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poesia italiana 2017-18. una rassegna / vincenzo ostuni. 2018
Passati in rassegna i libri di poesia e prosa breve italiana usciti fra il settembre ’17 e l’agosto ’18, occorre intensificare quel che scrive Gianluigi Simonetti nel suo recente La letteratura circostante: non solo pubblicare per la «Bianca» Einaudi o lo «Specchio» Mondadori «non significa più nulla di per sé»: pubblicarvi si avvicina ad essere un chiaro predittore negativo, per lo meno di certe…
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Poesia di https://www.tumblr.com/maripersempre-21
Di ogni tuo bacio
ne farò una perla...
con il filo che ci unisce
le metterò insieme,
e ne farò una collana...
sarà rossa come le tue labbra,
come l'amore,
il desiderio,
la passione...
rossa come corallo di mare,
e la terrò al mio collo,
lunga da arrivare
ai miei seni,
e ogni volta
che vorrò baciarti
la avvicinerò
alle mie labbra...
e sarai per sempre...
...Mio...
M.C.©
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“ Sul carro era stato caricato tutto quello che ci poteva stare, anche la macchina da cucire e la bicicletta, anche la damigiana piccola piena di vino. Quindi la porta di casa era stata chiusa. L’aveva chiusa la madre con molta cura, e prima di legare la chiave alla cintura del suo vestito essa si era più volte assicurata che fosse chiusa bene. E poi erano rimasti vicino al carro, di fronte alla porta chiusa. Erano rimasti là fermi un poco, senza far niente perch�� non c’era più niente da fare, ma pareva loro di dover aspettare chi sa che cosa. E infine il vecchio aveva detto: «Avanti!» con voce solenne, come se fosse risorto in lui l’antico spirito dei capi che guidavano le tribù nelle trasmigrazioni dei popoli. E il figlio Nino aveva incitato i buoi più volte, portando il carro dietro la casa e poi sulla carrareccia che conduceva alla strada grande. E allora la madre aveva camminato in fretta per raggiungere il suo uomo che stava in testa, e insieme e vicini andarono avanti verso la strada. E dietro veniva il carro guidato dal figlio Nino, che senza posa stimolava i buoi con la voce e col lungo bastone. E dietro il carro, dopo la vacca legata che camminava sonnolenta, venivano la ragazza Effa, e la Rossa, che portava in braccio il suo piccolo figlio addormentato. E intanto il cielo sopra la linea dei monti si era fatto chiaro e dorato. «Guarda, Rossa» disse la ragazza Effa. «Deve essere nata la luna.» E la madre, che camminava dall’altra parte del carro accanto al suo uomo, disse: «Guarda, Mangano. Dev’essere nata la luna. Tra poco ci vedremo meglio.» “
Giuseppe Berto, Le opere di Dio, Nuova Accademia Editrice (collana I cristalli degli Italiani), Milano, 1965; pp. 167-69.
[ 1ª edizione originale: Macchia editore, Roma, 1948 ]
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Il mistero della grisette parigina di New York
Ho visto il film "The Pale Blue Eye" su Netflix (mi ci è voluto un po' perché è maledettamente lento) e mi è tornata la passione per Edgar Allan Poe.
La sinossi del film in breve: un detective in pensione, vedovo e con una figlia scappata di casa, Augustus Landor impersonato da Christian Bale, indaga sull'omicidio di un cadetto di West Point, accademia militare frequentata da Edgar Allan Poe, impersonato da un bravissimo Harry Melling, che finisce per aiutare il vecchio investigatore.
La storia procede senza grossi scossoni ma nel finale il "plot twist" mi ha lasciato piacevolmente sorpreso.
Ma sto divagando, torniamo a Poe. Anni fa mi capitò di leggere "La Maschera della Morte Rossa" e "Il Ritratto Ovale". Poi ritrovai tra i libri di mia madre una collana di pubblicazioni con diversi romanzi. Tra questi vi erano pure i "Racconti Straordinari" di Poe.
In mezzo a questi racconti vi era pure "Gli Assassini della Rue Morgue" in cui compariva il proto investigatore della letteratura ben prima di Sherlock Holmes: Auguste Dupin (immagino abbiate notato lo stesso nome di battesimo dell'investigatore del film di cui sopra).
