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Diario Italiano, Settimana Due
Come l’ultima settimana ho fatto soltanto un’ora di PONS perché la mia routine non stata possibile ogni giorno. Ho fatto Drops e Duolingo ogni giorno per Italiano e per la lingua Indonesiana ho fatto Duolingo ogni giorno. Entrambe le lingue hanno stata molto divertente di studiare questa settimana.
As last time words written in pink (like this) are words I had to look up. And I also wanted to say that I'm open to and will welcome corrections.
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" Poi recordo che era la matina del 2 novembre. Il bulletene di querra non parlavino altro che di una crante vittoria per l'italiane. Io sempre diceva fra me: «Che fosse brutto morire l'ulteme ciorne della querra…» Perché sempre ni morevino soldate. Così, quel giorno, antiammo sopra li montagno del picolo paese di Roceni*, e tutte li abitante delle campagni erino secure nostre nimice, e li oficiale ni dicevino: «State atente quanto entrate nelli case, che macare l'acqua vi puono avvelinare». E così pasammo la notata del 2 novembre. E come aciornavo quella benedetta ciornata del 3 novembre, che magare neanche nebia c'era, e c'era magare il sole, dall'aria abiammo visto passare tante apareche basse basse, che si vedievino magare li pilote, che butavino manefestine che c'era scritto: «L'Austria e la Cermania hanno perso la querra. La Francia valerosa, con li armate francese, hanno desfatto li armate tedesche. Il Bercio e l'Olanta si avevino librato». E noi tutte, vedento queste manesfestine, la faciammo a botte per poterene prentere più assai e bacialle e salvalle de portafoglio per recordo. E presemo coraggio e alecria e cantammo canzune e aballammo pietre pietre, immienzo a quelle monte.
Mentre più tarde, verso mezzociorno, hanno passato altre apareche che botavino altre manefestine, più belle ancora di quelle che avevino butato di matina, che dicevino: «Da oggi, il ciorno 3 novembre alle ore 3, soldate di tutte li corpe e di tutte li specie, ene proibito di sparare al nemico per fatte di querra, perché li austriece hanno abandunato tutte li arme e la 3 Armata ha ocupato Trieste, e Trento si allebrato da sola, perché li austriece hanno deposetato li arme»*. E così, recordo che quella ciornata, verso li ore 3, ci trovammo nel paese di Rocegni, e ci abiammo preso, doppo tante pene che avemmo visto, questa crante cioia! Che, con la contentezza e l'allicria, tutte piancemmo, penzanno che la querra era termenata, penzanno che restammo vive con questa sanquinosa querra! "
*Roncegno. ** Il cessate il fuoco fu fissato per le ore 15 del 4 novembre [1918].
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Vincenzo Rabito, Terra matta, a cura di Evelina Santangelo e Luca Ricci, Giulio Einaudi Editore (collana ET Scrittori), 2021¹², pp. 115-116.
[Prima Edizione: collana Supercoralli, 2007]
#Vincenzo Rabito#Terra matta#leggere#letture#libri#Storia d'Italia#XX secolo#autobiografie#Grande Guerra#prima guerra mondiale#Trento e Trieste#Sicilia#irredentismo#Nordest#Impero Austro-Ungarico#nazionalismo italiano#Archivio Diaristico Nazionale#Piccolo museo del diario#dattiloscritto#semianalfabeta#memoriale#ricordi#Luca Ricci#Evelina Santangelo#caso editoriale#sicilianismi#oralità#Chiaramonte Gulfi#Ragusa#passato
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El antiguo parque italiano de Pompeya toma medidas enérgicas contra los visitantes diarios para combatir el exceso de turismo
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☀️ la mia giornata ☀️
24.09.2024
ho lavorato oggi!! era occupato :0 🌈 ho fatto anche i compiti… ma non tutto :p sono così stanco adesso… mia mamma ha fatto tiramisù per me 🍓🍓 tiramisù alle fragole!! era pioggia oggi ☔️☔️ l’autunno è iniziato 🍁🍂🥮
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Roger waters. Era lui. Mi ha appena tagliato la strada a bordo di una berlina nera che sembrava appena uscita da un auto lavaggio. Era proprio lui. Sul sedile del passeggero c'era una donna di poco più giovane. Le ho visto il viso, mentre lui lo strattonava con la sua frenata da autista di formula uno.
Tutti e due mi hanno lanciato un'occhiataccia, ma io ho tenuto botta: non ho abbassato gli occhi come faccio di solito, no. Ho sostenuto il loro sguardo severo. In fondo, era lui che stava correndo su una strada secondaria in prossimità di un attraversamento pedonale. Ho dovuto scansarmi e tirare il guinzaglio alla mia cagnolina, cosa che faccio parecchio di rado, perché lei sa come comportarsi in giro.
Di recente ho perso alcune cose: un paio di amiche, la voglia di fare, la mia motivazione. Ho preso anche mio padre, ma quello credevo di essermelo lasciato alle spalle. Le cose sono sempre più complicate di così.
Roger waters. Ancora lui. Oggi sembra essere dappertutto. Stavolta sta su una bicicletta e gira sulla pista ciclabile. Appena torno a casa mi ascolto qualcosa dei Pink Floyd. Loro mi ricordano lui. La copertina di Ummagumma sul CD nuovo di pacca. Salutavamo insieme con stupore quella meraviglia tecnologica al costo di un suono di qualità nettamente inferiore rispetto a quei vecchi e bellissimi vinili che i miei conservavano sotto al giradischi. Ma noi ancora non lo sapevamo questo.
La mia motivazione, sì. Ma almeno sto scrivendo e non è così scontato.
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CAMBIAMENTO NON VUOL DIRE MIGLIORAMENTO
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Ciao sono nata in Italia ma il mio italiano fa comunque schifo è incomprensibile. Vorrei migliorare il mio lessico la scrittura e quando parlo ho problemi.
Come posso migliorare? Dovrei avere un tutor?
Ciao!
Da quello che hai scritto non mi sembra che tu abbia grossi problemi, anzi. Vivi sempre in Italia, giusto? Lo sai che noi stessi siamo i primi a non parlare correttamente la nostra lingua, a metterci dentro errori e via dicendo...
