#Passione tra colleghi
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L’amore tra i ghiacci
Il vento soffiava forte, sollevando piccoli vortici di neve attorno alla figura esile di Sara mentre si avventurava fuori dalla base scientifica in Antartide. Le temperature rigide le pungevano il viso, nonostante lo spesso strato di abbigliamento termico. Ogni passo sembrava pesante, ma dentro di lei c’era una curiosità insaziabile. Lavorava come biologa marina da qualche anno, e l’Antartide era…
#Amore tra biologi marini#Incontro romantico in una spedizione#Passione tra colleghi#Racconto romantico ambientato tra i ghiacci#Storia d&039;amore in Antartide
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Primo approccio di un amore che nasce
“Non sei niente e nessuno, se non senti di essere profondamente amato” “Si vive dello sguardo dell’altro” (Aliantis)
Avrebbe dovuto essere una cena-incontro di lavoro professionale tra due colleghi adulti. Una semplice chiacchierata informale, stando tre giorni all'estero insieme, per decidere gli ultimi particolari e la strategia per il meeting aziendale dell'indomani con la nostra consociata francese. Tutto tra un filetto e un contorno, con buon vino francese e dessert. Poi non saprei dire esattamente cosa successe: saranno stati la lontananza dalle tensioni coniugali, il vino di qualità eccelsa, le fossette sulle sue guance quando ride. Un uomo normalmente defilato, quasi grigio, che improvvisamente avevo invece scoperto vitale e pieno di interessi, colto e profondo.
Mi sono trovata quasi senza pensarci a provocarlo, volevo che provasse dell’attrazione, per me. Flirtare con lui era bellissimo: cercava di interessarmi e io in cambio mi sorpresi a scoprire maliziosa le mie gambe alla sua visuale, a guardarlo fisso negli occhi, con uno sguardo provocatorio e sfacciato. Mai comportata così, prima: giuro. Mi sentivo puttana dentro. Con lo sguardo gli dicevo implicitamente: “osa, stupido”. E lui infine ha osato: mi ha sfiorato appena le gambe e io ho sentito un calore insolito invadermi il basso ventre. Non lo respingevo, anzi: gli sorridevo e lo agevolavo.
Pagato il conto, siamo finiti subito in camera ed egli m'ha spogliata, lentamente e in modo sensualissimo. Baciava di continuo la mia pelle profumata mentre intanto mi toglieva gli indumenti di dosso. Era una dolce tortura, per me. Poi, nuda che ero rimasta, m'ha presa in braccio e deposta sul letto. Non ne potevo più e gli ho aperto davanti le gambe, alzando il bacino e offrendogli la vista totale della mia intimità, assolutamente pronta ad accoglierlo.
Lui s'è inginocchiato ed è rimasto almeno due minuti in contemplazione adorante: mi diceva che ero bellissima dappertutto, che ero la quintessenza del suo desiderio più intimo e che uno spettacolo così attraente è cosa rarissima. Poi s'è deciso e ha incollato le sue labbra alla mia vulva. Non ho capito più nulla. Muovevo il bacino come una pazza: una vera puttana in calore. Ero totalmente pronta a farmi sfondare; e la mia fica andava in alto e in basso contro la sua lingua e la sua bocca golosa. Mugolavo di gioia, venivo di continuo e lo ricoprivo dei miei fluidi. Che lui inghiottiva come un colpevole bandito, assetato sotto al sole del deserto.
Mi diceva ogni tanto di continuare a venire, che adorava assolutamente il mio sapore, il mio odore personale, il mio nettare di donna e che avrebbe smesso solo quando glielo avessi ordinato. Altrimenti sarebbe andato avanti a farmi godere fino al mattino. Non potevo resistere e a un tratto quindi ho deciso di premiarlo: gli ho ordinato di smettere, l’ho allontanato e sul letto mi sono girata a ventre in sotto. Ho aperto davanti ai suoi occhi il mio culo, mentre contraevo e rilasciavo l'ano. Provocavo il desiderio del suo subconscio profondo di possedere la femmina. Ho messo un cuscino sotto al bacino, per facilitarlo.
È letteralmente impazzito: mi ha lubrificato e lavorato di saliva a lungo ed era assolutamente cotto di me, per sua stessa ammissione. Non smetteva di assaporarmi e di far guizzare la sua lingua dentro e fuori dal mio ano. Io aprivo al massimo le natiche, per facilitarlo. Gli dicevo: “oh… caro, caro… non smettere mai di desiderarmi…” A un tratto non ce la facevo più dalla passione; gli ho dovuto intimare di incularmi immediatamente, perché lo volevo dentro il culo e la fica da star male. Allora lui mi ha infilzato l’ano d'un colpo, con mia grande goduria. Mentre mi inculava, mi ha confessato che erano anni che mi desiderava e che quella notte gli stavo ridando la vita.
Era rimasto vedovo da cinque anni, ma per amore dei figli aveva chiuso il capitolo donne. Però l'unica che gli era rimasta sempre fissa nella testa ero io, ma non aveva mai osato dichiararsi. Mi disse che provava una invidia totale per mio marito: se sapesse che da anni non c'è più nulla, tra noi! Lui non mi ama e io non lo faccio più scopare. Forse ha un’amante, chissà. A sentire una tale dichiarazione di puro amore per me, venni: di un orgasmo anale intensissimo, mai provato prima.
Mi venne allora spontaneo alzarmi, mettermi in ginocchio davanti al suo bacino nudo e regalargli la mia preziosa e schizzinosa bocca: lo succhiai con tutto il tiraggio e la voglia che mi divorava in corpo. Venne dopo un paio di minuti e venendo era in uno stato di pura estasi. Gemeva come solo un maschio molto innamorato fa. Inghiottii quella nostra prima volta una quantità di nettare mai ingollata prima in vita mia.
Mentre lo pompavo con tutto l’impegno, egli mi diceva che lo stavo legando a me ancor di più, che ormai ero la sua unica vera, totale debolezza e fortissima droga. Che ero la sua regina e la sua puttana, dolce e privata. Dal giorno successivo saremmo diventati ufficialmente amanti. La nostra storia intima sarebbe andata avanti a lungo, lo sentivo nelle fibre del mio corpo e nell'anima. Ed ero già gelosissima di lui.
A oggi ci vediamo regolarmente ogni settimana, almeno un paio di volte. Ci messaggiamo di continuo: frasi innocenti o assolutamente oscene, irripetibili. Quando sono nuda nel letto, non faccio altro che pensare a lui. E mi sento naturalmente bellissima, carica d’amore e d’energia positiva, di voglia di fare, lavorare, vivere. Tutto fa parte del gioco amoroso. Ma non divorzierò da mio marito; e noi due non ci sposeremo mai: la complicità nel peccare e la consapevolezza di sapere che ciò che si fa è illecito sono ciò che conferisce sapore a un amore segreto, consumato di nascosto dal resto del mondo.
RDA
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Fuor di sesto
Mi dispiace. So bene che un essere con le mie compulsioni non dovrebbe mai e poi mai insegnare ai ragazzi. Non posso tormentarne lo studio con le mie stupide ossessioni, facendogli ripetere la stessa pagina trenta volte, finché non la dicono (perfettamente) come vorrei. Ho già fallito due lavori perché cercare di eseguirli al meglio esasperava in me atteggiamenti ossessivo-compulsivi che mi violentavano l’anima. La traduzione, per quanto l’amassi, m'era veleno nell’orgasmo. Nonostante scarsa riconoscenza e paga miserabile, le brevi scadenze, il dovere e la passione mi spingevano a frustarmi notte e giorno, alla ricerca della traduzione aurea, la frase distillata tra le fiamme di mille ripetizioni e infinite inflessioni, che mi avrebbe restituito la pace, come un povero guitto alla première (per poi acquistare il libro e scoprire che qualcuno, forse l’editor o chi per lui, aveva scambiato le mie con inique parole abusive che impresse d'inchiostro in eterno m’affossavano gelidamente il cuore). Tradurre mi ammalava, dovevo sopravvivere e per farlo l’abbandonai a malincuore. Da social media manager andò anche peggio. Ero bravo, ma un giorno, dopo un’intensa discussione, mia sorella, la mia titolare, arrivò a dirmi: “Questo è un lavoro che va fatto in velocità, a certe regole, e onestamente non credo proprio faccia per te”. Era fuggita in ferie smollandomi un lido extralusso nelle due settimane precedenti ferragosto. All’improvviso mi trovai a gestire i social di una finestreria, gli eventi del lido, a contattare dj, fotografi, musicisti, virtuosi del cocktail, rispondendo a tutte le richieste di info e prenotazione (tutte) a tutte le ore, nonostante mi fosse stato detto di ignorarle dopo una certa ora. Errore mio, chiaramente. Quando scoprii che molto semplicemente alcuni colleghi copiavano i testi da altri siti, capii cosa volesse dire con “farlo in velocità” e abbandonai, comunque licenziato. Ingenuamente pensavo fossero quei lavori a non andar bene per me, che col prossimo avrebbe funzionato. Ma la realtà è che sono io a non andar bene. E ciò varrà per qualsiasi lavoro mentale m’impegnerò a svolgere. Ma la mente è l’unico talento che ho, cos'altro potrei mai fare? È difficile accettare di non essere adatti alla realtà, un ingranaggio rotto, stridente e fuor di sesto, io non vado bene a questo mondo, non sarò mai atto a produrre, è bene accettarlo e chiudere tutto prima di contagiare anche i bambini.
