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#Esperienze personali
nyagaroxas · 2 years
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Ne è valsa la pena? (Was It Worth It?)
Ne è valsa la pena? (Was It Worth It?)
Questa poesia è stata ispirata dai miei incontri surreali con tre casi umani spuntati apparentemente dal nulla con la sola intenzione di rimorchiarmi. Ma anziché far evolvere la relazione naturalmente, non hanno fatto altro che oltrepassare continuamente i limiti.La storia comincia anni fa, quando ho sprecato cinque mesi della mia vita a dare corda al primo di questi casi umani. Mi ha portato via…
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rpcreativenet · 1 year
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Quando pensi che sia arrivato il miglior momento di cambiare hosting wordpress
Ciao a tutti! Dopo un lungo periodo di incertezza su cosa fare del mio sito, finalmente sono tornato a scrivere. Con l’avvento di strumenti intelligenti come ChatGPT, diventa più semplice redigere articoli che possano suscitare interesse. Ma ora mi chiedo: come posso ricominciare? Una delle cose che mi sono chiesto è se provare a cercare un hosting alternativo a quello attuale. Mi chiedo se mi…
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mal-concio · 5 months
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Quando sto male, non c'è niente di meglio che un amico, una birra gelata e...
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ircwebnet · 2 years
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Esperienza in chat raccontata da lecoccinelle
Esperienza in chat raccontata da lecoccinelle
Esperienza in chat raccontata da un utente. Ciao lettori e lettrici di IRCwebNET, mi presento, sono LeCoccinelleGialleSonoRAREioNo, che tradotto per qualcuno diventerebbe “quellaColNickTroppoLungo“, giusto per non dire:  “quellaFastidiosaEInsopportabileCoccinellaComune” o, più semplicemente, per gli amici rituali della chat, sono la “simpatica coccinella di singles” (lasciatemi il diritto di…
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ombranelvento · 2 months
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spengo tutto, me ne frego, accetto quello che è stato e mi prendo quello che accade, ora è tutto nelle mie mani, mi butterò sulle esperienze personali, lavorerò fino allo sfinimento per guadagnare la pace che merito, la vita è una, un domani mi guarderò indietro e mi pentirò delle cose non fatte, non ci portiamo dietro nulla di quello che costudiremo, solo ciò che abbiamo vissuto.
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unfilodaria · 26 days
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La minestra riscaldata
La vita è bella perché è varia, soprattutto perché le esperienze personali, simili per certi versi (simili ma non uguali) incidono diversamente sul singolo, portandolo ad agire o a fare riflessioni diverse, spesso di segno opposto.
Restando nel campo del “di cosa parliamo dí quando parliamo di amore” (di canveriana memoria), un mio contatto fb ha postato la sua seguente considerazione:
Pensavo..... spesso, quando ci si lascia, si tende a tornare dagli ex (confesso che è capitato anche me). Forse perché è più facile, perché se ne conoscono le abitudini, l'odore, perché c'è già intimità.
Si resta, così, nella zona confort che è facile da gestire. Ma se la vecchia storia era già finita, perché rimettersi in situazioni di ristagno emotivo ed affettivo? Forse bisogna spingersi oltre ed aprire la porta a nuove anime che possono accompagnarci per un percorso nuovo di vita.
(R. Z.)
Io resto dell’opinione che tutto vale quando una persona ha chiuso o prova a chiudere definitivamente “i libri” perché altrimenti la storia con un ex saprebbe davvero di minestra riscaldata. Ma quando c’è un’oggettiva difficoltà a chiudere, per motivi di ordine psicologico, affettivo o perché davvero la storia non è chiusa ma si è inceppata su altro, tutto cambia e non si può essere radicali (no alle minestre riscaldate) ma possibilisti (vediamo che aria tira fuori).
E voi che ne pensate? (Lo chiedo soprattutto a te @agirlinamber e a chi si sente di dare una risposta di senso compiuto)
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abr · 3 months
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La differenza tra intelligente e furbo:
il primo é dotato di una Central Processing Unit potente, ricca di applicazioni derivanti dagli studi e dalla curiosità; le unisce alla cultura, che nell'analogia ICT rappresenta una cospicua e differenziata base di dati da elaborare.
Il secondo, pur dotato della stessa CPU del primo, é dotato di poche app gratuite ed elabora solo ciò che ha in memoria: sensazioni, impressioni, esperienze personali, fiocchi di neve.
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Io penso che i libri si colorino delle nostre esperienze personali, quindi più viviamo, più impariamo a leggere, perché diamo una risonanza nostra, oltre il senso letterale, comune e codificato, alle parole che leggiamo. Quindi potrei dirti che ho letto molta poesia a caso, perché ho fame di poesia, e alcuni classici per curiosità, fin da quando ero ragazzina; ma ora, da adulta, capisco di non averli letti totalmente, e che adesso potrei leggerli meglio. Ti menziono i primi autori che mi appassionarono: Pirandello, Buzzati, Landolfi, Edgar Lee Master (l'antologia di Spoon River), Borges, Umberto Eco e Albert Cohen...
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catsloverword · 1 year
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Non amo i giudizi, non mi piace generalizzare ché credo ancora nell'unicità delle persone, non fosse anche per deformazione professionale.
Chi mi conosce lo sa e lo può dire.
Non sopporto altrettanto chi invece lo fa, di generalizzare, attribuendosi una saccenza data dall'età e dalle "esperienze" personali, che però, ahimè pur sempre personali resteranno.
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orotrasparente · 4 months
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io non capisco il pensiero di fondo di chi si pente delle cose che ha vissuto, tutti abbiamo cicatrici e tutti ne lasciamo ad altre persone, se non ci fossero le esperienze personali non saremmo altro che bambolotti omologati, io non mi pento di nulla, rifarei tutto allo stesso modo perché se oggi sono qui e sono questo significa che doveva andare così e mi va bene perché grazie a tutte le esperienze (da quelle positive a quelle disastrose) che ho avuto ora so di cosa ho bisogno, so cosa posso offrire e so, soprattutto, cosa voglio
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Quante volte diamo per scontato che le parole abbiano lo stesso peso per tutti? Amore, rabbia, dolore... Sembrano concetti universali, eppure ognuno di noi li vive in un modo così personale. Quando diciamo "ti amo" non stiamo pronunciando una formula magica univoca. Stiamo eseguendo un complesso rituale, fatto di intenzioni, ricordi, sensazioni, paure e speranze. Un rituale specifico e personale che è diverso per ciascuno di noi.
Quanti fraintendimenti nascono da questa illusione di una comunicazione perfetta? Quanti muri invisibili si alzano tra le persone perché diamo per scontato di capirci, senza fermarci ad ascoltare davvero.
Spesso tendiamo a proiettare le nostre esperienze sugli altri, a interpretare le loro emozioni attraverso la lente della nostra vita. Vediamo un sorriso e pensiamo subito a felicità, una lacrima e associamo automaticamente dolore. Ma dietro quel sorriso potrebbe nascondersi una stanchezza infinita, e dietro quella lacrima una liberazione. La comprensione profonda non è una semplice deduzione, è un'immersione delicata nel mondo dell'altro.
Ricordo quando credevo che condividere le canzoni fosse un modo infallibile per creare un legame con gli altri. Se a entrambi piaceva la stessa canzone, pensavo che automaticamente condividessimo anche le stesse emozioni, le stesse esperienze. Come se quella melodia fosse una sorta di codice segreto che solo noi due conoscevamo. Ma poi ho capito che non è così semplice. La stessa canzone può risuonare in modo profondamente diverso in ognuno di noi, evocando ricordi, sensazioni e interpretazioni personali che spesso non hanno nulla in comune.
E allora ho iniziato a chiedermi: come facciamo a conoscerci veramente, se non scavando oltre le apparenze? Se non ci mettiamo a nudo, senza paura di mostrare le nostre fragilità? Se non impariamo ad ascoltare con il cuore, oltre le parole?
Ogni esperienza della nostra vita è come una grande foresta, piena di sentieri nascosti e di pericoli da superare. Ognuno di noi la percorre, inciampa, si perde, trova la via. Ma anche se due persone escono dalla stessa foresta, è impossibile affermare con certezza che abbiano attraversato gli stessi sentieri, visto gli stessi panorami, provato le stesse emozioni, imparato le stesse lezioni.