Quello che posso suggerirti è di provare a lavorare sulla punteggiatura quando scrivi, e anche quando parli: non ti ho ascoltata e non ti conosco, per cui non so se sia questo il problema, ma non preoccuparti se devi prenderti delle pause per pensare prima di esprimerti. Abbiamo preso la brutta abitudine di fare tutto di corsa, sembra che non abbiamo mai tempo per nulla, invece ne siamo pieni e finiamo anche con l'avanzarlo... Quindi davvero, non preoccuparti.
Per migliorare il lessico (ma anche il tuo parlato/scritto) leggi (dai giornali, ai libri, alle riviste, alle poesie... lo so a scuola ce ne fanno leggere molte, ma ce ne sono di più belle: cerca anche quelle straniere tradotte, prova a capirne le sfumature e cerca di capire se tu avresti usato parole differenti); se non ti piace leggere, guarda serie tv o film anche storici, o documentari (non tutti sono noiosi... prova con argomenti che sono di tuo interesse, anche video su youtube vanno bene). Se trovi parole complesse o sconosciute, cercane il significato sul dizionario e usale in un paio di frasi. Studia la grammatica anche se è noiosissima: diventa curiosa sul perché qualcuno abbia usato quelle parole, quella punteggiatura, quel tempo verbale invece che un altro. Trova gli errori dei giornalisti, per esempio: non per qualcosa, ma per ricordarti di ciò che sai tu. Da quello che ho capito con questo blog, a scuola non ci insegnano molte cose in maniera diretta, ma solo in maniera indiretta: le apprendiamo con la pratica, vivendo, interagendo con gli altri e aprendoci ai nostri errori, che, come detto, ci stanno. Italians are imperfect beings! :P. Ah, vale anche aprire il dizionario a caso e leggere le definizioni di un paio di parole ogni tanto, e provare ad usarle sia in alcune frasi di prova che mentre parli. La decisione finale è la tua, ma non credo che tu abbia bisogno di un tutor: credo che tu possa ancora concederti del tempo, no? Prova a scrivere un diario giornaliero, anche poche parole su quello che hai fatto o inventando storie di poche righe, magari appunto usando parole nuove. Tra un mese dimmi come va, se è cambiato qualcosa oppure no. E poi decidi. :)
Continua a provare ad esprimerti, non chiuderti. Non convincerti di non essere capace di fare qualcosa: questo è il blocco più grande che ci possa essere. Sei tu che ti controlli, e se ti convinci di qualcosa, sarà difficile non seguire quella tua convinzione inconsciamente. Le tue paure e insicurezze prenderanno il sopravvento e ti bloccherai, trovando solo conferme sulle tue incapacità. In poche parole, se ti convinci di non essere abbastanza brava a comunicare o di essere incomprensibile (specialmente se per qualsiasi motivo qualcuno te lo ha detto e tu hai iniziato a crederci), finirai davvero per esserlo perché l'ansia di voler comunicare al meglio ma non sapere come farlo (in realtà lo sai, ma magari hai smesso di fidarti di te), ti saboterà fino a farti balbettare o avere dubbi su qualsiasi cosa. Tante volte le persone si chiudono nelle loro paure, e nel chiudersi ci chiudono fuori a nostra volta. Non sempre hanno ragione però. Non aver paura di essere te stessa, di prenderti del tempo, di parlare a modo tuo con le tue sfumature. Chi vuole aspettarti ti aspetta comunque. Gli altri, lasciali andare. E datti tempo anche tu. ...Forse mi sono lasciata prendere dal momento qui, ti chiedo scusa se ho detto qualcosa che non dovevo o che non c'entra con la tua situazione. Ma succede che ciò che non va sul piano emotivo si rifletta sul piano comunicativo. Siamo esseri complessi...
In bocca al lupo!
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The chariot of Thutmose IV
El carro de Tutmosis IV
(English / Español / Italiano)
Deep in the Valley of the Kings, archaeologist Howard Carter discovered something extraordinary in 1903: the almost 3,400-year-old body of Thutmose IV in his tomb, KV 43. This chariot is one of the few Egyptian examples to have survived to the present day. It was part of the king's funerary objects, intended to serve him in the afterlife, and offers a rare glimpse into the past.
The chariot, made of light wood, was designed to be fast and manoeuvrable, essential for both battle and ceremonial purposes. Not only was it practical, but it was also beautifully decorated, probably with gold leaf, leather and intricate designs. These details emphasised the king's power and status, appropriate for a ruler who was both a warrior and a divine figure.
The discovery of the chariot of Thutmose IV provides valuable insight into the engineering and art of the 18th Dynasty. Despite being buried for millennia, its preservation helps us to understand the importance of chariots in ancient Egypt and shows the skill of its craftsmen.
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En las profundidades del Valle de los Reyes, el arqueólogo Howard Carter descubrió algo extraordinario en 1903: el cuerpo de Tutmosis IV, de casi 3.400 años de antigüedad, que se encuentra en su tumba, KV 43. Este carro es uno de los pocos ejemplos egipcios que han sobrevivido hasta nuestros días. Formaba parte de los objetos funerarios del rey, destinados a servirle en el más allá, y ofrece una visión poco común del pasado.
El carro, hecho de madera ligera, fue diseñado para ser rápido y maniobrable, algo esencial tanto para la batalla como para las ceremonias. No solo era práctico, sino que también estaba bellamente decorado, probablemente con pan de oro, cuero y diseños intrincados. Estos detalles resaltaban el poder y el estatus del rey, algo apropiado para un gobernante que era a la vez un guerrero y una figura divina.
El descubrimiento del carro de Tutmosis IV nos brinda una valiosa perspectiva de la ingeniería y el arte de la XVIII Dinastía. A pesar de estar enterrado durante milenios, su conservación nos ayuda a comprender la importancia de los carros en el antiguo Egipto y muestra la habilidad de sus artesanos.
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Nel profondo della Valle dei Re, nel 1903 l'archeologo Howard Carter scoprì qualcosa di straordinario: il corpo di Thutmose IV, risalente a quasi 3.400 anni fa, nella sua tomba KV 43. Questo carro è uno dei pochi esemplari egizi sopravvissuti fino ai giorni nostri. Faceva parte del corredo funerario del re, destinato a servirlo nell'aldilà, e offre un raro sguardo sul passato.
