#belligeranti
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aitan · 3 days ago
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Contro la retorica bellica
Riflessioni sulla corsa agli armamenti in Europa e le alternative utopistiche e concrete per una difesa non violenta e una resistenza civile, disarmata e disarmante.
"Da che mondo è mondo, in ogni famiglia, in ogni contea e in ogni Paese, avere a disposizione pistole, fucili e bazooka rende tutti più insicuri ed ogni vita più labile ed esposta a rischio. Se conservi armi in ripostiglio o nel sottoscala, in un modo o nell’altro finirai per usarle, fosse anche solo per fare il gradasso a capodanno, per spaventare il gatto del vicino, per appropriarti della terra che non è tua o per giustificare le crescenti spese di investimento da mettere a frutto prima che le tue dotazioni belliche e balistiche diventino obsolete."
Continua qua aitanblog.wordpress.com/2025/03/10/contro-la-retorica-bellica
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the-lived-abstractionism · 4 months ago
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Berlinguer: oltre l’ambizione
Un film come visto e vissuto
Di Sauro Sardi
Giocando coi versi del grande poeta russo, se Berlinguer fosse Majakovskij
direbbe al placido chimico dalla fronte spaziosa: “Risuscitami… perché la
gente di me ha sete”. Dunque, un film che riattacca la spina e inietta sangue
nel cuore senza la presunzione di riaccendere il sole, seccare l’oceano. Un
film che fa tornare a scrivere anche i mezzi morti di parole, quelli che
aspettavano l’occasione per dire che gli argomenti di una certa stagione non
invecchiano mai. Nessuno di noi fa di mestiere lo scontento e insieme alle
lodi si avanzino pure anche le critiche, sarebbe un gradire molto sospetto se
tutti fossero pienamente d’accordo su questa pellicola, ci sarà pure qualche
aspetto da ingoiare appena o troppo malvolentieri, ma buttato giù il boccone
tutto il resto è arte, umanità, politica. Quei tre pacchetti di sigarette ci
riportano dentro a quelle stanze di fumo bestemmiato. Non avremo
guadagnato il socialismo ma l’inferno era di sicuro alla nostra portata.
Scorrono meravigliose e crudeli le scene; per fortuna le so a memoria. Al
cinema non esiste la pagina Talk Back per l’audio descrizione delle immagini.
“la piazza è strapiena di gente” dice una voce alle mie spalle Spero sempre
che dietro di me ci sia qualcuno che bisbiglia, è un occhio trovato. Si va verso
il finale, accompagnato da una musica dentro un silenzio che ti strozza
transita quel sole dell’avvenire, il suo splendore, il decadimento, i resti.
Appunto, i resti sono le nostre opinioni, saluto la mia comoda poltroncina di
velluto, usciamo.
Sta ancora piovendo qualche gocciolina che si affronta anche senza
cappello, penso che sia regolata da un Dio che ha visto tutto, ci accompagna
alla macchina, ci riporta a casa, poche parole, quasi muti. Eppure era la
giornata ideale per andare al cinema e ora la riassumo alla faccia degli spazi
e delle virgole comprese.
Avevo attraversato quelle poche gocce di pioggia che oltre la biglietteria si
asciugano subito. Ora le musiche si accompagnano alla stupenda
espressività vocale del protagonista, Berlinguer non fa una piega ma non è
un blocco di granito rosso, no, ha famiglia, sentimenti, un sogno che
intravede oltre la linea dell’orizzonte. La piazza è sua, il popolo di quella
grande stagione è suo.
In ogni opera d’arte c’è sempre un aspetto che suscita non solo emozioni ma
anche riflessioni, analisi. Dunque, come e quante volte Berlinguer si
incontrasse anche di nascosto con Moro non è una pallida leggenda
metropolitana ma l’incipit di una storia che non doveva mai nascere. “Divide
et impera” era un concetto semplice, tradotto in tutte le lingue. Ormai
avevamo capito che a guadagnarci non erano i belligeranti ma chi
organizzava lo scontro per trarne profitti. La politica doveva restare un campo
di battaglia, mai diventare un luogo dove le diverse opinioni alla fine fanno
sintesi e si procede, magari verso l’idea condivisa di una necessaria visione
post ideologica. Intendiamoci, il plastico di una casa comune dove alloggiare
politiche, credenze e culture diverse sarebbe stato un progetto tutto da
spiegare ma era in atto l’avvio di un percorso nuovo. Ora non conta dire
quanto Berlinguer lo volesse più degli altri, lui ci credeva quando tutto era
ancora possibile, il sole che picchiava sugli scogli di granito rosso era sempre
lo stesso ma proprio quello nato nei luoghi del socialismo reale diventava
sempre più brutto, una farcitura di socialismo imperialista. Doveva “strappare”
quel filo, quei legami e al tempo stesso raggiungere il sole di un avvenire che
si evolve. Lo diceva indicando il punto dove il mare e l’orizzonte si toccano.
Ma quell’uomo apparentemente timido e riservato, prima di conoscere il
domani di tutti i comunismi di questo mondo conosceva il mare, le distanze
apparenti tra cielo e terra, sapeva bene che più vai verso l’orizzonte, più quel
punto si allontana. Ma lui doveva crederci e preparare il terreno per una
nuova stagione della politica, non più riverente ma opposta al dominio di
vecchi e nuovi imperi. Potrà sconvolgere qualcuno immaginare che nel mare
nostrum gonfio di antiche e nuove rivalità politiche stava soffiando il vento di
una ragionevole intesa anche nel completo disaccordo su tante questioni. Un
vento nuovo. Ma tutto si interrompe, precipita, passano gli anni e si torna al
tempo delle invasioni barbariche, nascono eserciti al soldo di chi ha più
moneta, l’arco e la catapulta diventano ordigni che possono varcare i confini
delle peggiori immaginazioni. Torna la gigantografia di Enrico Berlinguer,
umida e malinconica questa giornata al cinema, forse se avessi lasciato
qualche ricordo a casa avrei sofferto di meno. Un film che rotola all’indietro
come un macigno che accarezza e travolge.
Non credo nei film buoni per la didattica, per quella ci sono i documentari,
semmai questo genere di realismo cinematografico espone la capacità degli
autori, l’arte di suscitare emozioni. Cosa non secondaria in tempi dove l’agire
sensibile affronta la fredda intelligenza artificiale; difficile per un algoritmo
venirci a dire che i comunisti ci porteranno via il maiale, non avrà mai tanta
fantasia. Un bel film, può provocare sgomento oppure fare da stimolo a tutti
quelli che ancora, comunque la pensino, hanno una loro visione
dell’orizzonte. Quale orizzonte? Non era una domanda difficile.
P.S.
www.saurosardi.com Ai funerali di Enrico Berlinguer
Noi popolo, siamo gli stessi del popolo di allora.
Una storia che fa resuscitare ideali ed equilibrio sociali, pur stando all'orizzonte.
Ma chi ucciderà chi ancora cerca alleanze di potere
...di sicuro né Moro né Berlinguer
dY
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crazy-so-na-sega · 8 months ago
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Reshef (a destra) raffigurato sulla stele di Qadesh.