Dupin vive a Parigi ed è protagonista anche de "La Lettera Rubata" e de "Il Mistero di Marie Roget". Quest'ultimo racconto mi colpì molto ai tempi. Il motivo è presto detto: mentre i primi due erano racconti completamente inventati, Marie Roget era esistita veramente ma il suo vero nome era Mary Cecilia Rogers.
Poe aveva spostato la vicenda da New York a Parigi e alterato il nome della protagonista ma era fin troppo evidente che parlasse di lei. L'edizione che avevo io aggiungeva delle note per mostrare i nomi originali dei personaggi e soprattutto delle testate giornalistiche a cui Poe attinse per scrivere il racconto e trarre poi le sue conclusioni.
La mente straordinaria di Poe si avvicinò alla soluzione del mistero, come due confessioni successive confermarono, si può anzi ragionevolmente supporre che se Poe fosse stato sui luoghi della vicenda avrebbe probabilmente risolto il mistero ben prima della polizia.
Per certi versi qualcosa della vicenda di Mary Rogers può far pensare a Laura Palmer di Twin Peaks come a molti altri delitti irrisolti o risolti o a misteri come la scomparsa di Emanuela Orlandi che hanno destato scalpore per la giovane vittima o per la doppia vita che in qualche caso esse conducevano. Quello però che più di tutto mi colpisce è come una mente tormentata come quella di Edgar Allan Poe sia riuscita a vedere prima degli altri con lucidità attraverso la coltre di mistero che avvolgeva la vicenda.
Poe era dedito all'alcolismo, i suoi scritti erano spesso surreali, pazzeschi e spesso cadeva in depressione. Lo si sarebbe definito pazzo.
Poi ripenso all'incipit di un suo racconto, Eleonora, dove dice:
«Mi han chiamato pazzo e sia, ma nessuno è mai riuscito a stabilire se la pazzia sia o meno una forma superiore di intelligenza».
e mi vengono i brividi come quando leggevo "Gli Assassini della Rue Morgue".
#edgar allan poe#misteri#Mary Rogers#pazzia e genio#pazzia#follia#the blue pale eye#serie tv#pensieri#pensieri in solitudine
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Breve descrizione dei personaggi di Wu Cheng'en
Come è ovvio i protagonisti minekurani sono ispirati a quelli dell'opera di Wu Cheng'en anche i nomi sono gli stessi se non per il fatto che sono pronunciati in giapponese, infatti sono:
Sun Wukong—> Son Goku Sha Wujing—> Sha Gojyo Zhu Bajie—> Cho Hakkai Tang Sanzang/Xuanzang—> Genjo Sanzo
Sun Wukong
Egli è il Re delle Scimmie, nato da una roccia sferzata dai vari elementi soprattutto il vento. Tutto il racconto è incentrato su di lui e sul suo viaggio interiore,nonché epico. Dopo aver osato sfidare il Cielo venne relegato dal Buddha (anch'egli sfidato) sulla terra con un enorme montagna addosso per 500 anni. Passato questo arco di tempo verrà liberato dal Bodhisattva Guanyin con la condizione che diventi discepolo di Sanzang.
Zhu Bajie
È uno dei tre aiutanti di Sanzang mezzo uomo e mezzo maiale,nella vita precedente era Tian Peng, Maresciallo della Via Lattea che a causa delle avance nei confronti della Dea della Luna Chang'e rischiò di essere condannato a morte,ma l'intercessione del Grande Pianeta Bianco gli fa avere solo (si fa per dire) 2000 bastonate e una rinascita come mortale. Nel romanzo viene spesso chiamato daizi che vuol dire “idiota” in quanto la sua stupidità e la sua pigrizia si contrappone alla furbizia e all'intelligenza di Sun Wukong. Bajie vuol dire “otto divieti” ed è il soprannome che Sanzang gli ha dato per ricordargli la sua dieta e condotta buddhista.
Sha Wujing
Il suo nome vuol dire “sabbia di pura conoscenza” poiché è un demone fluviale,nella vita precedente era un discepolo delle divinità celesti e in un impeto di rabbia rompe un vaso durante la Festa delle Pesche. L'imperatore di Giada lo punì con 800 vergate e lo fece rinascere tra i mortali come uomo-demone di sabbia. Dalla barba rossa,parzialmente calvo,con una collana fatta di teschi porta con se il yueyachan una sorta di doppia falce il che gli da un aspetto ancora più terrificante. All'interno del gruppo è quello più leale al Maestro, dal cuore gentile, inoltre è il più logico ed educato del gruppo (da non credersi se si vede come è stato sviluppato Sha Gojyo XD).
