#collana rossa
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marcogiovenale · 1 year ago
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poesia italiana 2017-18. una rassegna / vincenzo ostuni. 2018
Passati in rassegna i libri di poesia e prosa breve italiana usciti fra il settembre ’17 e l’agosto ’18, occorre intensificare quel che scrive Gianluigi Simonetti nel suo recente La letteratura circostante: non solo pubblicare per la «Bianca» Einaudi o lo «Specchio» Mondadori «non significa più nulla di per sé»: pubblicarvi si avvicina ad essere un chiaro predittore negativo, per lo meno di certe…
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tsuyahandmade · 10 months ago
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beatricecenci · 1 month ago
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Eliseo Sala (Italian, 1813-1879)
Zingara con tamburello e collana rossa
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greenbor · 8 months ago
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Poesia di https://www.tumblr.com/maripersempre-21
Di ogni tuo bacio
ne farò una perla...
con il filo che ci unisce
le metterò insieme,
e ne farò una collana...
sarà rossa come le tue labbra,
come l'amore,
il desiderio,
la passione...
rossa come corallo di mare,
e la terrò al mio collo,
lunga da arrivare
ai miei seni,
e ogni volta
che vorrò baciarti
la avvicinerò
alle mie labbra...
e sarai per sempre...
...Mio...
M.C.©
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gregor-samsung · 1 year ago
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“ Sul carro era stato caricato tutto quello che ci poteva stare, anche la macchina da cucire e la bicicletta, anche la damigiana piccola piena di vino. Quindi la porta di casa era stata chiusa. L���aveva chiusa la madre con molta cura, e prima di legare la chiave alla cintura del suo vestito essa si era più volte assicurata che fosse chiusa bene. E poi erano rimasti vicino al carro, di fronte alla porta chiusa. Erano rimasti là fermi un poco, senza far niente perché non c’era più niente da fare, ma pareva loro di dover aspettare chi sa che cosa. E infine il vecchio aveva detto: «Avanti!» con voce solenne, come se fosse risorto in lui l’antico spirito dei capi che guidavano le tribù nelle trasmigrazioni dei popoli. E il figlio Nino aveva incitato i buoi più volte, portando il carro dietro la casa e poi sulla carrareccia che conduceva alla strada grande. E allora la madre aveva camminato in fretta per raggiungere il suo uomo che stava in testa, e insieme e vicini andarono avanti verso la strada. E dietro veniva il carro guidato dal figlio Nino, che senza posa stimolava i buoi con la voce e col lungo bastone. E dietro il carro, dopo la vacca legata che camminava sonnolenta, venivano la ragazza Effa, e la Rossa, che portava in braccio il suo piccolo figlio addormentato. E intanto il cielo sopra la linea dei monti si era fatto chiaro e dorato. «Guarda, Rossa» disse la ragazza Effa. «Deve essere nata la luna.» E la madre, che camminava dall’altra parte del carro accanto al suo uomo, disse: «Guarda, Mangano. Dev’essere nata la luna. Tra poco ci vedremo meglio.» “
Giuseppe Berto, Le opere di Dio, Nuova Accademia Editrice (collana I cristalli degli Italiani), Milano, 1965; pp. 167-69.
[ 1ª edizione originale: Macchia editore, Roma, 1948 ]
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Breve descrizione dei personaggi di Wu Cheng'en
Come è ovvio i protagonisti minekurani sono ispirati a quelli dell'opera di Wu Cheng'en anche i nomi sono gli stessi se non per il fatto che sono pronunciati in giapponese, infatti sono:
Sun Wukong—> Son Goku Sha Wujing—> Sha Gojyo Zhu Bajie—> Cho Hakkai Tang Sanzang/Xuanzang—> Genjo Sanzo
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Sun Wukong
Egli è il Re delle Scimmie, nato da una roccia sferzata dai vari elementi soprattutto il vento. Tutto il racconto è incentrato su di lui e sul suo viaggio interiore,nonché epico. Dopo aver osato sfidare il Cielo venne relegato dal Buddha (anch'egli sfidato) sulla terra con un enorme montagna addosso per 500 anni. Passato questo arco di tempo verrà liberato dal Bodhisattva Guanyin con la condizione che diventi discepolo di Sanzang.
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Zhu Bajie
È uno dei tre aiutanti di Sanzang mezzo uomo e mezzo maiale,nella vita precedente era Tian Peng, Maresciallo della Via Lattea che a causa delle avance nei confronti della Dea della Luna Chang'e rischiò di essere condannato a morte,ma l'intercessione del Grande Pianeta Bianco gli fa avere solo (si fa per dire) 2000 bastonate e una rinascita come mortale. Nel romanzo viene spesso chiamato daizi che vuol dire “idiota” in quanto la sua stupidità e la sua pigrizia si contrappone alla furbizia e all'intelligenza di Sun Wukong. Bajie vuol dire “otto divieti” ed è il soprannome che Sanzang gli ha dato per ricordargli la sua dieta e condotta buddhista.
