#atmosfere anni Cinquanta
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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Il furto della Divina Commedia di Dario Crapanzano: Un giallo nella Milano degli anni '50 con l'ispettore Fausto Lorenzi. Recensione di Alessandria today
Dario Crapanzano ci trasporta nella Milano vintage degli anni '50 con un giallo intrigante e un nuovo, affascinante investigatore.
Dario Crapanzano ci trasporta nella Milano vintage degli anni ’50 con un giallo intrigante e un nuovo, affascinante investigatore. “Il furto della Divina Commedia” di Dario Crapanzano è un romanzo che ci riporta nella Milano degli anni Cinquanta, un’epoca in cui il mistero e il fascino delle vecchie librerie, dei cinema fumosi e degli antichi vicoli milanesi offrono lo sfondo perfetto per un…
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carmenvicinanza · 5 months ago
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Nichelle Nichols
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Nichelle Nichols è l’attrice passata alla storia per aver interpretato la tenente Uhura in Star Trek.
Una delle prime donne nere a ottenere un ruolo da protagonista in una serie famosa è stata anche la prima attrice a girare una scena di un bacio interrazziale, nel 1968, con William Shatner che interpretava il capitano Kirk.
Il personaggio interpretato, in un ruolo di primo piano e di comando, accanto a maschi bianchi, è stato di incoraggiamento e ispirazione per tante donne che non si erano mai viste rappresentate in questo modo.
Tra i suoi ammiratori c’era stato Martin Luther King che era intervenuto personalmente per convincerla a non abbandonare la parte dopo la prima stagione, ritenendola fondamentale per la rappresentazione delle persone afroamericane sullo schermo. 
Nacque col nome di Grace Dell Nichols a Robbins, un sobborgo di Chicago, il 28 dicembre 1932, da Lishia Parks e Samuel Earl Nichols, operaio e futuro sindaco della città dell’Illinois.
Aveva esordito, negli anni Cinquanta come attrice e ballerina. Dopo diversi ruoli a teatro, al cinema e come cantante nelle orchestre di Duke Ellington e Lionel Hampton, aveva recitato in un episodio della serie televisiva The Lieutenant, incentrato sulla discriminazione razziale e mai trasmesso in televisione perché considerato controverso.
È stata protagonista di diversi musical e occasionalmente anche modella.
Dopo l’enorme successo di Star Trek, andato in onda dal 1966 al 1969, denunciando la mancanza di donne e persone di colore in campo aerospaziale, aveva deciso di collaborare in maniera volontaria in un progetto speciale con la NASA per reclutare personale. Un impegno durato dal 1977 al 2015, gestito insieme alla società Women in Motion che ha portato all’arruolamento di centinaia di persone e contribuito a formare celebri carriere come quelle di Sally Ride e Mae Jemison, prima afroamericana a viaggiare nello spazio.
Entusiasta sostenitrice dell’esplorazione spaziale, è stata nel consiglio di amministrazione del National Space Institute (oggi National Space Society), organizzazione educativa per la difesa dello spazio.
Nel 1992 le è stata assegnata una stella sulla Hollywood Walk of Fame.
Nel 1994 ha pubblicato la sua autobiografia, Beyond Uhura: Star Trek and Other Memories.
Ha partecipato a numerosi film e serie tv come attrice, doppiatrice, produttrice e coreografa, oltre agli spin off cinematografici della serie che le aveva portato fama mondiale.
Ha pubblicato anche due dischi Down to Earth, nel 1967 e Out of This World, nel 1991.
Nel 2007, in Heroes ha interpretato Nana Dawson, la matriarca di una famiglia di New Orleans devastata dall’uragano Katrina. L’anno successivo ha recitato nel film The Torturer, seguito da The Cabonauts, una commedia musicale di fantascienza.
Nel 2015, ha volato a bordo dello Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy, un Boeing 747 modificato per osservazioni astronomiche condotte, che analizzava le atmosfere di Marte e Saturno in una missione ad alta quota.
Ha ricevuto la sua prima nomination agli Emmy per il suo ruolo in The Young and the Restless nel 2017.
Dopo un ictus che ne aveva rallentato gli impegni, nel 2018 le è stata diagnosticata la sindrome di demenza senile.
Si è spenta a Silver City, il 30 luglio 2022, aveva 89 anni.
Vincitrice di numerosi premi internazionali, ha ricevuto anche una laurea ad honorem dal Los Angeles Mission College ed è stata la prima donna a ricevere il Life Career Award, dall’Academy of Science Fiction, Fantasy and Horror Films, nel 2016. 
A lei è stato anche dedicato l’asteroide 68410 Nichols.
La sua vita e l’impegno per lo spazio sono stati protagonisti del documentario Woman in Motion.
La sua autorità sullo schermo in un mondo alternativo e futuro, ha esercitato un’enorme influenza in un momento storico in cui la popolazione afroamericana stava combattendo per i diritti civili.
Grazie al suo attivismo ha aiutato la NASA ad abbracciare la diversità, contribuendo a cambiare le esplorazioni spaziali.
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unisvers · 2 years ago
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#ISOLATION PORTRAIT from vittorio e.pisu on Vimeo.
Fondazione per l'arte Bartoli Felter Temporary Storing - Contemporary Art presenta Isolation Portrait Chris Pig a cura di Roberta Vanali dal 29 giugno al 14 luglio 2023 VIA XXIX Novembre 3/5 Cagliari
Il nostro mondo personale, lo spazio, le abitudini sono stati capovolti e i valori sono cambiati. I sentimenti sono stati ritrovati e la solitudine ha dato una visione di noi stessi, delle nostre paure interiori e della nostra forza. Sono le parole di Chris Pig in merito a “Isolation Portrait”, progetto nato a Londra tra marzo e luglio del 2020, ovvero nella prima fase dell'epoca pandemica. Sotto la lente d'ingrandimento il fenomeno della lotta alla sopravvivenza, primo passo seguito da un impatto disastroso sull'economia globale e da gravi ricadute psicologiche, attraverso immagini a se stanti, composizioni di grande originalità dall'impronta surrealista con un'attenzione ai minimi dettagli, rigorosamente studiati per concepire una realtà fittizia. Al principio tutto era confuso, straniante, come in Purple Haze, cronologicamente primo ritratto del progetto, espressione dell'individuo inerme in balia di un evento oscuro, seguito da Caged, dimensione inquietante, al limite dell'immaginazione, della nostra casa intesa come una gabbia che confluisce in una sorta di adattamento forzato finalizzato alla salvezza. Ed ecco che nascono Light at the end of the tunnel, ovvero la vita senza più colori e Double check, il ricordo della verità allo specchio, l'ultimo sguardo prima di uscire quando ancora era permesso. E se Point of View mira a svelare l'umanità in balia di teorie complottiste e fake news divulgate dai social, The Healer santifica medici e infermieri in prima linea ad affrontare una crisi senza precedenti. A “Isolation Portrait” ho voluto accostare alcune opere tratte dalla serie “Homage”, work in progress che potrebbe protrarsi all'infinito dove l'artista rende omaggio a personaggi che hanno avuto particolare impatto sulla sua vita come Ester Williams, nuotatrice e diva di Hollywood, il fotografo Samuel Fosso, la scrittrice Barbara Cartland e la bellissima regina egizia Nefertiti. Con sguardo critico e analitico, Chris Pig crea finzione muovendo dalla realtà. Costruisce veri e propri set, dove ogni abito, ogni accessorio e ogni sfondo, impreziosito da stoffe vintage rigorosamente recuperate, diventano complementari e come un puzzle danno luogo ad una immagine ben articolata dove tutto è studiato per persuadere. Ogni personaggio col suo travestimento recita un ruolo ben preciso assumendo una connotazione spesso grottesca. La pungente ironia documenta le contraddizioni della società contemporanea con un approccio che deriva dall'umorismo prettamente britannico di Martin Parr, mentre da Cindy Sherman attinge la tendenza a rievocare l'immaginario collettivo del cinema hollywoodiano anni Cinquanta privo di citazioni dirette e da David LaChapelle l'impronta glamour e la costruzione teatrale delle scene. In bilico tra artificio e realtà restituisce una visione dell'estetica pop che si consuma con l'uso contrastato del colore, saturo e sgargiante suggerendo atmosfere oniriche e disturbanti capaci di catturare lo sguardo. Immediatamente riconoscibili, le opere di Chris Pig posseggono un'intensità di fondo che è il risultato di grande competenza tecnica e capacità di analisi critica, presupposti per una cifra stilistica in grado di destabilizzare e sedurre lo spettatore stimolandone la riflessione. Roberta Vanali
Chris Pig è una fotografa italiana con base a Londra dai primi anni '90. Crescere intorno alle macchine fotografiche ha avuto un profondo effetto su di lei ed è per questo che l'uso della fotografia è seconda natura per esprimere le sue opinioni e le sue frustrazioni. Avere un approccio ironico alla vita insieme alla capacità di diffondere qualsiasi situazione accesa con un sorriso o uno scherzo, un buon senso dell'umorismo è molto importante per lei. È stata influenzata dai film degli anni '40 e '50 e dall'epoca d'oro del cinema hollywoodiano, con i suoi bellissimi costumi e le sue dive. Avendo un background nella moda e nella sartoria, realizza la maggior parte dei costumi o procura lei stessa i vestiti vintage insieme agli oggetti di scena. Le sue fotografie affrontano tematiche che le stanno molto a cuore, come l'omofobia e il bullismo, l'avidità, il denaro e la politica, l'ambiente e la povertà, le ingiustizie e le ineguaglianze. La fotografia è un'arma molto potente e importante e come artista crede di avere il dovere di usarla per diffondere la consapevolezza delle questioni sociali.
