#appunti di viaggio
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" La città è chiara, in nessuna altra città del mondo i punti cardinali sono così precisi e servono tanto all'uomo: Est, West, Sud, Nord. Si sa sempre dove ci si trova, e anche il Sole fa il suo corso rispettando le regole. Si è perfettamente collocati. Ma come? Forse il segreto è guardare attorno la gente e ci si sorprende allora della loro franchezza. Una sera capita per caso in un teatro sperimentale. New York ha tanti teatri che invece di andarci tutte le sere il turista-scrittore è stato tentato di scrivere una commedia. Ma una sera va in un teatrino dove non si rappresenta niente, se non quello che gli spettatori vorranno rappresentarvi. Il turista conta gli spettatori: sono quindici, lui compreso. Vi sono alcune ragazze e tre di queste salgono sui palcoscenico. Cominciano a raccontare la loro vita e a viverla senza vergogna e senza letteratura. Alla fine dello spettacolo il turista le ama. Un'altra sera, scendendo (come una palla nei piani inclinati di Galileo) la vite (the screw) del Museo Guggenheim, è felice perché ha capito — ma ha ancora tante cose da capire — che una città è fatta come la gente che ci vive. Egli sta semplicemente vivendo. "
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Brano tratto dall’articolo pubblicato su American Vogue il 1° novembre 1967 con il titolo «Travel», poi raccolto in:
Ennio Flaiano, Un giorno a Bombay e altre note di viaggio, a cura di Rossana Dedola, Rizzoli, Milano, 1980¹; p. 104.
#Ennio Flaiano#citazioni#letture#leggere#intellettuali italiani del '900#Un giorno a Bombay#anni '60#testi brevi#reportage#note di viaggio#New York City#USA#America#American Vogue#giornalismo#turisti#turismo#vivere#vita#Museo Guggenheim#teatro#Grande Mela#appunti di viaggio#meditazioni#riflessioni#città#cittadini#viaggiare#viaggiatori#Rossana Dedola
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[Appunti di viaggio nel variopinto universo della sessualità][Paolo Costa]
Scopri la complessità della sessualità umana in questo viaggio tra desiderio, emozioni e sfide. Una guida per orientarsi e ampliare i propri orizzonti, con approfondimenti su HIV/AIDS e altre tematiche sessuali. Unisciti a noi e contribuisci a migliorare
Esplorare la complessità della sessualità umana: un viaggio tra desiderio, emozioni e sfide Titolo: Appunti di viaggio nel variopinto universo della sessualitàA cura di: Paolo CostaEdito da: SomettiAnno: 2024Pagine: 164ISBN: 9788874959280 La sinossi di Appunti di viaggio nel variopinto universo della sessualità di Paolo Costa La dimensione sessuale è una componente fondamentale della vita…
#2024#AIDS#Anlaids Mantova#Appunti di viaggio nel variopinto universo della sessualità#gay#HIV#HIV/AIDS#Italia#LGBT#LGBTQ#libri gay#nonfiction#Paolo Costa#Saggi#Saggistica#Sometti
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Al confine coi miei pensieri Scivolo sull'erba dei campi Onde su onde i desideri E sogno di averti al mio fianco
in piscina. da sola è passata una nuvola, sono usciti tutti. io resto dentro con la tavola ad allenare le gambe. è quasi orario di chiusura. il bagnino non dice niente. credo si sia accorto delle mie tette discordi e abbia capito. macino vasche. gambe come un motorino a due tempi oppure a sirena. immagino di avere la coda. l'acqua increspata solo dal mio corpo. mi giro. guardo il cielo. una sola nuvola dai confini frastagliati e rondini. non è la prima volta che penso che la morte sia un po' così: un cielo con uccelli che volano via
Son tonnellate le cose non dette fra noi E le carezze ai cuscini M'abbandono ai desideri E scivola la mano sui fianchi Cerco amore coi soli pensieri E cado nei tuoi occhi salati
non dovevo essere qui oggi, ma eccomi a cercare di resistere al sole per avere un pallido segno del costume da mostrare. quando? eppure mi abbronzavo anche all'ombra, prima
Mi chiedi perché io gioco con le parole Sai come va difendo la mia zona
perché "sei mia" ha lo stesso effetto di un ti amo sussurrato alla fica? arraperà allo stesso modo anche chi lo dice?
Resto solo coi miei pensieri Nuoto nell'erba E passa il silenzio il mezzo a noi Son l'animale che parla da solo col vento
sapessi come fanno a pugni la ribellione e la voglia di cadere in ginocchio. fai della mia bocca quello che vuoi mentre mi ricordi di chi sono. mi giro. continuo a nuotare
Segno il mio confine Questo è il mio limite di animale di zona
e oggi vado all'estero per lavoro. che detto così pare chissà cosa. eppure è tecnicamente vero. lavoro. posso definirlo così ora? stazione deserta. a pranzo oggi? scusate, non posso, sono all'estero per lavoro. e mi viene da ridere, ma anche no. mi aspetta un viaggio di tre ore in totale tra andata e ritorno. porto il computer, gli appunti, la nostalgia del tuo corpo
Io uso parole come coriandoli di spine
uso parole come coriandoli di spine, cerco dove mi/ti fa male e spingo più forte
Questo è il mio confine Un autolimite di animale di zona
stazione deserta, caldo, fantasie, voglie
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𝗜𝗟 𝗦𝗔𝗕𝗔𝗧𝗢 𝗗𝗘𝗟 𝗠𝗔𝗧𝗨𝗥𝗔𝗡𝗗𝗢
𝗣𝗿𝗼𝗹𝗼𝗴𝗼
- Papà domani mattina mi accompagneresti in auto a scuola?
