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#Comune di Torino
crazy-so-na-sega · 3 months
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primis quella che garantisce il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Nessuna nazione intervenne, nonostante le Cancellerie ne fossero informate, questo fa capire che vi fossero accordi e una rete di relazioni segrete. L’unificazione italiana fu la distruzione voluta,
programmata e sistematica, che ridusse il più florido Stato della penisola nella miseria e nel degrado. Le fabbriche furono chiuse, in alcuni casi distrutte, i giovani coscritti o deportati, furono inviati i soldati piemontesi a reprimere il dissenso e compiute stragi indescrivibili. È ora di smontare il “falso storico” che ha generato il luogo comune più deleterio che il Paese abbia conosciuto: il Nord industriale ed evoluto, il Sud agricolo e arretrato. In realtà questo è stato l’obiettivo di casa Savoia e del suo padrone Cavour.
Scorrettamente chiamata dalla storiografia “questione meridionale”, essa emerse dopo l’unità, non prima. Quando l’opera di distruzione del tessuto sociale e produttivo del Sud, diede i suoi amarissimi frutti. Il Regno delle Due Sicilie era lo Stato più industrializzato d'Italia e il terzo in Europa, dopo Inghilterra e Francia, così risultò dalla Esposizione Internazionale di Parigi del 1856. I settori principali erano: cantieristica navale, industria siderurgica, tessile, cartiera, estrattiva e chimica, conciaria, del corallo, vetraria, alimentare.
Nel periodo borbonico (1734-1860) la popolazione si era triplicata, determinando lo Stato preunitario più esteso e popolato. Per la sua politica di sviluppo Ferdinando II formò grandi aziende statali, e incentivò anche il sorgere di aziende con capitale suddiviso in azioni di piccolo taglio, per attrarre nella proprietà anche i ceti medi. Nel 1851 fu istituita la "Commissione di Statistica generale pe' reali domini continentali" con lo scopo di guidare la politica economica del Paese, cui si affiancavano le Giunte Statistiche costituite in ogni provincia e circondario. Molti imprenditori nazionali ed esteri accorsero nel Regno. L’economia ferdinandea privilegiava lo sviluppo occupazionale senza spostare masse dai luoghi di origine. Fu uno sviluppo guidato dallo Stato. La propaganda liberale si scagliò con tutte le sue forze contro tale modello e mise in moto una macchina da guerra che distrusse tutte le industrie del Sud e rubò tutto persino i beni personali dei Borbone: con un decreto del 23 ottobre vennero confiscati alla Casa reale 6 milioni di ducati, anche i depositi che Francesco II
aveva lasciato a Napoli, dopo averli ripresi dal Banco d’Inghilterra, a dimostrazione di quanto fosse legato al suo popolo, lui che napoletano lo era per davvero. Cominciò così, dopo il saccheggio del 31 maggio 1860 del Banco di Sicilia da parte di Garibaldi (80 milioni di euro, 150 miliardi di vecchie lire, quasi la metà delle spese per la guerra franco-piemontese contro l’Austria dell’anno precedente), la corsa alla spogliazione e all’arricchimento. Il Regno delle Due Sicilie, nel settore dell’industria, contava 2 milioni di occupati a fronte dei 400.000 della Lombardia, possedendo 443 milioni di moneta in oro, ovvero l’85% delle riserve auree di tutte le province. Oltre 80 milioni furono prelevati, in una anno, da Torino dalle casse dell’ex Regno delle Due Sicilie. Pochissimi investimenti al Sud ma tante ruberie. La boria e lo sprezzo verso le città del Sud, caratterizzava chiunque arrivasse da Torino. Il luogotenente Farini (in seguito Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia tra il 1862 e il 1863), il dittatore che entrò a Modena il 19 giugno come vincitore di un guerra che non aveva combattuto (gli Estensi fuggirono prima dell’arrivo delle truppe francesi e piemontesi), così si espresse riferendosi a Napoli: “Altro che Italia! Questa è Africa, i beduini a riscontro di questi caffoni, son fior di virtù civile”. Va da sé che il controllo delle ex Due Sicilie fu difficile, regnò la precarietà e l’insicurezza, così cominciò l’atroce guerra civile del brigantaggio. Uno Stato così imposto non poté che generare solo ingiustizie e latrocini. Fu messo in opera un preciso disegno della politica vessatoria di Torino: il Nord
si sviluppò ai danni del Sud. Il primo doveva avere il monopolio dell’industria italiana, al secondo invece fu destinato un ruolo agricolo e di fornitore di mano d’opera per l’industria del Settentrione. “Il dissidio tra la Lombardia e molta altra parte d’Italia ha origini in una serie di fatti: soprattutto il sacrificio continuo che si è fatto degli interessi meridionali”(dalla lettera di Nitti del 5 luglio 1898 a Giuseppe Colombo, direttore del Politecnico di Milano). Carlo Bombrini (banchiere, imprenditore, fondatore della banca di Genova) uomo di fiducia di Cavour e redattore del piano di “riequilibrio” economico post-Unità, disse: “Il Sud Italia non dovrà essere più in grado di intraprendere”. A questo punto riporto uno dei casi più eclatanti di distruzione industriale: l’Officina di Pietrarsa. A Pietrarsa, località posta nella zona orientale della città di Napoli, era attiva la più grande industria metalmeccanica d'Italia, estesa su una superficie di oltre tre ettari. Era l'unica fabbrica italiana in grado di costruire motrici a vapore per uso navale. A Pietrarsa fu istituita anche la
[continua su X]
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Lo ricordiamo a tutti, in modo che tutti possano di nuovo far finta di dimenticarselo.