Una trasmissione S'Arti Nostra Un film di Vittorio E. Pisu
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vorticimagazine · 2 years ago
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La moda anni '60 torna protagonista
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Vortici.it torna a parlarvi di Lifestyle.
La moda anni '60 torna protagonista in una mostra davvero fashion, Stefano Dominella – curatore della performance insieme a Guillermo Mariotto – attinge nuovamente alla moda presentando “The Sweet Sixties. Narrazioni di Moda” presso il Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo a Roma, dal 27 Marzo al 21 Maggio 2023.
Non è la prima volta che il famoso monumento romano apre le sue porte per presentare una delle manifestazioni più interessanti della nostra creatività, la moda, con la sua capacità di attraversare e interpretare le epoche storiche e rievocarne le atmosfere e le suggestioni. "Nel caso di questa mostra, la rappresentazione degli anni Sessanta, attraverso gli stili degli abiti e dei loro creatori, ci consente di rivivere uno dei periodi più densi di innovazione e trasgressione della nostra storia più recente, di coglierne l’entusiastica identificazione dei giovani con un modo di vestire che racconta l’esigenza di allargare i propri orizzonti culturali e geografici.”(Mariastella Margozzi - direttrice del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo). Ecco allora cinquanta look che uniscono capi storici, vere icone di stile, con abiti e accessori recuperati nei mercatini e nei negozi vintage i quali rappresentano in questo momento il vero trend della moda internazionale, adottato soprattutto dalle giovani generazioni che amano recuperare dal passato per rendere tutto contemporaneo. Con le scenografie di Virginia Vianello, i protagonisti, sono gli abiti. Abbiamo le tinte audaci e naturalistiche firmate dalla genialità creativa di Ken Scott, definito “il giardiniere della moda” proprio per le sue stampe floreali, i lembi di pelle coperti soltanto da 40 cm di tessuto di Mary Quant, fino ad arrivare ai motivi futuristici disegnati da Courrèges, Paco Rabanne e Pierre Cardin. Come non citare i colorati cappotti di Max Mara, rubati al guardaroba maschile e reinterpretati con tinte vivaci. La moda anni '60 ha immaginato e riscritto nuovamente la silhouette di un’intera generazione. Abiti, scarpe, dischi e accessori – tutto ciò che, in una parola, costituisce ciò che chiamiamo lifestyle – diventano il manifesto poetico per raccontare le dolcezze di quegli anni. “Questa è la decade in cui i giovani si sono scoperti tali per la prima volta racconta Stefano Dominella. Una dimensione fortemente borghese, all’improvviso, si è trovata a fare i conti con l’effervescenza britannica dei sixties, il ritmo dei Beatles, il fascino di James Bond, la minigonna di Mary Quant e le tendenze in fatto di moda di Soho e Kensington. E poi i film con Doris Day, Brigitte Bardot a Saint Tropez, Catherine Deneuve, Jane Fonda in Barbarella” conclude Dominella. Sono gli anni in cui nasce l’industria delle calze e dei collant, in cui alla cotonatura si sostituisce la linearità tagliente del caschetto, in cui l’alta moda comincia ad attingere dal basso. Sono anche gli anni in cui il poliedrico Elio Fiorucci inventa (e vende) uno stile di vita fatto di jeans e t-shirt con angioletti e cuoricini, dando vita ad una vera e propria subcultura internazionale. Subcultura che, a partire dal bersaglio stilizzato della Royal Air Force inglese (s)cucito sui giacconi Parka dei giovani Mod alle prese con il blues e la musica beat, in Italia intercetta le lunghezze d’onda propagate dagli specchietti colorati degli scooter, della Vespa e della Lambretta. Sullo sfondo ci sono le notti passate a ballare nei club notturni. Sono cinquanta creazioni articolate in cinque capitoli, cinque sale, cinque filoni narrativi per raccontare la parte più leggera e sognante degli anni Sessanta. Un esperimento che, facendo suo il linguaggio della contaminazione visiva guarda alla moda di quegli anni come ad un archivio da consultare e valorizzare attualizzando l’identità culturale di una decade complessa e multiforme. Tutto prende inizio da Carnaby Street, la prima sala, con due look creati e curati da Guillermo Mariotto, co-curatore della performance, che troneggiano al centro dell’ambiente. Ecco le passanti, le cui mise riproducono il look di giovani donne alle prese con una sessione di shopping nelle boutique cult di Londra. Il secondo capitolo riflette invece sulle libere associazioni vestimentarie: da una parte le stampe naturalistiche, rigogliose anche attraverso il plumage coloratissimo di Ken Scott, dall’altra il denim e gli angioletti dichiaratamente pop di Fiorucci. Si arriva così alla terza sala, realtà in cui sono le atmosfere lunari di Courrèges, Pierre Cardin, Paco Rabanne, Valentino Garavani, ad essere riscoperte, sotto forma di metallo, pvc e cappelli a mo’ di casco. Un presagio stilistico, quello della Space Age, che di lì a poco vedrà un uomo solcare il suolo lunare per la prima volta. E poi è la volta dei colori e dei ricami con cui l’alta moda vestiva i borghesi per le grandi occasioni – le tinte audaci, il glamour e le paillettes iridescenti rivivono grazie ad una selezione di abiti d’archivio tra cui quelli della sartoria Battilocchi, Jole Veneziani, Gattinoni, Lancetti, Mila Schön e Carosa. Infine, nella sala Optical, il ritmo degli Sweet Sixties rallenta e si sofferma sull’accostamento geometrico dei due colori (non colori) per antonomasia: il bianco e il nero. Si finisce con il celebrare l’arte – si citano il testamento creativo di Giuseppe Capogrossi e l’operato dei Pittori maledetti di Roma – e con il ricordare la straordinaria potenza evocativa della moda, che questo progetto utilizza come sistema d’indagine e di ricerca dai contorni mobili e sfumati, per rileggere un’epoca sospesa tra mille possibilità. Bella, dolce e moderna come allora. Immagine di copertina: Rawpixel.com Read the full article
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fotopadova · 4 years ago
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Viaggio nella fotografia italiana del novecento: dalle associazioni agli anni sessanta
Viaggio nella fotografia italiana del novecento: dalle associazioni agli anni sessanta
di Silvia Berselli da https://www.collezionedatiffany.com/ 
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Lotto 482 - MARIO GIACOMELLI, Gabbiani,1980 ca. Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d'argento. Timbro dell'autore al verso. cm 30,5 x 40,5 Valutazione € 800 - 1.200. Venduto € 2.125. Courtesy: Il Ponte Casa d'Aste.
L’anno 1947 segnò un momento importante per la fotografia italiana del Novecento. In quell’anno due autori con stili molto differenti, ma con la stessa forte personalità, posero le basi per una nuova e divergente stagione fotografica.
Giuseppe Cavalli (1904-1961) pubblicò in quell’anno il suo manifesto ideologico nella pagine della rivista “Ferrania”. Promotore del gruppo “La Bussola” e caposcuola di una visione formalista della fotografia vicina all’estetica idealista di Benedetto Croce, era mosso dal desiderio di “allontanare la fotografia, che avesse pretese di arte, dal binario morto della cronaca documentaria”.
Il Gruppo era composto da Mario Finazzi, Federico Vender, Ferruccio Leiss e Luigi Veronesi che prediligevano fotografie astratte, nature morte o paesaggi dalle atmosfere surreali. Lo scontro fu inevitabile con tutti quei fotografi che vedevano nell’impegno sociale e nella documentazione della realtà la vera natura della fotografia, come gli aderenti al Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia.