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La malattia della settimana scorsa, come è giusto che sia, mi ha fatto "rallentare" e riflettere sui ritmi che sto sostenendo in questi mesi e su alcuni punti di questo lavoro. I ritmi sono molto serrati, ma è anche perché io decido quotidianamente di perseguire la mia passione della palestra, sottraendo ore di riposo e di preparazione pasti - quindi un po' è anche colpa mia.
In quella settimana di malattia e per il discorso ferie ho odiato la mia azienda nella maniera più forte possibile - avrei voluto andarmene via subito. Tuttavia, quando penso a dimettermi nel momento in cui sono nell'azienda che mi è stata assegnata mi sento abbastanza in pace: l'ambiente è multiculturale, il lavoro non è complicato, i colleghi non sono per niente male e ho il caffè e il cappuccino gratis.
Se dovessi pensare a quello che proprio non va è una cosa sola: il viaggio. Perdo praticamente 3h della mia giornata solo per raggiungere e tornare dall'ufficio.
E allora il punto è: devo cambiare lavoro o devo cambiare casa?
Se cambiassi casa e mi avvicinassi a Tokyo potrei, sì, dimezzare i tempi ma perderei l'aiuto all'affitto che attualmente l'azienda mi offre (ovvero mezzo affitto me lo pagano loro per 2 anni) e, cosa più importante, perderei il contatto diretto con tutti gli amici che ho conosciuto qui. È pur vero che so già che prima o poi ci si abbandona, ma è come se non mi sentissi in grado di fare il primo passo (specialmente se si aggiunge al discorso economico). Inoltre, anche questo lavoro nell'attuale azienda potrebbe essere temporaneo e potrei essere spostata da un giorno all'altro.
Quindi che fare? La soluzione sarebbe fare una scala delle priorità e capire cosa fare. Però nel momento in cui mi decido a cambiare casa, sto lì a pensare a quanto mi costerà in più e alla perdita umana che dovrò affrontare (e che forse non sono ancora pronta ad affrontare).
In tutto ciò, ogni tanto mando cv totalmente a caso e questo mi ha portato oggi (che sono in smartworking*) a fare due colloqui con due aziende diversissime tra loro:
- nel primo caso è nell'industria dei viaggi e del turismo. Azienda internazionale solida con 2 giorni a settimana in smart e con 10 giorni di malattia in aggiunta alle ferie retribuite. Tutto molto allettante, se non fosse che mi sono resa conto che il giapponese probabilmente non potrei usarlo più frequentemente come adesso;
- nel secondo, industria dell'insegnamento dell'inglese. Orari un po' strambi e con il lunedì di riposo invece del sabato. In questo caso dovrei praticamente gestire una mini scuola tra genitori e personale per cui il giapponese è richiesto e lo utilizzerei. Poco chiaro il discorso ferie (120 annual leaves che significano? Che leaves sono? Boh).
Non so come andrà a finire (dato che sembrano sempre tutti interessati ma poi ti ghostano). Sebbene l'unica cosa certa che so è che in generale non sento che il mondo IT mi appartenga e che un giorno cambierò campo, ogni volta che comincio a muovermi, tutto quello che lascio indietro diventa evidente e mi mette sempre molta tristezza al punto che vorrei che le cose rimanessero come sono. Sarà sicuramente la paura dell'ignoto...
#qualche decisione però la devo prendere perché sennò in vado in burnout sul serio#my life in tokyo#lavoro#*smartworking solo un venerdì ogni 2 settimane non ci allarmiamo con i benefit
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Ed eccoci di nuovo qui con la rubrica a cadenza mensile e precisamente l'ultimo giorno di ogni mese, curata dalla nostra utente e amica Valentina Pace
Questa rubrica nasce anche e soprattutto da una riflessione che ci accompagna da un po' di tempo: per una "piccola" biblioteca di un piccolo paese non è sempre facile stare al passo con le richieste, i suggerimenti, le necessità degli utenti e non. Per questo motivo, con l'aiuto di Valentina scopriremo nuovi autori e nuove letture, consigli e spunti di riflessione, insieme a curiosità e notizie sui nostri cari libri. E allora, diamo il benvenuto a questo nuovo spazio culturale dove si viaggerà alla scoperta delle case editrici indipendenti: ʟᴇᴛᴛᴜʀᴇɪɴᴅɪᴇ.
La casa editrice di questo mese è: Neri Pozza
Buona lettura a tutti!
OMICIDIO A CAP CANAILLE - CHRISTOPHE GAVAT
“… il comandante sa bene che i delinquenti marsigliesi non hanno nulla da invidiare ai loro colleghi della capitale in materia di criminalità. In quanto a tecniche per uccidere il prossimo il marsigliese, benché provinciale, non manca mai di immaginazione, e tiene a dimostrare al parigino che in questo campo, come su quello da calcio, il migliore è lui. E che non ha paura di dégun – di nessuno.”
Cos’hanno in comune un cadavere carbonizzato trovato nel portabagagli di un’auto abbandonata a Marsiglia: il cosiddetto “barbecue”, un sistema atroce per regolare i conti tra fuorilegge, con una serie di rapine a furgoni portavalori a Parigi?
Il comandante Henri Saint-Donat, da poco trasferito alla Brigata criminale della città provenzale dal 36 quai des Orfèvres, la celeberrima sede della Polizia giudiziaria di Parigi, capisce subito di trovarsi di fronte ad un caso molto complesso.
Henri ha un curriculum di tutto rispetto, è un poliziotto di grande esperienza ed estrema sensibilità; dopo tanti anni di matrimonio è ancora molto innamorato della sua Isabelle, ma è anche un uomo tormentato a causa di una tragedia familiare che lo ha segnato nel profondo e di cui nessuno dei suoi colleghi è a conoscenza.
Negli uffici dell’Eveché, sede della polizia giudiziaria, nel dedalo di strade che attraversa La Cayolle, quartiere labirintico e malfamato di Marsiglia, nei corridoi delle Baumettes, il tetro penitenziario, Henri non è solo. Lo supportano il giovane tenente Basile Urteguy e il capitano Lucie Clert.
Basile è un ragazzo pieno di vita, un appassionato di musica, un genio dell’informatica e, allo stesso tempo, un poliziotto di grande perspicacia: nel corso dell’indagine il suo apporto sarà fondamentale.
Lucie, invece, è una forza della natura: una gran bella donna dal carattere impossibile che ha il brutto vizio di saltare subito alle conclusioni. Sul lavoro è testarda e professionale, ma la sua vita privata è un vero disastro. Chissà che non trovi l’amore proprio nel corso dell’indagine…
“Omicidio a Cap Canaille” è un polar di azione che mostra al lettore le tecniche di investigazione della polizia francese, ma dà anche molto spazio alla vita privata e ai sentimenti dei suoi protagonisti.
I capitoli sono estremamente brevi e il linguaggio è semplice, diretto, crudo nel raccontare l’evolversi dell’inchiesta giudiziaria, ma altrettanto evocativo nelle pagine dedicate alla descrizione dei luoghi e degli stati d’animo, anche quando i sentimenti, le emozioni e il privato dei protagonisti prendono il sopravvento sul dovere professionale.
