#Ora ti vorrei qui
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Una persona molto intelligente una volta mi ha detto che la vita ci rema contro in ogni istante, dentro e fuori di noi, in mille modi diversi e talvolta impercettibili, e che noi non possiamo farci proprio nulla. A parte dare il massimo e andare avanti, sperando che tutto vada per il meglio. [...] E a quel punto si ritroverebbe nella situazione che Caspar Goodwood illustra benissimo quando dice: «Deve salvare quello che è salvabile della sua vita», e dovrebbe, ancora una volta, riassemblare i pezzi della sua esistenza. [...] Il romanzo mi ha trasmesso questo messaggio: a volte la nostra vita si riduce in cenere e, in attesa che il dolore passi, dobbiamo setacciarla cercando ciò che resta, ciò che possiamo salvare, per scoprire che quello di cui abbiamo bisogno è dentro di noi. E, con un po’ di fortuna, accanto a noi, sotto forma di un’altra persona. Lei ha letto il libro? Ricorda cosa dice Ralph a Isabel prima di morire? «L’amore rimane.» E, alla fine, non possiamo che sperare che sia così.
#Ora ti vorrei qui#ora ti vorrei qui#citazioni#citazione#citazioni libri#citazione libro#Kathleen Glasgow#frasi#narrativa#libri#libri letti
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Nemesi d’amore
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Era inevitabile, che succedesse. Lavati la coscienza, oltre che il culo e la fica, puttana. Sono venuta a spiarti di nascosto nel bagno delle donne qui vicino agli uffici. Per osservare il tuo intimo, per cercare di capire cos'è quello che cercano tutti, da te. Sgualdrina da postribolo: faresti certamente dei bei soldi, se scegliessi quella via. Da quando sei arrivata nella nostra piccola azienda a conduzione poco più che familiare, ho potuto percepire chiaramente e immediatamente l’interesse di mio marito per te. T’ha assunta direttamente e senza esitazioni. Dopo solo pochi giorni di prova. No: non soltanto perché sei oggettivamente molto brava con i clienti, i colleghi e i fornitori, ma anche perché sei oggettivamente una gran bella gnocca.
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E poi profumi di sesso a un chilometro: chiunque abbia a che fare con te subisce la tua forte influenza erotica. Uomini o donne. Era matematico che me l’avresti scopato: sono sicura che il destino tiene per ciascuno la contabilità delle gioie e delle sofferenze per amore. E nel tempo ri-bilancia di conseguenza. Ero sicura che prima o poi mi sarebbe successo. Perché da ragazza anche io, per puro sfizio, vanità e assoluta incoscienza, ho fatto cadere un uomo sposato. Ho sfasciato una famiglia. Con figli piccoli. Lo volevo: era proprio bono. Mi piaceva e alle conseguenze francamente non pensavo minimamente. Ci misi solo tre giorni, a farlo crollare. Nell’intimo, dopo che capitolò ero assolutamente fiera: avevo scoperto che il potere della mia fica giovane, stretta e sofisticata era enorme.
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Gongolavo. Quella è una storia che comunque è finita dopo poche settimane e che io ho dimenticato presto, anche se le conseguenze sono state tragiche: avvelenamento da barbiturici di sua moglie dopo la scoperta. Salvata per un pelo. E poi separazione, soldi, avvocati, indigenza. Ma non mi fregava molto, francamente. Ero egoista e stupida. Come si può essere egoisti, stupidi e sicuri dell’invincibilità solo a vent’anni o poco più. M’è solo rimasto ben impresso in mente il viso della moglie, quando è venuta nel mio appartamento di universitaria appena dopo averci scoperti. All'improvviso me la sono trovata davanti. Voleva assolutamente vedermi: le ho aperto la porta, l’ho vista e l’ho fatta entrare. Mi dicevo: “uffa, sentiamo questa che cacchio vuole, adesso…”
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Però lei invece stava immobile e non riusciva neppure a parlare. A ripensarci con l’esperienza di oggi, devo dire che in quel frangente appariva proprio disperata. Le lacrime le scendevano dagli occhi assieme al rimmel, che colava impietoso e le insozzava il viso. “Declino di una donna; poverina” pensai. Mi fissò a lungo e mi disse solo: “si, sei bellissima, devo riconoscertelo. Ma vedrai, quando capiterà a te. Perché ti succederà, io lo so.” Praticamente mi lanciò una fatwa. Girò i tacchi e andò via. Di loro non ho poi saputo più nulla. E adesso eccomi qui a pagare; a soffrire come una preda ferita. Per lo stesso, medesimo motivo. Stavolta nella parte della cornuta ci sono io. Mea culpa, lo so: me lo sento nell’anima. Ancora fingo di non sapere, ma muoio dentro ogni giorno un po’ di più.
Eppure t’ho trattata come una figlia. Porca miseria: sono stata una moglie perfetta, fedele, impegnata e ho lavorato assieme a lui come una bestia. Abbiamo sofferto e gioito insieme a lungo. Sessualmente c’è sempre stata un’intesa ottima. Gli ho fatto e fatto fare di tutto, col mio corpo. Ma adesso ti vedo: nuda nella doccia femminile qui in azienda, mentre ti lavi dopo essere stata con lui in un cantiere difficile, sporco e fangoso. Hai sudato e vi siete insozzati nel fare l’ispezione necessaria, per poter così fare un preventivo corretto e dettagliato. Nessuno può resisterti, ora mi è ancor più evidente. Per dirla tutta, ti vorrei anche io. Mi piacerebbe succhiarti la lingua, la fica e farti vibrare di piacere tutta. Lo confesso: mi piaci da morire, puttana che hai portato l’inferno nella mia famiglia.
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Si: soffro molto e mi sento umiliata, ferita, degradata. Anche se ancora non riesco a trovare la forza di far esplodere la cosa. Lui rientra in ufficio o a casa fischiettando, bello allegro. Io fingo una normalità che ormai non esiste più. Ma no: tranquilla, non verrò a casa tua. Perché so esattamente che cosa dovrei dirti e capisco anche che dentro di te al momento non c’è neppure l’ombra di uno scrupolo, di un senso di colpa nei miei confronti: pensi solo a godere con lui di nascosto e a farti pagare bene a fine mese. Forse mio marito fuori busta ti allunga anche qualche centinaio di euro in più; per farsi grande ai tuoi occhi, o forse per gli… straordinari particolari.
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Tanto, il grand’uomo non sa quello che io invece so per vie traverse: che hai inviato già domanda in varie aziende concorrenti più grandi della nostra.Ti devi sistemare per bene, grandissima troia. Io per parte mia farò probabilmente finta di nulla, perché è matematico che troverai presto una nuova, migliore collocazione lavorativa e che ben difficilmente continuerai a vedere il mio uomo. Perché lui è mio e nonostante tutto lo amo. Si: lo amo ancora di più. Per amore si gode. E si soffre. Tanto. Tutta la vita. Che è una ruota.