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Lotto 26 – PAOLO MONTI, Chimigramma, 1961. Stampa fotografica vintage con interventi chimici. Pezzo unico. Firma dell’autore e data al verso. Opera in cornice. cm 28 x 23 (cm 63 x 58). Valuttazione € 1.400-1.500. Venduto € 1.625. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
A Venezia Paolo Monti (1908-1982) fondò il Circolo Fotografico “La Gondola”, nell’ottica di «sviluppare l’autonomia della fotografia, accentuandone i limiti, esprimendosi liberamente senza lasciarsi intimidire dalle regole troppo numerose decretate da chi non sa sopportare il rischio di una completa libertà di espressione».
Alla Gondola aderirono negli anni Fulvio Roiter, Gianni Berengo Gardin e Gino Bolognini. Monti, che aveva una visione più ampia della fotografia, riteneva controproducente il fatto di schierarsi con i formalisti o con i documentaristi; volontà apparsa chiara fina dalla scelta del termine circolo rispetto a gruppo per identificare La Gondola.
Inoltre, egli conosceva i grandi maestri americani come Minor White o Aaron Siskind dai quali aveva attinto una personale perizia tecnica nella stampa dell’immagine. 
I gemelli Emanuele e Giuseppe Cavalli
   Giuseppe Cavalli, uomo colto ed accentratore, ritiratosi in un piccolo comune come Senigallia, fu una figura centrale nella fotografia italiana. Il suo stile, personale ed inedito nel panorama internazionale lo portò a lavorare su immagini dai toni delicatissimi o dai bianchi accecanti, nelle quali trovano posto leggere sfumature di grigio, mentre il nero era quasi bandito.
In antitesi al lavoro dei grandi maestri internazionali che consideravano questo il tono attorno al quale costruire l’immagine in un periodo storico in cui il concetto di “colore” era ancora lontano.
La figura di Giuseppe è stata in parte studiata e i suoi lavori sono presenti in importanti collezioni museali, mentre ancora molto poco si conosce del fratello gemello Emanuele Cavalli (1904-1981) pittore vicino alla Scuola romana e figura centrale nella crescita artistica di Giuseppe.
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Lotto 195 – EMANUELE CAVALLI, Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d’argento, Firenze 1950-51. Timbro Eredi Cavalli al verso. cm 17 x 23. Bibliografia/Literature Valeriana Rizzuti, “Emanuele Cavalli fotografo”, Quaderni di AFT, Prato, 2008, pag. 54. Venduto € 3.750. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
Le fotografie di Emanuele, decisamente più graffianti, presentano una carica grottesca e ironica estranea ai lavori più formali del fratello. La rivalità che lega i due e la complessità degli scatti di questi autori, a volte attribuiti all’uno a volte all’altro, restano un’affascinante pagina della fotografia italiana ancora tutta da studiare.
“La Bussola” era un piccolo feudo di pochi eletti su cui regnava incontrastato Giuseppe Cavalli che nel 1953, auspicando un ricambio generazionale,  decise di creare l’Associazione Fotografica Misa.
Tra i nuovi soci c’erano giovani fotografi come Mario Giacomelli, Piergiorgio Branzi e Alfredo Camisa che, insieme a Pietro Donzelli, rinnovarono la fotografia alla fine degli anni Cinquanta con stile e raffinatezza ponendo fine alla disputa tra forma e contenuto che aveva contrapposto tanti autori del dopoguerra.
Mario Giacomelli il poeta
   Mario Giacomelli (1925-2000) è un ‘gigante’ della fotografia italiana e non solo. Nato in provincia, di umili origini e con una modesta educazione, ha saputo rivoluzionare dal basso il modo di fare fotografia. Legato alla terra, al mondo rurale e ai suoi abitanti, il suo sguardo è molto lontano da quello dei neorealisti. Egli piega, plasma e modella il mezzo fotografico per dare voce al suo sentire.
Il mondo per Giacomelli non è da documentare, la sua è un’operazione di stravolgimento, nulla è meno verosimile di un suo scatto. La realtà diventa il tassello – aggiunto, sovrapposto o annerito – che gli permette di dar forma al suo mondo interiore fatto di sogni e incubi, di luci e ombre “ogni immagine è il ritratto mio, come se avessi fotografato me stesso”.
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Lotto 101 – MARIO GIACOMELLI, Paesaggio,  1980 ca. Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d’argento. Valutazione € 2.000 – 2.500. Venduto € 3.500. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
La fotografia diventa un materiale malleabile nelle mani di Giacomelli, da incidere in camera oscura. I paesaggi marchigiani si trasformano in un’inchiostrata calligrafia fatta di segni; gli anziani dell’ospizio diventano fantasmi evanescenti, fragili e poetici; i pretini sono dervisci danzanti senza tempo.
«Prima di ogni scatto c’è uno scambio silenzioso tra oggetto e anima, c’è un accordo perché la realtà non esca come da una fotocopiatrice, ma venga bloccata in un tempo senza tempo per sviluppare all’infinito la poesia dello sguardo che è per me forma e segno dell’inconscio».
Gli anni Sessanta e la decostruzione del mezzo fotografico
   L’intero paese, il mondo dell’arte in particolare, ebbe in Italia tra gli anni Sessanta e Settanta una spinta innovativa straordinaria. Oggi, infatti, artisti italiani di allora sono tra i più ammirati nei musei di tutto il mondo e i loro nomi risultano ai primi posti nelle classifiche di vendita.
Autori come Ugo Mulas, Paolo Gioli, Franco Vaccari, Mario Cresci restano ai più sconosciuti tanto che le loro opere si possono acquistare con poche centinaia di euro. Come si è già verificato in altri contesti, sono i migliori studiosi stranieri a ricordarci il valore artistico dei nostri autori.
Quentin Bajac, già direttore del dipartimento di Fotografia del MOMA, sottolinea come i fotografi italiani abbiano un primato: «La grande decostruzione del mezzo fotografico attuata negli anni Sessanta e di cui il contesto italiano è stato in Europa l’attore principale con i lavori di Pistoletto, Paolini, Jodice, Mulas, Di Sarro o Gioli. In nessun’altra scena artistica europea è stata condotta – con la stessa costanza, e nello stesso periodo – un’azione simile di indagine del mezzo fotografico».
Le riflessioni sui linguaggi, che serpeggiavano nel mondo dell’arte concettuale, trovarono risposta nei lavori fotografici con forme e contenuti innovativi.
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Lotto n° 455 – UGO MULAS, Alberto Burri, 1960 ca. Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d’argento. Timbro dell’autore al verso. Opera accompagnata dall’autentica dell’archivio Ugo Mulas. Opera in cornice cm 32 x 42 (cm 26 x 37). Venduto € 3.500. Courtesy: Casa d’Aste Il Ponte
Ugo Mulas (1928-1973), già noto per il memorabile reportage sugli artisti di New York, pubblica poco prima della sua giovane dipartita le Verifiche “nel 1970 ho cominciato a fare delle foto che hanno per tema la fotografia stessa, una specie di analisi dell’operazione fotografica per individuarne gli elementi costitutivi e il loro valore in sé”.
Lotto n° 123 – FRANCO VACCARI, 700 Km di esposizione Modena Graz, 1972. Opera composta da venti stampe vintage a colori procedimento cromogeno applicate su cartone con testi manoscritti ad inchiostro. Testo, firma dell’autore, data e 46/60 al recto. Opera in cornice. cm 99 x 69 (cm 103 x 73). Venduto € 5.625. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
Franco Vaccari (1936) utilizza il mezzo fotografico in relazione alle sue riflessioni connesse allo spazio e al tempo, organizzando delle performance che chiamerà Esposizioni in tempo reale. Nel 1972 partecipa alla Biennale di Venezia e scrive: “ho esposto una cabina Photomatic (una di quelle che si trovano nelle grandi città per realizzare le fototessere) ed una scritta in quattro lingue che incitava il visitatore a lasciare una traccia fotografica del proprio passaggio. Io mi sono limitato ad innescare il processo facendo la prima photostrip, il giorno dell’inaugurazione; poi non sono più intervenuto. Alla fine dell’esposizione le strip accumulate erano oltre 6000”.
