#camminare in città
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Due ragazze a zonzo su una macchina rossa (6): e non abbiamo finito - ancora
Delle mille mila necropoli etrusche che ci sono in Italia c’è ne mancano tantissime, acne perché gli etruschi vivevano in luoghi insospettabile dalla Toscana all’Emilia Romagna. Ad esempio abbiamo provato a visitare anche Vulsci, ma alla fine il caldo ci ha abbattute prima ancora di cominciare (è tutta al sole). Ho scoperto, a posteriori, che ci sono molte parti della necropoli di Tarquinia che…
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Passeggiata e Concerto Silenzioso al Bosco del Gerbasso di Carmagnola
a cura della redazione Domenica 13 ottobre 2024, il Bosco del Gerbasso di Carmagnola ospiterà la terza edizione della Passeggiata con merenda e concerto silenzioso. Un’iniziativa che combina la sensibilizzazione su tematiche ambientali e l’esplorazione del bosco carmagnolese alla magia di un concerto silenzioso, ascoltato attraverso delle cuffie e totalmente alimentato da pannelli solari. Il…
#camminare#città metropolitana di Torino#comune di carmagnola#Musica#passeggiata#Passeggiata e Concerto Silenzioso al Bosco del Gerbasso di Carmagnola#torino
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New York era un luogo inesauribile, un labirinto di passi senza fine: e per quanto la esplorasse, arrivando a conoscerne a fondo strade e quartieri, la città lo lasciava sempre con la sensazione di essersi perduto. Perduto non solo nella città, ma anche dentro di sé. Ogni volta che camminava sentiva di lasciarsi alle spalle se stesso, e nel consegnarsi al movimento delle strade, riducendosi a un occhio che vede, eludeva l’obbligo di pensare; e questo, più di qualsiasi altra cosa, gli donava una scheggia di pace, un salutare vuoto interiore. Il mondo era fuori di lui, gli stava intorno e davanti, e la velocità del suo continuo cambiamento gli rendeva impossibile soffermarsi troppo su qualunque cosa. Il movimento era intrinseco all’atto di porre un piede davanti all’altro concedendosi di seguire la deriva del proprio corpo. Vagando senza meta, tutti i luoghi diventavano uguali e non contava più dove ci si trovava. Nelle camminate più riuscite giungeva a non sentirsi in nessun luogo. E alla fine era solo questo che chiedeva alle cose: di non essere in nessun luogo. New York era il nessun luogo che si era costruito attorno, ed era sicuro di non volerlo lasciare mai più.
Paul Auster, Trilogia di New York
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Mi sembrava infinitamente assurdo cominciare a entrare in quel mondo che avevo sempre ignorato: lavoro carriera posizione pace benessere democrazia famiglia figli avvenire. Avevo diciotto anni e credevo indispensabile morire subito. Adesso sono entrato nel mondo. In una città qualunque, uscirò da un ufficio e per via qualunque me ne tornerò alla camera d’affitto, invecchiando pazientemente. Nessuno penserà a me, e io non penserò a nessuno, tanto sarò vuoto. Penso con Pascoli: “Io devo dirti cosa da molti anni chiusa dentro. E non piangere. La vita che tu mi desti - o madre, tu! - non l’amo”.
O, con meno romanticismo, mi torna alla memoria quello che racconta talvolta mia madre: di quel sarto che finito alcolizzato in mezzo a una strada diceva nel suo dialetto piemontese: “Ma non era meglio che mia madre invece di fabbricare me avesse fabbricato un gioco di bocce?”. Ancora per molti anni potrei continuare a camminare per le vie del mondo, insaccato e assente. Vedo già, come mi succedeva da bambino, i funerali dei miei vecchi: se li porteranno via i becchini con la parrucca sbadigliando ed io cambierò casa, affitterò una stanza. Serve a qualcosa tutto questo? Che cosa è quello che verrà dopo: avvenire?
Su queste debolezze, standone fuori, è facile ridere di scherno.
Sergio Quinzio
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Cosa faccio qui? Cosa sto facendo? Sono in auto, parcheggiata, alcuni metri fuori da scuola. E sto aspettando …lui. Che esca da scuola. Già questo dovrebbe spingermi a mettere in moto e andare via. Non lo faccio. Ho perso la testa. Mi sono invaghita di un ragazzo più giovane di mio figlio. Un ragazzo che va ancora a scuola la mattina. E io, qui ad attenderlo.
