#café letterari
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pier-carlo-universe · 3 months ago
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L’altra metà di Parigi di Giuseppe Scaraffia: Un viaggio nella Rive Droite con Giuseppe Scaraffia. Recensione di Alessandria today
Giuseppe Scaraffia, noto scrittore e saggista, ci accompagna in un affascinante viaggio alla scoperta di una Parigi meno conosciuta, quella della Rive Droite.
Giuseppe Scaraffia, noto scrittore e saggista, ci accompagna in un affascinante viaggio alla scoperta di una Parigi meno conosciuta, quella della Rive Droite. Con il libro “L’altra metà di Parigi”, pubblicato da Bompiani, l’autore ci regala uno spaccato di storie, personaggi e luoghi iconici che hanno plasmato l’identità della città più romantica e culturale del mondo. Un racconto tra storia e…
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in-marocco-con-laura · 4 years ago
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Oggi vi porto a colazione qui .. un altro caffe imperdibile a Marrakech 💖 Situato a Guéliz, fuori dai bastioni della Medina, fu costruito negli anni venti, sotto il protettorato.  Era sia un rinomato caffè che un ufficio postale nevralgico della citta. Si narra che Jacques Majorelle, seduto a un tavolo in compagnia del generale Lyautey, avrebbe chiacchierato per ore sulle luci e sugli splendori di Marrakech... Nel 2005, dopo diversi anni di chiusura, viene rilevata da un gruppo francese, proprietario anche del "Bô-zin" di Marrakech, e ideatore a Dubai di "La cantine du Faubourg", "Mimi Kakuchi" e "Twiggy by La Cantina". La sfida è stata quella di far rivivere questo luogo mitico, di restituirgli il fascino e il fascino che aveva all'inizio del XX secolo. Oggi, il Grand Café de la Poste si affaccia con orgoglio su Place du 16 novembre e fa rivivere l'atmosfera autentica dei luoghi da vivere a Marrakech. Immaginata dagli architetti e decoratori Olivier Marty e Karl Fournier dello Studio KO, la decorazione è in totale sintonia con la cultura del luogo, niente di troppo, niente più dorature che eccessivi mosaici, paramenti o arabeschi a bizzeffe. , per un'atmosfera caldamente retrò e insieme elegante. Questa struttura poliedrica, allo stesso tempo caffè, birreria, brasserie e ristorante, dispone di molti spazi: una terrazza, un pergolato, una grande sala, un soppalco e un salotto. Potrete gustare una cucina genuina, a base di prodotti locali: carpaccio di manzo e scaglie di parmigiano, filetti di triglia arrosto, petto d'anatra alle olive, ecc. Un'attenta presentazione e una tavolozza di sapori sono all'appuntamento di questo menu che seduce le papille gustative itineranti. Divertente, art-deco, letterario, con la sua terrazza ombreggiata, le sue sale buie ma affascinanti, il suo primo piano - al quale conduce un'ampia scalinata - dedicato a letture e incontri letterari, questo grande caffè che ha conservato il fascino dell'epoca Liautey è parte della storia di Marrakech. Vi aspetto a Marrakech 💖 #inmaroccoconlaura #viaggiatori #viaggi #raccontidiviaggio #raccontidalmondo #viaggiaresempre #Marrakech #nonsmetterediviaggiare #viaggiaresempre   https://www.instagram.com/p/CUHaHx1AhQc/?utm_medium=tumblr
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westeggediting · 7 years ago
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Ho scoperto di recente che mangiare con una chef �� abbastanza diverso che farlo da soli. Ti induce a guardare davvero il tuo piatto e a chiamare per nome tutti gli ingredienti, anche quelli che si danno per scontati.
Perch�� preoccuparsi della consistenza dello zucchero utilizzato per un biscotto? Io lo guardo, faccio una rapida perizia tecnica sul numero delle calorie e addiziono quelle già ingerite a quelle che il destino mi metterà davanti prima di andare a dormire. Poi prendo una decisione ponderata, cioè commetto reato contro la dieta ma, almeno, l’ho fatto con consapevolezza.