L’autore, Christophe Gavat, è lui stesso un commissario della polizia francese e, leggendo il romanzo la passione per il suo lavoro, il rispetto e l’ammirazione per i colleghi sono del tutto evidenti.
“È ancora un piedipiatti nell’anima, perché ama quell’atmosfera ovattata e notturna dell’Evêché, dove i passi riecheggiano nei corridoi vuoti, dove solo poche luci negli uffici, qualche grido o un’invettiva qua e là suggeriscono che ci siano ancora dei poliziotti al lavoro. Lavorano sempre. Soprattutto, sa di amare quegli agenti dal carattere forte, che non mancano né di energia, né di abnegazione, né di senso dell’umorismo per svolgere ogni giorno con passione il loro mestiere, tanto da farlo anche di notte.”
COSA MI È PIACIUTO
La lettura di “Omicidio a Cap Canaille” è stata la mia prima esperienza con un polar e ho apprezzato moltissimo la descrizione vivida dei luoghi, l’approfondimento psicologico dei personaggi e l’analisi dei rapporti che si creano tra di loro.
COSA NON MI È PIACIUTO
Il finale prevedibile.
L’AUTORE
Christophe Gavat, nato nel 1966, è entrato in polizia nel 1989. Parigi, Marsiglia, Grenoble, Guyana: nella sua carriera pluritrentennale è stato decorato al valore, messo sotto inchiesta e reintegrato. Ha avuto a che fare sia con i grandi casi che catturano l’attenzione mediatica, sia con i piccoli casi quotidiani che lasciano il segno. Già autore di tre libri sulla sua vita di poliziotto, con questo suo primo romanzo si è aggiudicato nel 2021 il Quai des Orfèvres, premio deciso da 21 giurati tra poliziotti, avvocati, magistrati e giornalisti.
LA CASA EDITRICE
Neri Pozza è una casa editrice veneta rinomata e prestigiosa, fondata nel 1946 dall’omonimo scrittore e ha pubblicato, nel corso degli anni, opere di autori molto famosi della letteratura italiana come Carlo Emilio Gadda, Eugenio Montale, Goffredo Parise, Massimo Bontempelli, Giuseppe Berto ai quali si affiancano oggi nomi internazionali grandiosi quali Romain Gary, Natsuo Kirino, Tracy Chevalier, Eshkol Nevo, Herman Koch.
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Tra Natura e Professione, viaggio attraverso collaborazioni ed ecosistemi..
Sono un'appassionata della natura, un'eterna esploratrice di boschi, monti e sentieri, ma la mia vita va ben oltre le meraviglie del mondo naturale.
Mi occupo di diverse attività, interagendo regolarmente con professionisti di vari settori, da creativi a ingegneri, da esperti di marketing a tecnici.
Ogni volta che mi confronto con queste menti brillanti, non posso fare a meno di vivere ogni interazione attraverso la lente della natura.
Per me, ogni discussione è come un'escursione in un ecosistema unico: ci sono dinamiche da osservare, relazioni da esplorare e, perché no, un po’ di ironia da cogliere.
Le strategie aziendali si intrecciano con i cicli delle stagioni, e le collaborazioni professionali richiamano alla mente le simbiosi tra piante e animali.
In questo modo, riesco a portare la mia passione per la natura anche nel mondo del lavoro, trasformando ogni incontro in un'opportunità di riflessione e scoperta.
E allora mi chiedo:
In un mondo dove le interazioni sociali sembrano sempre più informali, ci sono ancora quei rari angoli in cui il “lei” regna sovrano, come una maestosa quercia nel bel mezzo di un campo di margherite.
Ma perché, ci chiediamo, questa necessità di dare del “lei”?
Forse perché, come una farfalla che si posiziona delicatamente su un fiore, c'è il desiderio di rispettare la delicatezza delle relazioni umane?
Immaginate di trovarvi in un ufficio, circondati da colleghi che si scambiano battute amichevoli e si danno del tu.
A un certo punto, entra il nuovo manager. Con il suo portamento regale e il suo sguardo che ricorda un gufo saggio, si avvicina e, con un tono grave, inizia a dare del “lei” a tutti. Ecco... in un attimo, l'atmosfera cambia: si passa da un picnic spensierato a una riunione di giurisdizione tra pinguini in un iceberg.
La verità è che il “lei” ha un suo fascino, come un cactus fiorito nel deserto.
Esprime una certa distanza, una sorta di rispetto, come se stessimo dicendo “sì, siamo in un ambiente professionale, ma voglio che tu sappia che ti considero una creatura dignitosa, non un semplice criceto nel mio ingranaggio aziendale”.
È un po’ come se volessimo proteggere il nostro spazio personale, come fa un riccio quando si rannicchia per difendersi.
In natura, ci sono animali che si avvicinano con cautela per non disturbare l’ecosistema. Pensate agli elefanti: non si avvicinano mai a un altro animale senza prima stabilire una sorta di protocollo.
Ecco, il “lei” è un po’ come il rituale degli elefanti: una forma di rispetto per la gerarchia, per il territorio altrui.
In questo modo, possiamo continuare a coesistere senza fare troppi danni, come se stessimo danzando in un bosco incantato.
Quindi, mentre ci ritroviamo a dare del “lei” a chi ci sta di fronte, ricordiamoci che stiamo solo cercando di mantenere quell’equilibrio delicato che rende le nostre interazioni un po’ più simili a un giardino fiorito, piuttosto che a una giungla caotica.
Magari, in fondo, il “lei” è solo un modo per dirci che, nonostante le apparenze, siamo tutti parte dello stesso ecosistema umano, e un po’ di cortesia non guasta mai...
#ecologia umani natura#osservazione del mondo#natura e professione#ecosistemi umani#riflessioni verdi filosofia ed ecologia
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Come comportarsi con le donne sui social?
Oggi affronterò brevemente un tema a cui la scienza non ha ancora dato una spiegazione, alcuni teorici rimandano la soluzione a un quarto segreto di Fatima di cui nessuno sa dell'esistenza. Perché un segreto che è segreto appunto.
Altri studiosi rimandano il tutto al movimento dadaista, poiché dada fa rima con gnagna.
Comunque un triumvirato composto da Alberto Angela, Mario Tozzi e Alessandro Barbero ne stanno discutendo in un summit culturale. Hanno iniziato sei anni fa, non è dato sapere quando arriveranno a una conclusione.
Ma torniamo all'argomento principale.
Io e le donne nei social.
Non ho mai inviato il pisello in chat. A nessuna.
Non capisco se sono un perfetto idiota o un inguaribile deficiente.
Il pisello. Sembra che alcuni miei colleghi maschi senza di quello non avrebbero altro da fare nella vita.
Alcune donne, vista la mia mancanza in questo, mi hanno rimosso dalle amicizie. Alcune anche bloccandomi il contatto.
Eppure la vita, quella del pisello intendo, dura molto meno della nostra quindi non si dovrebbe perdere tempo. Un giorno sai scrivere il tuo nome facendo la pipì nella neve, un giorno ti ritrovi a doverti sedere per urinare; altrimenti col catzo (appunto) riusciresti a centrare il water.
Alcuni pensano che Bukowki sia la traduzione in russo di "buco", credo che sia colpa anche di tutte quello foto di fondo schiena con frasi dello scrivano tedesco.
Quando arrivò il tempo di cercarsi amicizie e rapporti con il mio prossimo io lo feci in modo empatico, in maniera del tutto aperta.
Nelle mie esperienze trovai interesse per gente simpatica, che trovai sia tra le femmine che tra le donne. Si, ve lo giuro.
Mi ricordo che una tizia dopo un po' che ci si frequentava mi chiese di sposarla, il mio cuore andò in fibrillazione, le dissi che ero emozionato non avendo mai celebrato un matrimonio. Non la rividi più.
Ho conosciuto donne più folli degli uomini, senza drogarsi giuro!
La prima cosa che mi colpisce in una donna è l'ironia, mi piacciono quelle che ne hanno in abbondanza.
L'anno scorso chiesi a Babbo Natale una donna complice, con cui parlare e risolvere i problemi dell'esistenza nostra senza rabbie o complessi psichiatrici tossici.