Tra le gambe sento un fremito. Già l’attesa, il pregustare di vederlo mi fa bagnare. Sei proprio impazzita. Che ti ha preso?
Lo conosci da sempre. Sei amica del cuore della sua mamma. Poi, ti sei accorta di come ti guardava. E anziché riderne e non pensarci hai cominciato a giocare. Sguardi, sorrisi, accavallamenti di gambe, scollature generose, qualche sfioramento solo in apparenza innocente sotto il tavolo. Un gioco di provocazioni che ha portato il ragazzo a cadere nella tua rete. Finché non lo hai sedotto e te lo sei fatto.
Un capriccio. Ma lui è così dolce….e mio dio come ti fa godere Margi.
Così, sei qui, che lo aspetti.
Mi controllo il trucco. Passo le mani sulle gambe, eccitata. Ho messo le calze e il reggicalze stamattina. E senza mutandine. Porca, per andare a prendere un ragazzo adolescente davanti scuola….
Eccoli che escono. Anche lui. Gli accordi sono chiari. Guai a farci notare. L’auto parcheggiata nell’angolo, ad alcune decine di metri dal portone. Lui che cammina, cerca con gli occhi la mia ufo, sorride quando la vede. Ma deve fare finta di camminare diritto. Solo all’ultimo momento aprirà lo sportello e si infilerà nel posto accanto al guidatore. Accanto a me.
Lo guardo. Che voglia di pomiciarlo subito. Anzi, di farmelo subito, qui in macchina, sbottonargli i pantaloni, salirgli di sopra e scoparmelo sul sedile.
Non si può, controllati ancora per qualche minuto.
Metto in moto e sorrido senza dire una parola. Allungo la mano, gli tocco la patta. Poi prendo la sua, e la guido sotto la gonna, sulle cosce. Riporto la mano sul voltante. Lui mi accarezza le gambe, indugia sul reggicalze, poi si spinge in mezzo.
“Devo guidare…” gli dico.
Lo sto portando nella casa appena fuori città rimastami dopo il divorzio. Il mio ex marito neanche sospetta che la usi. Avremo un paio d’ore prima che debba riportarlo a casa, dalla sua mamma. Gli toglierò i vestiti appena chiusa la porta alle nostre spalle. Lo spingerò sul letto. Non ho mutandine, non ho neanche bisogno di spogliarmi. Di sprecare nemmeno un secondo …..
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Il mare di maggio ha colori intensi, luci delicate e brezze dolci.
Il mare di maggio si sveglia presto anche se è domenica mattina.
Il mare di maggio nella mia città porta tante persone a camminare sulla spiaggia, a correre, a passeggiare in bici, a prendere il sole.
Oppure ti puoi mettere semplicemente lì sulla battigia a guardare l’orizzonte e a respirare a pieni polmoni.
#se venite a Pescara fatemelo sapere#la mia terra#abruzzo#spiaggia#la mia città#la mia gente#la bellezza#mare di maggio
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Siviglia, nel cuore dell’Andalusia, è la città perfetta per un viaggio breve in Spagna fuori dal periodo estivo. Se infatti le coste e isole spagnole sono perfette per godersi spiagge e mare, Siviglia si apprezza sicuramente di più nel periodo invernale o primaverile quando le temperature sono miti e consentono di camminare senza sosta in giro per la città. Ci sono alcune cose assolutamente da non perdere a Siviglia se vi fermate per pochi giorni, questa è la mia personale lista, ma se ci siete stati e avete altri suggerimenti scrivetelo nei commenti.