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RDA
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Ho scoperto del cambio di paradigma di Zuckerberg e di Meta dalle storie dei Tlon, per cui le ripercussioni di tutto ciò le ho comprese assieme alla notizia stessa.
Come è stato detto, la notizia è passata in sordina in Italia, ma le conseguenze che avrà questa cosa saranno ENORMI.
Basta tornare un po' indietro nel tempo, ossia al famoso 2019, quando giravano bufale su bufale sul covid e sul vaccino a cui le persone credevano ciecamente, per rendersi conto della gravità della situazione.
Quanto peggiorerà il mondo dopo questo editto (come è stato giustamente definito)?
Personalmente, non ho mai avuto troppa fiducia nel futuro e nelle nuove generazioni, ancor di più adesso che ho e ho avuto a che fare con qualche esemplare da quando sono arrivata qui (per la questione naturale per cui "si fa gruppo" tra connazionali quando sei all'estero). Infatti, che fiducia posso avere se a 23 anni questi ancora sfottono chi è "frocio", se quella di poter mettere il cognome della madre a un figlio "è una cazzata" e che il tappo attaccato alla bottiglia "è un'altra cagata"? Che fiducia posso avere nel futuro se vedo continuamente bebè con ancora il ciuccio in bocca essere silenziati dai genitori con lo smartphone (questo sia in Italia che in Giappone)?
E ora, cosa ci si può aspettare dal mondo se la buona maggioranza delle persone nel mondo passano lo stesso quantitativo di ore di una giornata lavorativa (o più) su le piattaforme di Meta che faranno girare cazzate su cazzate?
In napoletano si dice tipo:"Quindi se ti dico che il ciuccio (=asino) che vola, tu ci credi?". È quello che sta succedendo per davvero.
Per carità, le bufale sono sempre esistite ed esisteranno sempre, è solo il mezzo di comunicazione che cambia forma, però se prima si poteva evitare il consumo di un certo tipo di materiale ora è praticamente utopia perché vorrebbe dire diventare eremiti digitali - e non solo, dato che, ad oggi, il digitale ha persino più valore del reale.
Vorrei non rimanere atterrita difronte a questa notizia, così come non lo sono stata quando è stata eletta Meloni o come non lo sono più quando succedono catastrofi naturali... però stavolta non ci riesco troppo.
Non sono una di quelle persone che vede il passato sempre migliore del presente, anzi, l'ignoranza pesante è sempre esistita ed è sempre stata ben più capillare delle idee progressiste. Però avendo vissuto solo in questo arco temporale abbastanza ristretto, la curiosità che mi sorge è: qual era la visione che avevano gli intellettuali del loro presente? Come si sentiva, ad esempio, Marx nel suo momento storico? Oppure come si sentivano i contrari al nazismo e al fascismo quando questi acquisivano sempre più consenso? Era impauriti da quello che stava succedendo oppure avevano una visione più cinica e super-partes (come "il popolo è fatto così, si beve tutto e questa è solo la naturale conseguenza")?
Comunque sia, ad oggi, spero con tutto il cuore che si ergerà un nuovo social o un nuovo modo di abitare il digitale regolato su criteri meno scellerati di questi (non che ci voglia molto... ma ci vuole molto coraggio per voler mettere in piedi un progetto simile nel contesto attuale), dove, almeno coloro che non vogliono utilizzare le piattaforme esistenti, potranno migrare per poter usufruire della parte migliore del web. Lo spero, anche se non ci credo troppo... anche perché con le ultime sparate di Trump, non so voi, ma a me una bella terza guerra mondiale non mi pare più una cosa così impensabile e lontana nel tempo...
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"Due etti di felicità, grazie".
~Mi spiace, signorina, ma non vendiamo felicità qui.
"Capisco. Sa dove posso comprarla?".
~Provi a chiedere più avanti, alla bancarella in fondo alla strada, il signor Destino so che qualche volta l'ha venduta.
~Grazie.
~Lei è il signor Destino?.
"In persona".
~Vorrei due etti di felicità, per favore.
"Ah, mi dispiace, non vendo felicità".
~E perché mai?
"Perché la felicità non si vende e non si compra".
~Sì, ma io ne ho bisogno, devo trovarla subito e so che lei è l'unico a potermi aiutare.
"Le ripeto, io non vendo felicità, semmai la regalo".
~Allora me la regali!.
"Se la vuole sono cento sassi".
~Cento sassi? E dove li trovo ora cento sassi? E come può una ragazza come me portare cento sassi?
"Veda lei, quando avrà portato i sassi le darò la felicità!"
~Tenga i suoi sassi, è stata una fatica enorme trovarli e poi trascinarli fin qui. Ci sono stati momenti in cui ho creduto di non farcela.
"Ma alla fine ce l'ha fatta... Bene, ecco la sua felicità".
~Posso chiedere come mai mi ha chiesto questi sassi?
"Molti credono che la felicità sia una semplice scelta: vado al bazar, la voglio, la compro.
Non sei felice?
Colpa tua, in fondo la felicità è nelle cose semplici. Questo è quello che si crede.
Si pensa che basti convincersi di essere felici per esserlo davvero. Ma la felicità è una cosa diversa, profonda, a volte capita, o meglio sono io a farla capitare, e altre volte è un'immensa conquista, la cima di una montagna scalata con caparbietà,
il frutto di una grande fatica passata attraverso il dolore.
I sassi non sono altro che il suo lasciapassare per la felicità, signorina".
~Ma perché non chiedere un solo sasso? O dieci magari?
"Perché per raccogliere e portare pochi sassi ci vuole un giorno ma per portarne cento ci vogliono molti giorni".
~Dunque?
"Dunque la tristezza, il dolore, la rabbia, hanno bisogno di molti giorni per essere ascoltati e capiti. In un giorno puoi mettere da parte tutte queste cose, prendere la felicità e indossarla come una maschera ma ti servono più giorni per comprendere la tristezza e il dolore, per cullarli, e per far sì che alla fine la felicità ti entri dentro fino ad appartenerti davvero"...
~ Sabrina Ferri
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Buondì Papero....