Tang Sanzang
Egli è un monaco buddhista,il cui compito è quello di recuperare dei Sutra dal Tianzhu (antico nome cinese per “India”) per portare il vero Buddhismo anche in Cina. Nel romanzo lo vediamo spesso e volentieri ingenuo, debole che si nasconde dai nemici,incapace di difendersi, insomma una figura patetica (nulla a che vedere col Sanzo della Minekura). Dopo che i suoi due accompagnatori vennero uccisi da dei demoni,dopo la partenza da Chang'an, il Bodhisattva Guanyin decide di aiutarlo a trovare tre esseri sovrannaturali molto potenti (Sun Wukong, Zhu Bajie e Sha Wujing). Durante il viaggio è sempre terrorizzato poiché una leggenda dice che chi consumerà le sue carni diverrà immortale e quindi non stupisce che demoni vari cerchino di divorarlo o di farci sesso (le demonesse).
Bai Long Ma
Pur essendo il destriero di Sanzang, egli è in realtà un principe, per la precisione è il terzo figlio del Re Drago del Mare Occidentale Ao Run e il suo vero nome è Áo Liè. Per colpa di un incendio da lui causato in maniera accidentale e per nulla volontaria, che ha causato la distruzione di una perla data in dono dall'Imperatore di Giada, viene condannato a morte ma l'intervento di Guanyin gli salva la vita. Bandito presso il fiume Yingchou nei monti Shepan e su istruzione di Guanyin, egli dovrà aspettare l'arrivo di un monaco che deve recuperare dei Sutra. Siccome non lo aveva inizialmente riconosciuto, divora il cavallo di Sanzang. Dopo un combattimento contro Sun Wukong nel quale il drago perde, Sun Wukong viene ad apprendere da una divinità della terra che egli è il drago piazzato lì da Guanyin. Alla fine servirà come cavallo di Sanzang per il resto del viaggio, diventando a termine del racconto il Bodhisattva Babu Tianlong Guangli.
Questa è solo un'introduzione molto rapida, vista che m'interessa approfondire meglio le differenze e similitudini che ci sono tra i due gruppi di protagonisti.
#saiyuki#viaggio in occidente#wu cheng'en#tang sanzang#sha wujing#zhu bajie#vecchio post#Italian post#sun wukong#bai long ma
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Il suo cuore era così bello...rosso...era un regalo per chi ne era degno...rispettoso di quel valore
Era un cuore che donava profumato di rossa passione...come una rosa sbocciata in pieno sole
E dentro conteneva saggezza...non solo amore...la saggezza acquisita nel tempo come una collana bianca di perle
MaryVictory 🌹
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Torna Sara Boringhieri con le sue recensioni letterarie; per il mese di Novembre ha scelto un'atmosfera british: "La Signora in tweed" di Charles Exbrayat
di Sara Boringhieri
“LA SIGNORA IN TWEED” di Charles Exbrayat
Londra, anni Cinquanta. L’Ammiragliato è un mondo di soli uomini, che indossano sobrie uniformi scure. Ma c’è una macchia di colore in quelle cupe stanze, una donna dalla folta chioma fulva che veste un caratteristico tailleur di tweed, corredato da una sciarpa tartan rossa e verde. Si chiama Imogene McCarthery. Da vent’anni lavora come dattilografa in quell’ambiente declinato al maschile, fiera e caparbia come le Highlands della sua lontana patria, la Scozia. Ad averle infuso tale sicurezza è stato il padre, che le ha raccontato la storia della sua terra raccomandandole di difenderla a ogni costo. Un giorno, finalmente, Imogene può mettere in pratica i suoi insegnamenti. Il suo capo, David Woolish, ha una missione per lei: dovrà recarsi a Callander, il paese in cui è nata, e consegnare dei documenti segreti a un funzionario del governo. Imogene non esita un secondo e sale sul treno con la busta sottobraccio, ma non sa che ci sono persone che vogliono approfittarsi della sua presunta ingenuità. Eppure, grazie a intuito, destrezza e un pizzico di fortuna, Imogene difenderà l’onore della croce di sant’Andrea, tornando a casa trionfante.
Imogene McCarthery rappresenta l’archetipo della “protagonista controversa”. È un personaggio che nel bene e nel male non lascia indifferenti, la sua presenza e la sua personalità sono ben delineate fin dalle prime pagine e permangono ben caratterizzate nel corso dell’intero romanzo.