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Eppure, tendiamo a semplificare tutto, a cercare punti in comune, a creare delle scorciatoie affettive, basandoci spesso su supposizioni, su un'idea precostituita di ciò che gli altri provano o pensano. Ci accontentiamo di sfiorare la superficie, di riconoscere i punti in comune più evidenti. Ma è proprio lì che perdiamo l'opportunità di scoprire qualcosa di veramente profondo. Perché la vera connessione non nasce dalle somiglianze, ma dalla curiosità di esplorare le differenze.
Quando impariamo ad ascoltare davvero, senza giudicare né paragonare, apriamo una porta su un mondo nuovo. Un mondo in cui le differenze non sono un ostacolo, ma una ricchezza. Un mondo in cui possiamo scoprire aspetti di noi stessi che non sospettavamo nemmeno di avere.
È come se ognuno di noi fosse un diamante grezzo, con mille sfaccettature ancora da scoprire. E ogni relazione è un'opportunità per far brillare una nuova luce su quelle sfaccettature, per rivelare la nostra complessità e la nostra unicità.
Forse è proprio questa la vera bellezza delle relazioni umane: la possibilità di crescere insieme, di scoprire nuove profondità in noi stessi e negli altri.
Questo blog è il mio piccolo angolo creativo. Ogni parola e ogni immagine presente in questo post è frutto della mia immaginazione. Se ti piace qualcosa, condividi il link, non copiare.
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nyagaroxas · 1 year
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Rimango indietro (Falling Behind)
La vita non è una gara, ma a volte sembra proprio che lo sia. Quando vedi i tuoi colleghi di università che macinano un esame dopo l’altro, quando non puoi aprire nessun social senza incappare nelle foto del matrimonio di una tua amichetta delle elementari, quando sembra che tutti i tuoi coetanei abbiano la vita dei loro sogni, mentre tu non sai neanche cosa mangiare per cena. Questa poesia non…
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tma-traduzioni · 6 months
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MAGP008 - Girando a vuoto
[Episodio precedente] [Indice TMAGP]
[Il computer dell’O.I.A.R. si accende]
NORRIS
Valutazione dell’elaborato 13718BTutor: Joseph Peterson (#ARCSTAF-12) Studente: Terrance Stevens (ID# ARCSTU-39609) Risultato: Bocciato – consegnato in ritardo (28%)
Valutazione:Struttura e Organizzazione – 50% Conoscenze – 40% Comprensione – 30% Analisi – 10% Uso delle fonti – 10%
Giustificato nel caso di: Seri problemi medici, trauma, altro. Commenti del tutor: “Venga a vedermi."
ALLEGATO:
Titolo: La Liminalità Brutale di Forton - un caso di studio dei fattori di stress psicologico indotti dall'architettura come risultato di un'esposizione prolungata agli spazi liminali in modalità brutalista, come mostrato dalla Forton Service Station.
Introduzione:
Questo saggio presenterà un’analisi dettagliata del Forton Services come esempio chiave per lo studio dell'intersezione tra brutalismo e spazi liminali nel design, con un focus secondario sui fattori di stress psicologico che un tale luogo può causare.
Per prima cosa, combinerò i framework teoretici per il brutalismo e la liminalità. Prenderò poi in esame le stazioni di servizio come uno spazio liminale stressante a livello psicologico, prima di proseguire con un’analisi architettonica del Forton Services e la sua storia come luogo brutalista. Il tutto terminerà con un caso di studio degli effetti della mia prolungata esposizione agli spazi liminali con architettura brutalista, tramite il mio impiego al Forton Services.
Per cominciare, stabiliamo un fondamento teorico per questo articolo collegando lo stile architettonico del brutalismo alla teoria antropologica della liminalità. Lo farò fornendo interpretazioni compatibili di entrambi e proponendo il nuovo concetto di “liminalità brutale”.
Brutalismo - ha origine dal Francese ‘béton brut,’ cemento grezzo - è un movimento architettonico che si concentra sullo scopo funzionale. Questo spesso risulta in materiali grezzo a vista, forme nette, forme geometriche ripetitive, e strutture monolitiche. Questo spesso può portare le persone esposte a questo stile a sentirsi sopraffatte o oppresse (Zumthor, P. 2006).
Spazi ‘liminali’, derivato dal termine latino ‘limen,’ che vuol dire ‘soglia,’ sono spazi di transito solitamente occupati per periodi brevi. È stato dimostrato che hanno effetti considerevoli sulla psiche di coloro che sono esposti ad essi, e si è scoperto che l'esposizione a lungo termine suscita risposte ansiose (Augé, M. 1995), (Bachelard, G. 1994) e una sensazione ‘perturbante’( Trigg, D.2012).
La mia ipotesi è che il Forton Services, un luogo di intersezione di questi due elementi psicologicamente significativi, può essere considerato un luogo di quello che ho denominato liminalità brutale, ed è per questo che ha un marcato effetto su coloro che ne sono esposti nel lungo periodo, come dimostrato dalle mie esperienze. Nello specifico, crea un senso di assenza che nonostante la presenza, una sorta di “fame architettonica.”
Le stazioni di servizio come Forton sono state originariamente concepite come un luogo in sè per sè, piuttosto che solo una pausa in un viaggio. Comunque, con il diffondersi delle automobili personali e il conseguente sovrasviluppo dell’infrastruttura stradale del Regno Unito, questi luoghi si sono trasformati in spazi liminali.
Questo aumento nel numero di viaggiatori, ben oltre i parametri della progettazione originale, ha portato a un flusso fugace di persone che transitano nelle stazioni di servizio a tutte le ore, lasciandosi dietro solamente rifiuti.
Non solo, a questi spazi è associata la percezione distorta del tempo, aggravata dalla voluta assenza di orologi (per incoraggiare soste più lunghe) e orari di apertura di 24 ore su 24 con routine di apertura, chiusura, pulizia e rifornimento scaffali.
La mia teoria è che poiché questi spazi sono privi di presenza umana costante e una corrente percezione del tempo, si sono così separati dal  panorama psicologico condiviso dall’umanità, e ci sono dei rischi per la salute di natura unica per le persone che sono esposte per periodi prolungati a questo fenomeno. In breve, ritengo che la “fame architettonica” di uno spazio che prova risentimento nei confronti della propria natura di luogo di transito può essere pericolosa, e ho un’esperienza diretta di questo fenomeno semplicemente unica.
Ho accettato la posizione di inserviente per il turno di notte al Forton a seguito di un prolungato divorzio che mi è costato la maggior parte delle mie amicizie. L’episodio di stress che ne è seguito mi ha portato a lasciare il mio lavoro come vice amministratore dei servizi fiduciari. Così ho fatto domanda per un colloquio e ottenuto con successo un impiego a bassi livelli di stress come inserviente, nonostante le mie notevoli qualifiche. Allo stesso tempo mi sono iscritto al Programma di Architettura all’Università di Lancashire, come studente maturo di 51 anni.
Mi sono presto accorto che il Forton Services è un perfetto esempio di liminalità brutale, dato il suo status sia come popolare stazione di servizio sull’autostrada e come monumento di architettura brutalista. E ritengo che questo sia principalmente dovuto alla Pennine Tower,che raggiunge i 20 metri e che è stata messa in vendita nel 2012, nonostante fosse chiusa al pubblico. 
L’area è 17,7 acri, include una zona picnic all'aperto e delle strutture su entrambi i sensi dell’Autostrada M6, con posti a sedere per 700 persone, 101 bagni e 403 parcheggi.
In cima alla torre originariamente c’era un ristorante di classe con una terrazza sul tetto, entrambi avevano una vista senza pari sulla campagna rurale che la circonda su ogni lato.
Sfortunatamente, gli effetti della liminalità brutale hanno presto fatto effetto, con un rapporto del governo che definiva il luogo “un’area fieristica priva di anima,”  il ristorante divenne una lounge per camionisti prima che fosse chiuso al pubblico nel 1989. Sono passati decenni dall’ultima volta che qualcuno ha mangiato lì.
In seguito ci sono stati tentativi fallimentari di dare un nuovo scopo all’area, ma nel 2017, i due ascensori pentagonali al centro della torre sono stati sostituiti, rendendo i piani più alti abbandonati e inaccessibili. 
La torre svetta ancora sulla campagna circostante, l’unico accesso è tramite il Forton Services sottostante, esempio di liminalità brutale. Ma l’ingresso è sbarrato, e questo forse è per il meglio.
Nonostante non potessi entrare nella torre, anche io nel corso dei mesi in cui ho lavorato lì ho accusato un cambiamento psicologico.
Inizialmente era talmente lieve che non me ne sono accorto, e quando è successo, ho pensato che ci fosse una spiegazione razionale. In termini semplici, ogni notte c’erano sempre meno persone. All’inizio ho pensato che fosse un qualche cambiamento che non avevo notato dovuto al periodo, ma ogni giorno diventava sempre più marcato finché alla fine, una notte, non mi sono reso conto che non avevo visto una singola persona.