- Certo Gabriele, se vuoi. Perché questo cambio di programma?
- Eh, metti che la TEB - (metropolitana leggera a cielo aperto della nostra città) - sia in ritardo o abbia un guasto. Non voglio rischiare il giorno del mio esame finale.
- Giusta osservazione, cercare sempre la via sicura. Ti accompagnerò io.
𝟮𝟵 𝗴𝗶𝘂𝗴𝗻𝗼
La notte è stata insonne per lui, l'ho sentito alzarsi più di una volta.
Quelle notti dove sai che il giorno dopo ti giocherai un altro passo importante nel proseguimento della scuola. La chiusura della settimana degli esami per la maturità.
Un lustro di fatiche, incomprensioni, colpi di genio, inaspettati metodi di studio, che l'esperienza scolastica gli ha fatto trovare. I voti alti, le cadute, i pugni dati sulla scrivania, la voglia di recuperare con rabbia e di esserci riuscito alla grande. I sorrisi, quelli di quando mi annunciava di un voto alto che, forse, neanche lui si aspettava.
Credo che lui non lo sapesse, ma stava guardando gli occhi di un padre che credeva in lui e si aspettava tutto ciò.
Gli amici, le compagnie mai nate per quel maledetto virus che per molto tempo lo ha imprigionato a casa.
Era un 4 marzo, si aspettava la primavera per poter tornare ad assaporare le compagnie nel parco pubblico. Invece arrivò una terribile notizia, come se gli studenti fossero soldati e che dovessero andare in guerra. Chiusi nelle trincee (case) per colpa di un nemico invisibile. Così quell'acronimo DAD divenne di uso quotidiano.
La rinascita. Le amicizie che si consolidano, gli amori adolescenziali. Così puri, scanzonati e forse mai impegnativi.
Questa mattina il viaggio verso la scuola, a un certo punto, è diventata una processione. File di ragazzi vestiti eleganti, per un appuntamento che svolterà la loro vita. Tailleur, completi e tante camicie bianche.
A un semaforo, mentre si attendeva il verde, noto questa ragazza. Tratti sudamericani che richiamano le nobili dinastie delle civiltà precolombiane. Vestita di tutto punto, con un mazzo di fiori tenuto sotto braccio mentre con le mani teneva aperto un grande quaderno con gli appunti. Mentre camminava a testa alta stava ripetendo a voce alta la sua: "dichiarazione volontaria di prendere a tutti i costi quel diploma, con un voto alto".
Probabilmente non potendola accompagnare a scuola, qualcuno, le ha donato quel mazzo di fiori come un rituale di buona sorte.
Era bellissima, volevo dirle dal finestrino quando mi stava passando vicino: "andrà tutto bene, sarai magnifica".
Ma non sapevo come avrebbe reagito, se per sorridere allentando la tensione o arrabbiandosi perché le avrei fatto perdere la concentrazione. Così glielo detto col cuore.
Arrivati a scuola il saluto, l'abbraccio. Le parole che non gli ho detto per non caricarlo di ansia, ma che ho tutte qui nel mio cuore.
La promessa. Quella di mandarmi un messaggio su WhastApp appena avrà finito il suo esame.
Sto scrivendo questo post proprio mentre lui sta raccontando, spiegando, gesticolando e impegnandosi per chiudere un percorso scolastico che lo vedrà, da subito, in pista per l'Università.
A volte mi fermo a pensare quanto possa essere stato un pessimo padre. Poi penso al fatto che i miei figli sono tutto quello che avrei voluto essere io. Loro ci sono riusciti. Forse noi genitori, alla fine, non siamo stati poi così male.
p.s. stavo per postare questo mio pensiero. Quando su WhastApp appare questo messaggio: "finitoo🥹🥹🥹"
Ho fatto click di invio di questo post con gli occhi lucidi, non riuscendo più a leggere per le lacrime. Adesso scusatemi ma devo levarmi dagli occhi tutte quelle soddisfazioni che non ho mai avuto, ma che sono riuscito a far avere a chi conta più della mia stessa vita.
#libero de mente#maturità#maturità 2024#figli#scuola#padre#emozioni#gioia#diploma#pensiero#frase#vita#amore
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Questo weekend ho fatto una delle cose che mi ero ripromessa di fare più spesso, anzi due: passare del tempo con le mie amiche di persona e dedicare di nuovo attenzione all'antropologia, che dopo la tesi ho messo un po' troppo in disparte.