-Castrese
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lory78blog · 7 months
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Alcune panoramiche delle montagne della Val di Susa (in particolare nella prima foto si vede la montagna Rocciamelone alta 3.538 m s.l.m.) fotografate dalle frazioni site tra il comune di Gravere e Chiomonte) - provincia di Torino.
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bucodiverme · 5 months
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Cesare Pavese a Elena Scagliola, 1932
Sono stato male tutto il giorno a non vederti sulla strada di Crevacuore E., com’è brutta Torino. E il più triste di tutto questo è che ci dimenticheremo, senza esserci quasi nemmeno conosciuti. Non so quel che tu veda in me, ma io indovino in te un miracolo di femminilità e di tenerezza, che, come si è formato avanti agli occhi a poco a poco in tutta l’estate, così ora colla medesima lentezza andrà svanendomi nelle nostre lettere. E., ho paura che i nostri ultimi giorni di - li dimenticheremo mai? - siano stati come una crisi, un punto massimo, oltre il quale non andremo.
Questo per ora è un pensiero che mi dispera, ma il giorno in cui mi lascerà indifferente ci pensi, E.? Non è la disperazione, la sofferenza, che ci deve far paura - questo è nulla, è anzi ciò che ci può rendere più meraviglioso un altro incontro - ma il momento che non soffriremo più, che non ce ne importerà più, questo è il terribile.
E pensare che probabilmente noi tra poco dovremo perderci, senza quasi esserci conosciuti, senza sapere di noi più che uno sguardo, un bacio alle dita, qualche carezza.
Che cosa pensi tu, E.? Perché tremi quando sono con te? Cosa c’è dentro ai tuoi occhi quando mi guardi sorridendo e poi ti fai seria, quasi ostile, e poi torni a sorridere? Queste cose le perderò senza averle mai conosciute.
Io d’amore non so piangere E. - piango a sentire un’ingiustizia, una crudeltà, un dolore di bambino - e non posso nemmeno consacrarti delle lacrime per tutto il dono immenso che hai fatto a me in questi giorni. Piangerò forse quando ripenserò - e sarà tardi - al tesoro di quell’amore sprecato così, per uno che non ne vale la pena: tant’è vero che lo lascia ora morire senza nemmeno commuoversi, senza tentare di far nulla per conservarselo, meritarselo.
Ma che altro potremmo fare? È inutile mentire: in amore conta il corpo e il sangue, conta la stretta, la vita, e noi dobbiamo star staccati, dobbiamo avere giudizio, ragionare; mentre la ragione non conta dinanzi alla vita.
Tu sprechi il tuo amore, E. Io non so di volerti bene se non ti sono stretto vicino, e questo temo voglia dire che non ti voglio quel bene che tu desideri.
Ma di una cosa sarò gioioso, se non temessi che tutto fosse per finire con quello: i nostri pomeriggi a - a guardarci negli occhi e carezzarci. Quelli non li dimenticherò mai. Fa’, E., che tutto non finisca qui: dammi una probabilità di amarti meglio, di esserti più fedele nei miei pensieri, più degno di te!
Se mi scriverai, devi giurarmi che a Bra staremo sempre insieme senza stancarci.
Ma dove andremo a finire E.? C’è qualcosa di più assurdo dell’amore? Se lo godiamo fino all’ultimo, subito ce ne stanchiamo, disgustiamo; se lo teniamo alto per ricordarlo senza rimorsi, un giorno rimpiangeremo la nostra sciocchezza e viltà di non avere osato. L’amore non chiede che di diventare abitudine, vita in comune, una carne sola di due, e, appena è tale, è morto. A pensarci, si viene matti! È inutile, l’amore è vita e la vita non vuole ragionamenti. Ma possiamo noi lasciarci andare giù così alla disperata? Dove andiamo a finire? Non so trovare parole di conforto per te che valgano, se non ricordarti quel giorno che eravamo stretti insieme, in piedi, e pareva che uno dei due dovesse condurlo a fucilare e invece era tutta gioia. Ricordami quell’attimo, E., se mi scrivi, e dimmi di quando saremo a Bra.
Ti bacio così, come vuoi tu, anche se sei stata cattiva a non venire sulla strada di Crevacuore.