Vorrei farti una domanda seria... ma, se la risposta fosse un casino, non mi offendo se "mi ci mandi"!! 😄
Hai idea di quanto costerebbe aprire una server farm? E, in subordine, è un'idea economicamente conveniente? Ho sempre lavorato nel settore dei servizi horeca, all'inizio come dipendente, poi come imprenditore. Da sempre ho avuto la passione per l'informatica e l'ingegneria. (mannaggia che non l'ho scelto come percorso di studi...) Ora mi trovo ad un bivio di vita e mi piacerebbe fare qualcosa in questo mondo che tanto mi piace. Hai presente quando racconti di voler mandare tutti i crucchi a quel paese e cambiare vita? Ecco. Ti capisco. I miei problemi non parlano tedesco, ma la situazione è simile. Per ora sto a fare ragionamenti... ma spero che nel 2025 possa trovare il giusto incastro per trasformare l'idea in azione! Ho a disposizione una struttura coperta di circa 3.500 mq ad oggi in disuso con accesso ad abbondanti fonti di energia rinnovabile (sole, vento, acqua di sorgente bella fredda per i chiller di raffreddamento) La server farm è stata la prima idea... Tu ne avresti altre?
Ovviamente se anche altri tumbleri hanno belle idee... ascolto con piacere!!
Grazie mille per il tuo tempo! 😁
Ammazza che domanda ...
Mai fatto un ragionamento su questa cosa, ma posso pensare a voce alta, visto che nelle server farm ci sono entrato più di una volta, e ti posso dire, da gestore di alcuni di quei server, cosa ho incontrato lungo il cammino che mi portava dalla porta di ingresso al punto di lavoro. Vado in ordine, così facciamo la lista della spesa.
Sicurezza umana
Ti serve controllare gli accessi, supervisionare le aree e gestire chi può andare dove, quindi ti serve personale 24/7 tra guardie di sicurezza, telecamere (con tanto di registrazioni e sistemi per archiviare), sistemi di allarme e tutte le blindature possibili per effrazioni che si possono compiere attraverso ogni buco nel quale è possibile infilarsi, vetri antirapina e, se proprio devi assicurare un certo livello di sicurezza, metal detector e perquisizioni corporali dedicate e a-rattuse.
Sicurezza fisica
Porte tagliafuoco che ogni volta che si chiudevano mi partiva un timpano, progettare quanto più possibile con materiali ignifughi, e soprattutto sistemi di antincendio compatibili con l'elettricità a cascata su tutta l'area e che devono garantire determinati tempi di reazione, tutto deve essere a prova di statica, quindi tutti i materiali (partendo dai pavimenti, ad esempio) devono minimizzarne l'accumulo, prima che vai a toccare il telaio di un server e ti si fulminano le palle perché quel giorno a Milano faceva un freddo della madonna a Corso Zara presso la Sala Fastweb e ci sei andato con le mutande di flanella (tengo a sottolineare che, nonostante le apparenze, questo non è un post autobiografico).
Accessibilità
Vanno usati materiali "smontabili" in ogni momento, tutto il pavimento era flottante, potevi sganciare 'sti quadroni con una leva ed accedere a tutta la cablatura che viaggia sotto al pavimento, lo stesso vale per gli armadi, per le cablature che viaggiano in aria, e i cessi col bidet (questo non è proprio un must, ma faresti felice gli utenti), e mi raccomando la segnaletica, che non si capiva mai un cazzo, col capo che mi diceva per telefono vai a destra, vai a sinistra, ma usate delle coordinate cartesiane perdio. Ti serve, sempre all'uopo, una squadra di tecnici reperibile 24/7, perché c'è sempre qualche cazzo che si rompe, e inoltre c'è sempre il giorno che il cliente non ha davvero nessuno da poter mandare per premere il Power ON su un server e ti chiede in ginocchio, e poi uno dei tuoi sgherri per dispetto glielo accende ma gli stacca la Ethernet, vafammocc.
Temperatura controllata
Hai già citato il raffreddamento, diciamo che qui ognuno si raffredda il server come vuole, ma nella stragrande maggioranza è tutto a ventole (almeno lo era tipo 15 anni fa), e quindi devi smaltire tutta l'aria calda generata nei locali, quindi un sistema di aspirazione con i controcazzi, che deve tenere la temperatura costante, non vuol dire glaciale, quando ci andavo dovevo comunque letteralmente spogliarmi che faceva un caldo della madonna, però se semo capiti. E poi sì, tutta questa aria va raffreddata, ma vedo che ad acqua stai messo già bene. Un banco frigo con i ghiaccioli sarebbe gradito.
Energia
Capisco benissimo la tua voglia di tutela dell'ambiente, ma uno dei requisiti chiave è la copertura energetica SEMPRE, con tanto di backup, quindi tutte quelle belle robe solari e ventose, sì, son belle e aiutano, perché no, ma devi rispettare una fornitura costi quel che costi, anche quando c'è la nebbia e non si vede, e qua penso siano abbastanza cazzi.
Connettività
Hai voglia a fibre ....
Anche qui, devi garantire banda e ridondanza, come per il punto di prima, per ogni SLA (Service Level Agreement) che non rispetti ti inculano col sabbione vetrato.
Certificazioni
Per quante ne puoi avere, te ne sarai sicuramente scordato qualcuna, quindi daje de ISO, daje de IMQ, già ti dico che di questa server farm non se ne parlerà più (l'ho scritta solo per fare rima).
Copertura assicurativa
... e non aggiungo altro.
Se ti dovessi dire la mia, io pianterei tutte piante di ulivo per fare concorrenza a @pgfone così abbassiamo il prezzo finale dell'olio al consumatore :P :P
Ma ovviamente mi affido ai miei amatissimi follower, che non solo si divertiranno a fare la punta al cazz a quello che ho scritto (vi prego, sì), ma anche che potranno aiutarti con altre idee forse ben più promettenti e remunerative.
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La verità è che mi manchi. Non solo, mi manca quello che non siamo mai potuti essere perché le nostre vite sono distanti anni luce. E ogni tanto torno a pensarti, a come saremmo stati, alle litigate, ai momenti di sesso, alle tue battute e alle mie risate. Ma tu hai la tua vita e io la mia e non possiamo appartenerci più. E' stato bello fingere, è stato bello dirsi "ti amo", è stato bello crederci. Ora vorrei solo trovare pace nella tua assenza. Mi hai fatto davvero male, e lo sai, però sempre qui mi hai ritrovata. Sei stato luce in un momento di totale oscurità e non smetterò mai di ricordare quei mesi con un peso al petto. Non so dove sei ora, non so se mi pensi e vorrei solo chiederti come stai ma non posso. Posso solo scriverlo qui anche se mai lo leggerai e non importa, è meglio così per tutti e due. Porterò forse per sempre un pezzo di te nel mio cuore.
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Caro diario, riding and scherzing ho smesso di scrivere qui da più di un mese, che credo non sia mai capitato se non svariati anni fa agli inizi, quando ciclicamente decidevo di smettere di scrivere sul blogghe strombazzandolo in toni strappalacrime poi optavo per offrire un fernet al roipnol alla mia autocritica e la rinchiudevo in cantina ricominciando a scrivere cialtronate con meno pudore.