Il carro, realizzato in legno leggero, era progettato per essere veloce e maneggevole, essenziale sia per la battaglia che per le cerimonie. Non solo era pratico, ma era anche splendidamente decorato, probabilmente con foglie d'oro, pelle e disegni intricati. Questi dettagli sottolineavano il potere e lo status del re, appropriati per un sovrano che era sia un guerriero che una figura divina.
La scoperta del carro di Thutmose IV offre una preziosa visione dell'ingegneria e dell'arte della XVIII dinastia. Nonostante sia stato sepolto per millenni, la sua conservazione ci aiuta a capire l'importanza dei carri nell'antico Egitto e mostra l'abilità dei suoi artigiani.
Source: Diario de Historia
#ancient egypt#antiguo egipto#XVIII dinastia#18th dynasty#Thutmose IV#valle dei re#valle de los reyes#valley of the kings
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An unrepeatable generation coming to an end. RIP Roy Haynes (1925-2024).
Roy Haynes en una actuación en 2015 (Jack Vartoogian/Getty Images)
(English / Español / Italiano)
The jazz drummer Roy Haynes, who played with other jazz greats such as Louis Armstrong, Charlie Parker, Chick Corea, Sarah Vaughan, Thelonius Monk, Miles Davis, Bud Powell and Pat Metheny, died on Tuesday 12 November at the age of 99.
His daughter, Leslie Haynes-Gilmore, told The New York Times that her father, born in Roxbury, now part of Boston, on 13 March 1925, died after a brief illness.
Haynes was considered one of the most remarkable jazz drummers of all time, with an extensive career during which he collaborated with the most prominent jazz musicians in his country. Haynes was still a teenager when he made his professional debut in the 1940s in the big bands of Frankie Newton and Louis Russell (1945-1947).
He then went on to play with tenor sax master Lester Young (1947-1949) and between 1949 and 1952 was part of Charlie Parker's quintet. He accompanied the singer Sarah Vaughan on the jazz circuits in the United States between 1953 and 1958 and when he finished that job he recorded with Thelonious Monk, George Shearing and Lennie Tristano among others and occasionally replaced Elvin Jones in John Coltrane's quartet.
He was involved in the direction of the original soundtrack for the film Bird, directed by Clint Eastwood in 1988, and was awarded the 1994 Danish Jazzpar Prize.
In the late 1990s, Haynesformed a trio with pianist Danilo P��rez and bassist John Pattitucci, and they recorded an album: The Roy Haynes Trio featuring Danilo Pérez & John Pattitucci (2000). In 2001 he released Birds of a Feather: A Tribute to Charlie Parker, followed by Love Letters (2003), and Quite Fires and Fountain of Youth, both from 2004, the year he was inducted into the Down Beat Jazz Hall of Fame.
His last album was Whereas, released in 2006.
In 2011 he received the Grammy Award for his artistic career.
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El baterista de jazz Roy Haynes, que tocó con otros grandes de ese género musical, como Louis Armstrong, Charlie Parker, Chick Corea, Sarah Vaughan, Thelonius Monk, Miles Davis, Bud Powell o Pat Metheny, ha fallecido este martes 12 de noviembre, a los 99 años.
Su hija, Leslie Haynes-Gilmore, dijo al diario The New York Times que su padre, nacido en Roxbury, hoy parte de Boston, el 13 de marzo de 1925, murió después de una breve enfermedad.
Haynes era considerado uno de los más notables bateristas de jazz de todos los tiempos, con una extensa carrera durante la cual colaboró con los más destacados músicos del género en su país. Haynes todavía era un adolescente cuando hizo su debut profesional en los años 40 en las "big bands" de Frankie Newton y Louis Russell (1945-1947).
Luego pasó a tocar con el maestro del saxo tenor Lester Young (1947-1949) y entre 1949 y 1952 formó parte del quinteto de Charlie Parker. Acompañó a la cantante Sarah Vaughan, por los circuitos del jazz en los Estados Unidos entre 1953 y 1958 y cuando finalizó ese trabajo grabó con Thelonious Monk, George Shearing y Lennie Tristano entre otros y ocasionalmente sustituía a Elvin Jones en el cuarteto de John Coltrane.
Participó en la dirección de la banda sonora original de la película Bird, dirigida por Clint Eastwood en 1988, y fue premiado en 1994 con el premio Danish Jazzpar.
A finales de los años 90, Haynes formó un trío con el pianista Danilo Pérez y el bajista John Pattitucci, y grabaron un disco: The Roy Haynes Trío featuring Danilo Pérez & John Pattitucci (2000). En el año 2001 publicó Birds of a Feather: A Tribute to Charlie Parker, al que siguieron Love Letters (2003), y Quite Fires y Fountain of Youth, ambos de 2004, año en el que entró en el Down Beat Jazz Hall of Fame.
Su último disco publicado fue Whereas, de 2006.
En 2011 recibió el Premio Grammy a la carrera artística.
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Il batterista Roy Haynes, che ha suonato con altri grandi del jazz come Louis Armstrong, Charlie Parker, Chick Corea, Sarah Vaughan, Thelonius Monk, Miles Davis, Bud Powell e Pat Metheny, è morto martedì 12 novembre all'età di 99 anni.
Sua figlia, Leslie Haynes-Gilmore, ha dichiarato al New York Times che suo padre, nato a Roxbury, ora parte di Boston, il 13 marzo 1925, è morto dopo una breve malattia.
Haynes è stato considerato uno dei più notevoli batteristi jazz di tutti i tempi, con una lunga carriera durante la quale ha collaborato con i più importanti musicisti jazz del suo Paese. Haynes era ancora un adolescente quando fece il suo debutto professionale negli anni '40 nelle big band di Frankie Newton e Louis Russell (1945-1947).
Ha poi suonato con il maestro del sax tenore Lester Young (1947-1949) e tra il 1949 e il 1952 ha fatto parte del quintetto di Charlie Parker. Accompagnò la cantante Sarah Vaughan nei circuiti jazz degli Stati Uniti tra il 1953 e il 1958 e, una volta terminato questo lavoro, registrò tra gli altri con Thelonious Monk, George Shearing e Lennie Tristano e occasionalmente sostituì Elvin Jones nel quartetto di John Coltrane.
