#Giulia Di Filippo
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bigarella · 26 days ago
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La seconda importante iniziativa del Sessantotto avviene all’interno del mondo operaio
Il rovesciamento delle priorità – dalla riforma alla rivoluzione – aveva portato gli studenti ad individuare nell’unione con la classe operaia, o nelle forme più ideali con un più generico mondo degli esclusi, lo strumento per dare attuazione a quel progetto. Si poneva dunque il problema, classico per ogni soggetto rivoluzionario, del che fare. La questione diventava bruciante perché spinte verso…
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adrianomaini · 26 days ago
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La seconda importante iniziativa del Sessantotto avviene all’interno del mondo operaio
Il rovesciamento delle priorità – dalla riforma alla rivoluzione – aveva portato gli studenti ad individuare nell’unione con la classe operaia, o nelle forme più ideali con un più generico mondo degli esclusi, lo strumento per dare attuazione a quel progetto. Si poneva dunque il problema, classico per ogni soggetto rivoluzionario, del che fare. La questione diventava bruciante perché spinte verso…
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bagnabraghe · 26 days ago
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La seconda importante iniziativa del Sessantotto avviene all’interno del mondo operaio
Il rovesciamento delle priorità – dalla riforma alla rivoluzione – aveva portato gli studenti ad individuare nell’unione con la classe operaia, o nelle forme più ideali con un più generico mondo degli esclusi, lo strumento per dare attuazione a quel progetto. Si poneva dunque il problema, classico per ogni soggetto rivoluzionario, del che fare. La questione diventava bruciante perché spinte verso…
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collasgarba · 26 days ago
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La seconda importante iniziativa del Sessantotto avviene all’interno del mondo operaio
Il rovesciamento delle priorità – dalla riforma alla rivoluzione – aveva portato gli studenti ad individuare nell’unione con la classe operaia, o nelle forme più ideali con un più generico mondo degli esclusi, lo strumento per dare attuazione a quel progetto. Si poneva dunque il problema, classico per ogni soggetto rivoluzionario, del che fare. La questione diventava bruciante perché spinte verso…
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liesmyth · 1 year ago
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#important to mention that one of the mysoginists targeting her is literally an elected politician in a regional council#a 50yo elected male politician targeting a 20yo young woman whose sister was just murdered. be so fucking for real
the sister of giulia cecchettin, the 105th victim of feminicide in italy just this year, is being target by incels and regular misogynists alike and called "a witch" because she is speaking out against the systemic killing of women as a direct result of the patriarchy. Because she allegedly likes metal music and she is enraged that her sister was killed by her ex, she is called a witch and a satanist. Men are spreading theories on twitter that she casted a spell on him because he was Such A Nice Guy and couldnt possibly have killed giulia of his own free will. Because she went on tv to state very clearly that he was Not a monster, because monstrosity implies a deviation from the norm, and unfortunately killing women in italy IS the norm. People are being so incredibly vile towards a grieving young woman, claiming shes doing it just for clout, after she and her family have been living for weeks with cameras forced into their home. Im so fucking pissed.
I dont know how many times ive seen the phrase "better in jail than in a grave" and its so fucking scary and disheartening that women have to resort to this, to want to teach this to their own daughters (which they should btw. Better in jail than in a grave) because every person in power refuses to do a single thing about it. other than blabbering about chemical castration or death penalty, of course. which, of course, would solve jack shit and it would probably actually just make men even more violent
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tizianacerralovetrainer · 1 year ago
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"Amore mio, mi manchi già tantissimo, abbraccia la mamma e dalle un bacio da parte mia. L'amore vero non umilia, non delude, non calpesta, non tradisce e non ferisce il cuore: L'amore vero non urla, non picchia, non uccide".