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Lotto n° 130 – PAOLO GIOLI, Film finish – ritmo figura, 1979. Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d’argento. Firma dell’autore, titolo e data la verso. cm 24 x 17,5 Bibliografia/Literature Roberta Valtorta, “Paolo Gioli”, Art&, Udine, 1996, pag.19 (variante). Venduto € 1.875 Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
Paolo Gioli (1942) si dedica allo studio dell’immagine e della visione nel cinema e nella fotografia, affascinato dai principi dell’ottica. Azzera il fare fotografia ripartendo dalle origini, il foro stenoeco ma anche la spiracolografia: un omaggio a Leonardo dove l’immagine è ottenuta utilizzando il pugno della mano come macchina fotografica. Gioli esplora le diverse tecniche fotografiche manipolando e ricostruendo le immagini come nelle polaroid trasferite in omaggio ai proto-fotografi.
Mario Cresci (1942) usa la fotografia ad ampio raggio mischiando generi e linguaggi: installazioni, grafica, urbanistica e antropologia. Nel 1968 crea uno striscione antimilitarista, composto da immagini note e “trouvè” che srotola dalla finestra di un palazzo romano; nel 1969 crea un’installazione di mille scatole trasparenti con all’interno uno spezzone di pellicola con riproduzione di oggetti di consumo. L’interesse sociale di Cresci lo spinge a Tricarico e Matera dove lavora utilizzando in chiave concettuale gli studi di antropologia.
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Lotto n° 146 – MICHELE ZAZA, Mimesi, 1975. Opera composta da dodici stampe fotografiche vintage alla gelatina sali d’argento. Firma dell’autore sul cartoncino di montaggio delle singole fotografie. Opera in cornice. Opera accompagnata da autentica. (cm 18 x24 cad.). Venduto € 15.000. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
Il Sud, la terra, le origini sono temi che si ritrovano in questa nuova lettura delle relazioni famigliari nei lavori di Michele Zaza (1948). Il padre, la madre e il pane sono gli elementi di una “primordialità” ricorrente che si misura con l’espressione del corpo e del tempo. Essere stato un artista-fotografo e non un artista-artista ha certamente penalizzato il lavoro di Zaza malgrado avesse, come altri colleghi, esposto a New York da Leo Castelli e partecipato alla Biennale di Venezia.
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Silvia Berselli
Laureata in Storia dell’Arte, si occupa da molti anni di conservazione, restauro e valorizzazione della fotografia. La sua formazione è avvenuta presso l’International Museum of Photography di Rochester New York e l’Atelier de Restauration des Photographies del Comune di Parigi. Accanto alla docenza universitaria presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e l’Università di Udine ha diretto i dipartimenti di Fotografia per le case d’aste Bloomsbury, Minerva e Bolaffi: attualmente ricopre questo incarico per la Casa d’Aste Il Ponte. E’ perito per il settore fotografico di Axa Assicurazioni, ha collaborato con numerose istituzioni del Ministero dei Beni Culturali.
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chez-mimich · 5 years ago
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UNA GRAPHIC NOVEL PERFETTA, QUASI UN FILM. “Ho lavorato a questo libro per quasi dieci anni" scrive Igort nella postfazione a "5 è il numero perfetto" la graphic novel, dalla quale è stato tratto il film dall'omonimo titolo, diretto dallo stesso autore. Un grande lavoro, nato dopo un periodo di soggiorno in Giappone, dove Igort si era immerso nello studio della grammatica del racconto orientale, ma col desiderio sempre vivo di ripescare nella proprie radici, come si dice un po’ letterariamente. Ed è effettivamente la raffinatezza del prodotto, il segno di una ricerca profonda di un linguaggio non solo verbale di tipo nuovo, un segno diverso, incisivo e che sappia dar conto dell'intimità e delle circostanze, insomma un segno che sappia narrare. La scelta della bicromia delle tavole, inconsueta per il fumetto, sembra essere il grande contributo che l’esperienza giapponese ha lasciato all’autore. Anche la scelta dei luoghi e della tematica, la Napoli degli anni Cinquanta e della camorra, sono il frutto di una scelta anomala per una graphic-novel. Non già la solita città statunitense o una generica periferia urbana di una metropoli sconosciuta, ma una Napoli riconoscibile, benché non consueta, tempestata di riferimenti iconografici del tempo in cui è ambientata la storia, una Napoli fatta di ombre, perché come ricorda Igort “...è l’ombra che disegna gli spazi...” . Ed è evidente che la luce, l’ombra, le immagini sono le scaturigini della storia stessa di Peppino Lo Cicero, il boss sessantenne che si muove nel 1972, protagonista di una torbida vicenda di vendetta e di destini incrociati. “Non tutto inizia dai testi, per me sono molto importanti le atmosfere”, scrive Igort. La luce, l’ombra, ma anche il tempo sono lì a plasmare la storia e quella coniugazione particolare del tempo che è la nostalgia. Ad Igort piace raccontare il tempo che si ferma e che riemerge nei ricordi di Peppino, che assomiglia molto alla figura di certi cavalieri presenti nella sua memoria e che hanno popolato le vicende del lontano West, o almeno quello della letteratura e del cinema. Ad Igort più che il personaggio realisticamente inteso, sembra interessare la maschera; nella graphic novel un personaggio non è un vero attore e nemmeno un disegno statico, Igort li definisce “maschere che si muovono” e la creazione dei sentimenti è tutta legata all’abilità dell’autore. “5 è il numero perfetto” è una grandissima graphic novel, ed averla letta dopo averne visto la trasposizione cinematografica, è stato un piacere supplementare. In una chiacchierata con l’autore, nel settembre scorso, ho avuto conferma che il modo migliore per scoprire se un fumetto è di buona qualità, è sfogliarlo velocemente, percependo il segno, il colore (in questo caso la raffinatissima bicromia). Inutile cercare nel testo i prodromi di una grande storia, nella graphic novel, la percezione può avvenire solo attraverso il colpo d’occhio, il sentore visivo. Una pratica che metto in atto da anni, senza aver mai sbagliato un colpo. Prendetela tra le mani, fate scorrere le pagine tra le dita, Igort, come lo spietato Peppino Lo Cicero, colpisce al cuore. Sempre.
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lamilanomagazine · 2 years ago
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Bologna, la mostra Non so dove mi cercate
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Bologna, la mostra Non so dove mi cercate. La Project Room del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, spazio tematico in cui vengono ricostruite, raccontate e valorizzate le esperienze artistiche del territorio bolognese ed emiliano-romagnolo, si apre a un nuovo progetto espositivo che sarà visibile dall’11 novembre 2022 all’8 gennaio 2023, opening domani 10 novembre 2022 h 18.00: Non sono dove mi cercate. Porpora Marcasciano, il movimento, dall’underground al queer al MIT. La mostra, a cura di Michele Bertolino, presenta una selezione di disegni inediti, che Marcasciano realizza dagli inizi degli anni Settanta, quando per la prima volta scende le scale dello Studio Uno Underground, un centro sociale, sede politica e galleria d’arte gestita da alcuni hippies nel suo paese natale, San Bartolomeo in Galdo (Benevento). Prodotti tra il 1973-1977 e ancora dal 1981 alla metà del decennio, e dimenticati per diversi anni in soffitta, i disegni sono composizioni psichedeliche in cui gli immaginari di un’intera generazione prendono la forma di surreali paesaggi meccanici e formazioni stratificate in cui corpi alieni, mani e labbra, seni, vagine, falli e tubi si fondono l’uno nell’altro. La stessa tecnica riflette la porosità del contesto in cui le opere sono state eseguite: la carta è spesso lavorata con il diluente, o acqua ragia, che permette di trasferire colori e immagini da quotidiani o fotografie e giocare con macchie e sfumature, facendo emergere favole e incastri. Il rock acido dei Pink Floyd e il teatro anarchico del Living Theater prima, poi la pratica rivoluzionaria, creativa e "frocia" e l’esperienza in transito: tutto si condensa in acquerelli e collage da cui trasuda l’immagine di un corpo collettivo senza organi, espanso e resistente. Sui disegni è la stessa Porpora Marcasciano a raccontare: “Qualche anno prima di morire, mia mamma sistemando la soffitta di casa, fece una scoperta archeologica per me importantissima: una vecchia cartella contenente circa cinquanta di miei disegni datati 1973-1977 e alcuni più recenti datati prima metà degli anni Ottanta. Da aggiungere alla narrazione la mia passione nel dipingere e disegnare che si interruppe in una fase critica della vita a metà degli anni ottanta. I disegni più che un valore artistico hanno, a mio avviso, un valore simbolico poiché incarnano nei segni