Con la mia vecchia compagna di studi siamo andate a seguire degli incontri a Pistoia, organizzati proprio sul tema dell'antropologia dell'alimentazione, sulla cultura e sulle retoriche del cibo, sulle pratiche e i miti più o meno recenti che gravitano intorno alla cucina e alla produzione di ciò che mettiamo a tavola. Bellissimo *_*
Purtroppo siamo riuscite a stare solo una giornata su tre, e abbiamo perso uno degli interventi che avremmo voluto seguire di più, ma non si può avere tutto (e proprio la "temperanza" era uno dei concetti cardine di uno degli interventi che abbiamo ascoltato, quindi abbiamo cercato di contenere la delusione u_u)
Questi sono i miei appunti sparpagliati rimuginati tra ieri e oggi, in attesa di rimettere ordine nei miei pensieri:
* Sullo Sprecometro di Andrea Segrè gli astronauti della stazione spaziale sarebbero sempre ai primi posti di tutte le classifiche, ma quanto è difficile essere parsimoniosi senza un team alle spalle
* Chissà se Stefania De Pascale ha visto "For all Mankind" e quanta fantascienza c'è stata nell'infanzia di chi lavora in questo campo - chissà che ne penserebbero Fabio Dei (ricordando sua lezione dal Festival di antropologia di Bologna) e Dario Bressanini
* Se la tavola serve al dialogo e dialogare a tavola e sulla tavola serve a tutti noi, seguire il filo dei discorsi di Marino Niola e Enzo Bianchi è un viaggio nel linguaggio più suggestivo tra metafore e allegorie, una serie di immagini potentissime
* La concretezza dei numeri sulla produzione di carne di Stefano Liberti è agghiacciante anche dopo aver scritto una tesi su questi argomenti ed è tra i migliori esempi della complessità dei mondi culturali di cui parlava Adriana Destro nel mio primo libro di antropologia
* Chissà se la dimensione relazionale delle scelte alimentari collettive di cui ha parlato Adriano Favole ci porterà verso un equilibrio sostenibile prima o poi - sarebbe meglio prima che poi... - tra i paradossi dell'abbondanza e i limiti della memoria storica e la costruzione di nuove abitudini a tavola (quando ha parlato della neo-tipicità della carne in scatola in polinesia e al paragone con l'importazione della pizza in Italia non ho potuto fare a meno di pensare ad Alberto Grandi)
* Alla ricerca delle foto di Marco Aime, abbiamo visitato alcuni locali tra i vicoli e le piazzette di Pistoia, incrociando insegne di "corsi di recupero per vegani" e mostre fotografiche dedicate alla "fame chimica": sulla sola retorica sul cibo ci sarebbero ore di dialoghi da fare
* Grande emozione incontrare al volo Massimo Montanari e ringraziarlo per aver dato il via alla passione per questi argomenti 20 anni fa, ancora più bello farlo insieme alla mia amica considerato che la nostra amicizia è nata proprio tra i banchi di quel corso
* Quanti libri vorrei leggereeeee
* Per fortuna ci sono i video su youtube per recuperare gli incontri persi
Comunque non potevo non prendere appunti, ovviamente u_u
Questa invece sono io che aspetto il treno per rientrare con 50 minuti di ritardo, ma niente può guastare questo weekend cominciato con gli gnocchi fatti in casa dalla mia amica u_u
E comunque ne ho approfittato per cominciare un libro che sembra proprio bellissimo *_*
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Un bicchiere di vino con un panino....
In una mia riposta ad un post molto bello di @cinismoerancore avevo scritto che se mi fosse piaciuto il finale del libro che stavo leggendo ne avrei scritto, perché si legava ad un tema che il post tendeva a sottolineare (anche @biggestluca mi ha chiesto che libro fosse).
Voglio subito dire due cose: Felicità© di Will Ferguson, scritto per la prima volta nel 2001, uscito per Feltrinelli qualche anno dopo e riproposto, con nuova traduzione di Andrea Bezzi, che curò anche la prima stampa, da Accento, è un libro da leggere. Per due terzi meraviglioso, sul finale si poteva fare di più. Vi dico subito l'altra cosa che non mi è piaciuta, la copertina:
Quella di Accento non ha nessun riferimento al libro, mentre invece la prima di Feltrinelli si
(per chi è curioso lo spiego in privato).
Restano da dirvi due cose: il libro è la storia di Edwin De Valu, junior editor alla Panderic Inc., casa editrice di New York il cui più grande successo sono i Manuali di Mr Etica, bizzarro personaggio che voleva insegnare fondamenti filosofici per vivere meglio, ma va in carcere per aver ucciso e sotterrato in giardino gli ispettori del Fisco che erano andati a fargli visita. Edwin è specializzato in manuali di autoaiuto, alla Panderic quando arrivano manoscritti del genere vengono messi ad attendere in uno spazio, la montagna di fuffa, sopra la quale campeggia la lavagna con la collezione delle più improbabili espressioni trovate alla prima, unica e superficiale lettura. I libri si accumulano, ma un giorno arriva a Edwin un manoscritto di oltre mille pagine, con appunti a penna e stantii adesivi di margherite. Ha un titolo, Quello che ho imparato sulla montagna, e un autore, Tupak Soiree, che ad Edwin puzzano di broglio da chilometri. Il libro fa la fine di tutti gli altri. Solo che stavolta il suo capo, il Signor Mead, nell'attesa di pubblicare il manuale definitivo sul perdere peso mangiando porco fritto, vuole un titolo che rimpiazzi quelli di Mr Etica. Edwin spavaldamente dice di averne uno straordinario, solo che ritornando nel suo cubicolo ufficio non trova più il libro con le margheritine. Inizia qui il primo viaggio: alla ricerca fisica del manoscritto. Che nel modo più assurdo possibile verrà pubblicato. E nel modo più assurdo funzionerà, regalando ai suoi milioni di lettori la felicità. Ma qui viene il bello (che ovviamente non vi svelo): che conseguenze ha sul mondo il fatto che la gente, di punto in bianco, si senta felice?
In uno stile ironico, lineare e a certi tratti sottilmente drammatico (poichè dietro certi passaggi da ridere ci sono riflessioni profondissime), Ferguson lega il mondo della comunicazione con quello della costruzione sociale di ciò che siamo: lo scrisse nel 2000, quindi lontano da quello che siamo adesso dove l'aspetto è totalmente più pervasivo, ma ci sono già dei pilastri del sistema ben chiari. Non è solo ironia sul ruolo dell'autoaiuto, che oggi si è spostato dai manuali al webinar o alle pagine dei social network, non è solo la capacità di dare l'impressione che siamo in grado di prevedere gli eventi (frase cult: "il marketing? come capacità predittive delle tendenze siamo una tacca sotto al controllo delle viscere degli animali), ma anche l'accento, tra il serio e il faceto, su tutte le attività che sappiamo chiaramente distruttive (spesso per noi, spesso anche per gli altri) ma che sono fondamentali per la vita economica, sociale e persino culturale del mondo, tanto che il povero Edwin si troverà a fronteggiare una parte di questa porzione di mondo rimasta tagliata fuori dall'esplosione della felicità, venendo a mancare questo assunto:"tutta la nostra esistenza si fonda sul dubbio e l'insoddisfazione. Pensa che cosa succederebbe se tutti fossero veramente, autenticamente, felici" (pag. 230).