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gregor-samsung · 4 months
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" [Giacomo Matteotti] Non ostentava presunzioni teoriche: dichiarava candidamente di non aver tempo per risolvere i problemi filosofici perché doveva studiare bilanci e rivedere i conti degli amministratori socialisti. E così si risparmiava ogni sfoggio di cultura. Ma il suo marxismo non era ignaro di Hegel, né aveva trascurato Sorel e il bergsonismo. È soreliana la sua intransigenza. La concezione riformista di un sindacalismo graduale invece non era tanto teorica quanto suggeritagli dall'esperienza di ogni giorno in un paese servile che è difficile scuotere senza che si abbandoni a intemperanze penose. Egli fu forse il solo socialista italiano (preceduto nel decennio giolittiano da Gaetano Salvemini) per il quale riformismo non fosse sinonimo di opportunismo. Accettava da Marx l'imperativo di scuotere il proletariato per aprirgli il sogno di una vita libera e cosciente; e pur con riserve poco ortodosse non repudiava neppure il collettivismo. Ma la sua attenzione era poi tutta a un momento d'azione intermedio e realistico: formare tra i socialisti i nuclei della nuova società: il Comune, la scuola, la Cooperativa, la Lega. Così la rivoluzione avviene in quanto i lavoratori imparano a gestire la cosa pubblica, non per un decreto o per una rivoluzione quarantottesca. La base della conquista del potere e della violenza ostetrica della nuova storia non sarebbe stata vitale senza questa preparazione.
E del resto, troppo intento alla difesa presente dei lavoratori, Matteotti non aveva tempo per le profezie. Più gli premeva che operai e contadini si provassero come amministratori, affinché imparassero e perciò nei varii Consigli comunali soleva starsene come un consigliere di riserva, pronto a riparare gli errori, ma voleva i più umili allo sperimento delle cariche esecutive. Non ebbe mai in comune coi riformisti la complicità nel protezionismo, anzi non esitò a rimanere solo col vecchio Modigliani ostinato nelle battaglie liberiste, che per lui non erano soltanto una denuncia delle imprese speculative di sfruttatori del proletariato, ma anche una scuola di autonomia e di maturità politica concreta nella sua provincia. Così procede tutta la cultura e tutta l'azione di Matteotti, per esigenze federaliste, dalla periferia al centro, dalla cooperativa al Comune, dalla provincia allo Stato. Il suo socialismo fu sempre un socialismo applicato, una difesa economica dei lavoratori, sia che proponesse sulla "Lotta" di Rovigo o nella Lega dei Comuni socialisti dei passi progressivi, sia che parlasse dall' "Avanti!" o dalla "Giustizia" a tutto il proletariato italiano, sia che come relatore della Giunta di Bilancio portasse nella sede più drammatica e travolgente il suo processo alle dominanti oligarchie plutocratiche. "
Piero Gobetti, Matteotti, Piero Gobetti Editore, Torino, 1924, pp. 25-27.
NOTA: il brano è tratto dall'opuscolo pubblicato alla fine del luglio del 1924, nel vivo della crisi politica ed istituzionale scatenata dalla tragica scomparsa del deputato Matteotti. Il testo riproduceva integralmente un lungo articolo comparso un mese prima con lo stesso titolo sulla rivista di Gobetti La Rivoluzione liberale, così come erano tratti da questa pubblicazione i Cenni biografici sullo scomparso posti in calce all'opuscolo.
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mezzopieno-news · 3 months
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CONTENITORI RIUTILIZZABILI AL SUPERMERCATO: PARTE LA SPERIMENTAZIONE
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Dalla scorsa settimana, in alcuni supermercati CRAI di Torino è possibile acquistare i prodotti del banco gastronomia e del banco macelleria facendosi servire nei contenitori riutilizzabili, al posto dei contenitori monouso.
I clienti potranno richiedere, senza alcun costo aggiuntivo, il prodotto da asporto in un contenitore Around, riutilizzabile fino a 200 volte. Dopo avere consumato il pasto senza produrre rifiuti da imballaggio, il contenitore potrà essere restituito entro 7 giorni nel punto vendita, dove sarà sanificato e rimesso in circolo. Una ulteriore opportunità offerta da 3 punti vendita della grande distribuzione torinese coinvolgerà un gruppo pilota di persone che potranno acquistare la merce del banco gastronomia utilizzando i propri contenitori portati da casa, opportunamente sanificati.
“Questa sperimentazione è una delle prime in Italia, una bella opportunità per Torino – spiega Nadia Lambiase, fondatrice di Mercato Circolare, ente promotore dell’iniziativa Reusable Packaging Revolution, in collaborazione con l’Università di Torino e Aarhus University – La speranza è che insieme alle altre in atto, come quella di Spesa Sballata in provincia di Varese a cui ci siamo ispirati, possa contribuire a rendere queste esperienze delle prassi consolidate a livello nazionale… La sfida è riuscire a cambiare le abitudini”. Il progetto ha ricevuto l’appoggio del Comune di Torino all’interno del percorso dell’amministrazione nel progetto europeo Sme4green che ha portato alla stesura di un Piano di Azione Locale nel quale il Comune si è impegnato ad approfondire le opzioni di implementazione dei contenitori riutilizzabili con l’obiettivo di promuovere un sistema alimentare sostenibile e circolare in città.