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Sha Wujing
Il suo nome vuol dire “sabbia di pura conoscenza” poiché è un demone fluviale,nella vita precedente era un discepolo delle divinità celesti e in un impeto di rabbia rompe un vaso durante la Festa delle Pesche. L'imperatore di Giada lo punì con 800 vergate e lo fece rinascere tra i mortali come uomo-demone di sabbia. Dalla barba rossa,parzialmente calvo,con una collana fatta di teschi porta con se il yueyachan una sorta di doppia falce il che gli da un aspetto ancora più terrificante. All'interno del gruppo è quello più leale al Maestro, dal cuore gentile, inoltre è il più logico ed educato del gruppo (da non credersi se si vede come è stato sviluppato Sha Gojyo XD).
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Tang Sanzang
Egli è un monaco buddhista,il cui compito è quello di recuperare dei Sutra dal Tianzhu (antico nome cinese per “India”) per portare il vero Buddhismo anche in Cina. Nel romanzo lo vediamo spesso e volentieri ingenuo, debole che si nasconde dai nemici,incapace di difendersi, insomma una figura patetica (nulla a che vedere col Sanzo della Minekura). Dopo che i suoi due accompagnatori vennero uccisi da dei demoni,dopo la partenza da Chang'an, il Bodhisattva Guanyin decide di aiutarlo a trovare tre esseri sovrannaturali molto potenti (Sun Wukong, Zhu Bajie e Sha Wujing). Durante il viaggio è sempre terrorizzato poiché una leggenda dice che chi consumerà le sue carni diverrà immortale e quindi non stupisce che demoni vari cerchino di divorarlo o di farci sesso (le demonesse).
Bai Long Ma
Pur essendo il destriero di Sanzang, egli è in realtà un principe, per la precisione è il terzo figlio del Re Drago del Mare Occidentale Ao Run e il suo vero nome è Áo Liè. Per colpa di un incendio da lui causato in maniera accidentale e per nulla volontaria, che ha causato la distruzione di una perla data in dono dall'Imperatore di Giada, viene condannato a morte ma l'intervento di Guanyin gli salva la vita. Bandito presso il fiume Yingchou nei monti Shepan e su istruzione di Guanyin, egli dovrà aspettare l'arrivo di un monaco che deve recuperare dei Sutra. Siccome non lo aveva inizialmente riconosciuto, divora il cavallo di Sanzang. Dopo un combattimento contro Sun Wukong nel quale il drago perde, Sun Wukong viene ad apprendere da una divinità della terra che egli è il drago piazzato lì da Guanyin. Alla fine servirà come cavallo di Sanzang per il resto del viaggio, diventando a termine del racconto il Bodhisattva Babu Tianlong Guangli.
Questa è solo un'introduzione molto rapida, vista che m'interessa approfondire meglio le differenze e similitudini che ci sono tra i due gruppi di protagonisti.
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maryvictory64 · 2 years ago
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Il suo cuore era così bello...rosso...era un regalo per chi ne era degno...rispettoso di quel valore
Era un cuore che donava profumato di rossa passione...come una rosa sbocciata in pieno sole
E dentro conteneva saggezza...non solo amore...la saggezza acquisita nel tempo come una collana bianca di perle
MaryVictory 🌹
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avvocatoreale · 1 year ago
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Torna Sara Boringhieri con le sue recensioni letterarie; per il mese di Novembre ha scelto un'atmosfera british: "La Signora in tweed" di Charles Exbrayat
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di Sara Boringhieri
“LA SIGNORA IN TWEED” di Charles Exbrayat
Londra, anni Cinquanta. L’Ammiragliato è un mondo di soli uomini, che indossano sobrie uniformi scure. Ma c’è una macchia di colore in quelle cupe stanze, una donna dalla folta chioma fulva che veste un caratteristico tailleur di tweed, corredato da una sciarpa tartan rossa e verde. Si chiama Imogene McCarthery. Da vent’anni lavora come dattilografa in quell’ambiente declinato al maschile, fiera e caparbia come le Highlands della sua lontana patria, la Scozia. Ad averle infuso tale sicurezza è stato il padre, che le ha raccontato la storia della sua terra raccomandandole di difenderla a ogni costo. Un giorno, finalmente, Imogene può mettere in pratica i suoi insegnamenti. Il suo capo, David Woolish, ha una missione per lei: dovrà recarsi a Callander, il paese in cui è nata, e consegnare dei documenti segreti a un funzionario del governo. Imogene non esita un secondo e sale sul treno con la busta sottobraccio, ma non sa che ci sono persone che vogliono approfittarsi della sua presunta ingenuità. Eppure, grazie a intuito, destrezza e un pizzico di fortuna, Imogene difenderà l’onore della croce di sant’Andrea, tornando a casa trionfante.