Ha partecipato alla direzione della colonna sonora originale del film Bird, diretto da Clint Eastwood nel 1988, ed è stato premiato con il Danish Jazzpar Prize del 1994.
Alla fine degli anni Novanta Haynes haformato un trio con il pianista Danilo Pérez e il bassista John Pattitucci, con cui ha registrato un album: The Roy Haynes Trio featuring Danilo Pérez & John Pattitucci (2000). Nel 2001 ha pubblicato Birds of a Feather: A Tribute to Charlie Parker, seguito da Love Letters (2003) e da Quite Fires e Fountain of Youth, entrambi del 2004, anno in cui è stato inserito nella Down Beat Jazz Hall of Fame.
Il suo ultimo album è stato Whereas, pubblicato nel 2006.
Nel 2011 ha ricevuto il Grammy Award per la sua carriera artistica.
Source: RTVE.es/EFE
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Diario Italiano, Settimana uno
Questa settimana studiare le lingue eta un po’ difficile e un su e giù. Ho iniziato a studiare la lingua indonesiana e questa è molto divertente. Per imparare l’italiano ho fatto un totale di un’ora di PONS, normalmente io faccio due ore di PONS per settimana, ma ho stato un po’ malata. Ho anche fatto Drops ogni giorno e duolingo quasi ogni giorno per italiano. Per la lingua indonesiana ho fatto Duolingo da martedì a venerdì.
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“ Roma, fino al 19 luglio [1943], era una città fuori del mondo. Chi vi arrivasse da qualunque parte, rimaneva sbalordito e irritato. Chi di lontano ne sentiva parlare, soffrendo della guerra, ne provava un sordo rancore. Il bombardamento di Roma è stato accolto in qualche città lontana e già provata, da brindisi di gioia. Chi stava a Roma da venti anni, non finiva di stupirsi di Roma solo a uscire di casa. Gente vestita bene, tranquilla; e le signore non affrettavano il passo neppure quando suonava la sirena d'allarme, mentre altrove si moriva. Roma è entrata nel dolore comune. E quelle stesse persone vestite bene e tranquille in un modo irritante, ora a vederle per la strada preoccupate della loro grazia nel pericolo, sono piú vicine all'umanità. Quello che pareva cinismo diventa dignità, la cura di sé stessi in circostanze tanto drammatiche, un segno di personalità, la vanità strafottenza, la leggerezza superiorità. Cosí alcuni difetti diventano virtú.
Una famiglia del popolo, rimasta senza tetto, veniva avanti per un viale di villa Borghese. Il vecchio portava appesa a una mano la gabbia del merlo casalingo, e sotto l'altro braccio, una coperta. C'era una donna esile con un medaglione ricordo sul petto, e una ragazza che aveva dimenticato di darsi il rossetto sulle labbra. Spiegavano a un passante che non avevano piú casa. Sotto gli alberi c'erano altre persone coi loro fagotti. Sull'erba secca avevano disposto il fiasco del vino e la merenda. Non avevano se non quello che portavano con loro. Cacciati dalle mura domestiche, formavano qualcosa di intimo sotto gli alberi sterili e ombrosi del parco pubblico. Mentre prima avevano parlato della loro casa distrutta come d'un paese natio abbandonato, ora, intorno al loro posto, formavano l'immagine di un provvisorio focolare. Non ho notato un solo sguardo di odio o di invidia verso i due passanti che si fermavano perplessi a guardare, e poi tiravano via impensieriti, e alcuni vestiti bene, e certo con una casa in piedi.
Longanesi ha diffuso una delle sue spiritosaggini a proposito dei bombardamenti delle città italiane: « Ci stanno rovinando gli originali delle fotografie Alinari ». È lo stesso autore di alcuni manifesti di propaganda di guerra. È sempre pronto al disprezzo dei caduti, come tutti quelli che disprezzano se stessi e il proprio paese. Egli trova facilmente il ridicolo in tutto. È la forza dei deboli.
Collezionista di morti. I bollettini ufficiali, mentre durava l'azione di bombardamento su Roma, già lo registravano. La radio ne dava i particolari mentre si sentivano le bombe da San Lorenzo. Trentamila morti. I giornali ci si sono buttati sopra con tanta avidità da rendere teatrale anche questo. Vogliono commuovere l'opinione pubblica, e nello stesso tempo ripararsi dietro le memorie e la Chiesa e i bambini e le donne. La città è mutata. Si vede gente preoccupata; visi lunghi come per un torto e uno scomodo personale.
Uno di quelli che vivono sul bilancio delle sovvenzioni ai giornali di propaganda, mi diceva che la colpa è interamente del popolo italiano. “
Corrado Alvaro, Quasi una vita: giornale di uno scrittore, Bompiani, prefazione di Geno Pampaloni, Bompiani, 1951; pp. 355-356.
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Caro diario, ultimamente alterno momenti di desiderio di vicinanza ad alcune persone selezionate e una certa insofferenza verso altri esseri umani meno selezionati. Anche per questo stamattina dopo aver accompagnato i cinni a scuola mi sono imbucato in una via residenziale poco trafficata per fare due passi, evitare di interagire con altri genitori e in generale anteporre una ventina di minuti di quiete al fracassarmi i maroni lavorativamente (è un periodo di grandi entusiasmi oltre che di grande socialità).
Dopo circa 55 secondi incrocio, inevitabilmente, la mamma-di-una-compagna, unica residente a me nota in quella via, che procede a tirarmi una pezza infinita su questioni scolastiche (tema che mi appassiona particolarmente). Perché non si può, che abbiamo ancora un cantiere intorno alla scuola, e se una gru sbaglia una manovra, e oggi c'erano fuori due operai "uno marocchino e uno che sembrava italiano" [dati rilevanti quanto affidabili] che dicevano un sacco di parolacce.
Io mentre guardavo lontano per vedere se c'era un albero sufficientemente robusto per impiccarmi mi produco in un equivalente cortese di "eh, lo fanno, lo fanno" quando in realtà avrei voluto dirle "guarda, se io nella mia vita avessi dovuto abbandonare il Marocco (che non sarà mai stato il Marocco, per inciso) o qualsiasi altra città più lontana di Molinella per ritrovarmi alle ottoemmezza di mercoledì mattina a fare l'operaio edile sotto la pioggia nel cortile della scuola dei nostri figli e trovassi pure da dire con un collega, tirerei ben più di qualche cristo. E ipotizzerei pure che quell'angelo di sua figlia non abbia sentito nessuna parola che non conoscesse già."