Si può fare critica sociale ridendoci su? La domanda sembra quasi inopportuna: però ci sono state delle pagine, quando all'inizio il cambiamento si diffonde come un virus alternativo, che mi hanno fatto pensare davvero tanto. Perchè è lampante come certi meccanismi ormai non siano nemmeno più sottotraccia, tipo passare dall'idolatria al dileggio in pochi giorni o scoprire alla prova dei fatti che le ricchezze basate sul nulla producono soldi veri per pochissimi e fregature per tantissimi, oppure indirizzare l'attenzione a specifiche categorie sociali, incapaci o a cui non è più permesso un coinvolgimento intellettuale a ciò che sta intorno loro, e che sia evidente che questi meccanismi siano ormai irrefrenabili, se non cambiando radicalmente il sistema, tanto che segnalarne le storture è presa come una questione di invidia.
Edwin De Valu , lo dice in un passo delizioso quando il Signor Mead gli chiede di lavorare su <<un manuale di autoaiuto per donne sovrappeso che spieghi come fare a mangiare maiale e perdere peso. sarà una nuova teoria. Possiamo chiamarla "il paradosso del porco">> (pag. 150), si è laureato in letteratura comparata con tesi su Proust, da una prospettiva postmoderna. Lui è l'autore di una delle più grandi immagini della felicità, che come rassicurazione suppongo sia ancora presente nell'animo di molti di noi:
Mi portai alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato che s’ammorbidisse un pezzetto di madeleine. Ma nello stesso istante in cui il liquido al quale erano mischiate le briciole del dolce raggiunse il mio palato, io trasalii, attratto da qualcosa di straordinario che accadeva dentro di me. Una deliziosa voluttà mi aveva invaso, isolata, staccata da qualsiasi nozione della sua casa. Di colpo mi aveva reso indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità, agendo nello stesso modo dell’amore, colmandomi di un’essenza preziosa: o meglio, quell’essenza non era dentro di me, io ero quell’essenza. Avevo smesso di sentirmi mediocre, contingente mortale. Da dove era potuta giungermi una gioia così potente? Sentivo che era legata al sapore del tè e del dolce, ma lo superava infinitamente, non doveva condividerne la natura. Da dove veniva? Cosa significava? Dove afferrarla? Bevo una seconda sorsata nella quale non trovo di più che nella prima, una terza che mi dà un po’ meno della seconda.
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Appunti di viaggio
I.S.A.
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Do not remove the captions pls.
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[La commedia all'italiana]
“ La commedia all'italiana, nella confusione dei generi, ha il grande merito di non aver allontanato del tutto il pubblico. Qui non si parla di capolavori, sappiamo bene che i capolavori sono mosche molto rare, e sappiamo anche chi li fa. Ma uno strano comportamento degli altri "capolavori" italiani è che si tratta quasi sempre di tragedie che col tempo si avviano a diventare comiche. Le eccezioni sono rare, e sappiamo tutti quali sono gli autori che resistono all'usura del tempo: Rossellini, Fellini, Antonioni, Rosi, un altro paio li lascio scegliere a voi. Gli altri preferirei tacerli, pensano già troppo loro stessi a farsi pubblicità, a spargere il terrorismo ideologico e artistico, e alla fine viene voglia di difendere "la commedia all'italiana", soprattutto se si pensa a quei "capolavori" che hanno i minuti contati e rendono pensoso il ceto medio, sempre sull'onda della moda. La commedia italiana ha rivelato una certa Italia che esiste, e che gli italiani avevano sotto gli occhi e non vedevano.
L'Italia dei soliti ignoti (bisognerà rifarsi a questo lontano film di Monicelli), quella dei "mostri", della legislazione arretrata, del boom e delle congiunture, l'Italia della televisione, della provincia ormai tentacolare, dei moralisti e degli imbroglioni. L'Italia, insomma, che esce dalla commedia dialettale e sentimentale per guardarsi com'è fatta. Si è scoperto un tipo di italiano eterno, che viene da Machiavelli, e che affronta la vita con tranquilla amoralità, comicamente e talvolta con una certa disperazione. I nostri comici bene o male rappresentano l'Italia. Sordi e Tognazzi, Gassman e Manfredi sono l'Italia. Ne siamo circondati. Oltre che parlare di registi (Risi, Scola, Salce e altri) qui bisogna parlare anche degli scrittori, e cito i quattro più rispettabili, Rodolfo Sonego, Age e Scarpelli, Ruggero Maccari. Bene, si ha l'impressione, leggendo le critiche dei giornali, che costoro debbono passare il tempo a difendersi dall'accusa di facilismo. Io ammiro in loro invece la grande fecondità inventiva, lo spirito di osservazione sempre aggiornato, l'agilità costruttiva delle loro storie, e l'umorismo oltre che la comicità. È un cinema che è una variazione attuale della commedia cinquecentesca, fatto con lo stesso spirito di spregiudicatezza dei tempi d'oro. Faccio qualche esempio: chi ha visto "Riusciranno i nostri eroi etc.", si è reso conto che finalmente l'italiano esiste, appunto perché trasportato fuori del suo habitat. Chi ha visto l'episodio delle due checche nel film "Vedo nudo" non ha potuto non ammirare la semplice grazia dello svolgimento e della recitazione. E chi ha visto Sordi nell'ultimo episodio della "Contestazione generale", sa che siamo davanti ad un piccolo capolavoro, piccolo ma resistente. Infine mi sembra che la commedia all'italiana, anche nei casi più clamorosi (Il medico della mutua) pur con tutte le sue facili risate indica problemi che sollevati dalla saggistica, dal giornalismo, dalla narrativa, chissà perché annoiano. “
Ennio Flaiano, Frasario Essenziale - per passare inosservati in società, introduzione di Giorgio Manganelli, Bompiani (collana Nuovo Portico, n° 41), 1986¹; pp. 78-79.
