ilsalvagocce
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Il Salvagocce
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"Ciò che accade è più sorprendente di ciò che si inventa"
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ilsalvagocce · 25 minutes ago
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broccoli & pathos
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@ioenina
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ilsalvagocce · 5 days ago
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con le vele senza averle spiegate
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@ioenina
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ilsalvagocce · 11 days ago
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this is me che incontro al mattino una frase di christian bobin il manico serra la tazzina m'attorciglia le dita le ciglia si incurvano il caffè è finito la marmellata marmella la penna scalpita daidaidai finché non la scrivo.
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@ioenina
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ilsalvagocce · 12 days ago
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lustra lastra liscia
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@ioenina
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ilsalvagocce · 13 days ago
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un'altra quasi
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@ioenina
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ilsalvagocce · 17 days ago
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scriveva Christian Bobin, l'ho riletto stamattina, sottolineato a tripla riga già allora,
E verrà il giorno in cui, per conoscere il contenuto di un libro, ci basterà posare l'indice sulla sua copertina, e tutta la luce delle parole passerà in noi, interamente, e quel giorno sapremo che siamo morti – poiché, fintanto che eravamo vivi, eravamo condannati a una lettura laboriosa, parola per parola, e all'indecifrabilità.
(viva, l'indecifrabilità)
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ilsalvagocce · 22 days ago
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Linee del passato. Fenomenologia.
(III edizione - since 2010)
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@ioenina
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ilsalvagocce · 24 days ago
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C'è una vecchia signora che cammina sotto casa nostra, sempre a braccetto della giovane sua badante, donna paziente che negli anni ha inventato un percorso sempre più ricco e avventuroso attorno all'isolato. Deve camminare, con quelle ossicine centenarie, e loro camminano, camminano tantissimo. 
La vecchia signora — un guscio di tartaruga sotto uno scialle in primavera, incoronata da una fascia di lana pelosa in inverno, col bastone in mano e una tenuta da nonnina fiabesca che può scoprirsi lupo — ha sempre il grugno inciso: blatera parole ogni tanto, forse insulti, insultini, biasimini, a ogni creatura che passa, che sfiora o che da lontano vede muoversi. Se s'accorge d'un essere vivente nella via che lei percorre, egli o ella, ma più ella, riceverà biasimo incomprensibile. 
Gatti bambini uomini donne ciclisti baristi anziani cagnini postini corrieri giovinastri fidanzatini poi non ti dico. Rondoni pure caduti dal tetto, è probabile. Se le incontri per strada, loro due, a braccetto, con quell'andatura che saprei riconoscere nel dondolio tra mille coppie a spasso, da lontano le adocchi venire verso te, che magari torni a casa, trafelata, scapecciata, e allora dovrai essere silenziosa se non vorrai incappare nel giudizio dell'anziana con la fascia di lana d'angora, che si accorge che sei viva: verrai giudicata, in un rimbrotto che non capisci, e non vuoi capire manco.
Ogni volta  immagino la donna che le è accanto, che la tiene dritta - come una banana, ma è il suo dritto quello - e la fa camminare, a ricevere parare deglutire i brontolii dell'anziana, solo perché noi altri, guarda, si esiste. 
Oggi, tornando dall'ufficio postale, in tenuta sportiva, arruffata, ma sotto il sole di gennaio che profuma di marzo anelito, le ho incontrate dondolanti come sempre nel crocevia che porta al corso e al viale, al fruttivendolo e al passaggio pedonale.
Io, in uno slancio di ottimismo kamikaze, ho sorriso a 120 denti, ho alzato la mano, mi sono palesemente mostrata nel mio essere viva. Ho fatto festa. Non era un saluto di cortesia o da captatio benevolentiae, era più Che Bello Signora Grugno! Che gioia incontrarla in questa magnifica rotatoria! E lei, polla improvvisa, che arriva prima al sentire più che al risentirsi, ha sorriso. Come sorpresa, bolla che scoppia, al cervello le è arrivata la festa prima della mia mise sportiva, e i capelli troppo sciolti, e troppo liberi, e troppo lunghi. Come risvegliata dal lungo sonno della disapprovazione, trasfigurata.
