#Retorica
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A distanza di giorni ho letto lo sproloquio reboante dell’attuale Ministro della Cultura Alessandro Giuli.
Non è insignificante. È banale. Un vestito appariscente che nasconde il trito, il ritrito e il quasi niente.
«Di fronte a questo cambiamento di paradigma, la quarta rivoluzione epocale della storia delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale, il rischio che si corre è duplice e speculare. L’entusiasmo passivo, che rimuove i pericoli della ipertecnologizzazione, e per converso l’apocalittismo difensivo che rimpiange un’immagine del mondo trascorsa, impugnando un’ideologia della crisi che si percepisce come processo alla tecnica e al futuro intese come una minaccia».
Provo a tradurre in italiano semplice. Dice più o meno che di fronte alla grande trasformazione della nostra epoca, con l’influenza della tecnologia e dell’informazione globale, ci sono due rischi opposti. Da un lato, l’entusiasmo eccessivo che ignora i pericoli della tecnologia avanzata. Dall’altro, la paura esagerata che vede il passato come migliore e considera la tecnologia e il futuro come una minaccia.
Un concetto che 60 anni fa aveva espresso molto meglio (e anche in modo più leggibile) Umberto Eco in “Apocalittici e integrati“.
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" La sera del 9 luglio 1994, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è rimasto un sacco di tempo ad ammirare la fontana di Diana e Atteone nella Reggia di Caserta. Non posso dire che quelli che erano insieme a lui fossero i suoi amici, però anche lui era dentro la Reggia chiusa al pubblico, e senza nemmeno aver dovuto scavalcare. Era già buio, ma per la prima volta era stata accesa un'illuminazione notturna sull'intero parco - vuoto. C'erano anche sua moglie Veronica, Bill e Hillary Clinton, Eltsin, Mitterrand, John Major e altri. Quell'anno la riunione tra le grandi potenze del mondo, il G7 (a cui si era aggiunta la Russia di Eltsin, per un giorno), era stato organizzato a Napoli. C'erano stati incontri diplomatici, passeggiate delle first ladies sul lungomare e al Maschio Angioino, una gita in costiera amalfitana, Clinton era andato a mangiare in una pizzeria del centro. Ed era stata fissata una cena di gala, l'ultima sera, nei saloni della Reggia di Caserta. Mi raccontavano che nella nostra città c'era molta eccitazione, e lavori di riqualificazione: era stata progettata un'illuminazione speciale nel parco. Noi avevamo vissuto per tutta la vita con la Reggia che chiudeva prima del tramonto, un buio silenzioso e spaventoso accanto alle nostre case vive, in città. La sera della cena di gala, il presidente della Repubblica Scalfaro ha accolto gli ospiti, incantati dal Palazzo Reale, e le luci si sono accese illuminando l'intero parco, fino a lassù, alla cascata. Dopo cena, le auto hanno portato tutti a fare un lungo giro, infine si sono fermate in alto, alla fontana. Berlusconi e gli altri, insieme alle mogli, sono scesi dalle auto e hanno passeggiato intorno alla fontana. Qualcuno ha anche sfiorato l'acqua con le dita. E mentre la serata era fresca e bellissima, e tutti ammiravano lo sguardo sorpreso di Diana e i cani che sbranavano Atteone, l'acqua della cascata che rompeva con dolcezza il silenzio, e laggiù l'intero parco deserto e splendente, Berlusconi ha constatato che il luogo e la serata fossero molto romantici, ha atteso le traduzioni e poi si è aperto in un sorriso furbo, molto furbo, e ha concluso: «Attenzione che sennò questa notte aumentiamo la prole». Il giorno dopo ha anche detto che una fontana così bella non l'aveva mai vista in vita sua. "
Francesco Piccolo, Il desiderio di essere come tutti, Einaudi (collana Super ET), 2017; pp. 159-160.
[1ª edizione nel 2013 nella collana Supercoralli]
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Primer trabajo grupal de comunicación visual ✨️✨️
Primer proyecto de comunicación visual donde junto a mis compañeros abarcamos la retórica de la imagen, relaciones significado-significante y el análisis estético✍️
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eristica /e·rì·sti·ca/
L'arte di argomentare con ragionamenti sottili e speciosi, prescindendo dalla verità o falsità di quanto si sostiene: rappresenta la degenerazione della dialettica nell'ultima fase dell'antica sofistica.
L’eristica è un’esasperazione della volontà di avere ragione. Sicuramente non è un’esasperazione cieca, l’eristica ci vede benissimo, in particolar modo, vede benissimo i propri interessi.