È vero che ci sono uomini come Filippo Turetta ma il papà di Giulia ci ricorda da sempre in questa triste storia, che esistono anche UOMINI come Gino Cecchettin ❤️
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fioredialabastro · 1 year ago
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Una rabbia costruttiva
La vicenda di Giulia mi ha sconvolto più delle altre. Penso a quando mi sono laureata alla triennale quattro anni fa e il mio ragazzo di allora, malato di depressione, arrabbiato col mondo e per nulla intenzionato a farsi aiutare nonostante gli sforzi, era palesemente invidioso, al punto da sussurrarmi all'orecchio, un minuto prima di essere chiamata sul palco e proclamata dottoressa: "Certo che qua i 110 e lode li regalano, alla mia facoltà te li sogni". Quella frase, ovviamente, fondava le radici su parole e gesti ben più gravi, come quando prendevo bei voti agli esami e mi diceva che ero stata solo fortunata a ricevere le domande giuste, o quando mi costringeva a studiare con lui e mi lasciava rinchiusa nella stanza, impedendomi di tornare a casa o di andarsene dalla mia finché non aveva finito ciò che doveva. Allora penso all'invidia di Filippo per i successi professionali di Giulia, a come la sua rabbia si sia trasformata in un agghiacciante omicidio premeditato e realizzo quanto io sia stata fortunata del fatto che le violenze del mio ex si fossero fermate a qualche passo dall'inevitabile, anche dopo averlo lasciato.
È una sensazione terribile, perché solo adesso, a distanza di tutti questi anni, mi rendo conto profondamente della gravità della situazione che stavo vivendo. Tante volte, di fronte all'ennesima sopraffazione da parte sua, ho pensato: "Stiamo insieme da quattro anni, mi ama ma non riesce a dimostrarlo e poi non sono mai tornata a casa con un occhio nero, non può essere paragonabile a quelle storie che sento al telegiornale". Invece sì, lo è. Probabilmente, se non lo avessi lasciato facendogli credere che la scelta fosse sua, se mio papà non fosse intervenuto in maniera diplomatica dopo la rottura, a lungo andare avrei fatto la stessa fine di Giulia e di tutte le altre vittime. Perché quando vivi una relazione tossica, non sei consapevole di dove può arrivare la persona che dice di amarti e che credi di amare, anche se conosci bene i suoi problemi e ciò che un rapporto sano richiede. Si minimizza, si giustifica, si muore, lentamente.
Così, quando credo di aver superato il passato perché mi sento in pace per essere riuscita a perdonarlo e a non augurargli il peggio, ecco l'ennesima donna che muore per mano maschile, ricordandomi che il perdono ha senso solo se non si dimentica il male ricevuto. Perciò sì, sono stata fortunata, ma non per questo vado a ringraziare il mio ex per non avermi ammazzato. Piuttosto, voglio che questa rabbia rimanga, per continuare a lottare per una società più giusta, per non sentirmi più una sopravvissuta ogni volta che si parla di femminicidio.
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liesmyth · 1 year ago
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[...] La faccia di Giulia ci è stata riproposta di continuo accanto a quella del principale sospettato: un'immagine che li ritraeva insieme. Se questa non è una violenza, assomiglia almeno all'oltraggio?
E quali oltraggi, quali prepotenze e aggressioni verbali sta subendo sua sorella, Elena Cecchettin, proprio in questo momento? Su Rai 1, abbiamo sentito dire di lei: “Ora si trova unica donna di casa a dover accudire il padre e il fratello”. Su Rete 4, quando Elena ha parlato, quando lucida ha detto ciò che buona parte degli opinionisti del salotto televisivo non riusciva o non sapeva o non voleva dire, e cioè che in Italia abbiamo un grosso problema sociale, culturale ed educativo, c'è chi le ha risposto con la Svezia e la Finlandia.
Le è stato e ci è stato ribadito ancora una volta che Filippo Turetta è un ragazzo di ventidue anni: “Ha usato probabilmente la disponibilità di Giulia (…). Ha usato l'ingenuità di Giulia (...). Comprendo il suo dolore ma (…) L'idea che si debba fare un processo alla società patriarcale (…) Che sia usata questa vicenda in maniera strumentale e anche un po' ipocrita…”.  Sottotesto: piangi tua sorella, condanna il suo assassino, ma non provare a farlo diventare un nostro problema.
[...]
Chi poteva immaginare, era tanto un bravo ragazzo! Un bravo ragazzo cui nessun altro ragazzo o uomo ha messo una mano sulla spalla dicendo: tu da qua non ti muovi, fammi capire, cos’è ‘sta storia, che stai pensando di fare? Un bravo ragazzo cui nessun altro ragazzo o uomo ha tolto le chiavi dell'auto quando ha parlato di ammazzarsi.