Nota: Il volume è una raccolta postuma di scritti inediti e varî (taccuini, appunti, fogli sparsi di diario o di viaggio).
#Ennio Flaiano#libri#letture#leggere#anni '60#recensioni#Frasario Essenziale#cinema italiano#Dino Risi#Ettore Scola#Vittorio Gassman#Alberto Sordi#Ugo Tognazzi#I soliti ignoti#Giorgio Manganelli#Francesco Rosi#citazioni#Nino Manfredi#Michelangelo Antonioni#italianità#anni sessanta#diaristica#Roberto Rossellini#celebrità#Federico Fellini#Italia del boom#Mario Monicelli#vizi#virtù#carattere nazionale
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i was tagged by @wormdream to shuffle my music and share the first ten songs that appear. i am doing this from my computer which has some stuff that i don't listen to anymore on it and also has a bunch of live bootlegs and b-side/compilation/unofficial stuff that i'll probably skip for this. thank you, anyways! <3
everything that could have been - kittie. from the album funeral for yesterday. i think there's too much repetition in this song at the end. could have been either condensed down or added some more words to it. i am excited for the new kittie album though!
put your hand inside the puppet head - they might be giants. from their album they might be giants. i love the music video for this song.
a man alone - aaron freeman. i did say i was going to skip the unofficial stuff, but this stopped me in my tracks. i only went through aaron's music once and should totally revisit it again. i have two versions of this on my computer, one is thirty seconds longer than the other. i got the shorter one. very sweet, very somber.
gioco d'azzardo - paolo conte. from his album appunti di viaggio. the instrumentals are great in this. conte is just really good at writing music. i still haven't heard all of his albums though.
paloma - tall juan. my beloved tall juan!!! i got into him in high school whilst looking for free stuff on bandcamp. he is also friends with mac demarco who i used to listen to all the time. i think it's funny how the lesser known artist that i found out about through a bigger artist stuck with me and the larger artist didn't. i was so happy to have seen him in february. he was so nice and very funny.
town to town - hello the band. one of flansburgh's side projects. it's a good song. i think it's interesting to see what they make without the other john.
mad (feat. lil wayne) - solange. from a seat at the table. i haven't listened to this album in a long time. i listened to this a lot in high school. her voice is sooooo beautiful! this is still the only album i have heard by her. i should take the time to listen to her other albums some day. ALSO she had the best song in yo gabba gabba.
the last song - sleater-kinney. from their self titled album. i am still on the fence about them. this is the only album i heard from them, i found it at a thrift store. maybe i'll enjoy their other albums more or maybe i just need to listen to this one more. sometimes whenever i finally listen to an album by a band that is influential within a specific scene, i get the opinion of this is something i would have liked more when i was an angsty teenager and was being introduced to punk with the more well known stuff. like i am at a place where i don't need the introductory stuff, i already have bands that are deeper into that genre that i can jam out to. does that make any sense? they're not bad like listening to ramones or some shit. like why would you waste your time with ramones or sex pistols or some other shitty popular punk band? sleater-kinney i can appreciate and would have loved as a kid when i needed more female fronted bands that were really cool and were more of my style. kittie is another example of this. i do love kittie a lot, but i wish i knew about them before as a kid. we should revisit this topic later.
tender situation - ween. from the album pure guava. ween is another band where i wish i got into when i was a kid. same with tmbg. i think i would have had the opinion that their early stuff was better unfortunately, however, they would have been perfect for fourteen year old me. i could have been burning their stuff onto cds for friends and making them listen to it like i did with daniel johnston. i love ween. i got into them after listening to most of the flaming lips' albums and was so disappointed by their stuff and ween ended up being exactly how i was hoping the flaming lips would sound.
(system)control - bleed the pigs. from the mortis fatum ep. FANTASTIC BAND! exactly what i needed after listening to so much boring indie rock. i neeeeeed to listen to more bands like them. the mixing is exactly what i like with the vocals not being too high up which i find is a problem in a lot of metal and punk and just rock in general. everything about them is just perfect!
well...i won't tag anyone for this. the commentary wasn't even part of the tag game, i just like to talk about music.