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"Sea pues retórica la facultad de considerar en cada caso lo que puede ser convincente, ya que esto no es la materia de ninguna otra disciplina. Cada una de las otras se refiere a la enseñanza y a la persuasión de su propio objeto, como la medicina respecto a lo saludable y lo nocivo para la salud y la geometría respecto a los números, y de modo similar las demás disciplinas y ciencias. La retórica en cambio parece que puede considerar lo convincente sobre cualquier cosa dada, por así decirlo. Por eso afirmamos también que el objeto de esta disciplina no se refiere a un género específico definido." (Aristóteles. Retórica. Alianza, Madrid, 1998. pp. 60-61).
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Autenticitatea ca retorică în rețelele sociale - Selena Gomez
Credit: Lunchbox LP/flickr/Wikimedia Commons, licența CC BY 2.0 Selena Gomez „Acțiunile și cuvintele noastre au un impact asupra celorlalți, fie pe rețelele sociale, fie în viața reală.” După orice standard, cântăreața, actorul și filantropul Selena Gomez (n. 1992) este un influencer. Până în 2021, Gomez a adunat aproximativ 65 de milioane de urmăritori pe Twitter și peste 260 de milioane de…
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PRIMA PAGINA El Mundo di Oggi martedì, 17 settembre 2024
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A volte le persone nella retorica si fingono migliori di quelle che sono disposte a essere nei fatti.
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La retorica del lupo davanti all'agnello
di Umberto Eco Lectio magistralis di Umberto Eco: “Conclusioni sul complotto. Da Popper a Dan Brown” La retorica è una tecnica della persuasione, ed è stata elaborata e studiata perché su pochissime cose si può convincere l’uditore attraverso ragionamenti apodittici, ovvero scientificamente inoppugnabili. In genere si discute intorno a cose circa le quali si possono avere diverse opinioni. La…
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oggi, 11 aprile, a milano: giovanni anceschi su tomás maldonado
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“ C'è una parte di Italia, la quasi totalità delle persone che avrebbero dovuto combatterlo sul piano politico e con una proposta alternativa di efficacia maggiore, che ha considerato Berlusconi non il capo di una coalizione opposta alla propria e poi il presidente del Consiglio di questo Paese; ma ha passato anni e anni a parlare di lui come di un essere spregevole, un pagliaccio, un corrotto, perfino un uomo basso (un nano), un puttaniere. Si è persa un'enorme quantità di tempo e di energie a creare formule sarcastiche per il nemico e quelli che aveva intorno. In fondo, la sequela di errori che sono stati commessi nei lunghi anni di dominio di Berlusconi deriva da questa doppia e insostenibile identità che gli si è attribuita: il mostro e il pagliaccio. Insieme. Erano tutti convinti che fossero due definizioni esponenziali, e nessuno ha immaginato che invece avrebbero potuto essere due pesi che si annullavano. Quindi, né l'uno né l'altro. Nessuno lo ha mai considerato un vero mostro, perché il disprezzo e la derisione ne abbassavano i connotati, neutralizzavano il senso della tragedia, lavoravano per renderlo poco credibile. E non si ha timore vero di chi si considera poco credibile. Se non si ha timore vero dell'avversario politico, non si mettono in atto delle strategie concrete, e alternative alla sua, per combatterlo.