Il termine è presente come etimo in lingua ebraica con il significato di "fiamma, fulmine" (Salmi 78:48), da cui derivano significati figurativi, come "freccia" (Libro di Giobbe 5:7) e "febbre che infiamma" (Deuteronomio 32:24)
Per la sua capacità di controllare e scatenare malattie e pestilenze, presso i greci venne accostato ad Apollo ed al vedico Rudra, mentre le caratteristiche marziali e belligeranti di Reshef ne hanno spesso favorito l'occasionale paragone con le figure di Marte e del dio babilonese della morte Nergal. I fenici si riferirono a lui come Resheph Gen (‘Reshep del Giardino’) e Baal Chtz (‘Signore delle frecce’), mentre gli ittiti lo hanno descritto come il dio cervo o il dio gazzella. A Larnaca, Cipro, Reshef aveva l'epitteto di ḥṣ, inteso come "arco" da Javier Teixidor, che, di conseguenza, interpretava Resheph come dio delle malattie, comparabile ad Apollo, le cui frecce portarono la peste contro gli Achei (Iliade I.42-55). Reshef compare anche in testi mitologici ugaritici come il poema epico di Kirta.
il testo di un'antica formula apotropaica invoca il nome di Reshef, insieme a quello di Astarte, come rimedio all'azione del demone cui si attribuiva la causa dei dolori addominali. Nel suo duplice aspetto di divinità guerriera e guaritrice, capace di coniugare in sé le opposte polarità di vita e morte, Reshef era conosciuto in Egitto e nel vicino Oriente.
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scateniamo l'immaginazione...;-)
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raffaeleitlodeo · 1 year ago
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Quando guardo una città rasa al suolo dai bombardamenti, come in questi giorni G4za, non posso fare a meno di ricordare quanto segue, che scrivo più o meno ogni 4 novembre.
La data di oggi, infatti, continua ad essere una delle occasioni di retorica nazionale italiana che sinceramente mi lascia sempre un po' a bocca aperta. I vertici istituzionali si recano alla tomba del milite ignoto per ringraziare coloro che “hanno dato in sacrificio la vita per DIFENDERE la patria”. Si enuncia che la pace dipende dalle forze armate, cui va la gratitudine dei vertici dello stato. Corona de fiori, inno nazionale, frecce tricolori foto di rito e via, tutti a pranzo.
Peccato che quel milite sia morto in una guerra, la c.d. Prima Guerra Mondiale, in cui non c’era niente da difendere: è l’Italia ad aver aggredito l’Austria con cui, assieme alla Germania, era formalmente (seppur segretamente, come si usava allora) alleata.
[Per chi ha tempo, faccio un breve sunto dell’entrata in guerra italiana e dell'esito che ebbe questa mossa nel primo commento*]
Oggi potremmo ricordare che il portato del nazionalismo e della guerra è stato un mare di morte, distruzioni e strascichi di violenza. Che nella guerra mondiale tutti gli eserciti persero, e che quindi non ha senso ricordare solo “i nostri” e sventolare bandiere nazionali. Specie quando si è stati protagonisti-aggressori nel massacro. Specie sapendo che solo una parte dei caduti venne identificata e recuperata in quella strage di milioni di ragazzi e, come diceva George Mosse, l’anonimato delle salme permise di sottrarre quei morti al culto delle famiglie e di affidarle al nuovo culto crescente della nazione.
In Italia, dopo tutto questo tempo, come lo ricordiamo questo avvenimento? Appunto, con l’omaggio al milite ignoto, festeggiando le forze armate come strumento di pace (Orwell, sei tu?), e con le frecce tricolori (uau). Senza dubbio esse sono esteticamente attraenti, ma secondo me rischiano di contribuire a un’ulteriore, drammatica, rimozione: una delle conseguenze di quella stagione, infatti, fu l’invenzione italiana della guerra aerea come GUERRA TOTALE.
Grazie al generale Giulio Douhet questa nuova possibilità fu teorizzata nero su bianco, e attraverso le forze armate italiane fu messa in pratica, in primis nelle colonie (l’esercito italiano gasò interi villaggi d’oltremare). In realtà già nel 1911, quindi addirittura prima della Grande Guerra, combattendo l’Impero ottomano in Nord Africa, il sottotenente Giulio Gaviotti lanciò delle granate dal suo aereo, compiendo il primo bombardamento aereo della storia dell’umanità. Atto esaltato anche da D’Annunzio nella Canzone della Diana:
"[...] e tu Gavotti, dal tuo lieve spalto
chinato nel pericolo dei venti
sul nemico che ignora il nuovo assalto!"
Con la Prima Guerra Mondiale e gli scritti di Douhet, dall’Italia si arrivò a suggerire al resto del mondo la guerra aerea come nuova frontiera del combattimento totale: “Se per vincere è necessario distruggere, uccidere, devastare, spandere la rovina e il terrore, tutto si faccia […] è utile al fine supremo”. Scriveva Douhet. E ancora: [Se nella guerra tradizionale] vi era perfino una distinzione legale tra belligeranti e non belligeranti […]. [Con la guerra aerea] poco interesserà, data la sicurezza della distruzione, che qualche bomba vada fuori dal bersaglio. […] La distruzione completa dell’obbiettivo prescelto, oltre all’effetto materiale, produce un effetto morale”. E per concludere: “Per giungere a distruggere, completamente e rapidamente, una razza di uccelli, non è sufficiente abbattere tutti quelli che [si] incontrano in volo. […] rimangono sempre i nidi e le uova”.
Capito come? Una volta individuato e de-umanizzato il nemico (in questo caso con l’artificio retorico dell’animalizzazione: non sono esseri umani, ma uccelli… altre volte cani ecc…), grazie agli aerei non ci dovevamo limitare ad ammazzare i soldati, ma potevamo finalmente ammazzare tutti, anche donne e bambini che stanno dentro le case, per essere sicuri di annientarli definitivamente e non ritrovarceli più come problema in futuro.
Forse oltre che guardare aerei da guerra che colorano l’orizzonte, il 4 novembre potremmo ricordare che noi italiani abbiamo inventato la GUERRA TOTALE DAL CIELO, che tanta parte ebbe nel Secondo conflitto mondiale; il quale, di nuovo, ci vide aggressori e di sangue ne fece scorrere ancor di più (proprio a causa delle nuove tecnologie). Conflitto che si concluse a Hiroshima e Nagasaki, con la svolta epocale dalla quale non c’è stata più possibilità di ritorno. Ancora ai nostri giorni, infatti, il fragile equilibrio che impedisce il tutti contro tutti è basato sul terrore della deterrenza nucleare. Ancora ai nostri giorni, inoltre, la pratica di bombardare cittadine e cittadini inermi è pratica diffusa, è terrore istituzionalizzato.
Personaggi come Giulio Douhet potrebbero forse essere riconsiderati alla luce della consapevolezza odierna e dei valori che (almeno a parole) diciamo di difendere, invece che essere ricordati - come facciamo a Roma - con un ampio piazzale nel quartiere dell’EUR.