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Fonte: Mercato Circolare; foto di Enesfilm
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abr · 1 year
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Oggi a #diariodelgiorno il bravissimo inviato a #Mestre Davide Loretti spiegava che il Comune di Torino aveva deciso di non acquistare un anno fa degli autobus elettrici molto simili a quello del disastro perché avevano scoperto che finivano di assemblarli sulla nave mentre lo portavano. E noi nel nome della lotta al #cambiamentoclimatico abbiamo distrutto un comparto dove avevamo una leadership per importare questa merda fatta bruciando carbone
via https://twitter.com/fdragoni/status/1709582004939808794
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palmiz · 9 months
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Rodolfo Marasciuolo è un dipendente del Comune di Torino che si occupa della cura del Verde Pubblico della città.
Rodolfo, però, è giardiniere che oltre al pollice verde possiede anche un animo molto artistico e romantico...
Nei momenti liberi dal suo lavoro, infatti, egli si dedica alla sua grande passione : realizzare sculture artistiche, con cui decorare i parchi e i giardini cittadini.
Le sue sono decorazioni affascinanti alle quali è impossibile passare vicino senza rimanerne colpiti e ammirati. Sculture piene di estro e
fantasia e perfettamente incastonate nello scenario floreale che le circonda .
Utilizzando materiali di recupero , quali la plastica, il legno e il ferro , l'eclettico giardiniere riesce a dare nuova vita agli oggetti, ed ecco che parchi e giardini diventano dei veri e propri luoghi incantati che si animano di storie e personaggi fiabeschi...
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principessa-6 · 3 months
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La damina che si ripara dal sole con l’ombrellino di pizzo mentre annaffia i fiori. Giardini Lamarmora di Torino.
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Rodolfo (o Rudy) Marasciuolo è un dipendente del Comune di Torino e lavora per il settore Verde Pubblico.
È grazie a lui che ci sono questi posti meravigliosi dato che ha con il compito di curare i parchi della città.
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voracita · 8 months
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"Il sacro vincolo"
Continuando dal post precedente, la seconda storia invece, che intitolo "Il sacro vincolo", è quella più fresca nel tempo, e che mi arreca un senso di lieve disgusto, oltre che di pesante tristezza.
Tutto accade qui, nel giro di una decina di giorni.
Un po' dal nulla, perchè i miei post trascorrono quasi sempre ignorati da tutti, compaiono alcuni like da un blog a me ignoto, poi un messaggio, in cui "lei" mi chiede indicazioni approssimative sulla mia età. Rispondo sinceramente anche se restando sul vago, nel frattempo sfoglio questo blog, che è di quelli che Tumblr definisce per adulti, cercando di capire chi, probabilmente un vecchio "hater", stavolta intende perseguitarmi... Il blog sembra uno dei tanti blog porno anonimi, ma poi, scavando di più nel passato, capisco che si tratta di una persona che è qui da tanto, che pubblica tante cose diverse, senza mai, però, esprimere in modo esplicito qualcosa di personale, qualcosa su di sè. Sarà una donna, un uomo, una comitiva boccaccesca?
Inizio a darle credito, a commentare qualche suo post, a insinuare qualche domanda, a rispondere a qualche sua curiosità, a mostrarle delle parti di me, quelle più intriganti, forse, come faremmo tutti, il dorso di una mano, il desiderio più urgente e più vorace. Lei risponde con la devozione con cui compila un sudoku, con la curiosità di una adolescenza in ritardo, con una, almeno apparente, crescente eccitazione che la porta a collegarsi per chattare e a scrivere sempre di più, a qualunque ora.
Poi, sorprendentemente, mi chiede: posso sentire la tua voce? Erano passati solo due o tre giorni, eppure io, stanco davvero di passare da un social all'altro come in un perpetuo tentativo di sfuggire alla verità delle mie urgenze, le dico: chiamami, in qualsiasi momento, questo è il mio numero, e le do il mio numero, quello vero.
Chiama quasi subito, lei, da un numero privato. Ha una voce suadente, non così infantile come l'avevo immaginata, ed è così che inizio a capire, e più che capire è un deja vu, l'ennesimo, uno dei tanti schemi che nella mia esperienza sui social ormai ho finito per riconoscere sempre meglio, sempre prima.
Numero privato, non vuole sapere il mio nome, non vuole dirmi il suo, mi permette di inventare un nomignolo con cui chiamarla, si parla di nebbia e di spiagge, è tutto ciò che mi permette di esplicitare per localizzarci in qualche modo, lei potrebbe essere di Milano o di Padova o di Torino, non sono bravo con gli accenti e il suo, come il mio, sembra essere influenzato da una vita imbastardita, trascorsa a contatto con luoghi e persone diverse, e forse anche da studi che hanno ripulito le tossine della geografia, scartandole dal suo eloquio.
Si emoziona, tanto, mi emoziono anche io, ci raccontiamo cose inutili, sembra esserci davvero una intimità quasi naturale, ovvia, inesorabile. Inizio a confidarle delle cose, a piccozzare il muro della mia diffidenza, prima ancora di aggredire la sua.