Un bravo ragazzo per cui altri ragazzi o uomini, che l’abbiano conosciuto o meno, rispondono oggi contriti, dispiaciuti, allarmati. Ma a un certo punto, il loro discorso si blocca e ferma. Li vedi scuotere la testa davanti alle telecamere. Loro non c’entrano, no.
E alla maniera di Caino nella Bibbia, sembrano chiedere: “Sono forse il custode di mio fratello?”.
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l-incantatrice · 1 year ago
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QUEI FINTI BRAVI RAGAZZI
Finalmente Filippo Turetta è stato catturato. Se avesse avuto un po’ di coraggio,dopo l’omicidio di Giulia,si sarebbe ucciso. Invece da vero vigliacco ha cercato di scappare e di farla franca. Sarebbe stato meglio se fosse morto,così lo Stato si risparmiava soldi per mantenerlo in carcere e per processarlo; tanto poi sappiamo come andrà a finire. Invocheranno l’infermità mentale o altre stronzate del genere,al massimo si farà 15 anni in carcere o in una struttura per malati mentali,uscirà prima per buona condotta e si troverà un’altra donna. Sono cose già successe purtroppo
In una trasmissione televisiva lo psicologo Raffaele Morelli ha detto che la violenza non esplode mai all’improvviso senza qualche segnale precedente;probabilmente questi segnali non sono visti o vengono trascurati,ma ci sono…Perché Filippo non è solo un ragazzo molto geloso e ossessivo,come ha detto qualcuno,è un MOSTRO
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anchesetuttinoino · 4 months ago
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Caro Feltri, inorridisco davanti alle parole del padre di Filippo Turetta, assassino di Giulia Cecchettin, pronunciate in carcere, durante una visita al ragazzo. L'uomo pare giustificare il gesto del figlio, lo consola, gli dice che non è l'unico ad avere commesso un femminicidio, che ce ne sono stati altri e che, in fondo, non poteva controllarsi. È uno scherzo o cosa? Che razza di padre è questo qui? Marco Vizzari
Caro Marco, forse non gradirai il contenuto della mia epistola ma non posso fare a meno di esprimere il mio pensiero in maniera onesta, senza farmi trascinare da un moto di indignazione collettiva che sta investendo in queste ore un poveraccio che non ha commesso alcun delitto, ove conveniamo che avere un figlio che si macchia di omicidio non è un reato bensì una tragedia. Bene. Ti ritieni inorridito, come tanti, quasi tutti, la collettività intera, per le affermazioni del babbo di Turetta durante quella che è stata - e questo è bene puntualizzarlo - la prima visita al figlio in carcere, ossia il primo incontro tra il ragazzo e i genitori una volta che il primo è stato arrestato in Germania e tradotto in Italia. Era il dicembre del 2023 e queste intercettazioni, che riguardano un momento di dolore, intimo e privato, vengono divulgate adesso dalla procura e finiscono sui giornali. Il contenuto di questo colloquio, corredato di immagini fotografiche, non è uscito da solo, aprendo la porta, dai palazzi della giustizia. Qualcuno lo ha ceduto a qualche giornalista, senza curarsi delle conseguenze, le quali pure potrebbero essere gravi per questi genitori, in particolare il padre, Nicola Turetta, che saranno fatti bersaglio di odio, odio che può facilmente volgere in violenza. Il materiale in questione, peraltro, non ha alcun valore investigativo e alcuna rilevanza processuale, non costituisce una prova in relazione alle accuse di cui deve rispondere il ragazzo, che ha confessato il crimine e ha rinunciato all'udienza preliminare per entrare subito nel vivo del rito. Quindi dobbiamo chiederci per quale motivo questa intercettazione sia stata pubblicata. La risposta è evidente: perché l'opinione pubblica si indignasse e questo padre venisse dato in pasto alla massa famelica. I giornalisti talvolta assecondano i peggiori appetiti del popolo. E lo fanno in maniera spregiudicata, calpestando ogni valore e qualsiasi principio etico.