Le conseguenze di quel tipo di mentalità sono sotto i nostri occhi: le nostre società sono ancora fondate sul dominio, sulla legge del più forte, sulla sottomissione e (se serve) sull’uccisione di chiunque abbia qualcosa che crediamo spetti a “noi” invece che a “loro”. Siamo di nuovo circondati da guerre locali ma violentissime, che da un momento all’altro rischiano di “allargarsi” a una sfera regionale e poi mondiale.
Nel frattempo abbiamo un enorme problema legato a come prendiamo le decisioni in merito: tra le popolazioni civili, infatti, la maggior parte delle persone è favorevole a ricercare innanzitutto il “cessate il fuoco”, come primo passo per capire come risolvere i problemi; i vertici istituzionali e militari dei paesi in cui queste maggioranze vivono (compresa l’Italia), invece, promuovono e praticano la guerra stessa come soluzione. Dolorosa e costosa, certo, ma necessaria (e inevitabile).
Vorrei ricordare solo che la guerra è quel meccanismo che propone l’eliminazione fisica dell’altro come risoluzione dei problemi di convivenza. Non è così difficile comprendere come mai, nonostante tutti i buoni propositi, i problemi non si risolvano praticamente mai. Anzi, ogni giorno la situazione sembra peggiorare.
Inoltre, ci sarà sempre qualcuno per cui “l’altro siamo noi” e che potrebbe volerci fare fuori. Si spiega in questo modo perché chi ammazza e usa la forza distruttiva lo fa praticamente sempre dicendo che sta semplicemente DIFENDENDOSI. Che sta difendendo la sua parte.
O come esseri umani, tutti, si scende da questa giostra, oppure, temo, di futuro ce ne sarà sempre meno.
Forse in un posto come l’Italia, che è fuori dall’epicentro dei principali conflitti, potremmo provare a inventare qualcosa di nuovo. Perché ok le manifestazioni di solidarietà, ok i cortei con le bandiere e le amplificazioni per gridare slogan quasi sempre tagliati con l'accetta. Manifestazioni che non voglio criticare. Per me vanno bene anche loro, colgo in molte persone il desiderio di fare qualcosa. Al contempo, temo che finché siamo in queste modalità, quando ci attiviamo senza aver prima trovato un momento per contattare il nostro dolore collettivo, siamo ancora sulla solita giostra.
Forse organizzare un momento pubblico diverso, non so, un appuntamento funebre, possibilmente SILENZIOSO in cui non ci sia nessun* che parla da sopra un palco ma stiamo tutt* allo stesso piano, senza camion, senza amplificazioni; un giorno in cui gli uffici pubblici e gli enti locali si mettono a lutto, le scuole si fermano in silenzio anche loro per qualche minuto. Tutto questo per ricordare e piangere TUTTE LE PERSONE morte nelle ultime settimane, sia quelle morte in Isr4ele per mano di Ham4s e soci, sia quelle morte sotto le bombe israel1ane nei giorni successivi. Chiedere a tutti i protagonisti di questa escalation, che hanno la possibilità di innescare e disinnescare le armi, quasi tutti maschi e quasi tutti al sicuro “nei loro fortini del potere”, di fermare il fuoco.
Quasi sicuramente non servirà ad ottenere nulla di concreto, perché credo che a questi uomini interessi ben poco di persone che li pregano di far tacere le armi, ma almeno avremo smesso di fare analisi e interpretazioni su chi è vittima e carnefice, su chi ha ragione e chi ha torto e per un giorno, almeno, avremo smesso di sventolare (mentalmente o fisicamente) qualunque bandiera nazionale, perché a mio avviso sono quelle bandiere una delle principali cause profonde di questo enorme cimitero in espansione.
E se non riusciamo a farlo in grande, con le istituzioni nazionali, facciamolo laddove abbiamo qualche amministrazione "amica", oppure facciamolo semplicemente tra cerchie ristrette di persone affini. Facciamo silenzio insieme e piangiamo queste morti. Abbiamo già evitato di farlo con i morti ucraini e russi. Prima avevamo evitato di farlo per i morti di covid.
Prendiamoci questo tempo di lutto, che a mio avviso ci aiuta a riconnetterci con la nostra comune umanità.
Quella che non si può rinchiudere in nessuna bandiera.
Urbano Grandier, Facebook
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arcobalengo · 2 years ago
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Abbiamo bisogno di pace, ma non a qualsiasi costo
Di Fabio Mini.
Non sono molte le occasioni offerte a un militare per esprimere opinioni sulle scelte politiche. E non è molta la disponibilità dei militari a discuterne. Esiste il forte pregiudizio che la politica debbano farla soltanto i politici e i militari debbano occuparsi solo di aerei e carri armati. Salvo poi “fare politica” con le armi, rendendo i servitori dello Stato servi d’interessi contrari alla Costituzione. Perciò ho sempre ritenuto che sia un dovere dei militari esprimere opinioni e giudizi anche su questioni sociali e politiche che riguardano la sicurezza dello Stato. E che sia un diritto e un dovere dei governi e dei legislatori ascoltare anche i loro pareri.
Oggi l’Europa è in guerra: sia perché la ospita entro i suoi confini geografici, sia perché partecipa attivamente con il sostegno politico, economico e militare a uno dei belligeranti. Il nostro Paese è in guerra e ne subisce le conseguenze con la prospettiva di doverne subire di peggiori. La guerra in tutte le sue forme sembra l’unica via d’uscita. Non la guerra metaforica, ma quella reale, materiale, cinetica come diciamo noi militari, che poi siamo chiamati ad affrontare. Si dice che occorre aiutare l’Ucraina a difendersi e che la difesa dell’Ucraina è la difesa dell’Europa. Che è una battaglia di civiltà e libertà. Ho molti dubbi in proposito e mi domando come mai non ci siamo preoccupati prima delle minacce alla libertà di quegli stessi ucraini quando erano soggetti a una guerra da parte del loro stesso governo. E come mai la preoccupazione della libertà dei popoli non si estenda ad altre popolazioni soggette alle guerre e alle repressioni.