Imogene McCarthery rappresenta l’archetipo della “protagonista controversa”. È un personaggio che nel bene e nel male non lascia indifferenti, la sua presenza e la sua personalità sono ben delineate fin dalle prime pagine e permangono ben caratterizzate nel corso dell’intero romanzo.
Legatissima alle proprie origini scozzesi, non fa nulla per nascondere il suo attaccamento al proprio Paese natale. E’ una donna energica, determinata, schietta e sincera prima di tutto (non manda a dire alcunché) ma al contempo anche una protagonista che dà spazio alle emozioni e che nella sua determinazione è irruente e istintiva, ironica e irascibile: attraverso i suoi occhi e il suo particolare modo di agire, il lettore viene catapultato nell’Inghilterra e nella Scozia degli anni Cinquanta del secolo scorso con tutte le contraddizioni, i pregiudizi e le difficoltà dell’epoca e della società di quel momento storico.
Charles Exbrayat, francese d’origine, crea un personaggio femminile difficile da dimenticare: Imogene o la si ama o la si odia.
Le avventure di Imogene Mc Carthery (da cui nel 2010 è stata tratta anche una versione cinematografica che vede l’attrice Catherine Frot interpretare la beniamina scozzese) vengono pubblicate per la prima volta nella collana “Le Masque” tra il 1959 e il 1975,  mentre sono di recente pubblicazione nel resto del mondo.
“La signora in tweed” è la prima opera pubblicata in Italia nel 2023.
Degna di nota è la prefazione del libro a cura di Alice Basso, nota scrittrice che vive nel torinese e che presenta il romanzo incuriosendo il potenziale lettore.
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gianlucadandrea · 1 year ago
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ESCE NELLA COLLANA “ROSSA” L’ULTIMA OPERA DI GIANLUCA D’ANDREA, “NUOVO INIZIO”, CON LA POST-FAZIONE DI ANTONIO DEVICIENTI.
Un graditissimo ritorno, quello dell’amico Gianluca D’Andrea, che arricchisce il nostro catalogo con la sua ultima opera, “Nuovo inizio“, al termine della quale Antonio Devicienti dà prova di tutta la sua maestrìa critica. Riproduciamo, qui sotto, alcuni testi di questo significativa raccolta. Il rizoma: immagine di un nuovo inizio della scrittura Nuovo inizio di Gianluca D’Andrea è un…
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tsuyahandmade · 10 months ago
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persa-tra-i-miei-pensieri · 2 years ago
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PhoTober
5 Ottobre
Tema: rosso
Autore della foto: @laragazza-dalcuore-infranto-blog
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estaticheparole · 3 years ago
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"Il gioielliere era seduto alla scrivania e guardava distrattamente la strada attraverso la vetrina del suo elegante negozio.
Una bambina si avvicinò al negozio e schiacciò il naso contro la vetrina. I suoi occhi color del cielo si illuminarono quando videro uno degli oggetti esposti.
Entrò decisa e puntò il dito verso uno splendido collier di turchesi azzurri.
“È per mia sorella. Può farmi un bel pacchetto regalo?”.
Il padrone del negozio fissò incredulo la piccola cliente e le chiese: “Quanti soldi hai?”.
Senza esitare, la bambina, alzandosi in punta di piedi, mise sul banco una scatola di latta, la aprì e la svuotò. Ne vennero fuori qualche biglietto di piccolo taglio, una manciata di monete, alcune conchiglie, qualche figurina.
“Bastano?”, disse con orgoglio. “Voglio fare un regalo a mia sorella più grande. Da quando non c’è più la nostra mamma, è lei che ci fa da mamma e non ha mai un secondo di tempo per se stessa. Oggi è il suo compleanno e sono certa che con questo regalo la farò molto felice. Questa pietra ha lo stesso colore dei suoi occhi”.
L’uomo entra nel retro e ne riemerge con una stupenda carta regalo rossa e oro con cui avvolge con cura l’astuccio.
“Prendilo” disse alla bambina. “Portalo con attenzione”.
La bambina partì orgogliosa tenendo il pacchetto in mano come un trofeo.
Un’ora dopo entrò nella gioielleria una bella ragazza con la chioma color miele e due meravigliosi occhi azzurri. Posò con decisione sul banco il pacchetto che con tanta cura il gioielliere aveva confezionato e dichiarò:
“Questa collana è stata comprata qui?”.
“Sì, signorina”.
“E quanto è costata?”.