Questa volta non c'è stata una dichiarazione di intenti dietro e un po' come quando uno si ritrova a fare una cosa senza ricordarsi bene di aver deciso di iniziarla capita pure che uno smetta di fare qualcosa senza aver troppo deciso di finirla.
È che ultimamente sono diventato oscenamente esistenzial-crepuscolar-marzulliano che è un assetto mentale che non si presta molto alla scrittura da diporto, e forse ho un qualche meccanismo di difesa che mi inibisce le interazioni internettare pubbliche prima di finire a postare selfie con sovraimpresse citazioni di Paulo Coelho.
A volte vorrei sparire per un po' in uno di quei posti in cui nessuno ti verrebbe a cercare, tipo il Bhutan o il Molise, di quelle cose che uno dovrebbe fare a vent'anni ma a vent'anni non ne avevo mica tanta voglia.
Visto che comunque l'autocritica è ancora saldamente chiusa in cantina ho pensato di tornare saltuariamente a scrivere di niente tipo ora, che la qualità dei contenuti è un concetto sopravvalutato.
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Mi hai chiesto una poesia
che parlasse del Natale,
che ti piace così tanto,
ma non l’ho;
la cerco in questa casa senza facce,
fra le rose luminose con la pila,
che ho comprato dai cinesi, già frugate
nei cestoni da altre mani,
ma non c’è.
Io vorrei darti le pigne che ti aspetti,
i teatri in miniatura con la neve.
Non lo sai quanta cannella, quanto muschio,
quanti piccoli pacchetti bianchi e rossi,
ti darei,
ma il Natale non è
qui con me;
l’ho lasciato alla bambina che guardava
il disegno sul servizio
di piatti di Limoges,
svenduto al primo offerente,
l’ho soffiato via col talco nelle calze
di mia nonna,
l’ho perduto nel gonfiore delle dita
che graffiavano nel gelo i parabrezza
di una fuga,
l’ho mangiato,
a piccoli pezzetti, anno
dopo anno,
sulla tavola, da sola.
L’ho dormito,
pregato via, dissolto
nella scusa fosse un giorno come un altro.
E ora non ho più
Natale
per la semplice poesia che tu mi chiedi.
Mi è rimasta:
la coda da lucertola a ricrescere
della stella che realizza i desideri
e la nascita del giorno
di ogni giorno che verrà,
te le lascio tutte e due,
a te che forse
sei l’unica persona che saprebbe
farmi amare anche il Natale.
Beatrice Zerbini
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«Che cosa pensi di fare della tua unica, folle e preziosa vita?». «Come?» «È il verso di una poesia di Mary Oliver, una delle mie preferite. Ho scelto New York, le luci della ribalta, il riso e i cuori spezzati. E poi ho scelto Mill Haven e l’insegnamento. Sono stato io a prendere queste decisioni. Noi adulti cerchiamo sempre di proteggere voi ragazzi, è il nostro compito. Vogliamo che abbiate una vita felice e una buona istruzione, che diventiate delle brave persone e che facciate delle cose buone. Ma ogni tanto, a dirla tutta, combiniamo dei casini enormi. L’infanzia è una specie di lunghissima prova generale in cui i bambini seguono il copione che gli adulti hanno scritto nel cuore della notte, un copione che per loro non ha il minimo senso ma che a noi appare del tutto sensato.»
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Ossessivo desiderio di femmina
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"Ehiiii: che c'è, Ida? Ti conosco abbastanza da sapere che è da un po’ di tempo che sei inquieta…"
"si, hai ragione Lucio. È che la cosa mi imbarazza. Certo, so che posso essere assolutamente sincera, con te. Ci mancherebbe! Sono anni che siamo colleghi e di me sai tutto, misure di scarpe e del reggiseno incluse! E tu quindi puoi aiutarmi."
"dai, scema: spara, che oggi pomeriggio qui in ufficio non abbiamo più niente da fare e abbiamo tempo e quiete fino alla chiusura. Per fortuna…"
"ecco… è che da quando mi sono separata, sono tre anni ormai, io non ho più… capisci? E non ce la faccio più…"
"be’ direi che la cosa è molto seria, accidenti. Ma io… con tutta l'umana comprensione, per carità, cosa posso fare per te?"
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"questo è il punto: io non voglio più alcuna relazione. Sto bene così, grazie. Almeno per ora; quindi se sei d'accordo e mooolto ma mooolto discretamente, io e te potremmo fare… diciamo, della 'ginnastica', sempre che ti vada? Sperando che tu non abbia troppi scrupoli morali nei confronti di tua moglie… una cosa leggera. Così: con dedizione ma senza coinvolgimento emotivo. Solo ogni tanto… anche visto che lei è all'ottavo mese e quindi la lasciamo in pace, poverina… ecco perché mi sono permessa, perché m'è venuto in testa…"
"devo dire che mi lasci basito: sarebbe uno sconvolgimento della mia vita totalmente inaspettato per me, questo… non è che non avrebbe impatto…"
"vabbe’ lasciamo stare, scusami. Non avrei dovuto. Ho proprio passato la linea, con te! Perdonami, ma almeno mi sono sfogata. Ecco: adesso divento rossa… Puoi dimenticare, per favore?"
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"nooo: che dici! Sono d'accordo: si fa. E poi… il ferro va battuto finché è caldo, no? Telefono a casa per dire che farò un po’ tardi, stasera. Aaah.. ecco che vedo tornare il sorriso sul tuo bellissimo volto, finalmente! Confidenza per confidenza: stai tranquilla. Assolutamente. Perché io per te ho un debole. Ti… d-e-s-i-d-e-r-o da morire! Da sempre sei la mia maggior fonte di distrazione, qui al lavoro. Ti adoro letteralmente. E adesso che sei arrossita ti voglio ancora di più. Mi sto già legando a te, che tu lo voglia o no. Altro che senza coinvolgimento.”