Legatissima alle proprie origini scozzesi, non fa nulla per nascondere il suo attaccamento al proprio Paese natale. E’ una donna energica, determinata, schietta e sincera prima di tutto (non manda a dire alcunché) ma al contempo anche una protagonista che dà spazio alle emozioni e che nella sua determinazione è irruente e istintiva, ironica e irascibile: attraverso i suoi occhi e il suo particolare modo di agire, il lettore viene catapultato nell’Inghilterra e nella Scozia degli anni Cinquanta del secolo scorso con tutte le contraddizioni, i pregiudizi e le difficoltà dell’epoca e della società di quel momento storico.
Charles Exbrayat, francese d’origine, crea un personaggio femminile difficile da dimenticare: Imogene o la si ama o la si odia.
Le avventure di Imogene Mc Carthery (da cui nel 2010 è stata tratta anche una versione cinematografica che vede l’attrice Catherine Frot interpretare la beniamina scozzese) vengono pubblicate per la prima volta nella collana “Le Masque” tra il 1959 e il 1975, mentre sono di recente pubblicazione nel resto del mondo.
“La signora in tweed” è la prima opera pubblicata in Italia nel 2023.
Degna di nota è la prefazione del libro a cura di Alice Basso, nota scrittrice che vive nel torinese e che presenta il romanzo incuriosendo il potenziale lettore.
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ESCE NELLA COLLANA “ROSSA” L’ULTIMA OPERA DI GIANLUCA D’ANDREA, “NUOVO INIZIO”, CON LA POST-FAZIONE DI ANTONIO DEVICIENTI.
Un graditissimo ritorno, quello dell’amico Gianluca D’Andrea, che arricchisce il nostro catalogo con la sua ultima opera, “Nuovo inizio“, al termine della quale Antonio Devicienti dà prova di tutta la sua maestrìa critica. Riproduciamo, qui sotto, alcuni testi di questo significativa raccolta. Il rizoma: immagine di un nuovo inizio della scrittura Nuovo inizio di Gianluca D’Andrea è un…
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Cagliari: il "Sardegna Open" dal 1 al 7 maggio al Tennis Club di Monte Urpinu
Dal 1 al 7 maggio 2023 a Cagliari il “Sardegna Open” al Tennis Club di Monte Urpinu. “Manifestazioni come questa mette la nostra città allo stesso livello delle altre città europee. Nella stagione del tennis su terra rossa, iniziata a Montecarlo e proseguita a Madrid, arriva la tappa di Cagliari che anticipa Roma e Parigi. Siamo all’interno di una collana di eventi internazionali e questo non può che essere per noi un motivo di grande orgoglio”. Queste le prime parole del Sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu, intervenuto nella mattina di ieri, martedì 18 aprile 2023, alla conferenza stampa di presentazione del “Sardegna Open”, torneo internazionale di Tennis in programma dal 1 al 7 maggio al Tennis Club di Monte Urpinu. “Tante persone - ha proseguito il primo cittadino - sono in arrivo in città e questo creerà un grande indotto e nuove opportunità di lavoro in tanti settori. Siamo certi che chi viene per la prima volta a Cagliari, avrà voglia di tornare”. A rendere il torneo ancora più appetibile, la lista dei primi campioni che già si sono iscritti, tra i quali spuntano gli azzurri Musetti e Sonego che proveranno a aggiudicarsi il torneo studiato secondo la nuova formula del Challenge 175 ma saranno anche i promotori di uno sport che continua ad avere tantissimi appassionati. Soddisfatto dei numeri e dell’ indotto creato dalla manifestazione, l’Assessore Regionale al Turismo, Gianni Chessa che ha ospitato nei suoi uffici l’incontro con la stampa. “La Sardegna - ha confermato l’Assessore Chessa - è diventata l’Isola dello sport. Stiamo promuovendo la destinazione Sardegna con 43 eventi internazionali di sport che rappresentano per noi non una spesa ma un grande investimento. Ora abbiamo puntato su questo evento di grande tennis che per tre anni sarà protagonista in città e questa sarà un’altra occasione per allungare la stagione estiva”. Presneti alla conferenza stampa anche il Capitano della Nazionale Itliaana di Coppa Davis, Filippo Volandri e il Direttore Tecnico del Tennis Club Cagliari, Martin Vassallo Arguello.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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PhoTober