Chiara Bove invece, lettrice inveterata e Chef Pasticciere al Vinile di Roma, indica le lingue di gatto nel piatto tra le nostre tazze, infine sentenzia: “Hai visto le macchie bianche?”. Tono di riprovazione, dolce come una caramella e risoluto. “Vuol dire che hanno utilizzato zucchero normale invece di quello a velo”. Osservo le lingue di gatto, dorate e deliziose ma con inesorabili puntini bianchi sopra la superficie. Non mi era mai venuto in mente di osservare delle lingue di gatto, prima. Glielo spiego, accennandole alle mie terribili abitudini alimentari. Lei ha l’aria triste. “Il cibo ti vuole bene”, spiega. “Tu lo prepari con amore e lui diventa buono per far stare bene te”. Perdindirindina, direbbe Rossella O’Hara, lei è un altro dannato personaggio da libro, che si trova, in carne, ossa e scarpe vintage, a prendere un tè con me in un locale di Monti. Siccome ha sempre un milione di cose interessanti da raccontare, le chiedo di parlarmi di ricette americane, in particolare quelle del Sud degli USA. Io ho una malcelata passione per Dixie, che ha un posto tutto suo e del tutto irreale in un angolo della mia testa. “Appena arrivata in Georgia, sono entrata in un pub e ho ordinato un piatto di pomodori verdi fritti”, mi dice, a un certo punto. Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop, penso immediatamente. Ecco: un’altra delle mie manie è leggere di cibo. Una cosa che adoro. Di solito la mia cena consiste in pane e prosciutto su un velo di tovagliolo di carta e riduzione (totale) di fatica ma, quando sento odore di cibo tra le pagine dei libri, posso restare ad annusarlo e a fantasticare per ore. Pomodori verdi fritti di Fannie Flagg, per esempio, ha in comune con Via col vento il fatto di far ruotare alcuni momenti fondamentali del libro intorno a un barbecue. Rossella O’ Hara si fidanza con Charles Hamilton e conosce Rhett Butler al picnic in giardino alle Dodici Querce, che prevede una grigliata in un boschetto sul retro della casa; a Whistle Stop invece la situazione si risolve in un divertente barbecue con delitto. Momenti letterari a parte, nessuno potrebbe mai privarmi del paradisiaco piacere di leggere ricette di piatti che non preparerei mai, su libri di cucina e riviste, e di comporre menu immaginari e, in generale, di avere un mucchio di idee che naturalmente si volatilizzeranno quando dovrò cucinare per qualcuno. La delizia più grande è scoprire piatti e ricette nei romanzi. Nonostante i suoi personaggi si nutrano prevalentemente di sangue, Anne Rice mi ha fatto cercare come una forsennata la ricetta del café au lait del Café du Monde di New Orleans, mentre leggevo Il vampiro di Blackwood (mio Dio, alcune specificano che serve il caffè di cicoria, di cui io ho sentito parlare solo in relazione alla guerra del ’45. Dove lo trovo?); Margaret Mitchell invece mi ha fatto pensare per ore a patate dolci col burro e frittelle di mais, a prosciutto, avena e al gelato, portato sul ghiaccio fin da Savannah, di cui Rossella aveva potuto assaggiare solo un cucchiaino perché le vere signore non mangiano in pubblico. Fannie Flag invece evoca il profumo di pollo fritto, insalata di cavolo, pesce gatto con qualche salsa casalinga segreta, di biscotti al latticello e, naturalmente, di pomodori verdi fritti. Chiara mi ha dato la ricetta originale portata dalla Georgia. Chissà, forse un giorno la curiosità vincerà sulla pigrizia e saprò davvero che sapore hanno, dopo tanto tempo trascorso a leggerlo.
Pomodori verdi fritti - Lavare i pomodori e tagliare delle fette alte almeno mezzo centimetro. Salare e pepare su entrambi i lati.
- Preparare la farina di polenta su di un piatto e versare il latticello in una ciotola. Immergere i pomodori nel latticello e poi passarli nella farina di mais su entrambi i lati.
- In una padella, riscaldare il grasso di bacon facendo attenzione a metterne solo mezzo centimetro perché altrimenti i pomodori assorbirebbero tutto il condimento.