(via Viaggio breve a Siviglia, cosa non perdere - Francesca In Viaggio)
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Una gita a Reggio Emilia
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La patente è arrivata in un momento in cui io consideravo morta e sepolta la possibilità di prendere una macchina, di guidare: sebbene avessi sognato più volte di guidare (ovviamente male, perché per me sono sempre esistiti solo freno e acceleratore e nello specifico solo acceleratore e forza frenante del motore, maldetta frizione!) non mi interessava più, anzi mi dicevo che sarebbe stato bello riuscire a spostarsi coi mezzi pubblici, treni autobus, camminare a piedi. Vivevo in un paese campano che rimarrà forse il mio unico rimpianto del sud italia perché era ben strutturato: a piedi raggiungevo e facevo tutto, avevo il centro storico, il centro commerciale, farmacie a volontà, dottoressa vicino casa, un sacco di supermercati, un partito comunista, manifestazioni in piazza: tutto raggiungibile a piedi. Rimpianto perché in quanto sud non puoi campare e la gente è molesta per natura e dunque sono dovuta scappare anche da lì. Della patente, insomma, a me non me ne fregava niente, non ci pensavo affatto. Mentalmente ero ancora abbastanza inguaiata, andava meglio ma non andava bene: ero tesa come una corda di violino, il mio corpo era un fascio di nervi e questo si ripercuoteva sulla guida: l'istruttrice fece una grandissima fatica, sudava appresso a me che ero grondante di sudore terrorizzato. Iniziare a guidare è stato un trauma: ero terrorizzata dal fatto che quell'abitacolo, quell'aggeggio enorme non solo era "comandato" da me, ma mi toglieva letteralmente il terreno sotto i piedi (a questo proposito aggiungo che io ho avuto problemi anche col tapis roulant perché appunto c'era questa passerella che si muoveva in maniera "autonoma" ed io avevo paura di non riuscire a controllarla. Cosa c'entra con la guida di un auto? Beh, è la stessa identica cosa dato che ho paura di perdere il controllo). Poi io ho bisogno di capire quello che sto facendo, devo farmi uno schema in testa, non riesco a buttarmi e capire dopo, io devo sapere prima. Beh, io non riuscivo a capire cosa stavo facendo e dunque non riuscivo a rilassarmi. Comunque, alla fine sono riuscita a prendere questa benedetta patente. L'ho presa per grazia divina perché appunto l'esame fu terribile ed infatti io non ero nemmeno felice di quella patente perché non era "meritata", cioè io non riuscivo ancora a guidare, ero insicurissima ed immaginavo violentemente ancora un incidente ad ogni minimo incrocio (non riuscivo nemmeno a stare dritta nella mia carreggiata). Infatti presa la patente non ho più guidato.
La macchina invece è arrivata in un momento in cui non doveva arrivare e cioè circa un mese fa: senza lavoro, a soldi prestati (come d'altronde anche la patente), lontana da tutti, in un posto che nemmeno conosco perché chi cazzo c'è mai stata in provincia di bergamo. Sapevo che mi sarei dovuta prendere una macchina prima o poi, perché qua è tutto scomodo come in sicilia, ma avevo progettato di acquistarla in un altro momento. Reiniziare a guidare è stato semplice e soprattutto divertente: è cambiata la testa, le medicine sono servite a qualcosa. Ho fatto qualche guida assieme ad una istruttrice della zona e mi sono divertita un sacco, la sua guida è stata preziosa e lei una persona veramente gentile (oltre che strana, come tutte le persone della zona: io a tutta questa educazione non ci sono abituata e soprattutto non sono abituata a chi dice "Un quarto alle 9") ed esaltata, ovviamente pure lei di discendenza siciliana ma ormai lo so che la sicilia me la ritroverò ovunque: d'altronde i pomodori che ho comprato venivano proprio dalla città dove sono nata. Io adesso comunque guido: la macchina mi odia perché la faccio singhiozzare sempre e perché non cambio adeguatamente le marce, per non parlare di tutte le volte che la faccio spegnere o che resto appesa in una salita perché non so bilanciare bene frizione e acceleratore; la frizione mi deride perché sa che ho un odio e una repulsione spontanei nei suoi confronti; la gente quando mi guida dietro si mette a ridere quando proprio non mi bestemmia ma qua nessuno mi ha mai suonato, al massimo mi sorpassano. A volte penso che guidare è una gran bella cosa, che spero di avere i soldi prima o poi per farmi un bel pieno, pagarmi i pedaggi e andare che ne so a milano o robe simili. Penso che dovrei approfittarne del fatto di potermi spostare tranquillamente, per poter andare in posti dove ho sempre voluto andare, mi dico: wow, ma qua ho tutto così vicino! Persino voi tumbleri siete così vicini, se ci penso! A tutta questa libertà di movimento è difficile abituarsi, per una che ha sempre vissuto entro i confini di un'isola e della miseria. Certo, se arrivasse un lavoro sarebbe pure cosa gradita (mi correggo: se arrivasse un'entrata mensile, che poi si debba passare per il lavoro è solo una triste parentesi disumanizzante) ma poi penso che male che vada ho un tetto sotto il quale poter dormire: la mia auto.