Dopo un paio di giorni (un caso?) ricevetti una mail norepley chiocciola punto qualche cosa con un link, era di Amazon sezione bambole sessuali in silicone.
Credo che instaurare un rapporto di profonda complicità con una persona del sesso opposto sia molto arduo, ma per chi ci riuscisse sarebbe qualcosa che va oltre ogni meravigliosa immaginazione.
Torno su Tinder, Vanessa la pitonessa mi ha appena inviato un messaggio. Chissà quanta ironia avrà e passione per la buona cucina. Noto di più le teglie che le taglie.
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Da piccola volevo fare la veterinaria perché amavo gli animali e volevo che stessero bene. Poi mia madre iniziò a dirmi che dovevo fare medicina perché, così, potevo curarla io da tutti i suoi dolori. Il sangue, però, non mi è mai piaciuto e allora capii che forse né veterinaria né medicina facevano per me. Crescendo, le idee divengono sempre più confuse, non avevo una passione ben precisa ed era un po' frustrante. L'ambito medico però mi piaceva e sentivo che era, in un modo o nell'altro, il mio mondo. Matematica non mi ha mai fatto tanta paura a scuola, ecco che allora ingegneria biomedica sembrava la mia strada. Inizio a percorrerla ma ecco che iniziano a succedere tanti incidenti, vuoi per colpa mia o di altri. Le lezioni del primo anno erano molto noiose tanto che facevo di tutto pur di saltarle, pensando comunque di riuscire a passare gli esami, che tanto male, a dir la verità, non sono neppure andati. Ma anche tutti i miei colleghi dicevano che le lezioni erano noiose, quindi la cosa non mi destò preoccupazione. "Le lezioni più interessati sono quelle del terzo anno", dicevano. Vado avanti tra i miei tanti incidenti, la vita a venti anni è comunque bellissima anche se ci sono tanti problemi nel mezzo. Mi ritrovo esausta a seguire le materie del terzo anno, che ormai non provo nemmeno più a farmele piacere, anche se effettivamente interessanti. Ormai ero demotivata, con l'autostima totalmente persa anche per colpa di professori che mi hanno umiliata e fatta sentire un'incapace rispetto agli altri.
Un giorno decido di far finire questo inferno, mi metto sotto con lo studio piena di rabbia e, finalmente, mi laureo. Il sogno di diventare ingegnere biomedico, per quanto volessi negarlo, era già svanito nel nulla. Ma riparto in quarta per una nuova avventura, anche se con il sostegno e l'approvazione di poche persone. Ed ora mi ritrovo qui, a studiare per l'esame di stato di Biologo, e non c'è niente di più bello. Che buffa, la vita. ❤️ “Trust me, I’m a Biologist!”
#scrivere#pensieri#riflessioni#amore#biologia#ingegneria#successo#fallimento#studiare#esami#università#paure#dolore#incidenti#percorsi#vita#indecisione#decidere
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PERCHÉ POSTIAMO?
Bentornati sul nostro blog! Anche questa settimana abbiamo creato qualcosa per voi. Perché postiamo? Questa è la domanda che ci siamo posti… sei curioso di sentire la risposta? Allora sei nel posto giusto: continua a leggere!
Gruppo 10 Filmato assegnato: India del Sud
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Stereotipi ribaltati - STEREOTIPO B: I social media ci rendono più soli - STEREOTIPO G: I social media aiutano le grandi aziende, non il commercio locale - STEREOTIPO E: I social media nutrono solo il nostro narcisismo
Breve descrizione del filmato In questo video vediamo come i social media consentano a Usha, la storyteller del video, di usare la piattaforma Facebook per raccontare e promuovere le sue storie e i suoi racconti tradizionali. Inoltre, la piattaforma le permette di raggiungere culture diverse e realtà lontane come l’Egitto o l’Australia, di ampliare le relazioni nel mondo e di trasmettere la sua passione oltre ogni confine. Usha utilizza Facebook anche per categorizzare i suoi racconti in modo tale da facilitare la scelta di cosa leggere o ascoltare da parte del suo pubblico. Per interagire con i suoi follower, posta delle fotografie sul suo profilo che la ritraggono spesso con altre persone e non unicamente del suo primo piano, ma mentre svolge degli incontri per promuovere le sue storie. In questo modo le persone che visitano il suo profilo possono immedesimarsi più facilmente con le storie. Usha utilizza Facebook anche per aiutare e condividere, infatti attraverso dei link pubblicizza i lavori di colleghi simili a quelli che fa lei, interagisce col suo pubblico quindi non solo parlando di quello che crea lei ma dando spazio anche al valore che ritiene ci sia nelle creazioni dei suoi colleghi. Questo è il ribaltamento concreto dello stereotipo E, “i social media nutrono solo il nostro narcisismo”. Infatti Usha non desidera solo farsi un nome e diventare famosa ma avvalora anche il suo pubblico e altre persone presenti nella sua comunità. Secondo noi quindi, tutto ciò evidenza come lo stereotipo B, ossia il fatto che “i social ci rendano più soli” venga ribaltato in quanto Usha non si sente in alcun modo sola anzi, sa di aver creato molte connessioni anche in altri paesi e per questo si sente grata e vive il social media in modo positivo. Per quanto concerne invece lo stereotipo G, "i social media aiutano le grandi aziende, non il commercio locale” notiamo nuovamente un ribaltamento dell’affermazione da parte di Usha. Infatti, lei sostiene che, grazie a Facebook il suo commercio locale abbia potuto espandersi e ampliarsi in modo più efficace ed efficiente raggiungendo un pubblico più vasto.
Esempio personale La conferma del ribaltamento dello stereotipo G La storia del “Da Gu Grotto all’Elvezia”
Stefania, un membro del nostro gruppo, ci dice che anche in una piccola realtà come il Ticino i social media sono un grande aiuto per la promozione del proprio brand. Stefania e il suo compagno sono i titolari di un piccolo Grotto a Lamone. Per un locale come il loro, di piccole dimensioni e a gestione famigliare, affrontare le spese per la pubblicità può essere complicato. Stefania ci spiega che “per pubblicare un annuncio sul Corriere del Ticino ad esempio, può costare tra i 180 e 300 franchi, e parliamo di una sola edizione, ma se vuoi promuovere un evento, come può essere il pranzo di Pasqua, devi calcolare di pubblicare l’annuncio almeno tre volte, quindi si parla di 600 franchi. Mettiamo che vengono 20 persone a 60.- franchi per menù, vuol dire che ne incassiamo 1’200, ma da quei soldi si devono togliere le spese per la pubblicità, le spese dell’acquisto della merce e così via… Capite che per un grottino come il nostro diventa una spesa importante!” Stefania e Guglielmo hanno deciso di affidarsi solo e unicamente ai profili social del Grotto per la promozione del loro locale, riuscendo a raggiungere in questo modo molto pubblico a costo zero. Stefania ci racconta del periodo difficile che hanno dovuto affrontare durante la pandemia: “Tutto d’un tratto ci dicono che non possiamo più lavorare, che dobbiamo chiudere, e ci ritroviamo letteralmente con le chiappe per terra, perché il Grotto era la nostra unica fonte di guadagno e non sapevamo se e quando il Cantone ci avrebbe aiutato! “In quattro e quattr'otto” abbiamo deciso di trasformare il locale in un take away e di continuare a proporre i nostri piatti ma in versione da asporto. Il problema era farlo sapere alle persone, quindi il mio compagno ha postato tutto su Instagram e Facebook e in un attimo la voce si è sparsa e i clienti hanno cominciato a contattarci. Tutti i giorni postavamo il menù, gli orari di consegna, le regole da seguire per il ritiro della merce e tutto ha funzionato alla perfezione”. Senza la possibilità di promuovere il loro business istantaneamente e a costo zero, Stefania e Guglielmo forse non avrebbero superato la crisi pandemica e come loro molte altre piccole realtà presenti sul territorio. Quindi, i social media non aiutano solo le grandi aziende, ma danno sostegno anche al commercio locale!
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Sarah Vaughan
https://www.unadonnalgiorno.it/sarah-vaughan/
Sarah Vaughan è stata una vera leggenda del jazz, cantante e pianista, ha inciso oltre cinquanta dischi.