- Friggere le fette su entrambi i lati, aspettando che la frittura sia dorata su di un lato prima di girarle o tratterranno troppo grasso. Una volta cotti farli asciugare su della carta da cucina o su della carta del pane.
La Chef consiglia di attendere prima di mangiarli perché trattengono il calore e rischiate di ustionarvi.
Virginia de Winter: Finta bionda autentica svampita. Si occupa di riempire pagine e segue sempre qualche originale regime alimentare.
https://www.westegg.it/vaghezie-articoli/150-barbecue-con-delitto.html
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freedomtripitaly · 6 years ago
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Lisbona è una delle mete più romantiche, raffinate e suggestive di tutta Europa. Le stradine, l’atmosfera misteriosa, i parchi e i magici giardini la rendono una delle capitali europee più gettonate da turisti del mondo, durante tutto l’anno. Ed è proprio nella città portoghese che è possibile ripercorrere le tappe di uno dei romanzi più intensi degli anni ’90: Sostiene Pereira. Il racconto di Antonio Trabucchi è ambientato a Lisbona, una storia così ricca di emozioni da affascinare anche Roberto Faenza che ha deciso di farne un film avvalendosi della preziosa collaborazione di Marcello Mastroianni nel 1995. Il tour d’autore, ispirato al racconto vi consentirà di vivere e scoprire una Lisbona inedita. Potrete conoscere e vivere le stesse strade, gli angoli e i paesaggi del romanzo, viste anche nelle scene del film. Protagonista della storia, ambientata nel 1938, è l’anziano giornalista Pereira che abbandona la cronaca nera per dedicarsi alla sezione letteraria di un piccolo quotidiano della città, il Lisbóa. In questa occasione conosce Monteiro Rossi, un autore italiano che viene ucciso per le sue denunce al regime portoghese sotto la dittatura di António de Oliveira Salazar. Il tour idealmente inizia proprio dalla redazione dove Pereira lavora, al 66 di Rua Rodrigo da Fonseca, a due passi da Praça Marquês de Pombal. Il realtà il civico indicato da Tabucchi non esiste, così come è inesistente quello in cui sostiene di abitare: il 22 di Rua da Saudade. Un caso? In realtà quello dell’autore sembra più una chiamata ad una caccia a tesoro tra luoghi dell’anima e della capitale. Del resto il romanzo è un irresistibile invito al viaggio che ispira a non voler fare altro che partire. Alcune delle tappe percorse dai protagonisti del romanzo però sono reali e incantevoli: il Café Orquìdea, il Convento dos Cardaes e le stradine che Pereira spesso preferiva non percorrere da solo. E ancora il protagonista del romanzo, racconta che per vedere tutta la bellezza della sua Lisbona, prendeva due tram che salivano fino al castello, probabilmente si trattava dei bus 28 e 12 che vi porteranno a vedere le bellezze must della capitale portoghese. Potreste poi raggiungere Praça do Rossio e, ispirati da Tabucchi, andare alla ricerca del caffè dei letterari che negli anni venti era stato una gloria. Proprio qui l’anziano giornalista decise di incontrare il giovane e squattrino Monteiro Rossi che sconvolgerà la sua vita. E infine, potrete omaggiare il tour letterario raggiungendo il cimitero dos Prazeres, conosciuto anche come cimitero dei Piaceri, dove è sepolto l’autore. Non ci sono regole precise da seguire, la magia di questo tour sta proprio nella capacità di perdersi tra le parole dell’autore. Tutto quello che dovete fare è munirvi del romanzo e partire, per il resto, lasciatevi guidare da Pereira. https://ift.tt/2GZMdG3 Portogallo, il tour d’autore che percorre le tappe del romanzo Sostiene Pereira Lisbona è una delle mete più romantiche, raffinate e suggestive di tutta Europa. Le stradine, l’atmosfera misteriosa, i parchi e i magici giardini la rendono una delle capitali europee più gettonate da turisti del mondo, durante tutto l’anno. Ed è proprio nella città portoghese che è possibile ripercorrere le tappe di uno dei romanzi più intensi degli anni ’90: Sostiene Pereira. Il racconto di Antonio Trabucchi è ambientato a Lisbona, una storia così ricca di emozioni da affascinare anche Roberto Faenza che ha deciso di farne un film avvalendosi della preziosa