5 Ottobre
Tema: rosso
Autore della foto: @laragazza-dalcuore-infranto-blog
#laragazzadalcuoreinfrantoblog#foto#fotografia#photober#inktober#ottobre#rosso#cornetto rosso#fortuna#maglietta#maglia#maglia rossa#collana
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“ La violenza dei giorni del colpo di stato, la brutalità della repressione, l’avevano solo sfiorata. Anche quando ne parlava a anni di distanza; anche quando raccontava episodi sinistri o atroci le brillavano gli occhi, e diceva, sai, è strano, ma di quel periodo ho anche ricordi bellissimi. Aveva avuto fortuna. Nessun militare aveva sfondato la porta di casa sua o portato via membri della sua famiglia, non aveva visto cadaveri: il primo sarebbe stato quello di una ragazza, lanciato di notte dai militari dentro al recinto dell’ambasciata. Ma questo è successo quando Iris era già al sicuro, e anche mettersi al sicuro era stata un’avventura a lieto fine. Avevano preso un taxi, di notte, lei e una sua amica; l’amica era terrorizzata, lei no; erano scese a un paio di isolati di distanza; arrivate di corsa sul posto senza che nessuno le fermasse, Iris si era appoggiata con la schiena al muro dell’ambasciata, poco piú di due metri, e aveva unito le mani facendo scaletta; l’amica aveva preso lo slancio arrivando in cima, e con una gamba di là e una di qua l’aveva aiutata a tirarsi su. Dall’altra parte avevano rischiato di atterrare addosso a uno con un braccio al collo, seduto per terra proprio sotto il muro, a fumare; le aveva perdonate con un sorriso e si era raccomandato di far piano: all’interno dormivano. Sarà stata giovanile incoscienza, sarà stato per la tendenza delle persone per bene a negare il male se proprio non ci vanno a sbattere contro, ma Iris non ricorda di aver avuto paura in quei giorni.
Nell’ambasciata c’era di tutto: dirigenti socialisti e comunisti di mezz’età insieme a ragazzi finiti nei guai per aver scritto uno slogan su un muro; adolescenti soli e famiglie con bambini; i severi militanti di partito e i cosiddetti cani sciolti, che non facevano parte di nessuna organizzazione e le criticavano tutte. Qualcuno di loro era stato arrestato, qualcuno torturato. Tutti ce l’avevano fatta per un pelo, nessuno sapeva come sarebbe andata a finire; ma c’era anche allegria: si respirava, dice Iris, non tanto la sconfitta (a quella ci avrebbero pensato dopo), ma il profumo della vita che, a dispetto di tutto, va avanti. Ecco che non c’erano piú lezioni, serate noiose in famiglia, zie beghine che cautamente indagavano sulla sua vita sentimentale. Quasi tutti nell’ambasciata erano simpatici; tutti erano preoccupati, molto; e alcuni, i cosiddetti contagiosi, trasmettevano agli altri la loro agitazione; ma bastava spostarsi di venti metri per trovare un gruppetto dove si cantava una canzone o si discuteva di letteratura. In quei giorni Iris ha perso la verginità: probabilmente in simultanea e, dice, praticamente a contatto di gomito con un paio di altre ragazze. Si dormiva per terra, su materassi forniti dalla croce rossa, in tanti in ogni stanza. Il personale dell’ambasciata aveva cercato di mettere un po’ d’ordine, per esempio destinando a ragazzi e ragazze due piani diversi della palazzina, con in mezzo, a separarli, le famiglie. L’unica conseguenza era stata, ogni notte, un intenso traffico sulle scale. Ovviamente, arrivati a destinazione, di intimità neanche a parlarne; ma, dice Iris, a quell’età ci si adatta a cose ben peggiori. “
Guido Barbujani, Soggetti smarriti. Storie di incontri e spaesamenti, Einaudi (collana Super ET Opera Viva), febbraio 2022¹; pp. 140-142.
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"Il gioielliere era seduto alla scrivania e guardava distrattamente la strada attraverso la vetrina del suo elegante negozio.
Una bambina si avvicinò al negozio e schiacciò il naso contro la vetrina. I suoi occhi color del cielo si illuminarono quando videro uno degli oggetti esposti.
Entrò decisa e puntò il dito verso uno splendido collier di turchesi azzurri.
“È per mia sorella. Può farmi un bel pacchetto regalo?”.