“I prezzi praticati nel mio negozio sono confidenziali: riguardano solo il mio cliente e me”.
“Ma mia sorella aveva solo pochi spiccioli. Non avrebbe mai potuto pagare un collier come questo”.
Il gioielliere prese l’astuccio, lo chiuse con il suo prezioso contenuto, rifece con cura il pacchetto regalo e lo consegnò alla ragazza.
“Sua sorella ha pagato. Ha pagato il prezzo più alto che chiunque possa pagare: ha dato tutto quello che aveva”."
(B. Ferrero)
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spettriedemoni · 2 years ago
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Il mistero della grisette parigina di New York
Ho visto il film "The Pale Blue Eye" su Netflix (mi ci è voluto un po' perché è maledettamente lento) e mi è tornata la passione per Edgar Allan Poe.
La sinossi del film in breve: un detective in pensione, vedovo e con una figlia scappata di casa, Augustus Landor impersonato da Christian Bale, indaga sull'omicidio di un cadetto di West Point, accademia militare frequentata da Edgar Allan Poe, impersonato da un bravissimo Harry Melling, che finisce per aiutare il vecchio investigatore.
La storia procede senza grossi scossoni ma nel finale il "plot twist" mi ha lasciato piacevolmente sorpreso.
Ma sto divagando, torniamo a Poe. Anni fa mi capitò di leggere "La Maschera della Morte Rossa" e "Il Ritratto Ovale". Poi ritrovai tra i libri di mia madre una collana di pubblicazioni con diversi romanzi. Tra questi vi erano pure i "Racconti Straordinari" di Poe.
In mezzo a questi racconti vi era pure "Gli Assassini della Rue Morgue" in cui compariva il proto investigatore della letteratura ben prima di Sherlock Holmes: Auguste Dupin (immagino abbiate notato lo stesso nome di battesimo dell'investigatore del film di cui sopra).
Dupin vive a Parigi ed è protagonista anche de "La Lettera Rubata" e de "Il Mistero di Marie Roget". Quest'ultimo racconto mi colpì molto ai tempi. Il motivo è presto detto: mentre i primi due erano racconti completamente inventati, Marie Roget era esistita veramente ma il suo vero nome era Mary Cecilia Rogers.
Poe aveva spostato la vicenda da New York a Parigi e alterato il nome della protagonista ma era fin troppo evidente che parlasse di lei. L'edizione che avevo io aggiungeva delle note per mostrare i nomi originali dei personaggi e soprattutto delle testate giornalistiche a cui Poe attinse per scrivere il racconto e trarre poi le sue conclusioni.
La mente straordinaria di Poe si avvicinò alla soluzione del mistero, come due confessioni successive confermarono, si può anzi ragionevolmente supporre che se Poe fosse stato sui luoghi della vicenda avrebbe probabilmente risolto il mistero ben prima della polizia.
Per certi versi qualcosa della vicenda di Mary Rogers può far pensare a Laura Palmer di Twin Peaks come a molti altri delitti irrisolti o risolti o a misteri come la scomparsa di Emanuela Orlandi che hanno destato scalpore per la giovane vittima o per la doppia vita che in qualche caso esse conducevano. Quello però che più di tutto mi colpisce è come una mente tormentata come quella di Edgar Allan Poe sia riuscita a vedere prima degli altri con lucidità attraverso la coltre di mistero che avvolgeva la vicenda.
Poe era dedito all'alcolismo, i suoi scritti erano spesso surreali, pazzeschi e spesso cadeva in depressione. Lo si sarebbe definito pazzo.
Poi ripenso all'incipit di un suo racconto, Eleonora, dove dice:
«Mi han chiamato pazzo e sia, ma nessuno è mai riuscito a stabilire se la pazzia sia o meno una forma superiore di intelligenza».
e mi vengono i brividi come quando leggevo "Gli Assassini della Rue Morgue".
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gregor-samsung · 1 year ago
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“ La violenza dei giorni del colpo di stato, la brutalità della repressione, l’avevano solo sfiorata. Anche quando ne parlava a anni di distanza; anche quando raccontava episodi sinistri o atroci le brillavano gli occhi, e diceva, sai, è strano, ma di quel periodo ho anche ricordi bellissimi. Aveva avuto fortuna. Nessun militare aveva sfondato la porta di casa sua o portato via membri della sua famiglia, non aveva visto cadaveri: il primo sarebbe stato quello di una ragazza, lanciato di notte dai militari dentro al recinto dell’ambasciata. Ma questo è successo quando Iris era già al sicuro, e anche mettersi al sicuro era stata un’avventura a lieto fine. Avevano preso un taxi, di notte, lei e una sua amica; l’amica era terrorizzata, lei no; erano scese a un paio di isolati di distanza; arrivate di corsa sul posto senza che nessuno le fermasse, Iris si era appoggiata con la schiena al muro dell’ambasciata, poco piú di due metri, e aveva unito le mani facendo scaletta; l’amica aveva preso lo slancio arrivando in cima, e con una gamba di là e una di qua l’aveva aiutata a tirarsi su. Dall’altra parte avevano rischiato di atterrare addosso a uno con un braccio al collo, seduto per terra proprio sotto il muro, a fumare; le aveva perdonate con un sorriso e si era raccomandato di far piano: all’interno dormivano. Sarà stata giovanile incoscienza, sarà stato per la tendenza delle persone per bene a negare il male se proprio non ci vanno a sbattere contro, ma Iris non ricorda di aver avuto paura in quei giorni.