collaborazione di Marcello Mastroianni nel 1995. Il tour d’autore, ispirato al racconto vi consentirà di vivere e scoprire una Lisbona inedita. Potrete conoscere e vivere le stesse strade, gli angoli e i paesaggi del romanzo, viste anche nelle scene del film. Protagonista della storia, ambientata nel 1938, è l’anziano giornalista Pereira che abbandona la cronaca nera per dedicarsi alla sezione letteraria di un piccolo quotidiano della città, il Lisbóa. In questa occasione conosce Monteiro Rossi, un autore italiano che viene ucciso per le sue denunce al regime portoghese sotto la dittatura di António de Oliveira Salazar. Il tour idealmente inizia proprio dalla redazione dove Pereira lavora, al 66 di Rua Rodrigo da Fonseca, a due passi da Praça Marquês de Pombal. Il realtà il civico indicato da Tabucchi non esiste, così come è inesistente quello in cui sostiene di abitare: il 22 di Rua da Saudade. Un caso? In realtà quello dell’autore sembra più una chiamata ad una caccia a tesoro tra luoghi dell’anima e della capitale. Del resto il romanzo è un irresistibile invito al viaggio che ispira a non voler fare altro che partire. Alcune delle tappe percorse dai protagonisti del romanzo però sono reali e incantevoli: il Café Orquìdea, il Convento dos Cardaes e le stradine che Pereira spesso preferiva non percorrere da solo. E ancora il protagonista del romanzo, racconta che per vedere tutta la bellezza della sua Lisbona, prendeva due tram che salivano fino al castello, probabilmente si trattava dei bus 28 e 12 che vi porteranno a vedere le bellezze must della capitale portoghese. Potreste poi raggiungere Praça do Rossio e, ispirati da Tabucchi, andare alla ricerca del caffè dei letterari che negli anni venti era stato una gloria. Proprio qui l’anziano giornalista decise di incontrare il giovane e squattrino Monteiro Rossi che sconvolgerà la sua vita. E infine, potrete omaggiare il tour letterario raggiungendo il cimitero dos Prazeres, conosciuto anche come cimitero dei Piaceri, dove è sepolto l’autore. Non ci sono regole precise da seguire, la magia di questo tour sta proprio nella capacità di perdersi tra le parole dell’autore. Tutto quello che dovete fare è munirvi del romanzo e partire, per il resto, lasciatevi guidare da Pereira. Lisbona, il tour letterario che ti porta alla scoperta dei luoghi del romanzo di Trabucchi Sostiene Pereira.
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agentearancio · 5 years ago
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Fuck la quarantaine
Giorno n°8 della quarantena
Stare a casa, non lavorare ed essere comunque pagati può sembrare bello e divertente, ma non lo è. Premessa necessaria : il virus del lavorismo non ha mai attecchito in me. Ho sempre pensato che nella vita ci sono cose molto più importanti da fare piuttosto che lavorare. Tuttavia il lavoro resta una necessità fondamentale per alimentare il mio dispendioso vivere parigino. Secondo anni di educazione sabauda hanno talmente inciso nel mio super io che ora non riesco a evitare un fastidioso senso di colpa ogni qualvolta mi sbraco pigramente sul divano. Lavorare è una piccola tragedia quotidiana, di cui non possiamo fare a meno. Infatti detesto inerzia, l’ozio gratuito e prolungato mi da agitazione e insofferenza. Io amo fare cose, tante cose. Amo cambiare e fare cose diverse e varie, per cui per tornare all'inizio di questa riflessione che mi sta portando lontano, potrei dire che il lavoro sia una piccola tragedia, si ma non lavorare del tutto è molto peggio.
Conclusa la premessa, capirete che chiuso in casa, io non resisto. Ad aggravare la situazione di soffocamento ci sono il 24 metri quadri del mio appartamento. Impazzirei anche in uno splendido appartamento haussmaniano, ma ci vorrebbe più tempo. Come occupare il tempo concessomi da queste peculiare quanto inaspettata situazione diventa la mia ossessione quotidiana. Non ho Netflix, ho disattivato il conto più di un anno fa. Non sopporto più l’idea di passare il mio tempo a vedere interminabili stagioni di serie tv fabbricate in serie dopo attenti studi di mercato che hanno il solo scopo di tenermi incollato allo schermo per giorni interi.  