La guerra in Ucraina è un obbligo nei confronti di un Paese aggredito: è vero, ma il ricorso alla forza deve essere approvato dal Consiglio di sicurezza dell’Onu e questo non c’è ancora stato. La Nato si sta solo difendendo: è vero ma per vent’anni ha condotto un attacco subdolo alla Russia e senza autorizzazione ha già attaccato uno stato sovrano membro delle Nazioni Unite. La guerra riguarda Russia e Ucraina: non è vero, riguarda Stati Uniti e Russia e soprattutto riguarda l’intera sicurezza europea. L’Ucraina nella Nato rafforzerà l’alleanza e porterà alla vittoria: non è vero, l’Ucraina è un Paese in guerra e l’inclusione nella Nato porterà al coinvolgimento diretto della Nato e quindi degli Stati Uniti nella guerra. Una clausola fondamentale del trattato atlantico stabilisce che i nuovi membri debbano contribuire alla sicurezza dell’Alleanza. L’Ucraina in guerra contribuirà alla sicurezza in peggio. Il sostegno all’Ucraina è imposto dalla Nato: è vero, ma le norme del trattato stabiliscono che le decisioni siano prese all’unanimità e questa non c’è. E quando ci dovesse essere sarebbe l’unanimità nella rinuncia a esprimere e far valere la sovranità dei Paesi membri. Si dice che la partecipazione alla guerra è un interesse nazionale che coincide con quello della Nato: non è vero, l’interesse nazionale di Paesi come l’Italia è la cooperazione, la competizione se si vuole, ma non il conflitto. Se la Nato, come ora, si schiera in guerra fa solo gli interessi di qualche Paese in particolare. L’Italia sta pensando agli interessi nella produzione di armi e nella ricostruzione post bellica dell’Ucraina: vero, il mondo intero sta pensando a questo e oggi occorre valutare quanta parte potrà avere nella ricostruzione. Riuscirà questa parte a compensare le perdite secche che ora stiamo subendo in materiali, economia e finanza? Abbiamo bisogno di pace: è vero, ma non a qualsiasi costo e nemmeno una pace temporanea che contenga, come tutti i trattati di pace, i semi del successivo conflitto.
Le scelte politiche di questo periodo sono importanti e una soluzione del conflitto è possibile sul piano politico-diplomatico come era possibile evitarlo del tutto o interromperlo in qualsiasi momento. Oggi è sempre più difficile negoziare e per farlo occorre rinunciare a qualcosa.
Non servono soltanto le rinunce della Russia e dell’Ucraina: serve un compromesso che salvaguardi la sicurezza europea. La politica deve rispolverare concezioni vecchie, ma collaudate. Per esempio, la de-militarizzazione del conflitto, come quando Iran e Iraq in guerra per dieci anni furono privati degli aiuti esterni; la smilitarizzazione di una fascia di sicurezza in Ucraina e Russia e la neutralità di quei Paesi avviati al conflitto come strumento per diminuire la percezione d’insicurezza dei vicini. Sono tutte cose che sembrano inefficaci e inattuabili e quindi sono state eliminate dalla visione politica orientata in un unico senso: la guerra. Occorre ribaltare l’approccio e considerarle possibili perché la soluzione militare sul campo non solo è impossibile, ma pericolosa qualunque essa sia.
Un’ultima riflessione: “Magari perderò voti, ma il mio programma di governo è: 1. Finire il conflitto in Donbass; 2. Parlare con i russi; 3. Neutralità ucraina”. Era il 2019 e il neoeletto presidente Zelensky lo dichiarò al Parlamento. Dall’estrema destra gli arrivò un avvertimento: “Non perderà solo voti”. E i comandanti delle milizie in Donbass gli dissero che finire lì e parlare coi russi sarebbe stato alto tradimento. Cambiò idea. Oggi, forse, con le stesse milizie decimate e con la guerra che va avanti solo con il supporto occidentale, si apre paradossalmente la via della demilitarizzazione agendo semplicemente sul sostegno esterno. E si apre la via per il ritorno alle intenzioni di quattro anni fa, con 200mila morti in più.
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danzameccanica · 9 years ago
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Gli Helheim sono forse la black metal band norvegese più rimasta in ombra, considerando che il debut è del 1995 e che hanno sfornato 11 album. La loro carriera non è però stata semplice; i primi due album, di culto, non godevano di buona distrubuzione e già da Blod & Ild i nostri si sono buttate su influenze death, su un black metal più brutale, digitale e via via sempre più dissonante. Questo lungo e poco fortunato processo metamorfico li ha praticamente spostati completamente dal folk, dal viking e da un certo tipo di epica. Il riscatto della band avviene circa al terzo cambio di logo, nel 2011 con Heiðindómr ok mótgang, anche se questo album è ancora molto incerto; è un disco progressive black metal, un po’ come fecero gli Enslaved con Mardraum e Monumension.
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Il vero passo in avanti verso la riappropriazione di certi temi e sonorità avviene nel 2015 con raunijaR. Chitarre acurtiche, cori norreni, corni, tamburi. Tutto il tribalismo e lo sciamanesimo che ci si aspetta da una band che da questo momento in poi diventerà forse la migliore per quanto riguarda l’unione fra black metal e sonorità scandinave. Dopo l’intro, che ci cala perfettamente all’interno di una baia (vik) norvegese con canti e preparazioni, gli Helheim partono per la guerra con il brano raunjiaR. Black metal corposo, melodico, dai lunghi riff (un po’ in stile the Shadowthrone). Synth, urla e corni, portano il climax piano piano sempre in modalità crescente. Le successive due tracce, "Åsgards Fall III e IV continuano un concept iniziato nel 2010 quando le sonorità della battaglia in oggetto erano molto più violente e belligeranti. Ora, a livello evocativo siamo alla caduta degli dèi; impossibile non pensare ad Hammerheart e a Twilight of the Gods: i cori accompagnano le lente chitarre nella narrazione di una guerra persa sulla terra ma vinta per entrare nel Valhalla. Le chitarre sono limpide, precise, e quando i brani prendono tonalità più oscure, si può quasi ascoltare l’eco dei Gorgoroth e dei Taake (nella seconda parte della propria vita gli Helheim si sono sempre più legati alla band di Høst). In questi due capitoli, perfettamente legati l’uno all’altro si sente come una band folk-viking possa diventare progressiva senza abbracciare il lato psichedelico che invece hanno preferito i cugini Enslaved. Anche la lunga conclusiva "Ord", con i continui duetti fra chitarre in ovedrive + chitarre acustiche e urla + cori descrivono un mondo del passato davvero affascinante. Gli Helheim si scoprono gli unici narratori autorevoli di una storia lontana che vede da sempre ondate di guerrieri andati e venuti, ai quali bisogna tessere lodi e dedicare storie.