Quando è comparso sulla scena, nel 1994, gli elementi per combattere Berlusconi c'erano già tutti: il conflitto di interessi - e soltanto su questo si sarebbe potuta concentrare tutta la discussione democratica; le idee e i programmi, che non solo erano distanti dalla sinistra, ma erano distanti dagli interessi della maggioranza degli italiani. A questo si è in seguito aggiunta la disinvoltura con cui ha fatto alleanze e ha promesso in cambio con leggerezza, per esempio, il federalismo rovinoso che chiedeva la Lega. In più si è aggiunto ancora il modo di pensare alla politica, di fare campagna elettorale e di promettere, che era facilmente contrastabile al confronto con i risultati ottenuti: la pratica del governo è stata mediocre, con leggi che se potevano essere gravi perché fatte ad personam, lo erano ancora di più (e su questo bastava concentrarsi) perché non erano vantaggiose per la comunità. Tutti questi elementi pubblici, politici, sarebbero bastati a fare un'opposizione chiara e senza nessuna collaborazione di qualsiasi tipo; e sarebbero bastati a organizzare una controproposta politica di altra qualità. Non erano questioni soltanto sufficienti; erano questioni decisive della vita democratica di un Paese; non erano concentrate su una persona, ma sulle regole della comunità. Ciò bastava a mettere in piedi una tale quantità di energia oppositiva da poter essere comparata a una rivoluzione. Le energie invece, sono state sbriciolate e spese a interessarsi di altro: atteggiamenti, gesti e modi di vestire e di parlare; e soprattutto processi, gradi di giudizio e condanne; in particolare, su alcuni eventi scandalosi della vita privata. Non ho mai creduto che si potesse lottare per tutte queste cose insieme. Ho pensato sempre che l'energia oppositiva, in un Paese, è limitata, va salvaguardata, va spesa con razionalità e precisione. La dispersione di energie oppositive in tutti quei rivoli sarcastici, pettegoli, intrusivi, ha tolto forza alla sostanza. La concentrazione su stupidaggini è stato il centro energetico del Paese che si è opposto a Berlusconi. L'unica medaglia al valore civile da sfoggiare, in questi anni, è stata quante volte avevi deriso Berlusconi, quante volte avevi riso di Berlusconi; quanti articoli avevi scritto contro di lui, quante volte avevi espresso pubblicamente il tuo odio. Berlusconi su di noi faceva l'effetto di un dittatore all'incontrario: entravi nell'elenco dei sospettati se non parlavi male di lui. Si è ridotto tutto a un esercizio retorico dell'opposizione, dell'estraneità: con ogni probabilità, questo fenomeno ha avuto luogo per combattere la paura della diversità, la paura verso il potere di quest'uomo, con una denigrazione sul piano personale che ne abbassasse il pericolo. Ma l'operazione di dissacrazione del mito ha soprattutto distratto dalla lotta politica, dal centro delle questioni. Dalla costruzione di un'alternativa più efficace che potesse piacere al Paese. “
Francesco Piccolo, Il desiderio di essere come tutti, Einaudi (collana Super ET), 2017 [1ª ed.ne 2013]; pp. 198-200.
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La retorica di Aristotele: Ethos, pathos, logos
Questa volta, Vortici.it vuole compiere con voi lettori un viaggio curioso nel mondo della comunicazione, spronati anche dalla confusione che regna ultimamente in questo campo per diverse ragioni. Ci siamo chiesti: quali sono gli ingredienti di un buon discorso? Quando esponiamo le nostre idee, per iscritto o a voce, tendiamo a voler persuadere gli altri. Chi ci ascolta deve capire il nostro punto di vista e persino accettare le nostre argomentazioni. La retorica consiste proprio in questo, indurre gli altri ad adottare il nostro punto di vista. Dunque chi meglio di Aristotele (Stagira 384-83 a. C. - Calcide 322 a. C.), può spiegarci cos'è la retorica?
La retorica di Aristotele consiste in tre categorie: pathos, ethos e logos. Il filosofo greco è a tutti noto, fu uno dei più grandi pensatori dell’antichità e di tutti i tempi. Aristotele può essere considerato il primo Scienziato nelle Scienze della Comunicazione, grazie all’individuazione delle tre grandi categorie di variabili (pathos, ethos e logos) che rendono un messaggio persuasivo ed efficace.
Il pathos, l’ethos e il logos sono i tre pilastri fondamentali della sua retorica. Oggi queste tre categorie sono considerate le tre diverse modalità per convincere un audience su un argomento, su una credenza a cui aderire o su una conclusione in particolare. Sebbene ogni categoria sia unica, padroneggiarle tutte e tre aiuta a coinvolgere il pubblico a cui ci stiamo rivolgendo. La Retorica di Aristotele Scritto nell’ultima parte della sua vita il suo trattato sulla Retorica, raccoglie le riflessioni concernenti la retorica da lui sviluppate nel corso della propria esistenza. Pervenutoci in tre libri, è il testo di riferimento principale, data la sua peculiare capacità di intrecciare temi di natura politica, giuridica, etica, psicologica e linguistica. Noi ovviamente ci