"Ciò che accade è più sorprendente di ciò che si inventa"
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vai e non voltarti
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@ioenina
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anelito come poesia polla improvvisa che dura
rompicapo picnic tra me e me
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@ioenina
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crateri lunari
ieri a tavola io e mio padre ci siamo accorti a vicenda che abbiamo cancellato certe cose dalla memoria, casuali come una fetta di groviera.
io avevo scordato come mamma avesse il piede ferito da un giorno all'altro, hai ragione non ricordavo più, lui quando era scesa in strada da sola e da lì abbiamo cominciato a chiudere a chiave la porta di casa, quando è stato? che anno era?, e quando usciva dal garage con l'auto e lei in attesa era caduta su se stessa come sacco di patate, è vero l'avevo scordato, e quando aveva battuto sul pianoforte e aveva perso un dente, ora sì, ricordo.
certe cadute cuori in pezzi le abbiamo rimosse dalla memoria, non quella condivisa, quella di uno, di individuo, di fronte alla vita che scorre velocissima e carica di pericolo e di sconosciuto.
a ricongiungere i ricordi - lo facciamo sempre meno - sembravamo due bambini usciti da un tempo a parte, da un sogno di quelli che non sai dove sei ma riconosci i luoghi, non sai da chi vai ma la strada la percorri a menadito. tutto è lontanissimo e vicinissimo, fatto di pezzetti che ogni tanto rimettiamo assieme, in un puzzle slogato di una fatica invisibile, che al tempo ci ha messo le ruote, le ali, le antenne, altre quattro braccia altri due piedi, magari 2, 3 cuori di riserva in più, ma forse ha dimezzato la memoria.
stamattina son uscita in auto e ho seguito una strada strana, che prendo solo in primavera perché voglio vedere come fioriscono gli alberi, ma adesso lo so che non son fioriti, perché ero lì? ho pensato che sto dimenticando delle cose di mamma, e ho tremato, ne tremo spesso, e altre si ergono fortissime e piantate nel mio campo di memoria, eppure non è ancora primavera, che ci faccio su questa strada? Quindi perdere una persona amata ha questa scia che non puoi maneggiare? Da una parte cancelli traumi fattivi - cadute, ginocchia gonfie, ultime parole, quando ha cominciato che giorno che mese a non dire neanche una parola una? Altri traumi fondi li tieni sotto mano sempre, come il piatto fondo, come il pozzo profondo, come il mare dove vedrai i pesci per sempre, di mamma senza respiro, ogni tanto ripasso il pensiero della pelle ancora tiepida e gli occhi serrati, come una strofa che non voglio dimenticare, li ricordo come ieri, come domani. È ricordo che mi segnerà? o mi aiuterà? Lo ricordo, lo ricordo uguale a noi due stese a terra sul tappeto persiano in sala, io 4enne lei 38enne, mentre fuori c'è il temporale e sentiamo il rumore e ridiamo, così non abbiamo paura.
Il ricordo di questi due fatti ha lo stesso peso specifico. Com'è possibile, memoria? Quale incastro compone la forma della persona che non è più qui? Non c'è linea temporale che guidi, ci sono buchi di tempo anche tra i più vicini, e ci sono monumenti a piccoli fatti, come entrare al pronto soccorso e il dottore in servizio ti mette una mano sulla spalla e ti porta davanti allo schermo del computer per mostrarti docile i polmoni di tua madre, che poi vedrai per tre mesi, di cui chiederai per tre mesi ogni giorno al reparto, con le parole ogni volta più puntuali, più scientifiche, più sapienti, ma che ora io non ricordo più. Ricordo la mano del dottore sulla spalla in pronto soccorso e io col giaccone d'inverno davanti al pc e i polmoni bianchi e neri di mia madre, e basta.
Vorrei scriverci la storia, ma ho paura dei buchi, ho paura dei crateri che non saprei riempire se ne ho perso la memoria, e io non voglio inventare nulla, o questa non è la mia rivoluzione.
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c'è chi sposta i mobili, chi cambia taglio di capelli, chi ci ha un taccuino e 3 pennarelli
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@ioenina
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aprirsi chiudere aprirsi di ciglia
in quel varco aperto che pare vuoto,
lì riconoscere chi nuova, nuovo, sei.