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cinquecolonnemagazine · 8 months ago
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Oroscopo di Chirya: dal 29 Luglio al 4 Agosto 2024
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Oroscopo di Chirya: Cari tutti, eccoci alle previsioni per la prossima settimana da lunedì 29 Luglio a domenica 4 Agosto 2024, tante novità per i Pesci, passione per l'Ariete, i Toro sono in cerca d’amore, i Gemelli stanchi sono in pausa, il Sole è in Leone e spinge tutti a vivere pienamente l’estate. Mercurio in vergine ci vuole intelligenti e intuitivi, mentre Marte sostiene i segni d’aria, e li aiuta nelle scelte importanti, fra tutti spicca l'Acquario. Oroscopo di Chirya: uno sguardo segno per segno Ariete Cari Ariete, la settimana è interessata dalle comunicazioni familiari, dove il vostro fascino naturale vi aiuterà a dipanare vecchi rancori. Come sempre questo periodo dell’anno è dispendioso di energie, e voi non siete capaci di rallentare, molti faranno nuove amicizie, grazie alla simpatia che suscitate, potrete godere di grandi consensi, siate seri e non illudete chi è pronto a fidarsi di voi, per l’amore prendete l'iniziativa, siete irresistibili. Toro Oroscopo di Chirya: Cari Toro, il grande cruccio della settimana sono i sentimenti, sentite il peso di scelte passate da cui vorreste liberarvi, forte il bisogno di riflettere ed eliminare complicazioni che vi appesantiscono. Chi cerca l’amore, lo fa in modo guardingo, e ha paura di soffrire, il consiglio è di essere sempre molto chiari, non ruvidi, rispettate i pensieri altrui e tutto andrà bene. Per le questioni finanziarie il momento non è dei migliori, evitate speculazioni dubbie. Gemelli Cari Gemelli, la settimana è caratterizzata da possibili dissapori in famiglia, problematiche che si sono ingigantite nel tempo, dovrebbero essere riviste e risolte, soprattutto per la vostra pace. Mercurio in Vergine non vi aiuta nella comunicazione, anzi siete piuttosto insofferenti, e Marte congiunto a Giove nel segno, vi rende belligeranti e combattivi, non rischiate di perdere il consenso di collaboratori e amici per un atteggiamento oltremodo intransigente. Cancro Oroscopo di Chirya: Cari Cancro, la settimana è all’insegna delle nuove conoscenze, interessati al vostro benessere desiderate prendervi cura di voi, il consiglio è rallentare e godervi la compagnia di chi amate. Le vostre armi migliori sono la gentilezza e la pazienza, allora usatele sempre e con tutti, potrete instaurare relazioni interpersonali emotivamente positive che vi daranno una marcia in più per tutte le vacanze in compagnia delle persone che amate. Leone Cari Leone, ottima la settimana, tante le emozioni, positive, per non perdere nulla, fate progetti, organizzate il futuro di tutto punto ed esprimete i vostri sentimenti, a chi vi fa battere il cuore. Le energie da spendere sono tante, tuttavia evitate di mettere a rischio il vostro benessere psico-fisico, e dedicate più tempo al riposo. Non ascolterete questo consiglio, il periodo del Sole nel vostro segno è sempre un periodo che vi vede oltre, negli impegni, nelle relazioni, e nelle feste.  Vergine Cari Vergine, la settimana è divisa in due parti, bella la prima, la seconda vi vede impegnati in piccoli litigi e qualche incomprensione da cui non riuscirete a districarvi. Mostrarsi più comprensivi e dare sostegno a chi ve lo chiede sarà un modo per passare il tempo e defluire qualche malumore passeggero.   Date retta a Mercurio favorevole nel segno che vi dona tutta la razionalità di cui avete bisogno per affrontare la settimana, potreste risentire di una stanchezza fisica, riposate.  Bilancia Cari Bilancia, la settimana è positiva, e vi sentirete anche carichi, ma avvertirete comunque uno strisciante malessere, in cui avrete bisogno di ritagliarvi degli spazi personali, soprattutto mentali. La settimana vi vede impegnati nella costituzione di un equilibrio personale che non svanisca con le prime piogge, Sole e Venere vi sostengono e Marte vi dona coraggio ed entusiasmo, nella definizione di una opportunità professionale a cui tenete molto. Scorpione Cari Scorpione, la settimana vi vede determinati a divertirvi in modo sfrenato, anche se sentirete quella sottile insoddisfazione che ogni tanto serpeggia e vi rende di malumore, non sarete disposti ad arrendervi e allora giù con la festa, ecco questo è l’atteggiamento che avrete. Mercurio in sestile vi rende arguti con il pensiero e la parola, e riuscirete a superare la settimana indenni, voi però non esagerate con le stranezze. Sagittario Cari Sagittario, la settimana è positiva se vi limitate alle serate tra amici, a ballare, a chiacchiere di tutto ma mai d’amore, le cose di cuore non funzionano, anche in famiglia evitate di evidenziare troppo il vostro pensiero che non verrà accolto per quello che è, un consiglio, ma visto come una provocazione. Marte e Giove in Gemelli vi rendono irascibili, a torto o a ragione, e la diplomazia, mai stata il vostro forte, manca del tutto. Capricorno Cari Capricorno, la settimana è serena, dopo le opposizioni passate, finalmente Mercurio positivo vi dona sensibilità e tante emozioni che vi rendono il tempo positivo e tranquillo. Riuscirete a riorganizzare gli spazi, i progetti andati in frantumi, recuperare fiducia, prendetevi cura di voi, sia sul lavoro, che nella vita affettiva, meravigliando chi vi sta accanto con la vostra tenerezza, e la dimostrazione di affetto, per voi inusitata, aspettatevi una bella novità. Acquario Oroscopo di Chirya: Cari Acquario, settimana di forte tenerezza nella vita sentimentale, i pianeti in Gemelli vi rendono meno spigolosi e determinati a vivere pienamente questa estate, con tutto quello che vi può offrire, storie al limite, serate infuocate e nuovi amori, il tutto con lucida progettualità. Volete vivere fuori dagli schemi e il vostro pensiero va verso tutto ciò che risulta essere originale. Tutto va bene anche sul lavoro, dove vivrete di rendita per quanto avete già fatto. Possibili incontri con persone del passato. Pesci Cari Pesci, la settimana vi vede coraggiosi, e volenterosi a consolidare i legami affettivi, volete amare ed essere amati alla luce del Sole, pensarvi di qualcuno e amare qualcuno in maniera seria e perché no, regolarizzare la vostra intesa. Finalmente riceverete quella notizia o quell’occasione che vi darà ragione, che avete scommesso su voi stessi e avete vinto. Anche la forma fisica, che per voi risente dell’umore, va alla grande, forti di un equilibrio duramente conquistato. Read the full article
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valeriozannoni · 9 months ago
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pettirosso1959 · 10 months ago
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L’AGRICOLTURA BIO-ILLOGICA FA DIVENTARE GREN (DI BILE)!
Una delle follie green mira a ridurre le coltivazioni con una motivazione che esprime tutta l’inflessibilità dell’utopia green a discapito del buon senso e della realtà: “fermiamo i trattori nelle campagne”! Non per dare più produttività ai terreni come sospensione annuale nell’ambito di un ciclo di rotazioni pluriennali, ma permanentemente (venti anni di sospensione!), per contenere le emissioni di CO2 prodotte dalle lavorazioni agricole. Come? Beh, gli “esperti” della transizione green hanno le idee chiare: l’Europa può pagare gli agricoltori per smettere di coltivare i campi e consentire alle multinazionali green di “seminare” campi di moduli FV (fotovoltaici) o torri eoliche!. O forse anche in allevamenti di grilli. E convertire le stalle per vitelli in stalle sintetiche, cioè laboratori asettici dove si possono clonare e assemblare tessuti animali destinati alle catene McDonald’s.
Vogliono che, oltre a rispettare misure sempre più asfissianti per contenere le insostenibili emissioni ad effetto serra, si utilizzino solo vetture elettriche, ma spostandoci a 30 km/h, che non mangi più carne e non si coltivi troppo la terra, ma inviano centinaia di miliardi (di € o $ fa poca differenza) a un comico per sostenere la guerra in Ucraina e, forse, per scatenarla anche in altri Stati, come se le emissioni dei missili, delle bombe, degli esplosivi, delle forniture belliche (o anche solo delle esercitazioni militari della Nato o dei loro caccia che sempre più solcano i cieli, anche in territori non belligeranti) siano salutari per l’ambiente.