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L’ora nostra” di Umberto Saba
Sai un’ora del giorno che più bella
sia della sera? tanto
più bella e meno amata? È quella
che di poco i suoi sacri ozi precede;
l’ora che intensa è l’opera, e si vede
la gente mareggiare nelle strade;
sulle mole quadrate delle case
una luna sfumata, una che appena
discerni nell’aria serena.
È l’ora che lasciavi la campagna
per goderti la tua cara città,
dal golfo luminoso alla montagna
varia d’aspetti in sua bella unità;
l’ora che la mia vita in piena va
come un fiume al suo mare;
e il mio pensiero, il lesto camminare
della folla, gli artieri in cima all’alta
scala, il fanciullo che correndo salta
sul carro fragoroso, tutto appare
fermo nell’atto, tutto questo andare
ha una parvenza d’immobilità.
È l’ora grande, l’ora che accompagna
meglio la nostra vendemmiante età.
Giovanni Fattori. La strada bianca
#G. Fattori
#Macchiaioli
#Umberto Saba
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- E come egli si avvicinava, vide la città e pianse su di essa, dicendo: "Oh, se tu, proprio tu, avessi riconosciuto, almeno in questa tua giornata, le cose necessarie alla tua pace! Ma ora esse sono nascoste agli occhi tuoi. Poichè verranno sopra di te dei giorni in cui i nemici ti circonderanno di trincee, e ti accerchieranno e ti assedieranno da ogni parte. E abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te, e non lasceranno dentro te pietra su pietra perchè tu, non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata". (Lu. 19:41-44)
- E dopo duemila e più anni, ancora oggi è cosi, perchè l'uomo non ha riconosciuto Dio in Gesù, anzi si, ma soltanto a parole e non con il cuore.
youtube
Ci sono due Gerusalemme, una celeste, e una terrestre. Fisica e spirituale.
"Ombelico del mondo"
Dieci misura di bellezza, sono state date al mondo, di queste nove misure sono state date a Gerusalemme. Dieci misure di sofferenze sono state date al mondo e di queste nove sono state date a Gerusalemme. Bellezzaedolore.
Quando da Nazaret giunsi a Gerusalemme e ancora prima di raggiungere Betlemme durante il mio primo cammino in "Terra Santa" scrissi sul mio diario testuali parole, "In Terra Santa, (Gerusalemme) devi solo arrivarci per capire provare e sentire. Tu, non devi fare altro che camminare e respirare, perchè è l'aria che provvede a tutto!! Un'aria intrisa di amore e di sofferenza, di storia e di misticismo, di grande passione e di sacrificio, di abbandono di ribellione di religiosità e salvezza. Di guerra e di pace, di vita e di morte. "È satura dello Spirito di Dio".
lan 📷✍️
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Unica regola del buon vicinato: ignorarsi.
Certe cose è meglio non saperle, penso. Cioè, nel mio palazzo io vivo quasi come un'ombra. Non credo che la gente si ricordi di me e quando si ricordano è sempre qualcosa tipo "l'italiano che ci guarda disgustati quando sente l'odore del nostro caffè". È vero, non mi sono fatto tanti amici ma perché lo so quanto è brutto conoscere sul serio i propri vicini.
C'era la vicina piccina che mi guardava in casa (c'è ancora, non è morta), un'anziana signora che monitorava lo spostamento delle visite nel mio appartamento e mi chiedeva perché non avessi una fidanzata fissa. Ecco, lei. Per descriverla, sembra una piccola prugna secca con labbra e occhi che parla gracidando e ti chiede di aiutarla a portare su e giù la spesa. L'altro giorno mi ha persino bussato per chiedermi di accompagnarla alla fermata del bus. L'ho fatto, perché comunque a me i vecchietti piacciono, anche quando sono spioni. A me non serve installare delle videocamere di sicurezza io ho lei che mi guarda in casa e mi avvisa se entrano i ladri per rubarsi quel ciccione di Ernesto. Mentre la accompagnavo ho notato che il sacchetto era pieno di viveri, così le ho chiesto dove stesse andando con tutto quel cibo. Mi ha risposto che c'era un'offerta al discount locale e che aveva fatto scorta da portare al figlio e i nipoti. Perché il costo della vita a Vienna adesso è insostenibile e quindi è il suo ruolo di nonna provvedere al benessere della famiglia. L'ho ammirata molto, mentre si spiegava in un tedesco scalcinato. Poi però siamo stati in contatto per più di due minuti e dopo due minuti le persone rovinano sempre tutto. Infatti al 2:01 ha aggiunto "E poi in questa città non funziona nulla! Ci sono troppi immigrati! Si stava meglio una volta!" allora io mi sono incupito. Mi stava simpatica accidenti. Le ho detto "Questi immigrati sono insopportabili, i peggiori sono quelli che la aiutano a portare la spesa e la accompagnano alla fermata del bus! Vero?". Lei ha sorriso e ha detto che no, io ero diverso. Forse perché sono bianco. Poi le ho chiesto "Ma mi tolga una curiosità, lei da dove viene?" e vai a scoprire che è mezza serba, mezza sinti, mezza puffo date le ridotte dimensioni. Mai parlare per più di due minuti con nessuno. Io non voglio sapere.