La cosa ancor più bella, che so stritolarmi il cuore, è che la non protagonista, badante silenziosa e paziente, dal sorriso sempre lieve stentato che pare rassegnato, disegnato sul volto con una matita dura 6H, ha sorriso forte tanto quanto lei, come una spaccatura del quotidiano, di noi che non c'entriamo niente, di noi che non cambieremo niente, di lei centenaria sua protetta che rimbrotterà di nuovo prima o poi — ma che importa, ci siamo sorrise grandemente fregandocene del prima e del dopo, che tanto dal grugno un insulto arriverà (l'ho sentita l'ho sentita secondi dopo "Quessa è quella che abita là?"), un dopo che ti calma lo sguardo verso il mondo, a tutte, e mica t'accorgi. 
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ilsalvagocce · 1 month ago
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vai e non voltarti
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@ioenina
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ilsalvagocce · 1 month ago
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anelito come poesia polla improvvisa che dura
rompicapo picnic tra me e me
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@ioenina
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ilsalvagocce · 2 months ago
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crateri lunari
ieri a tavola io e mio padre ci siamo accorti a vicenda che abbiamo cancellato certe cose dalla memoria, casuali come una fetta di groviera.
io avevo scordato come mamma avesse il piede ferito da un giorno all'altro, hai ragione non ricordavo più, lui quando era scesa in strada da sola e da lì abbiamo cominciato a chiudere a chiave la porta di casa, quando è stato? che anno era?, e quando usciva dal garage con l'auto e lei in attesa era caduta su se stessa come sacco di patate, è vero l'avevo scordato, e quando aveva battuto sul pianoforte e aveva perso un dente, ora sì, ricordo.
certe cadute cuori in pezzi le abbiamo rimosse dalla memoria, non quella condivisa, quella di uno, di individuo, di fronte alla vita che scorre velocissima e carica di pericolo e di sconosciuto.
a ricongiungere i ricordi - lo facciamo sempre meno - sembravamo due bambini usciti da un tempo a parte, da un sogno di quelli che non sai dove sei ma riconosci i luoghi, non sai da chi vai ma la strada la percorri a menadito. tutto è lontanissimo e vicinissimo, fatto di pezzetti che ogni tanto rimettiamo assieme, in un puzzle slogato di una fatica invisibile, che al tempo ci ha messo le ruote, le ali, le antenne, altre quattro braccia altri due piedi, magari 2, 3 cuori di riserva in più, ma forse ha dimezzato la memoria.
stamattina son uscita in auto e ho seguito una strada strana, che prendo solo in primavera perché voglio vedere come fioriscono gli alberi, ma adesso lo so che non son fioriti, perché ero lì? ho pensato che sto dimenticando delle cose di mamma, e ho tremato, ne tremo spesso, e altre si ergono fortissime e piantate nel mio campo di memoria, eppure non è ancora primavera, che ci faccio su questa strada? Quindi perdere una persona amata ha questa scia che non puoi maneggiare? Da una parte cancelli traumi fattivi - cadute, ginocchia gonfie, ultime parole, quando ha cominciato che giorno che mese a non dire neanche una parola una? Altri traumi fondi li tieni sotto mano sempre, come il piatto fondo, come il pozzo profondo, come il mare dove vedrai i pesci per sempre, di mamma senza respiro, ogni tanto ripasso il pensiero della pelle ancora tiepida e gli occhi serrati, come una strofa che non voglio dimenticare, li ricordo come ieri, come domani. È ricordo che mi segnerà? o mi aiuterà? Lo ricordo, lo ricordo uguale a noi due stese a terra sul tappeto persiano in sala, io 4enne lei 38enne, mentre fuori c'è il temporale e sentiamo il rumore e ridiamo, così non abbiamo paura.
Il ricordo di questi due fatti ha lo stesso peso specifico. Com'è possibile, memoria? Quale incastro compone la forma della persona che non è più qui? Non c'è linea temporale che guidi, ci sono buchi di tempo anche tra i più vicini, e ci sono monumenti a piccoli fatti, come entrare al pronto soccorso e il dottore in servizio ti mette una mano sulla spalla e ti porta davanti allo schermo del computer per mostrarti docile i polmoni di tua madre, che poi vedrai per tre mesi, di cui chiederai per tre mesi ogni giorno al reparto, con le parole ogni volta più puntuali, più scientifiche, più sapienti, ma che ora io non ricordo più. Ricordo la mano del dottore sulla spalla in pronto soccorso e io col giaccone d'inverno davanti al pc e i polmoni bianchi e neri di mia madre, e basta.