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Per cui decido di darmi al più sacro dei passatempi: la lettura. Parigi rigurgita di librerie. Bellissime, sterminate, profumate, colorate, ricche e sensuali librerie che adornano questa urbe moribonda e mefitica. Perciò decido di sfidare il confinamento impostomi dalla burocrazia scolasti nella speranza di dare pace al mio animo irrequieto. La mia iniziativa, infatti, si scontra con l’inevitabile definizione di quarantena: è un isolamento forzato, solitamente utilizzato per limitare la diffusione di uno stato pericoloso (spesso una malattia) fonte Wikipedia. Secondo questa definizione io non potrei uscire da casa, ma io non sono in quarantena.  O meglio, io sono in quarantena preventiva asintomatica, basata su un pregiudizio discriminatorio, in quanto ho confessato di aver trascorso alcune ore a Milano dieci giorni fa. In più, non mi è stata data nessuna indicazione chiara circa le cose che potevo e che non potevo fare durante la mia esclusione dal lavoro. Non ci sono indicazioni sul sito del provveditorato né sul sito del Ministero. E per finire non ho sintomi, io mi sento bene. Io sono sano, per Dio! Per cui esco. 
La prima tappa del mio pellegrinaggio letterario è LA LIBRAIRIE VOYAGEURS, al 48 di rue Saint-Anne, nel pieno del triangolo nippocoreano di Parigi, tra ramen e kimono. La libreria fa parte di una bellissima agenzia di viaggi che si trova giusto davanti alla vetrina ed è specializzata in viaggi. Qui trovo tutto ciò che mi provoca fibrillazioni erotico culturali: guide di viaggio storiche, percorsi linguistico-culinari; carte, mappe e cartine di ogni angolo del pianeta; racconti e grandi reportage di esploratori da ogni parte del mondo. Ne esco eccitatissimo con in tasca Un roman russe, di Emmanuel Carrère. Giusto cosi, per sollazzare la mia sconsiderata e irragionevole attrazione la Russia.  
Tappa numero due, Comme un roman, la mia libreria preferita del marais. A due passi dal Marché des Enfants Rouges, dove trovo lo spazio e il respiro di una libreria storica. Due piani di romanzi di grandi classici del pensiero moderno e contemporaneo. Sempre affollatissima, questa libreria resta uno di quei pochi posti dove mi sento sempre a mio agio. Cerco un bel saggio, me ne esco con Hannah Arendt, Les Origines du totalitarisme, notevole tometto che mi permetterà di avere strumenti per riflettere sugli orrori del Novecento mentre mi crogiolo tra le mura domestiche in attesa dell’apocalisse virale. 
Concludo il mio vagabondare irrequieto con l’ultima della mie tane letterarie: Librairie du Globe, 67 Boulevard Beaumarchais. Melanconica libreria russa dove sguazzo languidamente nei momenti di più intensa tristezza slavofila, tra saggi sulla geopolitica russa, samizdat e raccolte di poesie di Anna Akhmatova.  Mi lascio consigliare dalla dolcissima libraia moscovita in stage sulle ultime raccolte sulla storia e la geografia del più grande paese del mondo, ma alla fine sprofondo nella poltrona che dà le spalle alla vetrina. Comprerei tutto. Esco a mani vuote, ma inebriato di libri che ho visto e che ho sognato di leggere, ma soprattutto di Russia. 
Sono le cinque e mezza, non è ancora l’ora dell’aperitivo, ho tempo per un caffè.  M’infilo in un bar. Le Cannibale Café è perfetto. Impaziente di divorare un po’ del mio bottino quotidiano, mi piazzo nella sala interna, arredata con gusto tutto parigino, dove c’è un’atmosfera perfetta per leggere in santa pace. Sfilo il romanzo di Carrère dalla tasca e mi lancio. Dopo due pagine mi fermo. Voglio immortalare questo momento di piacere solitario. Vorrei condividerlo con i miei amici, ma in verità sto cedendo alla pulsione nefasta dell’autocompiacimento social. Sto cedendo a quella insana voglia di voler condividere tutto e sempre con gli altri, anche quando non dovrei, soprattutto perché sarei in quarantena. Non pago rincaro la dose. Decido di fare una storia su Instagram, dove oltre a vedersi il mio libro e lo sfondo del bar, aggiungo la posizione e una bella frase di sfida Fuck la quarantaine!