Nell’ambasciata c’era di tutto: dirigenti socialisti e comunisti di mezz’età insieme a ragazzi finiti nei guai per aver scritto uno slogan su un muro; adolescenti soli e famiglie con bambini; i severi militanti di partito e i cosiddetti cani sciolti, che non facevano parte di nessuna organizzazione e le criticavano tutte. Qualcuno di loro era stato arrestato, qualcuno torturato. Tutti ce l’avevano fatta per un pelo, nessuno sapeva come sarebbe andata a finire; ma c’era anche allegria: si respirava, dice Iris, non tanto la sconfitta (a quella ci avrebbero pensato dopo), ma il profumo della vita che, a dispetto di tutto, va avanti. Ecco che non c’erano piú lezioni, serate noiose in famiglia, zie beghine che cautamente indagavano sulla sua vita sentimentale. Quasi tutti nell’ambasciata erano simpatici; tutti erano preoccupati, molto; e alcuni, i cosiddetti contagiosi, trasmettevano agli altri la loro agitazione; ma bastava spostarsi di venti metri per trovare un gruppetto dove si cantava una canzone o si discuteva di letteratura. In quei giorni Iris ha perso la verginità: probabilmente in simultanea e, dice, praticamente a contatto di gomito con un paio di altre ragazze. Si dormiva per terra, su materassi forniti dalla croce rossa, in tanti in ogni stanza. Il personale dell’ambasciata aveva cercato di mettere un po’ d’ordine, per esempio destinando a ragazzi e ragazze due piani diversi della palazzina, con in mezzo, a separarli, le famiglie. L’unica conseguenza era stata, ogni notte, un intenso traffico sulle scale. Ovviamente, arrivati a destinazione, di intimità neanche a parlarne; ma, dice Iris, a quell’età ci si adatta a cose ben peggiori. “
Guido Barbujani, Soggetti smarriti. Storie di incontri e spaesamenti, Einaudi (collana Super ET Opera Viva), febbraio 2022¹; pp. 140-142.
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mucillo · 4 years ago
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La pietra azzurra
Il gioiellerie era seduto alla scrivania e guardava distrattamente la strada attraverso la vetrina del suo elegante negozio.
Una bambina si avvicinò al negozio e schiacciò il naso contro la vetrina.
I suoi occhi color del cielo si illuminarono quando videro uno degli oggetti esposti.
Entrò decisa e puntò il dito verso uno splendido collier di turchesi azzurri.
“È per mia sorella. Può farmi un bel pacchetto regalo?”.
Il padrone del negozio fissò incredulo la piccola cliente e le chiese: “Quanti soldi hai?”.
Senza esitare, la bambina, alzandosi in punta di piedi, mise sul banco una scatola di latta, la aprì e la svuotò.
Né vennero fuori qualche biglietto di piccolo taglio, una manciata di monete, alcune conchiglie, qualche figurina.
“Bastano?” disse con orgoglio.
“Voglio fare un regalo a mia sorella più grande. Da quando non c’è più la nostra mamma, è lei che ci fa da mamma e non ha mai un secondo di tempo per se stessa.
Oggi è il suo compleanno e sono certa che con questo regalo la farò molto felice.
Questa pietra ha lo stesso colore dei suoi occhi”.
L’uomo entra nel retro e ne riemerge con una stupenda carta regalo rossa e oro con cui avvolge con cura l’astuccio.
“Prendilo” disse alla bambina. “Portalo con attenzione”.
La bambina partì orgogliosa tenendo il pacchetto in mano come un trofeo.
Un’ora dopo entrò nella gioielleria una bella ragazza con la chioma color miele e due meravigliosi occhi azzurri.
Posò con decisione sul banco il pacchetto che con tanta cura il gioiellerie aveva confezionato e dichiarò:
“Questa collana è stata comprata qui?”.
“Si signorina”.
“E quanto è costata?”.
“I prezzi praticati nel mio negozio sono confidenziali: riguardano solo il mio cliente e me”.