Ma io non mi indigno. Non mi indigno per un padre traumatizzato, piegato dal dolore, che, dopo avere ottenuto consigli dagli psicologi su come rapportarsi al figlio, incontra quest'ultimo in galera, dopo avere temuto che si fosse suicidato, un padre che ha difficoltà ad accettare e metabolizzare che colui che ha messo al mondo, che ha visto bambino, possa avere compiuto un delitto tanto orribile, che possa avere avuto la freddezza di accoltellare un essere vivente, un essere umano, una ragazza, la sua ex ragazza, Giulia. Il signor Turetta non ha assolutamente giustificato la condotta del figlio. Egli dice: «Hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, non sei un terrorista, hai avuto un momento di debolezza. Devi farti forza». Nicola Turetta quasi cerca di persuadere se stesso, di rassicurare se stesso, non soltanto il figlio: no, non sei un assassino, non è possibile che tu lo sia. Inoltre, da buon padre ha tentato di consolare Filippo e di fargli capire che non lo abbandona. Cosa avrebbe mai dovuto dirgli per risultarvi simpatico: «Ammazzati, non ci vedrai mai più, ti odiamo, da oggi non sei più nostro figlio»? Parlate tutti di valori cristiani, vi sconvolgete davanti agli insulti alla fede cristiana, eppure quando qualcuno applica la parola del Signore, quando un padre non rinnega il figlio che ha sbagliato atrocemente, ecco che vi scandalizzate.
Vedo in tutto questo contraddizione e ipocrisia.
Io mi indigno semmai per l'immoralità di chi ha diffuso e pubblicato queste intercettazioni, che fanno parte di un colloquio assolutamente privato e intimo e che privato e intimo avrebbe dovuto restare.
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la-scigghiu · 1 year ago
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“...Tutto si trasforma in pretesa e ogni azione diviene potenzialmente un gesto di barbara violenza. Se non apparteniamo ad un grande amore, ogni amore si rivela troppo piccolo. E ciò che prima curavamo come la nostra rosa più preziosa diventa terminale di un orrore e di un odio senza fine. Non esiste realtà che non tradisca la promessa del cuore perché il cuore è fatto per l’infinitamente grande e si dispera per ciò che scopre più piccolo.”
🔸Federico Picchetto
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lamilanomagazine · 1 year ago
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Ritrovato in Friuli il corpo di Giulia Cecchettin
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Ritrovato in Friuli il corpo di Giulia Cecchettin. Il corpo ritrovato in mattinata vicino al lago di Barcis è di Giulia Cecchettin. Sono stati i Carabinieri e la Procura di Venezia a confermare che si tratta della giovane. Il corpo si trovava in un canalone tra il lago e la zona di Piancavallo, in provincia di Pordenone. Il lago è localizzato lungo la direzione seguita dall'auto di Filippo Turetta nella notte tra sabato e domenica scorsi, dopo l'aggressione, ripresa dalle telecamere di un'azienda, da parte del giovane ai danni dell’ex, avvenuta nell'area industriale di Fossò (Venezia). Negli ultimi giorni le ricerche si erano intensificate proprio in quella zona perché, secondo la ricostruzione fatta grazie alle celle agganciate dal cellulare dell'ex fidanzato, c'erano due ore di buco temporale. Vigili del fuoco, Carabinieri e una settantina di volontari della Protezione Civile si erano suddivisi gli incarichi con cani molecolari, squadre speleo-alpino-fluviali e sommozzatori pronti ad entrare in azione. Utilizzato anche un elicottero dei pompieri e dei droni. Le verifiche erano state estese anche all'impervia strada secondaria che collega il lago di Barcis con la località turistica del Piancavallo e lungo l'intera strada regionale 251, fino alla diga del Vajont e al confine con il Veneto. Il cadavere, recuperato sulle sponde del lago, secondo quanto apprende LaPresse, aveva gli stessi abiti che la 22enne indossava al momento della scomparsa. La Procura e i Carabinieri riceveranno a breve i risultati degli esami sulle macchie di sangue repertate sul marciapiede della zona industriale a Fossò, distante 6 km da Vigonovo. Sul corpo verranno effettuati i prelievi di tessuto e di sangue per estrarre il profilo genetico e confrontarlo con quello dei familiari di Giulia. L’auto di Filippo Turetta, una Fiat Punto Nera, sarebbe stata trovata nel parcheggio del lago di Barcis. Inoltre, sarebbe stato confermato il passaggio dell'auto in Austria. La vettura, mercoledì scorso, sarebbe stata infatti registrata dal targa-system a Lienz, nel Tirolo orientale. Ad una settimana dalla scomparsa dei due ex fidanzati, il fascicolo d'indagine, aperto inizialmente per scomparsa di persona, ieri è diventata un'inchiesta per tentato omicidio aggravato. È molto probabilmente che ora l'accusa cambierà di nuovo.  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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palecleverdoll · 10 months ago
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Ages of Medici Women at First Marriage
I have only included women whose birth dates and dates of marriage are known within at least 1-2 years, therefore, this is not a comprehensive list.