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La risposta è una fucilata.
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tmnotizie · 6 years ago
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ANCONA – Il rock è morto? Viva il rock, verrebbe da dire. Nelle sue innumerevoli declinazioni, il rock è considerato una delle più importanti forme artistiche del novecento, nonché fenomeno di assoluta rilevanza socio-culturale. Tanti sono i momenti che hanno scandito un’evoluzione stilistica e concettuale che lo ha portato ad essere, al tempo stesso, fenomeno di aggregazione giovanile, espressione di movimenti controculturali, voce di nuove tendenze e moda commerciale.
Per questo l’Amministrazione comunale di Ancona ha voluto dedicare una rassegna, la prima edizione di Polverock, a questo fenomeno appassionante inquadrato nel suo contesto storico e nella sua persistente attualità. La musica cosiddetta “giovane” sarà rappresentata sul versante musicale, e in quello delle parole e delle immagini, nell’arco di sei appuntamenti pomeridiani (ore 18,30) ciascuno dei quali basato su di un set di musica dal vivo per il quale ci siamo affidati a talenti locali.
Due delle serate sono dedicate a forme musicali strettamente imparentate al rock, come il jazz o il blues. La rassegna cade a distanza di un altro cinquantenario importante: nel 1969 il rock diventa la colonna sonora del cambiamento; è l’anno di Woodstock, di Give peace a chance di John Lennon e di James Brown.
Polverock è iniziativa dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Ancona in collaborazione con l’associazione Il Mascherone. Tra gli altri soggetti e partner della rassegna vi sono il MAB Marche, il San Severino blues festival, Ancona jazz e il Liceo Rinaldini. Quest’ultimo ha organizzato alcuni focus, condotti dagli stessi studenti su indirizzo dell’insegnante Paola Piattella (di lingua e letteratura inglese): premiazione di concorsi letterari, laboratori di scrittura e set musicali.
Tutti gli eventi sono ad ingresso gratuito e si svolgono nella straordinaria cornice della Polveriera “Castelfidardo” del Parco del Cardeto che sarà al tempo stesso set musicale e teatrale e contenitore di immagini esposte lungo i suoi corridoi. Due le mostre in programma, quella intitolata Jazz Tales (foto di Viviana Falcioni) a cura de Il Mascherone, e quella intitolata Sings on the wall: Trent’anni di manifesti rock appiccicati al muro, a cura dell’Associazione Kathodik.
E’ prevista infine la sistemazione di un bar in Polveriera a cura di “Café Americain”. Questo il programma:
Sabato 4 maggio, ore 18,30
Inaugurazione mostra fotografica Jazz Tales (a cura di Viviana Falcioni) e mostra Sings on the Wall: trent’anni di manifesti rock appiccicati al muro (a cura de Il Mascherone e ass. Kathodik)
Ore 18,40. Bob Dylan, omaggio al premio Nobel per la letteratura, a cura di Sergio Sparapani. Set musicale: Emanuele Mochi e Slowband
Domenica 5 maggio, ore 18,30
Ancona Jazz 45 anni: Growin’ Up with AJ
La Colours Jazz Orchestra e l’incontro con Bob Brookmeyer, a cura del M° Massimo Morganti
Giovedì 9 maggio, ore 18,30
Ancona Beat. Massimo Raffaeli presenta il libro di Massimo Papini Tra Dylan e Marx. Gli anni sessanta dei giovani. Set musicale: The Wanted & Gene Guglielmi.
Venerdì 10 maggio, ore 18,30
Down to Mississippi, viaggio alle radici del blues con le immagini e il racconto di viaggio sulla Highway 61, la musica dei Gunter Hotel e le parole di Mauro Binci, direttore artistico San Severino Blues
Sabato 11 maggio, ore 18,30
M’innamoravo di tutto. Fabrizio De Andrè e l’amore, a cura di Valentina Conti. Set musicale: Maria Grazia Barboni
Domenica 12 maggio, ore 18,30
La notte del laureato. Simon & Garfunkel. A cura di Simone Borghi e Claudio Simoncini da un’idea di Silvia Seracini (letture di Sergio Sparapani).