C'era un ratto nel palazzo. Si aggira da qualche giorno senza essere stato fermato. Io mi sentivo al sicuro, Ernesto ha bisogno di un amico e tanto mica riesce a fargli del male, al massimo lo abbraccia e ci dorme assieme. Ernesto odia solo me. Un po' ho sperato che bussasse alla mia porta, chiedendo ospitalità. Invece era la vicina prugna secca di nuovo a chiedermi di aiutarla a prendere un barattolo messo troppo in alto nella sua cucina. Questi immigrati alti più di 1.80, quanto sono fastidiosi eh?
Un altro vicino sta traslocando. Un tipo strambo, ma divertente. Sicuramente ha più di sessantanni ma non ha voglia di dimostrarli. Sembra in forma, nonostante la pancia pronunciata e i capelli grigio argento. Quelli che abitano dall'altro lato del palazzo hanno il bagno fuori dall'appartamento e quindi per usare la tazza devono uscire di casa, camminare nel giroscale e giungere nella loro toilette. Inutile dire che si sente tutto e molto spesso, quando escono, sono mezzi nudi. Il vicino in questione era il re del catarro mattutino. Si svegliava presto e andava a raschiare i fondali della gola tenendo la porta del bagno esterno aperta, non sia mai che non mi rendeva partecipe dei suoi ritrovamenti. Quindi quando ho capito che si stava trasferendo, non mi sono preoccupato più di tanto. Ho pensato "Dai, magari il ratto che sta girando nel palazzo può andare a vivere a casa sua!". Lui era un tipo atletico, durante la pandemia aveva costruito una palestra nella stanza adiacente al deposito bici e lo aveva fatto per tutto il palazzo! Non solo per lui, cioè ok principalmente per lui, ma era passato porta a porta per invitare tutti a usarla. Io c'ero stato una volta e vedendo le condizioni igieniche dei manubri ho optato per tornare a fare il mio sport preferito: piangere sul divano. Però qualcosa di buono l'aveva fatta, per questo quando ieri l'ho incontrato casualmente sul bus ho pensato di andare a salutarlo e chiedergli i programmi per il futuro.
Ma quindi te ne vai?
Sì, mi trasferisco, non so ancora dove di preciso, o in Ungheria o negli USA.
Beh dai, non male!
Sì! Ho bisogno di libertà! Qua mi hanno tolto tutto.
In che senso?
Durante il Covid, quando hanno chiuso le palestre!
Senti sono passati appena dieci secondi, questi discorsi dovresti iniziare a farli dopo due minuti.
Cosa?
No non ti preoccupare, una roba mia.
Ah ok. Dicevo, hanno chiuso le palestre, a noi sani! Capito? Io ero sano e non potevo andare a fare sport! Assurdo! I malati non vanno in palestra, non hanno le forze, guarda me, io sono pieno di forza! Non sono malato! Però io dovevo stare in casa!
Ma avevi costruito la palestra per tutti, abbiamo apprezzato.
Io voglio la mia libertà!
Vabbè ma è passato tanto tempo dai...
Non abbastanza, torneranno a prendersi tutto, vedrai.
Ok, come dici tu, va bene, fai buon viaggio.
Guardo fuori dal bus, non era la mia fermata ma sapevo che sarei dovuto scendere e invece no, pioveva e ha vinto la pigrizia, errore terribile. Così sono rimasto su e l'attempato vicino negazionista ha deciso di proseguire.
Tu sei italiano, vero?
Sì, dalla nascita più o meno...
Bene bene, mi piace la tua nazione, e quella vostra presidente. Come si chiama?
Ma come, ti piace la Meloni?
Certo! È una grande!
Ma è una cazzo di fascista.