e nel significato il senso profondo di quegli anni. Io la considero pura creatività psichedelica”. Le vicende del ‘77 italiano, i convulsi anni del Movimento Frocio che conquista il Cassero di Porta Saragozza nel 1982, l’affermarsi politico dell’esperienza trans con l’approvazione della legge 164, che consente alle persone trans di vedere riconosciuto il proprio genere elettivo, sono passaggi importanti, iscritti nel significato e nell’iconografia dei disegni di Marcasciano. Tali fermenti e movimenti politici, di cui Bologna è uno dei principali laboratori, si lasciano intravedere nella Project Room del MAMbo, tramite una raccolta di materiali d’archivio. Ritagli di giornali, fotografie, libri, comunicati stampa, documenti politici, flyer e copertine di dischi sono riprodotti su pannelli semitrasparenti che riconfigurano l’architettura della sala. In questo modo il pubblico è immerso in cronologie non lineari, obbligato a spostare continuamente lo sguardo in un viaggio alla ricerca di genealogie personali. Le stesse atmosfere vengono attualizzate nell’installazione sonora Non siamo dove ci cercate realizzata per l’occasione da ALMARE, in cui testimonianze, canzoni, registrazioni e materiali d’archivio ci proiettano nel mezzo di rumori e sogni tuttora attuali. Non sono dove mi cercate. Porpora Marcasciano, il movimento, dall’underground al queer al MIT prova così a tracciare la pagina del diario di un’epica plurale e favolosa, mescolando i disegni con voci singole e canti collettivi dove possano prendere corpo la creatività psichedelica, il sesso anarchico, la felicità radicale e l’utopia. La mostra si realizza con la collaborazione di: MIT - Movimento Identità Trans, Divergenti - Festival internazionale di cinema trans, Archivio storico del MIT. Si ringraziano inoltre: Centro di Documentazione “Aldo Mieli” e Centro di Documentazione “Flavia Madaschi” Cassero LGBTI+ Center. Porpora Marcasciano (San Bartolomeo in Galdo, Benevento, 1957) è tra quellə che “nel 1977 avevano vent'anni e ora sono minorenni” (A. Pazienza): attivista, sociologa, attrice, figura di riferimento del movimento queer italiano, artista. Le sue tante vite hanno attraversato Napoli e Roma, e sono approdate a Bologna; si sono intrecciate con il movimento del ‘77, i collettivi gay e il movimento trans; hanno scritto libri, intessuto storie altrimenti dimenticate, disegnato ritratti collettivi.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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andrea-gasser · 7 years ago
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Erwin Olaf, fotografo olandese attivo sia in ambito pubblicitario che personale, realizza scatti spesso audaci e provocatori. Perfezionista nell'uso delle luci, si ispira alle atmosfere tipiche dei film anni cinquanta, con le quali riesce a rappresentare scene attraenti. Per i suoi scatti preferisce utilizzare lo spazio privato come l'interno di case accentuando gli sguardi e le atmosfere che circondano i personaggi.
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thebeautycove · 8 years ago
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DIOR • DIOR ADDICT LACQUER STICK • I nuovi Lacquer Labbra in Stick - Collezione Primavera Estate 2017 - Novità 2017 - Labbra effetto Lacca. Ne ha fatta di strada il rossetto icona Dior da quando, nel 2001, il primo Dior Addict Lipstick  rivoluzionava l'approccio al colore in un look makeup labbra totalmente inedito. Il tempo ha dato ragione a questo rossetto camaleontico che si è evoluto accompagnando i sorrisi di milioni di donne, catturate dalla straordinaria luminosità delle nuance e dagli infiniti effetti cromatici che sapeva sviluppare. Nel 2015 Dior Addict Lipstick supera i limiti del colore e della brillantezza con un effetto top coat ancora più sfaccettato, luminoso ad azione idratante grazie all'infusione in hydra-gel. Più seducente che mai la versione Dior Addict Ultra-Gloss il primo gloss dalla formula ultrapigmentata con effetto rimpolpante e volumizzante. E se la tecnologia applicata al prodotto makeup più venduto al mondo non si ferma, Dior non è da meno e per la primavera 2017 presenta il nuovissimo Dior Addict Lacquer Stick il primo lipstick ibrido che spalanca il colore ad una brillantezza estrema, effetto lacca, totalmente facile da indossare e dal comfort supremo. Cosa promette il nuovo Dior Addict Lacquer Stick? Tutto ciò che si desidera per labbra giovani, dinamiche, seducenti e impeccabili a lungo. Promette di osare con la performance colore attraverso una formula innovativa composta da 5 oli ultranutrienti e leggeri il cui indice di rifrazione è assimilabile a quello del cristallo e cera d'api ad azione nutriente di lunga durata. Colore intenso garantito da potenti pigmenti rivelati in trasparenza e una piacevole sensazione di comfort sulle labbra promossa da un inedito procedimento di stesura più lento che lascia apprezzare a lungo la sensazione fluida dello stick. Promette il comfort e l'efficacia di un balsamo idratante senza compromettere la resa colore e la brillantezza di un finish a specchio. Promette 6 ore di tenuta impeccabile in leggerezza, un colore pieno e vibrante senza cedimenti. Promette le tonalità più avvincenti della stagione, Peter Philips ha creato 4 tendenze colore: Pastel, Neon, Classic e Wild che evocano le atmosfere di Los Angeles e della West Coast. Una gamma di 17 nuance intense e luminose dedicate a chi ama sperimentare e a chi non rinuncia ai grandi classici. Pastel - Bianchi infusi di pigmenti rosa, lavanda, corallo, pesca, restituiscono un effetto "cartolina dalla California" molto anni Cinquanta. Neon - Toni pop, luminosi ed energetici: il rosso elettrico Party Red, il rosa esplosivo Bubble e il fucsia audace Sassy, una palette straordinariamente avant-garde. Classic - Gli intramontabili da red carpet, inevitabilmente desiderabili: il rouge ribelle di K-Kiss, il rosa party-girl di L.A. Pink, il fascino da diva di Hollywood Red. Wild - Nude e dark nude ammiccano al grunge, tinte cioccolato e porpora dai nomi evocativi come Underground, Dark Flower. Promette una selezione tonale  tutta da baciare destinata alla super it-girl. Sono 4 le "IT-Shades" che decretano il perfetto look makeup con il desiderabile Dior french touch: nella gamma Pastel, Tease rende omaggio all'abito "Séduction" delle prime collezioni della Maison, un beige rosato, giovane per sempre, dall'eleganza naturale. Diabolo, nuance star della gamma Neon, si ispira ad una creazione del Couturier, un rosa "shocking" scioccante. Turn me Dior, colore estremo tra i Classic, un rosso lampone puro e sensuale. E' la tonalità usata da Jennifer Lawrence nelle immagini della campagna. Sauvage, nella gamma Wild, è un rouge choco scuro che risalta a contrasto con la pelle, da osare per sentirsi libere da ogni convenzione. I nuovi Dior Addict Lacquer Stick sono disponibili nelle profumerie concessionarie e presso La Rinascente Duomo Milano. Per chi volesse testarli in anteprima e scoprire altre novità del makeup Dior è attiva fino al 15 Aprile 2017 la Dior Lounge presso la Profumeria Mazzolari in Piazzetta Giordano 4 (San Babila) a Milano. ©thebeautycove
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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Il mistero della giovane infermiera di Dario Crapanzano: Milano noir e il fascino di un caso intricato. Recensione di Alessandria today
Il commissario Arrigoni torna con una nuova indagine tra le ombre della Milano degli anni '50
Il commissario Arrigoni torna con una nuova indagine tra le ombre della Milano degli anni ’50 Recensione Nel romanzo Il mistero della giovane infermiera, Dario Crapanzano ci riporta nella Milano del 1953, dove il commissario Mario Arrigoni si trova ad affrontare un nuovo caso intricato e oscuro. La vicenda si apre con la scoperta del corpo di Gemma Salvadori, una giovane aiuto infermiera…
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carmenvicinanza · 3 years ago
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Paula Rego
https://www.unadonnalgiorno.it/paula-rego/
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Paula Rego, pittrice portoghese naturalizzata britannica, passata alla storia per le sue opere, crude e violente, intrise di atmosfere favolistiche.
Dalle sue trame visionarie fuoriesce, prepotente, il suo attivismo per i diritti delle donne.
Nata col nome di Maria Paula Figueiroa Rego a Lisbona, il 26 gennaio 1935, era figlia un ingegnere elettrico antifascista che lavorava per la Marconi Company. Quando la figlia aveva un anno, si era trasferito, con la moglie, nel Regno Unito, lasciando la piccola Paula alle cure della nonna, le cui fiabe popolari, hanno influenzato tutto il suo lavoro. Nel 1951 si è poi trasferita in Inghilterra, dove ha studiato arte in varie scuole.
Nel 1962 ha esposto per la sua prima volta con The London Group. Nel 1969 ha rappresentato il Portogallo alla Biennale di San Paolo.
