono le tre province con il tasso di occupazione più alto, mentre le tre province con i dati peggiori sono Reggio Calabria, Crotone e Caltanissetta. Quest’ultima ha un tasso di occupazione che si ferma al 37,7 per cento, meno della metà di quello di Bolzano. Questa percentuale così bassa è dovuta in particolare al basso tasso di occupazione femminile che si ferma al 23,1 per cento, circa il 56 per cento in meno di quello maschile, che invece arriva al 52,6 per cento.  Tutte le province registrano un tasso di occupazione più alto tra gli uomini rispetto alle donne (il cosiddetto gender employment gap), ma in quelle meridionali la differenza è molto più alta. A livello nazionale, il tasso di occupazione maschile è il 25 per cento più alto di quello femminile, mentre a Caltanissetta, Barletta-Andria-Trani, Crotone, Taranto e Napoli è superiore del 50 per cento. Che tipo di occupazione c’è Istat classifica gli occupati in cinque settori: il 4 per cento lavora nell’agricoltura, il 6 per cento nelle costruzioni, il 14 per cento nel commercio, il 20 per cento nell’industria e il 56 per cento nei servizi.  Nel settore agricolo c’è una forte differenza tra il Nord e il Sud Italia: le regioni meridionali hanno generalmente una maggiore quota di lavoratori impiegati nell’agricoltura. Ragusa è l’unica provincia che supera il 20 per cento di addetti nell’agricoltura: 16 tra le 20 province sopra il 10 per cento si trovano nel Mezzogiorno, con l’eccezione di Latina, Grosseto, Asti e Cuneo. Viceversa, l’industria occupa più persone nel Centro-Nord. Superano il 40 per cento di occupati nell’industria le province di Vicenza, Fermo e Belluno e sopra il 30, tra le altre, ci sono Prato, Treviso, Brescia, Bergamo e Biella. Sotto il 10 per cento ci sono invece 12 province, di cui la maggior parte sono meridionali, con l’eccezione di Imperia, Grosseto e Roma.  Nel settore delle costruzioni non emerge una chiara divisione, così come nel commercio. L’Aquila, Benevento e Rieti sono le province con la maggior quota di lavoratori nel settore edile (tra l’11 e il 12 per cento), mentre Firenze, Cagliari e Taranto sono quelle con la percentuale più bassa (tra il 3 e il 4 per cento). Nel settore del commercio le uniche regioni a superare il 20 per cento sono Imperia, Barletta-Andria-Trani e Forlì, mentre Trieste è l’unica sotto il 10 per cento.  Infine, gli altri servizi impiegano tre lavoratori su quattro a Roma, Cagliari e Trieste, ma sopra il 60 per cento ci sono anche Aosta, Milano, Pisa, Napoli e Firenze. Nessuna provincia scende sotto il 40 per cento, ma al 41 per cento troviamo Prato, Vicenza e Fermo. Nel complesso il 79 per cento dei lavoratori italiani è dipendente e il 21 per cento indipendente, ossia lavoratori autonomi. Le province di Grosseto, Isernia, Savona e Benevento sono le uniche dove gli autonomi sono oltre il 30 per cento, mentre le percentuali più basse si registrano a Lodi e Gorizia con il 14 per cento. Quali province hanno più disoccupazione Nel 2023 il tasso di disoccupazione in Italia è stato pari al 7,7 per cento. Queste sono persone che non lavorano e che cercano attivamente una nuova occupazione. Chi non lavora, ma non cerca una nuova occupazione, è considerato “inattivo” ed è al di fuori delle forze di lavoro, che comprendono occupati e disoccupati.  Napoli è l’unica provincia dove il tasso di disoccupazione supera il 20 per cento, anche se Messina è molto vicina con il 19,3 per cento. Oltre il 15 per cento, tra le altre, ci sono le province di Foggia, Palermo, Siracusa, Catania e Salerno.  Registrano una disoccupazione sotto il 3 per cento le province di Monza e Brianza, Bergamo, Cremona e Bolzano. Nella provincia di Bolzano il tasso di disoccupazione è solo del 2 per cento. Sotto il 4 per cento, tra le altre, ci sono Bologna, Vicenza, Siena, Trieste e Verona.  In generale nessuna regione del Nord ha un tasso di disoccupazione superiore al 7 per cento, mentre in cinque regioni meridionali si supera il 10 per cento. Dove ci sono più inattivi Nel 2023 il 33,3 per cento della popolazione tra i 15 e i 64 anni era inattiva: non ha lavorato o non ha cercato un lavoro. In questa parte della popolazione ci sono persone che non hanno bisogno di lavorare o che hanno smesso di cercare un’occupazione, sfiduciate dai risultati inconcludenti della ricerca.  Anche in questo caso è netta la differenza tra il Nord e il Sud. Caltanissetta, Crotone e Reggio Calabria sono le uniche province dove oltre la metà della popolazione è inattiva, anche se Taranto e Caserta si avvicinano molto a questa soglia (49,8 per cento). Le uniche province con un tasso di inattività inferiore al 25 per cento sono Piacenza, Arezzo, Bolzano e Bologna. Read the full article