Questo era ovviamente impossibile, ma era confermato dal mio registro (vedere tavola 1). Mi sono arrovellato, cercando di ricordare se avevo visto o anche solo intravisto qualcuno, ma no, nessuno. Intrigato, sono uscito fuori per controllare il parcheggio. Non c’era nemmeno una singola auto. Ma c’era… qualcos’altro.  
Mentre i miei occhi si abituavano alla distesa ambrata, ho notato delle strisce di luce sospese nell’aria. C’era una foschia luminosa che attraversava tutto il parcheggio, un miscuglio di colori attenuati attraversati da rossi più vividi, bianchi e gialli, ma cosa ancora più curiosa, mi sono accorto che principalmente era sospesa sopra l’asfalto. Le aiuole e i marciapiedi ne erano quasi tutti privi. L'effetto era stranamente familiare, ma non riuscivo a collegarlo. Da allora non sono stato ancora capace di determinare se la causa di questo effetto è di natura psicologica, fisiologica o atmosferica, ma confermo che questo fenomeno era accompagnato da un’inquietante senso di mancanza. Di fame. 
Ho aguzzato nuovamente  lo sguardo, cercando di cogliere dei dettagli in quelle lunghe strisce ondulate e iridescenti. Nel caos potevo distinguere dei percorsi più densi che portavano dalle porte principali alle strutture. Mentre osservavo, un ricordo delle fotografie della mia ex-moglie mi è tornato in mente, la mia foto preferita, che mi aveva regalato per il nostro settimo anniversario: “Uno studio del traffico.”
È stato in quel momento che ho capito perché mi sembrava tutto così familiare. Esposizione prolungata. Se fossi potuto entrare in quella fotografia, l’effetto sarebbe stato questo. Sarebbe stato bellissimo, se non fosse stato così destabilizzante.
Ripensandoci stavo chiaramente avendo un qualche tipo di grave episodio di allucinazioni causato dalla prolungata esposizione a quell'ambiente. Sapevo che probabilmente avrei dovuto semplicemente starmene seduto in silenzio ed aspettare che passasse, ma la nebbia luminosa era già entrata nell’edificio, e sentivo solo l’istinto di nascondermi, di trovare un posto, un posto qualsiasi, purché fossi lontano da quel miasma opprimente che sciabordava avanti e indietro nell’ingresso, minacciano di portarmi via con sé.
Sono tornato indietro, allontanandomi dall’ingresso principale, allontanandomi dalle aree più dense di quel caleidoscopio, nella speranza di trovare un posto meno saturo e schiacciante. 
Ed è stato allora che ho visto la donna.
Era alta, giovane, e magrissima, al punto da sembrare quasi denutrita, vestita come una steward con un gilet blu avvitato, abbottonato sopra una gonna grigia e seria. Stava sorridendo, tenendo la porta dell’ascensore aperta e invitandomi dentro. C’era una targhetta di ottone sul suo gilè, ma invece di un nome c’era scritto solo “Sei qui.” 
Ho esitato per un istante, poi prima che potessi valutare la sua stranezza, una marea di colore particolarmente alta ha invaso il corridoio avanzando verso di me. Sono andato nel panico e prima che mi rendessi conto di cosa stavo facendo ero saltato dentro l’ascensore e avevo schiacciato il bottone per chiudere le porte.
Le ho detto un “Grazie,”con la voce spezzata per il disuso. Lei a quanto pare non l’ha notato e ha continuato a sorridermi con calore quando ha allungato un braccio e ha pigiato il bottone per il penultimo piano etichettato “Ristorante.” Un bottone che sapevo essere disabilitato. L’ascensore ha iniziato a salire.
Ero in piedi, appoggiato contro le porte, e cercavo di riprendere fiato mentre lei ha iniziato a parlare:
“Buonasera!” ha esclamato. “È un piacere darti il benvenuto! Sei qui! Fermati un po’!” 
Ho borbottato qualche domanda indistinta, e il suo sorriso è rimasto largo come non mai, ma non ha detto niente. Poi le porte dell’ascensore si sono aperte con un ding e io sono caduto all'indietro sul pavimento.
“Fermati un po’!” ha ripetuto, prima che le porte dell’ascensore si chiudessero, lasciandomi nella torre.
Molly, la persona che avevo sostituito, mi aveva fatto vedere che le scale della torre erano sbarrate, e sapevo che sù in cima non c’era niente se non dei mobili rotti e bagnati dall'umidità. O almeno, così sarebbe dovuto essere.
Di fronte a me, però, c’era un ristorante, immacolato e luminoso con un arredamento retrò, stile anni ‘60, e il dolce profumo della carne di maiale sul fuoco veniva verso di me dalla cucina centrale. Sedie e tavoli erano allineati lungo la parete perimetrale, su ogni lato c’erano delle gigantesche finestre che avrebbero mostrato una vista impressionante del paesaggio sottostante, se non fossero state oscurate. Questo non sembrava infastidire gli ospiti, comunque, che erano felicissimi di mangiare mentre chiacchieravano gli uni con gli altri.
C’è stato un attimo di sollievo in quel momento, perché per quanto fosse strana quella situazione, almeno c’erano delle persone. Non ero più intrappolato in quel bizzarro limbo albeggiante e solitario al piano di sotto.
La sensazione è svanita, comunque, quando ho sentito cosa stavano dicendo. O meglio, cosa non stavano dicendo. 
Guardandomi intorno, il ristorante era quasi al completo, con un solo tavolo libero, ma quando ho cercato di ascoltare una sola conversazione, questa era solamente… rumore. Un mormorio ovattato che all’orecchio sembrava un discorso ma non conteneva alcun significato. Le loro bocche si muovevano ma potevo solo sentire un gorgoglio privo di senso, solo l’imitazione della parola, niente di più.
In maniera simile, quando ho guardato gli ospiti stessi con più attenzione, ho notato degli elementi che si ripetevano in maniera strana tra di loro. Tre donne stavano indossando gli stessi tacchi rosso-sangue. Due uomini gli stessi cappotti blu. E peggio, c’erano addirittura dei tratti ripetuti su volti diversi: gli stessi occhi verdi su due donne, baffi identici su tre uomini. Queste erano imitazioni di persone così come il suono era un’imitazione della parola. Ed erano tutti così orribilmente magri.
Uno chef si è girato verso di me, lo stesso sorriso sul suo volto sotto una quarta versione di dei baffi cespugliosi, e la stessa identica targhetta “Sei qui” sul petto. Ha indicato da dietro il bancone l’unico tavolo disponibile:
“Buona sera!” Ha urlato. “Sei qui! Speriamo che ti fermi per un po’!”
Automaticamente mi sono avvicinato al tavolo, prima di fermarmi. Nello stesso istante è sembrato che tutti nella sala si sono inclinati leggermente in avanti per l’anticipazione.
Ed è stato in quel momento che mi sono accorto della brezza che soffiava dalle finestre oscurate, solo che non erano oscurate. Non erano nemmeno finestre. Erano buchi quadrati spalancati e oltre i quali c’era il nulla assoluto. Qualsiasi ospite poteva allungare un braccio, se voleva, e affondare la mano nel vuoto buio, inquietante e completamente privo di dettagli. Non c’era niente. Niente verso l’alto, niente verso il basso, niente di niente. Niente, se non la torre e il ristorante.
Ho sentito l'istinto di allontanarmi da quella terrificante assenza in tutto il corpo, e sono indietreggiato verso l’ascensore. È stato in quel momento che il delicato mormorio di non-parole si è fermato di colpo, per essere rimpiazzato dal più totale e assoluto silenzio.
Stavano sempre tutti sorridendo, ma i loro volti ripetuti si erano bloccati, gli sguardi puntati su di me.
Lo chef ha parlato di nuovo, e anche se il suo tono non era cambiato, era chiaro che questa non era più una richiesta:
“Fermati un po’!”
Gli ospiti hanno fatto eco alle sue parole, un coro graduale sparso nella sala, che si sovrapponeva e si intrecciava, che mi ha avvolto e mi ha trascinato verso il tavolo.
“Fermati un po’!”
La loro presa su di me si è fatta più stretta, una dozzina di mani mi spingeva e mi tirava come se fossero una cosa sola. Poi un uomo con gli stessi baffi si è chinato verso la mia gamba, ha aperto la bocca, e mi ha morso.