Dice le cose come stanno, non si nasconde dietro a nulla!
Ok questo glielo posso riconoscere. Era fascista da giovane e lo è ancora oggi, non lo ha mai nascosto. Almeno è coerente. Se l'hanno eletta sapevano a cosa andavano incontro. Mica come quel deficiente di Salvini, lui era un cazzo di idiota completo.
Lui anche mi piaceva!
Ovviamente ti piaceva.
Certo! Lui. Non sento più parlare di lui.
E meno male, prima odiava noi terroni, poi l'hanno eletto ed era tutto Italia Italia Italia e se la prendeva con chi immigrava. Sempre a parlare alla pancia delle gente, a cercare nuovi nemici, a bere cocktail in discoteca e mangiare alla sagra della porchetta.
Un grande!
Ma proprio no. Sai una cosa, ti dirò questo, paragonato a questi suoi scarsi derivati, ecco, mi manca quasi Berlusconi. Lui al confronto era un genio.
E poi lui si scopava le quattordicenni! Io pure mi vorrei scopare le quattordicenni!
Scendo dal bus senza nemmeno salutare. Non avevamo parlato per dieci anni di vicinato, perché ho rovinato tutto alla fine? Non potevo farmi gli affari miei? No. Dieci stupendi anni di reciproco ignorarsi gettati nella spazzatura dopo due minuti di conversazione.
Apro il portone del palazzo, visibilmente afflitto. Davanti a me, per terra, giace il cadavere del ratto che girovagava da qualche giorno. Lo guardo e gli dico: "Ti capisco amico mio, ti capisco davvero. Non sai quanto ti capisco". Salgo in casa, prendo la paletta che uso per travasare le piante e torno giù. Vado a seppellirlo nel retro del cortile. Canto "Amazing grace". Sono sempre i migliori quelli che se ne vanno, perché purtroppo i peggiori traslocano solamente.
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“yellow and shadow” photo by Fabrizio Pece (tumblr | 500px | instagram)
Quella mattina, il sole si stagliava nel cielo senza nuvole come un faro implacabile, illuminando ogni angolo della città con la sua luce accecante. Era una di quelle giornate in cui l'aria stessa sembrava pulsare di calore, avvolgendo la città in una morsa soffocante.
Tra le vie trafficate e i marciapiedi gremiti, c'era un ragazzo che avanzava con passo misurato. Indossava una felpa grigio chiaro e un piumino giallo che brillava al sole come un faro di luce in mezzo al caos della città. Il suo nome era Carlo, e in quel momento, il suo unico obiettivo era sfuggire al calore implacabile.
Costeggiando una parete del colore del suo piumino, Carlo avanzava senza uno scopo preciso, lasciando che i suoi pensieri vagassero liberamente come nuvole alla deriva. Non c'era fretta nei suoi passi, solo una calma apparente che celava un tumulto interiore.
Ad un certo punto, si fermò di fronte a un vecchio bar, le finestre appannate dalla condensa e la vernice sbiadita dal tempo. Mentre contemplava il panorama desolato, sentì qualcuno chiamare il suo nome. Si voltò e vide un vecchio amico, un fantasma del passato che tornava a tormentarlo con ricordi sepolti.
Senza scambiare una parola, i due si guardarono negli occhi per un istante, il peso del tempo e delle scelte sbagliate pesando sulle loro spalle. Poi, con un cenno impercettibile del capo, si separarono, ognuno tornando al proprio cammino solitario.
Carlo riprese il suo vagabondare tra le strade affollate, lasciandosi alle spalle il passato e abbracciando l'incertezza del futuro. In quel momento, non c'era spazio per rimpianti o rimorsi, solo la consapevolezza fugace di essere vivo e di camminare lungo il confine sottile tra il giallo e l'ombra.