interessiamo di quest’ultima, poiché ci occupiamo di comunicazione. Pathos (πάθος) Pathos significa “sofferenza ed esperienza”. Secondo la retorica aristotelica, questo concetto si traduce nell’abilità dell’oratore o dello scrittore di evocare emozioni e sentimenti nel pubblico. Il pathos è associato all’emozione e mira a simpatizzare con il pubblico, facendo appello all’immaginazione di quest’ultimo. Infine, il pathos punta a entrare in empatia con il pubblico. Quando si fa leva sul pathos, i valori, le credenze e la comprensione dell’oratore si mescolano e sono comunicati ai destinatari per mezzo di una storia. Il pathos è molto utilizzato quando gli argomenti da esporre sono oggetto di controversia. Dato che gli argomenti trattati sono solitamente privi di logica, il loro successo risiede nella capacità dell’oratore di riuscire a entrare in empatia con il pubblico. Per esempio, se la discussione riguarda l’illegalità dell’aborto, l’oratore utilizzerà parole “vivide” per descrivere i neonati e l’innocenza della nuova vita, in modo da evocare tristezza e preoccupazione nel pubblico. L’ethos (ἦθος) La seconda categoria, ethos, significa “carattere, comportamento” e proviene dalla parola greca ethikos, che significa morale e la capacità di mostrare la propria personalità che si basa sulla morale. Per oratori e scrittori, l’ethos è costituito dalla credibilità e dalla similitudine con il pubblico. L’oratore deve essere degno di fiducia e deve essere rispettato in quanto esperto della tematica trattata. Affinché gli argomenti siano efficaci, non basta fare un ragionamento logico. Per poter diventare credibile, il contenuto deve essere anch’esso presentato in modo da trasmettere fiducia. Secondo la retorica di Aristotele, l’ethos è particolarmente importante per stimolare l’interesse di chi ascolta (o di chi legge). Il tono e lo stile del messaggio diventano la chiave dell’interesse. Inoltre, il carattere è influenzato dalla reputazione dell’oratore, che dipende dal messaggio. Ad esempio, parlare al pubblico come un pari, invece di trattarlo come personaggio passivo, incrementa le probabilità che le persone si sentano parte attiva degli argomenti trattati. Il logos (λόγος) Logos significa parola, discorso o ragione. Nell’arte della persuasione, il logos è il ragionamento logico che si cela dietro le argomentazioni dell’oratore. Fa riferimento a qualunque tentativo di fare appello all’intelletto, ad argomentazioni logiche. In questo senso, il ragionamento logico è di due tipi: deduttivo e induttivo. In sintesi l’ethos è la credibilità che ogni oratore dovrebbe possedere. Il pathos è la componente che fa emozionare il pubblico. Il logos è il mezzo di persuasione basato sui contenuti e sugli argomenti. La caratteristica fondamentale del comunicatore di oggi è (o dovrebbe essere aggiungiamo noi) l'imparzialità. Essere consapevoli di queste tre strategie della retorica aristotelica può esserci utile per comunicare in maniera efficace da un lato e dall’altro individuare meglio i messaggi che mirano alla persuasione mediante l’inganno … Sarebbe proprio bello se potessimo utilizzare al meglio queste tre strategie antiche certamente, ma a pensarci bene modernissime, poiché ci aiuterebbe a ritrovare uno spirito critico ahimè in noi sbiadito, smarrito, o peggio a volte ignoto… con le dovute eccezioni. Scoprite la nostra rubrica Storia Vuoi approfondire il nostro saggio? La retorica di Aristotele, Ethos pathos logos: leggi un articolo de "La Discussione"... Immagine di copertina: Wikipedia Read the full article
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No me vuelvas a buscar, ni en la sombra, ni en la tempestad, ni en el abismo, ni en la oscuridad.
Sumérgeme en el cielo, en tu caos, y déjame libre en tus teorías y el mar.
-Arleth
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La Retórica Poética
Ejemplo 1.
Poema
Fernando Garcia
I. Supuesto
No vuelvas donde un día fuiste feliz, es una trampa de la melancolía, todo habrá cambiado y ya nada será igual, ni tan siquiera tú.
No intentes buscar los mismos paisajes, ni a las mismas personas, no estarán, el tiempo juega sucio, y se habrá encargado de destrozar todo aquello que un día te hizo feliz.
No regreses al lugar donde un día fuiste feliz, retenlo siempre en tu memoria, tal como era, pero no regreses.
No vuelvas al pasado, ya lo conoces, la vida sigue y hay nuevos caminos que recorrer, nuevos lugares que visitar y otras personas que nos esperan.
II. Persuasión
Me gusta volver a los lugares donde fui feliz, me gusta atrapar la melancolía y cambiar su libertad, por mi felicidad.
Son tantos los paisajes que se dibujan en las personas, que nunca veras dos iguales, a veces sucios, los limpio de tiempo, para construir nuevas alegrías.
Me gusta regresar a los lugares donde fui feliz, para sacarlos de mi memoria y guardarlos allí, donde siempre pueda regresar.
Vuelvo al pasado mientras regreso al futuro, porque el presente me espera.
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