Il dolore mi ha attraversato il corpo, ma i miei tentativi di liberarmi erano invani e poi una donna mi ha affondato i denti nella spalla, e potevo sentire il sangue caldo che scorreva lungo la mia schiena, mentre allo stesso tempo lo chef mi ha strappato un dito, l’osso ha a malapena rallentato la sua mandibola ben definita.
Ho urlato, ma il suono è soffocato, scivolando fuori dalle finestre e nel nulla.
Con una scarica improvvisa di adrenalina, ho spinto e scalciato e combattuto per liberarmi da quella folla emaciata, i loro corpi magri e fragili facevano poca resistenza, nonostante il numero. Ma non avevo vie di fuga. L'ascensore era sparito come se non fosse mai esistito e oltre le finestre c’era, ovviamente, il nulla. “Sei qui,” ho pensato amareggiato.
E così quando mi sono ritrovato di fronte al prospetto di essere mangiato vivo, o di buttarmi da una di quelle finestre nel più completo oblio… non era di una scelta. Mi sono buttato.
[Pausa]
NORRIS
I paramedici hanno attribuito il mio dito mancante e le altre ferite alla caduta dalla torre, e salvo ulteriori prove del contrario (per le quali non ho intenzione di tornare a Forton), sono costretto ad accettare la loro diagnosi di ferita da caduta e trauma associato come il risultato di un episodio psicotico causato dallo stress.
Per concludere, non c’è dubbio che il periodo in cui ho lavorato al Forton Services ha avuto un impatto considerevole su di me. Questa esperienza è prova di un intenso disagio mentale che la liminalità brutale può infliggere a una persona esposta troppo a lungo a una tale “architettura affamata.”
Posso solo scusarmi per la mia non voluta e prolungata assenza. Spero che questo possa fornire un po’ di contesto, anche se sono dolorosamente consapevole che non è stata fatta alcuna denuncia di persona scomparsa alla polizia, poiché a quanto pare nessuno dei miei colleghi, tutor o colleghi studenti si è accorto della mia assenza.
Ciò nonostante, spero che questa possa comunque essere considerata una circostanza attenuante e che quanto ho scoperto meriti uno studio approfondito. Anche se in tal caso richiederei che altri ulteriori lavori vengano assegnati a un altro studente.
[L’audio assume il tono riecheggiante della CCTV della saletta del personale]
[Passi che entrano]
[Qualcosa viene inclinato, senza risultati]
[Qualcosa viene appoggiato con rabbia]
GWEN
Alice.
[Una pausa]
GWEN
Alice.
ALICE
(si toglie un’auricolare) Hm?
GWEN
L’hai fatto di nuovo.
ALICE
Hmmm.
GWEN
Non farmi ‘hmmm’. Eravamo d’accordo che se finisci l’acqua nel bollitore dopo lo devi riempire.
ALICE
(sempre distratta) Non è vuoto.
GWEN
Non c’è nemmeno un terzo di una tazza qui dentro.
ALICE
(a voce più alta, finalmente prende parte alla conversazione) Quindi non è vuoto, giusto, no?
GWEN
Già è grave che cerchi deliberatamente dei casi parlanti e li lasci in play solo per darmi fastidio -
ALICE
Secondo l’accusa.
GWEN
– ma lasciare il bollitore pieno è il minimo!
[Pausa]
[Gwen inizia a riempire il bollitore]
ALICE
Sembri stressata. Problemi nella piramide aziendale? Accusi già il peso del ruolo di Deputata Presidente della Sinergia Esecutiva?
GWEN
“Collegamenti Esterni.”
ALICE
E ovviamente, sappiamo entrambe cosa vuol dire. Giusto?
GWEN
Presumo che gestirò una manciata di subappalti.
ALICE
(Interessata suo malgrado) Subappalti per cosa?
GWEN
Riceverò una spiegazione più dettagliata “a breve.”
ALICE
Cielo! Quanta adrenalina! Spero che deciderai di spiegarlo anche a noi infimi soldati semplici quando Lena avrà finalmente capito qual’è il tuo lavoro. Presumendo che per allora qui sarà rimasto qualcuno di noi.
GWEN
E cosa vorresti dire con questo?
ALICE
Solo che ultimamente qui ci sono stati molti cambiamenti. Non mi esalta. Teddy, Sam, Celia - e hai sentito che Lena ha messo Colin in “congedo per la salute mentale”?
GWEN
(Sorpresa) Cosa?
ALICE
Oh sì, c’è stata una scenata. Ha dato di matto e ha spaccato il telefono di Sam.
GWEN
L’ho sempre detto che era disturbato.
ALICE
Tu dici molte cose, per la maggior parte cagate. Non so… ho la sensazione che qui c’è sotto qualcosa.
GWEN
L’unica cosa che “c’è sotto” è il gigantesco carico di casi che tu non stai facendo niente per recuperare. A tal proposito, dove sono Sam e Celia?
ALICE
Hanno finito i loro casi prima, quindi sono andati via insieme.
GWEN
Non possono andarsene così senza nemmeno timbrare l’uscita!
ALICE
Forse erano troppo impegnati a darci dentro con la voce sexy di Norris in sottofondo e non se ne sono accorti.
GWEN
(fermamente) Non essere disgustosa.
ALICE
Ricevuto, “capo.”
[La CCTV si spegne]
[Suono di un telefono]
[L’audio cambia e ha la qualità metallica del telefono]
[Siamo al chiuso, con dei passi che si avvicinano]
GERRY
(Allegro) Scusate per il disordine, non aspettavo visite.
CELIA
Una tazza vuota non è “disordine”.
GERRY
Oh, sei troppo gentile!
(adesso un po’ più lontano, ad alta voce) C’è del pane a lievitazione naturale, se vi va?
SAM
No grazie mille!
GERRY
(ad alta voce) Sicuri? C’è anche del lemon curd fatto in casa da abbinarci…
SAM
(ad alta voce) Davvero, siamo apposto!
GERRY
(ad alta voce) Tè? Caffè? Succo d’arancia?
CELIA
(ad alta voce) Sei davvero gentile, ma per noi niente, davvero grazie!
GERRY
Beh, se siete sicuri…
[Gerry si siede]
GERRY
Allora. Dove eravamo, mi sa che mi sono perso i vostri nomi!
SAM
Sam.
CELIA
Celia.
GERRY
Piacere conoscervi entrambi. Io sono Gerry!
SAM
(Sorridendo) Lo sappiamo.
GERRY
(ridendo) Oh già, certo! Avete chiesto se ero in casa, ah! Allora, che cosa posso fare per voi?
SAM
Già, beh -
CELIA
Abiti qui da solo?
GERRY
(ridendo) Con gli affitti di Londra? Impossibile! Non fraintendetemi, il padrone di casa è adorabile e tutto il resto, ma no. Devo sempre fare a metà con Gee Gee.
CELIA
Gee Gee?
[Passi che si avvicinano]
GERTRUDE
Sarei io.
GERRY
(Ad alta voce) Ci sono ospiti, Gee Gee!
GERTRUDE
Sì, questo posso vederlo, Gerry. 
(freddamente) A che cosa dobbiamo questa… gradevole visita di prima mattina?
SAM
Oh sì, scusi, lavoriamo di notte, quindi… 
GERTRUDE
Quindi?
[Una pausa]
[Sam si schiarisce la voce]
SAM
Beh… uh… ci stavamo chiedendo -
CELIA
Questo l’hai dipinto tu?
GERTRUDE
Prego?
GERRY
Oh sì! Lo chiamo “Epifania di Camden.” Ti piace?
CELIA
È bellissimo!
GERRY
Se vuoi puoi averlo.
CELIA
Oh no, non potrei…
GERRY
Va bene, onestamente, ne ho molti altri di là. Ci faresti un favore, ad essere sinceri.
[Celia si fa scappare una risata]
GERRY
Gee Gee dice sempre che portano via troppo spazio, no, Gee Gee?
GERTRUDE
Di preciso che cosa avete detto di volere da mio nipote?
CELIA
Uh… Sam?
SAM
Già. Certo. Mi stavo chiedendo se sapevi qualcosa dell’Istituto Magnus?
[Una pausa, nessuno si muove]
[Si schiarisce di nuovo la gola]
SAM
Ero in uno dei loro programmi per bambini precoci e - um - ho trovato un elenco con qualche altro bambino, e ho pensato che sarebbe potuto essere bello se potessimo ritrovarci e scambiare storie e tutto il resto…
GERTRUDE
Capisco. Beh, mi dispiace, ma non credo che Gerry possa aiutarvi -
GERRY
(Con noncuranza) Sì, me lo ricordo a malapena.