Poi dal nulla aggiunge "sono dei falsi comunisti" e io mi metto a ridere perché anche le mie capacità dissimulatorie hanno un limite (giornalmente sempre più eroso) "ma chi, gli operai?" "no il sindaco che ci lascia intorno il cantiere" io provo a spiegarle che dare del falso comunista a Lepore è comunque esageratamente lunsinghiero, poi ci salutiamo.
Tornando passo per un parco e c'è un tizio con un cane al guinzaglio che gli dice "come ci organizziamo oggi?" poi lo guardo meglio e in realtà aveva degli auricolari piccolissimi e stava parlando con qualcun altro ma prima di vederli per qualche secondo ho guardato il cane anche con una certa aspettativa.
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schegge da un pomeriggio d'ordinaria follia
Romeo caracolla verso il banco, in tenuta da calcetto. Controllo il diario: compito di italiano: leggere pagina 6, trasformare il testo descrittivo soggettivo in oggettivo, per poi illustrarlo con un disegno. Guardo il testo: L’elefante. “L’elefante è uno degli esseri viventi più grandi al mondo. Possiede due zanne di 3 metri e una proboscide con cui attacca, se minacciato, e si procura cibo e acqua. Vive prevalentemente in Africa e Asia...” Il testo è già oggettivo. Cosa accidenti devo fare? Scrivo alla madre. Romeo mi guarda, sperso: “Intanto lascia una pagina e fai il disegno” dico “Sai disegnare un elefante?” “Sì, ma alle 4 e mezza me ne devo andare”.
Nel frattempo corro a segnare i compiti di Paolo, gentilmente offerti dal registro elettronico inviatogli da sua madre: compito di aritmetica: pag. 172, es. 160-163-165. Apriamo il libro a pag. 172: il nulla. Paolo gioisce entusiasta, “Forse è giusto così, non bisogna fare niente, mi sa”, cerco di tenermi calmo, la prof ha sbagliato chiaramente pagina. Scrivo alla madre. Indico il problema, chiedo ragguagli. Invito Paolo a svolgere la materia successiva. Jacopo mi chiama a gran voce: “Giuseppe, il bagno è allagato, qualcuno ha fatto pipì per terra!” Non ho tempo d'andare a controllare, perciò lo invito momentaneamente a scansarla. Si mette a ridere e continua: “Sai che somigli a Daniele? Siete fratelli!” Daniele per tutta risposta lo guarda e fa: “Magari Giuseppe fosse mio fratello!” poi fissa mio padre e aggiunge: “E Andrea è mio nonno”. Mio padre gongola felice e in un certo senso lo sono anch’io, se il mio lavoro ha il potere di compensarlo dei nipoti che non ha. “Qui siamo tutti fratelli” conclude Jacopo “e Giuseppe è nostro padre”. Prossimo alla commozione, li invito piuttosto a sbrigarsi. Controllo il telefono, la mamma di Romeo ha risposto: “Dicono che il testo è soggettivo e devono trasformarlo in oggettivo”, “Ma non è vero!” m’incazzo, “Faglielo fare come credi. Non so che dirti”. Getto via il telefono. Sono seriamente tentato di bruciare il libro. Che faccio? Romeo sta disegnando ancora l’elefante. È un elefante bello grosso, quindi ho ancora un po’ di tempo. Ma devo pensare a una soluzione, e in fretta. Nel frattempo entra Melissa, secondo superiore: “Domani ho il compito di letteratura sui Promessi Sposi” vorrei uccidermi “E tu ti ricordi il giorno prima? Sono due settimane che ti ripeto di cominciare a prepararti per il compito. Sai che dobbiamo studiare oltre 30 pagine, vero? Come pretendi di poter fare tutto in un giorno?” Mi guarda sconsolata “Comincia a fare le mappe, mo vengo e vediamo insieme”. Una voce fuori campo grida: “Giuseppe alle 5 meno un quarto me ne devo andare!”. Fingo di non sentire e corro da Paolo. La madre ha finalmente risposto: “È giusto così”. Ma come può essere giusto così? La chiamo. Ribadisco il problema, non capisce, “Ok, non farglielo fare”. Paolo gioisce al settimo cielo. Su tutte le furie, lo minaccio di dargli dei compiti extra se non la smette. Volo da Romeo, ha finito l’elefante, devo farmi venire un accidenti d’idea. Trasformarlo da oggettivo in soggettivo è impossibile, dovrebbe aggiungere delle considerazioni personali, farlo proprio, non voglio spingerlo a sbagliare, data la consegna, in più non c’è più tempo, così gli dico: “Ok, lo vuole oggettivo? Lo facciamo oggettivissimo”. Ricopiamo il testo, estromettendo avverbi e aggettivi, rendendolo così ancor più neutro e scientifico. “Giuseppe tra mezz’ora me ne devo andare!” Mi precipito da Melissa. La professoressa ha stabilito uno schema base per indicare i punti che vorrebbe veder analizzati nel commento del primo e del secondo capitolo dei Promessi Sposi il giorno dopo: biografia dell’autore, cenni storici, analisi del periodo, influenze e ispirazioni, commento al primo capitolo, commento al secondo capitolo. Melissa mi mostra le mappe: “Vanno bene così?” ha appena iniziato la biografia di Manzoni, sarà un lunghissimo pomeriggio. Giankarol intanto langue addormentato, “Giankarol studia scienze” “No” risponde “Non ho il libro”, “Usa quello della compagna”, “NO, non mi va” e si rimette a dormire, “Giankarol, guarda che chiamo tua madre! Studia scienze e non farmi arrabbiare!” “No” sussurra riaddormentandosi, mentre m’allontano. “Giuseppe tra dieci minuti me ne devo andare!”