Pillole di rock e letterature a cura del Liceo Rinaldini
Sabato 11 maggio, ore 18, premiazione dei concorsi letterari Polverock (a cura del Liceo Rinaldini e di MAB Marche);
Domenica 12 maggio, ore 17, Laboratorio di scrittura Rock Tales. Ore 18, set musicale Imagine . Per iscrizione ai laboratori: [email protected] Ingresso libero a tutti gli eventi. Parcheggio via Cardeto (dietro la Villarey)
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unisolasardegna · 8 years ago
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Trekking letterari "Sui Sentieri del Reading"
Trekking letterari “Sui Sentieri del Reading”
Unisola, in collaborazione col Festival Marina Café Noir, organizza per il 2017 una serie di percorsi escursionistico-letterari in alcune delle località più belle della Sardegna, con la partecipazione di numerosi attori, musicisti e artisti isolani, da Elio Arthemalle a Francesca Corrias, da Giacomo Casti a Alberto Sanna, da Silvia Piras a Arrogalla.
 “Le città invisibili”, “Atobius”, “I…
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pier-carlo-universe · 4 months ago
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"Yuleisy Cruz Lezcano presenta ‘Di un’altra voce sarà la paura’: firmacopie al Blues Café di Alessandria"
Un viaggio poetico attraverso storie di violenza e speranza: l’autrice incontra i lettori l’11 gennaio 2025."
Un viaggio poetico attraverso storie di violenza e speranza: l’autrice incontra i lettori l’11 gennaio 2025.”. Sabato 11 gennaio 2025, il Blues Café di Alessandria (via Bentini 65) ospiterà un evento speciale: il firmacopie del libro “Di un’altra voce sarà la paura” di Yuleisy Cruz Lezcano, nell’ambito della rassegna “A colazione con lo scrittore”. Dalle ore 9.00 alle 11.30, i lettori avranno…
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pangeanews · 5 years ago
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Boris Vian, lo straordinario all’avanguardia. Vita folle dello scrittore dai mille nomi che con “Sputerò sulle vostre tombe” scandalizzò i paladini del moralismo
Lo chiamavano “Il principe di Saint-Germain-des-Prés” perché trascorreva le serate in cantine fumose dove si suonava il jazz e s’impazziva per i ritmi d’America. Non gli era sufficiente un soprannome, però, lui si destreggiava entro una sinuosa e vasta scia di pseudonimi: Vernon Sullivan, Hugo Hachebuisson, Adolphe Schmürz, Bison Ravi – anagramma del suo nome autentico. Scrittore, musicista, paroliere, ingegnere, traduttore, esteta del jazz. Facile allo scherzo, abile al gioco. Ama Alfred Jarry, William Faulkner, Jack London, Duke Ellington, Miles Davis, le donne, le cene in compagnia, le macchine sportive, il caos colorato. Inafferrabile Boris Vian! La sua vita è nel segno della velocità, della vitalità, dell’abbondanza. Sembra essere sempre un passo avanti a tutti: forgia mode, inventa parole. Boris Vian è lo straordinario all’avanguardia.
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Nato nel marzo del 1920 in una famiglia allegra e anticonformista, i genitori non lavorano, glorificati da una vasta eredità. Dai Vian c’è l’autista, il giardiniere, il cuoco e feste memorabili nella dimora a Ville-d’Avray. La madre di Vian suona l’arpa e il pianoforte, il padre balla il tango. Boris è un nome scelto in omaggio al Boris Godunov di Musorgskij.