"si, anch'io - detto con estrema franchezza - ti trovo profondamente maschio e molto attraente. Ti ringrazio della confidenza intima: è molto gradita. Sai, solo al pensiero di dovermi impegnare in un nuovo, faticoso rapporto con qualcuno… invece tu mi conosci, con te sono a mio agio. E sei un bel manzo giovane. Mi fido di te ciecamente per tutto, ma lo sai no? Anzi, già che ci siamo, ti confesso che c'è un'altra piccola cosa…"
"mi vuoi far impazzire, oggi? Già avrei bisogno di una doccia fredda… ma dimmi…"
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"ecco: con mio marito non l'ho mai fatto. Mi vergognavo! Ma c'è una cosa che proprio…"
"dai: parla. Sai che puoi dirmi e chiedermi tutto, no? Sii sincera, sciolta e apriti fino in fondo…"
"allora: io vorrei tanto prenderlo in bocca, sentire i gemiti dell'uomo e l'urgenza maschile di venirmi dentro che lo spinge ad affondare nella mia gola. Vorrei sentire che mi prendi per la nuca, così che io non scappi e bramo sentirmi tua schiava dentro. Da te sottomessa con forza, fino a che non sarai soddisfatto! Desidero ingoiare il tuo seme, sentirti pulsare e percepirti fremere per me, godere. Ti lavorerei l'asta con giochi di lingua sapienti, mentre mantengo il contatto visivo. Così capiresti che ti sto adorando… Ho provato con degli ortaggi, ma non è la stessa cosa! Ecco: l'ho detto. È proprio una cosa che desidero fortemente. Con mio marito mi sono sempre vergognata di prendere l'iniziativa, non volevo che pensasse che sono una poco di buono, una porca. E poi lui non me l'ha mai chiesto. Idiota! Ma comunque questo è da sempre un mio grandissimo desiderio…"
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"basta: adesso mi stai proprio facendo morire dalla voglia di averti. Tranquilla che oggi potrai fare con me tutto ciò che vuoi, giuro. Anzi, ti dico solo due parole, per prepararti psicologicamente: lato B!"
"oddio che bello! Ma… mi farai molto male? Comunque… si, confesso che anche questa è una cosa che desidero da tempo. Voglio assolutamente anche che tu mi rompa il culo. Si: mi dovrà far male. Sai: devo fare con te tutto quello che non ho mai fatto prima. Proprio come una squillo di lusso, che ne prende magari solo uno o due al giorno. Ma che lavora come si deve, con impegno e ogni sua sessione dura a lungo. Ok, allora: tra mezz'ora stacchiamo. Usciamo separati. Non voglio pettegolezzi. Ci vediamo a casa mia, tra un'oretta. Dammi il tempo di preparare l'atmosfera e me stessa: devo farmi stupenda solo per te. Non vedo l'ora di averti dentro. Intanto, adesso in silenzio e rapido, per favore vieni qui: ti concedo l'anticipo di un bacio… Dai: non farti pregare, figo della Madonna…"
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RDA
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crateri lunari
ieri a tavola io e mio padre ci siamo accorti a vicenda che abbiamo cancellato certe cose dalla memoria, casuali come una fetta di groviera.
io avevo scordato come mamma avesse il piede ferito da un giorno all'altro, hai ragione non ricordavo più, lui quando era scesa in strada da sola e da lì abbiamo cominciato a chiudere a chiave la porta di casa, quando è stato? che anno era?, e quando usciva dal garage con l'auto e lei in attesa era caduta su se stessa come sacco di patate, è vero l'avevo scordato, e quando aveva battuto sul pianoforte e aveva perso un dente, ora sì, ricordo.
certe cadute cuori in pezzi le abbiamo rimosse dalla memoria, non quella condivisa, quella di uno, di individuo, di fronte alla vita che scorre velocissima e carica di pericolo e di sconosciuto.
a ricongiungere i ricordi - lo facciamo sempre meno - sembravamo due bambini usciti da un tempo a parte, da un sogno di quelli che non sai dove sei ma riconosci i luoghi, non sai da chi vai ma la strada la percorri a menadito. tutto è lontanissimo e vicinissimo, fatto di pezzetti che ogni tanto rimettiamo assieme, in un puzzle slogato di una fatica invisibile, che al tempo ci ha messo le ruote, le ali, le antenne, altre quattro braccia altri due piedi, magari 2, 3 cuori di riserva in più, ma forse ha dimezzato la memoria.
stamattina son uscita in auto e ho seguito una strada strana, che prendo solo in primavera perché voglio vedere come fioriscono gli alberi, ma adesso lo so che non son fioriti, perché ero lì? ho pensato che sto dimenticando delle cose di mamma, e ho tremato, ne tremo spesso, e altre si ergono fortissime e piantate nel mio campo di memoria, eppure non è ancora primavera, che ci faccio su questa strada? Quindi perdere una persona amata ha questa scia che non puoi maneggiare? Da una parte cancelli traumi fattivi - cadute, ginocchia gonfie, ultime parole, quando ha cominciato che giorno che mese a non dire neanche una parola una? Altri traumi fondi li tieni sotto mano sempre, come il piatto fondo, come il pozzo profondo, come il mare dove vedrai i pesci per sempre, di mamma senza respiro, ogni tanto ripasso il pensiero della pelle ancora tiepida e gli occhi serrati, come una strofa che non voglio dimenticare, li ricordo come ieri, come domani. È ricordo che mi segnerà? o mi aiuterà? Lo ricordo, lo ricordo uguale a noi due stese a terra sul tappeto persiano in sala, io 4enne lei 38enne, mentre fuori c'è il temporale e sentiamo il rumore e ridiamo, così non abbiamo paura.
Il ricordo di questi due fatti ha lo stesso peso specifico. Com'è possibile, memoria? Quale incastro compone la forma della persona che non è più qui? Non c'è linea temporale che guidi, ci sono buchi di tempo anche tra i più vicini, e ci sono monumenti a piccoli fatti, come entrare al pronto soccorso e il dottore in servizio ti mette una mano sulla spalla e ti porta davanti allo schermo del computer per mostrarti docile i polmoni di tua madre, che poi vedrai per tre mesi, di cui chiederai per tre mesi ogni giorno al reparto, con le parole ogni volta più puntuali, più scientifiche, più sapienti, ma che ora io non ricordo più. Ricordo la mano del dottore sulla spalla in pronto soccorso e io col giaccone d'inverno davanti al pc e i polmoni bianchi e neri di mia madre, e basta.
Vorrei scriverci la storia, ma ho paura dei buchi, ho paura dei crateri che non saprei riempire se ne ho perso la memoria, e io non voglio inventare nulla, o questa non è la mia rivoluzione.
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Caro papà, tante volte ho sperato di avere un padre diverso da quello che sei stato. Per tante volte mi sono chiesta perché mamma fosse così tanto affezionata a te, mi ci sono voluti anni per capirlo bene a fondo e forse ad oggi mi manca ancora qualche tassello, ma quello che riesco a dire è che ti perdono per tutti quei momenti in cui non ci sei stato. Perdono le tue assenze nella mia infanzia, le tue brutte parole che volavano a caso e che mi ferivano. Vorrei solo dirti che ti capisco, capisco tutti i tuoi sforzi per farci stare bene, per permetterci una vita tranquilla nonostante tutti i tuoi debiti. Capisco le giornate no, i litigi, i momenti di fame, l’unica maglietta nuova che potevate permettervi per me, le scarpe aggiustate e riaggiustate con l’attak. Sono grata del tempo che abbiamo potuto passare insieme negli ultimi anni, sono grata di averti conosciuto e di essere cresciuta giocando insieme a te e sono grata della vita che ho adesso, qui, con te e la mamma. Sono grata che tu, ora, mi possa finalmente vedere e passare del tempo con me.