[Gertrude fa un leggero sospiro]
SAM
Oh, allora eri un candidato?
GERRY
Oh sì, ma ero piuttosto piccolo. Ricordo di aver riempito una serie di schede e questionari, poi qualche vecchio che mi faceva domande sul genere di libri che mi piaceva leggere, chi ammiravo, quel genere di cose. E poi sono andato via.
SAM
(deluso) Tutto qui?
GERRY
Sì, temo di sì. Oltre che a trovarmi seduto con altri bambini in una stanza che odorava di libri vecchi.
[Una pausa]
GERTRUDE
(alzandosi in piedi) Beh, se questo è tutto, noi davvero dovremmo iniziare la nostra giornata…
SAM
(abbattuto) Ma certo, noi andiamo allora. Ah, beh.
GERRY
Oh, non prenderla troppo sul personale. È una mattina così bella.
[Gerry sembra così felice]
SAM
(Sorridendo) Non ha torto.
GERTRUDE
(aprendo la porta) Non vi tratterremo oltre. È stato un piacere conoscervi.
GERRY
(Allegro) Non dimenticare L’Epifania di Camden.
CELIA
Nemmeno per sogno.
[Le passa il quadro]
GERRY
(sempre allegro) E tornate presto! È sempre un piacere chiacchierare con dei vecchi amici!
GERTRUDE
Non penso ne avranno motivo, Gerry.
(a Sam) Buona caccia, ma altrove.
SAM
Di nuovo grazie per il tuo tempo.
[Passi che se ne vanno]
CELIA
Ciao, Gerry!
GERRY
Ciao, Celia!
[La porta si chiude]
GERRY
(ovattato da dentro) Mi piacevano.
GERTRUDE
(ovattato) Ovviamente.
[Suoni di un telefono]
[L’audio continua ad avere un tono metallico quando Sam e Celia escono, passi sul marciapiede]
SAM
Beh è stato -
CELIA
Niente male!
SAM
(diverto dal suo entusiasmo) – un vicolo cieco.
CELIA
Già. Però c’è il quadro gratis!
SAM
(inizia a camminare) Come pensi di portarlo sulla Metro?
CELIA
Mi inventerò qualcosa.
SAM
…Grazie per essere venuta con me, Celia. So che lavoriamo insieme solo da poche settimane.
CELIA
Hey, è stata una mia idea, ricordi?
SAM
So che Alice vuole che lasci perdere questa cosa del Magnus, ma, beh, dovevo provarci.
Non che faccia alcuna differenza. Vicolo cieco dopo vicolo cieco.
CELIA
Beh… forse puoi aiutarmi con il mio mistero?
SAM
E che mistero sarebbe?
CELIA
Sto cercando di indagare… nelle cose strane dal punto di vista fisico: viaggi nel tempo, altre dimensioni, teletrasporto, tutte quelle belle cose. Freddy a quanto pare non fa ricerche, quindi potresti tenere gli occhi aperti e farmi sapere se succedono nei tuoi casi? 
SAM
Uh, sembra un po’ fantascientifico rispetto alle solite cose. Per cosa ti serve? (divertito) Non è che stai facendo ricerche per quel podcast a cui hai partecipato, no?
CELIA
(Sorpresa) Lo conosci?
SAM
Potrei averti googolata.
CELIA
Allora… sì. Sto facendo un favore a Georgie.
SAM
Okay.
[Una pausa]
CELIA
Allooora…. Abbiamo un accordo? Ci aiutiamo a vicenda con i nostri misteri?
SAM
Sì, va bene. Affare fatto.
CELIA
Fantastico.
Inoltre, come parte dell’accordo, devi portare questo dipinto sulla Metro.
SAM
Ehi aspetta -
[Il telefono si spegne]
[Traduzione di: Victoria]
[Episodio successivo]
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accovacciarsibene · 1 year
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essere single mi sta insegnando tante cose e facendo vivere esperienze assurde e belle ma anche momenti forti di tristezza e solitudine. Una certezza che ho acquisito è che non voglio mai più rinunciare alla mia libertà e che la persona con cui vorrò intraprendere una relazione più intima e seria non dovrà mai pretendere più spazio di quanto io abbia voglia di dargli. Desidero che lo stare insieme sia un incontro momentaneo di percorsi che poi restano personali, voglio dare il mio e prendere il tuo senza che mescolandoli si perdano l’uno nell’altro
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Guardavo questa immagine.
Quando Gandhi morì, radunarono tutti i suoi oggetti personali.
Erano questi.
Non possedeva nient'altro.
Non aveva bisogno di altro.
Sono minimalista da anni e trovo questa immagine bellissima.
Perché dimostra che l'obiettivo della vita non è complicare.
Non è aumentare, accumulare e ingrandire.
La vita non è una gara, né con gli altri né con noi stessi.
L'obiettivo della vita è semplificare e ridurre.
In fondo, la maggior parte dei problemi che abbiamo non sono veri problemi.
Un vero problema è una malattia incurabile.
O non avere i soldi per comprarti da mangiare.
O vivere in un paese in guerra.
Se c'è una cosa che ho capito in questi anni di vita fuori dagli schemi, è che quasi tutti i nostri "problemi" si risolvono attraverso il Minimalismo.
Concretamente significa escludere dalla propria vita tutto il superfluo.
Che siano persone, cose, situazioni e abitudini.
Chiediti: "Mi serve davvero?"
Se la risposta è no, liberatene.
C'è chi ci riesce anche con i sentimenti.
Mi serve a qualcosa arrabbiarmi?
No, e allora non lo faccio.
Non spreco il mio prezioso tempo.
Proveranno a convincerti che lo scopo della tua vita sia complicare.
Ogni giorno vieni bombardato da messaggi anti-minimalismo.
Ti dicono di riempire la tua vita di cose, perché più ne hai e più vali.
Ti dicono che stare con un solo partner è noioso.
Ti dicono che devi avere tante persone intorno, perché i solitari fanno paura.
Ti dicono che il lavoro non può essere facile: se lo è, dovresti complicarlo e lavorare di più, finché non lo odierai.
Ti dicono che una casa piccola è triste. Anche se è piena di persone, animali, ricordi... vita.
Ti dicono che girare su un'automobile vecchia è patetico.
Ti chiedono: "Ma cosa aspetti a cambiarla?!?"
"Ma funziona!" rispondi.
E loro non capiscono.
Essere minimalisti significa ribellarsi.
In un mondo che va verso un consumismo totale e devastante, scegliere di minimizzare vuol dire protestare.
In silenzio e pacificamente.
Come Gandhi.
L'essenziale.
Non ti serve altro.
Lì si trova l'ESSENZA della tua vita.
Le persone che ami e meritano il tuo amore.
Le cose che ti aiutano concretamente a vivere meglio.
Le esperienze che ti fanno stare davvero bene.
Niente di più, niente di meno.
Un equilibrio perfetto che si può chiamare in tanti modi.
Io lo chiamo felicità.
Una felicità armoniosa e accessibile a chiunque.
(Le coordinate della felicità, Gianluca Gotto)
Sono “Pazza”
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seoul-italybts · 6 months
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[✎ ITA] Hope On The Street Vol.1 : Intervista dall'Album Speciale di j-hope (PRELUDE) | 29.03.24⠸
HOPE ON THE STREET VOL.1
__ Parte 1 : PRELUDE __
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1. Saluti d'Apertura
Ciao, sono j-hope, sono felice ed emozionato per il lancio di "HOPE ON THE STREET", il progetto riguardante il ballo che tanto amo e considero come mia radice artistica. Potrete godervi le mie mosse di danza nel documentario omonimo, e quest'album contiene storie ed aneddoti inediti, non inclusi nel progetto televisivo. Ragazzə, j-hope ha ballato! Spero apprezzerete e mostrerete tanto supporto!
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Ciao, j-hope. Tra i tanti generi di ballo esistenti, questo progetto si concentra principalmente sulla street dance. Perché trovi la street dance così affascinante?
Perché alla domanda 'chi sei?' o 'quali sono le tue radici' non potrei che rispondere 'la street dance'. Quando mi fermo a riflettere sui ricordi che ho del ballo – di quei momenti in cui, totalmente concentrato su me stesso, la musica e null'altro, davo il 100% – non può che tornarmi in mente il mio passato. È grazie alle mie origini se ora sono quello che sono, se ancora adesso provo il desiderio di esplorare e praticare la street dance.
Ti ricordi il momento in cui, per la prima volta in assoluto, hai deciso di darti al ballo? C'è stato forse un qualche momento cruciale di svolta, nella tua vita, in cui il ballo ha smesso di essere solo un hobby o interesse?