Ha risposto con la forza dell’arte alla dittatura di Salazar che con il controllo dell’Estado Novo aveva sottomesso il Portogallo, le cui vicissitudini politiche si sono ripercosse su gran parte del suo lavoro.
Dopo la Rivoluzione dei Garofani, nel 1974, e il  crollo economico della sua famiglia, si è insediata permanentemente a Londra, dove ha continuato la sua ricerca artistica.
Un lavoro in continua evoluzione il suo, dove gli accenti realistici si ibridano con suggestioni surrealistiche irrorate di senso favolistico e stupore fantastico.
Tutta la sua opera è intrisa dal senso di ribellione e di conquista per i diritti delle donne, da ricordare la serie Dog Women, iniziata nel 1994 e  Female Genital Mutilation del 2008-2009.
Dopo il fallimento del referendum in favore dell’aborto in Portogallo, nel 1998, ha realizzato la serie Abortion sugli aborti clandestini.
Con una contrapposizione politica frontale, autentica e insieme naif, la sua arte ha supportato tante campagne per i diritti civili.
Una narrazione violenta e drammatica fusa in una immaginazione che sposta tutto da un avvilente realismo a un intreccio visionario.
Prima artist-in-residence alla National Gallery, ha fatto parte della Royal Academy of Arts ed è stata nominata Dama Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico.Spesso al centro di programmi televisivi e di biopic, per la sua turbolenta esistenza, è stata omaggiata nel 2018 col documentario della BBC, Paula Rego, Secrets & Stories, diretto dal figlio, Nick Willing, vincitore del Royal Television Award come miglior programma artistico.Tra le sue mostre più importanti si ricordano le personali alla Serpentine Gallery di Londra, alla Tate Liverpool e al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid.Nel 2021 la Tate Britain le ha dedicato la più importante retrospettiva, cento opere tra collage, pastelli, acrilici, acquerelli, incisioni, stampe e sculture, in un percorso che ha coperto tutta la sua carriera, sin dagli anni Cinquanta.
Paula Rego ha lasciato la terra l’8 giugno 2022 nella sua casa di Londra mentre era tra le protagoniste della mostra Il latte dei sogni alla Biennale di Venezia 2022.
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cento40battute · 5 years ago
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Artemisia, una donna che può ispirarci
In questo momento in cui abbiamo bisogno di figure ispiratrici, scopriamo un’artista straordinaria. Attraverso libri, mostre e persino un profumo
Se la nostra reclusione momentanea ci sembra difficile da superare, ci aiuterà conoscere la storia di una donna che ha superato prove ben più difficili.
Artemisia Gentileschi, “Autoritratto come suonatore di liuto”, circa 1615-17. Wadsworth Atheneum Museum of Art, Hartford, Connecticut. Charles H. Schwartz Endowment Fund 2014.4.1 © Wadsworth Atheneum Museum of Ar
Subì uno stupro. Lo denunciò nell’Italia del Seicento. Fu la prima donna ad essere ammessa all’Accademia delle Arti a Firenze. È stata un’artista straordinaria.
Non può trasmetterci che forza la storia di Artemisia Gentileschi
Figlia del pittore Orazio, che la avviò precocemente all’attività pittorica, durante una sorta di tirocinio venne stuprata da un amico di famiglia ma non subì passivamente e portò l’uomo in tribunale. L’iter fu estremamente umiliante ma anche un potente caso di rivendicazione.
Dopo il processo Artemisia si trasferì da Roma a Firenze, dove fu la prima donna ad essere ammessa all’Accademia delle Arti. Visse anche a Napoli, Genova, Venezia, Londra, emancipandosi dallo stile del padre e affermando la sua personalità artistica presso corti ed élite artistiche.
Artemisia dipinse in modo potente, epico. Uno dei suoi capolavori è Giuditta che decapita Oloferne, di cui esistono versioni nel Museo Nazionale di Capodimonte (Napoli) e nella Galleria degli Uffizi (Firenze).
Potremo vedere sue opere in Italia, esposte in modo permanente in musei e gallerie.
Artemisia Gentileschi Corisca and the Satyr, about 1635-7 Oil on canvas 155 × 210 cm Private collection, Italy © Photo courtesy of the owner
Come Palazzo Blu a Pisa, Galleria Nazionale della Puglia a Bitonto (Bari), Gallerie di Palazzo Zevallos a Napoli, Museo Correale di Terranova a Sorrento, Cattedrale di Pozzuoli e Palazzo Pitti a Firenze.
Londra le dedica interamente una retrospettiva: la National Gallery omaggerà la sua carriera durata circa 40 anni, celebrando una delle più grandi artiste del Barocco.
Artemisia Gentileschi Cleopatra, about 1633-5 Oil on canvas 117 × 175.5 cm Private collection © Private Collection / Photo Giorgio Benni
Lo farà attraverso una trentina di opere provenienti da musei e collezioni private, per la prima volta in UK.
Artemisia Gentileschi Mary Magdalene in Ecstasy, about 1620-25 Oil on canvas 80 × 106 cm Private European collection © Photo: Dominique Provost Art Photography – Bruges
Le date previste attualmente sono 4 maggio-26 luglio, nella speranza che la situazione globale si possa normalizzare.
Nel frattempo possiamo leggere di lei. Il bellissimo romanzo storico ispirato alla sua biografia La passione di Artemisia di Susan Vreeland.
Staremo al suo fianco, ricaveremo l’azzurro pestando lapislazzuli nel mortaio e conosceremo Cosimo II de’ Medici, Galileo e Michelangelo Buonarroti. Ci affascinerà scoprire come lei infranse tutte le regole del tempo per affermare la propria libertà ed esplorare il potere dell’arte.
Grande donna e grande artista, inclusa anche nel recentissimo volume Le donne dell’arte edito da 24 Ore Cultura (un viaggio nel mondo femminile dell’arte attraverso oltre cinquanta artiste attive dal XVI secolo ai giorni nostri).
Le pagine su Artemisia ci ricordano le sue opere e il suo carattere: “Finché avrò vita, sarò io ad avere il controllo della mia esistenza”.
Artemisia Gentileschi, “Autoritratto come l’allegoria della pittura”, circa 1638-9. Royal Collection Trust / © Sua Maestà la Regina Elisabetta II 2019
E nell’attesa di poter ammirare le sue grandi tele, in Italia e in Inghilterra, oltre a leggere possiamo lasciarci ispirare da un profumo, che da poche settimane le è stato dedicato da Coquillete Paris: Artemisia G.
Pensando a questa femminista ante litteram la maison non ha meramente inventato un’essenza ma ha indagato la sua vita e ha voluto ricrearne le atmosfere. Dalla bottega del padre e da quei chiaroscuri ha attinto cuoio, tabacco, ambra, legno di cedro. Dagli ambienti maschili, in cui era impossibile affermare la colpa di un uomo e il valore di una donna, legni scuri, agar oud e vetiver. Tutto addolcito da note di patchouly, bergamotto, e l’artemisia in fiore, a rappresentare la femminilità.
Luisella Colombo
Un’artista e una donna straordinaria Artemisia, una donna che può ispirarci In questo momento in cui abbiamo bisogno di figure ispiratrici, scopriamo un’artista straordinaria.
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tmnotizie · 6 years ago
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ANCONA Il mondo del mare e della pesca mostra tutte le sue suggestioni e i suoi sapori nella quarta giornata di Tipicità in Blu, proposta dal Comune di Ancona ed un pool di entità legate al territorio ed al mare.
Dalle 11 alle 21, domani, domenica19 maggio,  è aperto al Mandracchio il Blu Village, dove incontrare la cucina marinara dei pescatori e assaporare varie prelibatezze. In degustazione: fritto dell’Adriatico con verdurine, polenta al ragù di mare, vincisgrassi del pescatore, panino “mare nostrum”, pesce azzurro a scottadito, insalata legumi e frutti di mare ed altre specialità in base al pescato.
Oltre al cibo e ai piatti gourmet, ci sono i vini da scoprire nel salone il Conero nel Calice, con 16 produttori, e un esclusivo aperitivo sul Marciaronda. Per gli appassionati è in programma la tavola rotonda con degustazione guidata, condotta da Fabio Fiorillo, dal titolo Conero: quello che non è rosso.
Visite guidate, mostre, presentazioni di libri e spettacoli contornano questa domenica. Dalle 9 alle 15 sono previste le minicrociere che salpano dal Mandracchio per dirigersi verso la pittoresca Baia di Portonovo, con tanto di degustazione a bordo (costi, a partire da 30 €, info e prenotazioni: Enrico – 335/6109374), mentre per gli amanti della terraferma c’è la possibilità di visitare lo stabilimento Fincantieri attraverso un percorso che si snoda lungo i luoghi del processo produttivo.