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faccio questo post perché è da un anno a questa parte che noto che sta prendendo piede una fobia sociale, che riguarda il camminare da soli di notte
lavoro in emergenza, prendo chiamate da una regione intera, con anche qualche città abbastanza popolosa
so che la mia esperienza non fa statistica, ma lavoro da tre anni e ho risposto a circa 150mila chiamate, di ogni tipo, ad ogni ora del giorno e della notte, quindi ho un po' di informazioni dirette su quello che accade per strada, da cui ho dedotto quanto segue:
la violenza nelle strade è rara ed è legata ai furti e alle aggressioni fra uomini, per spaccio o futili motivi (risse, alcol, parcheggi, etc)
la violenza sulle donne, sempre nelle strade, è rara, lo stupro (per fortuna) ancora di più
il pericolo di aggressione o di violenza sessuale per le donne è nelle case, con i mariti/fidanzati o i famigliari, o alle feste, a causa di amici e conoscenti
discorso a parte, invece, per le molestie, che ho la sensazione che accadano, ma che non vengano "denunciate" (nel senso che chi subisce tali molestie non ci chiama per segnalarle), quindi non so effettivamente quanto siano più o meno frequenti
con questo non voglio dire che sia sicuro camminare di notte da soli, né che dobbiate farlo a cuor leggero
è giusto e sacrosanto che ci sia prevenzione e attenzione e che si chieda maggiore sicurezza
ma
la situazione è meno tragica rispetto a quello che appare leggendo i social o guardando i media
(p.s. questo discorso non si applica alle metropoli o città tanto tanto grandi, e soprattutto non si applica alla vostra regione, perché ogni territorio è diverso)
(p.s.s. mi rendo conto che la percezione del pericolo sia questione diversa al pericolo in sé, l'obiettivo di questo post non è minimizzare ciò che accade o che avvertiamo, ma provare a tranquillizare)
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Mi hai detto di pensare di notte. fuori a camminare nel silenzio della città, lontano da tutti gli stimoli infiniti da cui veniamo costantemente bombardati. dal momento che fuori viene giù il diluvio universale penso che possiamo già adattarci e apprezzare questo momento di riflessione sdraiata a letto. Non ho una particolare ispirazione al momento, volevo solo pensare un po' a te. ho lasciato andare in sordina tanto del nostro rapporto, cercando di nasconderlo nell'oblio quando il ricordo doloroso continuava ad affiorare provocandomi una fitta lancinante. quando ti ho perso il mio terrore era lasciare le nostre memorie, forse nella patetica speranza che finchè tu avessi continuato a vivere nella mia mente non te ne saresti mai andato davvero. continuavo a pensare ai ricordi con te, alle vacanze, ai primi mesi, sperando inconsciamente di dare il giusto peso a quei momenti, quello stesso peso che tu non stavi dando andandotene via. che stupida, pensandoci ora, che stupida sono stata a credere che non fosse stato importante per te, che tutto potesse essere rovinato e definito da una scelta fatta da una persona profondamente diversa rispetto a quella che avevo incontrato nell'ottobre di due anni fa. se ci penso ancora sorrido: rincoglioniti duri, senza sapere dove andare a parare, ci siamo buttati a capofitto completamente alla cieca, senza chiederci se avremmo avuto le forze di rialzarci. ho provato empiricamente che tutti hanno le risorse, o forse è solo uno stupido discorso che mi faccio senza avere realmente la percezione delle persone a me estranee. io ci ho messo la bellezza di nove mesi e anche se adesso mi sento tranquilla so bene che ci saranno ancora momenti distruttivi. saranno meno, certo, e sarà sempre più il tempo che intercorrerà tra uno e l'altro, ma resteranno finchè non sarò in grado di perdonarmi, di redimermi, di accettare i miei errori come accetto quelli di chiunque altro non sia io. purtroppo o per fortuna, se vogliamo analizzarla nell'ottica della crescita personale perpetua, quel momento non è ancora arrivato.
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Mi piacciono le città, le loro piazze,
le loro strade, i loro angoli,
sedermi nella terrazza di un bar
con un caffè davanti
e lasciare che il tempo passi,
senza fare nulla, senza fretta,
osservando questo e quello,
e poi andare in libreria e rovistare
un po' tra gli scaffali,
e se c'è un fiume, attraversare il ponte
e ripetere la stessa operazione dall'altra parte.
Mi piace stare da solo tra la gente,
non essere nessuno, non dover andare in nessun luogo
ma poter andare in tutti.
Mi piace la prima volta che mi guardo
allo specchio del bagno dell'hotel,
quel momento di suspense,
appena arrivato, in cui
non sai se apparirà il tuo viso
o quello dell'ultimo ospite, ancora intrappolato
nel ricordo dell’argento.
Mi piacciono i parchi urbani e i canali,
passeggiarvi accanto,
soprattutto in autunno.
Mi piacciono le città, sì: camminare.
guardare, vivere, innamorarmi
di quella donna col vestito rosso…
Karmelo C. Iribarren, Le città, da Le luci interiori, 2013
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