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#pensieri#compagnia#compagnia notturna#frasi#papà#padre#lettera#pensieri notturni#nuovi amici#aesthetic#amici#amore#frasi personali
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ammucchiate su ogni ripiano della stanza ci sono cianfrusaglie, oggetti che hanno perso la loro funzione o peggio la loro utilità e sono quindi diventati spazzatura, ho l’abitudine di conservare nelle tasche fogli e foglietti, volantini, scontrini, prescrizioni del medico, cammino per strada con le mani in tasca giocherellando con le carte delle caramelle facendole passare tra le dita, svuoto le tasche sullo scaffale della libreria mettendo le cartacce accanto ai libri, ci sono fogli piegati, gesù è tuo amico, l’apertura di una pizzeria, il nuovo piano terapeutico della psichiatria, dovrei fare una selezione anche dei vestiti che continuo a spostare dalla sedia al letto, che cazzo, io non sono così. a me piace avere una vita minimalista, fatta diversamente, di disciplina, un porta documenti verde in cui riporre ogni documento che mi potrebbe tornare utile in qualunque momento, il desktop praticamente vuoto, le poche cartelle allineate che contengono una pila di cartelle magari catalogate con colori diversi in base al contenuto, ogni tanto mi appaga controllare i siti a cui sono iscritto ed eliminare il mio account da quelli che non utilizzo più, a volte ho dovuto scrivere allo staff per farlo perché non avevano la funzione di eliminazione dell’account, catalogo le spese per avere traccia di quanto e come spendo, da qualche parte nella mia testa mi appaga l’idea di dover ragionare sulle nuove categorie di spese da aggiungere nel file del duemilaventicinque, mi piace aprire il cassetto dei calzini e trovarli già accoppiati, essere circondato da un sistema mi piace e mi toglie alcuni pensieri che mi affollano la testa, gli direi questo al me stesso di qualche anno fa, sei fatto così, non c’è niente di male se ti fa stare bene avere un proprio sistema. eppure ultimamente accumulo oggetti inutili, abbandono una busta vuota per terra, quelle plasticose della farmacia, i blister vuoti degli antidepressivi lasciati nel cassetto del comodino. vorrei mettere un po’ di ordine: sistemare l’armadio, ordinare il cassetto dei farmaci, fare una selezione di tutti i foglietti sparsi per la stanza, sistemare i fili sotto la scrivania. ma non ho le energie per farlo da solo. qui non c’entra la coppia, intesa come relazione sentimentale. non ho energie per farlo da solo, ma è un’altra cosa, non so cosa, ultimamente sono così, mi abbandono e perdo pezzi, un angolo del poster di titanic ha ceduto e non lo sistemo, ci metterei pochi secondi, mi lascio sfiorare da quello che definirei caos ma che in realtà non so cosa sia, forse solo disordine, forse ora sono fatto così, non c’è niente dietro, forse.
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Charles Bukowski: “Sei incancellabile tu”
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Succede che una mattina ti svegli e vedi che fuori non piove più e allora ti chiedi – beh? Che è successo?
Ecco, quella mattina successe a me che da tanto tempo non amavo, ma non per chissà quale motivo, non amavo e manco io sapevo il motivo preciso, ma forse sì che lo sapevo: che senso poteva avere per me l’amare se non amare che te?
Quella mattina io avevo una gran voglia di dirti – ti amo -, almeno credo.
Quanto mi manchi amore mio. Certo, io lo sapevo già dentro di me di questa cosa che mi manchi ma l’ho capita bene solo quando fuori ha smesso di piovere e a me mi giocava il cuore.
che prima avevo la scusa per non vedere il sole, pioveva, mica era colpa mia, ma le nuvole ora sono andate via portandosi dietro tutte le scuse. Ok, tu non ci sei, ok, ma va bene, va bene anche se va male, va bene perché io ti amo lo stesso.
C’è come un diario che ho chiuso nel petto, sento che devo tirarlo fuori e devo farlo senza schemi se non gli schemi che mi porto nel cuore.
Ah! Mannaggia mannaggia, mannaggia al cuore che non sa far calcoli ma che pure spesso sbaglia i conti.
Ma io non ero riuscito a dirti quel ti amo.
Era una primavera quando andasti via, lo ricordi? Io cercavo di farmi forza, la vita andava avanti sentivo dirmi da tutti.
Quando te ne sei andata io mi sono un po’ rincoglionito.
Mi persi, diciamoci la verità, perdendoti io mi persi. E tu? Ah! No scusa, non volevo chiederti se anche tu ci sei rimasta male, era un e tu come stai? Roba del genere insomma, un e tu cosa fai ora? Che stai facendo adesso, adesso è in questo momento, che stai facendo in questo momento? Non mi interessa cosa stai facendo nella vita, io non ci sono più nella tua vita, cosa vuoi che mi importi?
Sicuramente starai facendo tante cose belle, bellissime, ma a me importa adesso, adesso adesso mi importa, adesso in questo momento. Io adesso ti sto pensando facendomi del male. Io vorrei non pensarti ed averti invece qui, qui vicino a me.
Ma non ci sei. Non voglio pensarti ma non lasciarmi solo, non andare via anche dai miei sogni.
Tu dolce ferita mi tagli il cuore, ma io sorrido sai? Non mi fa male questo maledetto male. Sorrido perché dentro ci sei te e ti vedo, almeno posso vederti. Ti vedo pure che dai un bacio a quello lì e questo un pò a dirti il vero mi fa incazzare.
Ma tu non lasciarmi lo stesso, tienimi con te pure se sono incazzato.
Tienimi con te. Non mi fa male la ferita al cuore, no, non mi fa male, sei tu che non ci sei, non andare via oltre.
A volte mi sento tanto forte da poterti dire che non esisti senza di me.
Ma non è vero sai? È che ci provo ad andare avanti, bisogna comunque provarci o almeno provo a convincermi che bisogna provarci.
Fossi riuscito a dirti ti amo oggi me ne fotterei della pioggia che smette o che non smette, facesse cosa cavolo vuole la pioggia, fossi riuscito a dirti ti amo io ora non sarei qui a pensare a dimenticarti senza cancellarti.
Sei incancellabile tu.
Sei come quelle macchie di inchiostro sul taschino della camicia, solo che sulla camicia ci puoi mettere una giacca, un maglioncino, ma su di te cosa ci posso mettere?
(Charles Bukowski)
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TRINITY BLOOD
RAGE AGAINST THE MOONS
(Storia: Sunao Yoshida // Illustrazioni: Thores Shibamoto)
Vol.1 - From the Empire
WITCH HUNT - Capitolo 1
Traduzione italiana di jadarnr dai volumi inglesi editi da Tokyopop.