This list is composed of Medici women from 1386 to 1691 CE; 38 women in total.
Piccarda Bueria, wife of Giovanni di Bicci de’ Medici: age 18 when she married Giovanni in 1386 CE
Contessina de’ Bardi, wife of Cosimo de’ Medici: age 25 when she married Cosimo in 1415 CE
Lucrezia Tornabuoni, wife of Piero di Cosimo de’ Medici: age 17 when she married Piero in 1444 CE
Bianca de’ Medici, daughter of Piero di Cosimo de’ Medici: age 14 when she married Guglielmo de’ Pazzi in 1459 CE
Lucrezia de’ Medici, daughter of Piero di Cosimo de’ Medici: age 13 when she married Bernardo Rucellai in 1461 CE
Clarice Orsini, wife of Lorenzo de’ Medici: age 16 when she married Lorenzo in 1469 CE
Caterina Sforza, wife of Giovanni de' Medici il Popolano: age 10 when she married Girolamo Riario in 1473 CE
Semiramide Appiano, wife of Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici: age 18 when she married Lorenzo in 1482 C
Lucrezia de’ Medici, daughter of Lorenzo de’ Medici: age 18 when she married Jacopo Salviati in 1488 CE
Alfonsina Orsini, wife of Piero di Lorenzo de’ Medici: age 16 when she married Piero in 1488 CE
Maddalena de’ Medici, daughter of Lorenzo de’ Medici: age 15 when she married Franceschetto Cybo in 1488 CE
Contessina de’ Medici, daughter of Lorenzo de’ Medici: age 16 when she married Piero Ridolfi in 1494 CE
Clarice de’ Medici, daughter of Piero di Lorenzo de’ Medici: age 19 when she married Filippo Strozzi the Younger in 1508 CE
Filberta of Savoy, wife of Giuliano de’ Medici: age 17 when she married Giuliano in 1515 CE
Madeleine de La Tour d’Auvergne, wife of Lorenzo II de’ Medici: age 20 when she married Lorenzo in 1518 CE
Catherine de’ Medici, daughter of Lorenzo II de’ Medici: age 14 when she married Henry II of France in 1533 CE
Margaret of Parma, wife of Alessandro de’ Medici: age 13 when she married Alessandro in 1536 CE
Eleanor of Toledo, wife of Cosimo I de’ Medici: age 17 when she married Cosimo in 1539 CE
Giulia de’ Medici, daughter of Alessandro de’ Medici: age 15 when she married Francesco Cantelmo in 1550 CE
Isabella de’ Medici, daughter of Cosimo I de’ Medici: age 16 when she married Paolo Giordano I Orsini in 1558 CE
Lucrezia de’ Medici, daughter of Cosimo I de’ Medici: age 13 when she married Alfonso II d’Este in 1558 CE
Bianca Cappello, wife of Francesco I de’ Medici: age 15 when she married Pietro Bonaventuri in 1563 CE
Joanna of Austria, wife of Francesco I de’ Medici: age 18 when she married Francesco in 1565 CE
Camilla Martelli, wife of Cosimo I de’ Medici: age 25 when she married Cosimo in 1570 CE
Eleanor de’ Medici, daughter of Francesco I de’ Medici: age 17 when she married Vincenzo I Gonzaga in 1584 CE
Virginia de’ Medici, daughter of Cosimo I de’ Medici: age 18 when she married Cesare d’Este in 1586 CE
Christina of Lorraine, wife of Ferdinando I de’ Medici: age 24 when she married Ferdinando in 1589 CE
Marie de’ Medici, daughter of Francesco I de’ Medici: age 25 when she married Henry IV of France in 1600 CE
Maria Maddalena of Austria, wife of Cosimo II de’ Medici: age 19 when she married Cosimo in 1608 CE