Da non perdere, alle 10.30 e alle 11, il Blu tour Ancona: la storia di una città che da secoli abbraccia il mare, curato dagli alunni dell’IIS “Savoia Benincasa” di Ancona, una passeggiata che riserva sorprese e che offre un’occasione per riscoprire la città nelle sue trasformazioni, grazie allo sguardo curioso di speciali Ciceroni. Durante la giornata sono aperte le mostre Natural Color Culture – Blu story e La pesca in Ancona: dalla vela al motore, mentre nel pomeriggio vengono presentati i libri I pescatori di Ancona: dal fascismo agli anni Settanta, ultima pubblicazione di Maria Grazia Salonna e Con gli occhi della gratitudine di Giorgio Bisirri.
In serata lo spettacolo Capolinea ¼, Dal rione della fettina a Tavernelle… passando per gli Archi, la strepitosa performance che si svolge a bordo di un autobus degli anni ’70-’80 parcheggiato lungo la banchina del Mandracchio. Un pop-tour di narrazione che ripercorre simbolicamente, con aneddoti e curiosità, i 5 quartieri della storica linea del bus. Il Festival si conclude con il Blu Village Jazz, un contributo musicale “fronte mare” alle atmosfere adriatiche, con il Cincueca Duo, composto da Leonardo Rosselli e Antonino De Luca al sassofono e fisarmonica.
Tipicità in Blu è frutto di un laboratorio di co-creatività promosso dal Comune di Ancona in collaborazione con la Camera di Commercio delle Marche e un nutrito pool di enti locali, associazioni e aziende partner operanti nei settori della “crescita blu”.
Per chi ha voglia di fare un giro in città, ci sono oltre cinquanta locali che collaborano con Tipicità in blu e propongono speciali menù in blu e aperiblu. Tutto il programma è sul sito www.tipicitainblu.it
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retegenova · 6 years ago
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Dopo i capolavori cameristici di Brahms, Ravel e Frank di sabato 24 novembre, arriva al Teatro Sociale di Camogli il nuovo appuntamento di Russian Seasons in Italia: unedì 26 novembre il Balletto dell’Opera  di Stato di Mosca ‘Nathalia Sats’ presenta “Djagilev Gala”, una serata dedicata alle coreografie e alle atmosfere della storica compagnia Balletti Russi, fondata all’inizio del secolo scorso dal leggendario impresario. Musiche di Čaikoskij e Igor Stravinskij.
(a seguire due schede di entrambi gli eventi. In allegato le foto, con cs completi, bio e programmi)
Sabato 24 novembre ore 21
(intero €21 –  abbonati GOG-TSC € 13 – under 30  €10 / under 18 €6)
a cura di GOG Giovine Orchestra Genovese
GIULIO PLOTINO Violino
CHRISTIAN PASTORINO Pianoforte
  I due artisti genovesi propongono un programma di capolavori del repertorio cameristico. Nel programma,  Johannes Brahms  Sonata in re minore per violino e pianoforte op. 108, Maurice Ravel  Tzigane, César Franck  Sonata in la maggiore.
Nato a Genova, Giulio Plotino ha conseguito il diploma nel Conservatorio della sua città, laureandosi successivamente presso la Hogeschool voor de Kunsten di Utrecht. È stato primo violino di spalla del Gran Teatro La Fenice di Venezia ed ha collaborato nello stesso ruolo con la London Philharmonic Orchestra e l’Orchestra del Teatro alla Scala di Milano. È docente presso il Conservatorio Paganini e dal 2015 Direttore del Campus Musicale Lunigiana. Il pianista Christian Pastorino ha ottenuto il diploma di pianoforte al Conservatorio Paganini di Genova compiendo il triennio nelle classi di Massimo Paderni, Rita Orsini e Massimiliano Damerini. È attivo sia come solista che camerista. 
Lunedì 26 novembre ore 21.00
(Biglietti: Intero € 22. Ridotto € 20 / € 15)
Il Teatro e balletto Dell’Opera di Stato di Mosca ” Nathalia Sats” presenta
Djagilev Gala
Gala – Concerto in due tempi
Musiche di Petr Ilič Čaikoskij, Igor Stravinskij, N. A. Rimskij- Korsakov, Saint-Saëns.
  All’inizio del secolo scorso, Sergej Djagilev, l’ormai leggendario impresario russo, fondava la compafnia Ballets Russes, trampolino di lancio internazionale per artisti e ballerini russi di eccezionale talento. Cento anni dopo, il suo progetto torna protagonista della scena europea grazie a “Russian seasons: Le stagioni del XXI secolo”, un’iniziativa nata dalla collaborazione con il Governo e il Ministero della cultura della Federazione Russa. La prima «stagione» di questo progetto di portata internazionale si è svolta in Giappone nel 2017, ed è in programma una terza edizione in Germania per il 2019. In questo contesto si inserisce la serata di Gala dedicata al grande Djagilev che si tiene lunedì 26 novembre al Teatro Sociale di Camogli. In scena, frammenti, duetti e pas de deux dei suoi migliori spettacoli e concerti: da La bella addormentata di Čaikoskij a L’Uccello di Fuoco di Stravinskij. Direttore artistico del progetto “Le stagioni russe del XXI secolo” è il regista e coreografo  Andris Liepa. La Compagnia di danza del Teatro e balletto Dell’Opera di Stato di Mosca ” Nathalia Sats”  è diretta da Kirill Simonov. Capo coreografo, Vladimir Kirillov.
  Teatro e balletto dell’Opera  di Stato di Mosca “Nathalia Sats” – Il 21 novembre 1965 su iniziativa dell’ illustre statista sovietica del teatro russo Natalia Sats e’ stato aperto il primo teatro professionale musicale per I bambini. Nel 1979 è stato costruito a Mosca il Palazzo della Musica, che resta ancora oggi l’unico Teatro di Opera e Balletto al mondo dedicato ai più giobani. Oggi, la vita intensa del Teatro continua sotto la guida del direttore artistico Gheorgij Isaacyan. In cartellone, più di cinquanta spettacoli destinati a un pubblico di tutte le età. Classici Balletti classici, rare opere del Rinascimento e del Barocco recuperate in collaborazione con la fondazione «Le stagioni russe del XXI secolo», produzioni legendarie delle « Stagioni russe» di Diaghilev e capolavori della lirica. Con il teatro collaborano personaggi di grande rilievo come Nikolai Ziscaridze, Andris Liepa, Dmitry Bertman, Andrew Lawrence-King. Il Teatro è stato in tourneé si ain Russia che nel mondo (negli ultimi anni, Parigi, Londra, Dublino, Venezia, Tallinn, Dubai, Cannes…).
  TEATRO SOCIALE CAMOGLI – Piazza Giacomo Matteotti, 5 –  Camogli (GE)
Tel. 0185 1770529
[email protected] [email protected] – www.teatrosocialecamogli.it
  Ufficio stampa Marzia Spanu +39 335 6947068 [email protected]
TEATRO SOCIALE CAMOGLI
Piazza Giacomo Matteotti, 5 –  Camogli (GE)
Tel. 0185 1770529
INFO:  [email protected]  –  www.teatrosocialecamogl i.it
ufficio stampa
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Cooperativa Battelieri del Porto di Genova
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Camogli 24-26/11 – Cameristica e Gran Gala Dopo i capolavori cameristici di Brahms, Ravel e Frank di sabato 24 novembre, arriva al Teatro Sociale di Camogli il nuovo appuntamento di Russian Seasons in Italia: unedì 26 novembre il Balletto dell'Opera  di Stato di Mosca 'Nathalia Sats' presenta "Djagilev Gala", una serata dedicata alle coreografie e alle atmosfere della storica compagnia Balletti Russi, fondata all'inizio del secolo scorso dal leggendario impresario.