“Ma mia sorella aveva solo pochi spiccioli. Non avrebbe mai potuto pagare un collier come questo!”.
Il gioiellerie prese l’astuccio, lo chiuse con il suo prezioso contenuto, rifece con cura il pacchetto regalo e lo consegnò alla ragazza.
“Sua sorella ha pagato. Ha pagato il prezzo più alto che chiunque possa pagare: ha dato tutto quello che aveva”.
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mysoulishaunted · 4 years ago
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Il primo incontro
Il viaggio in treno non era stato chissà quanto lungo ma sentivo comunque il bisogno di rinfrescarmi. Meno male che avevo preso il primo che partiva al mattino cosi avevo il tempo di registrarmi in hotel e darmi una sistemata prima di incontrare finalmente Sonia. A quel pensiero iniziai a sentire le farfalle nello stomaco, improvvisamente mi iniziò a mancare l'aria nonostante il sorriso da ebete che avevo stampato in faccia. Era la prima volta che ci vedevamo di persona. Abbiamo passato settimane intere a parlare al telefono e in videochiamata, mai abbastanza a lungo, mai abbastanza vicine. Speravo che averla vista al telefono bastasse per scemare almeno di un pochino l'ansia che mi stava salendo per il nostro incontro ma non c'era proprio nulla da fare.
Mi registrai in hotel e andai in bagno a fare una doccia veloce. Senza bagnare i capelli me la cavai in dieci minuti, misi il burro per il corpo allo zucchero filato sulla pelle che odorava di bagnoschiuma alla pesca, spruzzai poi l'acqua per il corpo profumata sulle braccia e sul collo. Sistemato il trucco andai ad aprire il borsone da viaggio a forma di bara che avevo buttato sul letto con noncuranza: era il momento di scegliere cosa mettermi. Indossai un completino in pizzo nero e dei calzini con i panda e mi bloccai di fronte alla scelta del resto. I jeans a campana e le globe nere erano una scelta ovvia ma ero davvero indecisa sul sopra. Era la fine di maggio in fin dei conti e faceva abbastanza caldo durante il giorno, mentre con l'arrivo della sera si alzava il vento e finivo sempre per avere freddo. Avrei potuto portarmi una felpa o una giacca dietro ma non avevo voglia di avere le mani occupate. "Bene, mancano ancora due ore e io sto già andando in panico. Non riesco nemmeno a decidere che maglietta mettermi perché voglio sembrare normale ma anche attraente e non pretenziosa e non voglio avere la pelle d'oca tutto il tempo. Accidenti. Perché mi sono portata cosi tanti cambi per cosi pochi giorni?" iniziai a pensare, seduta sulla moquette per terra. Chiusi gli occhi e respirai profondamente un paio di volte. Crop top e camicia a quadri oversize. Deciso. Sicuramente non potevo sembrare più gay di cosi. Rimisi gli anelli d'argento sulle dita, sistemai il posino in pelle sul polso sinistro e raddrizzai la collana al collo. Decisi di aggiungere le bretelle viola e una catenella ai pantaloni. Dal punto di vista estetico ero pronta cosi svuotai lo zainetto e controllai cosa mettere dentro. Portafoglio, caricatore portatile, occhiali, salviette umide, sigarette e accendino, cuffie e il pacchetto incartato che avevo tolto dal borsone. Riguardo all'ultima cosa sapevo bene che era solo una precauzione. Sapevo che ne avevamo già parlato prima ma non ero sicura di come sarebbe andata la giornata, e volevo avere questa sorpresina dietro in caso fosse andato tutto bene e avessi voluto metterla in imbarazzo prima di passare di nuovo in hotel.
Il telefono segnava mezzogiorno ed era ora di uscire. Per fortuna avevo prenotato un hotel vicino alla stazione cosi potevo muovermi abbastanza liberamente. Misi le cuffie, accesi spotify e uscì sulla strada illuminata dal sole. Iniziai a camminare con calma verso il nostro punto d'incontro, controllando di continuo di non aver iniziato a sudare perché sicuramente non volevo passare per un mostro umidiccio la prima volta che l'avrei abbracciata. L'ansia si stava rifacendo sentire e si alzava ad ogni passo. Nonostante la calma il respiro iniziò di nuovo a darmi qualche problema, mancavano solo cento metri e sarei arrivata nel punto in cui avrei potuto aspettarla su una panchina. Ero in anticipo, di poco ma ero in anticipo. Ero indecisa se tenere le cuffie o meno, non volevo stare seduta a fissare le persone che passavano alla ricerca di quel dolce viso con le fossette, non ho esattamente un'espressione gentile apparentemente.