Caterina de’ Medici, daughter of Ferdinando I de’ Medici: age 24 when she married Ferdinando Gonzago in 1617 CE
Claudia de’ Medici, daughter of Ferdinando I de’ Medici: age 16 when she married Federico Ubaldo della Rovere in 1620 CE
Margherita de’ Medici, daughter of Cosimo II de’ Medici: age 16 when she married Odoardo Farnese in 1628 CE
Vittoria della Rovere, wife of Ferdinando II de’ Medici: age 12 when she married Ferdinando in 1634 CE
Anna de’ Medici, daughter of Cosimo II de’ Medici: age 30 when she married Ferdinand Charles of Austria in 1646 CE
Marguerite Louise d’Orleans, wife of Cosimo III de’ Medici: age 16 when she married Cosimo in 1661 CE
Violante Beatrice of Bavaria, wife of Ferdinando de’ Medici: age 16 when she married Ferdinando in 1689 CE
Anna Maria Franziska of Saxe-Lauenberg, wife of Gian Gastone de’ Medici: age 18 when she married Philipp Wilhelm of Neuberg in 1690 CE
Anna Maria Luisa de’ Medici, daughter of Cosimo III de’ Medici: age 24 when she married Johann Wilhelm, Elector Palatine in 1691 CE
The average age at first marriage among these women was 17 years old.
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aminuscolo · 1 year ago
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Specchi infranti
Ho scritto un pezzo per doppiozero ma ha suscitato contestazioni dunque lo posto qui.
Ho sentito spesso dire alle donne che sono a pezzi. Le ho viste in pezzi. E ho, davanti agli occhi, donne in pezzi al lavoro, donne in pezzi a correre. Donne in pezzi al ristorante, e donne in pezzi sul divano. Donne in pezzi truccate.
Raramente ho sentito questa espressione in bocca a un uomo. Può un uomo andare in pezzi?
Centocinque donne uccise per mano d’uomo dall’inizio del 2023. Centocinque. Centocinque donne fatte a pezzi. Può un uomo andare in pezzi?
Giulia Cecchettin, Filippo Turetta. Una nuova storia, altri nomi, un dibattito pubblico che si infiamma, molto rumore destinato a durare qualche settimana. Meccanismi di risposta primitivi: difesa del proprio pensiero già pensato; ricerca di un colpevole; denigrazione dell’avversario; rivendicazione di innocenza. C’è chi vuole accusare le donne e c’è chi pensa di evirare gli uomini; c’è chi risolve tutto con la teoria del mostro e chi impiccherebbe i genitori del mostro. C’è chi dice “a me mai”, “ma io no”, “non in mio nome”, “se l’è cercata”, “è la famiglia”, “è il patriarcato”, “è la libertà delle donne”, “siete tutte puttane”.
E soluzioni improvvisate: si tratta di fare educazione sessuale (sic); chiamare psicologi e influencer a intervenire nelle scuole è il gesto di cui abbiamo bisogno (sic); insegnare alle donne a non accettare l’ultimo appuntamento (sic); redigere un opuscoletto che aiuti noi donne a intercettare i segnali e proteggerci (sic). Perché di questo si tratta, sempre: non provocare, non esagerare, non bere, non accettare l’ultimo appuntamento, non laurearci, non alzare la voce, non truccarci se stiamo soffrendo. Ah, però si tratta pure di non sparire, altrimenti è ghosting: come potete essere così insensibili?