Credo sia stato in occasione di una gara scolastica, durante una gita, quando ero ancora studente. Nessuno voleva esibirsi, quindi ho preso e sono salito io sul palco per ballare. È stato un momento estremamente entusiasmante ed indimenticabile. Essere sotto i riflettori e lo sguardo di tutti era davvero una sensazione fantastica. Ricordo il batticuore per tutte le grida e l'entusiasmo ricevuti! È stato quell'episodio a dar forma al me stesso di adesso.
Di questi tempi, ci sono tanti programmi televisivi o comunque contenuti legati alla street dance, che l'hanno resa più approcciabile e nota al pubblico rispetto al passato, ma credo sia ancora difficile stabilire cosa sia il "buon ballo", perché ognuno di noi ha standard e gusti diversi. Tu hai criteri specifici o personali rispetto al ballo?
Questa è una domanda piuttosto difficile, per me.
Quando ci si lascia andare totalmente alla musica e si riesce ad arrivare ai cuori degli spettatori con la danza, allora credo quello possa essere considerato del "buon ballo". Non è forse quello il motivo per cui balliamo? (ride).
Dato che il progetto riguarda il ballo, hai voluto creare della musica ballabile, adatta all'occasione. Su quale aspetto ti sei concentrato, sotto il punto di vista musicale?
Quando ho iniziato a lavorare a questo progetto, mi son detto "scriviamo della bella musica adatta al ballo!", e mi sono poi reso conto che la buona musica, fondamentalmente, non può che essere anche perfetta per il ballo. In altre parole, la buona musica ha il potere di far muovere e ballare la gente. Data questa premessa, ho cercato di concentrarmi sulle canzoni, di per sé, e poi le coreografie sono seguite con estrema naturalezza.
Quest'album è diviso in due parti. Immagino il focus e la direzione imboccata con ognuna di esse sia parecchio diversa.
Nella "VER.1 : PRELUDE" ho dato uno sguardo alle mie origini, come suggerisce il titolo. Son partito da quell'Hoseok, un ragazzino di Gwangju, che ballava e faceva musica con la sua crew di ballo, e vi ho riallacciato i legami, tornando a ballare con loro. Più avanti, anche Seoul è diventata un caposaldo delle mie radici artistiche ed identità attuale, quindi, sì, ho cercato di esprimere tutto ciò e le esperienze vissute in quel periodo in modo più intenso e vibrante possibile.
La "VER.2 : INTERLUDE" vuole, invece, essere più matura. Di conseguenza, ho deciso di concentrarmi sulla musica e sugli stili di ballo come tematiche principali. In particolare, ho voluto sottolineare quello che è stato il mio processo formativo.
j-hope : Intervista 1
- Il Motivo Per Cui Ballo -
"Il ballo è la mia passione, ma è un po' che la trascuro"
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Hai deciso di dedicare questo documentario al ballo.
Tutto ha avuto inizio con il ballo, sul serio. Molto di ciò che sono e faccio è nato dal ballo. Quindi mi son detto 'Perché non dare uno sguardo agli stili di ballo che ero solito praticare?'. Credo sia un modo per riflettere su me stesso e la mia vita, prima di entrare in servizio militare. 'Che cos'è che mi piaceva?', 'Quali pensieri mi passavano per la testa, prima del debutto?', 'Che cos'è che mi ha portato dove sono ora?'...Tutte domande che mi sono sempre posto e, in fin dei conti, tutte riconducono al ballo.
Sul serio, tutto è iniziato quando vivevo ancora a Gwangju. Allora, non sapevo far altro che ballare ed era l'unica cosa che sapevo di far bene. Sul serio, non sapevo far altro. Adoravo ballare. Se non fosse stato per il ballo, credo ora sarei una persona diversa. Senza il ballo, oggi non sarei qui e sicuramente non esisterebbe j-hope. Il ballo è diventato tutta la mia vita ed è da quello che è iniziato tutto.
j-hope : Intervista 2
- Commento al Documentario -
"Imparare a ballare è anche un modo per imparare a vivere"
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Cos'è il progetto "HOPE ON THE STREET"?
L'aspetto più importante di questo progetto è il processo d'apprendimento. Credo sia un progetto che mi dà l'opportunità di ripensare alla mia vita e rievocare la passione ed ispirazione che avevo, quando ho iniziato. Credo tutto questo sarà fonte di nuova ispirazione, per me.
Hai ballato in molte città – Seoul, Gwangju, Osaka, Parigi e New York. Perché hai scelto proprio di ballare?
Beh, innanzitutto perché credo le/i fan amino vedermi ballare (ride). Quella è la ragione principale. Ho deciso di mettere su questo progetto così da poter mostrare loro più cose riguardo al ballo, la mia identità ed esplorare più approfonditamente le mie radici.
Hai partecipato attivamente ad ogni aspetto di questo progetto, dalla pianificazione fino alla direzione generale. Avevi già una qualche visione registica specifica in mente?
Nulla di così grandioso, ma è un mio progetto, quindi ho preso in mano le redini e ho cercato di proporre quante più idee possibile. Credo gli aspetti cui ho partecipato maggiormente siano stati la scelta degli stili di ballo, le location, gli abiti da indossare, la musica nonché la composizione e direzione per quanto riguarda le riprese. Questi sono tutti aspetti fondamentali, quando si tratta del ballo.
Trovo sia piuttosto rilassato rispetto agli altri contenuti video visti finora.
Se pensiamo al K-Pop, la prima cosa che ci viene in mente sono le riprese multisfacettate, i tanti effetti speciali e l'editing superbo. Ovviamente è bello ed entusiasmante, ma stavolta volevo catturare il ballo e tutto il resto esattamente per quello che è. Dunque ho cercato di restare più possibile sul semplice. L'idea di fondo è che più semplice è, maggiore sarebbe stato il risalto posto sugli aspetti migliori di questo documentario.
Hai detto che l'idea per "HOPE ON THE STREET" ti è venuta mentre stavi filmando un dietro le quinte per i MAMA Awards 2022. Tre settimane dopo, hai iniziato le riprese. Davvero poco tempo per i preparativi, non trovi?
Sì, sono d'accordo! Non ho avuto che tre settimane per preparare questo progetto. All'inizio, andavamo fondamentalmente a tentativi. Non avevo idea ci sarebbero state così tante cose cui prestare attenzione e altre da preparare. Ma credo che, tutto sommato, ce la siamo cavata bene, preoccupandoci dei dettagli strada facendo. Credo l'aspetto più grezzo e genuino di quest'arte sia ben rappresentato, quindi non ho rimpianti. Anzi, forse il fascino di questo progetto, in parte è, proprio che... non ci sono fronzoli? È tutto molto casual e rilassato, no? (ride).
j-hope : Intervista 3
- Perché Boogaloo Kin? -
"Non c'è altro modo che continuare"
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C'è un'altra figura cruciale, nel documentario. Perché proprio Boogaloo Kin?
Questo documentario è fondamentalmente un percorso formativo. Ecco perché ho deciso che Haknam (a.k.a. Boogaloo Kin) non potesse mancare. Sul serio, è una figura fondante della street dance coreana, fin dalle origini e ancor oggi, ed è profondamente rispettato, non solo nella scena coreana ma a livello globale. Ecco perché non avevo dubbi sarebbe stato perfetto come guida, sia per me che per il progetto. E poi ho pensato sarebbe stato più divertente compiere questa rivisitazione del passato insieme a qualcun altro.
Inoltre, grazie a Haknam, sapevo non avrei solo imparato cose riguardo il ballo, ma anche sulla vita. Non lo ringrazierò mai abbastanza per aver accettato di partecipare, nonostante il poco preavviso. È sempre stato un modello di vita per me.
INTERVISTA con BOOGALOO KIN
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Puoi presentarti?
Salve, sono Haknam Kim, a.k.a. Boogaloo Kin. Sono un ballerino da 24-25 anni. Giro il mondo per varie attività legate al ballo, come giurato di competizioni, workshop e sessioni come istruttore di ballo.
Ho saputo che questo progetto ti è stato proposto all'improvviso. Come mai hai deciso di partecipare?
Quando ho ricevuto l'offerta, sono andato in confusione totale. Perché, cioè, come potevo non essere agitato, quando ci si aspettava che volassi ad Osaka tre giorni dopo? (ride). Quindi, sì, ero piuttosto teso. Però, in un certo senso, si trattava di lavorare sodo affinché gli stili di ballo che ho studiato, ricercato, in cui mi sono specializzato e ho sempre praticato fossero tramandati come si deve a questa generazione–e a quella dopo e quella dopo ancora – È ciò per cui continuo a ballare, quindi ho subito accettato.