Vorrei scriverci la storia, ma ho paura dei buchi, ho paura dei crateri che non saprei riempire se ne ho perso la memoria, e io non voglio inventare nulla, o questa non è la mia rivoluzione.
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ilsalvagocce · 2 months ago
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c'è chi sposta i mobili, chi cambia taglio di capelli, chi ci ha un taccuino e 3 pennarelli
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@ioenina
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ilsalvagocce · 2 months ago
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aprirsi chiudere aprirsi di ciglia
in quel varco aperto che pare vuoto,
lì riconoscere chi nuova, nuovo, sei.
(augurio, promessa — buon anno abitato a noi)
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@ioenina
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ilsalvagocce · 2 months ago
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vocale
ho imparato (male) a fare i vocali durante il lockdown. prima manco la voce mia m'andava di ascoltar, poi alla fine in qualche modo ho cominciato a rispondere a chi li mandava, manco 1 minuto, ma mi forzavo a imparare posticcia spontaneità. ora quando li faccio - ma solo per alcuni amici, ché rimango una grafomane e sempre un po' interdetta dai vocali, sono una visiva, non un'uditiva, facciamocene una ragione - mi riascolto, dopo che l'ho mandato. di solito quelli con le battute come un pagliaccio, alla mia amica. rifaccio play subito dopo l'invio. come un attore che studia intonazione, o con quel cicinì di vanità auto-assolutoria.  E poi però se me lo chiedi espressamente, se me lo chiedi proprio, probabilmente poi non lo farò, il vocale, o male, non aprirò bocca, ché mi sentirò già in piedi su una seggiola, e lì emerge la timidezza tipo airone di Miyazaki quando diventa mostruoso, e mi ritiro nelle mie stanze.
insomma oggi riascoltavo il vocale mandato ad amica, io tutta raffreddata e col piglio di una che si è scocciata del malanno che no non se ne va, e fa le battute ciniche solo per far ridere l'altra parte, eppure mica lo senti il riso dall'altra parte, parli da sola, sì ma se è amica tua, hai voglia se la senti ridere, pure se non la senti 
e riascoltandomi ho sentito uno scalino di me. Le dicevo che avevo quasi finito di fare i regali, mi mancavano solo i calzetti per la famiglia, da mettere sotto l'albero, un paio per ognuno, come da rito. Come da rito che aveva mamma, ai regali immancabile aggiungeva un paio di calzetti dedicati per ciascuno di noi, non si scampava.
In qualche modo poi ho cominciato a farlo io, senza che nessuno me lo chiedesse, oddio, nessuno, nessuno è già qualcuno,
insomma le ho detto, all'amica in vocale: Devo solo comprare i calzetti per tutti, prima lo faceva mamma, ora lo faccio io, 
e poi un silenzio
ho sentito lo scalino nel silenzio mentre ascoltavo me, io teatro di me
3 o 4 secondi vuoti nel vocale gagliardo pagliaccio, e ricominciavo poi a parlare a cascatella, a cane che corre per i prati perché è stato chiuso per troppo tempo in casa, ma quei secondi di silenzio erano proprio un boato, per me, riascoltando me come se avessi di fronte a me, me.
non era un singhiozzo, n�� ho poi cambiato tono, era proprio un burroncino, una voraginina nella rete, un capolino del cuore, un lasciare spazio a una voce che ora non esiste, che dica Brava ché ci pensi tu! oppure iato per un sorriso complice, un dire ci capiamo, voglio trovare stavolta dei calzetti con degli alpaca ricamati, che dici? sì, oppure pesci o sirene!, 
tutto questo nel silenzio di quando stai zitta un attimo, stai lasciando la parola a un'attrice che non entrerà in scena e lo sai nel tuo vocale teatro che non entrerà in scena, lo fai di fronte all'amica che l'ascolterà, ma la pièce è così, e quel silenzio, vocale, che ti riascolto, è sacro.
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ilsalvagocce · 2 months ago
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tududù list
(tutta la verità, mamma mia azzurrina, sulla festa)
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@ioenina
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ilsalvagocce · 2 months ago
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travel journal from paris, con deriva per tavolini, scoperti e scoperte, dove ci puoi disegnare, nelle scoperte, perché fuori è freddo
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@ioenina
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ilsalvagocce · 3 months ago
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lunga vita a
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@ioenina
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