Quattro volte vincitrice dei Grammy Award, incluso un Lifetime Achievement Award, nel 1989 il National Endowment for the Arts, le ha conferito il NEA Jazz Masters Award, la più alta onorificenza statunitense del genere jazz.
Nacque a Newark il 27 marzo 1924 in una famiglia di umili origini che amava la musica, sua madre cantava nel coro della chiesa e suo padre suonava la chitarra e il pianoforte che lei iniziò a studiare a soli tre anni. Da bambina si esibiva come organista e solista del coro di una chiesa battista. A quindici anni lasciò la scuola per dedicarsi completamente alla musica.
A diciotto anni vinse un concorso canoro al mitico Apollo Theater di Harlem che le consentì di aprire il concerto di Ella Fitzgerald dove fu notata dal cantante Billy Eckstine che la fece entrare nell’orchestra diretta da Earl Hines.
La sua carriera da solista è iniziata nel 1945.
Ha inciso dischi con i più grandi musicisti e compositori di tutti i tempi come Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Miles Davis e sfornato un successo dopo l’altro. Molte sono le sue canzoni rimaste nella storia della musica di tutti i tempi.
Aveva una profonda carica interpretativa e la capacità di controllare ogni dettaglio, dall’intensità del vibrato e del volume, all’articolazione delle sillabe. Una parte della critica la giudicava troppo manierata, accusandola di crogiolarsi troppo nei virtuosismi, ma lei riusciva sempre a stupire il suo pubblico, trasmettendo il suo enorme potenziale attraverso ogni tipo di repertorio.
In bilico tra la passione e le esigenze del mercato, Sarah Vaughan ostentava una forte personalità ma in realtà era fragile, insicura e dipendente da fumo e droghe. Sboccata e impertinente i colleghi le avevano appioppato vari soprannomi come Sailor e Sassy, il pubblico, invece, la chiamava La Divina.
Una profonda amicizia l’ha legata al suo mentore Billy Eckstine, con il quale ha realizzato storici duetti e che chiamava padre e anche my blood (il mio sangue). Erano talmente uniti che, alla notizia della sua morte, l’uomo subì un colpo apoplettico.
Nella sua travagliata e sofferta vita sentimentale si è sposata per ben quattro volte. Il primo è stato il trombettista George Treadwell che divenne anche il suo manager e ne decise il look, capelli, abiti e addirittura le fece cambiare la dentatura. Il secondo è stato il giocatore di football Clyde Atkins con cui, nel 1961 adottò una bambina, Debra Lois, attrice cinematografica nota col nome d’arte Paris Vaughan. Il loro matrimonio fu breve perché lui era un violento. Ha sposato poi Marshall Fisher, ristoratore di Las Vegas e ancora il trombettista Waymon Reed.
Sarah Vaughan è morta a Hidden Hills, il 3 aprile 1990, aveva sessantasei anni.
L’anno successivo la musicista Carmen McRae l’ha omaggiata col disco Dedicated to Sarah, in cui ha interpretato i suoi maggiori successi. Sempre nel 1991 si è tenuto un tributo alla Carnegie Hall che ha visto l’esibizione di importanti musicisti e musiciste.
Dal 1998 è presente nella Hall of Fame con due dischi, l’album Sarah Vaughan with Clifford Brown del 1954 e il singolo If You Could See Me Now del 1946.
Nel 2003 Berkeley e San Francisco hanno proclamato il 27 marzo, sua data di nascita, il Sarah Lois Vaughan Day.
Nel 2016 le è stata dedicata la versione 4.7 della piattaforma WordPress.
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MA DI CHE AMORE PARLIAMO?
"Ma ce l'hai una fidanzata?"; "Sei sposato?"; "Quante volte hai "combinato" con una donna?"; "Cosa aspetti a farti una famiglia?".
Quante volte tra amici, colleghi di lavoro, conoscenti o in altri contesti da "bar sport", ci siamo sentiti rivolgere queste domande? E quanto volte ci siamo sentiti un poco infastiditi, anche per il fatto che domande del genere hanno sempre l'effetto di invadere la nostra sfera privata.
E sempre restando in "tema", domande tipo "Sei mai stato innamorato?"; "A che età sei stato insieme a una ragazza?", e via discorrendo, come se l'essere innamorati, essere e vivere in una determinata situazione "sentimentale", avere come unico e solo obiettivo il matrimonio o comunque il fatto di avere un amore a cui dedicare la nostra vita, fosse il più completo della nostra persona.
Ed è qui che casca l'asino! Già, perchè se continuiamo a considerare che queste siano le sole motivazioni che ci portano a completare la nostra personalità, il nostro carattere e ad aumentare la nostra autostima...direi che c'è qualcosa che non va...
E' proprio il fatto -e qui prendo un po' "a prestito" alcune considerazioni fatte più volte dalla nostra amica Elisa Renaldin-
di rimanere ancorati a vecchi schemi, a rimanere chiusi in gabbie mentali o in recinti percettivi, che ci distoglie da quello che è ciò realmente l'amore. Sì, perchè amare (o amore che dir si voglia) non è solo un verbo riferito a una persona, ma è soprattutto il considerare che è ciò che sta attorno a noi che va coltivato con affetto, parsimonia, passione e dedizione: cosa c'è di più amorevole di dedicarsi a un animale domestico? Che c'è di più bello di veder crescere delle piante di casa? Che cos'altro può esserci di migliore che non mantenere in un certo modo e a nostra immagine la nostra casa e i nostri oggetti?...ovvero: non è forse bello avere cura di ciò che ci sta più a cuore, o avere una passione per la musica, per lo sport, per qualsiasi altra forma di spettacolo o di arte? E inoltre: anche il solo amare e prenderci cura di noi stessi è la forma d'amore più alta che ci possa essere.
Perchè, come sono racchiuse in alcune belle e profonde frasi di Frida Kahlo, "Innamorati di te, della vita e dopo di chi vuoi"; oppure "L’amore è come un profumo, come una corrente, come la pioggia. Sai, cielo mio, tu sei come la pioggia e io, come la terra, ti ricevo e accolgo."
Si potrebbe citare anche Oscar Wilde con "Amare sè stessi è l'inizio di una storia d'amore lunga tutta una vita"; o ancora "Un uomo che ama se stesso compie il primo passo verso l'amore reale".
Ma c'è un'altra componente dell'amore, ed è quella legata al sesso (e qui mi rivolgo ai miei "consessuali"): quante volte, parlando e ragionando su queste tematiche e soprattutto tra uomini, si è magnificato il fatto di fare sesso (in realtà il termine è un altro, ma non scadiamo nel volgare...) come della panacea di tutti i mali? Niente di più sbagliato!
E qui si confondono sessualità e piacere con una mera, banale e vuota soddisfazione fisiologica da riempire, peraltro: si ritiene che dandosi al sesso "estremo", ogni problema per magia venga a scomparire, come se le ansie e le frustrazioni del periodo opaco che si sta vivendo in quei momenti scomparissero solo portandosi appresso una donna. E non crediate che le donne siano migliori degli uomini, in quanto frasi provocatorie, atteggiamenti persuasivi, sguardi ammiccanti e solo per soddisfare un tornaconto personale, spesso e volentieri traggono in inganno gli uomini. Ma è questo il vero amore? O anche riconoscendo che non è vero (e infatti non lo è...): sono queste le giuste soluzioni ai nostri problemi? Naturalmente NO!!!
E qui torniamo al discorso centrale e "centrato": se sappiamo cogliere l'essenza stessa dell'amore, prima di tutto amiamo noi stessi, dedichiamo a noi molto tempo in più del solito; curiamoci meglio, vogliamoci bene: ad esempio, anzichè recarci al lavoro con l'automobile e ovviamente nel limite del possibile, facciamo quattro passi. Il lavoro è troppo distante da casa? Cambiamolo, cerchiamo un luogo più vicino, è difficile? Sì se rimaniamo ancorati a vecchie credenze, a vecchi dogmi e ai soliti paradigmi; no se abbiamo il coraggio di cambiare noi stessi e di conseguenza di abbattere antichi pregiudizi; "cosa c'entra con l'amore" vi starete chiedendo...C'entra, c'entra...solo dimostrando che sappiamo amare il nostro corpo (nostro ovviamente come parte di noi stessi e non di altri, giusto per ribadire il concetto di "amore"), la nostra persona, venire incontro alle nostre esigenze che possano migliorare il nostro stile di vita...ecco, solo in quel caso, e naturalmente anche amando tutto ciò che ci circonda una volta trovata la tranquillità, potremmo davvero dedicarci all'amore, facendo bene attenzione a non scambiare questo amore con il sesso "estremo", in quanto si può amare una persona anche senza "accoppiamento fisico", ma con la stessa passione e amore che abbiamo verso di noi.