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tempi-dispari · 6 years ago
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Al via progetto Shakespeare 2018, dal 17-21 ottobre al Teatro Cometa Off
Prende il via dal 17 al 21 ottobre il progetto Shakespeare 2018, che comprende la messa in scena al Teatro Cometa Off di Roma di quattro spettacoli del grande drammaturgo inglese, con protagonisti la coppia Bartolini-Baronio, Sarah Biacchi e Roberto Ciufoli, Gabriele Granito, Beatrice Messa e Fabio Massimo Maffei, Giovanna Mangiù, immersi nell’atmosfera suggestiva di una mostra di memorabilia cinematografiche, di una personale fotografica di grande valore iconografico e preceduti ogni sera dalla proiezione di inediti cortometraggi realizzati con l’intento di rimarcare il valore immortale della poetica shakespeariana, rivestita di originalità e resa estremamente attuale e vicina al pensiero della società contemporanea. La manifestazione si sposterà poi in Tuscia a novembre e completerà il suo percorso a dicembre come allestimento permanente all’interno dello Shakespeare Interactive Museum, che Casa Shakespeare sta predisponendo al Teatro Satiro Off di Verona, sia delle due mostre che dei corti shakesperiani che verranno proiettati giornalmente in una apposita installazione. L’iniziativa ideata dalla Sycamore T Company (Roma) e da Casa Shakespeare (Verona) è la ideale continuazione di Shakespeare Re-Loaded Festival, che nasceva nel 2016, in collaborazione con Argot Studio, per celebrare il 400nario della morte di William Shakespeare con una serie di spettacoli basati sulla riscrittura di personaggi shakespeariani. La novità di Shakespeare2018 è la trasposizione del teatro shakespeariano sul grande schermo, riproponendolo come fenomeno “pop” e avvicinandolo al pubblico di qualsiasi età ed estrazione sociale. Il fulcro del progetto è infatti Sh-ort-akespeare, una serie di corti interpretati da giovani volti noti del teatro e del cinema italiano, che verranno proiettati all’interno della manifestazione per diventare poi una presenza permanente nel S.I.M di Verona, a cui si affianca una mostra di memorabilia con foto d’epoca, manifesti e rarità riguardanti i capolavori cinematografici di Franco Zeffirelli e Kenneth Branagh e una personale fotografica di Manuela Giusto con gli scatti più significativi dello Shakespeare Re-Loaded Festival, e con foto tratte dal backstage dei corti realizzati dalla Sycamore T Company. A cinquanta anni dall’immortale Romeo e Giulietta di Zeffirelli, una sorta di precursore del filone “pop-Shakespeare”, e a venticinque da Molto Rumore per Nulla, il gioiello cinematografico di Branagh, quasi per celebrare questi due anniversari, le interpretazioni di Alessandro Averone, Michele Giovanni Cesari, Caterina Gramaglia e Giovanna Mangiu’ rendono di nuovo fenomeno “pop” la poesia del Bardo. Integrano inoltre Shakespeare2018 e il S.I.M di Verona due apporti filmati deliziosi, di ottima fattura e di grande generosità: EDMUND FROM LEAR di Giulio Forges Davanzati, piccolo gioiello in lingua originale che porta testimonianza di come il linguaggio shakesperiano possa essere “agito” con efficacia ed autentica emozione anche da un attore non anglosassone; e OPERAZIONE SHAKESPEARE di Maria Stella Taccone, corto-divertissement prodotto per la Shakespeare Fest del Globe Theatre di Roma del 2014: una indagine semiseria sulla modernità del Bardo con Marco Iannone, Manola Rotunno, Giulia Rebecca Urso, Cristiano Priori e Bruno Petretti. e con il prezioso contributo di Gianluca Merolli, Lorenzo Lavia, Angelo Longoni, Massimiliano Vado e Nino Formicola.
Ad impreziosire questi cinque giorni dedicati al Bardo e alla sua arte, quattro spettacoli teatrali che celebrano il fascino immortale che le sue opere e la sua poesia hanno su il pubblico. Apre la rassegna il 17 ottobre LETTERE D’AMORE SCRITTE A MANO di Cynthia Storari, un reading affidato alle poetiche voci di Tamara Bartolini e Michele Baronio che narra dell’incredibile fenomeno delle lettere a Giulietta, le quali hanno alimentato nel tempo una sorta di inspiegabile fenomeno mediatico che ha portato alla creazione del Club di Giulietta. Il tutto inframmezzato da poesie, brani letterari, canzoni e chiacchiere varie, in una sorta di divertita e nostalgica celebrazione della piu’ eterna e consumata storia d’amore di tutti i tempi. A seguire, il 18 ottobre, LADY MACBETH SHOW, con Sarah Biacchi e Roberto Ciufoli. Scritto dalla stessa attrice, e diretta dalla talentuosa regista – soprano Chiara Maione, lo spettacolo conduce gli spettatori un viaggio fra le pieghe non dette del personaggio shakesperiano più noir attraverso la commistione di linguaggi differenti: il talk show televisivo, la prosa di Shakespeare e la lirica di Verdi. Per muoversi in un tale caleidoscopico insieme di esperienze artistiche l’attrice – cantante Sarah Biacchi si avvale del particolarissimo utilizzo della voce che da tempo la porta ad un’unicità espressiva nei panorami europei. Il 19 ottobre è la volta delle variopinte atmosfere circensi di ROMEO AND JULIET CIRCUS di Gabriele Granito, con Gabriele Granito, Beatrice Messa e Fabio Massimo Maffei. Una compagnia di attori girovaghi senza tempo “lo Circo de lo verbo” arriva nella piazza di un villaggio per inscenare la propria tragedia in cambio di qualcosa da mangiare “. Tra balli e acrobazie il carrozzone intende arrivare alla corte d’Inghilterra e rivendicare Luigi Da Porto, il primo vero autore di Romeo e Giulietta. Chiude “Shakespeare 2018” , il 20 e il 21 ottobre, lo spettacolo Rosalina: come la polvere e il fuoco di Silvia Guidi, interpretato da Giovanna Mangiu’ con la regia di Michele Giovanni Cesari. “Abbiamo lavorato sulla versione iniziale del testo originale di Silvia Guidi, in forma di monologo, ampliando l’arco narrativo ed accentuando il contesto storico, allo scopo di descrivere il più dettagliatamente possibile l’essere umano nei suoi sentimenti e nel rapporto con Dio.” – annota il regista. “Rosalina, personaggio secondario di Shakespeare, cerca la sua rivalsa e trova qui lo spazio per tornare a raccontarsi e ad affrancarsi da quel poco che viene detto di lei, dall’opinione superficiale del pubblico in merito a quello che lei realmente desidera. Vuole dare chiarimenti sul suo personaggio, per raccontare veramente ciò che è e affinché non si travisi il suo senso d’essere. L’innesto di passi di Pirandello e Rilke partecipa a quest’intento: esprimere la necessità che Rosalina ha di essere, esistere, far arrivare correttamente chi è come essere umano.” Il Progetto Shakespeare2018 è, dunque, un micro festival che celebra William Shakespeare, le sue storie, i suoi drammi, i suoi personaggi, tra schermo e scena, avvicinandolo ad un pubblico più vasto ed eterogeneo possibile.
PROGRAMMA 17/10/2018 LETTERE D’AMORE SCRITTE A MANO di Cynthia Storari Con Tamara Bartolini e Michele Baronio
18/10/2018 LADY MACBETH SHOW di Sarah Biacchi Con Sarah Biacchi e Roberto Ciufoli Regia di Chiara Maione
19/10/2018 ROMEO AND JULIET CIRCUS di Gabriele Granito Con Gabriele Granito, Beatrice Messa e Fabio Massimo Maffei Regia di Gabriele Granito
20/10/2018 E 21/10/2018 ROSALINA – COME LA POLVERE E IL FUOCO di Silvia Guidi Con Giovanna Mangiu’ Regia di Michele Giovanni Cesari
SH-ORT-AKESPEARE Viaggio all’interno delle declinazioni dell’Essere Con Alessandro Averone Michele Giovanni Cesari Caterina Gramaglia Giovanna Mangiu’ Regia di: Alberto Basaluzzo Michele Giovanni Cesari Alessandra Schiavoni Cinematografia di: Alberto Basaluzzo Produzione Sycamore T Company
UFFICIO STAMPA Maresa Palmacci Tel: 348 0803972; mail: [email protected]
SOCIAL MEDIA MANAGER Martina Mecacci Mail: [email protected]
COMETA OFF: Roma, Via Luca della Robbia, 47 Orario del botteghino: dal martedì al venerdì dalle ore 15:00 a inizio spettacolo, il sabato e la domenica dalle ore 16:00 a inizio spettacolo, lunedì riposo. Telefono: 06.57284637
Biglietti: 10€ online, 11.50€ al botteghino+ 3 € di tessera associativa
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gazzettadimodena · 6 years ago
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Macchina del tempo in azione a Zocca in questo post ferragosto. Ieri e giovedì il centro storico si è acceso con la terza edizione del Vintage Picnic che ha letteralmente “arredato” via Tesi riportando le atmosfere anni '50-'60 https://ift.tt/2Bld9zw
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