Pensate che sia più pericoloso un innalzamento della temperatura del nostro Pianeta di 1,5 °C nel 2050 o una guerra mondiale nucleare?
In un articolo di una decina di anni fa de Il Sole 24 Ore intitolato (vado a memoria) “Mercanteggiando alla Borsa del clima” si illustrava un meccanismo finanziario di “riciclaggio” della CO2 “sporca”, analogo a quello mafioso del denaro “sporco”, cioè una tecnica subdola che consente di ripulire un’immagine aziendale davanti agli eco-burocrati o agli eco-attivisti emettendo ancora più gas ad effetto serra) tramite l’acquisto sul mercato di crediti di carbonio (i certificati verdi) da aziende considerate virtuose. In sostanza, ci sono aziende che sforano i tetti imposti dalle leggi per le emissioni di CO2 e, per continuare ad operare inquinando più di prima. Oltretutto le certificazioni sono controllate da enti privati e gestite a vantaggio di multinazionali, oligarchi e speculatori di ogni risma. Per esempio, l’azienda Tesla, che produce veicoli elettrici ed è considerata modello da seguire in tema di sostenibilità industriale, viene ricompensata con crediti green di valore spropositato, che vengono poi messi all’asta, magari per sostenere l’avvio di centrali alimentate con carburanti fossili (https://www.motorisumotori.it/tesla-ha-guadagnato-oltre-9-miliardi-di-dollari-dalla-vendita-di-crediti-green-alle-rivali/140678).
In questo squallido ed opaco mercato, chi è amico dei potenti che lo gestiscono può ammantarsi della patente di rispettoso dell’ambiente pur permettendosi iniziative ciniche e sfrontate, che di verde hanno ben poco come lo sfratto degli indigeni dalla foresta keniota venduta (Eh, si: leggere per credere!), dove emerge che la presunta tutela dell’ambiente non è a vantaggio delle persone o delle generazioni presenti o future, ma è finalizzata a beneficio… dell’ambiente. Eh, sì: leggere l’articolo per credere! Riassumendo l’articolo, abbiamo due multinazionali che, per rifarsi una verginità eco-green-sostenibile (o, in altri termini, per agevolare una transizione da nero a verde, perché loro si percepiscono così), ‘pretendono di sviluppare progetti green sottraendo la terra a chi ci vive da sempre’. Cioè, vogliono riqualificare quel territorio africano con una riforestazione che spazzi via non solo le capanne ma anche un intero popolo, sfrattato perché è di troppo. Gli alberi acchiappa-carbonio vengono prima delle persone. Eppure quelle persone, che hanno a cuore le loro terre ben più che i filantropi occidentali, come rileva l’articolo ‘non tagliano gli alberi ma li salvaguardano con saggezza e amore’ mantenendo inalterato l’ecosistema come è sempre stato da secoli e secoli.
Tutte queste situazioni traggono origine da una scellerata e indimostrata teoria che ossessivamente batte lo stesso tasto arrivando sempre alle stesse conclusioni: troppe variazioni climatiche (come se il tempo dovesse obbedire alle nostre necessità o non fosse mai cambiato bruscamente in passato), troppa CO2 e, infine, tutta colpa di troppe persone che la producono. La fissazione di chi ci manovra sta proprio qui: il problema non è l’eccesso di anidride carbonica, ma l’eccesso di persone. E l’eugenetica, la limitazione dell’uomo (neo-malthusianesimo) o il superamento dei suoi limiti (transumanesimo) sono le soluzioni.
Sempre più persone sono consapevoli della disumanità di certa ideologia green e sanno che la verità è ben altra. Ma non basta sapere: occorre soprattutto far sapere.
Se la propaganda di oggi insiste nel seguire gli insegnamenti di Goebbels per addomesticare l’opinione pubblica, anche chi si oppone, pur svantaggiato nella cassa di risonanza, può utilizzare la stessa strategia. Prendi una verità, una di quelle soffocate, censurate ovvero spacciate come menzogna. Ripetila cento, mille, centomila volte: diventerà una falsa menzogna. Cioè ridiventerà una verità, ripulita da ogni mistificazione.
Ma chi sta dalla parte della verità ha un grande vantaggio. La verità prima o poi si afferma. La menzogna è buio che cerca di coprire la luce. Ma la luce è più forte: bastano pochi raggi a sconfiggere la marea di buio che avvolge una stanza. La menzogna non può chiudere tutti i varchi dai quali può penetrare la verità.
Professor Domenico Salimbeni.
E poi, come dice Simenon nel romanzo “Maigret ha un dubbio” la verità è come il profumo del mare: lo si respira ancor prima di vederlo.
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clearlyangrylove · 1 year ago
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Una narrazione diversa
Tanti anni fa, almeno 40, mio fratello Carlo aveva iniziato con altri l’Archivio Disarmo.
Mi raccontò l’incontro con un alto ufficiale NATO, che aveva partecipato ad una simulazione di guerra con la Russia: secondo quella simulazione “noi” vincevamo, ma l’ Europa intera veniva distrutta. Pare che i capi di allora prendessero in esame la cosa con un certo interesse, dopo di che l’ufficiale in questione si era sottratto ed aveva aderito anche all’archivio disarmo.
Questo è un ricordo, qualcosa legato ai discorsi con mio fratello, che erano spesso incentrati sul comprendere la situazione in cui viviamo e cercare dei modi per arginare il disastro che vedevamo profilarsi, a contrasto con le speranze e la volontà dei popoli.
Quando ora leggo le dichiarazioni insane di belligeranti idioti che se la prendono con un artista per una foto con Putin o per un murales a Mariupol, e si dimenticano di quando loro parlavano tanto bene di Putin come statista efficiente, e gli piaceva, finché non è arrivato il contrordine compagni, mi chiedo se quella simulazione non fosse il preludio, lento, ma inesorabile, a qualcosa che ora ci stanno preparando. Stiamo pagando già tutti i giorni a causa di una guerra per procura in cui non siamo capaci nemmeno di sottrarci dal ridicolo di cancellare un balletto o di chiudere un corso su uno scrittore di fine ottocento, che di sicuro non ha nulla a che vedere con la situazione attuale . Ma già, ora accettiamo che vengano consegnate le liste dei “putiniani” d’Italia da silenziare. Sembra di essere in uno stupido videogioco violento, che ignora la realtà quotidiana, ma prosegue su cammini dissociati e ci lascia attoniti e con pochissimi spazi di manovra per riuscire a fermare il disastro.
Leggo in questi giorni che si stanno diffondendo negli USA racconti ed informazioni sul missile russo più veloce, impossibile da localizzare e fermare, e che dalle file dell’esercito vengono le voci più critiche ai venti di guerra: può essere che nemmeno quella simulazione catastrofica sia oggi attendibile, perché quest’ arma è non fermabile, non catturabile. Certo, potrebbero anche esserci errori di valutazione e sbavature, ma non mi pare sensato avviare una guerra sperando negli errori dell’altro!