#i had a whole different list at first but completely scrapped it#i know that defeats the purpose however i wasnt fucking with it#also for this new list i listened to every song through unlike the first time#i wish i could add all my records tapes and cds to this#i am more diverse with my music when it comes to physical media. it's easier to get into stuff that way for me
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Ho dimenticato la mia agenda a Roma e dato che avevo bisogno di segnare alcune cose da ricordare per domani ho usato un vecchio taccuino iniziato nel 2021 e che ho portato per qualche motivo, forse perché quando sono arrivata l'agenda ancora non ce l'avevo o forse sì ma era troppo piccola. E ho capito mentre sfogliavo questo vecchio taccuino perché non mi piacciono le agende: perché non mi piace questa storia di legare i pensieri e le cose ai giorni, un po' sì ma un po' no, mi piace vederli in modo orizzontale, come un'evoluzione non necessariamente e non strettamente cronologica. Questo taccuino è nato nel 2021, prendevo appunti di un corso di filosofia del linguaggio su Benveniste e i verbi essere/avere, sicuramente il corso più bello che io abbia mai seguito nella mia vita, e poi ha ospitato gli appunti del corso su cui poi avrei fatto la tesi di magistrale, qualche appunto di cose da portare in viaggio, note di quando volevo rendere il mio piccolo balcone il mio luogo preferito della casa, propositi per il 2022, i miei desideri sono diversi ma tanti sono rimasti gli stessi
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Sabato mattina ore 8:30, si parte. È solo una notte fuori sì, ma io neanche riesco a fare la valigia. Scrivo, prendo appunti, dormo poco, esco di casa e ti aspetto. Tu guidi, io guardo la cartina, come in un film degli anni 60. Mi dici che questa cosa è davvero troppo carina, la penso come te. Tutto lo stress, l’ansia per il lavoro, la casa, gli esami, la stanchezza. In un attimo, tutto scomparso. Un lungo viaggio per noi, che ancora non avevamo mai viaggiato fisicamente insieme, ed io parlo, parlo tanto, come sempre, e tu mi prendi in giro, sorridendo.
Guardo fuori dal finestrino, ascolto la musica e poi ti tengo la mano. Un viaggio leggero, il mio primo viaggio leggero dopo anni in cui uscire di casa era quasi un premio, era accontentare un capriccio, era fatica, era un qualcosa da scontare i giorni seguenti. Mi giro spesso verso di te, sei felice, io pure. Ancora non mi sembra vero. Arriviamo ed è tutto un camminare, esplorare, sentire, scherzare, ridere. Cerchiamo un posto un po' sperduto per mangiare un panino e poi ci immergiamo in un luogo da fiaba che neanche immaginavo potesse esistere. E qualcosa ci entra dentro, lo sentiamo entrambi. E lo so, custodiremo quel giorno e tutti i suoi segnali nel cuore, per sempre.
A tutto questo, a quello che verrà, a tutte le altre avventure e alle meravigliose gioie quotidiane, allo stringersi forte, e a quello che in poco tempo siamo diventati io e te.
Siamo una squadra, non dimenticarlo mai! ❤️
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Margaretha Geertruida Zelle,
nome d’arte
Mata Hari (1876-1917).
In malese Mata Hari significa "giorno" o "occhio del sole". Foto: Robert Hunt.
Nelle prime ore del 15 ottobre 1917, Mata Hari, una delle spie più famose del 20° secolo, fu svegliata nella sua cella di prigione. Era giunta la sua ora. Su sua richiesta fu battezzata e, data una penna, inchiostro, carta e buste, Mata Hari fu autorizzata a scrivere due lettere, che la direzione del carcere non spedì mai. Scarabocchiò frettolosamente gli appunti prima di indossare le calze nere, i tacchi alti e un mantello di velluto bordato di pelliccia.
Dalla prigione di Saint-Lazare fu trasferita al castello di Vincenne, alla periferia di Parigi. Erano appena passate le 5:30 quando affrontò il plotone di esecuzione composto da 12 fucilieri. Le venne offerto una benda per gli occhi, ma lei rifiutò: la leggenda narra che mentre gli ufficiali prendevano la mira, Mata Hari mandò loro un bacio. Dei dodici colpi, solo quattro la colpirono. Nessuno reclamò il corpo, il quale fu trasportato all'Istituto di medicina legale di Parigi, sezionato e in seguito sepolto in una fossa comune.
Nata nel 1876 nei Paesi Bassi, Margaretha era stava svezzata nell'agio, ma si trovò presto a dover fare i conti con l'indigenza dopo il tracollo finanziario della sua famiglia. Nel1890 il padre l’abbandonò e la madre morì l’anno dopo. Lasciata la casa natale il padrino la mandò in un collegio per future maestre, ma le eccessive attenzioni del direttore la costrinsero ad abbandonare la scuola .
A 19 anni Margaretha , quattro mesi dopo aver risposto a un annuncio di cuori solitari, si ritrovò sposata con Rudolph "John" MacLeod, un ufficiale alcolizzato dell’esercito delle indie orientali che aveva quasi il doppio della sua età. Il matrimonio non fu dei più felici. Il marito aveva pochi soldi e molti debiti e un buon numero di relazioni extraconiugali.
Nel 1897, in viaggio verso Sumatra con il figlio Norman-John e il marito, Margaretha scoprì che quest’ultimo le aveva trasmesso la sifilide.
Nel 1898, la coppia ebbe una bambina, Louise Jeanne, ma la loro relazione non migliorò.
La famiglia venne sconvolta dalla tragedia della perdita del piccolo Norman, che morì l’anno dopo, probabilmente avvelenato (forse a causa di medicinali o per vendetta). Nonostante gli sforzi per riprendersi dal grave lutto, la vita continuò a essere insopportabile per la giovane madre, che arrivò a sfiorare la follia.
Nel 1902, Margaretha e il marito si separarono definitivamente; lui ottenne la custodia della bambina, mentre lei si trasferì a Parigi per tentare la fortuna.
Consacrata, il 18 agosto 1905, dopo l'esibizione al teatro dell'Olympia, come l’«artista sublime», Mata Hari iniziò una tournée che fu un vero e proprio trionfo, venendo incontro alla fantasia, ingenua e torbida e al fascino proibito dell'erotismo. Alla fine del 1911 raggiunse il vertice del riconoscimento artistico al Teatro alla Scala di Milano.