I giorni passano, talora il lavoro concede più spazio alle conversazioni in chat, talora meno, ma continuiamo a sentirci, a parlare molto di sesso, di desideri, di fantasie, a codificare un linguaggio comune, che in questo caso è una lingua pulitissima, igienica, una lingua in cui la fica e il cazzo semplicemente non esistono, eppure esistono i desideri, i bisogni, i più selvatici, i più turpi.
Lei, bruscamente, confessa. E' sposata. Lo dice come confessando un peccato mortale e chiedendo una penitenza, una assoluzione.
Le chiedo perchè sposarsi, perchè non convivere semplicemente. Mi parla del vincolo, dell'importanza, della necessità del vincolo, l'essere umano, dice, ha bisogno di vincoli. Non parla di legami, parla di catene.
Come fosse una risposta, e invece non lo era affatto, la avverto della mia intenzione di avere un rapporto occasionale, nei giorni a venire, con una donna che vedo, solo per sesso, di tanto in tanto.
Lei lotta: fieramente, orgogliosamente, con i suoi sentimenti, con le emozioni di rabbia, di gelosia, con l'invidia per lei, con la curiosità, col desiderio di sapere tutto e con il desiderio di zittirmi, di cancellare questa cosa, di cancellare anche la nostra confidenza, se necessario. Vorrebbe mordermi il palmo della mano, vorrebbe graffiarmi, si morde da sola e continua a rovinarsi le labbra staccandosi le pellicine, e mi chiama, di nuovo.
Capisco, sempre meglio, ciò che ormai mi era chiaro come un cadavere sul tavolo settorio: non ci sarà mai nulla di reale, nulla di concreto, nulla di onesto, in questa relazione in cui la mia lealtà e onestà, per lei, è un punto di orgoglio, ciò che la attrae di me e ciò per cui si strugge. Lei non cerca altro, come un lungo elenco di altre che ho già conosciuto qui e altrove, prima di lei, che una forza oscura, un terzo immateriale, astratto, disincarnato, una forza da modellare a suo piacimento, con cui puntellare un matrimonio che è nato morto, un aborto di legame umano che lei chiama "vincolo" solo per disprezzarlo e potersene nutrire, a mo' di escremento dell'amore, alla maniera della beata Alacoque. Non faccio in tempo a dirglielo, tutto questo, però, perchè ci travolge ancora il lavoro, la quotidianità un po' più pesante, finchè si arriva a una chat in cui, chissà come, chissà perchè, lei se ne esce con un "sì, capisco", che è nulla, il punto zero della nostra comunicazione, e perciò mi induce a dire, senza infingimenti o diplomatici rinvii, semplicemente ciò che penso.
Che "capisco" è la parola che detesto, che "capisco" è la parola di quelli che non capisco nulla, affatto.
Che sono disprezzabili i capisco e i mi dispiace e tutto il campionario degli "scusami", dietro cui giocare a nascondino, magari, all'infinito, senza mai tirare fuori un'emozione, senza mai dire "vorrei innamorarmi davvero", senza mai dire "chi sei, voglio sapere tutto di te", senza mai dire "sono tua", con tutto quanto e non solo con la maschera dell'anonimo, senza mai uscire dall'indifferenza per diventare qualcosa di concreto e di effimero, finalmente.
Dice, lei, ancora: "mi dispiace". Dice "è quello che ti meriti".
Già, rispondo. Più tardi, prima di prendere la pasticca per dimenticare: "che schifo".
E sparisce la catena. E sparisce lei. E non sparisco io, sempre più sgomento da tanta bellezza che sprecate così, incenerita nella più volgare mediocrità.
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morelin · 9 months
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Castello Cavour
La figura del conte Camillo Benso di Cavour è legata non solo a Grinzane Cavour (Cuneo) dove ricoprì l'incarico di sindaco per circa vent'anni ma anche al comune di Santena (Torino).
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Qui si trova infatti il Castello Cavour, un vero e proprio museo che racconta la vita della famiglia e dello statista attraverso oggetti ed arredi. Di fianco all'edificio è situata la cripta di famiglia dove riposano anche le spoglie del conte.