(augurio, promessa — buon anno abitato a noi)
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@ioenina
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vocale
ho imparato (male) a fare i vocali durante il lockdown. prima manco la voce mia m'andava di ascoltar, poi alla fine in qualche modo ho cominciato a rispondere a chi li mandava, manco 1 minuto, ma mi forzavo a imparare posticcia spontaneità. ora quando li faccio - ma solo per alcuni amici, ché rimango una grafomane e sempre un po' interdetta dai vocali, sono una visiva, non un'uditiva, facciamocene una ragione - mi riascolto, dopo che l'ho mandato. di solito quelli con le battute come un pagliaccio, alla mia amica. rifaccio play subito dopo l'invio. come un attore che studia intonazione, o con quel cicinì di vanità auto-assolutoria. E poi però se me lo chiedi espressamente, se me lo chiedi proprio, probabilmente poi non lo farò, il vocale, o male, non aprirò bocca, ché mi sentirò già in piedi su una seggiola, e lì emerge la timidezza tipo airone di Miyazaki quando diventa mostruoso, e mi ritiro nelle mie stanze.
insomma oggi riascoltavo il vocale mandato ad amica, io tutta raffreddata e col piglio di una che si è scocciata del malanno che no non se ne va, e fa le battute ciniche solo per far ridere l'altra parte, eppure mica lo senti il riso dall'altra parte, parli da sola, sì ma se è amica tua, hai voglia se la senti ridere, pure se non la senti
e riascoltandomi ho sentito uno scalino di me. Le dicevo che avevo quasi finito di fare i regali, mi mancavano solo i calzetti per la famiglia, da mettere sotto l'albero, un paio per ognuno, come da rito. Come da rito che aveva mamma, ai regali immancabile aggiungeva un paio di calzetti dedicati per ciascuno di noi, non si scampava.
In qualche modo poi ho cominciato a farlo io, senza che nessuno me lo chiedesse, oddio, nessuno, nessuno è già qualcuno,
insomma le ho detto, all'amica in vocale: Devo solo comprare i calzetti per tutti, prima lo faceva mamma, ora lo faccio io,
e poi un silenzio
ho sentito lo scalino nel silenzio mentre ascoltavo me, io teatro di me
3 o 4 secondi vuoti nel vocale gagliardo pagliaccio, e ricominciavo poi a parlare a cascatella, a cane che corre per i prati perché è stato chiuso per troppo tempo in casa, ma quei secondi di silenzio erano proprio un boato, per me, riascoltando me come se avessi di fronte a me, me.
non era un singhiozzo, né ho poi cambiato tono, era proprio un burroncino, una voraginina nella rete, un capolino del cuore, un lasciare spazio a una voce che ora non esiste, che dica Brava ché ci pensi tu! oppure iato per un sorriso complice, un dire ci capiamo, voglio trovare stavolta dei calzetti con degli alpaca ricamati, che dici? sì, oppure pesci o sirene!,
tutto questo nel silenzio di quando stai zitta un attimo, stai lasciando la parola a un'attrice che non entrerà in scena e lo sai nel tuo vocale teatro che non entrerà in scena, lo fai di fronte all'amica che l'ascolterà, ma la pièce è così, e quel silenzio, vocale, che ti riascolto, è sacro.
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tududù list
(tutta la verità, mamma mia azzurrina, sulla festa)
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@ioenina
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travel journal from paris, con deriva per tavolini, scoperti e scoperte, dove ci puoi disegnare, nelle scoperte, perché fuori è freddo
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@ioenina
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lunga vita a
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@ioenina
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cardiologia
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@ioenina
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Quando sono triste disegno
ma pure
Quando sono triste non disegno
Quando non sono triste qualche volta disegno
Qualche volta sono occupata dalla vita felice, allora non disegno
quando mamma fu ricoverata per gli ultimi suoi, sapemmo dopo, 3 mesi, per 1 mese non toccai penna, per un altro mese non disegnai altro che fiori copiandoli dalle fotografie di Castor Fleuriste, in un quaderno mai più aperto, piegato e piagato d'acqua, e in quell'ultimo mese disegnai ovunque, in qualsiasi modo, moto, pure ai piedi del letto suo di tosse, tutto disegnavo, tutto e senza giudizio
quindi non lo so, e me lo chiedo spesso, in che anfratto di me, e tempo, m'assale il disegno che rugge
a new york non avevo mai voglia di disegnare, e mi pareva così strano
a parigi il taccuino per me è come la baguette, perché?