Se ho capito bene, la street dance è nata negli Stati Uniti, ma si è successivamente diffusa ed evoluta in stili e modi diversi a seconda del paese e zona del mondo in cui è arrivata. Dare una risposta completa è difficile, ma potresti spiegarci brevemente quali sono le principali differenze da regione a regione? Per dare un'idea più chiara ai nostri lettori..
Esatto, la street dance ha avuto origine negli Stati Uniti, dopodiché si è diffusa anche altrove, come in Europa ed Asia, evolvendo in generi e stili diversi man mano. A mio parere, la versione ballata in Europa è più originale e creativa grazie alla commistione di diverse culture, paesi ed etnie. Gli stili prediletti (in Europa) sembrano essere l'hip-hop e l'house freestyle.
La scena street dance giapponese è la più sviluppata e strutturata, in Asia. Ciò che mi colpisce sempre un sacco è il modo in cui, grazie al ballo, diverse generazioni si incontrano e danno inizio ad un dialogo e scambio vicendevole. È qualcosa che invidio profondamente. Tuttə i/le ballerinə giapponesi sono i/le migliori quando si tratta delle tecniche fondamentali. È evidente la precisione con cui ballano, un aspetto che è parte integrante della loro cultura.
La street dance sudcoreana, diversamente da questi altri paesi, non ha una storia così lunga e radicata. Tuttavia, essendo sbocciata più tardi, ha tratto molte influenze dai paesi esteri in cui la street dance si è sviluppata prima, come gli Stati Uniti, i paesi europei ed il Giappone. A mio parere, la street dance coreana ha anche beneficiato di quell' "heung" [*capacità di divertirsi entusiasmarsi] tipicamente coreana, ereditata dai nostri predecessori. Quindi, sì, credo l'unicità ed esuberanza della street dance coreana risalti con prepotenza proprio grazie alle varie influenze assorbite da altri paesi, influenze che poi si fondono e danno vita a quell' "heung" [*divertimento] collettivo.
Con così tanti stili di ballo diversi, cosa distingue e rende particolarmente affascinante la street dance?
Credo l'unicità della street dance sia data dal suo essere uno stile libero, in cui c'è molta improvvisazione. Nonostante continui ad evolversi in tante diverse varietà, fondamentalmente si è liberə di ballarla quando si vuole ed ovunque ci sia della musica.
Sei anche un giudice di questo genere. A che cosa presti attenzione nel giudicare la street dance, data la sua natura libera e ricca di improvvisazione?
Dipende dal tipo di ballo con cui ho a che fare. Ogni giudice ha i suoi parametri personali. Per quanto mi riguarda, presto attenzione al ballo di per sé. Do un giudizio basandomi su ciò che mi trasmette il/la ballerinə, se riesco a percepire la musica nei suoi movimenti. Poniamo di assistere ad una sfida di ballo. Il/la ballerinə A sfoggia tecniche complesse ed elaborate o presenta altre mosse interessanti che però non hanno nulla a che fare con la musica; il/la ballerinə B usa passi e mosse piuttosto nella norma, ma è evidente che sente la musica e sa farla sua. In una situazione come questa, solitamente do un punteggio maggiore al/lla secondə concorrente.
Secondo te, quali sono le caratteristiche principali del ballo di j-hope?
So che prima del debutto, j-hope era appassionato di popping e boogaloo e che ha anche partecipato a diverse competizioni di ballo. Quando poi è entrato a far parte dei NEURON, ha potuto anche imparare l'hip hop freestyle e, una volta diventato trainee, ha studiato tutti i vari stili di street dance. Quindi credo il motivo per cui j-hope si distingue rispetto agli altri ballerini, a fronte di una stessa coreografia, sia perché è tanto che coltiva il suo interesse per la street dance. Ho notato che, talvolta, improvvisa anche durante i concerti. Quindi, sì, direi che uno dei suoi maggiori punti di forza è il modo in cui sa improvvisare pur mantenendo gran naturalezza.
J-hope ha detto di aver intrapreso questo progetto perché voleva imparare. Ora che l'hai accompagnato in questo viaggio d'apprendimento, cosa pensi abbia imparato?
Credo il ballo sia ciò che ha aiutato Hoseok a diventare j-hope, un membro dei BTS. Credo non abbia più avuto modo di lasciarsi andare all'improvvisazione, negli ultimi anni – a stili come il popping, il boogaloo e l'hip-hop freestyle -, come invece era solito ballare prima del debutto. Quindi credo questo progetto sia stata l'opportunità di poter tornare alle sue origini e a quel periodo in cui era totalmente concentrato sul ballo e null'altro. Sono sicuro quest'esperienza avrà un effetto positivo anche sui suoi progetti futuri in quanto artista.
E personalmente, invece, che cosa ti ha lasciato?
Mi ha permesso di realizzare, una volta di più, quanto effettivamente amo il ballo – dato che è qualcosa che ho dovuto mettere da parte per un po'. Quando ho accettato di partecipare al progetto, arrivavo da circa un anno di inattività per un infortunio al ginocchio destro. Quindi, quando ho ricevuto l'offerta, ci ho pensato bene prima di accettare. Ma poi ho pensato questo progetto fosse l'opportunità di far conoscere la street dance ad un pubblico più vasto e globale. Continuerò a lavorare sodo a mia volta per mostrare a tutti quanto è figa la street dance e diffondere il verbo con quante più persone possibile.
j-hope : Intervista 4
- Hoseok Incontra i NEURON -
"Vuoi ballare con noi?"
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Penso si possa dire che è proprio quando vivevi a Gwangju che è iniziato tutto. Com'eri in quel periodo?
Ero semplicemente un ragazzino che non sapeva far altro che ballare. Lo adoravo, il ballo era tutto ciò che contava allora, ed era ciò che sapevo fare meglio. Ora so molte più cose, con l'esperienza acquisita da dopo il debutto ecc., ma non dimenticherò mai i miei inizi e come mi sono avvicinato al ballo per la prima volta in assoluto, quando vivevo a Gwangju.
Come hai trovato i NEURON?
Non è che io sia andato effettivamente a cercarli – ma semplicemente sono diventati il mio primo contatto reale col ballo ed un modo per studiare quest'arte. Ero solito ballare con i membri della crew, i quali poi mi hanno dato anche lezioni. Poi però la situazione si è fatta un po' complicata e non ho più potuto permettermi i loro corsi, quindi ho continuato senza un piano preciso e semplicemente ballavo su ciò che ascoltavano durante le pause, tenendomi aggiornato sul programma grazie agli altri studenti. Credo i membri dei NEURON abbiano notato questi miei sforzi e riconosciuto la mia dedizione. Un giorno mi hanno chiamato e mi hanno chiesto "Vuoi ballare con noi?" Ero al settimo cielo. Ero loro immensamente grato. Cioè, era letteralmente dei miei eroi che stavamo parlando. È in quel momento che ho iniziato a fare sul serio e a sognare di diventare un artista. È così che è iniziato tutto. Poi, più avanti, quando ho detto loro che desideravo perseguire i miei sogni, i NEURON sono state le persone che mi hanno dato più supporto.
Sul serio, non lo e li dimenticherò mai – i NEURON
Era da tanto che non vedevi i NEURON. Dev'essere stata un'esperienza molto emozionante per te.
Di tanto in tanto, mi capita di trovarmi con un membro o l'altro, ma era da tanto che non ci riunivamo tutti insieme. Non appena li ho visti, mi è parso evidente non fossero cambiati affatto. Sono ancora sempre quei ragazzi dagli ottimi consigli, amici che sanno scherzare e che mi hanno sempre fatto ridere molto. È probabile col tempo alcune cose siano cambiate, ma per quanto mi riguarda, sono sempre gli stessi di allora.
Che valore hanno i NEURON per te?
Ho dedicato loro cuore, anima e corpo. Mi sono sempre sentito il benvenuto, con loro. Quindi anche se una parte di me era concentrata sul diventare un buon ballerino, fondamentalmente mi piaceva poter lavorare e stare con loro. Era qualcosa cui non volevo rinunciare.
INTERVISTA con i NEURON
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Quella dei NEURON è una crew di ballo nata a Gwangju e j-hope vi si è unito durante il suo secondo anno di scuole medie, diventandone il membro più giovane. Grazie ai NEURON, j-hope ha imparato diversi stili di danza, ha partecipato a competizioni e saggi di ballo, innamorandosi perdutamente di quest'arte. Come canta in "Chicken Noodle Soup", i NEURON sono stati un grandissimo supporto per lui, fin dall'età più tenera, e l'affetto che j-hope nutre per questo gruppo non è mai scemato.