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personal-reporter · 1 year
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Giornate d’autunno del Fai 2023
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Anche quest’anno tornano le Giornate FAI d’Autunno, previste per sabato 14 e domenica 15 ottobre 2023.  L’evento, che da dodici anni promuove il patrimonio culturale e paesaggistico nel paese, sarà promosso dai Gruppi Fai giovani, oltre che da tutti i volontari della Rete Territoriale della Fondazione tra Palazzi storici, ville, chiese, castelli, e ancora esempi di archeologia industriale, musei, collezioni d’arte, aree archeologiche, biblioteche, laboratori artigiani e siti produttivi, oltre ad itinerari nei borghi e percorsi in aree naturalistiche, parchi urbani, orti botanici e giardini storici. Fra i luoghi aperti a Torino c’è anche il Castello di Masino, che domina la vasta piana del Canavese, dove dal Belvedere si può vedere un paesaggio suggestivo ancora oggi intatto e i visitatori potranno visitare l’interno del castello e il parco Settecentesco. Da vedere è anche lo chalet Mollino, che prende il nome dall’architetto Carlo Mollino e si trova nel comune di Sauze d'Oulx, in località Lago Nero. Poco lontano da Milano, a Binasco, c’è il Museo della Macchina per Caffè (Mumac) che  racconta le varie fasi di sviluppo di questo oggetto che si incontra in qualsiasi bar. Chi invece preferisce restare in città può visitare la sede storica della Banca Cesare Ponti, in Piazza del Duomo:  rimasta quasi intatta dal 1881 e sorge dove un tempo i Milanesi altolocati erano soliti ritrovarsi, cioè il Coperto dei Figini. La storia ha attraversato anche il Teatro Verdi, che nasce agli inizi del Novecento come sede di una corale esterna del Teatro alla Scala, nel dopoguerra diventa sala da ballo e in seguito d’incisione, finché negli anni Settanta viene restituita alla vocazione teatrale e musicale dall’Arci. Nel 1975 il Teatro del Buratto subentra nella gestione, facendo del Verdi sede delle proprie produzioni e luogo significativo del teatro a Milano. Molti i luoghi aperti anche a Bologna, come il Santuario del Corpus Domini, uno dei luoghi più cari alla storia devozionale della città, e il Quadrone, un’Oasi di Protezione della Fauna selvatica istituita nel 1985, mentre a Medicina c’è il magazzino ed essiccatoio del riso della Tenuta Vallona, edificato per garantire la miglior resa delle vaste coltivazioni a risaia introdotte nella tenuta e così lenire la disoccupazione della mano d'opera locale. A Roma per la prima volta il Consiglio Superiore della Magistratura apre le porte della sua sede ai cittadini ed al pubblico, per vedere dove si riunisce in plenaria e visitare lo studio del Presidente della Repubblica. Fra gli altri luoghi visitabili c’è l’Oratorio dei Filippini, che sorge accanto alla Chiesa Nuova, che nel XIX secolo diventa tribunale, per poi essere sede dell’Archivio Storico Capitolino nel 1922, con la prestigiosa Biblioteca Vallicelliana e l'Istituto Storico Italiano per il Medioevo. Palermo apre la principale sede locale della Rai, che ha un ruolo centrale nell'ambito dell'informazione, infatti la sua costruzione in viale Strasburgo è stata sollecitata a più riprese anche dal presidente della Repubblica Pertini e dall'allora Presidente della Regione Piersanti Mattarella, ed è stata decisa già negli anni Ottanta dal consiglio d'amministrazione presieduto da Sergio Zavoli. Fra gli altri luoghi c’è il Complesso Monumentale di San Giovanni degli Eremiti, che ricade nell'antico territorio del Transkemonia, che  comprendeva l'abitato posto al di là del torrente Kemonia o Fiume del Maltempo, così denominato a causa delle piene rovinose, durante l'inverno. Read the full article
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innoia · 2 years
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La vera storia di Marinella che ispirò Fabrizio De Andrè
Maria Boccuzzi nacque l’8 ottobre del 1920 nel piccolo centro calabrese di Radicena (frazione dalla cui unione con i villaggi di San Martino e Jatrinoli è nato nel 1926 l’attuale comune di Taurianova), in una povera famiglia di braccianti agricoli.
All’età di nove anni, Maria emigrò con la famiglia a Milano in cerca di una sistemazione migliore. Nel 1934 iniziò a lavorare e sul luogo di lavoro conobbe uno studente spiantato, Mario, di cui s’innamorò.
Il rapporto, visto malissimo dalla famiglia di lei, la portò a licenziarsi e a scappare con Mario. Le difficoltà economiche e l’impossibilità di riallacciare i rapporti con la famiglia portarono velocemente alla fine del rapporto amoroso e, dopo appena un anno, i due si lasciarono.
Senza dimora e senza lavoro, Maria decise di intraprendere la strada di ballerina di varietà col nome d’arte di Mary Pirimpò e conobbe Luigi Citi, di cui divenne l’amante. Questi la “cedette” a Carlo Soresi, conosciuto come “Carlone” e di professione protettore, che l’avviò alla prostituzione.
Da quel momento, la vita di Maria divenne un susseguirsi di umiliazioni, minacce e percosse. Iniziò a prostituirsi in una casa chiusa a San Salvario (Torino), poi a Firenze, per approdare a Milano e lungo i viali dell’Olona, dove venne anche schedata dalla Polizia.
La notte del 28 gennaio 1953 Maria Boccuzzi fu uccisa a revolverate e spinta nell’Olona forse ancora agonizzante. Il suo corpo venne ritrovato l’indomani da un gruppo di ragazzini intenti a giocare a pallone, sul prato che costeggia il corso d’acqua.
Per gli inquirenti, il caso apparve subito complicato, in quanto molte delle colleghe di Marinella erano palesemente reticenti, al fine di non incorrere in ritorsioni da parte della criminalità che gravitava attorno al mondo della prostituzione.
S’iniziò a scavare nella sua vita e accertato che il suo primo amante, che abbandonò quasi immediatamente, era deceduto in guerra, i sospetti caddero sul suo ultimo amante, un ballerino, da lei mantenuto, a cui aveva confidato di voler abbandonare il giro della prostituzione, ma costui produsse diverse testimonianze a suo favore che confermarono il suo alibi per la notte del delitto.