Riguardo a un altro "genere" di amore, o comunque completando il "discorso-amore": non siate delusi se la persona che ritenete di amare non vi corrisponde. Pensate solo per un attimo a quante altre persone sono in cerca di voi, e a quante persone vi amino senza che lo sappiate. Infatti, l'amore per poter esistere veramente dovrebbe "circolare", ossìa:
leggete bene la frase dell'immagine sopra. Ebbene, amare e amore non corrispondono tanto (come si è sempre creduto) essere invaghiti e innamorati di una persona, in questo caso l'amore è "fermo", "immobile".
L'amore "circolare" riguarda un po' tutte le persone, ma saper amare, innanzitutto, è anche saper fare del bene, dimostrare affetto in ogni situazione, essere spesso presenti nelle situazioni più delicate, e -come scritto poche righe più in alto- amare qualcuno anche se non corrisposto, e immaginare che altri lo siano di noi, tanto prima o poi sappiamo che quella persona che amiamo o quella persona che ci ama, prima o poi s'innamorerà di noi e viceversa.
Infine (e con questa ultima constatazione chiudiamo)e tornando all'amore che molti conoscono, quello "tradizionalmente" inteso: MAI E POI MAI proporre attimi di "follia" o di "estremismo" sessuale, ma nemmeno di semplice abbandonarsi...Infatti non si può certo programmare una relazione del genere, ma se proprio ci si vuole abbandonare a quei piaceri, invitate la persona che desiderate a bere un caffè, oppure al cinema o per ciò che preferite; se e quando la "scintilla" dovesse scattare, con naturalezza e spontaneità vi lascerete andare e potrete godere dei momenti più belli.
Ma se anche ciò non dovesse accadere, non abbiate mai fretta e ricordate che comunque l'amore prima o poi si accorgerà di voi.
Infine, come è condensato nella frase dell'immagine qui sotto:
e allora...
Buon Amore a tutte/i!!!
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Inge Morath
Il Palazzo di Città di Cagliari rende omaggio a Inge Morath (1923-2002), una delle più interessanti figure della storia della fotografia del Novecento, con la grande retrospettiva italiana che celebra il centenario della sua nascita.
Prima fotoreporter donna a entrare a far parte dell’agenzia fotografica Magnum Photos nel 1953, Morath ha realizzato, nel corso della sua carriera, reportage in diverse parti del mondo, studiando la lingua, le tradizioni e la cultura di ogni regione dove si recava. Il suo lavoro è, prima di ogni cosa, testimonianza di una passione che muoveva da una necessità profonda e imprescindibile. “La fotografia è essenzialmente una questione personale: la ricerca di una verità interiore”, scriveva lei stessa. Uno stile fotografico sviluppato grazie alle esperienze maturate con colleghi del calibro di Ernst Haas e Henri Cartier-Bresson, da cui riprese l’idea di una fotografia del “momento decisivo”.
La mostra si snoda tra il piano terra e il secondo piano del Museo. Un corpus di oltre duecento opere per rappresentare la vita e la carriera di una donna che è riuscita, con coraggio e determinazione, ad affermarsi in una disciplina all’epoca prettamente maschile.
(via Inge Morath - Silvana Editoriale)
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La telefonata
Ha voluto fare il grand'uomo. Ha messo due stracci in valigia e se n'è andato. Perché lo soffocavo, dice. Che non si sentiva apprezzato. E poi che aveva bisogno di riflettere sul nostro rapporto ormai logoro. Che lo davo troppo per scontato. Ci ho sofferto come una bestia ferita per almeno un mese. Ho pianto a calde lacrime. Grazie a Dio, l'istinto di autoconservazione mi ha comunque presa per i capelli e costretta a darmi una sistemata, a uscire e riprendere a vivere. Non fosse stato per il lavoro chissà che fine avrei fatto. Ma non sono mancata neppure un giorno alla mia scrivania e ai miei colleghi meravigliosi. Il coglione non mi avrebbe azzerata, questo era certo.
Poi succede che ieri rincasando ho incontrato Donatello, un ex compagno di scuola di mia figlia, anche lui come lei diplomatosi appena il mese scorso e nel prossimo autunno quindi fresco studente universitario. Un gran bel fico che bighellonava in giro. Due chiacchiere cortesi e l'ho immediatamente invitato a entrare in casa. Si, anche se non c'era Laura. Altrimenti mi sarei offesa. Con la scusa di mettermi comoda sono andata in camera, mi sono buttata addosso una specie di babydoll molto trasparente. Senza neppure il reggiseno e gli slip. Ero matematicamente certa del risultato: tutte le volte che veniva a casa a studiare con Laura infatti mi mangiava con gli occhi. Non volevo lasciarmi scappare un bocconcino del genere. Eccheccazzo! Avevo proprio bisogno del calore di un uomo, di sentirmi "giusta"
Puttana? Certo: perché no? Avevo nella fica una grandissima voglia di farmelo e più nessuno scrupolo. Lo stronzo se n'era andato e noi comunque eravamo entrambi adulti e consenzienti. Si, vabbè: sono andata avanti per assunzioni. Azzardate. Ma ero certissima di non sbagliarmi, neppure se avessi voluto. Quando sono tornata in soggiorno infatti, è rimasto a bocca aperta! Gli ho detto senza giri di parole che ero una donna matura, consenziente e che finalmente poteva servirsi. Senza problemi, perché mio marito non c’era più. Anche Laura era via da casa per una settimana dai nonni e allora non s'è fatto pregare. S'è spogliato, m'ha buttata sul divano a pancia sotto, ha aperto le mie chiappe. Ha sputato abbondantemente tra le natiche. M’ha puntato il suo uccello contro l'ano e ha sussurrato: “posso? È tanto tempo che in segreto desidero fartelo, sai…” figuriamoci: non vedevo l'ora di prendere nuovamente un bel cazzone nel culo! Gli ho detto quindi che poteva sfondarmelo come gli pareva.
Gli ho confessato che lo desideravo molto e che avevo capito da tempo quanto lui sbavasse per la mamma sexy della sua amica! Ha riso in modo liberatorio e ha quindi iniziato ad aprirmi. È entrato pian piano e appena il mio culo l'ha accolto tutto dentro ha preso a cavalcarmi. Dio, che cazz'è un giovane arrapato dentro di te! Aveva una verga di notevoli dimensioni e di consistenza incredibile. Mentre godevo finalmente come una vera porca, gli ho detto che il caffè glielo avrei fatto dopo, ma… solo se mi avesse soddisfatta appieno. Risate, baci languidissimi e leccate di collo, di culo, di palle, strizzate di seno, addirittura qualche schizzo di latte. Be’, una sana inculata, una banale scopata, no? No! Appena sborrato nel mio culo, gli ho detto di andare a farsi un bidè, che gli avrei fatto provare il mio pompino, la mia vera specialità: mio marito m'ha sposata soprattutto per quello. Quindi siamo andati a metterci comodi nella camera matrimoniale.
Donatello era seduto sul letto a gambe larghe, con la schiena appoggiata alla spalliera e io m'ero messa su un fianco, comodamente adagiata a lavorarmelo di labbra e di lingua: mmmh… quant'era buono il suo sapore. Non vedevo proprio l'ora che eiaculasse di nuovo, per ingoiarlo e allo stesso tempo sentirlo vibrare di passione e amore per me! Per una donna che avrebbe potuto essere sua madre! Ma proprio quello era il sale di quell’unione improbabile. Quindi, eravamo nel bel mezzo del godimento carnale, quando mi squilla il cellulare: era il cornuto! Un attimo di gelo, poi però ha preso il sopravvento la rabbia sorda che avevo ancora dentro! Ah, quanto mi sarebbe piaciuto quello che stavo per fare! Innanzitutto ho detto al ragazzo che avrei messo la chiamata in viva voce e di non preoccuparsi assolutamente, perché il bastardo m'aveva lasciata. Che continuasse tranquillamente a godere di me. Dovevamo solo non fare rumore e ascoltare.