Sentitevi liberi di condividere, ma fatelo per piacere mantenendo i credits e il link al post originale 🙏
Grazie a @trinitybloodbr per il suo prezioso contributo alla revisione sul testo originale giapponese ✨
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“Nome ed età?” Chiese Abel.
“Eris Wasmayer. Diciassette.”
“Diciassette? Ma ieri non ci avevi detto di averne diciotto?”
“Non si dovrebbe chiedere l’età ad una donna.”
“Eris, potresti essere seria per un momento?” Sospirò Abel, sollevando gli occhiali tondi simili a fondi di bottiglia e chiudendo il taccuino dove stava prendendo appunti.
“Ma è così noioso!” Si lamentò Eris, andandosi a sedere sul letto ed incrociando le gambe. Si voltò di lato spingendo fuori il labbro inferiore, mostrando al prete quanto era imbronciata.
Se non fosse stato per il suo comportamento capriccioso, sarebbe stata molto carina. Aveva la pelle chiara ed i capelli perfettamente tagliati a caschetto. Ma era terribilmente infantile. E con quei capelli corti e senza trucco dimostrava non più di quattordici anni.
Solo dieci giorni prima era incapace di parlare. Era rimasta così tanto shockata dall’incidente nel rifugio dei vampiri che avevano dovuto portarla in quel bunker per i trattamenti medici ed essere interrogata. Ma ora che si era ripresa, era impossibile farle prendere la situazione sul serio.
“Padre, sono chiusa in questo bunker da giorni ormai. Non ho nulla con cui distrarmi, né posso avere contatti col mondo esterno. E quando mi vieni a trovare, mi porti solo documenti e scartoffie. Quante altre volte ti devo raccontare la mia versione della storia?” Piagnucolò.
“Seriamente? È perché la cambi ogni volta. Mi piacerebbe essere più comprensivo, ma devi capire che ho un lavoro da svolgere. Devo fare rapporto al mio capo, e se il rapporto non è scritto correttamente, sarò io ad essere rimproverato.”
Eris fece un cenno di comprensione vedendo una traccia di terrore dietro gli occhiali del prete al solo pensiero di ciò che aveva appena detto.
“Essere un prete dev’essere difficile.”
“Lo è, devi credermi. Ascoltami: il mio capo può essere molto spaventoso. L’ultima volta che ho consegnato un rapporto in ritardo si stava limando le unghie e mi ha detto con una voce stranamente gentile: ‘Hai avuto molto da fare ultimamente Abel?’ Per un attimo ho pensato che mi avrebbe cavato gli occhi… ma non so perché ti sto raccontando tutto questo.”
“Ma no ma no, sfogati pure. Dopo ti sentirai meglio.” Lo provocò Eris.
“Sono io che faccio le domande qui. Puoi collaborare? Per favore?” La pregò.
Eris represse un sorriso quando vide l’espressione seria sul volto del prete. Adorava prenderlo in giro. Era sola al mondo, per cui il solo modo per avere un po’ di compagnia era far tornare Abel da lei.
“Ti faccio una proposta. Ti prometto che collaborerò. Ma solo se mi portate del cibo da fuori.”
“Non posso farti uscire. Non ancora.”
“Allora andate a comprarmi qualcosa. Fatelo e risponderò a tutte le vostre domande. Il cibo qui fa schifo. Vorrei mangiare qualcosa di più… umano.”
“Andata.” Rispose il prete.
In effetti il cibo lì faceva abbastanza schifo. Lo sapeva. Era insipido come le pareti di quel bunker. Era uno scambio semplice. E comunque sempre meglio che subire lo sguardo crudele attraverso il monocolo del suo capo.
“Cosa vorresti? Ti faccio portare quello che vuoi.” Disse allegramente.
“Voglio un Gateau Chocolat e dei Marron Glace.” Disse senza un attimo di esitazione.
“D’accordo. Gateau Chocolat e Marron Glace.”
Il prete stava giá uscendo dalla stanza, ma si fermó improvvisamente. Con un gesto cauto, come se stesse maneggiando una bomba, tirò fuori il portafoglio e lo esaminò con attenzione.
“Si può sapere che c’è?”
“Che ne diresti invece di una brioche appena sfornata?”
La ragazzina tirò un cuscino addosso al prete e si buttò a pancia in su sul letto, guardando il soffitto.
“Quanto sei inutile. Va bene, prendi quello che ti pare!”
“Fantastico! Allora vado subito.” Abel fece per aprire la porta.
WHAM!
La porta si spalancò improvvisamente e andò a colpire Abel dritto sul naso. Il colpo lo stese più velocemente di un pugno in faccia. Si afferrò il naso stringendo gli occhi pieni di lacrime.
“Ciao Tres.” Farfuglió.
“Padre Nightroad, ma che stai facendo.” Replicò Tres, guardandolo con il bel volto inespressivo. Nonostante fosse di bassa statura era ben proporzionato ed i vestiti che portava sembrava che gli fossero stati cuciti addosso, ma era sempre circondato da un alone di odore di polvere da sparo.
“La tua mamma non ti ha insegnato a bussare prima di entrare nella stanza di una ragazza?”. Chiese Abel.
“Negativo. Non c’è tempo.” Rispose Tres. Muovendosi in modo meccanico, Padre Tres buttò un plico di fogli sul letto.
“Mi ha contattato Sorella Kate. Abbiamo un nuovo posto per la ragazzina. Gli ordini sono di farle liberare la stanza immediatamente.”
“Un posto nuovo?” Chiese preoccupato Abel, ancora rannicchiato per terra e con un fazzoletto infilato su per una narice sanguinante. Eris è al centro di di diverse cospirazioni. In questo momento, solo dei pazzi si offrirebbero di ospitarla.
“Sarà il Convento di Santa Rachele a Roma ad ospitarla. Sorella Kate è dovuta passare tramite suoi contatti personali per ottenerlo.” Lo informò Tres.
Abel annuí. “Allora siamo in debito con lei. Il Convento di Santa Rachele ha delle ottime strutture, e lo staff è al top. Sempre che Eris non preferisca rimanere a Marsiglia.”
Guardò preoccupato la ragazzina, che rimaneva in silenzio mordicchiandosi il mignolo, pensierosa. Il luogo in cui si era rifugiata non esisteva più e non aveva nessun famigliare su cui contare. Non aveva molte altre scelte…
“A me non importa. Quando partiremo per Roma?” Chiese Eris.
“Questa notte.” Rispose Tres.
“Stanotte?” Abel era incredulo.
Non era tranquillo nel far muovere Eris— non senza avere il tempo di organizzare un’adeguata sicurezza. Se i vampiri la volevano morta, un’uscita affrettata avrebbe solo fatto il loro gioco.