Squilla il telefono, è la mamma di Paolo. “Giuseppe, avevi ragione, la professoressa ha sbagliato, era pagina 138, grazie”, Paolo smette di ridere e comincia a piangere disperato, dimenandosi matto sulla sedia. Chiedo ad una delle mie dipendenti di metter fine alle sue pene, mentre Giankarol persiste a dormire. “Giankarol, fai scienze”, “No”. Loris mi saluta zaino in spalle: “Giuseppe, ho finito, me ne devo andare” “Ma non ti ho ancora corretto!” “Mio padre mi sta aspettando, è già fuori!”. Bestemmiando, lo costringo a togliersi lo zaino e a farmi vedere i compiti. Lo spedisco fuori a calci e corro da Melissa, in lacrime: “È troppo… ho mal di testa, non ce la faccio”, mi siedo accanto a lei e sottolineo le informazioni essenziali al posto suo, la sprono a continuare. Ha finito la biografia, siamo alle influenze. Il romanzo storico, Walter Scott. So già come andrà a finire, ma non voglio dirlo. Bisogna fare le maledettissime mappe, dopodiché studiarle ed elaborarle infine in un discorso organico (cosa che in secondo superiore non è ancora in grado di fare), creando una bozza di commento, una simulazione di prova. La vedo nera. “Giuseppe alle 5 e mezza me ne devo andare!” Giankarol intanto sogna. All’ennesimo rifiuto, chiamo la madre. Sta arrivando, dice. Il doposcuola si svuota, m'accorgo che Melissa è allo stremo, sono già le sei, non ce la farà. M’avvicino a lei, ha smesso già da un po' di lavorare e, preso esempio da Giankarol, s’è lasciata andare sul banco, atrocemente afflitta. “Chiama mamma” le dico “le devo parlare”. Intanto arriva la mamma di Giankarol. Lo grida un po’, lo redarguisce, fanno teatro, lei lo prega, lui le sibila parole d’odio alle spalle, soddisfatta se ne va. Mentre assisto al bieco spettacolo, la mamma di Melissa chiede spiegazioni al telefono: “Allora domani non la mando a scuola…” Non so che dirle. Per me è un enorme fallimento. Mi siedo accanto a Melissa e le faccio un veemente discorso sul reagire e tramutare la rabbia e le emozioni negative in determinazione e voglia di rivalsa. Se ne va, guardandomi sconsolata. Il compito dovrà comunque farlo, se non quel giorno, un altro ancora. L’appuntamento con Manzoni è solo rimandato, ma almeno avremo tempo per prepararlo con più calma. Giankarol dorme ancora. Mi siedo con lui e lo prego di studiare. Cerco di convincerlo in ogni modo, ma non m’ascolta. Odia la prof di scienze e tutto ciò che ad essa è collegato. “Io non voglio fare lo scienziato” dice “non me ne frega niente”. Non so che fare. Lo supplico, come se ne andasse della mia stessa vita e mi domando se forse non dovrei essere io stesso a instillargli quella voglia che gli manca, inventarmi qualcosa, la differenza fra un bravo maestro ed uno mediocre. Finisce con lui sonnecchiante ed io a ripetergli asmr le varie tipologie di tessuto: epiteliale, connettivo, muscolare e nervoso, sperando entrino in lui per via inconscia. Buonanotte Giankarol, e fai bei sogni.
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Primavera di libri
Torniamo a suggerirvi nuove letture e film “raccomandati” dai vostri bibliotecari di fiducia.
Un autentico caso letterario l’inedito di Gabriel García Márquez Ci vediamo in agosto, che, come narra la leggenda a proposito dell’Eneide di Virgilio, l’autore avrebbe voluto distruggere: “un omaggio alla femminilità, una storia di libertà e di desiderio che non si sopisce con l’età e nemmeno con l’amore coniugale”. I figli hanno consentito la pubblicazione di questo breve romanzo, che esce in contemporanea in tutti i paesi e ci delizia come una sorpresa inaspettata, nonostante la volontà del suo artefice, forse troppo esigente con sé stesso.
Tutt’altro che deprimente, Piccoli suicidi tra amici di Arto Paasilinna è ormai diventato un classico. Scritto con stile quasi cronachistico, la sua apparente freddezza (che peraltro ben si addice alle gelide lande della Finlandia da cui provengono i personaggi del libro) non fa che accrescere l’ironia, magari un po’ macabra, di cui è pervaso. “… ogni giorno è per ciascuno sempre il primo della vita che gli resta da vivere, anche se siamo troppo occupati per rendercene conto” è la sintesi filosofica di un romanzo divertente, originale, che si risolve in un inno non banale alla vita, alla solidarietà, all’amicizia. Un vero toccasana “per tempi agitati”, citando Mauro Bonazzi, come sono quelli in cui ci troviamo a vivere. Dalla postfazione di Diego Marani: “Una delle cose più belle dei romanzi di Paasilinna è che dopo il tumulto, il fragore e le spericolate rincorse tutto si risolve delicatamente, come una risata di cui resta solo il gioioso ricordo, nell’acqua increspata d’un lago, nel vento della sera, nell’odore di foraggio appena tagliato. … In questo libro la grande beffata è la morte”.
Ambientato a Bologna durante le festività natalizie tra la fine del 1953 e l’inizio del ’54, Intrigo italiano di Carlo Lucarelli ci ripropone la compagnia del commissario De Luca, sempre ombroso, inappetente e drogato di caffeina. Lo accompagna un giovane poliziotto che lo introduce negli ambienti musicali degli amanti del jazz, di cui era appassionato un noto professore morto in circostanze non chiare. Ma il mistero si infittisce quando anche la vedova viene trovata uccisa e De Luca stesso è controllato dai Servizi Segreti. Non siamo più in tempo di guerra mondiale, ma di guerra fredda e anche i migliori si devono aggiornare. Un giallo di classe, con una ricostruzione storica sempre molto accurata. È del 2022 il ritorno del commissario Marino, segretamente ma attivamente antifascista, in Bell’abissina, dopo l’esordio del 1993 con Indagine non autorizzata, quando era ancora soltanto ispettore. Si tratta di un cold case soltanto apparente, perché la serie di delitti, legati da somiglianze via via sempre più chiare, si protrae dal passato al presente pericolosamente minacciato dall’imminente scontro bellico. Marino ha un temperamento diverso da quello di De Luca e si getta anima e corpo in questa indagine che coinvolge corrotti fiancheggiatori del regime. Un incontro, come dice l’autore stesso nei Ringraziamenti, tra la storia, con la s minuscola, frutto di fantasia, e la Storia, quella del secondo conflitto mondiale che Lucarelli conosce molto bene e che ha trattato anche in diverse trasmissioni televisive.