Forse bisogna cambiare nel profondo stile e mentalità, bisogna cambiare di prospettiva, distruggere dentro di noi il colonialismo del pensiero che ci fa credere che gli altri popoli sono al nostro servizio,e se no a questo vanno piegati, e che il mondo “giusto” ha solamente il nostro volto.
C’è un lavoro preciso da fare, per decostruire il pensiero ed i punti di vista, e credo che dobbiamo sorvegliare anche le nostre parole, le nostre affermazioni, le cose che chiediamo, perché siamo in un momento davvero tragico, e ogni nostra rivendicazione di un diritto parziale può risolversi in una conferma dello status quo, del patriarcato e del colonialismo imperante.
Mi sembra evidente che dobbiamo procedere per momenti e per gradi, ma senza distrarci o lasciarci abbindolare. Dobbiamo cominciare a cercar di creare una narrazione diversa delle relazioni e della vita. Per esempio di fronte a governanti che ignorano il volere popolare e fanno quello che ritengono una volta saliti al potere, potremmo cominciare a parlare del “comandare domandando” zapatista, e di fronte alla indifferenza verso i morti a Gaza, mentre la mattanza continua, dovremmo cominciare a parlare di importanza di ogni vita umana, e del dovere di proteggere le persone e i bambini di ogni lato, cominciare a decostruire la narrazione per cui Israele comunque si deve difendere. Trump ha dichiarato che questa situazione va risolta, ok, lui intendeva dire che va bene la mattanza fino ad occupare Gaza ed espellere i palestinesi, però noi dovremmo proporre altre soluzioni, che non sono certamente i “due popoli due stati” impraticabile sul terreno e sempre forirera di conflitto con uno stato che ocucpa un territorio non suo, ma di una visione di insieme di scambio e armonia, di riconoscimento e restituzione, di lavoro comune per trovare modi accettabili di pace vera. Già il fatto che mi senta in dovere di aggiungere un aggettivo a pace mi suona come un campanello d’allarme: oramai siamo ad un abuso delle parole per dire il contrario, e quindi bisogna ripulire persino le parole, darci precisione e certezze, non accettare i discorsi correnti senza decodificarli, ne accettare slogan al momento significativi, ma che possono rivelarsi distruttivi.
Uno di questi è il diritto di Israele a difendersi, che permette a qualcuno dei suoi di affermare che tutti i bambini sopra i 4 anni, tutti i palestinesi dai 4 anni in poi, sono complici di Hamas e quindi possono essere affamati, uccisi, distrutti… Ma Israele non ha nemmeno il diritto di esistere, se la sua esistenza è causa della distruzione della Palestina, è inaccettabile anche a molti ebrei non sionisti l’idea di uno stato di tipo religioso, ed essi rifiutano fermamente questa identificazione. Nessuno ha diritto di costituirsi sulle spalle e sulla casa degli altri popoli. Certo storicamente molti anche dei nostri attuali stati sono nati dalle guerre e dalla commistione di popoli, ma se noi rivendichiamo una civiltà più alta, più matura, dovremmo ora trovare altre soluzioni che non siano occupazione, esproprio distruzione, cancellazione.
E quindi, innanzi tutto ISRAELE VA FERMATO vanno aperti i varchi, gli aiuti devono entrare in modo sicuro, e poi, raggiunto un minimo di equilibrio, si può mettersi a lavorare per ricostruire un immaginario diverso, di libertà e di giustizia.
E non venitemi a dire che anche Hamas va fermato, perché Hamas è l’esito della occupazione, della reprssione e della violenza, e quindi l’unico modo di fermare Hamas è ridare vita e libertà ai palestinesi.
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aitan · 2 days ago
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DISARMO, NON RIARMO!
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crazy-so-na-sega · 8 months ago
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Non ho avuto simpatie per nessuno dei belligeranti. Così ho preso la mia bicicletta e ho percorso la Francia. Era una straordinaria sensazione di libertà.
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-Jean Raspeil
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L'appello del Papa: "Preghiamo per i conflitti in Ucraina, Palestina, Africa"
“Sono passati ormai 10 mesi dallo scoppio del conflitto armato in Sudan che ha provocato una gravissima situazione umanitaria. Chiedo di nuovo alle parti belligeranti di fermare questa guerra che fa tanto male alla gente e al futuro del Paese. Preghiamo perché si trovino presto vie di pace per costruire l’avvenire del caro Sudan”. Il Papa all’Angelus ha lanciato un appello per il Sudan e il…
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lettieriletti · 1 year ago
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Come Sopravvivere nell’Era Sengoku 1
In un fatidico giorno, una ragazza si ritrova nell’Era Sengoku, l’epoca degli Stati Belligeranti. Questa ragazza non ha il potere di cambiare il mondo. È solo una comune, ordinaria, tranquilla ragazza, una di quelle che potreste incontrare ovunque. Quindi c’è una sola cosa che può fare: sopravvivere. Sopravvivere all’era Sengoku.
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ms-boogie-man · 4 months ago
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☦︎17TolucaLake☦︎
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Dear Democratic Communist, it's too late to patch it up now, these are the ones you wanted with force, just to satisfy your business, but remember that when they have you in front of them it's useless to shout that you're a Communist, they only see the Italian to be laid out.
Angie:
La sinistra mangia i suoi L'estrema sinistra, in particolare gli antifa e altri marxisti, sono animale nocivo… niente altro che piccoli nemici della libertà violenti, belligeranti, tossici e corrosivi, pagati dai globalisti. Togliete i soldi e se ne andranno tutti a casa; non otterrete nemmeno una rissa da loro.
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The Left Eats Its Own The far left, especially antifa and other Marxists, are vermin… nothing but violent, belligerent, toxic, corrosive little enemies of freedom, paid by the globalists. Take away their money and they all go home; you won't even get a fight out of them.