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Nonostante la crisi del 1929 abbia notevolmente corrotto le finanze di famiglia, i Vian continuano a sorridere. Si fanno compagnia con gli illustri vicini: i Menuhin, il cui figlio, Yehudi, è un musicista prodigio, e la famiglia di Jean Rostand, figlio di Edmond, biologo e accademico. I bambini delle tre famiglie crescono insieme. Nel 1932, però, una malattia cardiaca lede l’idillio dell’infanzia di Boris. La sua vita è capovolta: è felice quando il corpo è libero dal tormento, altrimenti, vive isolato. Nel romanzo L’erba rossa (1950) Vian adombra la propria infanzia nel ritratto di Wolf. “Avevano sempre paura per me, non potevo sporgermi dalla finestra, non attraversavo la strada da solo, bastava uno schiocco di vento a farmi raggelare”, fa dire al suo protagonista. La vita è breve, capisce Vian, e lui vuole fare mille cose contemporaneamente.
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Lettore infaticabile e irascibile, Boris Vian: “Racine, Corneille, Molière. Che noia. Li ho letti tutti. Ho letto tutto Maupassant. Non me ne pento, ma me ne sono liberato”. È attratto dalla musica, dal jazz. Nonostante la malattia, impara a suonare la tromba, fonda un gruppo jazz con i fratelli. Nel 1939 ammira Duke Ellington al Palais de Chaillot. Ne è affascinato. Negli stessi anni Boris, vivace ma con poca voglia di studi, si iscrive all’École centrale des Arts et Manufactures. Oltre alla musica, ama la meccanica: sarà ingegnere. I problemi cardiaci gli risparmiano il fronte, durante la guerra incontra Michelle Léglise, si innamora. Insieme, leggono romanzi americani e partecipano a feste. Boris Vian scrive sonetti e canzoni.
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Nel 1942 diventa padre: occorre un lavoro per mettere ordine all’esistere. È assunto all’Afnor, l’Association française de normalisation: lo stipendio è buono, il lavoro non è eccitante, ma gli concede tempo per le sue attività letterarie e musicali. Quel lavoro, tuttavia, gli ispira il primo romanzo, Vercoquin e il plancton (1947), che mette in ridicolo il mondo della burocrazia. D’altronde, La schiuma dei giorni (1947) è scritto sui fogli griffati Afnor. Sono anni leggeri, interrotti bruscamente dalla tragedia. Nel 1944 alcuni ladri fanno irruzione nella casa di Ville-d’Avray, il padre di Boris reagisce e viene ucciso. Dopo la morte del padre, Boris Vian ne cercherà la copia in Raymond Queneau, Duke Ellington e Jacques Canetti.
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Poeta e consulente per Gallimard, Raymond Queneau legge il manoscritto di Vercoquin e il plancton, che gli è stato consegnato da Jean Rostand. Folgorato, fa firmare a Boris Vian il primo contratto da scrittore. Segue un periodo di grande creatività. Con La schiuma dei giorni Vian pensa di poter vincere il Prix de la Pléiade; la giuria (che contava Blanchot e Camus, Malraux e Sartre, Queneau e Éluard) gli preferisce Jean Genet. La delusione è cocente.
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Poco dopo Vian incontra l’editore Jean d’Halluin: in un café di Saint-German costui si lamenta, soltanto un sulfureo capolavoro americano come Tropico del Cancro di Henry Miller potrebbe salvarlo dal certo fallimento. Boris Vian accetta la sfida, rilancia, in due settimane scrive Sputerò sulle vostre tombe (1946). Nella prefazione del libro, Vian si presenta come il traduttore dello scrittore americano Vernon Sullivan; sarà il debutto di una vasta schiera di pseudonimi. Il libro è ambientato nel sud degli Stati Uniti e mette in scena Lee Anderson, un nero dalla pelle bianca che decide di vendicare il linciaggio del fratello. Questo ritratto di un’America scandalosamente razzista, dove violenza, alcol e eros si mescolano, ha un successo clamoroso. Nel 1949, il libro fu condannato per oltraggio alla moralità e messo al bando. Sarà l’inizio di una grande vita.
Roxana Nadim
*Il testo riproduce, in parte, l’articolo pubblicato su “L’éléphant”, dal titolo “Boris Vian: Homme orchestre”; in Italia molti libri di Boris Vian sono pubblicati da Marcos y Marcos
L'articolo Boris Vian, lo straordinario all’avanguardia. Vita folle dello scrittore dai mille nomi che con “Sputerò sulle vostre tombe” scandalizzò i paladini del moralismo proviene da Pangea.
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