Dopo un anno d’infruttuose indagini, con l’interessamento anche dell’Interpol, il caso venne dichiarato chiuso senza un colpevole, nel novero degli irrisolti.
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piusolbiate · 1 year
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 Il 5 Ottobre p.v. si terrà nel territorio del nostro Comune una 
ESERCITAZIONE DI MAXIEMERGENZA  
organizzata dall’Università del Piemonte Orientale nell’ambito dello European Master in Disaster Medecine in collaborazione con Esercito Italiano, Prefettura di Varese, Vigili del Fuoco, AREU, Croce Rossa Italiana, ANPAS, Croce Bianca, Padana Intersos.
L’esercitazione sarà una simulazione di maxi-emergenza sanitaria in scala reale, i cui pazienti (per l’occasione studenti dei corsi di medicina) saranno soccorsi e trasferiti presso l’ospedale da campo ROLE 3 del 1° Reparto di Sanità “Torino” dell’Esercito Italiano. L’evento vedrà la partecipazione di circa 150 studenti dei corsi di laurea in Medicina e Chirurgia e Infermieristica dell’Università del Piemonte Orientale nel ruolo di pazienti simulati, di circa 70 soccorritori appartenenti alle associazioni che collaborano all’iniziativa, di circa 50 persone dello staff organizzativo, oltre al personale militare che si occupa della conduzione della struttura campale, e di 35 studenti dell’European Master in Disaster Medicine che si divideranno tra i ruoli di soccorritori e di osservatori.
Le aree del nostro Paese interessate dalla simulazione saranno l’Area Feste di via S. Vito, il Centro Socio-Culturale di via Patrioti e l’area della Caserma U. Mara di via Combattenti. Programma:
18:00 Saluto delle Autorità presso il centro Socio-Culturale 19:30 Inizio esercitazione presso Area Feste e Via Combattenti 22:30 Fine esercitazione
l'Amministrazione Comunale
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heresiae · 2 years
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Il termometro digitale della Lidl segna se sei a rischio influenza, muffa o colpo di calore a seconda di tutti i parametri che percepisce.
Mi fa un po' sorridere che mi stia attualmente indicando "influenza" a 19.1° e 46% di umidità, quando mia madre tiene i termosifoni spenti al piano dove ha la camera (non quando ci siamo noi, ovviamente, o ci rifiuteremmo di tornare a casa per le vacanze) e ci dorme come un pascià (14° la media).
Immagino che nessuno gli abbia detto che, il comune di Torino, ha deciso che chi ha il centralizzato con il teleriscaldamento, la temperatura in casa non salirà mai oltre i 19°.
(e comunque l'unico motivo per cui ho mal di gola è perché al lavoro ci sono i cagnini coccolosi e poi mi mangio le unghie...)
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gregor-samsung · 8 months
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“ L'eliminazione fisica dei migliori è l'inevitabile contrappasso della «perfezione» del Lager, la conseguenza necessaria di un potere veramente assoluto, ab-solutus, sciolto da ogni limite. Ma uccidere i migliori, i più coraggiosi non significa soltanto ferire a morte anche la dignità dei sopravvissuti, ogni impulso a ribellarsi, bruciare ogni residuo di resistenza al sistema del Lager. Essa produce un altro effetto perverso: la resistenza non verrà più esercitata contro il sistema, ma la sua spinta viene canalizzata in una direzione diversa, assumerà soprattutto la forma della lotta tra i prigionieri. La rottura, sistematica e preventiva, della fraternità tra i deportati fa sì che la difesa della propria dignità si rovesci nel suo contrario, nel tradimento degli altri. I rituali d'ingresso hanno anche questa funzione, quella di distruggere gli schemi della vita quotidiana e del senso comune: il mondo che il nuovo arrivato trovava era indecifrabile, completamente diverso da quello che si era atteso, ancora incentrato intorno ad una nitida linea di demarcazione e contrapposizione tra «noi» e «loro», tra i perseguitati e i persecutori. Invece ci si accorgeva subito che: «il nemico era intorno ma anche dentro, il 'noi' perdeva i suoi confini, i contendenti non erano due, non si distingueva una frontiera ma molte e confuse» [Nota: P. Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi, Torino 1986, p. 25]. E dopo poco diventava evidente che nel campo ognuno è «il Caino di suo fratello».“
Franco Cassano, L'umiltà del male, Laterza, Roma-Bari, 2011. [Libro elettronico]
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Incontro pubblico del 5 giugno 2023 a Chieri - La sintesi -
Chieri 5 giugno 2023
IL DISTRETTO DEL CIBO CHIERESE-CARMAGNOLESE E LE PROPOSTE DI ITALIA VIVA
Premessa e contesto
Dagli studi realizzati sul territorio emerge che:
cresce la richiesta di cibi di qualità;
aumenta la sensibilità verso la valorizzazione dei cibi del territorio; 
il Piemonte si posiziona in cima alla lista delle Regioni più meritevoli di essere visitate per la grande varietà e ricchezza dei paesaggi.