Passarono solo un paio di minuti ma notai in lontananza qualcosa di familiare. Camminava a passo svelto, allegra, con i capelli mossi dal vento e con indosso la maglietta bianca aderente che le scopriva la pancia che avevo riconosciuto. Un piccolo angelo che si incamminava nella mia direzione. Mi alzai togliendo le cuffie, occhi fissi su di lei che curvò le labbra in un sorriso raggiante non appena si accorse che ero già li ad aspettarla. Sonia accelerò il passo e in pochi secondi fu davanti a me a gettarmi le braccia al collo per abbracciarmi. Niente imbarazzo o esitazione, solo sana allegria ed eccitazione di avermi finalmente li. Rimasi un attimo bloccata per la sua foga ma mi si scaldò il cuore nell'esatto momento in cui mi toccò e la strinsi forte a me affondando la faccia nei suoi capelli e respirando per la prima volta il suo profumo.
<<Sei qui. Sei finalmente qui, ancora non ci posso credere. Sei reale vero?>> chiese Sonia in modo retorico mentre si aggrappava a me. Non volevo più sciogliermi da quell'abbraccio. Era perfetto. La differenza di altezza non si sentiva nemmeno, già adoravo la sensazione delle sue braccia dietro al collo e il calore del suo respiro sulla mia spalla.
<<Sei sulla punta dei piedi piccola>> dissi appena me ne accorsi, con il sorriso sulle labbra. Sentì le sue braccia tornare al loro posto mentre il suo viso rimaneva nascosto ai miei occhi. Non riuscivo a capire cosa fosse successo finchè non mi presi un secondo. L'avevo chiamata piccola. Non avevamo scambiato ancora nemmeno 20 parole e io l'avevo già chiamata PICCOLA. Alzò gli occhi su di me in silenzio, ancora rossa in viso. Era bellissima. Sorrisi al pensiero e il suo rossore si fece ancora più acceso.
<<Sei davvero TROPPO carina quando sei in imbarazzo. Lo so che non te lo dovrei dire ma non posso non dirlo. Sei bellissima!>> dissi attirandola a me per abbracciarla e iniziando a ridere. Non durò molto. Sonia si liberò dall'abbraccio e mi diede un debole pugnetto sul braccio. Sorrisi e le appoggiai la mano sulla guancia. Non sapevo il perché di quel gesto. Non ci avevo pensato ne lo avevo pianificato, era completamente spontaneo e inaspettato pure per me. L'inaspettato non era finito perché dopo aver mosso la testa incontro alla mia mano, mi ritrovai di nuovo le sue braccia intorno al collo. Era sulla punta delle dita dei piedi, completamente appoggiata a me e intenta a raggiungere le mie labbra. In quel momento il tempo sembrò rallentare e accelerare allo stesso momento. I pensieri non potevano più considerarsi lucidi mentre baciavo quelle labbra morbide e sentivo il suo respiro caldo in bocca. Le cinsi i fianchi con un braccio sentendo il suo respiro bloccarsi per un attimo. Il bacio si fermò e ci guardammo negli occhi, immobili in quella posizione.
<<Quello si che è stata una sorpresa. E' colpa mia o ci stavi già pensando piccola?>> chiesi scandendo bene e intenzionalmente l'ultima parola. Continuavo a sorridere guardandola negli occhi, la mia mano libera trovò il suo mento e vidi una scintilla. Si mosse impercettibilmente verso di me cosi decisi che non potevo più tenere nessuna delle due sulle spine. La baciai io stavolta, mordendo piano il suo labbro inferiore ad un certo punto mentre le infilavo la mano tra i capelli per attirarla il più vicino possibile. Da parte di entrambe questo bacio non aveva nulla a che fare con il precedente. Non aveva nulla di cauto. Sentivo le mani di Sonia stringermi i capelli, il mondo al di fuori di questo istante aveva cessato di esistere. C'eravamo solo noi, le nostre labbra e le nostre lingue che si sfioravano in una danza perfettamente armoniosa, il suo respiro che accelerava sulla mia pelle. Sistemai entrambe le mie mani sui suoi fianchi caldi mentre il cervello cercava di comunicarmi qualcosa di razionale ma non riuscivo proprio a collegare. Dopo tutto il tempo a parlare la desideravo da morire e quel bacio dimostrava un desiderio analogo anche da parte di Sonia. Volevo infilare le mani sotto i lembi della sua maglietta, stringerle il sedere mentre aumentavo un pochino la foga del bacio. "Siamo in pubblico e ci stiamo letteralmente salutando. In teoria almeno" il pensiero finalmente divenne udibile. Allentai la presa sui suoi fianchi e rallentai il bacio fino a fermarlo, una mano ancora sul suo fianco mentre l'altra tracciava il contorno del suo viso per finire con il pollice pericolosamente vicino alle sue labbra ancora umide e leggermente dischiuse. Mi bloccai con gli occhi ancora fissi sulle sue labbra, volevo cosi tanto sentirne ancora il calore. Non era stato abbastanza.