Irresistibile la doppietta di Simenon che vi proponiamo. Gli altri, inedito in Italia fino alla pubblicazione di Adelphi del 2023, è scritto in forma di diario-confessione e ci guida con il suo ritmo irresistibile tra i meandri di un suggestivo castello francese, che racchiude, ça va sans dire, una morte misteriosa, una giovane e affascinante castellana, nonché un burbero e attempato maggiordomo, sospettosamente depositario di ogni segreto… Come sempre, con pochi abili tratti l’autore descrive una serie di personaggi che non potrebbero essere fra loro più diversi, anche se appartenenti alla stessa famiglia: la sua penna riesce a far sembrare del tutto naturali e accettabili legami apparentemente inconciliabili e al limite della moralità. Il finale è riservato all’apertura del testamento: a chi andrà la cospicua eredità del vecchio Antoine Huet? Ma soprattutto: in che modo la ricchezza influirà sulla vita e le abitudini dei protagonisti? A voi il piacere di scoprirlo. Il romanzo La prigione inizia ex abrupto con un misterioso omicidio, su cui la polizia indaga. Ma duplice è la ricerca intrapresa dall’autore: da una parte il movente del delitto, dall’altra la psicologia del protagonista, costretto a scavare nella sua vita per scoprire su sé stesso e sulle persone che gli erano più intimamente vicine segreti che ignorava o che, più probabilmente, cercava di rimuovere per superficialità, paura o inadeguatezza. Così la prigione diventa una metafora per descrivere una vita fasulla che implode in un solo istante di un giorno d’autunno. Al di là del caso limite rappresentato dal fatto di sangue e delle inevitabili differenze di carattere, è talmente accurata l’analisi psicologica che ogni lettore potrebbe ritrovare qualcosa di sé nell’indole del protagonista e comprendere i suoi atti apparentemente privi di logica. Simenon, come sempre, con ritmo inesorabile e accanito vaglio introspettivo ci conduce all’unica soluzione possibile.
Furio Scarpelli e Agenore Incrocci hanno firmato, sotto la nota sigla di Age&Scarpelli, “le più memorabili sceneggiature dell’epoca d’oro del cinema italiano”, da Totò le Mokò di Bragaglia, a La banda degli onesti di Mastrocinque, C’eravamo tanto amati di Scola, I soliti ignoti, L’armata Brancaleone e La Grande guerra di Monicelli, per citarne solo una minima parte. Tra gli inediti di Scarpelli che Sellerio sta ripubblicando (è del 2019 Amori nel fragore della metropoli) vi consigliamo Si ricorda di me, signor tenente?, romanzo che introduce i protagonisti alternando, con la tecnica del flash back, la narrazione contemporanea al memoriale di guerra. Lo scavo nel complesso passato del personaggio principale porterà alla luce gravi traumi, profondi e rimossi sensi di colpa. Ma chi è lo sgangherato seccatore che apostrofa con la domanda del titolo il vecchio Giulio, tranquillo pensionato che passeggia per le vie della Milano del 1999? Un truffatore, un commilitone o un rigurgito della sua coscienza addormentata? Si legge piacevolmente tutto d’un fiato.
Per una lettura diversa dal solito vi proponiamo Nightmare Alley, La fiera delle illusioni di William Lindsay Gresham, “una tipica storia noir”, da cui sono stati tratti ben due film: un classico con il fascinoso Tyrone Power in una veste per lui inedita e il recentissimo remake di Guillermo Del Toro con Bradley Cooper, Cate Blanchett, Willem Dafoe. Diviso in due parti (con un finale ad anello): da un lato il fantastico, bizzarro, grottesco mondo del circo, con i suoi misteri e le sue crudeltà; dall’altra quello dell’alta borghesia, non meno pericoloso. In sintesi, il libro e i due film sono “Tre facce della stessa storia che presentano tutte letture degne di essere lette e viste per una storia che potrebbe benissimo svolgersi anche al giorno d’oggi. I prestigiatori, che siano o meno appassionati di mentalismo/spiritismo, vi troveranno molti spunti interessanti.”
Un prezioso suggerimento dal passato: se vi fosse sfuggito, potete rimediare cogliendo dai nostri scaffali Il peso falso di Joseph Roth. Un autentico gioiello che mischia allo stile formulare dei poemi omerici, un’autentica passione d’amore e una finissima riflessione sull’essere umano, dominato dai suoi difetti, quasi deterministicamente volto verso il male, incapace di sfuggire alla tentazione del peccato, anche quando è mosso dalle migliori intenzioni. I temi sono quelli consueti della poetica di Roth, e spesso tornano anche gli stessi personaggi, che inevitabilmente cadono nella colpa: il tutto senza pessimismo né amarezza, anzi forse con una leggera sfumatura di fatalistica ironia.
Come una diabolica matrioska le vicende biografiche dell’autore, Herbert Clyde Lewis, giornalista e scrittore americano, nato a New York da ebrei russi emigrati, si ripercuotono sul protagonista del romanzo per poi accanirsi inspiegabilmente sulle vicissitudini editoriali dell’opera che vi vogliamo consigliare, Gentiluomo in mare. Sì, perché come l’autore ebbe una vita difficile, nonostante gli incessanti sforzi profusi per affermarsi e l’indubbio talento, così il protagonista di questo delizioso romanzo breve è vittima di “una sorte bizzarra e cattiva”, per citare la splendida canzone di Lauzi-Conte, e infine la novella fu ingiustamente ignorata alla sua prima pubblicazione nel 1937 per essere poi “ripescata” (è proprio il caso di dirlo) dall’abisso dei libri dimenticati per la prima volta in Argentina nel 2010: da quel momento il successo, più che meritato anche se postumo, divenne planetario. Davvero “una perlita”, come fu definito nella recensione argentina.