In questo contesto, si inserisce la presentazione a Chieri, nel 2017, dell’Atlante del cibo di Torino Metropolitana, che ha restituito una visione sistemica del “food system” metropolitano ed ha rappresentato la base teorica per la costruzione del futuro Distretto.  Se Torino può diventare la capitale del cibo, noi possiamo ambire a nutrirla tutti i giorni.
ITALIA VIVA, in questo territorio, ha sempre rappresentato una forza politica sovra-comunale, che ha promosso azioni e ragionamenti liberi da condizionamenti di campanile.
La cronaca di oggi
L’elevata frammentazione del Distretto in numerose amministrazioni comunali limita la visione d’insieme, necessaria per creare un’identità di territorio e frena le energie e le potenzialità di questi luoghi. Occorre creare, dunque, un’identità sovracomunale per questo territorio. A questo scopo riteniamo necessario che:
venga programmato un “roadshow” per la presentazione degli obiettivi del distretto nei 25 comuni coinvolti.
gli organi d'informazione locali non facciano mancare il loro interesse riguardo al Distretto;
Purtroppo, nell’ultimo anno, sono venute alla luce possibili iniziative in contrasto con la vocazione del Distretto. Facciamo riferimento, in particolare, a:
un nuovo polo logistico a Carmagnola, di rilevanti dimensioni, da realizzare su terreno vergine; anziché ristrutturando aree industriali dismesse, già presenti sul territorio dei 25 comuni;
l’insediamento di un nuovo allevamento di maiali (circa 8.000 capi) a Poirino, che avrebbe un significativo impatto ambientale e che necessita di attenta valutazione;
un nuovo impianto fotovoltaico da realizzare su 70 ettari di terreno agricolo coltivato a Poirino.
Il progetto del Distretto del Cibo fa parte del DNA di ITALIA VIVA e con le nostre proposte vogliamo farlo crescere.
Oggi il Distretto si trova di fronte ad un bivio: o lo facciamo diventare il vero motore della crescita del nostro territorio; oppure dobbiamo prendere atto che si è trattato di un fuoco di paglia a causa dell’atteggiamento di alcuni sindaci, che hanno continuato ad operare nell’esclusivo interesse del loro comune. 
Non possiamo essere, contemporaneamente, Distretto del cibo, polo logistico del nord-ovest, sede di grandi allevamenti intensivi di suini e di terre coltivate dedicate al fotovoltaico. Occorre fare delle scelte forti e condivise, che rendano riconoscibile il nostro territorio. L’economia circolare non può essere un semplice slogan.
La legittima ricerca del profitto da parte dei privati e quella di entrate comunali stabili, deve avvenire nel rispetto della vocazione originaria dell’accordo di Distretto. È di fondamentale importanza, dunque, che gli investimenti ed i nuovi insediamenti siano coerenti con uno sviluppo sostenibile del territorio. 
E’ possibile conciliare le diverse esigenze economiche se è vero che, secondo uno studio Cerved sugli scenari 2022 di Snam e Terna, in Italia:
esistono spazi su fabbricati industriali per installare 30 GWatt di nuova capacità fotovoltaica, utilizzando i 110.000 tetti di oltre 2000 mq.;
vi sono spazi su terreni agricoli non utilizzati per 12 miliardi di mq. Utilizzando solo il 10% di tali terreni si potrebbero realizzare circa 73 GWatt di nuova capacità fotovoltaica (obiettivo del Green-Deal è di realizzare nuova capacità fotovoltaica per 70 GWatt).
Si tenga presente, inoltre, che:
sono già in corso iniziative di realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici su edifici agricoli ad uso produttivo, con 1,5 mld di investimenti e 375 MW di produzione potenziale;
è possibile produrre energia rinnovabile, nella forma del Biometano, attraverso lo smaltimento pulito dei residui agricoli e delle deiezioni animali.
Conclusioni e proposte
La nostra proposta è di realizzare un “Piano Regolatore di Distretto”, attraverso un percorso di approfondimento mirato a:
• individuare, a seguito di un’attenta analisi territoriale, tipicità e criticità locali e complessive del Distretto;
• definire azioni strategiche che salvaguardino le potenzialità del territorio e ne tutelino l’equilibrio complessivo;
• stabilire regole e comportamenti comuni per uno sviluppo omogeneo e condiviso del territorio.
Il percorso di approfondimento, con l’eventuale supporto di Università e Politecnico di Torino, avrà il compito fondamentale di elaborare concetti, proposte e comportamenti comuni. I risultati saranno trasferiti nel “Piano Regolatore di Distretto”.
Proponiamo, inoltre, di incaricare la Città Metropolitana o un Comune capofila di seguire l’iter di realizzazione del Piano. 
I nuovi investimenti ed imprese dovranno trovare un quadro regolamentare di Distretto, chiaro e trasparente, per adeguare i loro piani di insediamento e sviluppo alle effettive esigenze del territorio.
Il Comitato di Italia Viva del Chierese-Carmagnolese
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