Mata Hari era considerata la donna più affascinante e desiderabile di Parigi: frequentava uomini altolocati che la riempivano di regali costosi solo per godere della sua compagnia.
Nel 1914 si recò a Berlino per un nuovo spettacolo, ma quello spettacolo non ebbe mai luogo: con l'assassinio del principe ereditario austriaco, finì la Belle Epoque ed ebbe inizio la Prima guerra mondiale.
Mata Hari viaggiava molto e, per questo, catturò l’attenzione del mondo del controspionaggio. Nell’autunno del 1915, la danzatrice ricevette una cospicua somma di denaro dai tedeschi per svolgere attività spionistica a favore della Germania. Mata Hari accettò e così venne arruolata nelle file segrete del Kaiser; agente H21 fu il nome in codice che le venne assegnato.
Tuttavia, giunta in Francia, la danzatrice pensa di poter guadagnare ancor di più arruolandosi anche per i servizi segreti francesi.
Inizia la doppia vita dell’agente Mata Hari costretta a tenere i rapporti con due nazioni avversarie, a muoversi in due paesi lavorando per entrambi.
Su di lei sono puntati gli occhi dei servizi segreti di tre paesi: i Deuxi��me Bureau di Parigi, i primi a insospettirsi e a pedinarla, gli Abteilung IIIb di Berlino e infine i Secret Intelligence Service di Londra. I tedeschi sono i primi ad avere le prove del suo tradimento e vogliono che anche i francesi la scoprano per poterla così eliminare.
L'ipotesi che i tedeschi avessero deciso di disfarsi di Mata Hari - rivelandola al controspionaggio francese come spia tedesca - poggia sull'utilizzo da loro fatto in quell'occasione di un vecchio codice di trasmissione, già abbandonato perché decifrato dai francesi, nel quale Mata Hari veniva ancora identificata con la sigla H21. In tal modo, i messaggi tedeschi furono facilmente decifrati dalla centrale parigina di ascolto radio della Torre Eiffel.
Il 2 gennaio 1917 Mata Hari rientrò a Parigi e la mattina del 13 febbraio venne arrestata nella sua camera dell'albergo Elysée Palace e rinchiusa nel carcere di Saint-Lazare.
Durante il processo, i tanti ufficiali francesi dei quali fu amante, interrogati, la difesero, dichiarando di non averla mai considerata una spia.
Fu giustiziata nelle prime ore del 15 ottobre 1917. Aveva 41 anni.
Immagine: Mata Hari posa con un vestito di pizzo agli inizi del XX secolo
Fonti:
enciclopediadelledonne di Ludovica Midalizzi
Wikipedia
storicang matahari, di Pat Shipman
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Ci sono libri che si posseggono da vent’anni senza leggerli, che si tengono sempre vicini, che uno si porta con sé di città in città, di paese in paese, imballati con cura, anche se abbiamo pochissimo posto, e forse li sfogliamo al momento di toglierli dal baule; tuttavia ci guardiamo bene dal leggerne per intero anche una sola frase. Poi, dopo vent’anni, viene un momento in cui d’improvviso, quasi per una fortissima coercizione, non si può fare a meno di leggere uno di questi libri d’un fiato, da capo a fondo: è come una rivelazione. Ora sappiamo perché lo abbiamo trattato con tante cerimonie. Doveva stare a lungo vicino a noi; doveva viaggiare; doveva occupare posto; doveva essere un peso; e adesso ha raggiunto lo scopo del suo viaggio, adesso si svela, adesso illumina i vent’anni trascorsi in cui è vissuto, muto, con noi. Non potrebbe dire tanto se per tutto quel tempo non fosse rimasto muto, e solo un idiota si azzarderebbe a credere che dentro ci siano state sempre le medesime cose.
Appunti 1942-1993, Elias Canetti.
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Per me Leopardi non costituisce studio, ma pura evasione. Può sembrare un paradosso, cercare - e trovare - la felicità in un noto pessimista (sebbene ri-valutato) e la serenità in un personaggio complesso, imprendibile, frustrante per chi esiga una totale tomografia fenomenica. Per quanto sia auspicabile che la biografia degli artisti non sia più ingombrante della loro opera, la vita di Leopardi, la sua persona, sono entrate nell'immaginario popolare e in quello di altri artisti, che hanno così creato, dal nucleo originario del dato reale, una costellazione di ampliamenti, interpretazioni, corresponsioni.
L'ombra di Leopardi perdonerà il verosimile, pensa Giampaolo Rugarli, autore del libro Il bruno dei crepuscoli, perché è meglio il verosimile che abbia un'anima, e giunga al pubblico, piuttosto che l'arido vero, illuminato da una cruda luce, che non commuova altrettanto o addirittura per nulla. Perché non rendere la stessa vita di Leopardi una poesia (revisionata, balbettata, enunciata con una voce ch'è quasi un fiato, ma tesa e tenuta insieme da un filo di senso superiore)? Sembra quasi cosa dovuta, piuttosto che intento per il quale ci si debba scusare.
Rugarli in questo intento riesce benissimo; con risultati esteticamente altalenanti, ma compensati dall'altalena di emozioni che riesce a generare nel lettore. Qui e lì, la carenza di materiale biografico certo, si rende evidente, non sufficientemente coperta dall'invenzione letteraria, che pure si mantiene sempre coerente; non tradisce la logica né la psicologia; non rompe l'incanto della sospensione dell'incredulità.
Il primo capitolo è costituito dal monologo della cugina di Leopardi, Geltrude Cassi Lazzari, giovane e robusta donna maritata che si sorprende ad essere turbata dal cugino molto più giovane di lei, sgraziato e deforme, che però fa baluginare intelligenza e carisma tali da trasformare la pena e il fastidio iniziali in un delirio che la tiene sveglia.