Elena Cecchettin prende parola, elabora il proprio lutto provando a dare un senso alla tragedia che si trova a dover attraversare: parla come sorella, come donna, come cittadina. Porta il proprio corpo, la propria voce, e quel corpo e quella voce diventano bersaglio. Violenza su violenza e ancora ci sorprendiamo. Eppure Elena Cecchettin prova a non scegliere l’odio, la via più semplice. Hannah Arendt scriveva che ognuno di noi ha il compito, a partire dalla nascita, di portare nel mondo la propria differenza assoluta, provare a pensare quel che non è già stato pensato. Assumersi la responsabilità del proprio dire, portarlo, con il corpo, in uno spazio condiviso, dove possa essere occasione di confronto. Altre singolarità, altri corpi. La politica come spazio sorgivo, esito della costruzione di questo “tra”, avendo cura del corpo dell’altro davanti a noi, della sua alterità radicale. Arendt invitava a coltivare con cura la possibilità di pensare insieme. Arendt, soprattutto, ci ha insegnato che pensare al mostro è facile, umano, ma non ci aiuta a comprendere e a ricordarci che dietro il singolare c’è il sociale. Elena Cecchettin vuole comprendere e comprendere non è perdonare, è provare a stare in una complessità e a implicarsi in questa complessità. Voler comprendere è politica.
Vorrei che si provasse ad abitare tale complessità.
Vorrei che ogni uomo fosse più capace di assumersi la responsabilità di vincere la vergogna che prova ogni volta che si trovi, in una birra con amici, a interrompere la goliardia, mostrando agli interlocutori come parlano e da dove parlano. Vorrei che ogni uomo interrogasse il maschilista che ha in sé. Vorrei che lo vedesse. Vorrei che interrogasse il da dove spiega. Vorrei che si accorgesse quanto spiega. Vorrei che si accorgesse della postura che ha quando entra in una stanza, vorrei che si interrogasse su cosa è per lui la macchina, o il lavoro. Vorrei che si domandasse che cosa ama in chi ama, vorrei che guardasse dalla finestra della propria casa la gestione domestica. Vorrei che potesse fare i conti con la vergogna, metterla in parola, vorrei che potesse sentire di non dover essere potente. Vorrei che ogni uomo non fosse tutto di un pezzo. Vorrei che sapesse (e potesse) andare in pezzi. Può un uomo andare in pezzi?
Vorrei che le donne si accorgessero di quanto maschilismo introiettato, di quanto potere agito, di quanta competizione, quanto odio, quanta logica patriarcale assorbita. Quanto perdersi in una gara a diventare, loro, tutte di un pezzo, invece che danzare, insieme, cucendo i pezzi staccati ogni volta con un’invenzione nuova.
È complicato, per gli uomini, fare i conti con un femminile che si emancipa. La crisi – e per fortuna – di un modello violento e verticale, quello patriarcale, ha determinato una necessità di ripensarsi che non è stata presa in carico da nessuna agenzia sociale. La cultura continua a proporre modelli di vincenti, di eccezione, di genialità, di prestazione. Tutto è competizione e il mondo è diviso in chi ce la fa e chi soccombe. Farcela a fare che cosa? È la felicità in campo?
In questo tempo di transizione, in cui il patriarcato domina ancora, ma messo in questione, il maschile non sa interrogarsi su una nuova posizione possibile, non avendo mai abitato altro che la posizione dominante.
La crisi del legame sociale è pervasiva: vivere con gli altri comporta una rinuncia, la rinuncia ad avere tutto, quale è la contropartita? Quale è il valore aggiunto che mi viene dall’altro se l’altro è un rivale e mai un’occasione? Se a scuola i genitori si preoccupano che le differenze degli altri rallentino la formazione e se contano i risultati più che la relazione? Nella crisi del legame sociale, che ha investito le famiglie, i figli sono troppo spesso il completamento narcisistico, il senso che resta quando tutto vacilla. Proteggerli dalla frustrazione, dai no, dagli inciampi: essere lo specchio che li conferma perché siano lo specchio che ci conferma. Assicurarsi il loro “funzionare” – il loro rispondere a un modello di rendimento e di successo – più che la loro capacità di “amare” – costruire legami, sopportare le differenze, smarcarsi da modelli simbiotici in cui nulla resta dell’alterità e delle differenze. Nessun spazio per fare i conti, i conti davvero, con delusione, invidia, frustrazione, aggressività, rabbia, nessuno spazio per poterle dire. Nessuno spazio per imparare ad andare in pezzi, per imparare la perdita. La psicoanalisi ci insegna come l’aggressività sia figlia della seduzione speculare: se lo sguardo dell’altro è stato lo specchio buono che ci ha rimandato una immagine amabile di noi, la sottrazione di quello sguardo porta con sé il crollo di quell’immagine. L’altro speculare è l’altro che ha nelle mani il potere di farci sentire dio o merda. Non c’è amore per l’altro nello specchio perché non c’è alterità: è la nostra immagine, in gioco. Amo te ma perché ne va di me: la tua presenza conferisce alla mia vita un senso altrimenti assente. Ecco perché non si può lasciarlo andare, ecco perché si teme il suo distacco, la sua indipendenza, la sua libertà. Ecco perché da idealizzazione a odio; da cura a rabbia cieca; da ragione di vita a persecutore cui dare la morte.