“Una suora del Convento vi incontrerà alla Stazione Centrale questa sera. Padre Nightroad, sarai responsabile di scortarla fin lì.” Continuò Tres.
“E tu dove sarai?” Chiese Abel.
“Ho un interrogatorio in ospedale.” Tres si girò per lasciare la stanza, ma si fermò per guardare indietro verso Abel. “Il vampiro che abbiamo catturato al rifugio si è rigenerato abbastanza da rispondere alle nostre domande. Continuerò lì le mie indagini.”
Eris osservò il prete impettito uscire dalla stanza. “Non mi piace.” Dichiarò. “Non é stato per niente gentile con te.”
“Pensa solo al lavoro.” Rispose Abel. “Ed in effetti almeno lui ha del lavoro che lo aspetta. Mentre le mie indagini sono in un punto morto.”
Abel ripensò a quanto aveva appena detto. La pista delle sue indagini era quasi inesistente, ma c’era sempre qualcosa su cui si poteva lavorare. Ed a volte le piste più sottili portavano a casi più importanti. Ripassò le sue annotazioni e lo svolgersi degli eventi. Era stato confermato che il dirottatore della Tristan, il Duca Alfredo era salito a bordo della nave allo Scalo Aeroportuale di Marsiglia. Faceva parte dei Fleur du Mal, un gruppo di vampiri dalle idee radicali che vivevano nelle campagne. Erano un piccolo gruppo di fanatici disorganizzati, non avrebbero mai potuto da soli mettere in piedi un attacco terroristico su larga scala. Il rifugio dei Fleur du Mal era poi stato distrutto in un’orribile carneficina, dove lui e Tres avevano trovato Eris. Lei era l’unico collegamento con il dirottamento… che non fosse un cadavere. Ci doveva essere qualcosa che mancava.
Abel tirò di nuovo fuori il suo taccuino.
“Dunque, non abbiamo molto tempo, quindi vediamo di finire questo rapporto. Per prima cosa, dimmi quanti anni hai…”
#abel nightroad#trinity blood#sunao yoshida#rage against the moons#trinity blood novels#traduzione italiana#tres iqus#eriswasmayer#thores shibamoto
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Ciao, grazie del tuo consiglio non mi aspettavo che rispondevi così. Mi hanno sempre detto che non so fare niente e adesso sono qui non so com'è andare avanti penso ancora al passato ( mi madre mi ha detto di avere residenza nella vita ha detto di diventare ma non ci riesco). I professori mi prendevano in giro dicendo che non sarò niente da grande e anche al lavoro dicono che sono stupida e non so parlare o sono lenta nel capire o non sono sveglia. Ho troppi problemi e vorrei cambiare ma sono svogliata o triste e non so come cambiare . non dico tutto preferisco scrivere in privato se è posisbile?
Vorrei cambiare tante cose sto cercando di cambiare ma non so da dove inizare
Comincia col prenderti del tempo per stare con te stessa e capire te stessa. Non sei la persona che vedono gli altri, quelli che non ti conoscono davvero. E forse anche tu hai smesso di conoscerti ed ascoltarti per ascoltare gli altri... per questo ora tutto sembra difficile e non sai cosa fare: è normale. Non sentirti in colpa, hai fatto ciò che hai potuto per andare avanti e sopravvivere. Abbiamo bisogno di conferme, di supporto, ma spesso gli altri non vedono noi, vedono rilessi di loro stessi e delle loro paure ed ansie. E questo non ci è di aiuto.
Non sono una psicologa, e non so se davvero posso aiutarti in questo senso: sto lavorando su me stessa in prima persona, quello che posso offrire (come faccio su questo blog @loveyourlovelysoul) è solo un po' di supporto e condividere quello che sto imparando. Però, se lo ritieni opportuno, invece di un tutor, prova a parlare con qualcuno che ne capisce di psicologia. Potrebbe davvero aiutarti a risolvere un po' di problemi interni e ritrovare la tua strada. E la voglia di andare avanti, dopo aver capito cos'è davvero che ti blocca nel passato e non ti fa stare nel presente, dove sei ora. Forse la paura di non essere abbastanza, come dicevamo? E di non farcela? A volte ci chiudiamo e risultiamo "lenti" agli occhi degli altri, ma sono solo le nostre paure come ti dicevo prima, che prendono il sopravvento. E non sempre è facile riconoscerle e controllarle. E sono paure... ci vuole tanta determinazione e coraggio per affrontarle, perché si presentano nei modi più impensabili. Per questo ti consiglio di parlarne con qualcuno che ne sa: avere una guida e non farlo da soli è molto importante; stare soli potrebbe isolarci ancora di più e far peggiorare tutto. Non fraintendermi, tu sei più forte di quello che credi, e si vede dalla tua voglia di voler voltare pagina e ricominciare nonostante ci sia questa paura di non essere "abbastanza" o "come ti vogliono gli altri" (non devi esserlo, devi essere solo te stessa, sei già perfetta così e non è una frase fatta... devi "solo" ritrovarti e crederci). Ma non per questo devi affrontare tutto da sola. E non sei svogliata, secondo me, assolutamente: sei solo bloccata da come ti hanno vista gli altri e come continuano a vederti (credo che ora sia solo l'esperienza del passato coi tuoi professori che ti blocca e si sia riproponendo a lavoro nelle definizioni dei tuoi colleghi/capi). E dalle aspettative che gli altri hanno in te. Il non sapere cosa fare perché vorresti fare di più (magari per fare felice tua mamma) ma non ci riesci (perché gli altri ti hanno detto e dicono quelle cose non vere), ti sta bloccando in un posto da cui non sai più muoverti. Ed è normale, chi non si sentirebbe così nei tuoi panni? Per questo ti dico di ritrovare te stessa, quella che sei tu secondo la tua opinione e non le aspettative o ciò che vedono gli altri. Solo da lì puoi ricominciare a camminare verso la direzione che davvero vuoi seguire tu (non gli altri). Solo da te stessa. Con coraggio, tenedo le tue paure per mano (soprattutto abbracciando e consolando le versioni più giovani di te, quella che andava a scuola e affrontava quei professori che non so come definire tali ma vabbè e magari anche quella piccola che stava a casa e doveva fare certe cose per sentirsi apprezzata e vista... ?). Piano piano diventerai quello che vuoi, prenderai il tuo posto da protagonista nella tua vita con orgoglio, ma prima devi capire cos'è quello che vuoi tu e qual è il tuo vero posto.
Non arrenderti e davvero datti tempo. Ce ne vuole tantissimo, come di pazienza. E cerca di volerti bene e perdonarti, soprattutti nei giorni più difficili. Stai facendo e hai sempre fatto del tuo meglio, devi esserne fiera.
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