Il secondo è anch'esso un monologo, scritto come personale orazione funebre, dalla prostituta romana Dafne, che ricorda, probabilmente a un passo dalla morte per colera, il periodo in cui la sua vita s'intrecciò, in modo impalpabile e inesplicabile, ma persistente, alla vita del ragazzo Leopardi, ospite dello zio Antici.
Il terzo è costituito dagli appunti del giovane nobiluomo Papadopoli, allievo di latino e greco del Leopardi. I due diventano amici, e il ragazzo diventa preoccupato spettatore della vicenda in cui Leopardi cercherà l'umiliazione prostrandosi ai piedi della rotondeggiante, umoralmente labile dea Teresa Carniani Malvezzi.
Nel quarto capitolo, Ranieri accenna, in una lettera alla sorella, ai tumulti sentimentali del periodo fiorentino di Leopardi, in cui egli passa dalla venerazione della virago Fanny Targioni Tozzetti all'abbandono a lui, testimoniato dalle famose letterine amorose con cui lo implorava di tornare a Firenze, manifestando la volontà di quel "sodalizio" che poi si protrasse ben oltre il volere dei suoi contraenti.
L'ultimo capitolo, redatto dal medico Mannella, testimone del periodo più aspro della malattia di Leopardi, quello napoletano, è il più drammatico e torbido, in cui le ambiguità, le menzogne, le manipolazioni operate dai fratelli Antonio e Paolina Ranieri, sembrano isolare il fragilissimo Leopardi in un precoce sudario di morte, desiderata e provocata, che infine si compie.
È un viaggio a più voci attorno alla psiche di Leopardi, che riesce a restituire un ritratto profondamente armonico e credibile della sua personalità, dal quale lo scaturire della sua opera sembra naturale, quasi necessario. Questa non è una mera biografia, ma un'opera letteraria parallela, a sé bastante, che paradossalmente potrebbe funzionare anche se Leopardi non fosse mai esistito come persona reale, ma fosse stato, da sempre e per sempre, un personaggio padrone dell'immaginario, e la sua vita una parabola archetipica in cui ciascuno può rispecchiarsi e provare a interpretarsi.
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Dai ricordi dell'anno scorso.
22 settembre, mattina.
Lui entra nel parcheggio con il suo SUV, molto SUV. È sicuro di sé. Giovane, alto, belloccio, abbronzato, capelli dal taglio che porta la firma di un appassionato di Renzo Piano, guarda con l'occhio vigile, il posto che si è appena liberato.
Dietro il SUV, una piccola, datata, utilitaria Fiat con alla guida una suorina, datata anche lei.
La suorina suona il clacson della piccola Fiat, il belloccio, forse per l'altezza, non sente.
La suorina insiste come l'Alleluia della Notte Santa. Il Suvvista guarda dallo specchietto retrovisore e, probabilmente, non vede nulla. La piccola suorina è nella piccola macchina dietro al grande, alto, Suv. Il giovane, alto, belloccio, abbronzato, parcheggia con una disinvoltura che ha un retrogusto di arroganza.
La suorina passa di lato e fa un gesto con la mano aperta da accompagno, probabilmente lo voleva mandare, magari insieme a qualche santo, verso un luogo di calma e meditazione.
Il giovane, dal taglio di capelli perfettamente simmetrico come un'aiuola della Reggia di Caserta, non si accorge del gesto augurale della suorina, apre lo sportello della sua vettura e scende.
Peccato, la suorina sia già andata via con i suoi santi e le sue alleluia. Il giovane, belloccio, abbronzato, una volta sceso, una volta calatosi dal predellino del suo Suv, rivela la sua diversamente altezza, la suorina avrebbe potuto guardarlo negli occhi e raccomandargli un sereno viaggio.
A volte, un SUV è come un tacco 12, slancia, ma poi si deve scendere.
Spesso, l'eleganza, l'intelligenza, l'ironia fanno diventare altissimi, a prescindere dai centimetri.
Appunti di cronaca da attesa in un parcheggio.
#ilcaffèdimarek
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PAGATI PER VIAGGIARE IN CAMPER: IL LAVORO DEI SOGNI IN AUSTRALIA
Viaggiare in uno dei luoghi più belli del mondo ed essere pagati per farlo. Un’offerta di lavoro da sogno è stata lanciata dalla piattaforma di lavoro Deel e prevede uno stipendio di 5.000 dollari neozelandesi al mese (circa 3.000 euro) per avventurarsi con un caravan super accessoriato tra l’Australia e la Nuova Zelanda.
Si tratta di diventare ‘nomadi digitali’, cioè viaggiatori che creano contenuti digitali da pubblicare su una piattaforma di viaggi e sui social network e documentare il viaggio con fotografie, video, appunti e curiosità. Oltre allo stipendio è previsto il rimborso per tutti gli spostamenti, l’attrezzatura informatica e fotografica e il cibo. Per ottenere il lavoro bastano pochi requisiti, oltre alla patente di guida; essere un gestore di account social con un’esperienza di almeno tre anni, avere un passaporto valido e un’ottima conoscenza dell’inglese, oltre a una buona capacità di adattamento e di spirito di avventura. Si cerca una persona capace anche di organizzare riunioni in remoto e di intervistare persone e partner durante il percorso. L’orario di lavoro è flessibile e prevede viaggi di almeno sei mesi. Deel dichiara nel bando anche di essere interessata a qualcuno con un legame speciale con l’Australia e la Nuova Zelanda, anche i superfan de “Il Signore degli Anelli”.
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Fonte: Deel
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