non ho risposta chiara, vorrei john berger a spiegarmi tutto, ma so, so, che quell'energia una volta innescata è come una preghiera. una volta che cominci, se il segno è iniziato - parola, forma, nota - c'è qualcosa che ricrea te, prima di te e prima che tu t'accorga. Stava dietro la fronte? Appoggiata sulle spalle? Attorcigliata sui polsi? prudevano ma sei sempre te, potenza-che-può, te ulivo, te fuoco, te ossigeno, fibra rinnovata
Ah, quindi eri qui? me lo dico ogni volta, e ogni volta lo dimentico.
(è un grazie, perché mi sono state fatte le mani, che salvano da tanto, tantissimo tempo).
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ove sto stai sta
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@ioenina
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Ho la tosse di un cane che abbaia nella notte. Ieri pomeriggio, di ritorno dal dottore sito nel mio paesin d'origine, son passata da mio padre, a distanza, ma da mio padre comunque. L'ho trovato in cucina ad armeggiare, pacifico, armi con mio padre son lettere vane, con un'otre grande come il mio torace, mai vista, metà laccata nera metà nuda terracotta, enigmatica e paradigmatica.
– Babbo, è il vaso di Pandora?
– No, è per le olive in salamoia! Me l'ha prestato Raffaele!
dice tutto fiero di amicizia, di sapori in fieri e di quell'essere padroni di nutrimento, come imparare a far l'uovo in tegamino a nove anni.
Sul pavimento qualche rametto duro di finocchietto selvatico tagliato via, saltato via, profumo di arance nell'aria. Guardo dentro l'otre buia: tripudio di aromi tra le olive nere lucide come gli occhi suoi col guizzo, ebbri di mescolìo, di tempo da attendere, di raccolta di finocchio nei fossi, quelli nella strada per Arcevia, prima che cali la notte.
– Prendi questi rimasti!, metto bastoncini in tasca
– Prendi le nocciole, le ho tostate!, manciata di gusci nell'altra.
Io nella sciarpa tutt'avvolta son uscita con le tasche di nocciole e finocchietto che sballonzolavano sui fianchi, rataclat ratatlac come i giochi scambiati da piccoli. Nel vaso di Pandora di mio padre mi sa che è proprio la speranza che si aggira, e pure a otre aperta. Mica la speranza che deve vincere la paura, più quella che da bambino non sai nominare, eppure la sai più di tutti, e infinita.
Fossimo stati piccoli assieme, saremmo stati ottimi amici, penso tutta sicura e salda come la terra cotta, come i greppi prima che faccia buio, mentre a casa tiro fuori dalle tasche i miei preziosi, stecchetti verdi e sassetti al forno.
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È finalmente spuntato come un fagiolo magico (coi pantaloni in tartan, che scrive sui muri) il 𝗖𝗮𝗹𝗲𝗻𝗱𝗮𝗿𝗶𝗼 𝟮𝟬𝟮𝟱 per la Fondazione Policlinico Sant'Orsola, coi disegni e le parole dell'anno di ninetta (alias Francesca Ballarini, alias @ioenina, alias io).
Molto cuor d'insieme, sinfonia d'insieme, sinfonina dicevo un tempo e il tempo continua, con lo stesso credo.
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Il Calendario illustrato è dono solidale per la Fondazione Policlinico Sant'Orsola, che dal 2019 rende reali progetti di cura e abbracci che non hanno mai fine.
Il calendario è disponibile in due formati, da tavolo e da muro, ed è ordinabile online oppure nella sede della Fondazione a Bologna e in giro per la città bella fino a Natale!
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Il cieco con la voce buona e il muto che ci vede bene Invitami stasera a cena e arriveremo insieme
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@ioenina
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l'ora regale
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@ioenina
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Vedere / essere visti
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@ioenina
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