Ho risposto:
-Pronto? Toh, chi si risente… che cazzo altro vuoi, adesso?
-Volevo solo sapere come stai…
-Sto benissimo, perché? La troietta bionda non ti stira le camicie? Non sa cucinare? Vuole uscire, ballare e tu non tieni il ritmo delle sue esigenze di ventenne?
-E dai: non c'è nessuna troietta. Volevo chiederti se sei disponibile una sera di queste per vederci a cena; per parlare un po’ e poi….. bla bla bla
È andato avanti per un'ora buona: a ricordare il nostro primo bacio. Poi che mi amava, che se n'era andato perché ultimamente a causa dello stress lavorativo non ci stava più troppo con la testa, che aveva capito che ero l'unica donna della sua vita: la moglie fedele e madre esemplare di sempre. Che era pentito. E poi che lo dovevo perdonare, e il profumo del mio seno, e il sapore della mia fregna, la morbida accoglienza del mio culo e infine la bocca… oh, la mia bocca che miracoli sa fare!
Chissà da quanti giorni non scopava: non ragionava più dal bisogno di passera. La biondina di sicuro l’aveva scaricato, ottenuto ciò che voleva. Forse soldi, un lavoro, un motorino, un aggancio lavorativo, chissà. Avrei potuto ottenere qualsiasi cosa, se gliel’avessi data quella sera stessa. Mentre lui parlava, intanto, io avevo già ingoiato la sborra di Donatello, prodotta in rimarchevole quantità, pur essendomi già venuto in culo poco prima. Poi mi sono messa a cosce larghe e gliel'ho fatta leccare a lungo: gli sono venuta in faccia e l'ho inondato letteralmente! Infine mi sono fatta scopare, mentre la telefonata andava avanti incessante. Che bella sensazione, farsi allargare la fica dall’uccello di un uomo vigoroso, che abbia meno della metà dei tuoi anni, molto prestante. Mentre tuo marito innamoratissimo di ritorno e pentito è lì che chiede perdono con delle frasi romantiche.
Che parla di fiori, cioccolatini, della nostra panchina, di rinnovo della promessa in chiesa davanti a Dio. E mentre parla percepisci chiaramente che sta piangendo, prostrato e umiliato. Il coniuge toro-divenuto-agnellino parlava, parlava e io intanto mi sentivo il corpo riempito da quel bel cazzone! Più sentivo le sue frasi di scusa, di ricordi legati al nostro matrimonio, più allargavo le gambe e alzavo il bacino per meglio far entrare il mio nuovo amante insaziabile. A Donatello accarezzavo dolcemente le palle, mentre cercavo di mettermele nella passera, allargandomela al massimo. Lui mi stantuffava ed era tutto sudato: che meraviglioso profumo la traspirazione di un uomo nuovo che ti scopa. Intanto mi toglieva e infilava di continuo il plug nel culo. Gli piaceva giocarci, era una novità, per lui. E io lo lasciavo fare. Lo facevo giocare col mio ano di donna sposata e madre. Mi sentivo la più lurida delle troie.
Ogni tanto col “marito prodigo” buttavo lì qualche monosillabo o qualche frase minima anche io, cercando di restare equilibrata, nel parlare, sebbene mi trovassi con un cazzo che voleva sborrare di nuovo ben piantato, duro, padrone e vibrante nel mio corpo! Alla fine ho tagliato corto, con qualche risata isterica e delle frasi sarcastiche gli ho detto che ci avrei pensato su. Dovevo decidere se perdonarlo o no. E lui: “grazie, grazie, tesoro mio. Ti amo da impazzire, lo sai?” Si, come no. Io sapevo solo che una volta provato il palo del ragazzo e il gusto di quel corpo guizzante, tonico e muscoloso non sarei più tornata indietro. L’avrei fatto sborrare spesso dentro di me. Figlia o non figlia attorno: mi sarei comunque organizzata. Cornuto o non cornuto pentito a casa accanto a me, le corna gliele avrei fatte diventare come quelle di un alce canadese anziano. ‘Sticazzi!
RDA
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Filippo Zanin e Francesco Favilli sono precipitati mentre arrampicavano la parete sud della Marmolada
Le salme dei due alpinisti precipitati sulla Marmolada sono state recuperate mercoledì sera dal Soccorso alpino della Val Pettorina. Si tratta di dipendenti dell’azienda calzaturiera “Scarpa”, di Asolo, per la quale Favilli, 44 anni, lavorava come brand manager, mentre Zanin si occupava di marketing. L’allarme era stato lanciato dalla moglie di uno di loro, preoccupata per aver provato a contattare gli scalatori durante la giornata senza ricevere risposta. Le ricerche Allertato dalla Centrale del Suem, il Soccorso alpino si è attivato martedì sera intorno alle 23.20 per avviare le ricerche. Le auto dei due sono state ritrovate una a Malga Ciapela, in prossimità della salita che porta al rifugio Falier, l’altra nel punto in cui era prevista la discesa dal ghiacciaio, al passo Fedaia. Si tratta del percorso conosciuto come la “via di Don Chisciotte”. Le perlustrazioni sono continuate fino alla mattina seguente, quando alle 5.30 circa l’elicottero Falco 2 ha rinvenuto i corpi esanimi dei due amici tra i ghiaioni alla base della parete. Colleghi e amici Zanin e Favilli erano amici da tempo, e li accomunava non solo il lavoro ma anche l’amore per la montagna. Il primo lascia una moglie e una figlia di appena due anni, il secondo due figli di 11 e 8 anni che abitavano con l’ex moglie nel veneziano. "Siamo distrutti dal dolore", ha detto Sandro Parisotto, presidente di “Scarpa”. "Filippo e Francesco erano due persone veramente speciali, nonché professionisti particolarmente apprezzati e conosciuti per il profondo amore per la montagna. Una passione che avevano portato in azienda e trasferito a tutti i colleghi. La notizia della loro scomparsa ci ha lasciati senza parole, siamo sotto shock: si tratta di una perdita che crea un enorme vuoto sotto tutti i punti di vista". Le parole di Zaia Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha contattato l’azienda “Scarpa” ed espresso cordoglio alle famiglie delle vittime. "In questo momento di grande dolore esprimo la mia vicinanza ai familiari e agli amici di Francesco Favilli e Filippo Zanin, i due alpinisti asolani che hanno trovato la morte sulla Marmolada. Esprimo anche un ringraziamento per tutto il personale del Soccorso Alpino intervenuto nelle ricerche dei due sportivi e nel recupero delle salme", ha detto. Read the full article