<<Dovremmo almeno spostarci da qualche parte.. Anche se credo che adesso finiremo per fare quello era nei piani>> la mia voce era improvvisamente roca. Mi schiarì la gola mentre Sonia annuiva in silenzio. Ci incamminammo sul marciapiede, la sua mano stretta alla mia non appena gliel'avevo offerta.
Spizzicammo qualcosa per pranzo alle bancarelle sparse per il centro, chiacchierando e ridendo con il tempo che passava senza che ne fossimo realmente coscienti. A pomeriggio inoltrato avevamo vagato fino ad un giardino botanico e l'idea di visitarlo fece arrossire entrambe. Si era parlato tanto di situazioni in quel luogo ed entrambe le avevamo ben fisse in mente. La tensione tra di noi era ormai tangibile, non era imbarazzo ma la consapevolezza che avremmo voluto trovarci in una stanza privata in quel momento. Era forse quello il momento di svelare la sorpresa che avevo dietro? Era un regalo comunque quindi in caso non lo avrebbe aperto in questo momento. O mi avrebbe mandata a fanculo. Tanto valeva rischiare, era la mia piccola no?
<<Senti... Ho una cosa dietro, una specie di regalo per te ma non esattamente solo per te. E' una cosa di cui avevamo parlato e ti avevo detto che te l'avrei rivelata quando me la sentivo. Non l'ho fatto ma lo faccio ora perché ce l'ho dietro.>> farfugliai in modo confuso non guardando Sonia in faccia.
<<Dai fammi vedere, non può mica essere niente di male se me lo avevi accennato no?>> disse lei incoraggiandomi con un sorriso e tendendo la mano. Le posai la piccola scatola rettangolare in mano e lei rise alla vista della carta regalo color arcobaleno. Iniziò a scartare con cura e si bloccò aprendo un lembo della carta.
<<Sei seria? Lo hai preso davvero? Da quanto ci stai pensando? Anzi da quanto ce l'hai??>> era in panico. Le sue mani stringevano convulsamente al petto la scatolina del vibratore a distanza mentre guardava le sue gambe con la faccia tutta rossa.
<<Ci penso da sempre, si l'ho preso davvero e ce l'ho da quando ho potuto permettermelo. Aspettavo il momento per parlarne ma il viaggio è sembrato un'idea migliore. Questo almeno possiamo usarlo anche quando tornerò a casa mia dato che funziona a lunga distanza, se e quando vorrai. Lo metto nel mio zaino adesso cosi sta al sicuro, volevo solo fartelo vedere. Me lo passi?>> La sola idea per adesso bastava. Ero davvero in estasi per la reazione di Sonia e non vedevo l'ora di sentirle dire che lo aveva messo e che potevo quindi fare quello che volevo.
Sonia si mosse sulla panchina per passarmi il pacchetto. Me la ritrovai a cavalcioni sopra le mie gambe che mi porgeva quello che avevo chiesto. Soffocando un gemito in gola misi via la scatola e lo zaino. Sfiorai leggermente con i polpastrelli la pelle scoperta della sua pancia, facendole venire un brivido improvviso. Tracciai una riga verticale con l'unghia nello spazio che mi era concesso, sfiorai la linea del suo fianco scendendo fino all'orlo dei pantaloni. Sonia aveva gli occhi socchiusi, era come in trance, le piaceva quello che stava succedendo e non faceva nulla per fermarmi. Con l'altra mano le scostai i capelli dal collo e avvicinai il viso all'incavo tra la palla e il collo. Respirai piano sulla sua pelle dolce e iniziai a baciarle il collo, dapprima piano poi con sempre più passione muovendomi su e giù e lasciando piccoli succhiotti qua e la in risposta alle sue mani che mi stringevano i capelli e al suo ansimare piano. Avvicinò il viso al mio orecchio e con voce ancora ansimante disse <<Possiamo andare da te? Ti prego.>> e dopo una piccola pausa aggiunse <<Ti prego papi.>>.
Il mio cervello si spense per un attimo. Le mie labbra cercarono il punto tra la mascella e l'orecchio, iniziai a succhiare e a mordere piano mentre le mie mani attiravano i suoi fianchi ancora più vicini ai miei, facendola sfregare sulle mie gambe. Soddisfatta del lavoro che avevo fatto potei finalmente rispondere alla sua richiesta. Con il fiato corto e la voce completamente rauca dissi <<Certo. Andiamo principessa.>>. La feci alzare con delicatezza dalle mie gambe e le diedi un bacio sulla punta del naso con un mega sorriso sulle labbra.
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