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lamilanomagazine · 8 months ago
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Lollobrigida: altro segnale importante per la filiera ortofrutticola con la Cambiale Ismea
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Lollobrigida: altro segnale importante per la filiera ortofrutticola con la Cambiale Ismea "Un altro segnale importante da parte dell'Ismea per il sostegno della filiera ortofrutticola. La nuova linea di credito, introdotta con la legge di Bilancio 2024, sarà dedicata alle piccole e medie imprese agricole. Si tratta di un ulteriore intervento per rilanciare il settore ortofrutticolo cui potranno beneficiare anche le imprese che producono pere e kiwi, che hanno subito ingenti danni nel 2023. Le risorse per la Cambiale Ortofrutta si aggiungono ai 23 milioni di euro, già messi a disposizione dal Masaf per il sostegno di questi comparti in crisi". Così il ministro dell'Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, sulla nuova liquidità alle imprese dell'Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare garantita con la Cambiale Ortofrutta, un credito immediato per 19,3 milioni di euro a tasso agevolato.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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gtggff · 9 months ago
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l'olio extra vergine di oliva
l'olio extra vergine di oliva
Progetto Colibri Oliva
Colibri è un progetto di OPCONFOLIVA per scoprire e apprezzare l'olio extravergine di oliva e le olive da tavola in Brasile, cofinanziato dal programma della Commissione Europea 'Promozione dei prodotti agricoli europei' REG 1144/2014.
Il Progetto mira a promuovere i prodotti del settore olivicolo: l’olio d’oliva e le olive da tavola, ed è rivolto al Brasile. Gli obiettivi specifici del programma sono: migliorare il livello di conoscenza dei pregi dei prodotti agricoli dell’Unione Europea e degli elevati standard applicabili ai metodi di produzione nell’UE; ottimizzare l’immagine del prodotto agricolo offerto nel caso dell’olio di oliva e delle olive; aumentare la consapevolezza e il riconoscimento dei sistemi di qualità dell’Unione Europea. La cultura delle olive europee ispira i veri sapori nella tua vita attraverso la tradizione millenaria e la cultura dell’olio d’oliva.
Come Lavoriamo
I nostri prodotti sono il risultato di operazioni controllate e certificate, dalla raccolta alle case dei nostri consumatori...
La raccolta delle Olive
La Molitura delle Olive
La Conservazione delle Olive
Olio EVO
Condire e Cucinare
Cosmetica Naturale
Olio EVO di Origine Europea - Colibri Oliva
Tutti ne parlano, ma cosa si intende per olio extravergine di oliva?
Questo prodotto è noto per la sua elevata qualità e per essere un alleato della dieta.
L’olio EVO si ottiene dalla spremitura di olive senza aggiungere additivi.
Inoltre, presenta un livello di acidità nettamente inferiore rispetto ad altri oli, fissato a 0,8 grammi per 100 grammi di prodotto
Olive da Tavola
Le Migliori sul Mercato
Quali sono le migliori olive da tavola?
Succose, genuine, trattengono tutto il gusto del mare. Perfette da sole o in qualsiasi ricetta, le nostre olive Biologiche da tavola di origine europea sono una goduria per il palato.
La zona del mar mediterraneo è ricca di varietà di olive da tavola buonissime e stuzzicanti. Innanzitutto, la differenza tra oliva da tavola e oliva per olio sta nella consistenza: le prime sono più dure e la polpa si stacca più difficilmente dal nocciolo, rendendo complesso il processo di spremitura.
Ciò che poi differenzia olive da tavola e olive per olio è il loro gusto sensazionale. La Bella di Cerignola, Olive Cellina di Nardò, Intosso, Nocellara del Belice sono le migliori olive da tavola italiane, inimitabili e anche rispettose del territorio.
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olitaly · 9 months ago
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