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ㅤ ㅤ ㅤ ㅤ ⟡ 𝐁𝐈𝐎𝐆𝐑𝐀𝐏𝐇𝐘 ㅤ ﹫ɪɴꜰᴏ ᴘᴏɪɴᴛ ⸝ ꜰʀᴇᴇㅤ ㅤ ㅤ ㅤ ㅤ ㅤ❤ㅤ ‧‧‧ㅤ on game ㅤ ㅤ ㅤ😭ㅤ ‧‧‧ㅤ off game ㅤ ㅤ ㅤ 🖇 basics : ㅤ ㅤ ♯ nome: india riley wood ♯ prestavolto: jasmine tookes ♯ pronomi: she/her ♯ luogo di nascita: boston, massachusetts ♯ vive a: manhattan, new york ♯ sessualità: etero ㅤ ㅤ 🖇 about them : ㅤ ㅤ ㅤ 𝐈ㅤ Nata in una pittoresca casa vittoriana a Boston, in Massachusetts, India ha trascorso gran parte della sua infanzia immersa in un ambiente stimolante, grazie ai suoi genitori che l’hanno sempre incoraggiata a esplorare il mondo attraverso l’arte e la cultura. Il padre, rinomato architetto, noto per il suo stile che mescola elementi moderni con richiami storici, le ha trasmesso la passione per l'arte, unita alla determinazione della madre, avvocato penalista. Un'infanzia, quella della Wood, che le ha permesso di trascorrere diversi periodi in città come New Orleans, una città intrisa di cultura, storia e arte che ha influenzato profondamente la sua personalità e le sue passioni, Washington in cui ha compreso la complessità dei giochi di potere e Savannah, facendosi ammaliare dalla storia del Sud. ㅤ ㅤ 𝐈𝐈ㅤ Il periodo trascorso in viaggio per gli States, ha permesso alla giovane Wood di affinare le sue passioni, elaborarle e svilupparle, visitando biblioteche, musei e siti storici, che non hanno fatto altro che nutrire la sua immaginazione e acceso la sua passione per la storia dell'arte. Fin dalla sua prima visita a New York, a sei anni, ha compreso che quello sarebbe stato il suo mondo. Durante una visita al Metropolitan Museum of Art, si è persa ma invece di spaventarsi, si era fermata davanti a un grande dipinto del Rinascimento e, incantata dai dettagli, era rimasta lì a osservarlo fino a quando i suoi genitori l'avevano trovata. Da quel momento, il museo divenne uno dei suoi luoghi preferiti, un rifugio dove poteva perdersi e ritrovarsi tra le opere d'arte. ㅤ ㅤ 𝐈𝐈𝐈ㅤ Oggi, India continua a esplorare il mondo dell'arte attraverso la scrittura e la fotografia. Nonostante la sua ansia, è riuscita a trasformare le sue vulnerabilità in forza, utilizzando l'arte come mezzo per affrontare le sue paure e connettersi con il mondo. Ama viaggiare, visitare musei e mostre, e scoprire nuovi talenti artistici. Ha una collezione di taccuini pieni di schizzi, poesie e riflessioni, che considera i suoi più preziosi tesori. India vive in un appartamento nel quartiere storico di SoHo, circondata da libri, piante e opere d'arte. Nel tempo libero, si dedica alla cucina, sperimentando ricette che uniscono le tradizioni del Sud con influenze europee, e organizza serate culinarie per amici e colleghi, dove si discute di arte, letteratura e filosofia. ㅤ ㅤ 𝐈𝐕ㅤ India lavora come critica d'arte freelance. Scrive per diverse riviste culturali e giornali, fornendo analisi approfondite su mostre d’arte, nuovi artisti emergenti e la connessione tra arte e società. Il suo stile di scrittura è poetico ma preciso, capace di trasportare il lettore nei mondi che descrive. Inoltre, tiene conferenze occasionali sulla storia dell'arte presso università e musei locali. Nel tempo libero, offre anche consulenze per collezionisti d'arte che vogliono acquistare opere di artisti emergenti. Recentemente, ha iniziato a lavorare al suo primo libro, un saggio che esplora come l'arte abbia influenzato i movimenti sociali nel corso della storia. ㅤ ㅤ ㅤㅤ ❚ ᴘɴɢꜱ/ꜰᴀᴍɪʟʏ, quindi 𝗣𝗩 importanti che 𝗻𝗼𝗻 possono essere duplicati: ㅤ ㅤㅤ ㅤ ✦ㅤ oliver wood — ғᴏʀᴇsᴛ ᴡʜɪᴛᴀᴋᴇʀ ( father ) ㅤ ✦ㅤ evelyn riley dupree — ɢɪɴᴀ ᴛᴏʀʀᴇs ( mother ) ㅤ ✦ㅤ eli wood — ʟᴜᴄɪᴇɴ ʟᴀᴠɪsᴄᴏᴜɴᴛ ( brother ) ㅤ ✦ㅤ noah wood — ʀᴇɢᴇ́-ᴊᴇᴀɴ ᴘᴀɢᴇ ( brother ) ㅤ ✦ㅤ olivia caroline dupree — ᴋᴇʀʀʏ ᴡᴀsʜɪɴɢᴛᴏɴ ( aunt ) ㅤ ㅤ
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LADY-J a Genova il 29/6, con Ika Faccioli in console all'Estoril e la tutor Georgia Mos
Si scrive LADY-J e si legge le DJ ed è il talent pensato per supportare le DJ del futuro, le protagoniste della scena della scena musicale di domani. Nel corso dell'estate 2024, LADY-J sta già facendo scatenare alcuni dei beach club italiani di riferimento, al ritmo di quattro giovani dj. Lo scopo è far crescere il talento di Gloria Fregonese, Ika Faccioli, Nikita Voguel e Dizzy (da sinistra a destra nella foto), queste le quattro DJ in gara. Come? Grazie ad esibizioni in contesti importanti ed ai consigli di colleghi DJ di grande esperienza.
Uno dei punti di forza di LADY-J è infatti che ogni artista viene affiancata da un professionista del mixer già affermato, che possa guidarla verso una carriera di successo. Tra i tutor, ecco Tommy Vee ed Alex Neri, artisti che non hanno certo bisogno di presentazioni.
Ika Faccioli, una delle dj in gara, è protagonista a Genova insieme alla tutor Georgia Mos, una delle dj italiane più affermate, in Italia e nel mondo (insieme nella foto, Ika sulla sinistra e Georgia sulla destra). Originaria di Sanremo, Georgia Mos il 21 giugno scorso si è esibita al mitico Tropicana di Mykonos e spesso si esibisce tra New York, i Paesi Arabi... ed ovviamente in tutta Italia. La tappa di LADY-J a Genova culmina sabato 29 giugno, con un dj set di Ika Faccioli supportata da Georgia Mos all'Estoril. Tutto questo dopo uno scatenato dj set il 28 giugno, sul palco del Radio 105 Summer Festival, in Piazza Vittoria.
Ma chi è Ika Faccioli? Le braccia disegnate dai vintage tattoo, lunghi capelli neri e tanta passione per la musica. Federica Faccioli, è una talentuosa DJ della scena veronese. Inizia a suonare nella primavera del 2017 per alcuni party in città e a settembre 2017 è già resident del Berfi's Club di Verona. Nel 2018 pubblica due singolo "Vostok 6.1 ed "Ideas from Mars" ed apre serate ad artisti come Richie Hawtin, Joseph Capriati, Sfera Ebbasta e Subsonica. Nel 2019 diventa resident del Disco Love di Verona, dove divide la console con artisti del calibro di Cristian Marchi, Mark & Kremont e Djs From Mars. Presto sarà come resident alla console della Praja di Gallipoli.
L'organizzazione di LADY-J è a poi cura di Match Music, realtà con solide radici nella scena musicale come Music TV. Da tempo produce eventi (oltre 350) e brand tour (oltre 130). Non solo: già nel 2012 organizzò She Can DJ, il primo contest italiano per DJ donne. LADY-J prende vita dal vivo, in tanti diversi eventi scatenati on the beach, mentre su LADY-J.it è possibile votare le esibizioni delle dj in gara ed accedere a contenuti video in esclusiva.
LADY-J culmina poi in una finale tutta da vivere, lunedì 29 luglio 2024 al Samsara Beach di Riccione, epicentro del divertimento e della musica in Riviera Romagnola. Dato lo spirito di LADY-J, tutte e quattro le partecipanti prenderanno parte alla finale insieme ai loro tutor.
E non finisce qui. La vincitrice suonerà all'Ibiza Global Festival, uno degli eventi di riferimento nell'estate dell'isola simbolo del divertimento, nel weekend del 9 e 10 agosto '24. L'evento, a ingresso gratuito, invaderà ancora una volta la spiaggia di S'Arenal a San Antonio. Anche se la line-up è ancora da annunciare, è certo che sarà un'epica maratona dance. Nelle scorse edizioni si sono esibiti artisti del calibro di Luciano, Nic Fanciulli, Roger Sanchez, Amémé, Alex Kennon e molti altri. Per questo partecipare, per la vincitrice di LADY-J, sarà un'esperienza irripetibile.
Partner di LADY-J sono poi Shiseido, colosso cosmetico giapponese, insieme a Marionnaud Paris Italia, rinomata profumeria francese. Nei punti vendita Marionnaud presenti nel territorio italiano e online, chi acquisterà un prodotto Shiseido può partecipare ad un concorso per vincere l'accesso il backstage della quarta tappa, quella di Massa Carrara, prevista per venerdì 5 e 6 luglio, tra la spiaggia di Marina di Massa ed il Giò Beach.
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