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amicidomenicani · 2 years ago
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Quesito Caro Padre Angelo, Le volevo chiedere come mai il Catechismo per i non credenti del Padre Sertillanges viene chiamato in tal modo? Ne ho letto un piccolissimo stralcio che ha riportato lei nella sua rubrica, e mi è piaciuto molto. Trattava del giudizio particolare. Molto bello il modo "realistico e convincente" con cui ne parla.  Di cosa parla nel resto del libro? È tutto così fatto in modo realistico? Se sì, lo prendo di sicuro! Grazie, la ringrazio. Risposta del sacerdote Carissimo, 1. prima di dare una visione d'insieme del Catechismo per i non credenti, penso che sia opportuno un breve profilo biografico dell’autore. Antonin-Gilbert Sertillanges nacque a Clermont Ferrand, Francia, nel 1863. Ricevuta la prima educazione dai Fratelli delle scuole cristiane incontrò per la prima volta l'ordine di San Domenico nella persona del padre Ollivier, che stava predicando in quella città. Entrò nell'ordine domenicano l'8 settembre 1883 in Spagna, a motivo delle ripetute soppressioni degli ordini religiosi da parte dei vari regimi politici francesi. Gli fu dato il nome di Fra Antonin Dalmace.  Inviato poi in Corsica nel convento di Corbara per frequentare gli studi filosofici e teologici propri dell’Ordine, ebbe come insegnanti due giovani grandi domenicani: i padri Ambroise Gardeil e Pierre-Felix Mandonnet. Sertilllanges in questo periodo della sua formazione rimase affascinato dalla dottrina di San Tommaso e dal suo potere di persuasione. Iniziò subito dopo l'ordinazione sacerdotale avvenuta nel 1888 la sua attività di insegnamento in varie istituzioni dell'Ordine e della Chiesa. Nello stesso tempo si affermò anche per le sue doti di predicatore. 2. In una sua famosa predica, fatta alla presenza del cardinale Amette, arcivescovo di Parigi e ad una folla di ascoltatori, mosse alcune critiche alla Nota per i popoli belligeranti del 1 agosto 1917 di Benedetto XV, che ai francesi sembrava filo austriaca. Il cardinale e tutta la folla erano consenzienti con il pronunciamento del padre Sertillanges.  Ma a Roma quell'intervento fu sgradito. Il cardinale ebbe da soffrire e al padre Sertillanges fu tolta la predicazione. 3. “Il cardinale Gasparri, segretario di Stato, chiese per padre Sertillanges le pene più severe. Alla fine le autorità romane accettarono di aspettare la conclusione della guerra. Terminata questa, Gasparri dichiarò al rettore dell’Institut Catholique: “Si deve scegliere la prima occasione favorevole per allontanare il padre Sertillanges dall'Institut Catholique, anche se dovessimo attendere ancora uno o due anni per non irritare l'opinione pubblica”. I cardinali Bisleti, Billot, Mary del Val furono dello stesso parere. Invidiato per i suoi successi come insegnante, denigrato nella sua vita privata (a motivo delle ripetute soppressione viveva in un appartamento ritenuto da alcuni troppo di lusso, n.d.r.), condannato da Roma per il suo patriottismo troppo entusiasta, nel 1922 fu sollevato dalla sua cattedra dopo la morte del cardinale Amette (1920) e quella di Benedetto XV (1922).  Esiliato innanzitutto a Gerusalemme... ritornò in Europa in un convento domenicano olandese e successivamente in Belgio. Nel 1939, l'intervento del Maestro dell’ordine, M.-S. Gillet, presso Pio XII mise fine all'esilio del padre Sertillanges. Questi aveva accettato la sua prova con pazienza e senza mormorazione, ma non senza grandi sofferenze morali. Ritornò a Parigi anziano e fisicamente provato per dedicarsi con tutte le sue forze a un apostolato intellettuale fondato sulla predicazione e a un apologetica atomista in dialogo con la cultura moderna” (A. Laffay, Presentazione del Catechismo dei non credenti, pp. 8-9). Il 26 luglio 1948 morì all'età di 85 anni. 4. Nel Catechismo il padre Sertillanges riprende i temi affrontati in varie opere da lui scritte. Ma “rispetto a queste opere il Catechismo offre il vantaggio di usare la forma semplice e pedagogica del
confronto fatto con domande e risposte. Un anonimo, un uomo di buona volontà, il non credente del titolo dell’opera, pone le domande e il padre Sertillanges risponde senza eludere le difficoltà. Tutto ciò potrebbe sembrare artificiale: tuttavia il dialogo è ben riuscito. Due aspetti concorrono a ciò: in primo luogo le domande poste sono delle vere domande, a cominciare dalla prima: si è obbligati a informarsi circa l'esistenza di Dio? Poi, Sertillanges non schiva le difficoltà e mette sulla bocca del suo interlocutore non solo delle questioni ma anche delle obiezioni ai suoi concetti. Invitato a recitare il Padre nostro prima di tutta la discussione, il non credente obietta che non può ancora pregare così” (Ib., p.12). 5. “Allora - dice il padre. - dì quest'altra preghiera: il Padre nostro del non credente. Padre nostro, se esisti, non oso rivolgermi a te. Se esisti, il tuo nome è Santo; sia santificato. Se esisti, il tuo regno è l'ordine, e anche il tuo splendore: venga il tuo regno. Se esisti, la tua volontà è la legge dei mondi e quella delle anime: sia fatta la tua volontà in tutti noi e in ogni cosa, sulla terra come in cielo. Dacci, se esisti il nostro pane quotidiano, il pane della verità, il pane della sapienza, il pane della gioia, il pane sopra sostanziale che viene promesso a chi può riconoscerlo. Se esisti, ho commesso dei grandi peccati nei tuoi confronti: degnati di perdonarmi i miei peccati, come io stesso perdono di cuore a coloro che sono in debito con me. Per il futuro, non abbandonarmi alla tentazione, ma liberami da ogni male” (Catechismo per i non credenti, p. 19). 6. “Per realizzare una vera sintesi dogmatica, l'autore ha seguito molto da vicino l'ordine che San Tommaso offre nella prima parte e nella terza parte della Somma teologica. La parte centrale dell'opera dell'Aquinate, cioè la questione dell'agire cristiano, la morale, è la più trascurata. Il proposito di Sertillanges è chiaro: il cristianesimo non è una morale, un modo di vivere, è un coinvolgimento di tutto l'essere che esige il consenso dell'intelligenza e della volontà. L'uomo conformerà il proprio agire alla morale evangelica solo se avrà precedentemente aderito alla fede cristiana.  In quest'opera si tratta proprio di questa condizione preliminare” (Ib., p. 13). 7. Il presentatore di quest'ultima edizione del Catechismo per i non credenti, A. Laffay, rileva alcune lacune: “La persona di Gesù Cristo sembra poco presente; la Sacra Scrittura è poco citata; abbonda di riferimenti ad autori moderni. Questo non mette direttamente l'interlocutore davanti alla croce, al mistero di Cristo, né invoca direttamente l'uso della Scrittura. Anzi esso suppone di mettersi sullo stesso piano dell'interlocutore con la certezza - fondata sulla ragione - che né l'uomo né il mondo potrebbe esistere se Dio non ci fosse” (Ib., p.13). Ma non va dimenticato che si tratta di un'opera apologetica, persuasiva e convincente per i non credenti e non soltanto per coloro che già aderiscono a Cristo. 8. In ultima di copertina, presso le edizioni studio domenicano di Bologna, si legge: “Questa singolare catechismo è un dialogo serrato e appassionante tra un credente e un non credente circa i fondamenti razionali e storici della fede cristiana.. Ecco i temi principali: esistenza di Dio; la provvidenza; il mistero della trinità e della creazione; del peccato originale e dell'incarnazione, della salvezza e della grazia; la chiesa; i sacramenti; la morte e l'immortalità; il giudizio; l'inferno, il paradiso e il purgatorio.  Anche i problemi più ardui e spinosi sono affrontati con grande chiarezza e in modo schietto”. Ti ringrazio di avermi offerto l’occasione di presentare questa grande figura e anche uno dei suoi più fortunati scritti. Ti benedico e ti ricordo nella preghiera.  Padre Angelo
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