Il padrone del negozio fissò incredulo la piccola cliente e le chiese: “Quanti soldi hai?”.
Senza esitare, la bambina, alzandosi in punta di piedi, mise sul banco una scatola di latta, la aprì e la svuotò. Ne vennero fuori qualche biglietto di piccolo taglio, una manciata di monete, alcune conchiglie, qualche figurina.
“Bastano?”, disse con orgoglio. “Voglio fare un regalo a mia sorella più grande. Da quando non c’è più la nostra mamma, è lei che ci fa da mamma e non ha mai un secondo di tempo per se stessa. Oggi è il suo compleanno e sono certa che con questo regalo la farò molto felice. Questa pietra ha lo stesso colore dei suoi occhi”.
L’uomo entra nel retro e ne riemerge con una stupenda carta regalo rossa e oro con cui avvolge con cura l’astuccio.
“Prendilo” disse alla bambina. “Portalo con attenzione”.
La bambina partì orgogliosa tenendo il pacchetto in mano come un trofeo.
Un’ora dopo entrò nella gioielleria una bella ragazza con la chioma color miele e due meravigliosi occhi azzurri. Posò con decisione sul banco il pacchetto che con tanta cura il gioielliere aveva confezionato e dichiarò:
“Questa collana è stata comprata qui?”.
“Sì, signorina”.
“E quanto è costata?”.
“I prezzi praticati nel mio negozio sono confidenziali: riguardano solo il mio cliente e me”.
“Ma mia sorella aveva solo pochi spiccioli. Non avrebbe mai potuto pagare un collier come questo”.
Il gioielliere prese l’astuccio, lo chiuse con il suo prezioso contenuto, rifece con cura il pacchetto regalo e lo consegnò alla ragazza.
“Sua sorella ha pagato. Ha pagato il prezzo più alto che chiunque possa pagare: ha dato tutto quello che aveva”."
(B. Ferrero)
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La pietra azzurra
Il gioiellerie era seduto alla scrivania e guardava distrattamente la strada attraverso la vetrina del suo elegante negozio.
Una bambina si avvicinò al negozio e schiacciò il naso contro la vetrina.
I suoi occhi color del cielo si illuminarono quando videro uno degli oggetti esposti.
Entrò decisa e puntò il dito verso uno splendido collier di turchesi azzurri.
“È per mia sorella. Può farmi un bel pacchetto regalo?”.
Il padrone del negozio fissò incredulo la piccola cliente e le chiese: “Quanti soldi hai?”.
Senza esitare, la bambina, alzandosi in punta di piedi, mise sul banco una scatola di latta, la aprì e la svuotò.
Né vennero fuori qualche biglietto di piccolo taglio, una manciata di monete, alcune conchiglie, qualche figurina.
“Bastano?” disse con orgoglio.
“Voglio fare un regalo a mia sorella più grande. Da quando non c’è più la nostra mamma, è lei che ci fa da mamma e non ha mai un secondo di tempo per se stessa.
Oggi è il suo compleanno e sono certa che con questo regalo la farò molto felice.
Questa pietra ha lo stesso colore dei suoi occhi”.
L’uomo entra nel retro e ne riemerge con una stupenda carta regalo rossa e oro con cui avvolge con cura l’astuccio.
“Prendilo” disse alla bambina. “Portalo con attenzione”.
La bambina partì orgogliosa tenendo il pacchetto in mano come un trofeo.
Un’ora dopo entrò nella gioielleria una bella ragazza con la chioma color miele e due meravigliosi occhi azzurri.
Posò con decisione sul banco il pacchetto che con tanta cura il gioiellerie aveva confezionato e dichiarò:
“Questa collana è stata comprata qui?”.
“Si signorina”.
“E quanto è costata?”.
“I prezzi praticati nel mio negozio sono confidenziali: riguardano solo il mio cliente e me”.
“Ma mia sorella aveva solo pochi spiccioli. Non avrebbe mai potuto pagare un collier come questo!”.
Il gioiellerie prese l’astuccio, lo chiuse con il suo prezioso contenuto, rifece con cura il pacchetto regalo e lo consegnò alla ragazza.
“Sua sorella ha pagato. Ha pagato il prezzo più alto che chiunque possa pagare: ha dato tutto quello che aveva”.