Come costruire relazioni non immaginarie? Relazioni in cui il legame si prenda carico dell’assoluta alterità dell’altro? Relazioni in cui l’altro possa andare e tornare, essere interlocutore, amante, differenza, libertà? Relazioni in cui non ne va di me, della mia individualità, ma di un tu e di un io? Come promuovere un discorso sociale in cui lo spazio sia uno spazio “tra” tutto da costruire, fatto di corpi che devono coesistere, intrecciarsi, dialogare, costruire, a partire da ineliminabili differenze?
Fare a pezzi gli specchi è compito di ognuno di noi. Fare a pezzi gli specchi per poter andare in pezzi. E ripartire dalla vergogna, dalla fatica, dalla mancanza.
E dalla piena coscienza che siamo animali sociali: non ci si salva da soli.
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a-dreamer95 · 1 year ago
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"Non ci sono mostri qui, solo uomini. Uomini che hanno imparato che il loro desiderio, la loro volontà, il loro ego hanno più valore della vita di una donna. E mentre cerchiamo di etichettare l'assassino come un'anomalia, un errore della natura, dobbiamo guardare in faccia la verità: è uno di noi. Un prodotto perfetto di ciò che ogni giorno, consapevolmente o no, nutriamo e lasciamo fiorire."
La violenza è frutto della nostra società. Io non mi stupisco più di fronte a certi orrori, forse perché ormai ne sono come avvezza. La nostra realtà è malata alla radice, estirpare il male penso che ormai non sia possibile. Ho una visione totalmente pessimistica su tutto e questa mia attitudine rende la mia vita alquanto dolorosa, ma reale e concreta. Giulia si sarebbe laureata due giorni fa in ingegneria biomedica, se solo il suo ex fidanzato non avesse deciso di mettere fine alla SUA vita. Giulia era più brava di lui all'università e si sarebbe laureata prima di lui. Ma lui questo proprio non lo accettava, non era possibile che la sua ragazza FEMMINA fosse più intelligente di lui.
I fatti reali non li sappiamo, ma probabilmente l'imminente laurea di Giulia ha scatenato questa reazione nel ragazzo. In tutto ciò, questo Filippo, "quel bravo ragazzo" ora diventato un "mostro", è sicuramente vittima della cultura del patriarcato. Probabilmente le persone a lui vicine lo hanno fatto sentire in difetto per non essere riuscito a laurearsi prima della sua ragazza FEMMINA. Lo avranno fatto sentire inferiore a lei, e lui questo non lo digeriva. Lui ora è un mostro agli occhi di tutti, ma la causa che lo ha spinto a fare questo gesto di un'atrocità immensa risiede nella cultura malsana in cui siamo cresciuti e in cui siamo immersi. Questo ragazzo è colpevole e, allo stesso tempo, vittima. L'invidia verso gli altri è un veleno che distrugge la felicità in entrambi i lati. Dovremmo cercare di ispirarci reciprocamente, condividere le nostre esperienze e sostenere i sogni altrui. Solo così potremmo costruire una vita significativa, lontana dalla gabbia dell'invidia e vicina alla bellezza della condivisione e dell'empatia. "Giulia potevamo essere noi tutte, nessuna esclusa".
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ilblogdellestorie · 11 months ago
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Perdonare Filippo Turetta? "E' una cosa veramente difficile". Così Gino Cecchettin, il papà di Giulia, la 22enne di Vigonovo uccisa dall'ex fidanzato, a 'Storie italiane', ha risposto alla domanda se potrà mai perdonarlo. "Non lo so - ha detto - un conto è non provare rabbia, il perdono è un passo ulteriore. Sarà difficile, neanche Gesù ha perdonato i suoi carnefici e ha chiesto a Dio di farlo".
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