Quale genere di ballo piaceva a j-hope?
Credo il più delle volte lo si potesse vedere fare popping, perché era il genere preferito di Hoseok da ragazzino, ma ora conosce molti altri stili. Ormai ha un bagaglio esperienziale molto più ampio ed approfondito, ma le sue ambizioni e la passione che nutre per il ballo non sono mai cambiate. Quando lo guardo, non posso che pensare "Wow, questo ragazzo fa sul serio, è un vero ballerino, non c'è dubbio". Non ha mai dimenticato le sue origini, ha un'idea più che chiara della sua identità quindi sono sicuro non potrà che migliorare.
Era da un po' che non vedevate j-hope. Com'è andata?
Ad esser sincero, ero un po' agitato perché me lo ricordavo ancora ragazzino, ma ora è molto più figo (ride). Ormai è (solleva una mano) quassù! Wow. Ma non c'è voluto niente perché tornassimo a nostro agio. Non è cambiato di una virgola. È stato come quando eravamo tutti più giovani insieme. L'impressione non è stata quella di lavorare ad un progetto – semplicemente, è stato come tornare ai vecchi tempi. È stato tutto molto tranquillo. Sul serio, Hoseok è come una roccia, sa come mettere il prossimo a proprio agio, è estremamente garbato e rispettoso e sono sicuro quello sia il motivo per cui ha ottenuto tutto il successo di adesso.
2. SOUL/SEOUL con Lock Woong
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j-hope : Intervista 5
- Lock / Unlock -
"Ma soprattutto.. è divertente"
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Il tema dell'episodio intitolato "Seoul" è 'Lock / Unlock'. Che cosa significa, esattamente?
C'è un tipo di street dance che si chiama 'locking'. Ho cercato un modo per incorporarlo nei video e nella musica. Il locking è un po' come la vita: quand'è che mi blocco, nel corso della mia esistenza? Quand'è che ho bisogno di uno sblocco? Credo la vita ed il locking siano molto simili, sì. Perché ci sono momenti in cui devi bloccarti, trattenerti, ed altri in cui ti lasci andare.
Chi è stato ad insegnarti il locking?
L'ho imparato per bene da Lock Woong dello studio LEVEL6, quando ero un trainee. L'etichetta mi ha sostenuto in tutto ciò che volevo imparare, incoraggiandomi a provare il più possibile. Io amavo così tanto il ballo che desideravo davvero provare un po' di questo, un po' di quello e vari stili.
Il mio approccio era davvero mirato ad imparare il più possibile ed un po' di tutto e Woong è stato il primo ad insegnarmi il locking. Ho davvero imparato un sacco da lui.
Qual è stato l'aspetto più memorabile, durante le riprese dell'EP. "Seoul"?
Ero estremamente agitato. Ma era un'agitazione diversa da qualsiasi forma d'ansia avessi mai provato prima. Non credo di essere poi così bravo nel locking, quindi immagino il peso dell'insicurezza si sia fatto sentire, anche psicologicamente. Mi sono comunque impegnato al massimo perché non volevo adagiarmi ed accettare di non riuscirci, volevo davvero migliorare. Quindi, sì, forse è per quello che le riprese con Woong ed il locking che abbiamo ballato insieme mi sono rimasti particolarmente impressi.
INTERVISTA con LOCK WOONG
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Il vero capostipite del locking coreano è Lock Woong, che ha giocato un ruolo fondamentale nel rendere popolare questo stile in Corea, diffondendolo e sviluppandolo sempre più. Inoltre, Lock Woong è stato anche allievo di un altro locker leggendario, Greg "Campbellock Jr."
J-Hope ha imparato molto sulla street dance, frequentando lo studio di Lock Woong, quando era un trainee.
Salve, Lock Woong. Era da tanto che non incontravi j-hope, com'è stato rivederlo?
L'ultima volta che avevo visto j-hope era prima del suo debutto solista, al listening party per Jack in the Box, dove ero invitato come DJ. Abbiamo parlato e riallacciato i contatti. Non è cambiato affatto. Mi son chiesto "Oh... Come mai è sempre lo stesso? Non è una star globale, ormai?", ma quando abbiamo parlato e lui mi ha espresso brevemente le sue vedute riguardo il ballo, mi è parso subito evidente quanto non fosse cambiato.
Quali sono le caratteristiche principali dello stile locking, rispetto agli altri generi di ballo?
Uno degli aspetti migliori del locking, se paragonato agli altri stili di ballo, è che lo si può praticare insieme. Inoltre è uno stile che trasuda positività e buone energie, ecco perché mi è sempre piaciuto.
RINGRAZIAMENTI
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Hai provato i generi popping, locking, house e hip-hop, puoi spiegarci secondo te qual è il fascino di ognuno di questi stili?
Non ho mai abbastanza del locking. Che i miei movimenti siano giusti o sbagliati, il solo ballarlo mi rende felice e mi entusiasma. Il popping mi piace perché è un genere trasparente e permette a chi lo balla di sentire ed esprimere appieno la musica. Quindi, sì, penso sia quello il suo fascino principale. Per quanto riguarda l'hip-hop e l'house... ne parlerò meglio nella 2a versione, "INTERLUDE", perché sono stili che ho provato a New York e Parigi (ride).
Quindi se tu dovessi associare questa prima parte di viaggio – nonché la ver.1 dell'album "PRELUDE" - ad uno stile di street dance, quale sceglieresti?
Penso il popping, è davvero il meglio! Ho iniziato a ballarlo a Gwangju, insieme al boogaloo, quando ero un ragazzino e credo questo stile ben rappresenti le città di Gwangju e Seoul.
E a proposito di Gwangju e Seoul, qual è stato il momento più memorabile?
Ricordo particolarmente il momento in cui ho rincontrato i NEURON, dopo tanto, ed abbiamo ballato insieme. Trovo davvero speciale ed affascinante che la crew sia ancora unita ed abbia superato il passare del tempo. Ma è stato anche divertente ballare con Haknam e Woong a Euljiro. Poter ballare con degli hyung che rispetto ed ammiro così tanto è sempre un grandissimo onore.
Hai detto di aver intrapreso quest'avventura perché desideravi imparare. Che cosa hai imparato a Gwangju e Seoul?
Ho provato ed imparato molto e, ancora una volta, ho avuto la riconferma che il mio cuore brucia ancora della stessa passione di un tempo, per il ballo. Non lo credevo possibile, ma ho veramente riscoperto quella scintilla e parte di me che credevo sepolte, e grazie a quest'esperienza ho guadagnato maggiore fiducia in me stesso.
Ora che questo viaggio è concluso, cosa pensi sia cambiato tra l'Hoseok – giovane ballerino originario di Gwangju – e j-hope?
È stato come riaccendere un vecchio amore, folle come riallacciare una relazione che credevo finita. Credo ciò che è cambiato, però, sia il modo in cui vivo ed esprimo quell'amore, ora.
Se c'è qualche altro aneddoto che vorresti raccontare... Vanno bene anche dei ringraziamenti, se lo desideri.
Vorrei ringraziare me stesso per non aver mai dimenticato la mia vita come Jung Hoseok e le persone che mi sono state accanto in quel periodo.
Vorrei ringraziare i ballerini che si sono uniti a questo progetto, i NEURON e tutte le persone che mi sono state accanto. Gwangju e Seoul sono luoghi ricchi di nostalgia, per me. Capisaldi della mia vita che mi riportano al passato e mi permettono di ritrovare me stesso.
Sono molto grato a tutto lo staff di "HOPE ON THE STREET" per aver reso questo sogno realtà... Grazie a Pdogg, Gaeko, Mirae, Benny Blanco e Nile Rodgers e a tutti coloro che hanno partecipato alla produzione degli episodi di Seoul e Gwangju. Credo lavorare con tutti voi a questo progetto mi abbia permesso di maturare in previsione del futuro.
Questo progetto è dedicato all'ARMY. Grazie per il vostro continuo interesse e supporto. Siete la mia motivazione!!! Carə le/i mie/i ARMY, siete lo stimolo che mette in moto i miei neuroni, vi voglio bene di tutto cuore. Presto terminerò il mio servizio militare, e tornerò da voi. Per ora, continuerò ad aver cura di me e della mia salute, spero farete altrettanto. Grazie infinite.
PARTE 2
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