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I vulcani esercitano un’irresistibile attrazione su noi umani, soprattutto se sono in piena eruzione e zampillano lava e lingue di fuoco. Una potenza ctonia, primigenia, che ci riporta al nostro stato selvaggio quando la terra, gli animali e gli eventi naturali erano dèi che dominavano il mondo. Un vulcano inattivo lo immaginiamo come se fosse un drago addormentato. Se un vulcano si risveglia, ecco che pensiamo a una punizione divina o a una vendetta della natura. Balliamo come baccanti sulla bocca del vulcano, ci innamoriamo alla sua ombra, andiamo alla ricerca delle tracce di Empedocle che la leggenda vuole si sia suicidato nel cratere. La “Montagna” o “Idda” come la chiamano i catanesi, esercita un fascino irresistibile anche sui non indigeni. Sulle falde dell’Etna si può sciare mentre si guarda il mare, i paesini della cinta etnea offrono paesaggi mozzafiato, boschi profumati, cibi deliziosi. Ho visto l’Etna per la prima volta alla fine degli anni Novanta del secolo scorso. Ero ubriaca d’amore e meraviglia, e la Sicilia mi aveva accolta come se il mio fosse stato un ritorno. Gli eucalipti e le zagare in fiore inondavano l’aria di un profumo che dava alla testa. Tutto era esondante, sopra le righe, gli alberi, il cibo, le persone, la musica jazz suonata in piccoli locali catanesi. Le notti infinite di primavera erano inframmezzate da soste nei chioschi a bere limonata, i forni aperti, gli arancini bollenti, i cannoli appena riempiti, la colazione all’alba con una brioche calda e una granita alla mandorla macchiata di granita al caffè. I profumi e i sapori sono tra i ricordi più intensi di quella prima visita. Ricordo la gentilezza dei catanesi, una vecchia signora che abitava in uno dei paesini etnei che dormiva con una valigetta sotto il letto: la collana di perle di sua madre, un po’ di denaro, le fotografie di famiglia e un ricambio di biancheria. Se la Montagna si fosse infiammata era pronta alla fuga con l’auto sempre in posizione sul viale della sua villa circondata da una pineta e da un bosco di eucalipti. Dopo il primo impatto da Catania, potei ammirare l’Etna dal Teatro Greco di Taormina, uno dei paesaggi più belli del mondo. La Montagna era lassù e sembrava chiamasse. Trascorse ancora un po’ di tempo e finalmente decidemmo di salire verso la cima. Si poteva arrivare in macchina sino a un certo punto, poi in funivia e ancora qualche tratto a piedi. Non erano passati molti mesi dall’ultima eruzione, la nuova colata di lava non si era ancora del tutto raffreddata. Io non avevo voluto mettere gli scarponi protettivi e così avevo condannato le mie Reebok nere, comprate a New York, a un triste destino: le suole di gomma si sciolsero e quando tornai giù sembrava che avessi le zampe di Paperino anziché i miei piedi. La guida che ci aveva accompagnati era sopravvissuta all’eruzione che falcidiò numerosi turisti alla fine degli anni Settanta. Si premurò di raccontarci i dettagli più orribili di quella giornata, ma mai, mai per un istante, nessuno dei presenti pensò che potesse capitare anche a noi. Quando arrivammo nel punto più alto, l’aria era rarefatta, il calore saliva dalla lava con un’energia che impregnava tutto e tutti. La costa calabrese era visibile e così vicina che sembrava di poter allungare una mano per raggiungerla. Scilla e Cariddi emersero dalle acque e i Ciclopi uscirono dai loro antri, mentre Polifemo urlava il proprio dolore contro quel Nessuno che lo aveva beffato. Forse tutti quelli che vivono sulle pendici di un vulcano sono convinti che niente di male potrà accadere loro, devoti a una divinità benevola che regna dalla terra al cielo. Ho sempre associato l’attività vulcanica alla creatività poetica e letteraria, perché come la lava, la parola sgorga da profondità sconosciute, rossa, veloce, incandescente, si poserà da qualche parte, si raffredderà e sedimenterà. Ho un minuscolo frammento della Montagna sulla mia scrivania, un frammento raccolto in quel giorno lontano e che, quando lo tocco, ho sempre l’impressione di sentire le grida dei mostri e il canto del vulcano. Un canto che è possibile sentire di notte, quando il cielo è sereno e le stelle brillano per salvare Empedocle dalla sua morte e Polifemo dalla cecità.
Cronache dagli anni senza Carnevale/350: una stagione breve all’ombra del vulcano
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