#gabriel garcia marquez#arto paasilinna#carlo lucarelli#georges simenon#furio scarpelli#agenore incrocci#william lindsay gresham#joseph roth
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Piedad Bonett
“A los quince años descubrí que una bicicleta y el viento sobre mi cara podían ser una forma suprema de felicidad". -Piedad Bonett
[Donde nadie me espere]- Piedad Bonett
¡Premio Reina Sofía de Poesía Iberoamericana 2024 ¡
Piedad Bonnett (Amalfi, Antioquia, 1951) es una poeta, novelista, dramaturga y crítica literaria colombiana. Premio Reina Sofía de Poesía Iberoamericana 2024.
Hija, nieta y hermana de maestros, Piedad Bonnett nació en el municipio antioqueño de Amalfi en el seno de una familia muy católica. Con 14 años ya escribía y leía poesía. Estudió en un internado y más tarde se licenció en Filosofía y Letras de la Universidad de los Andes, donde ha ejercido como profesora en filosofía y lenguas y donde ocupó la cátedra de literatura desde 1981. Tiene una maestría en Teoría del Arte, la Arquitectura y el Diseño por la Universidad Nacional de Colombia. Fue profesora de la Facultad de Artes y Humanidades de la Universidad de Los Andes de 1981 a 2010.
Pasó 30 años dando clases a adolescentes en la Universidad de Medellín.
Su primer libro de poesía De círculo y ceniza» fue publicado en 1989 y recibió una mención de honor en el Concurso Hispanoamericano de Poesía Octavio Paz.
En 1992 recibió la beca Francisco de Paula Santander para un trabajo de dramaturgia. En 1994 fue galardonada con el Premio Nacional de Poesía otorgado por Colcultura con «El hilo de los días».
En 1996 publicó Ese animal triste.
En 1998, recibió una de las becas de investigación del Ministerio de Cultura, con el proyecto Cinco entrevistas a poetas colombianos, que dio origen a su libro Imaginación y oficio, publicado por la Universidad de Antioquia, 2003. En 2011 obtuvo el premio "Casa América de Poesía Americana" por Explicaciones no pedidas.
Su poesía, teatro y narrativa están profundamente arraigadas en su experiencia vital y expresan la visión de la mujer de clase media en un país desgarrado por múltiples violencias, desigualdades y conflictos.
Cuando su hijo Daniel tenía 18 años fue diagnosticado de esquizofrenia y diez años después se suicidó en Nueva York donde estudiaba arte en Columbia. A partir de la experiencia publicó Lo que no tiene nombre (2013), una reflexión sobre el suicidio y el desconcierto que provoca la muerte de un hijo.
En Qué hacer con estos pedazos (2022) habla de la insatisfacción, de la vida matrimonial, la vejez, y las relaciones familiares. También se ha dedicado a la crítica literaria. Es columnista del periódico El Espectador desde 2012.
En el XIV Encuentro de poetas del mundo latino, que tuvo lugar en Ciudad de México y Aguascalientes entre el 25 y el 31 de octubre de 2012, le fue otorgado el premio de poesía Poetas del Mundo Latino Víctor Sandoval 2012 por su aporte a la lengua castellana. En 2017 recibió el premio Generación del 27 por Los habitados.
Cuentos y ensayos suyos han sido publicados en distintas revistas y periódicos del país y del extranjero. Ha representado a Colombia en numerosos encuentros de poesía en Granada (España), Córdoba (España), Morelia (México), Rosario (Argentina) y Medellín (Colombia), entre muchos otros, y en encuentros literarios como el Festival de Literatura de Berlín y el Hay Festival de Segovia. En 2008 fue la poeta homenajeada por la Consejería para la equidad de la Mujer de la Presidencia de la República, durante la Feria del libro de Bogotá.
Su poesía ha sido traducida al italiano, al inglés, al francés, al sueco, al griego y al portugués.
Pido al dolor que persevere- Piedad Bonett
Pido al dolor que persevere.
Que no se rinda al tiempo, que se incruste como una larva eterna en mi costado para que de su mano cada día con tus ojos intactos resucites, con tu luz y tu pena resucites dentro de mí.
Para que no te mueras doblemente pido al dolor que sea mi alimento, el aire de mi llama, de la lumbre donde vengas a diario a consolarte de los fríos paisajes de la muerte. -Piedad Bonett
Ahora que ya no soy más joven- Piedad Bonett
"Ahora que ya remonto la mitad del camino de mi vida, yo que siempre me apené de las gentes mayores, yo, que soy eterna pues he muerto cien veces, de tedio, de agonía, y que alargo mis brazos al sol en las mañanas y me arrullo en las noches y me canto canciones para espantar el miedo, ¿qué haré con esta sombra que comienza a vestirme y a despojarme sin remordimientos? ¿Qué haré con el confuso y turbio río que no encuentra su mar, con tanto día y tanto aniversario, con tanta juventud a las espaldas, si aún no he nacido, si aún hoy me cabe un mundo entero en el costado izquierdo? ¿Qué hacer ahora que ya no soy más joven si todavía no te he conocido?" -Piedad Bonett “Emilia llamaba todos los días a su madre. Aunque, si lo piensa bien, sólo lo hizo con cierta asiduidad cuando esta empezó a hacerse vieja. Pero ¿qué es empezar a hacerse vieja? ¿Tener sesenta, setenta? Tiene claro, sí, que cuando su madre se convirtió definitivamente en una anciana vacilante, la llamaba por la mañana y por la noche. Resultaba agotador mantener viva la comunicación, porque se había ido sustrayendo del mundo, de modo que atendía a los datos de la realidad exterior con cara de estupefacción, como un Niño que recibe una orden que no comprende". -Piedad Bonett - S.O.S.- Piedad Bonett
Estoy pensando qué cuerda podría lanzarte yo, qué salvavidas.
Y pensando también -con el alma estrujada en un turbión de pena- en el hondo sofoco de tus aguas, en tu esfuerzo de nadar y nadar la vida entera, en tus ojos que buscan, como peces sonámbulos ensombrecidos de algas y de arena.
En tu cansancio, en tu desgarradura.
Pero no tengo cuerda ni red para salvarte ni oración que conjure las tinieblas o que sirva de tabla de naufragio y ni siquiera -ahí donde me ves, cargada con mis jarcias- tengo orilla certera. -Piedad Bonett
Literatura, arte, cultura y algo más
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